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Thethirdeye ha scritto: Riparto dal tuo post, con questo recente articolo....
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Articolo interessante, ma secondo me non coerente con le conclusioni riportate.
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I ricercatori hanno scoperto che la vita non sembra scegliere i suoi 20 mattoni in modo casuale. "Abbiamo scoperto che il solo caso molto difficilmente porterebbe ad un set di amminoacidi migliore di quello scelto dalla vita"
Qui in pratica si affossa il concetto di caso (e con esso direi tutto il darwinismo), rafforzando ancor di piu' la scelta intelligente ad opera della vita. Gia' ma chi e' "vita"? E' solo una questione di termini?
Cita:
Le implicazioni sono sconvolgenti: buone notizie per quelli che si chiedono se siamo soli e cattive per chi pensa ad un tipo di "Architetto" che ha messo assieme la vita, sembra che la fisica possa assemblare il grande puzzle organico da sola e probabilmente lo ha fatto in tutto lo spazio dall'inizio.
In quest'altro punto si afferma che la diffusione della vita e' praticamente ovunque nell'universo, mentre si esclude la presenza di un "Architetto" in quanto la "fisica" (col termine penso si intenda la struttura dell'universo, della realta') sembra in grado autonomamente di generare la vita organica. Be, questa conclusione mi sembra piuttosto confusa. Accettando anche per buone queste affermazioni, e cioe' che la struttura dell'universo, cosi come e' assemblata, sia in grado di generare la vita organica, rimane sempre da stabilire come lo stesso si sia potuto assemblare in questa particolare configurazione cosi favorevole alla vita. Non vorranno mica ripescare il caso fuori dal cappello? Inoltre, il fatto che la vita sia ovunque nell'universo puo' voler dire solo due cose: o la probabilita' di formazione spontanea della vita e' molto piu' alta di quanto fino ad ora calcolato oppure c'e' in giro qualche cosa di intelligente che provvede a crearla ovunque.
Insomma, comunque la si voglia mettere, delle due ipotesi solo una e' possibile: o la vita si e' formata per caso o un disegno intelligente l'ha creata. E da qui non si scappa, indipendentemente dal nome che si vuole associare a questa ipotetica intelligenza.
Tornando al contenuto dell'articolo, vorrei anche evidenziare che si parla solo di amminoacidi. Non dimentichiamo che il passo da amminoacido a proteina e' quanto di piu' improbabile si possa immaginare.
A questo punto, rimetto la palla in gioco con quest'altro testo.
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L'EVOLUZIONE DI FRONTE AL VICOLO CIECO DELLA MOLECOLALa teoria dell'evoluzione incontra la sua crisi più grave quando tenta di spiegare l'origine della vita. Il motivo è che le molecole organiche sono così complesse che non è possibile spiegare la loro formazione come casuale, ed è manifestamente impossibile che una cellula organica si sia formata per caso.
Gli evoluzionisti affrontarono la questione dell'origine della vita nel secondo quarto del ventesimo secolo Una delle maggiori autorità della teoria dell'evoluzione molecolare, l'evoluzionista russo Aleksandr Ivanovic Oparin, ha detto nel suo libro L'origine della vita, pubblicato nel 1936:
"Purtroppo, l'origine della cellula rimane una questione che è in realtà il punto più oscuro dell'intera teoria evoluzionista.” 1
A partire da Oparin, gli evoluzionisti hanno eseguito innumerevoli esperimenti, condotto ricerche e fatto osservazioni per provare che la cellula avrebbe potuto formarsi per caso. Ognuno di tali tentativi, però, ha reso sempre più chiaro la complessa organizzazione della cellula e quindi ha confutato ancora di più le ipotesi degli evoluzionisti. Il prof. Klaus Dose, presidente dell'Istituto di Biochimica presso l'Università Johannes Gutenberg, afferma:
“Più di 30 anni di sperimentazioni sull'origine della vita, nei campi della chimica e dell'evoluzione molecolare hanno portato a una miglior percezione dell'immensità del problema dell’origine della vita sulla Terra, piuttosto che alla sua soluzione. Attualmente tutte le discussioni sulle principali teorie e gli esperimenti nel campo giungono a un punto morto o a un'ammissione di ignoranza.” 2
L’affermazione che segue, del geochimico Jeffrey Bada, del San Diego Scripps Institute, rende chiara la disperazione degli evoluzionisti riguardo a questo punto d’impasse:
“Oggi, mentre lasciamo il ventesimo secolo, ci troviamo ancora di fronte al più grande problema irrisolto che avevamo quando ci siamo entrati: Come ha avuto origine la vita sulla Terra?” 3
1- Alexander I. Oparin, Origin of Life, (1936) NewYork: Dover Publications, 1953 (Reprint), p.196
2- Klaus Dose, "The Origin of Life: More Questions Than Answers", Interdisciplinary Science Reviews, Vol 13, No. 4, 1988, p. 348
3- Jeffrey Bada, Earth, February 1998, p. 40
Il miracolo della cellula e la fine dell'evoluzioneLa struttura complessa di una cellula era sconosciuta ai tempi di Darwin, si riteneva, quindi, abbastanza convincente attribuire la vita a "coincidenze e condizioni naturali".
La tecnologia del Novecento ha investigato fin nei più reconditi recessi della vita, rivelando che la cellula è il più complesso sistema che l'umanità abbia mai incontrato. Oggi sappiamo che la cellula contiene centrali di forza che generano l'energia di cui ha bisogno, fabbriche che producono gli enzimi essenziali alla vita, una banca dati con tutte le informazioni necessarie ai suoi processi, sistemi complessi di trasporto e condutture per trasferire da un posto ad un altro materia prima e trattata, laboratori avanzati e raffinerie per disgregare il materiale grezzo nelle parti utilizzabili, proteine della membrana cellulare specializzate nel controllo dell'accesso e dell'uscita di sostanze. Tutto questo costituisce soltanto una minima parte dell'incredibile complessità del sistema.
Lo scienziato evoluzionista W. H. Thorpe riconosce che "il più elementare tipo di cellula costituisce un 'meccanismo' incredibilmente più complesso di qualsiasi macchina che sia stata fino ad ora pensata, per non dire costruita, dall'uomo."105
Una cellula è talmente complessa che neppure il più alto livello di tecnologia raggiunto dall'uomo è in grado di riprodurla. Nessun tentativo di creare una cellula artificiale ha mai ottenuto successo. Ogni simile esperimento, di conseguenza, è stato abbandonato.
La teoria evoluzionista sostiene che tale sistema, che il genere umano, con tutta l'intelligenza, la conoscenza e la tecnologia a sua disposizione non ha potuto ricreare, pervenne all'esistenza "per caso", nelle primordiali condizioni terrestri. Per fare un altro esempio, la probabilità che una cellula si formi casualmente è più o meno pari a quella di stampare un libro a seguito di un'esplosione in una tipografia.
Il matematico e astronomo inglese Fred Hoyle ha fatto un confronto simile in un'intervista rilasciata alla rivista Nature pubblicata il 12 novembre 1981. Per quanto evoluzionista, Hoyle disse che la possibilità di manifestazione di forme di vita superiore per questa via è paragonabile a quella di un tornado che, spazzando un deposito di rottami, possa assemblare un Boeing 747 col materiale presente.106 Ciò dimostra l'impossibilità che una cellula pervenga all'esistenza accidentalmente. Deve essere inevitabilmente "creata".
Una delle ragioni principali per cui la teoria evoluzionista non può spiegare l'apparizione della cellula è la sua "irriducibile complessità". Una cellula vivente si mantiene grazie all'armoniosa cooperazione di molti organi. Qualora uno di questi cessasse di funzionare, la cellula morirebbe. Essa non ha la possibilità di aspettare che meccanismi inconsci quali la selezione naturale e la mutazione le permettano di svilupparsi. La prima cellula apparsa sulla Terra fu, quindi, necessariamente completa e in possesso di tutti gli organi e delle funzioni richieste, dimostrando definitivamente di essere stata creata.
