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MessaggioInviato: 03/09/2011, 15:59 
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zakmck ha scritto:

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Thethirdeye ha scritto:


.... DNA.....


Ecco la parolina magica. Il segreto e' tutto li dentro.
E se andiamo a vedere cosa contiene ci rendiamo rapidamente conto dell'impossibilita' che si sia creato solo per caso.
Anche svincolandosi dalla logica, ragionando in termini puramente probabilistici, sarebbe necessario un tempo talmente ampio per la sua formazione casuale che si supererebbe di diversi ordini di grandezza l'eta' stessa del nostro universo. E in questo caso, la vita sarebbe un caso talmente eccezionale da considerarsi praticamente unico. Saremmo quindi i soli nell'universo. Un bello spreco di spazio non c'e' che dire.
Il DNA e' per forza parte di un progetto intelligente. Anche un personaggio del calibro di Francis Crick ne era convinto quando ancora non si parlava del progetto genoma, che, piu' tardi, avrebbe rivelato che circa il 98.5% del DNA ha una funzione ignota. In pratica 15 anni di potenti elaborazioni per riuscire a fare l'elenco delle sequenze di solo l'1,5% del DNA e per catalogare come spazzatura la restante parte. [8)]
Complimenti.
Certo e' che quando qualcuno ci ha ficcato dentro il naso, come ad esempio Pjotr Garjajev e compagni, sono emerse strutture organizzate in semantiche (simili cioe' a linguaggi). Cioe' in pratica nella parte spazzatura del DNA ci sarebbero codificate delle semantiche? E il caso ora dove lo mettiamo?
Che strano individuo e' l'uomo: la sua ignoranza e' cosi smisurata, che forse e' paragonabile alla sua arroganza.

Ora pero' abbiamo un bel problema. Se la vita e' frutto di un progetto intelligente, chi e' l'autore? [8]



Riparto dal tuo post, con questo recente articolo.... [;)]




Il DNA della Terra è Unico o una Costante Universale?

Fonte: http://www.dailygalaxy.com/my_weblog/20 ... ersal.html
Traduzione: http://www.altrogiornale.org/news.php?extend.7176.7

"La vita usa un gruppo standard di 20 amminoacidi per costruire le proteine da oltre 3 miliardi di anni", ha detto Stephen J.Freeland del NASA Astrobiology Institute presso l'Università delle Hawaii. "Diviene sempre più chiaro che molti altri amminoacidi fossero possibili candidati e benchè si sia ipotizzato sull'attività della vita, sono state molto poche le idee verificabili". "Per quanto ne sappiamo, l'originale chimica scelta dalla vita conosciuta non costituisce un solo set; erano possibili altre scelte e forse si sono realizzate se la vita ha avuto inizio altrove molte volte, " ha detto Paul Davies, autorità nel campo dell'astrobiologia e direttore di BEYOND: Center for Fundamental Concepts in Science e co-direttore dell'ASU Cosmology Initiative. Freeland e il suo collega Gayle K.Philip dell'Università delle Hawaii, hanno ideato un test per capire se i 20 amminoacidi della vita sulla Terra siano stati scelti a caso o se fossero gli unici possibili per lo scopo.

"Tecnicamente esiste una varietà infinita di amminoacidi", ha detto Freeland ad Astrobiology Magazine. "In questa infinità ne erano disponibili molti altri oltre quei 20, per quanto possiamo dire". I ricercatori hanno definito un possibile gruppo di amminoacidi candidati da cui la vita ha preso i suoi 20, iniziando con gli amminoacidi che sono stati scoperti nel meteorite Murchison, una roccia spaziale caduta a Murchison (Victoria, Australia) nel Settembre 1969, che dovrebbe risalire agli inizi del sistema solare e rappresentare un campione di composti che esistevano nel sistema solare e sulla Terra, prima dell'origine della vita. Gli scienziati hanno quindi usato i computers per stimare le proprietà fondamentali dei 20 amminoacidi usati dalla vita, come dimensione, carica e idrofilicità o la misura in cui le molecole sono attratte dall'acqua. "Sappiamo che queste tre sono importanti per la produzione di proteine", ha detto Freeland. Freeland e Philip hanno analizzato se queste proprietà possano essere ottenute con altrettanta efficienza e copertura, attraverso altre combinazioni di 20 amminoacidi. I ricercatori hanno scoperto che la vita non sembra scegliere i suoi 20 mattoni in modo casuale. "Abbiamo scoperto che il solo caso molto difficilmente porterebbe ad un set di amminoacidi migliore di quello scelto dalla vita", ha detto Freeland. I ricercatori pensano che la prima vita sulla Terra probabilmente ha usato una versione della selezione naturale per selezionare questi amminoacidi. Alcune combinazioni di altri amminoacidi probabilmente sono state provate, ma nessuna ha avuto successo quanto il gruppo esistente.

"Troviamo un test molto semplice che inizia a mostrarci che la vita sapeva esattamente cosa stava facendo", ha detto Freeland. "Questo supporta l'idea della selezione naturale". Rispondere al perchè la natura abbia scelto quei 20 amminoacidi è difficile sperimentalmente, secondo Aaron Burton, che lavora come astrochimico al NASA Goddard Space Flight Center di Greenbelt. "Anche se diversi eperimenti hanno mostrato che gli amminoacidi innaturali possono essere incorporati nell'alfabeto genetico degli organismi, potrebbe non essere possibile simulare sperimentalmente dei periodi temporali dell'evoluzione sufficienti, per confrontare veramente diversi alfabeti di amminoacidi", ha detto Burton, che non era coinvolto nel nuovo studio. "Come risultato, gli studi come quelli presentati da Philip e Freeland offrono spunti interessanti e forniscono una cornice per formulare ipotesi che possono essere messe alla prova in laboratorio." Proprio ora la gara è trovare direttamente gli amminoacidi altrove nel sistema solare. Alcuni suggeriscono che siano stati trovati sui meteoriti atterrati sulla Terra dallo spazio esterno e da missioni come quella della sonda Stardust della NASA, che ha raccolto campioni dalla cometa Wild 2 nel 2004. "I segni indicano che gli amminoacidi si troveranno per tutta la galassia", ha detto Freeland. "Sono ovviamente i mattoni per costruire la vita, stiamo scoprendo indizi ad un certo livello di predicibilità del modo in cui sono andate le cose."

Una recente analisi matematica dice che la vita per come la conosciamo, è scritta nelle leggi della realtà. Il DNA contiene quattro deossiribonucleotidi, con le basi azotate adenina (A), guanina (G), citosina (C) e timina (T). Il codice contenuto nella sequenza di base viene tradotto infine in proteine, che sono fatte di 20 amminoacidi. Una analisi energetica di Ralph Pudritz, astrofisico teorico e direttore dell'Origins Institute presso la McMaster University, mostra che i primi dieci amminoacidi si formano molto probabilmente a temperature e pressioni relativamente basse e le probabilità calcolate della formazione, combaciano con le concentrazioni di questi elementi chimici della vita trovati nei campioni di meteoriti. Combaciano anche con quelle delle simulazioni della Terra primordiale e soprattutto, queste simulazioni sono state eseguite da altre persone. Le implicazioni sono sconvolgenti: buone notizie per quelli che si chiedono se siamo soli e cattive per chi pensa ad un tipo di "Architetto" che ha messo assieme la vita, sembra che la fisica possa assemblare il grande puzzle organico da sola e probabilmente lo ha fatto in tutto lo spazio dall'inizio.

Lo studio indica che non serve un miracolo per arrivare al cocktail chimico della vita primordiale, ma solo un asteroide abbastanza grande con i giusti componenti. Ecco tutto. L'intero universo può essere pieno di vita, dai primi mattoni ai discendenti completi. Il percorso nel mezzo è lungo, ma sono passati 13 miliardi e mezzo di anni. Gli altri dieci amminoacidi non si formano facilmente, ma appariranno e il processo dell'"evoluzione graduale" significa che quando i sistemi più semplici funzionano, loro possono catturare le più rare "gocce" chimiche sofisticate, una specie di World of Lifecraft in cui alla fine però ottieni la vita giocando. La Terra primordiale era coperta di materiale carbonioso dei meteoriti e delle comete, ricco di elementi grezzi da cui è emersa la vita. Nel suo nuovo libro, The Eerie Silence, l'astrofisico Paul Davies della Arizona State University, ha suggerito che le cellule originali avrebbero potuto scegliere dal primo cocktali organico sulla Terra. Per quanto ne sappiamo, scrive, "i 21 scelti dalla vita conosciuta non costituiscono un set unico; erano possibili altre scelte e forse sono state fatte se la vita è iniziata molte volte altrove."


Tradotto da Richard per Altrogiornale.org
Fonte: http://www.dailygalaxy.com/my_weblog/20 ... ersal.html



_________________
"…stanno uscendo allo scoperto ora, amano annunciare cosa stanno per fare, adorano la paura che esso può creare. E’ come la bassa modulazione nel ruggito di una tigre che paralizza la vittima prima del colpo. Inoltre, la paura nei cuori delle masse risuona come un dolce inno per il loro signore". (Capire la propaganda, R. Winfield)

"Onesto è colui che cambia il proprio pensiero per accordarlo alla verità. Disonesto è colui che cambia la verità per accordarla al proprio pensiero". Proverbio Arabo

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MessaggioInviato: 03/09/2011, 23:27 
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Thethirdeye ha scritto:
Riparto dal tuo post, con questo recente articolo.... [;)]


Articolo interessante, ma secondo me non coerente con le conclusioni riportate.

Cita:
I ricercatori hanno scoperto che la vita non sembra scegliere i suoi 20 mattoni in modo casuale. "Abbiamo scoperto che il solo caso molto difficilmente porterebbe ad un set di amminoacidi migliore di quello scelto dalla vita"


Qui in pratica si affossa il concetto di caso (e con esso direi tutto il darwinismo), rafforzando ancor di piu' la scelta intelligente ad opera della vita. Gia' ma chi e' "vita"? E' solo una questione di termini?

Cita:
Le implicazioni sono sconvolgenti: buone notizie per quelli che si chiedono se siamo soli e cattive per chi pensa ad un tipo di "Architetto" che ha messo assieme la vita, sembra che la fisica possa assemblare il grande puzzle organico da sola e probabilmente lo ha fatto in tutto lo spazio dall'inizio.


In quest'altro punto si afferma che la diffusione della vita e' praticamente ovunque nell'universo, mentre si esclude la presenza di un "Architetto" in quanto la "fisica" (col termine penso si intenda la struttura dell'universo, della realta') sembra in grado autonomamente di generare la vita organica. Be, questa conclusione mi sembra piuttosto confusa. Accettando anche per buone queste affermazioni, e cioe' che la struttura dell'universo, cosi come e' assemblata, sia in grado di generare la vita organica, rimane sempre da stabilire come lo stesso si sia potuto assemblare in questa particolare configurazione cosi favorevole alla vita. Non vorranno mica ripescare il caso fuori dal cappello? Inoltre, il fatto che la vita sia ovunque nell'universo puo' voler dire solo due cose: o la probabilita' di formazione spontanea della vita e' molto piu' alta di quanto fino ad ora calcolato oppure c'e' in giro qualche cosa di intelligente che provvede a crearla ovunque.

Insomma, comunque la si voglia mettere, delle due ipotesi solo una e' possibile: o la vita si e' formata per caso o un disegno intelligente l'ha creata. E da qui non si scappa, indipendentemente dal nome che si vuole associare a questa ipotetica intelligenza.

Tornando al contenuto dell'articolo, vorrei anche evidenziare che si parla solo di amminoacidi. Non dimentichiamo che il passo da amminoacido a proteina e' quanto di piu' improbabile si possa immaginare.

A questo punto, rimetto la palla in gioco con quest'altro testo. [;)]




L'EVOLUZIONE DI FRONTE AL VICOLO CIECO DELLA MOLECOLA

La teoria dell'evoluzione incontra la sua crisi più grave quando tenta di spiegare l'origine della vita. Il motivo è che le molecole organiche sono così complesse che non è possibile spiegare la loro formazione come casuale, ed è manifestamente impossibile che una cellula organica si sia formata per caso.

