Il super-batterio alla Star Wars
Come quello immaginato nel kolossal, il Wolbachia ha imparato a vivere in simbiosi con il suo ospite. Colonizza una cicala e la costringe a cambiare sesso. “Svela un meccanismo simile a quello di molte malattie”
ELISA FRISALDI
«Non potevo certo immaginare che nel mio percorso di ricercatore mi sarei imbattuto in una delle forme più complesse di simbiosi tra batteri e animali: quella che vede il Wolbachia pipientis cambiare il sesso degli esemplari maschi di una cicala che lo ospita, chiamata Zyginidia pullula». Esordisce così il professor Alberto Alma, del dipartimento di Valorizzazione e Protezione delle Risorse Agroforestali della Facoltà di Agraria di Torino, raccontando una scoperta «made in Italy» che evoca scenari da fantascienza.
I batteri - si sa - sono stati le prime forme di vita a comparire sul Pianeta: presenti da quasi 4 miliardi di anni, continuano a riprodursi e soprattutto a trionfare grazie agli stretti rapporti che hanno saputo instaurare con il mondo animale, uomo incluso. Wolbachia, poi, è molto speciale: si annida nell'organismo della cicala, in particolare nel citoplasma delle cellule uovo, e in questo modo si garantisce un’esistenza di successo, trasferendosi anche nella prole dell'insetto. «Per aumentare le probabilità che questo passaggio avvenga - spiega Alma - ha imparato a “femminizzare” i maschi di cicalina, i quali mantengono alcune delle caratteristiche morfologiche originarie, ma acquisiscono l'aspetto e il sex-appeal delle compagne al punto di diventare bersaglio di corteggiamenti da parte dei maschi “normali”, accoppiarsi con loro e generare perfino dei figli».
Per indurre la trasformazione sessuale Wolbachia agisce a livello epigenetico, vale a dire sui meccanismi che regolano l'espressione dei geni senza modificare l'informazione contenuta nel Dna. Spiega Alma, che in laboratorio ha lavorato con Ilaria Negri, e la cui ricerca è stata pubblicata dalla rivista «Proceedings of the Royal Society B - Biological Sciences»: «Wolbachia “legge” il sesso della cicalina, distrugge il naturale “marchio epigenetico maschile” e lo rimpiazza con quello femminile. L'astuzia del batterio fa sì che le cicaline infette siano femmine o, appunto, maschi femminizzati e che i loro figli siano tutte femmine, dal momento che le alterazioni epigenetiche si trasmettono da una generazione all'altra».
In realtà, la semplice presenza del batterio non è sufficiente a scatenare l'intero processo di trasformazione sessuale. Ci vuole un «di più». «Il fenomeno - aggiunge Alma - si manifesta in caso di infezione acuta, quando la concentrazione del batterio nell'organismo ospite raggiunge valori elevati». In caso contrario, Wolbachia non è in grado di alterare del tutto il «marchio maschile» e la metamorfosi avviene solo a metà.
Di fronte a questa realtà sembra di assistere a un film: Wolbachia non ha nulla da invidiare ai batteri inventati da George Lucas in «Star Wars». Erano i «Midi-chlorian», microrganismi capaci di vivere in simbiosi con i cavalieri Jedi, permettendo loro di sentire la «Forza», l'energia onnipresente generata dagli esseri viventi. Ma come mai un microrganismo innocuo per le piante è finito sotto i riflettori della ricerca? Tutto è cominciato dall'interesse per la Zyginidia pullula, un insetto di 2,5 millimetri che vive sulle graminacee e che, tra inizio primavera e autunno, infesta il mais. «Da anni studio i cicli dell’insetto - racconta Alma - ma solo di recente i miei collaboratori e io ci siamo accorti dell'esistenza di esemplari maschi di cicala femminizzati. Il coinvolgimento di Wolbachia è stata la prima ipotesi».
L’intuizione si è rivelata giusta e la ricerca ha coinvolto le università di Milano, Modena e Reggio Emilia. E’ così emerso un modello che stimolerà gli scambi tra diverse discipline, dalla genetica alla microbiologia, fino alle scienze biologiche e mediche, e che getta le basi per indagare il ruolo dei batteri come vettori di malattie ereditarie. Le applicazioni pratiche, quindi, non mancheranno. «Stiamo pensando a 2 strategie - spiega Alma -. La prima è l'utilizzo di Wolbachia nella lotta biologica: è una tecnica che sfrutta i rapporti di antagonismo tra gli organismi per contenere quelli dannosi. Un insetto infetto da Wolbachia si moltiplica, spostando l'equilibrio tra maschi e femmine a favore di queste ultime, riducendo così le probabilità di sopravvivere». La seconda strategia è quella del biocontrollo: «A partire dai batteri si può capire la vita biologica degli insetti che li ospitano e, quindi, la si può anche controllare».
Ma i segreti di Wolbachia si allargano fino a noi. I meccanismi alla base delle alterazioni che induce, infatti, sono simili a quelli responsabili di gravi patologie, come il cancro, il ritardo mentale, le malformazioni di diversi organi. Negli ultimi anni si è fatta strada la convinzione che alla radice di molte malattie - tra cui proprio i tumori - non vi siano solo alterazioni genetiche (e quindi mutazioni nella sequenza del Dna), ma altre a livello epigenetico, là dove avviene la regolazione dei geni, e che queste siano causate anche da fattori ambientali. Proprio come avviene con un microrganismo - sconosciuto ai più - e chiamato Wolbachia.
Chi è Alma Entomologo
RUOLO: E’ PROFESSORE DIENTOMOLOGIA AGRARIA AL DIPARTIMENTO DI VALORIZZAZIONE E PROTEZIONE DELLE RISORSE AGROFORESTALI NELLA FACOLTA’ DI AGRARIA DI TORINO
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