Le proteine sfidano il casoIl fallimento della teoria evoluzionista si rivela non soltanto in riferimento alla cellula, ma anche ai suoi elementi costitutivi, qualora tenti di offrire una spiegazione plausibile. La formazione, in condizioni naturali, di soltanto una singola proteina tra le migliaia di molecole complesse che costituiscono la cellula, è impossibile.
Le proteine sono molecole giganti che consistono di unità più piccole dette "amminoacidi", i quali vengono disposti secondo una sequenza particolare in certe quantità e strutture. Queste molecole costituiscono i blocchi da costruzione di una proteina vivente. La più semplice proteina è composta di cinquanta amminoacidi, mentre in altre se ne possono contare migliaia.
Il punto cruciale è che l'assenza, l'aggiunta o la sostituzione di un singolo amminoacido nella struttura di una proteina può trasformarla in un inutile ammasso molecolare. Ogni amminoacido deve trovarsi al posto giusto e nell'ordine corretto. La teoria evolutiva, che sostiene la casuale manifestazione della vita, dispera di fronte a questo ordine troppo meraviglioso per poter essere spiegato con la coincidenza (la teoria non è inoltre in grado di giustificare la presunta "formazione casuale" delle proteine, di cui discuteremo oltre).
Il fatto che la struttura funzionale delle proteine non possa assolutamente essersi presentata per caso può facilmente essere osservato per mezzo del semplice calcolo delle probabilità, comprensibile a tutti.
Una proteina di media dimensione è composta di 288 amminoacidi, di dodici tipi differenti. Essi possono essere disposti in 10
300 modi diversi (questo numero astronomicamente grande consiste di un 1 seguito da 300 zeri). Di tutte queste possibili sequenze, soltanto una forma la desiderata molecola proteica. Il resto di esse sono catene di amminoacidi che possono risultare o del tutto inutili o potenzialmente dannose per gli esseri viventi.
In altre parole, la probabilità della formazione di una sola molecola proteica è pari a "1 su 10
300". La probabilità che questo "1" accada è praticamente impossibile (in matematica, le probabilità inferiori a 1 su 10
50 sono considerate "probabilità zero").
Per di più, una molecola proteica di 288 amminoacidi è piuttosto modesta se paragonata ad alcune molecole proteiche giganti composte da migliaia di amminoacidi. Qualora si applichi il calcolo delle probabilità a queste proteine giganti, la parola "impossibile" diventa inadeguata per descrivere la vera situazione.
Avanzando di un passo nella direzione dello schema evolutivo della vita, osserviamo che una sola proteina non significa nulla per se stessa. Uno dei più piccoli batteri mai scoperti, il Mycoplasma hominis H39, contiene 600 tipi di proteine. In questo caso dovremmo ripetere gli stessi calcoli delle probabilità prima applicati a una sola proteina per ognuno di questi 600 tipi differenti. Il risultato rende assurdo anche il concetto stesso di impossibilità.
Alcuni lettori che considerino la teoria dell'evoluzione una spiegazione scientifica, potrebbero sospettare che questi numeri siano esagerati e che non riflettano i veri fatti: questi sono dati definiti e concreti. Nessun evoluzionista potrebbe muovere alcuna obiezione a questi numeri, i quali confermano la probabilità che la formazione accidentale di una singola proteina "sia pari alla possibilità che una scimmia scriva la storia dell'umanità su una macchina da scrivere senza commettere alcun errore".107 Nondimeno, piuttosto di accettare l'altra spiegazione, che è la creazione, essi continuano a difendere quanto è manifestamente impossibile.
Molti evoluzionisti lo hanno confessato. Ad esempio, Harold F. Blum, un noto scienziato evoluzionista, il quale afferma che "la formazione spontanea di un polipeptide delle dimensioni della più piccola proteina nota è al di là di ogni probabilità."108
Gli evoluzionisti affermano che l'evoluzione molecolare sia avvenuta nel corso di un periodo molto lungo di tempo che ha reso possibile l'impossibile. Nondimeno, qualunque fosse la durata, gli amminoacidi non possono formare delle proteine in modo accidentale. William Stokes, un geologo americano, nel suo libro Essential of Earth History scrive che tale probabilità è così remota "che non sarebbe potuta apparire neppure nel corso di miliardi di anni su miliardi di pianeti, ognuno dei quali ricoperto da un manto di soluzione di acqua concentrata dei necessari amminoacidi."109
Cosa significa tutto questo? Perry Reeves, professore di chimica, risponde a questa domanda:
Quando si esamina il vasto numero di strutture possibili che potrebbero risultare da una semplice combinazione casuale di amminoacidi in un primordiale stagno in evaporazione, è stupefacente credere che la vita possa avere avuto origine in questo modo. È più plausibile che un Gran Costruttore con un progetto maestro sia necessario a una tale impresa.110
Se la formazione accidentale di anche una sola di queste proteine è impossibile, è miliardi di volte ancora più impossibile che circa un milione di queste proteine si riuniscano casualmente in modo corretto e costituiscano una cellula. Ciò che è più importante, una cellula non è mai composta da un mero ammasso di proteine. Oltre a queste, una cellula include anche gli acidi nucleici, i carboidrati, i lipidi, le vitamine e molte altre sostanze chimiche quali gli elettroliti, ordinate in proporzioni specifiche, in equilibrio e ordine, sia in termini di struttura che di funzione. Ognuno di questi elementi funge da blocco costruttivo o co-molecola in vari organuli.
Robert Shapiro, professore di chimica preso l'Università di New York ed esperto di DNA, ha calcolato la probabilità di formazione accidentale dei 2.000 tipi di proteine trovati in un singolo batterio (vi sono 20.000 differenti tipi di proteine in una cellula umana). Il numero che si ottenne fu 1 su 10
40.000.111 (questo è un numero incredibile, che si ottiene aggiungendo 40.000 zeri all'1).
Un professore di matematica applicata e astronomia presso la University College di Cardiff nel Galles, Chandra Wickramasinghe, commenta:
La probabilità di una formazione spontanea della vita dalla materia inanimata è pari a 1 seguito da 40.000 zeri... È abbastanza grande da seppellire Darwin e l'intera teoria dell'evoluzione. Non vi è stato alcun brodo ancestrale, né su questo pianeta né su qualsiasi altro, e se gli inizi della vita non furono accidentali, allora devono essere stati prodotti da un'intelligenza con uno scopo ben preciso.112
Sir Fred Hoyle scrive a proposito di questi numeri non plausibili:
In verità, tale teoria (che la vita sia stata creata da un'intelligenza) è così ovvia che ci si stupisce che non sia ampiamente accettata come evidente. Le ragioni sono psicologiche piuttosto che scientifiche.113
La ragione per cui Hoyle ha usato il termine "psicologico" è l'autocondizionamento degli evoluzionisti a non accettare il fatto che la vita possa essere stata creata. Queste persone hanno deciso, come loro obiettivo principale, di rifiutare l'esistenza di Dio. Soltanto per questo motivo, perseverano a difendere le teorie irrazionali che essi stessi riconoscono come impossibili.
Proteine levogireEsaminiamo ora in dettaglio la ragione per cui lo scenario evoluzionista relativo alla formazione di proteine è impossibile.