Gli evoluzionisti affrontarono la questione dell'origine della vita nel secondo quarto del ventesimo secolo Una delle maggiori autorità della teoria dell'evoluzione molecolare, l'evoluzionista russo Aleksandr Ivanovic Oparin, ha detto nel suo libro L'origine della vita, pubblicato nel 1936:

"Purtroppo, l'origine della cellula rimane una questione che è in realtà il punto più oscuro dell'intera teoria evoluzionista.” 1

A partire da Oparin, gli evoluzionisti hanno eseguito innumerevoli esperimenti, condotto ricerche e fatto osservazioni per provare che la cellula avrebbe potuto formarsi per caso. Ognuno di tali tentativi, però, ha reso sempre più chiaro la complessa organizzazione della cellula e quindi ha confutato ancora di più le ipotesi degli evoluzionisti. Il prof. Klaus Dose, presidente dell'Istituto di Biochimica presso l'Università Johannes Gutenberg, afferma:

“Più di 30 anni di sperimentazioni sull'origine della vita, nei campi della chimica e dell'evoluzione molecolare hanno portato a una miglior percezione dell'immensità del problema dell’origine della vita sulla Terra, piuttosto che alla sua soluzione. Attualmente tutte le discussioni sulle principali teorie e gli esperimenti nel campo giungono a un punto morto o a un'ammissione di ignoranza.” 2

L’affermazione che segue, del geochimico Jeffrey Bada, del San Diego Scripps Institute, rende chiara la disperazione degli evoluzionisti riguardo a questo punto d’impasse:

“Oggi, mentre lasciamo il ventesimo secolo, ci troviamo ancora di fronte al più grande problema irrisolto che avevamo quando ci siamo entrati: Come ha avuto origine la vita sulla Terra?” 3



1- Alexander I. Oparin, Origin of Life, (1936) NewYork: Dover Publications, 1953 (Reprint), p.196
2- Klaus Dose, "The Origin of Life: More Questions Than Answers", Interdisciplinary Science Reviews, Vol 13, No. 4, 1988, p. 348
3- Jeffrey Bada, Earth, February 1998, p. 40




Il miracolo della cellula e la fine dell'evoluzione

La struttura complessa di una cellula era sconosciuta ai tempi di Darwin, si riteneva, quindi, abbastanza convincente attribuire la vita a "coincidenze e condizioni naturali".

La tecnologia del Novecento ha investigato fin nei più reconditi recessi della vita, rivelando che la cellula è il più complesso sistema che l'umanità abbia mai incontrato. Oggi sappiamo che la cellula contiene centrali di forza che generano l'energia di cui ha bisogno, fabbriche che producono gli enzimi essenziali alla vita, una banca dati con tutte le informazioni necessarie ai suoi processi, sistemi complessi di trasporto e condutture per trasferire da un posto ad un altro materia prima e trattata, laboratori avanzati e raffinerie per disgregare il materiale grezzo nelle parti utilizzabili, proteine della membrana cellulare specializzate nel controllo dell'accesso e dell'uscita di sostanze. Tutto questo costituisce soltanto una minima parte dell'incredibile complessità del sistema.

Lo scienziato evoluzionista W. H. Thorpe riconosce che "il più elementare tipo di cellula costituisce un 'meccanismo' incredibilmente più complesso di qualsiasi macchina che sia stata fino ad ora pensata, per non dire costruita, dall'uomo."105

Una cellula è talmente complessa che neppure il più alto livello di tecnologia raggiunto dall'uomo è in grado di riprodurla. Nessun tentativo di creare una cellula artificiale ha mai ottenuto successo. Ogni simile esperimento, di conseguenza, è stato abbandonato.
La teoria evoluzionista sostiene che tale sistema, che il genere umano, con tutta l'intelligenza, la conoscenza e la tecnologia a sua disposizione non ha potuto ricreare, pervenne all'esistenza "per caso", nelle primordiali condizioni terrestri. Per fare un altro esempio, la probabilità che una cellula si formi casualmente è più o meno pari a quella di stampare un libro a seguito di un'esplosione in una tipografia.

Il matematico e astronomo inglese Fred Hoyle ha fatto un confronto simile in un'intervista rilasciata alla rivista Nature pubblicata il 12 novembre 1981. Per quanto evoluzionista, Hoyle disse che la possibilità di manifestazione di forme di vita superiore per questa via è paragonabile a quella di un tornado che, spazzando un deposito di rottami, possa assemblare un Boeing 747 col materiale presente.106 Ciò dimostra l'impossibilità che una cellula pervenga all'esistenza accidentalmente. Deve essere inevitabilmente "creata".

Una delle ragioni principali per cui la teoria evoluzionista non può spiegare l'apparizione della cellula è la sua "irriducibile complessità". Una cellula vivente si mantiene grazie all'armoniosa cooperazione di molti organi. Qualora uno di questi cessasse di funzionare, la cellula morirebbe. Essa non ha la possibilità di aspettare che meccanismi inconsci quali la selezione naturale e la mutazione le permettano di svilupparsi. La prima cellula apparsa sulla Terra fu, quindi, necessariamente completa e in possesso di tutti gli organi e delle funzioni richieste, dimostrando definitivamente di essere stata creata.

Le proteine sfidano il caso

Il fallimento della teoria evoluzionista si rivela non soltanto in riferimento alla cellula, ma anche ai suoi elementi costitutivi, qualora tenti di offrire una spiegazione plausibile. La formazione, in condizioni naturali, di soltanto una singola proteina tra le migliaia di molecole complesse che costituiscono la cellula, è impossibile.

Le proteine sono molecole giganti che consistono di unità più piccole dette "amminoacidi", i quali vengono disposti secondo una sequenza particolare in certe quantità e strutture. Queste molecole costituiscono i blocchi da costruzione di una proteina vivente. La più semplice proteina è composta di cinquanta amminoacidi, mentre in altre se ne possono contare migliaia.

Il punto cruciale è che l'assenza, l'aggiunta o la sostituzione di un singolo amminoacido nella struttura di una proteina può trasformarla in un inutile ammasso molecolare. Ogni amminoacido deve trovarsi al posto giusto e nell'ordine corretto. La teoria evolutiva, che sostiene la casuale manifestazione della vita, dispera di fronte a questo ordine troppo meraviglioso per poter essere spiegato con la coincidenza (la teoria non è inoltre in grado di giustificare la presunta "formazione casuale" delle proteine, di cui discuteremo oltre).

Il fatto che la struttura funzionale delle proteine non possa assolutamente essersi presentata per caso può facilmente essere osservato per mezzo del semplice calcolo delle probabilità, comprensibile a tutti.

Una proteina di media dimensione è composta di 288 amminoacidi, di dodici tipi differenti. Essi possono essere disposti in 10300 modi diversi (questo numero astronomicamente grande consiste di un 1 seguito da 300 zeri). Di tutte queste possibili sequenze, soltanto una forma la desiderata molecola proteica. Il resto di esse sono catene di amminoacidi che possono risultare o del tutto inutili o potenzialmente dannose per gli esseri viventi.

In altre parole, la probabilità della formazione di una sola molecola proteica è pari a "1 su 10300". La probabilità che questo "1" accada è praticamente impossibile (in matematica, le probabilità inferiori a 1 su 1050 sono considerate "probabilità zero").

Per di più, una molecola proteica di 288 amminoacidi è piuttosto modesta se paragonata ad alcune molecole proteiche giganti composte da migliaia di amminoacidi. Qualora si applichi il calcolo delle probabilità a queste proteine giganti, la parola "impossibile" diventa inadeguata per descrivere la vera situazione.
Avanzando di un passo nella direzione dello schema evolutivo della vita, osserviamo che una sola proteina non significa nulla per se stessa. Uno dei più piccoli batteri mai scoperti, il Mycoplasma hominis H39, contiene 600 tipi di proteine. In questo caso dovremmo ripetere gli stessi calcoli delle probabilità prima applicati a una sola proteina per ognuno di questi 600 tipi differenti. Il risultato rende assurdo anche il concetto stesso di impossibilità.

Alcuni lettori che considerino la teoria dell'evoluzione una spiegazione scientifica, potrebbero sospettare che questi numeri siano esagerati e che non riflettano i veri fatti: questi sono dati definiti e concreti. Nessun evoluzionista potrebbe muovere alcuna obiezione a questi numeri, i quali confermano la probabilità che la formazione accidentale di una singola proteina "sia pari alla possibilità che una scimmia scriva la storia dell'umanità su una macchina da scrivere senza commettere alcun errore".107 Nondimeno, piuttosto di accettare l'altra spiegazione, che è la creazione, essi continuano a difendere quanto è manifestamente impossibile.

Molti evoluzionisti lo hanno confessato. Ad esempio, Harold F. Blum, un noto scienziato evoluzionista, il quale afferma che "la formazione spontanea di un polipeptide delle dimensioni della più piccola proteina nota è al di là di ogni probabilità."108

Gli evoluzionisti affermano che l'evoluzione molecolare sia avvenuta nel corso di un periodo molto lungo di tempo che ha reso possibile l'impossibile. Nondimeno, qualunque fosse la durata, gli amminoacidi non possono formare delle proteine in modo accidentale. William Stokes, un geologo americano, nel suo libro Essential of Earth History scrive che tale probabilità è così remota "che non sarebbe potuta apparire neppure nel corso di miliardi di anni su miliardi di pianeti, ognuno dei quali ricoperto da un manto di soluzione di acqua concentrata dei necessari amminoacidi."109

Cosa significa tutto questo? Perry Reeves, professore di chimica, risponde a questa domanda:

Quando si esamina il vasto numero di strutture possibili che potrebbero risultare da una semplice combinazione casuale di amminoacidi in un primordiale stagno in evaporazione, è stupefacente credere che la vita possa avere avuto origine in questo modo. È più plausibile che un Gran Costruttore con un progetto maestro sia necessario a una tale impresa.110

Se la formazione accidentale di anche una sola di queste proteine è impossibile, è miliardi di volte ancora più impossibile che circa un milione di queste proteine si riuniscano casualmente in modo corretto e costituiscano una cellula. Ciò che è più importante, una cellula non è mai composta da un mero ammasso di proteine. Oltre a queste, una cellula include anche gli acidi nucleici, i carboidrati, i lipidi, le vitamine e molte altre sostanze chimiche quali gli elettroliti, ordinate in proporzioni specifiche, in equilibrio e ordine, sia in termini di struttura che di funzione. Ognuno di questi elementi funge da blocco costruttivo o co-molecola in vari organuli.

Robert Shapiro, professore di chimica preso l'Università di New York ed esperto di DNA, ha calcolato la probabilità di formazione accidentale dei 2.000 tipi di proteine trovati in un singolo batterio (vi sono 20.000 differenti tipi di proteine in una cellula umana). Il numero che si ottenne fu 1 su 1040.000.111 (questo è un numero incredibile, che si ottiene aggiungendo 40.000 zeri all'1).

Un professore di matematica applicata e astronomia presso la University College di Cardiff nel Galles, Chandra Wickramasinghe, commenta:

La probabilità di una formazione spontanea della vita dalla materia inanimata è pari a 1 seguito da 40.000 zeri... È abbastanza grande da seppellire Darwin e l'intera teoria dell'evoluzione. Non vi è stato alcun brodo ancestrale, né su questo pianeta né su qualsiasi altro, e se gli inizi della vita non furono accidentali, allora devono essere stati prodotti da un'intelligenza con uno scopo ben preciso.112

Sir Fred Hoyle scrive a proposito di questi numeri non plausibili:

In verità, tale teoria (che la vita sia stata creata da un'intelligenza) è così ovvia che ci si stupisce che non sia ampiamente accettata come evidente. Le ragioni sono psicologiche piuttosto che scientifiche.113

La ragione per cui Hoyle ha usato il termine "psicologico" è l'autocondizionamento degli evoluzionisti a non accettare il fatto che la vita possa essere stata creata. Queste persone hanno deciso, come loro obiettivo principale, di rifiutare l'esistenza di Dio. Soltanto per questo motivo, perseverano a difendere le teorie irrazionali che essi stessi riconoscono come impossibili.

Proteine levogire

Esaminiamo ora in dettaglio la ragione per cui lo scenario evoluzionista relativo alla formazione di proteine è impossibile.

Nemmeno la corretta sequenza di amminoacidi è del tutto sufficiente alla formazione di una molecola proteica funzionale. Oltre a tali requisiti, ognuno dei venti tipi differenti di amminoacidi presenti nella composizione di proteine deve essere levogiro. Esistono due tipi differenti di amminoacidi, come di tutte le molecole organiche, detti "levogiri" e "destrogiri". Ciò che li differenzia è la simmetria speculare tra le loro strutture tridimensionali, che è simile alla mano sinistra e alla mano destra di una persona.