Nemmeno la corretta sequenza di amminoacidi è del tutto sufficiente alla formazione di una molecola proteica funzionale. Oltre a tali requisiti, ognuno dei venti tipi differenti di amminoacidi presenti nella composizione di proteine deve essere levogiro. Esistono due tipi differenti di amminoacidi, come di tutte le molecole organiche, detti "levogiri" e "destrogiri". Ciò che li differenzia è la simmetria speculare tra le loro strutture tridimensionali, che è simile alla mano sinistra e alla mano destra di una persona.
Questi due tipi di amminoacidi possono essere facilmente collegati tra loro. Ma la ricerca ha rivelato un fatto sorprendente: tutte le proteine nelle piante e negli animali su questo pianeta, dall'organismo più semplice a quello più complesso, sono costituite da amminoacidi levogiri. Se anche un solo amminoacido destrogiro si fissasse alla struttura di una proteina, essa diverrebbe inutilizzabile. In una serie di esperimenti, i batteri esposti a amminoacidi destrogiri immediatamente li distrussero e in alcuni casi formarono degli amminoacidi levogiri utilizzabili dai componenti spezzati.
Supponiamo, per un istante, che la vita pervenga all'esistenza casualmente, come sostengono gli evoluzionisti. In questo caso, gli amminoacidi destrogiri e levogiri che fossero in tal modo generati, dovrebbero essere presenti schematicamente in proporzioni uguali in natura. Tutti gli esseri viventi, quindi, dovrebbero essere costituiti da amminoacidi destrogiri e levogiri, in quanto è chimicamente possibile che entrambi i tipi si combinino reciprocamente.
Però come sappiamo, nel mondo reale, le proteine esistenti in ogni organismo vivente sono costituite soltanto da amminoacidi levogiri.
Come le proteine possano scegliere soltanto i levogiri tra tutti gli amminoacidi, mentre neppure un destrogiro possa essere compreso nel processo vitale, è una questione ancora irrisolta da parte degli evoluzionisti. Una selezione talmente specifica e conscia costituisce uno dei più grandi vicoli ciechi per la teoria dell’evoluzione.
Questa caratteristica delle proteine rende ancora più grave il problema che gli evoluzionisti devono risolvere riguardo alla “coincidenza”. Affinchè una proteina "significativa" venga generata, non è sufficiente che gli amminoacidi siano presenti in un determinato numero e sequenza perfetta e combinati insieme secondo la corretta forma tridimensionale. Inoltre, tutti questi amminoacidi devono essere levogiri e neppure un destrogiro può essere presente. Non esiste, tuttavia, alcun meccanismo di selezione naturale che comprenda che un amminoacido destrogiro è stato aggiunto alla catena e che debba quindi essere rimosso in quanto erroneo. Questa situazione inficia una volta per tutte la possibilità della coincidenza e del caso.
Nella Britannica Science Encyclopaedia, strenua paladina dell'evoluzionismo, si dice che gli amminoacidi di tutti gli organismi viventi sulla Terra e i blocchi di polimeri complessi quali le proteine hanno la stessa asimmetria sinistra. Viene aggiunto, inoltre, che questo è equivalente a lanciare una moneta mille volte e a ottenere sempre "testa". Si ammette inoltre che non è possibile comprendere perché le molecole divengano levogire o destrogire e che tale alternativa è fascinosamente correlata all'origine della vita sulla Terra.114
Se si ottiene sempre testa gettando una moneta un milione di volte, è più logico attribuirlo al caso o accettare che vi sia un intervento consapevole? La risposta dovrebbe essere ovvia. Nondimeno, a dispetto della sua apparente evidenza, gli evoluzionisti si rifugiano ancora nella coincidenza semplicemente perché non vogliono accettare l'esistenza di un "intervento consapevole".
Una situazione simile si presenta con i nucleotidi, le più piccole unità del DNA e del RNA. Al contrario delle proteine, in cui vengono scelti solo amminoacidi levogiri, nel caso degli acidi nucleici, le forme preferite per le componenti nucleotidi sono sempre destrogire. Anche questo fatto non potrà mai essere spiegato per mezzo della coincidenza.
Per concludere, è definitivamente provato dalle probabiltà che abbiamo esaminato in precedenza che il caso non può spiegare l'origine della vita. Se tentiamo di calcolare la probabilità di una media proteina media composta da 400 amminoacidi, selezionati soltanto tra i levogiri, otteniamo la probabilità di 1 su 2
400, che corrisponde a 10
120. Solo per fare un confronto, è utile ricordare che il numero di elettroni nell'universo è stimato pari a 10
79, che, anche se enorme, è assai inferiore a questo numero. La probabilità degli amminoacidi che formano la sequenza richiesta e la forma funzionale determinerebbe numeri molto superiori. Se congiungiamo queste probabilità e se cerchiamo di calcolare le probabilità di numeri e tipi di proteine ancora più alte, il calcolo diventa inconcepibile.
Un legame corretto è vitaleLe difficoltà che la teoria dell’evoluzione non è in grado di risolvere, riguardo allo sviluppo di una singola proteina, non sono limitate a quelle che abbiamo esposto sinora. Non è sufficiente che gli amminoacidi siano ordinati in numero corretto, in sequenza e secondo la richiesta struttura tridimensionale. La formazione di una proteina esige anche che le molecole di amminoacidi con più di un braccio siano reciprocamente legate solo in certi modi. Tale vincolo è detto "legame peptidico". Gli amminoacidi possono creare dei legami reciproci in modo diverso, ma le proteine sono costituite solo da quegli amminoacidi che sono uniti per mezzo di legami "peptidici".
Un paragone permetterà di chiarire questo punto: si supponga che un'automobile sia completa di tutte le sue parti correttamente assemblate, ad eccezione di una ruota, fissata non con i soliti dadi e i bulloni appropriati, ma con un pezzo di filo metallico, in modo tale che il suo mozzo sia rivolto verso terra. Sarebbe impossibile per tale automobile avanzare anche per la più breve distanza, nonostante la complessità della sua tecnologia e la potenza del suo motore. A prima vista tutto sembrerebbe a posto, ma l'errata installazione anche di una sola ruota renderebbe l'intera auto inutilizzabile. Allo stesso modo, in una molecola proteica, l'unione anche di un solo amminoacido a un altro con un legame diverso da quello peptidico renderebbe l'intera molecola inservibile.
Le ricerche hanno mostrato che gli amminoacidi combinati casualmente presentano legami peptidici solo nella misura del 50% nello stesso tempo, mentre il restante è costituito da legami temporalmente differenti che non sono presenti nelle proteine. Per funzionare correttamente, ogni amminoacido costituente una proteina deve essere congiunto solo per mezzo di un legame peptidico, così come deve essere scelto soltanto tra i levogiri.
Tale probabilità è la stessa di ogni proteina di essere levogira. Ovvero, quando si considera una proteina formata da 400 amminoacidi, la probabilità che questi si combinino tra loro solo con legami peptidici è pari a 1 su 2
399.
Probabilità zeroCome si è visto, la probabilità che una molecola proteica costituita di 500 amminoacidi si formi è pari a "1" su un numero formato da 950 zeri, incomprensibile alla mente umana. Questa è solo una probabilità sulla carta. In pratica, questa ha zero possibilità di realizzazione. Come abbiamo già visto prima, in matematica, una probabilità inferiore a 1 su 10
50 è statisticamente considerata pari a "0" possibilità di realizzazione.
Una probabilità di "1 su 10
950" è ben oltre i limiti di questa definizione.
Mentre la improbabilità della formazione di una molecola proteica di 500 amminoacidi raggiunge un tale grado, possiamo procedere oltre, spingendo i limiti della mente a livelli più elevati di improbabilità. Nella molecola dell'emoglobina, che è una proteina vitale, vi sono 547 amminoacidi, un numero superiore a quello citato in precedenza. Si pensi ora che in un solo tra i miliardi di globuli rossi del sangue, vi sono 280.000.000 di molecole di emoglobina.