Questi due tipi di amminoacidi possono essere facilmente collegati tra loro. Ma la ricerca ha rivelato un fatto sorprendente: tutte le proteine nelle piante e negli animali su questo pianeta, dall'organismo più semplice a quello più complesso, sono costituite da amminoacidi levogiri. Se anche un solo amminoacido destrogiro si fissasse alla struttura di una proteina, essa diverrebbe inutilizzabile. In una serie di esperimenti, i batteri esposti a amminoacidi destrogiri immediatamente li distrussero e in alcuni casi formarono degli amminoacidi levogiri utilizzabili dai componenti spezzati.

Supponiamo, per un istante, che la vita pervenga all'esistenza casualmente, come sostengono gli evoluzionisti. In questo caso, gli amminoacidi destrogiri e levogiri che fossero in tal modo generati, dovrebbero essere presenti schematicamente in proporzioni uguali in natura. Tutti gli esseri viventi, quindi, dovrebbero essere costituiti da amminoacidi destrogiri e levogiri, in quanto è chimicamente possibile che entrambi i tipi si combinino reciprocamente.

Però come sappiamo, nel mondo reale, le proteine esistenti in ogni organismo vivente sono costituite soltanto da amminoacidi levogiri.

Come le proteine possano scegliere soltanto i levogiri tra tutti gli amminoacidi, mentre neppure un destrogiro possa essere compreso nel processo vitale, è una questione ancora irrisolta da parte degli evoluzionisti. Una selezione talmente specifica e conscia costituisce uno dei più grandi vicoli ciechi per la teoria dell’evoluzione.

Questa caratteristica delle proteine rende ancora più grave il problema che gli evoluzionisti devono risolvere riguardo alla “coincidenza”. Affinchè una proteina "significativa" venga generata, non è sufficiente che gli amminoacidi siano presenti in un determinato numero e sequenza perfetta e combinati insieme secondo la corretta forma tridimensionale. Inoltre, tutti questi amminoacidi devono essere levogiri e neppure un destrogiro può essere presente. Non esiste, tuttavia, alcun meccanismo di selezione naturale che comprenda che un amminoacido destrogiro è stato aggiunto alla catena e che debba quindi essere rimosso in quanto erroneo. Questa situazione inficia una volta per tutte la possibilità della coincidenza e del caso.

Nella Britannica Science Encyclopaedia, strenua paladina dell'evoluzionismo, si dice che gli amminoacidi di tutti gli organismi viventi sulla Terra e i blocchi di polimeri complessi quali le proteine hanno la stessa asimmetria sinistra. Viene aggiunto, inoltre, che questo è equivalente a lanciare una moneta mille volte e a ottenere sempre "testa". Si ammette inoltre che non è possibile comprendere perché le molecole divengano levogire o destrogire e che tale alternativa è fascinosamente correlata all'origine della vita sulla Terra.114

Se si ottiene sempre testa gettando una moneta un milione di volte, è più logico attribuirlo al caso o accettare che vi sia un intervento consapevole? La risposta dovrebbe essere ovvia. Nondimeno, a dispetto della sua apparente evidenza, gli evoluzionisti si rifugiano ancora nella coincidenza semplicemente perché non vogliono accettare l'esistenza di un "intervento consapevole".

Una situazione simile si presenta con i nucleotidi, le più piccole unità del DNA e del RNA. Al contrario delle proteine, in cui vengono scelti solo amminoacidi levogiri, nel caso degli acidi nucleici, le forme preferite per le componenti nucleotidi sono sempre destrogire. Anche questo fatto non potrà mai essere spiegato per mezzo della coincidenza.

Per concludere, è definitivamente provato dalle probabiltà che abbiamo esaminato in precedenza che il caso non può spiegare l'origine della vita. Se tentiamo di calcolare la probabilità di una media proteina media composta da 400 amminoacidi, selezionati soltanto tra i levogiri, otteniamo la probabilità di 1 su 2400, che corrisponde a 10120. Solo per fare un confronto, è utile ricordare che il numero di elettroni nell'universo è stimato pari a 1079, che, anche se enorme, è assai inferiore a questo numero. La probabilità degli amminoacidi che formano la sequenza richiesta e la forma funzionale determinerebbe numeri molto superiori. Se congiungiamo queste probabilità e se cerchiamo di calcolare le probabilità di numeri e tipi di proteine ancora più alte, il calcolo diventa inconcepibile.

Un legame corretto è vitale

Le difficoltà che la teoria dell’evoluzione non è in grado di risolvere, riguardo allo sviluppo di una singola proteina, non sono limitate a quelle che abbiamo esposto sinora. Non è sufficiente che gli amminoacidi siano ordinati in numero corretto, in sequenza e secondo la richiesta struttura tridimensionale. La formazione di una proteina esige anche che le molecole di amminoacidi con più di un braccio siano reciprocamente legate solo in certi modi. Tale vincolo è detto "legame peptidico". Gli amminoacidi possono creare dei legami reciproci in modo diverso, ma le proteine sono costituite solo da quegli amminoacidi che sono uniti per mezzo di legami "peptidici".

Un paragone permetterà di chiarire questo punto: si supponga che un'automobile sia completa di tutte le sue parti correttamente assemblate, ad eccezione di una ruota, fissata non con i soliti dadi e i bulloni appropriati, ma con un pezzo di filo metallico, in modo tale che il suo mozzo sia rivolto verso terra. Sarebbe impossibile per tale automobile avanzare anche per la più breve distanza, nonostante la complessità della sua tecnologia e la potenza del suo motore. A prima vista tutto sembrerebbe a posto, ma l'errata installazione anche di una sola ruota renderebbe l'intera auto inutilizzabile. Allo stesso modo, in una molecola proteica, l'unione anche di un solo amminoacido a un altro con un legame diverso da quello peptidico renderebbe l'intera molecola inservibile.

Le ricerche hanno mostrato che gli amminoacidi combinati casualmente presentano legami peptidici solo nella misura del 50% nello stesso tempo, mentre il restante è costituito da legami temporalmente differenti che non sono presenti nelle proteine. Per funzionare correttamente, ogni amminoacido costituente una proteina deve essere congiunto solo per mezzo di un legame peptidico, così come deve essere scelto soltanto tra i levogiri.

Tale probabilità è la stessa di ogni proteina di essere levogira. Ovvero, quando si considera una proteina formata da 400 amminoacidi, la probabilità che questi si combinino tra loro solo con legami peptidici è pari a 1 su 2399.

Probabilità zero

Come si è visto, la probabilità che una molecola proteica costituita di 500 amminoacidi si formi è pari a "1" su un numero formato da 950 zeri, incomprensibile alla mente umana. Questa è solo una probabilità sulla carta. In pratica, questa ha zero possibilità di realizzazione. Come abbiamo già visto prima, in matematica, una probabilità inferiore a 1 su 1050 è statisticamente considerata pari a "0" possibilità di realizzazione.

Una probabilità di "1 su 10950" è ben oltre i limiti di questa definizione.

Mentre la improbabilità della formazione di una molecola proteica di 500 amminoacidi raggiunge un tale grado, possiamo procedere oltre, spingendo i limiti della mente a livelli più elevati di improbabilità. Nella molecola dell'emoglobina, che è una proteina vitale, vi sono 547 amminoacidi, un numero superiore a quello citato in precedenza. Si pensi ora che in un solo tra i miliardi di globuli rossi del sangue, vi sono 280.000.000 di molecole di emoglobina.

La presunta età della Terra non è sufficiente a permettere la formazione di neppure una singola proteina mediante il metodo di "prova ed errore", per non considerare un globulo rosso. Anche se si supponesse che gli amminoacidi si fossero combinati e decomposti per mezzo di tale metodo, senza alcuna perdita di tempo fin dalla formazione della Terra, al fine di costituire una singola molecola proteica, il periodo di tempo richiesto necessario per raggiungere la probabilità di 1 su 10950 supererebbe di moltissimo l’età stimata della Terra.

Ne deriva che l'evoluzione cade in un terribile abisso di improbabilità già dal momento della formazione di una singola proteina.

Esiste in natura un meccanismo di prova ed errore?

Possiamo concludere, infine, con un punto molto importante in relazione alla logica di base del calcolo delle probabilità, del quale abbiamo dato alcuni esempi. Abbiamo visto in precedenza come il calcolo delle probabilità raggiunge livelli astronomici e che tali possibilità sono praticamente irrealizzabili. Vi è, tuttavia, un fatto molto più importante e dannoso che gli evoluzionisti devono affrontare: in condizioni naturali, nessun periodo di prova ed errore può neppure cominciare, nonostante le astronomiche probabilità contrarie, in quanto in natura non esiste alcun meccanismo di prova ed errore da cui potrebbero emergere le proteine.

Cita:
La probabilità che una molecola proteica media costituita di 500 amminoacidi si disponga nella quantità e nella sequenza corrette oltre alla probabilità che gli amminoacidi che contiene siano solo levogiri e si combinino solo con i legami peptidici è "1" su 10950. * Possiamo scrivere questo numero che è formato mettendo 950 zeri dopo l'1 come segue:

10950 =

100.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.
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Probabilità zero

Ci sono tre condizioni fondamentali per la formazione di una proteina utile:

Prima condizione: che tutti gli amminoacidi nella catena proteica siano del tipo giusto e nella sequenza corretta.

Seconda condizione: che tutti gli amminoacidi nella catena siano levogiri

Terza condizione: che tutti questi amminoacidi siano uniti tra loro formando un legame chimico detto “peptidico”.

Perché una proteina si possa formare casualmente, tutte le tre condizioni devono esistere simultaneamente. La probabilità della formazione casuale di una proteina è pari alla moltiplicazione delle probabilità di realizzazione di ciascuna di queste condizioni.

Per esempio, per una molecola media comprendente 500 amminoacidi:

1- La probabilità che gli amminoacidi siano nella sequenza corretta

Ci sono 20 tipi di amminoacidi utilizzati nella composizione di proteine. Secondo questo:

- la probabilità che ciascun amminoacido venga scelto correttamente tra questi 20 tipi = 1/20
- la probabilità che tutti questi 500 amminoacidi siano scelti correttamente = 1/20500= 1/10650 =1 possibilità su 10650

2- La probabilità che gli amminoacidi siano levogiri
- La probabilità che solo un amminoacido sia levogiro = 1/2

- la probabilità che tutti questi 500 amminoacidi siano levogiri allo stesso tempo
= 1/2500 = 1/10150 = 1 possibilità su 10150


3- La probabilità che gli amminoacidi si combinino con un "legame peptidico"

Gli amminoacidi possono combinarsi tra loro con diversi tipi di legami chimici. Perché si formi una proteina utile, tutti gli amminoacidi nella catena devono combinarsi con uno speciale legame chimico detto "peptidico". Si è calcolato che la probabilità che gli amminoacidi non si combinino tra loro con alcun altro legame chimico se non con quello peptidico è pari al 50%. Secondo questo:

- La probabilità che due amminoacidi si combinino con un "legame peptidico" = 1/2
- La probabilità che 500 amminoacidi si combinino tutti con un legame peptidico = 1/2499 = 1/10150 = 1 possibilità su 10150



TOTALE PROBABILITÀ
= 1/10650 X 1/10150 X 1/10150 = 1/10950
= 1 possibilità su 10950


I calcoli che presentiamo sulla pagina accanto per mostrare la probabilità della formazione di una molecola proteica con 500 amminoacidi sono validi solo per un'ideale condizione di "prova ed errore", che non esiste nella vita reale. Ovvero, la probabilità di ottenere una proteina utile è pari a "1" su 10950 soltanto se si suppone che esista un meccanismo immaginario nel quale una mano invisibile congiunga 500 amminoacidi a caso, quindi, dopo averne constatato l'erroneità, li separi uno ad uno e li disponga in un ordine diverso per la seconda volta, e così di seguito. Nel corso di ogni tentativo, gli amminoacidi dovrebbero essere separati singolarmente e sistemati secondo un nuovo ordine; la sintesi dovrebbe fermarsi dopo l'aggiunta del cinquecentesimo amminoacido e l'assicurazione che non ve ne sia neppure un altro coinvolto. La prova dovrebbe, quindi, interrompersi per verificare se la proteina si fosse costituita, in caso di insuccesso, tutto dovrebbe essere dissolto e provato per una nuova sequenza. Oltre a questo, nel corso di ogni prova, neppure una singola sostanza estranea dovrebbe essere coinvolta. Sarebbe inoltre essenziale che la catena formatasi durante la prova non venisse spezzata e distrutta prima di aver raggiunto il quattrocentonovantanovesimo vincolo. Tali condizioni significano che le probabilità, di cui sopra abbiamo fatto menzione, possono aver luogo soltanto in un ambiente controllato, ove un meccanismo consapevole diriga, sin dal principio, ogni fase intermedia del processo, in cui solo la "corretta selezione degli amminoacidi" sia lasciata incontrollata. È, senza dubbio, impossibile che un simile ambiente esista in condizioni naturali. La formazione di una proteina nell'ambiente naturale è, quindi, logicamente e tecnologicamente impossibile. In realtà, parlare della probabilità di un tale evento è del tutto privo di scientificità.

Poiché alcune persone non sono in grado di avere una visione ampia di queste faccende, ma le avvicinano da un punto di vista superficiale e ritengono che la formazione di una proteina sia una semplice reazione chimica, ne traggono deduzioni irrealistiche del tipo che "gli amminoacidi si combinano per reazione e quindi formano proteine". Nondimeno, le reazioni chimiche accidentali che si verificano in una struttura inorganica possono solo apportare cambiamenti semplici e primitivi, il cui numero è predeterminato e limitato. Un materiale chimico alquanto più complesso richiede enormi stabilimenti chimici e laboratori. La medicine e molti altri materiali chimici che utilizziamo nella nostra vita quotidiana sono fatte allo stesso modo. Le proteine hanno strutture molto più complesse di quelle chimiche prodotte dall'industria. È impossibile, di conseguenza, che le proteine, ognuna delle quali è un capolavoro della creazione, in cui ogni parte trova posto in un ordine fisso, abbiano avuto origine da reazioni chimiche casuali.

Mettiamo da parte per un minuto tutte le impossibilità che abbiamo descritto finora e supponiamo che una molecola proteica utile si sia evoluta spontaneamente "per caso". Anche a questo punto l'evoluzione non ha risposte, in quanto, affinché questa proteina possa sopravvivere, richiederebbe di essere isolata dall’ambiente naturale in cui si trova e avrebbe necessità di essere protetta in condizioni molto speciali. In caso contrario, questa proteina verrebbe disintegrata dall'esposizione alle condizioni naturali della Terra oppure si congiungerebbe ad altri acidi, amminoacidi o composti chimici, perdendo le sue proprietà particolari e trasformandosi, di conseguenza, in una sostanza del tutto diversa e inutile.

La confusione degli evoluzionisti riguardo all'origine della vita

La questione su "come gli esseri viventi siano apparsi per la prima volta" rappresenta un tale vicolo cieco per gli evoluzionisti, che essi di solito non tentano neppure di avvicinarsi a questo argomento. Cercano di evitare la domanda affermando che "le prime creature pervennero all'esistenza in seguito ad alcuni eventi accidentali nell'acqua". Sono, tuttavia, a un punto morto che non possono in alcun modo oltrepassare. A dispetto delle ragioni evoluzioniste dei paleontologi, in questo caso non dispongono di alcun fossile che permetta loro di distorcere e fraintendere la realtà come vorrebbero al fine di patrocinare le loro asserzioni. La teoria dell'evoluzione risulta, quindi, definitivamente confutata fin dal principio.

Soprattutto, vi è un punto importante da prendere in considerazione: se è dimostrato che ogni passo del processo evolutivo è impossibile, ciò è sufficiente a provare che l'intera teoria è del tutto falsa e non valida. Ad esempio, provando che la formazione accidentale di proteine è impossibile, vengono di conseguenza confutate anche tutte le altre motivazioni riguardo ai passi successivi dell'evoluzione. Dopo questa fase, perdono ogni senso le speculazioni sui crani di alcuni esseri umani e scimmie.

Come gli organismi viventi fossero pervenuti all'esistenza dalla materia non vivente fu una questione che gli evoluzionisti non vollero per lungo tempo neppure menzionare. Nondimeno, divenne un problema inevitabile che si tentò di risolvere con una serie di esperimenti nel secondo quarto del Novecento.

La domanda principale era, "come avrebbero potuto le prime cellule viventi apparire nella primordiale atmosfera della Terra?" In altre parole, che tipo di spiegazione avrebbero potuto apportare gli evoluzionisti?

Le risposte vennero cercate per mezzo di esperimenti. Gli scienziati e i ricercatori evoluzionisti condussero una serie di esperimenti di laboratorio volti a trovare la soluzione a questa domanda, senza, tuttavia, risvegliare un grande interesse. Lo studio generalmente ritenuto più attendibile sull'origine della vita è il cosiddetto esperimento Miller, condotto dal ricercatore americano Stanley Miller nel 1953 (l'esperimento è anche noto come "esperimento Urey-Miller", per il contributo dell'insegnante di Miller presso l'Università di Chicago, Harold Urey).

Questo esperimento rappresenta la sola prova avanzata dagli evoluzionisti a dimostrazione della "tesi dell'evoluzione molecolare"; lo presentano come il primo stadio del presunto processo evolutivo che conduce alla vita. Nonostante sia trascorso quasi mezzo secolo e siano stati realizzati enormi progressi tecnologici, non si è fatto alcun passo avanti. L'esperimento di Miller è tuttora oggetto di studio nei testi didattici per spiegare l'originaria generazione di esseri viventi. Consapevoli del fatto che tali studi non offrono alcun supporto, ma che anzi confutano la loro tesi, i ricercatori evoluzionisti hanno deliberatamente evitato di intraprendere simili esperimenti.

L'esperimento di Miller

L'intento di Stanley Miller era di dimostrare tramite un esperimento come gli amminoacidi fossero pervenuti all'esistenza "per casualità" miliardi di anni fa sulla Terra priva di vita.

Nel corso del suo esperimento, Miller utilizzò una mistura di gas, composta di ammoniaca, metano, idrogeno e vapore acqueo, che egli presuppose fosse esistita sulla Terra primordiale (ma che in seguito si dimostrò irrealistica). Dal momento che questi gas non reagivano tra loro in condizioni naturali, egli applicò dell’energia alla mistura per provocare la reazione. Supponendo che tale energia fosse derivata da lampi di luce nell'atmosfera primordiale, egli si servì di corrente elettrica per riprodurla.

Miller fece riscaldare a 100°C questa mistura di gas per una settimana e vi introdusse la corrente elettrica. Alla fine della settimana, Miller analizzò le sostanze chimiche formatesi nel fondo della vaschetta e osservò che tre dei 20 amminoacidi, che costituiscono gli elementi basici delle proteine, si erano sintetizzati.

Questo esperimento indusse una grande eccitazione tra gli evoluzionisti e venne promosso come un notevole successo. In uno stato di abbagliante euforia varie riviste pubblicarono titoli del tipo "Miller crea la vita". Tuttavia, le molecole che Miller aveva sintetizzato erano solo molecole "inanimate".

Incoraggiati da questo esperimento, gli evoluzionisti crearono immediatamente nuovi scenari. Furono precipitosamente ipotizzati stadi successivi allo sviluppo degli amminoacidi. Questi, per supposizione, si sarebbero più tardi riuniti casualmente in sequenze appropriate per formare proteine. Alcune di queste proteine emerse per caso si sarebbero, in seguito, poste autonomamente in strutture simili a membrane cellulari, le quali, "in qualche modo", sarebbero pervenute all'esistenza e avrebbero costituito una cellula primitiva. Le celle si sarebbero poi messe insieme, per formare, con il tempo, organismi viventi pluricellulari. L'esperimento di Miller, tuttavia, non fu nient'altro che una finzione, la cui falsità è stata provata in molti modi.

L'esperimento di Miller non fu nient'altro che una finzione


L'esperimento di Miller fu un tentativo di provare che gli amminoacidi avrebbero potuto formarsi autonomamente in condizioni simili a quelle della Terra primordiale. Permangono, tuttavia, numerose incongruenze:

1. Servendosi di un meccanismo detto "trappola fredda", Miller isolò gli amminoacidi dall'ambiente non appena essi si erano formati. Se non avesse fatto questo, le condizioni dell'ambiente in cui gli amminoacidi si erano formati avrebbero immediatamente distrutto queste molecole.

Senza dubbio, questo tipo di meccanismo di isolamento consapevole non esisteva nella Terra primordiale. Senza un tale meccanismo, anche se si fosse ottenuto un solo amminoacido, sarebbe stato immediatamente distrutto. Il chimico Richard Bliss ha espresso questa contraddizione nel modo seguente: "In realtà, senza questa trappola, i prodotti chimici sarebbero stati distrutti dalla sorgente energetica."115

Sicuramente Miller, nei suoi esperimenti precedenti, non potè costituire alcun amminoacido, pur usando gli stessi materiali ma senza la trappola fredda.
2. Il primordiale ambiente atmosferico che Miller tentò di simulare nel suo esperimento non era realistico. Nel 1980, gli scienziati furono concordi nell'affermare che si sarebbe dovuto adoperare l'azoto e il biossido di carbonio in questo ambiente artificiale in luogo del metano e dell'ammoniaca. Dopo un lungo periodo di silenzio, lo stesso Miller confessò che l'ambiente atmosferico da lui ricostruito non era realistico.116

Cita:
Le più recenti fonti evoluzionistiche mettono in discussione l'esperimento di Miller

Oggi l'esperimento di Miller non è tenuto in alcuna considerazione neppure dagli scienziati evoluzionisti Nel numero del febbraio 1998, sulla famosa rivista scientifica evoluzionista Earth, sono comparse le seguenti considerazioni in un articolo intitolato “Life's Crucible”:

I geologi ora credono che l'atmosfera primordiale consistesse soprattutto di biossido di carbonio e di azoto, gas che sono meno reattivi di quelli utilizzati nell'esperimento del 1953. Anche se l'atmosfera di Miller fosse esistita, come sarebbe stato possibile che molecole semplici come gli amminoacidi subissero le trasformazioni chimiche che le avrebbero convertite in composti assai più complicati, o polimeri, come le proteine? Miller stesso ha alzato le mani a questo punto del puzzle. “È un problema”, ha sospirato esasperato. “Com'è possibile ottenere polimeri? Non è facile”. 1

Come si è visto, anche lo stesso Miller ha ammesso che il suo esperimento non porta a una spiegazione dell'origine della vita. Il fatto che gli scienziati evoluzionisti accettino con tanto fervore questo esperimento indica soltanto le difficoltà che affronta l’evoluzione e la disperazione dei suoi sostenitori.

Nel numero di marzo 1998 del National Geographic in un articolo dal titolo "The Emergence of Life on Earth" è comparso il commento che segue:

Molti scienziati ora sospettano che l'atmosfera primordiale fosse differente da quanto supposto in principio da Miller. Pensano che consistesse di biossido di carbonio e azoto piuttosto che di idrogeno, metano e ammoniaca.

Questa è una cattiva notizia per i chimici. Quando tentano di stimolare il biossido di carbonio e l'azoto, essi ottengono una misera quantità di molecole organiche – equivalente alla dissoluzione di una goccia di colorante nell'acqua di una piscina. Gli scienziati trovano difficile immaginare che la vita sia emersa da una tale zuppa diluita. 2

In breve, né l'esperimento di Miller, né alcun altro simile mai tentato, può rispondere alla domanda sul modo in cui la vita è comparsa sulla terra. Tutte le ricerche fatte dimostrano che è impossibile che la vita sia emersa per caso e quindi confermano che la vita è stata creata.