La presunta età della Terra non è sufficiente a permettere la formazione di neppure una singola proteina mediante il metodo di "prova ed errore", per non considerare un globulo rosso. Anche se si supponesse che gli amminoacidi si fossero combinati e decomposti per mezzo di tale metodo, senza alcuna perdita di tempo fin dalla formazione della Terra, al fine di costituire una singola molecola proteica, il periodo di tempo richiesto necessario per raggiungere la probabilità di 1 su 10
950 supererebbe di moltissimo l’età stimata della Terra.
Ne deriva che l'evoluzione cade in un terribile abisso di improbabilità già dal momento della formazione di una singola proteina.
Esiste in natura un meccanismo di prova ed errore?Possiamo concludere, infine, con un punto molto importante in relazione alla logica di base del calcolo delle probabilità, del quale abbiamo dato alcuni esempi. Abbiamo visto in precedenza come il calcolo delle probabilità raggiunge livelli astronomici e che tali possibilità sono praticamente irrealizzabili. Vi è, tuttavia, un fatto molto più importante e dannoso che gli evoluzionisti devono affrontare: in condizioni naturali, nessun periodo di prova ed errore può neppure cominciare, nonostante le astronomiche probabilità contrarie, in quanto in natura non esiste alcun meccanismo di prova ed errore da cui potrebbero emergere le proteine.
Cita:
La probabilità che una molecola proteica media costituita di 500 amminoacidi si disponga nella quantità e nella sequenza corrette oltre alla probabilità che gli amminoacidi che contiene siano solo levogiri e si combinino solo con i legami peptidici è "1" su 10950. * Possiamo scrivere questo numero che è formato mettendo 950 zeri dopo l'1 come segue:
10950 =
100.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.
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Probabilità zero
Ci sono tre condizioni fondamentali per la formazione di una proteina utile:
Prima condizione: che tutti gli amminoacidi nella catena proteica siano del tipo giusto e nella sequenza corretta.
Seconda condizione: che tutti gli amminoacidi nella catena siano levogiri
Terza condizione: che tutti questi amminoacidi siano uniti tra loro formando un legame chimico detto “peptidico”.
Perché una proteina si possa formare casualmente, tutte le tre condizioni devono esistere simultaneamente. La probabilità della formazione casuale di una proteina è pari alla moltiplicazione delle probabilità di realizzazione di ciascuna di queste condizioni.
Per esempio, per una molecola media comprendente 500 amminoacidi:
1- La probabilità che gli amminoacidi siano nella sequenza corretta
Ci sono 20 tipi di amminoacidi utilizzati nella composizione di proteine. Secondo questo:
- la probabilità che ciascun amminoacido venga scelto correttamente tra questi 20 tipi = 1/20
- la probabilità che tutti questi 500 amminoacidi siano scelti correttamente = 1/20500= 1/10650 =1 possibilità su 10650
2- La probabilità che gli amminoacidi siano levogiri
- La probabilità che solo un amminoacido sia levogiro = 1/2
- la probabilità che tutti questi 500 amminoacidi siano levogiri allo stesso tempo
= 1/2500 = 1/10150 = 1 possibilità su 10150
3- La probabilità che gli amminoacidi si combinino con un "legame peptidico"
Gli amminoacidi possono combinarsi tra loro con diversi tipi di legami chimici. Perché si formi una proteina utile, tutti gli amminoacidi nella catena devono combinarsi con uno speciale legame chimico detto "peptidico". Si è calcolato che la probabilità che gli amminoacidi non si combinino tra loro con alcun altro legame chimico se non con quello peptidico è pari al 50%. Secondo questo:
- La probabilità che due amminoacidi si combinino con un "legame peptidico" = 1/2
- La probabilità che 500 amminoacidi si combinino tutti con un legame peptidico = 1/2499 = 1/10150 = 1 possibilità su 10150
TOTALE PROBABILITÀ
= 1/10650 X 1/10150 X 1/10150 = 1/10950
= 1 possibilità su 10950
I calcoli che presentiamo sulla pagina accanto per mostrare la probabilità della formazione di una molecola proteica con 500 amminoacidi sono validi solo per un'ideale condizione di "prova ed errore", che non esiste nella vita reale. Ovvero, la probabilità di ottenere una proteina utile è pari a "1" su 10
950 soltanto se si suppone che esista un meccanismo immaginario nel quale una mano invisibile congiunga 500 amminoacidi a caso, quindi, dopo averne constatato l'erroneità, li separi uno ad uno e li disponga in un ordine diverso per la seconda volta, e così di seguito. Nel corso di ogni tentativo, gli amminoacidi dovrebbero essere separati singolarmente e sistemati secondo un nuovo ordine; la sintesi dovrebbe fermarsi dopo l'aggiunta del cinquecentesimo amminoacido e l'assicurazione che non ve ne sia neppure un altro coinvolto. La prova dovrebbe, quindi, interrompersi per verificare se la proteina si fosse costituita, in caso di insuccesso, tutto dovrebbe essere dissolto e provato per una nuova sequenza. Oltre a questo, nel corso di ogni prova, neppure una singola sostanza estranea dovrebbe essere coinvolta. Sarebbe inoltre essenziale che la catena formatasi durante la prova non venisse spezzata e distrutta prima di aver raggiunto il quattrocentonovantanovesimo vincolo. Tali condizioni significano che le probabilità, di cui sopra abbiamo fatto menzione, possono aver luogo soltanto in un ambiente controllato, ove un meccanismo consapevole diriga, sin dal principio, ogni fase intermedia del processo, in cui solo la "corretta selezione degli amminoacidi" sia lasciata incontrollata. È, senza dubbio, impossibile che un simile ambiente esista in condizioni naturali. La formazione di una proteina nell'ambiente naturale è, quindi, logicamente e tecnologicamente impossibile. In realtà, parlare della probabilità di un tale evento è del tutto privo di scientificità.
Poiché alcune persone non sono in grado di avere una visione ampia di queste faccende, ma le avvicinano da un punto di vista superficiale e ritengono che la formazione di una proteina sia una semplice reazione chimica, ne traggono deduzioni irrealistiche del tipo che "gli amminoacidi si combinano per reazione e quindi formano proteine". Nondimeno, le reazioni chimiche accidentali che si verificano in una struttura inorganica possono solo apportare cambiamenti semplici e primitivi, il cui numero è predeterminato e limitato. Un materiale chimico alquanto più complesso richiede enormi stabilimenti chimici e laboratori. La medicine e molti altri materiali chimici che utilizziamo nella nostra vita quotidiana sono fatte allo stesso modo. Le proteine hanno strutture molto più complesse di quelle chimiche prodotte dall'industria. È impossibile, di conseguenza, che le proteine, ognuna delle quali è un capolavoro della creazione, in cui ogni parte trova posto in un ordine fisso, abbiano avuto origine da reazioni chimiche casuali.
Mettiamo da parte per un minuto tutte le impossibilità che abbiamo descritto finora e supponiamo che una molecola proteica utile si sia evoluta spontaneamente "per caso". Anche a questo punto l'evoluzione non ha risposte, in quanto, affinché questa proteina possa sopravvivere, richiederebbe di essere isolata dall’ambiente naturale in cui si trova e avrebbe necessità di essere protetta in condizioni molto speciali. In caso contrario, questa proteina verrebbe disintegrata dall'esposizione alle condizioni naturali della Terra oppure si congiungerebbe ad altri acidi, amminoacidi o composti chimici, perdendo le sue proprietà particolari e trasformandosi, di conseguenza, in una sostanza del tutto diversa e inutile.