1- Earth, "Life's Crucible", February 1998, p.34
2- National Geographic, "The Rise of Life on Earth", marzo 1998, p.68





Perché, allora, Miller ha insistito su questi gas? La risposta è semplice: senza l'ammoniaca, sarebbe stato impossibile sintetizzare alcun amminoacido. A questo proposito, in un articolo apparso sulla rivista Discover, Kevin Mc Kean ha scritto:

Miller e Urey imitarono l'antica atmosfera della Terra con una mistura di metano e ammoniaca. Secondo la loro opinione, la Terra sarebbe stata una mistura omogenea di metallo, roccia e ghiaccio. Gli studi più recenti, tuttavia, hanno rivelato che la Terra era molto calda a quei tempi e che era composta di nichelio e ferro fuso. Di conseguenza, l'atmosfera chimica di quel periodo dovrebbe essere stata composta soprattutto di azoto (N2), biossido di carbonio (CO2) e vapore acqueo (H2O). Nondimeno, questi elementi non sono così adatti alla produzione di molecole organiche come il metano e l'ammoniaca.117

Gli scienziati americani J. P. Ferris e C. T. Chen ripeterono l'esperimento di Miller in un ambiente atmosferico che conteneva biossido di carbonio, idrogeno, azoto e vapore acqueo, e non riuscirono a ottenere neppure un singolo amminoacido.118

3. Un altro aspetto importante volto a infirmare l'esperimento di Miller è che vi era abbastanza ossigeno da distruggere tutti gli amminoacidi presenti nell'atmosfera nel periodo in cui si suppone si siano formati. Questo fatto, non rilevato da Miller, è rivelato dalle tracce di ossido di ferro e uranio scoperte in rocce che si stima risalgano a 3,5 milioni di anni fa.119

Altre scoperte mostrano che la quantità di ossigeno nell’atmosfera a quello stadio era molto più elevato di quanto originariamente sostenuto dagli evoluzionisti. Gli studi rivelano che in quel periodo il livello di radiazioni ultraviolette a cui la Terra era esposta era 10.000 volte superiore alle stime degli evoluzionisti. Queste intense radiazioni avrebbero inevitabilmente liberato l'ossigeno decomponendo il vapore acqueo e il biossido di carbonio nell'atmosfera.

Questa situazione invalida radicalmente l'esperimento di Miller, nel quale l'ossigeno era del tutto trascurato. Se l'ossigeno fosse stato utilizzato nell'esperimento, il metano si sarebbe decomposto in biossido di carbonio e acqua, mentre l'ammoniaca in azoto e acqua. D'altra parte, in un ambiente dove l'ossigeno non esisteva non vi sarebbe stato neppure uno strato di ozono, quindi gli amminoacidi sarebbero stati immediatamente distrutti non appena esposti a raggi ultravioletti molto intensi senza la protezione di uno strato di ozono. In altre parole, con o senza l'ossigeno nel mondo primordiale, il risultato sarebbe stato un ambiente mortale per gli amminoacidi.

4. Al termine dell'esperimento di Miller, si formarono molti acidi organici con caratteristiche nocive alle strutture e alle funzioni degli esseri viventi. Se gli amminoacidi non fossero stati isolati e fossero stati lasciati nello stesso ambiente con queste sostanze, la loro distruzione o trasformazione in composti differenti, attraverso reazioni chimiche, sarebbe stata inevitabile.

Per di più, alla fine dell'esperimento si formarono innumerevoli amminoacidi destrogiri.120 La loro esistenza confutò la teoria anche in base ai suoi stessi ragionamenti, in quanto gli amminoacidi destrogiri non possono funzionare nella composizione degli organismi viventi. Per concludere, le circostanze in cui si formarono gli amminoacidi nell'esperimento di Miller non erano adatte alla vita. In realtà, questo mezzo prese la forma di una mistura acida che distruggeva e ossidava le molecole utili ottenute.

Tutti questi fatti indicano una verità sicura: l'esperimento di Miller non può pretendere di provare la casuale formazione di esseri viventi nelle primordiali condizioni terrestri. L'intero esperimento non è altro che una prova di laboratorio, intenzionale e controllata, per sintetizzare amminoacidi. Il volume e il tipo di gas utilizzati furono determinati al fine di originare amminoacidi. La quantità di energia rifornita al sistema non era né in eccesso né in difetto, bensì quella stabilita con precisione allo scopo di permettere le necessarie reazioni. L'impianto adibito all'esperimento fu accuratamente isolato in modo tale da evitare la penetrazione di qualsiasi tipo di elemento dannoso, distruttivo o di impedimento alla formazione di quegli amminoacidi che erano probabilmente presenti nelle primordiali condizioni terrestri. Nessun elemento, minerale o composto, tra quelli presenti effettivamente ai primordi che avrebbe potuto cambiare il corso delle reazioni, fu incluso nell'esperimento. L'ossigeno, che avrebbe potuto prevenire la formazione di amminoacidi per ossidazione, è soltanto uno tra questi elementi distruttivi. Anche in tali ideali condizioni di laboratorio, è stato impossibile far sopravvivere gli amminoacidi prodotti evitando la loro distruzione senza valersi del meccanismo della "trappola fredda".

Con questo esperimento, in realtà, Miller distrusse la pretesa degli evoluzionisti, secondo cui “la vita sarebbe emersa come risultato di coincidenze incoscienti”. Questo perché, se l'esperimento ha provato qualcosa, è che gli amminoacidi possono essere prodotti soltanto in un ambiente di laboratorio controllato, dove tutte le condizioni sono specificamente progettate da un intervento consapevole. Ovvero, il potere che determina la vita non può essere il caso inconsapevole, ma piuttosto una creazione conscia.

La ragione per cui gli evoluzionisti non accettano questa realtà palese è la loro cieca adesione a pregiudizi che non hanno alcun carattere di scientificità. È degno di nota il fatto che Harold Hurey, l'organizzatore insieme al suo allievo Stanley Miller dell'esperimento in esame, abbia a tale proposito confessato:
Tutti noi che abbiamo studiato le origini della vita riteniamo che più ci si addentri in essa, più si senta che è troppo complessa per essersi in qualche modo evoluta. Noi tutti crediamo, come se fosse un articolo di fede, che la vita su questo pianeta si sia evoluta dalla materia morta. La sua complessità è tuttavia così grande, che diventa difficile immaginarselo.121

L'atmosfera primordiale della Terra e le proteine

Le fonti evoluzioniste utilizzano l’esperimento di Miller, nonostante tutte le sue incongruenze, per cercare di sorvolare sulla questione dell’origine degli amminoacidi. Dando l’impressione che la questione fosse stata risolta da tempo da quell’esperimento invalido, cercano di mettere una toppa sulle falle della teoria dell’evoluzione.

Nondimeno, per spiegare la seconda fase dell'origine della vita, gli evoluzionisti dovettero affrontare un problema ancora più grande di quello della formazione degli amminoacidi: cioè, l’origine delle proteine, ovvero, i blocchi da costruzione della vita, composte da centinaia di differenti amminoacidi uniti secondo un ordine preciso.

Affermare che le proteine siano state formate dal caso in condizioni naturali è molto più irrealistico e irragionevole della medesima affermazione a proposito degli amminoacidi. Nelle pagine precedenti abbiamo visto, valendoci del calcolo delle probabilità, l'impossibilità matematica dell'unione accidentale di amminoacidi in sequenze precise al fine di formare proteine. Ora esamineremo come sia impossibile che le proteine siano state prodotte chimicamente nelle primordiali condizioni terrestri.

La sintesi proteica non è possibile in acqua

Come abbiamo visto prima, quando si combinano per formare proteine, gli amminoacidi costituiscono tra loro un legame speciale detto "peptidico", nel corso della cui formazione viene liberata una molecola di acqua.

Ciò confuta definitivamente la spiegazione evoluzionista che la vita ai primordi abbia avuto origine dall'acqua, in quanto, secondo il "principio di Le Châtelier", non è possibile che una reazione che libera acqua (una reazione di condensazione) abbia luogo in un ambiente idrato. La possibilità che avvenga questo tipo di reazione in un ambiente idrato si dice che "abbia la minima probabilità di accadere" tra tutte le reazioni chimiche.

Gli oceani, quindi, considerati i luoghi dove ebbero origine la vita e gli amminoacidi, non sono lo sfondo appropriato alla formazione di proteine. D'altra parte, sarebbe irrazionale per gli evoluzionisti cambiare il loro pensiero e affermare che la vita ebbe origine sulla Terra, perché il solo ambiente dove gli amminoacidi avrebbero potuto essere protetti dalle radiazioni ultraviolette è costituito dagli oceani e dai mari. Sulla terra, sarebbero stati distrutti dalle radiazioni ultraviolette. Il principio di Le Châtelier smentisce l'idea della formazione della vita nei mari. Ciò costituisce un altro dilemma da risolvere per gli evoluzionisti.

Un altro sforzo disperato: l'esperimento di Fox

Sfidati dal suddetto dilemma, gli evoluzionisti iniziarono a inventare scenari irrealistici basati sul "problema acqua" che confutavano integralmente le loro teorie. Sydney Fox fu uno tra i più noti di questi ricercatori. Egli avanzò la seguente teoria per risolvere tale problema: i primi amminoacidi devono essere stati trasportati su alcune rupi nei pressi di un vulcano nel periodo appena successivo alla loro formazione nell'oceano primordiale. L'acqua contenuta nella mistura, che includeva gli amminoacidi presenti sulle rupi, deve essere evaporata quando la temperatura ha superato il punto di ebollizione. In tal modo, gli amminoacidi che erano stati "asciugati" avrebbero potuto poi combinarsi per formare le proteine.

Tale "complicata" soluzione non ottenne, tuttavia, diffusa approvazione nel campo, in quanto gli amminoacidi non avrebbero potuto sopravvivere a temperature così elevate. La ricerca conferma che gli amminoacidi si distruggono immediatamente a temperature elevate.

Fox, in ogni caso, non si rassegnò. Egli combinò degli amminoacidi purificati in laboratorio "in condizioni molto speciali" riscaldandoli in ambiente asciutto. Gli amminoacidi si combinarono, ma non si ottenne alcuna proteina. Ciò che egli ottenne, in realtà, furono semplici e disordinati raccordi di amminoacidi arbitrariamente combinati tra loro, ben lungi dal rassomigliare ad una proteina vivente. Inoltre, se Fox avesse mantenuto gli amminoacidi ad una temperatura costante, allora questi inutili raccordi sarebbero stati disintegrati.122

Un altro fattore che invalidò ulteriormente l'esperimento fu l'utilizzo da parte di Fox non degli inutili prodotti finali dell'esperimento di Miller, ma di puri amminoacidi provenienti da organismi viventi. Nondimeno questo esperimento, che intese proseguire quello di Miller, avrebbe dovuto prendere avvio proprio dai risultati ottenuti da Miller. Eppure, né Fox, né alcun altro ricercatore utilizzarono mai gli inutili amminoacidi prodotti da Miller.123

L'esperimento di Fox non fu accolto positivamente neppure presso i circoli evoluzionisti, poiché fu chiaro che le insignificanti catene di amminoacidi prodotte (che lui chiamò “proteinoidi”) non avrebbero potuto formarsi in condizioni naturali. Per di più, le proteine, i blocchi da costruzione della vita, non avrebbero potuto essere prodotte. Il problema dell'origine delle proteine rimaneva ancora aperto. In un articolo apparso negli anni Settanta nella rivista scientifica divulgativa Chemical Engineering News, l'esperimento di Fox venne menzionato nei termini seguenti:

Sidney Fox e gli altri ricercatori tentarono di unire gli amminoacidi in forma di proteinoidi, avvalendosi di tecniche di riscaldamento molto speciali in condizioni che non corrispondevano a quelle delle fasi primordiali della Terra. Inoltre, i proteinoidi non assomigliano assolutamente alle proteine regolari presenti negli esseri viventi. Non sono altro che macchie inutili e irregolari. Si è detto che seppure tali molecole si fossero formate nei primi tempi, sarebbero state sicuramente distrutte.124

Cita:
La materia inanimata non può generare la vita

Numerosi esperimenti evoluzionistici, come quelli di Miller e di Fox, sono stati concepiti per provare l’affermazione secondo cui la materia inanimata può organizzarsi da sola e generare esseri viventi complessi. Questa è una convinzione del tutto ascientifica: ogni osservazione ed esperimento ha provato in modo incontrovertibile che la materia non ha tale capacità. Il famoso astronomo e matematico inglese sir Fred Hoyle nota che la materia non può generare la vita da se stessa senza una interferenza deliberata:

Se ci fosse un principio basilare della materia che in qualche modo conducesse i sistemi organici verso la vita, la sua esistenza sarebbe facilmente dimostrabile in laboratorio. Si potrebbe prendere, per esempio, una piscina per rappresentare il brodo primordiale. Riempirla di qualunque prodotto chimico di natura non biologica si voglia. Pomparvi qualunque gas, sopra o all'interno, e colpirla con qualunque tipo di radiazione a seconda della propria fantasia. Lasciar procedere l'esperimento per un anno e vedere quanti dei 2000 enzimi (proteine prodotte dalle cellule viventi) sono comparsi nella piscina. Darò io stesso la risposta e quindi risparmierò tempo, problemi e spese per la reale conduzione dell’esperimento: non si troverà nulla, tranne forse una fanghiglia catramosa composta di amminoacidi ed altre semplici sostanze chimiche organiche. 1

Il biologo evoluzionista Andrew Scott ammette lo stesso fatto:

Prendere un po' di materia, scaldarla mentre si mescola e aspettare. Questa è la versione moderna della Genesi. Si presume che le ‘fondamentali’ forze di gravità, elettromagnetismo e forze nucleari forti e deboli abbiano fatto il resto... Ma quanto di questo bel racconto ha fondamenta stabili e quanto resta speranzosa speculazione? In verità, il meccanismo di quasi tutti i passi più importanti, dai precursori chimici alle prime cellule riconoscibili, è oggetto o di una controversia o di un'assoluta perplessità. 2


1- Fred Hoyle, The Intelligent Universe, New York, Holt, Rinehard & Winston, 1983, p. 256 (L'universo intelligente, Mondatori, Milano, 1984).
2- Andrew Scott, "Update on Genesis", New Scientist, vol. 106, 2 maggio, 1985, p. 30




Senza dubbio, i proteinoidi ottenuti da Fox furono assolutamente diversi dalle proteine reali sia per struttura che per funzione. La differenza tra le proteine e questi proteinoidi è tanto grande quanto quella che intercorre tra uno strumento ad alta tecnologia e un ammasso di ferro non lavorato.

Non vi era, inoltre, neppure la possibilità che queste irregolari catene di amminoacidi potessero sopravvivere nell'atmosfera primordiale. Effetti chimici e fisici dannosi e distruttivi causati dalla violenta esposizione alla luce ultravioletta e a instabili condizioni naturali avrebbero provocato la disintegrazione di questi proteinoidi. Secondo il principio di Le Châtelier, sarebbe stato impossibile agli amminoacidi di combinarsi nell'acqua, dove i raggi ultravioletti non li avrebbero raggiunti. Per questa ragione, l'idea che i proteinoidi costituissero le basi della vita perse infine l'appoggio degli scienziati.

La molecola miracolosa: il DNA

Il nostro esame ha finora mostrato che la teoria dell’evoluzione si trova davanti a un grave dilemma a livello molecolare. Gli evoluzionisti non sono riusciti a gettare alcuna luce sulla formazione degli amminoacidi. Allo stesso modo, anche la formazione delle proteine resta un mistero.

Il problema, tuttavia, non si limita soltanto a tali processi. Ciò è soltanto l'inizio. La struttura estremamente complessa della cellula conduce, infatti, gli evoluzionisti in un nuovo vicolo cieco. La ragione è che la cellula non è un semplice mucchio di proteine composte di amminoacidi; piuttosto, è il sistema più complesso che l’uomo si sia mai trovato davanti.

Mentre la teoria dell'evoluzione ha incontrato tante difficoltà a fornire una coerente spiegazione dell'esistenza delle molecole che costituiscono le basi della struttura cellulare, i progressi della genetica e la scoperta degli acidi nucleici (DNA e RNA) hanno sollevato dei problemi del tutto nuovi per gli evoluzionisti. Nel 1953, James Watson e Francis Crick inaugurarono una nuova era per la biologia con il loro lavoro che ha rivelato la struttura incredibilmente complessa del DNA.

La molecola chiamata DNA, che si trova nel nucleo di ognuno dei 100 trilioni di cellule presenti nei nostri corpi, contiene il piano completo di costruzione del corpo umano. Le informazioni riguardanti tutte le caratteristiche di una persona, dall'aspetto fisico alla struttura degli organi interni, sono registrate nel DNA all'interno della sequenza di quattro basi speciali che costituiscono questa molecola gigante. Queste basi vengono specificate come A, T, G e C , secondo le lettere iniziali dei loro nomi. Tutte le differenze strutturali tra le persone dipendono dalle variazioni nelle sequenze di queste lettere. È una sorta di banca dati composta da quattro lettere.

L'ordine sequenziale delle lettere nel DNA determina la struttura di un essere umano fin nei minimi particolari. Oltre a caratteristiche quali la statura, gli occhi, il colore dei capelli e della pelle, il DNA di una singola cellula contiene anche la conformazione di 206 ossa, 600 muscoli, 100 miliardi di cellule nervose (neuroni), 1.000 trilioni di connessioni tra i neuroni del cervello, 97.000 chilometri di vene e i 100 trilioni di cellule nel corpo umano. Se dovessimo trascrivere tutte le informazioni codificate nel DNA, allora dovremmo compilare una libreria gigantesca composta da 900 volumi di 550 pagine l'uno. Ma le informazioni che sarebbero contenute in questa enorme biblioteca sono codificate all’interno delle molecole di DNA nel nucleo cellulare, che è molto più piccolo della cellula, che a sua volta misura appena un centesimo di un millimetro.

Perché il DNA non può essere pervenuto all'esistenza casualmente?

A questo punto, si deve prestare attenzione a un dettaglio importante. Un errore nella sequenza dei nucleotidi che costituiscono un gene renderebbe quest'ultimo del tutto inutile. Quando si considera che vi sono circa 30 mila geni nel corpo umano, diventa più evidente quanto sia impossibile che quei milioni di nucleotidi che compongono questi geni si siano formati in corretta sequenza per coincidenza. Un biologo evoluzionista, Frank Salisbury, scrive a proposito di tale impossibilità:

Cita:
Una proteina media può includere circa 300 amminoacidi. Il gene del DNA delegato al controllo di questo dovrebbe avere circa 1.000 nucleotidi nella sua catena. Dal momento che vi sono quattro tipi di nucleotidi in una catena di DNA, uno consistente di 1000 legami potrebbe esistere in 41.000 forme. Servendosi dei logaritmi è possibile costatare che 41.000=10600. Il dieci moltiplicato per se stesso 600 volte forma un numero pari a un 1 seguito da 600 zeri! Questo numero è completamente al di là della nostra comprensione.125


Il numero 41.000 è equivalente a 10600. Questo numero si ottiene aggiungendo 600 zeri a 1. Se pensiamo che 10 con 11 zeri indica un trilione, una figura con 600 zeri è una figura senza dubbio difficile da cogliere. L'impossibilità della formazione di RNA e DNA per accumulazione coincidentale di nucleotidi è espressa dallo scienziato francese Paul Auger:

Cita:
Dobbiamo distinguere nettamente due fasi nella casuale formazione di molecole complesse, quali i nucleotidi, tramite eventi chimici. La produzione di nucleotidi uno ad uno – che è possibile – e la combinazione di questi in sequenze molto speciali. La seconda è assolutamente impossibile.126


Per molti anni, Francis Crick ha creduto nella teoria dell'evoluzione molecolare, ma alla fine ha dovuto confessare che una molecola talmente complessa non avrebbe potuto formarsi spontaneamente per coincidenza, come risultato di un processo evolutivo:

Cita:
Un uomo onesto, armato soltanto della conoscenza a noi disponibile, potrebbe affermare soltanto che, in un certo senso, l'origine della vita appare al momento piuttosto un miracolo.127


L'evoluzionista turco Ali Demirsoy è stato costretto ad ammettere che:

Cita:
In realtà, la probabilità della formazione di una proteina e di un acido nucleico (DNA-RNA) va oltre ogni possibilità di stima. Inoltre, il caso che emerga una certa catena proteica è così esile da poter essere definito astronomico.128


Un paradosso molto interessante si presenta quindi a questo punto: mentre il DNA può solo replicarsi con l'aiuto di alcune speciali proteine (enzimi), la sintesi di queste proteine può solo realizzarsi per mezzo di informazioni codificate nel DNA. In quanto dipendono entrambi l'uno dall'altro, o esistono contemporaneamente allo stesso tempo per replicarsi, o uno di essi deve essere "creato" prima dell'altro. A questo proposito, il microbiologo statunitense, Homer Jacobson, scrive:

Le direzioni per la riproduzione dei piani, per l'energia e l'estrazione delle parti dall'ambiente corrente, per la sequenza di crescita e per il meccanismo che ne trasferisce le istruzioni, devono essere tutti simultaneamente presenti in quel momento in cui la vita comincia. Questa combinazione di eventi è sembrata un avvenimento incredibilmente inverosimile ed è stato spesso attribuita ad un intervento divino.129

Questa citazione venne scritta due anni dopo la scoperta della struttura del DNA da parte di Watson



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Cita:
zakmck ha scritto:

Cita:
Thethirdeye ha scritto:
Riparto dal tuo post, con questo recente articolo.... [;)]


Articolo interessante, ma secondo me non coerente con le conclusioni riportate.

Cita:
I ricercatori hanno scoperto che la vita non sembra scegliere i suoi 20 mattoni in modo casuale. "Abbiamo scoperto che il solo caso molto difficilmente porterebbe ad un set di amminoacidi migliore di quello scelto dalla vita"


Qui in pratica si affossa il concetto di caso (e con esso direi tutto il darwinismo), rafforzando ancor di piu' la scelta intelligente ad opera della vita. Gia' ma chi e' "vita"? E' solo una questione di termini?

Cita:
Le implicazioni sono sconvolgenti: buone notizie per quelli che si chiedono se siamo soli e cattive per chi pensa ad un tipo di "Architetto" che ha messo assieme la vita, sembra che la fisica possa assemblare il grande puzzle organico da sola e probabilmente lo ha fatto in tutto lo spazio dall'inizio.


In quest'altro punto si afferma che la diffusione della vita e' praticamente ovunque nell'universo, mentre si esclude la presenza di un "Architetto" in quanto la "fisica" (col termine penso si intenda la struttura dell'universo, della realta') sembra in grado autonomamente di generare la vita organica. Be, questa conclusione mi sembra piuttosto confusa.


Ohhh beh.... siamo assolutamente dello stesso avviso! [:D]
Ho notato la cosa e sinceramente mi ha anche un pò divertito.
Della serie.... "non nominiamo il nome dell'Architetto invano...


Cmq ora mi leggo il resto del tuo post.... che è abbastanza lungo.. [;)]



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Tratto da:

La scalata al monte improbabile
http://www.altrainformazione.it/wp/2011 ... probabile/

La vita dell’universo è troppo breve per poter ammettere che abbia potuto verificarsi una dinamica neodarwiniana per la quale i circa 14 miliardi di anni stimati dagli astronomi sono insufficienti, esattamente come lo sono i 12.000 dei fondamentalisti creazionisti: credere che le circa centomila proteine del corpo umano siano state prodotte e assemblate casualmente in un ecosistema complesso nel corso della vita dell’universo richiede un atto di fede superiore a quello dei creazionisti stessi.

La scienza dovrebbe compiere un gesto di umiltà e riconoscere che riguardo all’origine della vita e delle specie sfugge ancora qualcosa di fondamentale.


Continua>>>
http://www.altrainformazione.it/wp/2011 ... probabile/



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[b]Che cos’è l’evoluzione?[/b]

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http://www.thefrontpage.it/2011/11/29/c ... voluzione/

Certo non le mandava a dire. Dei mostri sacri dell’evoluzionismo contemporaneo (Dawkins, Maynard Smith, Lewontin, ecc.) diceva: “Si sono occupati della storia degli ultimi 500 milioni di anni di vita animale su questo pianeta. Il problema, per dirla con Robson, è che lavorano su una banca dati che non include i dati dei tre miliardi e passa di anni precedenti. Una statistica… come dire? un pochino incompleta”.

“Eldredge e Jay Gould tendono a codificare l’ignoranza. Si occupano di animali, cosa interessantissima, ma dimenticano gli altri quattro grandi regni che compongono la storia dell’evoluzione della vita sul pianeta (i batteri, le piante, le proto cellule, i funghi). Non è tanto il fatto che sbaglino, il problema vero è la loro ignoranza. Cosa ignorano? Beh. Innanzitutto, non sanno niente di chimica. E, poi, non sanno niente di biologia.”

“I neo-darwinisti? Gente che concilia l’inconciliabile. Cioè la visione di Darwin: gli organismi cambiano gradualmente nel tempo, e sopravvivono quelli che meglio si adattano al loro ambiente: selezione naturale. E la visione di Mendel, che studiò come i geni vengono trasmessi di generazione in generazione. Visione che si può riassumere così: le specie di organismi non cambiano nel tempo. E questo è un dato sperimentale. Se incroci un fiore bianco con uno rosso, si ottiene un fiore rosa. Ma se incroci questo fiore rosa con un fiore rosa naturale, può venir fuori un fiore rosso, uno bianco, oppure uno rosa. Che vuol dire? Che combinazioni identiche di geni si comportano sempre nella stessa maniera. Dunque le mutazioni avvengono in ragione delle combinazioni di geni. I neo-darwinisti hanno matematizzato l’evoluzione e la selezione naturale, sperando di conciliare, appunto, l’inconciliabile. Una cosa ridicola, perché non la matematica è il linguaggio della natura, ma la chimica e la biologia.”