La confusione degli evoluzionisti riguardo all'origine della vitaLa questione su "come gli esseri viventi siano apparsi per la prima volta" rappresenta un tale vicolo cieco per gli evoluzionisti, che essi di solito non tentano neppure di avvicinarsi a questo argomento. Cercano di evitare la domanda affermando che "le prime creature pervennero all'esistenza in seguito ad alcuni eventi accidentali nell'acqua". Sono, tuttavia, a un punto morto che non possono in alcun modo oltrepassare. A dispetto delle ragioni evoluzioniste dei paleontologi, in questo caso non dispongono di alcun fossile che permetta loro di distorcere e fraintendere la realtà come vorrebbero al fine di patrocinare le loro asserzioni. La teoria dell'evoluzione risulta, quindi, definitivamente confutata fin dal principio.
Soprattutto, vi è un punto importante da prendere in considerazione: se è dimostrato che ogni passo del processo evolutivo è impossibile, ciò è sufficiente a provare che l'intera teoria è del tutto falsa e non valida. Ad esempio, provando che la formazione accidentale di proteine è impossibile, vengono di conseguenza confutate anche tutte le altre motivazioni riguardo ai passi successivi dell'evoluzione. Dopo questa fase, perdono ogni senso le speculazioni sui crani di alcuni esseri umani e scimmie.
Come gli organismi viventi fossero pervenuti all'esistenza dalla materia non vivente fu una questione che gli evoluzionisti non vollero per lungo tempo neppure menzionare. Nondimeno, divenne un problema inevitabile che si tentò di risolvere con una serie di esperimenti nel secondo quarto del Novecento.
La domanda principale era, "come avrebbero potuto le prime cellule viventi apparire nella primordiale atmosfera della Terra?" In altre parole, che tipo di spiegazione avrebbero potuto apportare gli evoluzionisti?
Le risposte vennero cercate per mezzo di esperimenti. Gli scienziati e i ricercatori evoluzionisti condussero una serie di esperimenti di laboratorio volti a trovare la soluzione a questa domanda, senza, tuttavia, risvegliare un grande interesse. Lo studio generalmente ritenuto più attendibile sull'origine della vita è il cosiddetto esperimento Miller, condotto dal ricercatore americano Stanley Miller nel 1953 (l'esperimento è anche noto come "esperimento Urey-Miller", per il contributo dell'insegnante di Miller presso l'Università di Chicago, Harold Urey).
Questo esperimento rappresenta la sola prova avanzata dagli evoluzionisti a dimostrazione della "tesi dell'evoluzione molecolare"; lo presentano come il primo stadio del presunto processo evolutivo che conduce alla vita. Nonostante sia trascorso quasi mezzo secolo e siano stati realizzati enormi progressi tecnologici, non si è fatto alcun passo avanti. L'esperimento di Miller è tuttora oggetto di studio nei testi didattici per spiegare l'originaria generazione di esseri viventi. Consapevoli del fatto che tali studi non offrono alcun supporto, ma che anzi confutano la loro tesi, i ricercatori evoluzionisti hanno deliberatamente evitato di intraprendere simili esperimenti.
L'esperimento di MillerL'intento di Stanley Miller era di dimostrare tramite un esperimento come gli amminoacidi fossero pervenuti all'esistenza "per casualità" miliardi di anni fa sulla Terra priva di vita.
Nel corso del suo esperimento, Miller utilizzò una mistura di gas, composta di ammoniaca, metano, idrogeno e vapore acqueo, che egli presuppose fosse esistita sulla Terra primordiale (ma che in seguito si dimostrò irrealistica). Dal momento che questi gas non reagivano tra loro in condizioni naturali, egli applicò dell’energia alla mistura per provocare la reazione. Supponendo che tale energia fosse derivata da lampi di luce nell'atmosfera primordiale, egli si servì di corrente elettrica per riprodurla.
Miller fece riscaldare a 100°C questa mistura di gas per una settimana e vi introdusse la corrente elettrica. Alla fine della settimana, Miller analizzò le sostanze chimiche formatesi nel fondo della vaschetta e osservò che tre dei 20 amminoacidi, che costituiscono gli elementi basici delle proteine, si erano sintetizzati.
Questo esperimento indusse una grande eccitazione tra gli evoluzionisti e venne promosso come un notevole successo. In uno stato di abbagliante euforia varie riviste pubblicarono titoli del tipo "Miller crea la vita". Tuttavia, le molecole che Miller aveva sintetizzato erano solo molecole "inanimate".
Incoraggiati da questo esperimento, gli evoluzionisti crearono immediatamente nuovi scenari. Furono precipitosamente ipotizzati stadi successivi allo sviluppo degli amminoacidi. Questi, per supposizione, si sarebbero più tardi riuniti casualmente in sequenze appropriate per formare proteine. Alcune di queste proteine emerse per caso si sarebbero, in seguito, poste autonomamente in strutture simili a membrane cellulari, le quali, "in qualche modo", sarebbero pervenute all'esistenza e avrebbero costituito una cellula primitiva. Le celle si sarebbero poi messe insieme, per formare, con il tempo, organismi viventi pluricellulari. L'esperimento di Miller, tuttavia, non fu nient'altro che una finzione, la cui falsità è stata provata in molti modi.
L'esperimento di Miller non fu nient'altro che una finzioneL'esperimento di Miller fu un tentativo di provare che gli amminoacidi avrebbero potuto formarsi autonomamente in condizioni simili a quelle della Terra primordiale. Permangono, tuttavia, numerose incongruenze:
1. Servendosi di un meccanismo detto "trappola fredda", Miller isolò gli amminoacidi dall'ambiente non appena essi si erano formati. Se non avesse fatto questo, le condizioni dell'ambiente in cui gli amminoacidi si erano formati avrebbero immediatamente distrutto queste molecole.
Senza dubbio, questo tipo di meccanismo di isolamento consapevole non esisteva nella Terra primordiale. Senza un tale meccanismo, anche se si fosse ottenuto un solo amminoacido, sarebbe stato immediatamente distrutto. Il chimico Richard Bliss ha espresso questa contraddizione nel modo seguente: "In realtà, senza questa trappola, i prodotti chimici sarebbero stati distrutti dalla sorgente energetica."115
Sicuramente Miller, nei suoi esperimenti precedenti, non potè costituire alcun amminoacido, pur usando gli stessi materiali ma senza la trappola fredda.
2. Il primordiale ambiente atmosferico che Miller tentò di simulare nel suo esperimento non era realistico. Nel 1980, gli scienziati furono concordi nell'affermare che si sarebbe dovuto adoperare l'azoto e il biossido di carbonio in questo ambiente artificiale in luogo del metano e dell'ammoniaca. Dopo un lungo periodo di silenzio, lo stesso Miller confessò che l'ambiente atmosferico da lui ricostruito non era realistico.116
Cita:
Le più recenti fonti evoluzionistiche mettono in discussione l'esperimento di Miller
Oggi l'esperimento di Miller non è tenuto in alcuna considerazione neppure dagli scienziati evoluzionisti Nel numero del febbraio 1998, sulla famosa rivista scientifica evoluzionista Earth, sono comparse le seguenti considerazioni in un articolo intitolato “Life's Crucible”:
I geologi ora credono che l'atmosfera primordiale consistesse soprattutto di biossido di carbonio e di azoto, gas che sono meno reattivi di quelli utilizzati nell'esperimento del 1953. Anche se l'atmosfera di Miller fosse esistita, come sarebbe stato possibile che molecole semplici come gli amminoacidi subissero le trasformazioni chimiche che le avrebbero convertite in composti assai più complicati, o polimeri, come le proteine? Miller stesso ha alzato le mani a questo punto del puzzle. “È un problema”, ha sospirato esasperato. “Com'è possibile ottenere polimeri? Non è facile”. 1
Come si è visto, anche lo stesso Miller ha ammesso che il suo esperimento non porta a una spiegazione dell'origine della vita. Il fatto che gli scienziati evoluzionisti accettino con tanto fervore questo esperimento indica soltanto le difficoltà che affronta l’evoluzione e la disperazione dei suoi sostenitori.