Lynn Margulis (il suo nome dirà poco ai lettori) cannoneggiava dunque ad alzo zero il quartier generale dell’evoluzionismo, e non faceva prigionieri. E’ scomparsa a 73 anni, il 22 novembre. Molti colleghi avranno tirato un sospiro di sollievo, qualcuno avrà forse stappato una bottiglia di champagne. Perché, a dirla con Brockman, “She was pugnacious and tenacious. She was impossibile. She was wonderful.” Lynn è, anzi era, la donna che nel 1966, ad appena 28 anni, scrisse un articolo in cui affermava, praticamente, che tutti gli scienziati che si occupavano di evoluzione e selezione naturale erano in errore. Perché, appunto, si occupavano degli ultimi 500 milioni di anni. In realtà, l’orologio evoluzionistico andava riportato indietro di più di tre miliardi di anni. L’articolo, che trattava dell’origine delle cellule eucariotiche – cioè di tutte le cellule, ad eccezione dei batteri – introduceva il concetto di simbiosi: anche a livello cellulare, gli elementi più complessi nascono per aggregazione di elementi biologici più semplici. Nelle sue parole: “La simbiosi è l’associazione fisica di organismi di specie diverse che vivono insieme nello stesso posto e nello stesso tempo.”

Dieci anni di ricerca furono da lei riassunti, nel 1970, in un libro che divenne un classico (libro che all’inizio fu, ovviamente, rifiutato da molti editori, come l’articolo di cui sopra. Gli evoluzionisti affermavano che le specie divergono l’una dall’altra. Lynn Margulis sostenne la tesi contraria, provandola con indagini sperimentali. In realtà, di generazione in generazione, le specie si fondono tra di loro per formare nuove entità, sulle quali agisce la selezione naturale. La materia è troppo complessa per descriverla compiutamente in un articolo di 5000 battute. Ma è affascinante. Si pensi solo al fatto che per più di un miliardo di anni sulla terra vissero, e si riprodussero, solo le cellule cosiddette protocariotiche, cioè cellule che non avevano il nucleo. Il nucleo è il centro di controllo della cellula (sede di geni e del DNA) che è alla base di ogni forma di vita animale e vegetale così come la conosciamo oggi. La domanda è: come, cosa, o in quali circostanze ebbe luogo la mutazione che, nel corso dei successivi tre miliardi di anni avrebbe portato ad evolvere le specie fino a quella dell’homo sapiens sapiens? Una domanda ancora senza risposta sperimentalmente certa.

Per Lynn Margulis le cose sarebbero potute andare così: “Come è potuta accadere tale evoluzione? Come apparve la prima cellula eucariotica? All’inizio forse ci fu una invasione di predatori venuti dall’esterno. Può essere iniziata quando un certo tipo di batterio ne invase un altro alla ricerca di cibo. Alcune invasioni però forse si trasformarono in tregue: associazioni una volta feroci divennero benigne. L’associazione tra batteri invasori e ospiti si trasformò in un insieme maggiore della somma delle sue parti. Così, questi insiemi furono capaci di aggregare un numero maggiore di geni, di evolvere, di trasformarsi in qualcosa di diverso e più potente. Alcune delle mutazioni furono particolarmente adatte all’ambiente, le altre scomparvero, perite nell’eterna lotta per la sopravvivenza. Infine, ecco la cellula moderna.”

Un messaggio in parte antitetico a quello di Darwin, dove tutto è lotta e prevalenza del più adatto. Ferocemente criticato da alcuni scienziati, quelli da lei ridicolizzati, che lo hanno sprezzantemente catalogato quale idea appartenente alla sindrome “Dio è buono”. La simbiogenesi, o il simbioticismo che dir si voglia, da eresia scientifica si è però trasformato, nell’arco della vita di questa donna straordinaria, in una colonna portante della biologia evoluzionistica attuale. Negli anni ’70 la Margulis divenne una sostenitrice, per un breve periodo, dell’ipotesi di Lovelock: Gaia. Come per il principio antropico, esistono due versioni di questa ipotesi politically correct and very trendy. Una estrema, sostenuta dal suo ideatore, che è un chimico dell’atmosfera terrestre: il pianeta Terra è un organismo vivente. Con l’ovvio corollario: l’uomo può diventarne il cancro incurabile.

L’altra versione, propugnata dalla Margulis, è forse più sostenibile da un punto di vista logico e sperimentale: la Terra è un enorme eco-sistema, composto da innumerevoli ecosistemi secondari. L’insieme è (forse) autoregolante, o, per lo meno, agli occhi di certo ambientalismo, lo era fino a quando l’uomo non ha cominciato a manipolarne i meccanismi. Tesi non condivisa da Lynn Margulis: “Gaia è una passeggiatrice tosta ( Gaia is a tough bitch). E’ un sistema che ha funzionato egregiamente per più di tre miliardi di anni senza la presenza dell’uomo. La superficie di questo pianeta, la sua atmosfera e il suo ambiente continueranno ad evolvere a lungo, anche dopo che gli uomini ed i loro pregiudizi saranno scomparsi”.


Mario Giardini


http://www.thefrontpage.it/2011/11/29/c ... voluzione/
VEDI: http://www.altrogiornale.org/news.php?extend.7492



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Dopo aver letto con molta attenzione tutti i vostri contributi, personalmente giungerei alla seguente conclusione, basata sui seguenti postulati.

Tutte le forme di vita sono caratterizzate da DNA/RNA, dai virus alle forme più complesse
La materia inanimata, in quanto priva di DNA non può generare vita.

Per cui possiamo concludere che:

DNA = vita = opera di un'entità che non esito a definire 'divina', ma che potrebbe essere rappresentata da un'energia extra-dimensionale consapevole che permea l'intero universo.
Origini dell'uomo = opera di soggetti intelligenti già dotati di DNA che operano mutazioni su altri soggetti vivi sul pianeta terra.

Ergo possiamo considerarci figli di dio, così come tutte le creature esistenti nell'universo, in quanto possessori di DNA (e della relativa potenza vitale)

Altrettanto non dobbiamo confonderci con l'atto della creazione biblica (genesi), poichè siamo al mondo come homo sapiens sapiens a seguito di intervento artificiale (non divino) sul nostro DNA da parte di esseri analoghi dal punto di vista biologico-molecolare.

Dio = Vita, la cui prova risiede nell'impossibità probabilistica di creare dal caso un DNA valido e altrettanto lo stesso non può essere stato prodotto in laboratorio da altri esseri intelligenti poichè nel caso chi avrebbe fornito loro la vita?

dio biblico = extraterrestre (la cui prova risiede nel genoma umano, non ancora del tutto compreso nella sua potenzialità esplicativa)

Che sia questa la massima conoscenza occulta di stampo massonico?



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Marcofranceschini scrive:
Siamo alla stregua delle scimmie de "Il pianeta delle scimmie" anni 1968 che totalmente all'oscuro di come fosse il pianeta dominato dagli "uomini parlanti" oltre venti secoli prima della storia narrata, vanno a tentoni per strane interpolazioni trovando oggi una dentiera, domani una bambola ecc. ecc. senza avere una chiara visione di insieme che solo Taylor in finale riesce a dare...


Che tu ci creda o no io mi sono immedesimato in Cornelius fin da quando ho visto da bambino il film insieme a mio padre... [:)]

Ed è stato proprio da lì che ho iniziato a interrogarmi su una possibile civiltà precedente alla nostra (così come le scimmie "massoniche" sapevano di una civiltà umana precedente e osteggiavano la ricerca "controcorrente" di Cornelius)

Oggi sto aspettando il ritorno del nostro Taylor, così da avere noi stessi quel quadro di insieme negato dalla scienza ufficiale e dai possibili 'poteri occulti'



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Atlanticus81 ha scritto:

Dopo aver letto con molta attenzione tutti i vostri contributi, personalmente giungerei alla seguente conclusione, basata sui seguenti postulati.

Tutte le forme di vita sono caratterizzate da DNA/RNA, dai virus alle forme più complesse
La materia inanimata, in quanto priva di DNA non può generare vita.

Per cui possiamo concludere che:

DNA = vita = opera di un'entità che non esito a definire 'divina', ma che potrebbe essere rappresentata da un'energia extra-dimensionale consapevole che permea l'intero universo.
Origini dell'uomo = opera di soggetti intelligenti già dotati di DNA che operano mutazioni su altri soggetti vivi sul pianeta terra.

Ergo possiamo considerarci figli di dio, così come tutte le creature esistenti nell'universo, in quanto possessori di DNA (e della relativa potenza vitale)

Altrettanto non dobbiamo confonderci con l'atto della creazione biblica (genesi), poichè siamo al mondo come homo sapiens sapiens a seguito di intervento artificiale (non divino) sul nostro DNA da parte di esseri analoghi dal punto di vista biologico-molecolare.

Dio = Vita, la cui prova risiede nell'impossibità probabilistica di creare dal caso un DNA valido e altrettanto lo stesso non può essere stato prodotto in laboratorio da altri esseri intelligenti poichè nel caso chi avrebbe fornito loro la vita?

dio biblico = extraterrestre (la cui prova risiede nel genoma umano, non ancora del tutto compreso nella sua potenzialità esplicativa)

Che sia questa la massima conoscenza occulta di stampo massonico?


Complimenti per la capacità di sintesi... e non solo... [^]



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Thanks TTE!

[:)] [:)] [:)]



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quisquis ha scritto:

Cita:
Messaggio di Thethirdeye

Che se ne abbia la consapevolezza o meno, infatti, credere di essere figli del caso come postula la cosiddetta scienza ufficiale comporta una visione del mondo materialistica, in cui non c'è più spazio per i valori morali.



Questo è un passaggio utile, secondo me. Vorrei dire la mia a riguardo dell'uso negativo che si fa dell'aggettivo "materialistico"; premettendo che personalmente ho una visione del mondo tutt'altro che limitata alla cosiddetta materia, devo dire però che non mi piace l'uso negativo che di solito si associa alla materia, come se fosse la causa di tutti i mali. Non è questo il punto, secondo me. La materia è materia ed è oggetto della nostra esperienza sensoriale. E' ben organizzata secondo leggi intrinseche alla natura, non è un male. Chi dovesse avere una visione esclusivamente materialistica non farebbe niente di male e non per questo sarebbe automaticamente un egoista utilitarista; viceversa una persona con una visione del mondo non "materialista" potrebbe benissimo essere nei fatti infinitamente più dannosa, egoista ed utilitarista (anche su altri piani) di un materialista. Non sono perciò d'accordo sul fatto che una visione materialista del mondo sia priva di spazio per i valori morali. Si può tranquillamente essere atei e materialisti ma integerrimi e rispettosi del prossimo. Perciò secondo me è più corretto dire che che una visione della vita e del cosmo improntata sul caso apre più facilmente la porta ad una visione utilitaristica (più che materialistica) del mondo e della vita.


Cita:
E una collettività concepita su meri rapporti di convenienza materiale è destinata prima o poi a disgregarsi nel caos provocato dal culto esasperato degli egoismi individuali.


Questo è molto vero, ma lo estenderei ad ogni tipo di "convenienza" (esistono anche convenienze non prettamente materiali, caso tipico di ogni religione che fosse vissuta in maniera non equilibrata ma fanatica), naturalmente quando questa convenienza venga concepita come unico ed esasperato punto di riferimento, non come un sano ed equilibrato "amor sui".



Ambè quindi la Verità scientifica deve piegarsi ai valori "morali" da inculcare nell'umanità per farla essere più "buona". Mi ricorda tanto le religioni, con l'aggravante che qui si sa di sbagliare, nemmeno ci si crede, ma si fa perché i "bambini" uomini hanno bisogno di credere alle favole per essere un po' più buoni... Certo poi, si è visto nel medioevo quanto buoni fossero, quanti elevatissimi valori "morali" e spirituali avessero, solo perché andavano a messa ogni domenica o avevano timor di Dio. Ma per favore!!!!!!!!!!!