Nel numero di marzo 1998 del National Geographic in un articolo dal titolo "The Emergence of Life on Earth" è comparso il commento che segue:
Molti scienziati ora sospettano che l'atmosfera primordiale fosse differente da quanto supposto in principio da Miller. Pensano che consistesse di biossido di carbonio e azoto piuttosto che di idrogeno, metano e ammoniaca.
Questa è una cattiva notizia per i chimici. Quando tentano di stimolare il biossido di carbonio e l'azoto, essi ottengono una misera quantità di molecole organiche – equivalente alla dissoluzione di una goccia di colorante nell'acqua di una piscina. Gli scienziati trovano difficile immaginare che la vita sia emersa da una tale zuppa diluita. 2
In breve, né l'esperimento di Miller, né alcun altro simile mai tentato, può rispondere alla domanda sul modo in cui la vita è comparsa sulla terra. Tutte le ricerche fatte dimostrano che è impossibile che la vita sia emersa per caso e quindi confermano che la vita è stata creata.
1- Earth, "Life's Crucible", February 1998, p.34
2- National Geographic, "The Rise of Life on Earth", marzo 1998, p.68
Perché, allora, Miller ha insistito su questi gas? La risposta è semplice: senza l'ammoniaca, sarebbe stato impossibile sintetizzare alcun amminoacido. A questo proposito, in un articolo apparso sulla rivista Discover, Kevin Mc Kean ha scritto:
Miller e Urey imitarono l'antica atmosfera della Terra con una mistura di metano e ammoniaca. Secondo la loro opinione, la Terra sarebbe stata una mistura omogenea di metallo, roccia e ghiaccio. Gli studi più recenti, tuttavia, hanno rivelato che la Terra era molto calda a quei tempi e che era composta di nichelio e ferro fuso. Di conseguenza, l'atmosfera chimica di quel periodo dovrebbe essere stata composta soprattutto di azoto (N2), biossido di carbonio (CO2) e vapore acqueo (H2O). Nondimeno, questi elementi non sono così adatti alla produzione di molecole organiche come il metano e l'ammoniaca.117
Gli scienziati americani J. P. Ferris e C. T. Chen ripeterono l'esperimento di Miller in un ambiente atmosferico che conteneva biossido di carbonio, idrogeno, azoto e vapore acqueo, e non riuscirono a ottenere neppure un singolo amminoacido.118
3. Un altro aspetto importante volto a infirmare l'esperimento di Miller è che vi era abbastanza ossigeno da distruggere tutti gli amminoacidi presenti nell'atmosfera nel periodo in cui si suppone si siano formati. Questo fatto, non rilevato da Miller, è rivelato dalle tracce di ossido di ferro e uranio scoperte in rocce che si stima risalgano a 3,5 milioni di anni fa.119
Altre scoperte mostrano che la quantità di ossigeno nell’atmosfera a quello stadio era molto più elevato di quanto originariamente sostenuto dagli evoluzionisti. Gli studi rivelano che in quel periodo il livello di radiazioni ultraviolette a cui la Terra era esposta era 10.000 volte superiore alle stime degli evoluzionisti. Queste intense radiazioni avrebbero inevitabilmente liberato l'ossigeno decomponendo il vapore acqueo e il biossido di carbonio nell'atmosfera.
Questa situazione invalida radicalmente l'esperimento di Miller, nel quale l'ossigeno era del tutto trascurato. Se l'ossigeno fosse stato utilizzato nell'esperimento, il metano si sarebbe decomposto in biossido di carbonio e acqua, mentre l'ammoniaca in azoto e acqua. D'altra parte, in un ambiente dove l'ossigeno non esisteva non vi sarebbe stato neppure uno strato di ozono, quindi gli amminoacidi sarebbero stati immediatamente distrutti non appena esposti a raggi ultravioletti molto intensi senza la protezione di uno strato di ozono. In altre parole, con o senza l'ossigeno nel mondo primordiale, il risultato sarebbe stato un ambiente mortale per gli amminoacidi.
4. Al termine dell'esperimento di Miller, si formarono molti acidi organici con caratteristiche nocive alle strutture e alle funzioni degli esseri viventi. Se gli amminoacidi non fossero stati isolati e fossero stati lasciati nello stesso ambiente con queste sostanze, la loro distruzione o trasformazione in composti differenti, attraverso reazioni chimiche, sarebbe stata inevitabile.
Per di più, alla fine dell'esperimento si formarono innumerevoli amminoacidi destrogiri.120 La loro esistenza confutò la teoria anche in base ai suoi stessi ragionamenti, in quanto gli amminoacidi destrogiri non possono funzionare nella composizione degli organismi viventi. Per concludere, le circostanze in cui si formarono gli amminoacidi nell'esperimento di Miller non erano adatte alla vita. In realtà, questo mezzo prese la forma di una mistura acida che distruggeva e ossidava le molecole utili ottenute.
Tutti questi fatti indicano una verità sicura: l'esperimento di Miller non può pretendere di provare la casuale formazione di esseri viventi nelle primordiali condizioni terrestri. L'intero esperimento non è altro che una prova di laboratorio, intenzionale e controllata, per sintetizzare amminoacidi. Il volume e il tipo di gas utilizzati furono determinati al fine di originare amminoacidi. La quantità di energia rifornita al sistema non era né in eccesso né in difetto, bensì quella stabilita con precisione allo scopo di permettere le necessarie reazioni. L'impianto adibito all'esperimento fu accuratamente isolato in modo tale da evitare la penetrazione di qualsiasi tipo di elemento dannoso, distruttivo o di impedimento alla formazione di quegli amminoacidi che erano probabilmente presenti nelle primordiali condizioni terrestri. Nessun elemento, minerale o composto, tra quelli presenti effettivamente ai primordi che avrebbe potuto cambiare il corso delle reazioni, fu incluso nell'esperimento. L'ossigeno, che avrebbe potuto prevenire la formazione di amminoacidi per ossidazione, è soltanto uno tra questi elementi distruttivi. Anche in tali ideali condizioni di laboratorio, è stato impossibile far sopravvivere gli amminoacidi prodotti evitando la loro distruzione senza valersi del meccanismo della "trappola fredda".
Con questo esperimento, in realtà, Miller distrusse la pretesa degli evoluzionisti, secondo cui “la vita sarebbe emersa come risultato di coincidenze incoscienti”. Questo perché, se l'esperimento ha provato qualcosa, è che gli amminoacidi possono essere prodotti soltanto in un ambiente di laboratorio controllato, dove tutte le condizioni sono specificamente progettate da un intervento consapevole. Ovvero, il potere che determina la vita non può essere il caso inconsapevole, ma piuttosto una creazione conscia.
La ragione per cui gli evoluzionisti non accettano questa realtà palese è la loro cieca adesione a pregiudizi che non hanno alcun carattere di scientificità. È degno di nota il fatto che Harold Hurey, l'organizzatore insieme al suo allievo Stanley Miller dell'esperimento in esame, abbia a tale proposito confessato:
Tutti noi che abbiamo studiato le origini della vita riteniamo che più ci si addentri in essa, più si senta che è troppo complessa per essersi in qualche modo evoluta. Noi tutti crediamo, come se fosse un articolo di fede, che la vita su questo pianeta si sia evoluta dalla materia morta. La sua complessità è tuttavia così grande, che diventa difficile immaginarselo.121
L'atmosfera primordiale della Terra e le proteineLe fonti evoluzioniste utilizzano l’esperimento di Miller, nonostante tutte le sue incongruenze, per cercare di sorvolare sulla questione dell’origine degli amminoacidi. Dando l’impressione che la questione fosse stata risolta da tempo da quell’esperimento invalido, cercano di mettere una toppa sulle falle della teoria dell’evoluzione.