Io vi posso solo dire che il futuro alla fine dipenderà da quello che l'umanità si merita, tanto noi non camperemo in eterno, cento anni e saranno vivi ben pochi di quelli che ci sono ora, come al tempo di Roma del resto, nel I secolo d. C. nonostante le declamazioni Oraziane quale mai spirito intellettuale poteva ragionevolmente immaginare cosa sarebbe successo dopo alla romanità e alla grecità, e quindi all'umanità tutta. Nessuno proprio, quindi con un po' di sano materialismo e cinismo vi dico, saranno caxxi dei nostri discendenti, alla fin fine, ma come Uomo mi ribello fieramente a certe teorie assurde che vorrebbero rimettere in guinzaglio all'umanità, proprio ora che da due o tre secoli, almeno una parte sempre più grande, sta cercando di toglierselo, il guinzaglio più pericoloso, quello della superstizione.



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Raziel ha scritto:

Ambè quindi la Verità scientifica deve piegarsi ai valori "morali" da inculcare nell'umanità per farla essere più "buona". Mi ricorda tanto le religioni, con l'aggravante che qui si sa di sbagliare, nemmeno ci si crede, ma si fa perché i "bambini" uomini hanno bisogno di credere alle favole per essere un po' più buoni... Certo poi, si è visto nel medioevo quanto buoni fossero, quanti elevatissimi valori "morali" e spirituali avessero, solo perché andavano a messa ogni domenica o avevano timor di Dio. Ma per favore!!!!!!!!!!!



Mah... sinceramente non comprendo questo tuo ragionamento [:D] La Verità scientifica, come la chiami tu (con la "V" maiuscola), non deve di certo piegarsi alla "superstizione". Ma semmai dovrebbe inglobare valori morali o etici per far sì che NON sia la Scienza stessa ad autoproclamarsi come una "religione" o una "dottrina fideistica".

Un esempio si può trarre dall'ultimo articolo che ho postato poco sopra: i mostri sacri dell’evoluzionismo contemporaneo (Dawkins, Maynard Smith, Lewontin, ecc.) si sono occupati della storia degli ultimi 500 milioni di anni di vita animale su questo pianeta. Il problema è che lavorano su una banca dati che non include i dati dei tre miliardi e passa di anni precedenti. Una statistica… come dire? un pochino incompleta?

Eppure, si prendono questi studi come oro colato. Non è forse una visione "fideistica" anche questa? E cosa ci sarebbe di "etico e morale" nel fatto di voler imporre (ad esempio nei libri di scuola) tutto questo discorso come se fosse una "Verità scientifica" con la "V" maiuscola?

Proprio un bel niente, amico mio....



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Thethirdeye ha scritto:
Mah... sinceramente non comprendo questo tuo ragionamento [:D] La Verità scientifica, come la chiami tu (con la "V" maiuscola), non deve di certo piegarsi alla "superstizione". Ma semmai dovrebbe inglobare valori morali o etici per far sì che NON sia la Scienza stessa ad autoproclamarsi come una "religione" o una "dottrina fideistica".



Non lo credo TTE. La scienza deve essere scienza, priva di qualsiasi spiegazione morale o filosofica. Se scopro, che ne so, che la Terra è fatta di marzapane e lo dimostro, devo pure trovare una spiegazione morale per giustificare la mia scoperta? Assolutamente no. La Terra è fatta di marzapane, punto. Verità nuda e cruda che non implica alcuna morale dietro di se. E sai perché? proprio perché la scienza non è una fede e non deve spiegare agli uomini come vivere! semmai, deve autare loro a capire il mondo dove vivono.

La odiate proprio sta povera scienza eh?


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Knukle ha scritto:

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Thethirdeye ha scritto:
Mah... sinceramente non comprendo questo tuo ragionamento [:D] La Verità scientifica, come la chiami tu (con la "V" maiuscola), non deve di certo piegarsi alla "superstizione". Ma semmai dovrebbe inglobare valori morali o etici per far sì che NON sia la Scienza stessa ad autoproclamarsi come una "religione" o una "dottrina fideistica".



Non lo credo TTE. La scienza deve essere scienza, priva di qualsiasi spiegazione morale o filosofica. Se scopro, che ne so, che la Terra è fatta di marzapane e lo dimostro, devo pure trovare una spiegazione morale per giustificare la mia scoperta? Assolutamente no.


Caro Kunkle.... diciamo pure che il senso del mio discorso era un altro. Con il termine "inglobare" intendevo "appropriarsi di un'etica morale". Forse, dovremmo prima chiederci cosa sia moralmente (o eticamente) valido per la Scienza Accademica relativamente alle sue azioni e SE è moralmente o eticamente valido il fatto di schiaffare le sue "dottrine" nei libri di scuola come se fosse "oro colato". Per quanto mi riguarda, non trovo né etico e né morale il solo fatto di NEGARE l'esistenza di ciò che non si può riprodurre in laboratorio. E' un esempio. Oppure, non trovo né etico e né morale il fatto che la Scienza, in molti casi, sia allineata al "pensiero" o alla "politca" di coloro i quali finanziano determinati progetti e/o ricerche. E' il solito discorso trito e ritrito... che sicuramente ci porta pure in off topic.

Mi domandi se io ce l'ho con la "povera" Scienza?
Assolutamente no..... forse ce l'ho con chi la "gestisce".

In ogni caso, mi permetto solo di ridere quando gli utenti si inalberano di fronte a persone che tentano di mettere in discussione "la dottrina scientifica". E tirano in ballo pure la "religione"... come se non fosse "fideistico" ANCHE il pensiero scientifico in tutte le sue manifestazioni.... [:246]

Cmq, tornando in topic, mi piacerebbe piuttosto sentire la tua opinione circa gli articoli riportati in questa discussione. Sei più preparato di me, in questo senso, e mi piacerebbe leggere tuoi commenti o pareri.... [;)]



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MessaggioInviato: 18/02/2012, 19:20 
tutti questi discorsi di etica... io li sento tante volte dai preti, chissà perché, ma mi si dimostri, a proposito di dimostrazioni scientifiche, che un uomo a cui viene inculcata l'etica sia in qualche modo migliore di uno a cui viene semplicemente detta la cruda verità, perlomeno quella che siamo in grado di percepire, e comprendere. Poi non lo sappiamo se l'universo è fatto di stringhe, di brane, e cosa tutto questo possa "realmente" significare da un punto di vista fisico e non matematico, ma se iniziamo a dover dare descrizioni "allegoriche" per far sì che l'uomo in qualche modo migliori, allora scriviamo altri libri a carattere religioso, bibbia, vangelo, corano, ecc... raccontano favole, stabiliscono precetti, sono nient'altro che forme "costituzionali" in un certo senso, leggi che l'uomo credulone possa accettare e rispettare, almeno in parte, quando la forza dello stato e il rispetto per la legge era qualcosa di inesistente.
Ma la scienza non ha alcun obbligo in tal senso, essa deve spiegare dove arriva a capire, se non ci arriva, o ancora non ci è arrivata, pace, si continua la ricerca, come si è sempre fatto e sempre si farà, ma senza che essa debba assumere "valori" di alcun genere. L'universo, la natura, non ha valori di sorta che non siano le leggi fisiche e le sue componenti, le questioni umane, così importanti per noi ma tanto insignificanti per il cosmo, lasciamole alle scienze sociali, all'educazione civica, ecc. poi ognuno si regolerà, chi si manterrà un buon cittadino condurrà, ci si augura, una vita piena e soddisfacente, chi non rispetterà i valori della società (che nulla deve aver a che fare con la scienza) sarà punito secondo le leggi vigenti.



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Neodarwinismo alla “deriva” #2: le mutazioni casuali generano malattie, non evoluzione

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Un articolo pubblicato su Science l’11 maggio, e ripreso da Le Scienze, mette in guardia verso le possibili malattie dovute all’aumento nella frequenza di alleli rari.
Ma tale aumento è ascrivibile alle mutazioni casuali, quelle che secondo il neodarwinismo dovrebbero essere all’origine delle nuove specie.


Se le mutazioni casuali vengono indicate come origine di nuove malattie, come potrebbe tale meccanismo portare a nuovi caratteri e perfino a nuove specie?



Dopo l’articolo pubblicato il 1° maggio su CS; Neodarwinismo alla “deriva”: la speciazione allopatrica… conduce all’estinzione, relativo ad uno studio pubblicato su PLoS One sull’effetto negativo dell’isolamento riproduttivo di piccole popolazioni (condizione necessaria nella teoria neodarwiniana) adesso è la volta di Science che ha pubblicato uno studio intitolato “Recent Explosive Human Population Growth Has Resulted in an Excess of Rare Genetic Variants” che evidenzia l’aumento nella frequenza di alleli rari nella popolazione umana degli ultimi 10.000 anni.

La ricerca è stata riportata in Italia da Le Scienze in un articolo pubblicato il 16 maggio dal titolo “Con il boom demografico, più varianti geniche rare” che così inizia:

In meno di 400 generazioni la popolazione umana è passata da pochi milioni di individui a sette miliardi, una crescita avvenuta in buona parte negli ultimi 10.000 anni. Una ricerca dimostra che a questo aumento esponenziale è corrisposto un aumento nella frequenza di alleli rari, finora sfuggito alle ricerche basate su campioni piccoli o che non contemplavano questa dinamica demografica
[/f]


Gli alleli rari non erano presenti nella popolazione iniziale e sono il frutto delle mutazioni casuali occorse nel frattempo “Keinan e Clark hanno condotto uno studio volto ad analizzare l’importanza di tre parametri fondamentali per l’individuazione delle mutazioni rare” come specificato nel testo pubblicato su Le Scienze.

Siamo quindi proprio in presenza di quel tipo di mutazioni che secondo la Sintesi moderna sarebbero all’origine dei nuovi caratteri che, sottoposti alla selezione dell’ambiente, dovrebbero dare origine alla macroevoluzione e quindi alla nascita di nuove specie.

Ma quello che è emerso dallo studio è ben diverso, l’aumento delle micromutazioni (superiore al previsto) denota solamente un deterioramento del patrimonio genetico iniziale e, lungi dal costituire la potenziale premessa per l’evoluzione, costituisce la potenziale premessa per la nascita di nuove malattie, come evidenziato su Science:

[wbf]
La rapida e recente crescita, aumenta il carico di varianti rare ed è probabile che giochi un ruolo nel rischio individuale di una malattia genetica complessa. Quindi, l’estrema, recente, crescita della popolazione umana ha bisogno di essere presa in considerazione nello studio della genetica di malattie e tratti complessi.


Le stesse considerazioni le troviamo riportata anche nella conclusione dell’articolo apparso su Le Scienze:

Questa situazione – scrivono gli autori – implica massicce deviazioni dall’equilibrio genetico delle popolazioni. In particolare, la recente rapida crescita genera un carico di variazioni rare, dovute a mutazioni recenti, che possono avere un ruolo nel rischio di malattie complesse.


Ecco quindi che quando dei dati sperimentali sono disponibili non viene nessuna conferma alla teoria dell’evoluzione per “caso e necessità”, anzi, come nel caso del tilacino sopra ricordato, i meccanismi che dovrebbero stare alla base dell’evoluzione sono invece accusati di portare all’estinzione delle specie o comunque ad un incremento di situazioni patologiche.

La scienza, quella seria, quando si trova davanti alle conseguenze delle mutazioni casuali mette da parte i sofismi neodarwiniani e le fantasie delle “Just so story”, e giustamente si preoccupa per i danni che da esse possono derivare.


La teoria dell’evoluzione neodarwiniana per “caso e necessità” risulta messa in crisi una seconda volta in pochi giorni, e solo la presenza di un forte e radicato paradigma non permette di vedere la verità.


Fonte



Riporto anche un commento all'articolo di un utente, a mio avviso piu' che illuminante:

Cita:
Lo capisce anche un bambino: v’immaginate il software Excel che, per piccoli cambiamenti, diventa Word? e poi PowerPoint?!
Chi capisce qualcosa di software sa che, al primo piccolo cambiamento (detto in gergo “virus”) il programma smetterà di funzionare bene, e al secondo si fermerà.



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"Quanto piu' una persona e' intelligente, tanto meno diffida dell'assurdo" - Joseph Conrad

"Guardati dalla maggioranza. Se tante persone seguono qualcosa, potrebbe essere una prova sufficiente che è una cosa sbagliata. La verità accade agli individui, non alle masse." – Osho

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