Nondimeno, per spiegare la seconda fase dell'origine della vita, gli evoluzionisti dovettero affrontare un problema ancora più grande di quello della formazione degli amminoacidi: cioè, l’origine delle proteine, ovvero, i blocchi da costruzione della vita, composte da centinaia di differenti amminoacidi uniti secondo un ordine preciso.
Affermare che le proteine siano state formate dal caso in condizioni naturali è molto più irrealistico e irragionevole della medesima affermazione a proposito degli amminoacidi. Nelle pagine precedenti abbiamo visto, valendoci del calcolo delle probabilità, l'impossibilità matematica dell'unione accidentale di amminoacidi in sequenze precise al fine di formare proteine. Ora esamineremo come sia impossibile che le proteine siano state prodotte chimicamente nelle primordiali condizioni terrestri.
La sintesi proteica non è possibile in acquaCome abbiamo visto prima, quando si combinano per formare proteine, gli amminoacidi costituiscono tra loro un legame speciale detto "peptidico", nel corso della cui formazione viene liberata una molecola di acqua.
Ciò confuta definitivamente la spiegazione evoluzionista che la vita ai primordi abbia avuto origine dall'acqua, in quanto, secondo il "principio di Le Châtelier", non è possibile che una reazione che libera acqua (una reazione di condensazione) abbia luogo in un ambiente idrato. La possibilità che avvenga questo tipo di reazione in un ambiente idrato si dice che "abbia la minima probabilità di accadere" tra tutte le reazioni chimiche.
Gli oceani, quindi, considerati i luoghi dove ebbero origine la vita e gli amminoacidi, non sono lo sfondo appropriato alla formazione di proteine. D'altra parte, sarebbe irrazionale per gli evoluzionisti cambiare il loro pensiero e affermare che la vita ebbe origine sulla Terra, perché il solo ambiente dove gli amminoacidi avrebbero potuto essere protetti dalle radiazioni ultraviolette è costituito dagli oceani e dai mari. Sulla terra, sarebbero stati distrutti dalle radiazioni ultraviolette. Il principio di Le Châtelier smentisce l'idea della formazione della vita nei mari. Ciò costituisce un altro dilemma da risolvere per gli evoluzionisti.
Un altro sforzo disperato: l'esperimento di FoxSfidati dal suddetto dilemma, gli evoluzionisti iniziarono a inventare scenari irrealistici basati sul "problema acqua" che confutavano integralmente le loro teorie. Sydney Fox fu uno tra i più noti di questi ricercatori. Egli avanzò la seguente teoria per risolvere tale problema: i primi amminoacidi devono essere stati trasportati su alcune rupi nei pressi di un vulcano nel periodo appena successivo alla loro formazione nell'oceano primordiale. L'acqua contenuta nella mistura, che includeva gli amminoacidi presenti sulle rupi, deve essere evaporata quando la temperatura ha superato il punto di ebollizione. In tal modo, gli amminoacidi che erano stati "asciugati" avrebbero potuto poi combinarsi per formare le proteine.
Tale "complicata" soluzione non ottenne, tuttavia, diffusa approvazione nel campo, in quanto gli amminoacidi non avrebbero potuto sopravvivere a temperature così elevate. La ricerca conferma che gli amminoacidi si distruggono immediatamente a temperature elevate.
Fox, in ogni caso, non si rassegnò. Egli combinò degli amminoacidi purificati in laboratorio "in condizioni molto speciali" riscaldandoli in ambiente asciutto. Gli amminoacidi si combinarono, ma non si ottenne alcuna proteina. Ciò che egli ottenne, in realtà, furono semplici e disordinati raccordi di amminoacidi arbitrariamente combinati tra loro, ben lungi dal rassomigliare ad una proteina vivente. Inoltre, se Fox avesse mantenuto gli amminoacidi ad una temperatura costante, allora questi inutili raccordi sarebbero stati disintegrati.122
Un altro fattore che invalidò ulteriormente l'esperimento fu l'utilizzo da parte di Fox non degli inutili prodotti finali dell'esperimento di Miller, ma di puri amminoacidi provenienti da organismi viventi. Nondimeno questo esperimento, che intese proseguire quello di Miller, avrebbe dovuto prendere avvio proprio dai risultati ottenuti da Miller. Eppure, né Fox, né alcun altro ricercatore utilizzarono mai gli inutili amminoacidi prodotti da Miller.123
L'esperimento di Fox non fu accolto positivamente neppure presso i circoli evoluzionisti, poiché fu chiaro che le insignificanti catene di amminoacidi prodotte (che lui chiamò “proteinoidi”) non avrebbero potuto formarsi in condizioni naturali. Per di più, le proteine, i blocchi da costruzione della vita, non avrebbero potuto essere prodotte. Il problema dell'origine delle proteine rimaneva ancora aperto. In un articolo apparso negli anni Settanta nella rivista scientifica divulgativa Chemical Engineering News, l'esperimento di Fox venne menzionato nei termini seguenti:
Sidney Fox e gli altri ricercatori tentarono di unire gli amminoacidi in forma di proteinoidi, avvalendosi di tecniche di riscaldamento molto speciali in condizioni che non corrispondevano a quelle delle fasi primordiali della Terra. Inoltre, i proteinoidi non assomigliano assolutamente alle proteine regolari presenti negli esseri viventi. Non sono altro che macchie inutili e irregolari. Si è detto che seppure tali molecole si fossero formate nei primi tempi, sarebbero state sicuramente distrutte.124
Cita:
La materia inanimata non può generare la vita
Numerosi esperimenti evoluzionistici, come quelli di Miller e di Fox, sono stati concepiti per provare l’affermazione secondo cui la materia inanimata può organizzarsi da sola e generare esseri viventi complessi. Questa è una convinzione del tutto ascientifica: ogni osservazione ed esperimento ha provato in modo incontrovertibile che la materia non ha tale capacità. Il famoso astronomo e matematico inglese sir Fred Hoyle nota che la materia non può generare la vita da se stessa senza una interferenza deliberata:
Se ci fosse un principio basilare della materia che in qualche modo conducesse i sistemi organici verso la vita, la sua esistenza sarebbe facilmente dimostrabile in laboratorio. Si potrebbe prendere, per esempio, una piscina per rappresentare il brodo primordiale. Riempirla di qualunque prodotto chimico di natura non biologica si voglia. Pomparvi qualunque gas, sopra o all'interno, e colpirla con qualunque tipo di radiazione a seconda della propria fantasia. Lasciar procedere l'esperimento per un anno e vedere quanti dei 2000 enzimi (proteine prodotte dalle cellule viventi) sono comparsi nella piscina. Darò io stesso la risposta e quindi risparmierò tempo, problemi e spese per la reale conduzione dell’esperimento: non si troverà nulla, tranne forse una fanghiglia catramosa composta di amminoacidi ed altre semplici sostanze chimiche organiche. 1
Il biologo evoluzionista Andrew Scott ammette lo stesso fatto:
Prendere un po' di materia, scaldarla mentre si mescola e aspettare. Questa è la versione moderna della Genesi. Si presume che le ‘fondamentali’ forze di gravità, elettromagnetismo e forze nucleari forti e deboli abbiano fatto il resto... Ma quanto di questo bel racconto ha fondamenta stabili e quanto resta speranzosa speculazione? In verità, il meccanismo di quasi tutti i passi più importanti, dai precursori chimici alle prime cellule riconoscibili, è oggetto o di una controversia o di un'assoluta perplessità. 2
1- Fred Hoyle, The Intelligent Universe, New York, Holt, Rinehard & Winston, 1983, p. 256 (L'universo intelligente, Mondatori, Milano, 1984).
2- Andrew Scott, "Update on Genesis", New Scientist, vol. 106, 2 maggio, 1985, p. 30
Senza dubbio, i proteinoidi ottenuti da Fox furono assolutamente diversi dalle proteine reali sia per struttura che per funzione. La differenza tra le proteine e questi proteinoidi è tanto grande quanto quella che intercorre tra uno strumento ad alta tecnologia e un ammasso di ferro non lavorato.
Non vi era, inoltre, neppure la possibilità che queste irregolari catene di amminoacidi potessero sopravvivere nell'atmosfera primordiale. Effetti chimici e fisici dannosi e distruttivi causati dalla violenta esposizione alla luce ultravioletta e a instabili condizioni naturali avrebbero provocato la disintegrazione di questi proteinoidi. Secondo il principio di Le Châtelier, sarebbe stato impossibile agli amminoacidi di combinarsi nell'acqua, dove i raggi ultravioletti non li avrebbero raggiunti. Per questa ragione, l'idea che i proteinoidi costituissero le basi della vita perse infine l'appoggio degli scienziati.
La molecola miracolosa: il DNAIl nostro esame ha finora mostrato che la teoria dell’evoluzione si trova davanti a un grave dilemma a livello molecolare. Gli evoluzionisti non sono riusciti a gettare alcuna luce sulla formazione degli amminoacidi. Allo stesso modo, anche la formazione delle proteine resta un mistero.
Il problema, tuttavia, non si limita soltanto a tali processi. Ciò è soltanto l'inizio. La struttura estremamente complessa della cellula conduce, infatti, gli evoluzionisti in un nuovo vicolo cieco. La ragione è che la cellula non è un semplice mucchio di proteine composte di amminoacidi; piuttosto, è il sistema più complesso che l’uomo si sia mai trovato davanti.
Mentre la teoria dell'evoluzione ha incontrato tante difficoltà a fornire una coerente spiegazione dell'esistenza delle molecole che costituiscono le basi della struttura cellulare, i progressi della genetica e la scoperta degli acidi nucleici (DNA e RNA) hanno sollevato dei problemi del tutto nuovi per gli evoluzionisti. Nel 1953, James Watson e Francis Crick inaugurarono una nuova era per la biologia con il loro lavoro che ha rivelato la struttura incredibilmente complessa del DNA.
La molecola chiamata DNA, che si trova nel nucleo di ognuno dei 100 trilioni di cellule presenti nei nostri corpi, contiene il piano completo di costruzione del corpo umano. Le informazioni riguardanti tutte le caratteristiche di una persona, dall'aspetto fisico alla struttura degli organi interni, sono registrate nel DNA all'interno della sequenza di quattro basi speciali che costituiscono questa molecola gigante. Queste basi vengono specificate come A, T, G e C , secondo le lettere iniziali dei loro nomi. Tutte le differenze strutturali tra le persone dipendono dalle variazioni nelle sequenze di queste lettere. È una sorta di banca dati composta da quattro lettere.
L'ordine sequenziale delle lettere nel DNA determina la struttura di un essere umano fin nei minimi particolari. Oltre a caratteristiche quali la statura, gli occhi, il colore dei capelli e della pelle, il DNA di una singola cellula contiene anche la conformazione di 206 ossa, 600 muscoli, 100 miliardi di cellule nervose (neuroni), 1.000 trilioni di connessioni tra i neuroni del cervello, 97.000 chilometri di vene e i 100 trilioni di cellule nel corpo umano. Se dovessimo trascrivere tutte le informazioni codificate nel DNA, allora dovremmo compilare una libreria gigantesca composta da 900 volumi di 550 pagine l'uno. Ma le informazioni che sarebbero contenute in questa enorme biblioteca sono codificate all’interno delle molecole di DNA nel nucleo cellulare, che è molto più piccolo della cellula, che a sua volta misura appena un centesimo di un millimetro.
Perché il DNA non può essere pervenuto all'esistenza casualmente?A questo punto, si deve prestare attenzione a un dettaglio importante. Un errore nella sequenza dei nucleotidi che costituiscono un gene renderebbe quest'ultimo del tutto inutile. Quando si considera che vi sono circa 30 mila geni nel corpo umano, diventa più evidente quanto sia impossibile che quei milioni di nucleotidi che compongono questi geni si siano formati in corretta sequenza per coincidenza. Un biologo evoluzionista, Frank Salisbury, scrive a proposito di tale impossibilità:
Cita:
Una proteina media può includere circa 300 amminoacidi. Il gene del DNA delegato al controllo di questo dovrebbe avere circa 1.000 nucleotidi nella sua catena. Dal momento che vi sono quattro tipi di nucleotidi in una catena di DNA, uno consistente di 1000 legami potrebbe esistere in 41.000 forme. Servendosi dei logaritmi è possibile costatare che 41.000=10600. Il dieci moltiplicato per se stesso 600 volte forma un numero pari a un 1 seguito da 600 zeri! Questo numero è completamente al di là della nostra comprensione.125
Il numero 4
1.000 è equivalente a 10
600. Questo numero si ottiene aggiungendo 600 zeri a 1. Se pensiamo che 10 con 11 zeri indica un trilione, una figura con 600 zeri è una figura senza dubbio difficile da cogliere. L'impossibilità della formazione di RNA e DNA per accumulazione coincidentale di nucleotidi è espressa dallo scienziato francese Paul Auger:
Cita:
Dobbiamo distinguere nettamente due fasi nella casuale formazione di molecole complesse, quali i nucleotidi, tramite eventi chimici. La produzione di nucleotidi uno ad uno – che è possibile – e la combinazione di questi in sequenze molto speciali. La seconda è assolutamente impossibile.126
Per molti anni, Francis Crick ha creduto nella teoria dell'evoluzione molecolare, ma alla fine ha dovuto confessare che una molecola talmente complessa non avrebbe potuto formarsi spontaneamente per coincidenza, come risultato di un processo evolutivo:
Cita:
Un uomo onesto, armato soltanto della conoscenza a noi disponibile, potrebbe affermare soltanto che, in un certo senso, l'origine della vita appare al momento piuttosto un miracolo.127
L'evoluzionista turco Ali Demirsoy è stato costretto ad ammettere che:
Cita:
In realtà, la probabilità della formazione di una proteina e di un acido nucleico (DNA-RNA) va oltre ogni possibilità di stima. Inoltre, il caso che emerga una certa catena proteica è così esile da poter essere definito astronomico.128
Un paradosso molto interessante si presenta quindi a questo punto: mentre il DNA può solo replicarsi con l'aiuto di alcune speciali proteine (enzimi), la sintesi di queste proteine può solo realizzarsi per mezzo di informazioni codificate nel DNA. In quanto dipendono entrambi l'uno dall'altro, o esistono contemporaneamente allo stesso tempo per replicarsi, o uno di essi deve essere "creato" prima dell'altro. A questo proposito, il microbiologo statunitense, Homer Jacobson, scrive:
Le direzioni per la riproduzione dei piani, per l'energia e l'estrazione delle parti dall'ambiente corrente, per la sequenza di crescita e per il meccanismo che ne trasferisce le istruzioni, devono essere tutti simultaneamente presenti in quel momento in cui la vita comincia. Questa combinazione di eventi è sembrata un avvenimento incredibilmente inverosimile ed è stato spesso attribuita ad un intervento divino.129
Questa citazione venne scritta due anni dopo la scoperta della struttura del DNA da parte di Watson