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 Oggetto del messaggio: Trovati resti di dinosauri ma con tessuto molle
MessaggioInviato: 02/10/2011, 18:35 
Trovati resti di dinosauri morti più di 60 milioni di anni fa, ma con tessuto molle preservato

Se voi trovaste delle ossa con dentro preservati anche resti di tessuto molle, a quale epoca attribuireste la vita di quell'animale?

La risposta più ovvia immagino varia da pochi mesi a pochi anni fa; forse qualcuno sarebbe disposto ad ammettere che in qualche caso particolarmente fortunato certe strutture si possano conservare per qualche secolo o qualche migliaio di anni, ma se io dicessi che quei resti hanno 60 o 70 milioni di anni non ci crederebbe nessuno.

Eppure sono state trovate ossa di Tirannosauro Rex con intatti tessuti molli, vasi sanguigni e, forse, tracce di globuli rossi. Di tale scoperta troviamo traccia persino nell'ortodosso magazine dello smithsonian institute, in un articolo del maggio 2006. Più recente è invece la notizia di un analogo ritrovamento (1 maggio del 2009) di vasi sanguigni e tessuto connettivo intatto nei resti di un adrosauro (il tipico dinosauro dal becco ad anatra). A parte alcune questioni controverse (ci sono davvero anche tracce di emoglobina in quei resti?) l'esistenza di tessuto molle e vasi sanguigni intatti è incontrovertibile.

Nel video qui sotto (in inglese) potete vedere la paleontologa responsabile della scoperta nella registrazione di un documentario; le scritte in sovraimpressione che commentano la vicenda sono di chi ha caricato la registrazione su youtube, che si dichiara cristiano e crede ciecamente alla Bibbia. A noi poco importa dato che guardiamo al messaggio (il documentario in sé e le prove che ivi vengono mostrate) e non al messaggero (non crediamo necessariamente a tutto ciò che sta scritto nella Bibbia sebbene la consideriamo una interessante fonte di informazioni soprattutto dal punto di vista storico).



Abbiamo più volte mostrato prove che alcuni ordini di rettili estinti (come i famosi dinosauri o gli pteorosauri) potrebbero essersi estinti non 60 milioni di anni fa, ma qualche migliaio di anni fa, e sebbene questa non sia la prova definitiva (come fare ad escludere che certi tessuti possano a volte in condizioni eccezionali preservarsi per milioni di anni? quasi impossibile escludere che possa succedere sebbene appaia molto improbabile) si tratta di ritrovamenti che fanno davvero pensare.

http://www.ecplanet.com/node/2706


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Marziano
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MessaggioInviato: 03/10/2011, 08:32 
Articolo di estrema importanza, dal punto di vista archeologico.

Il dna di un tessuto molle, con ogni probabilità, risulta in condizioni migliori di altri casi classici.

... ed ora mi fermo perché altrimenti la mente comincia a galoppare e a sognare troppo [;)]


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MessaggioInviato: 31/10/2011, 00:17 
MA QUALI MILIONI DI ANNI...
I DINOSAURI PASCOLAVANO BEATI MENO DI 20.000NNI FA

La scienza "ufficiale", ossia quella condivisa dalla comunità accademica internazionale, debitamente evoluzionista e darwiniana, sostiene, come è noto, che i dinosauri si estinsero sessantacinque milioni di anni fa: forse per la caduta di un meteorite ed i successivi sconvolgimenti climatici (ipotesi catastrofista), forse per la silenziosa concorrenza dei mammiferi, che ne divoravano le uova (ipotesi gradualista) o per altre cause ancora.

Quanto all'uomo, della cui discendenza da un antico primate parente della scimmia, probabilmente il Ramapiteco, non dubita affatto, essa ne colloca l'origine all'incirca un milione di anni or sono; al massimo, a due milioni di anni, stando alla scoperta di un nuova specie di ominide, avvenuta nel 2003 in una caverna dell'isola indonesiana di Flores, che non appartiene né alla specie "Homo sapiens", né a quella dell'"Homo neanderthalensis" e che è stata ribattezzata, appunto, "Homo florensis".
La logica conseguenza dell'accostamento di questi due dati è che l'uomo e i dinosauri non poterono in alcun modo vivere insieme, perché separati da una distanza temporale di oltre sessanta milioni di anni: e la scienza ufficiale ammette, tutt'al più, margini di errore di qualche centinaia di migliaia d'anni, forse di un milione o due; mai e poi mai, però, ammette la possibilità di un errore così macroscopico, che, oltretutto, rivoluzionerebbe tutte le nostre conoscenze sulle condizioni di vita dei nostri lontanissimi antenati.
E se invece le cose stessero altrimenti e l'uomo avesse coabitato con i dinosauri, a dispetto di quello che affermano e che credono di sapere gli scienziati accademici?
Il sospetto si era già affacciato nell'anticamera della comunità scientifica con il ritrovamento di alcuni reperti fossili anomali, ad esempio l'impronta di un piede umano, anzi di mocassino con tanto di cuciture, in una roccia del Nevada antica duecento milioni di anni; e poi, con più insistenza, con il ritrovamento delle cosiddette "pietre di Ica", in Perù, nelle quali sono raffigurati, tra l'altro, uomini e dinosauri insieme, ma che vennero prontamente dichiarate un clamoroso falso (anche se permane il dubbio che una parte almeno di esse non lo siano affatto).
Ora, però, le cose stanno cambiando, perché proprio alcuni scienziati della stimata comunità accademica internazionale hanno rivoluzionato tutte le nostre certezze in materia, perfezionando la tecnica della datazione al radiocarbonio sulle ossa contenenti ancora quantità considerevoli di collageno, che non si deteriora con il tempo; tecnica che ha prodotto dei risultati a dir poco sensazionali.
In base a tale sistema, risulta che gli ultimi dinosauri sarebbero scomparsi solamente una ventina di migliaia d'anni fa e che, di conseguenza, essi certamente convissero con la specie umana: come potrebbero suggerire alcune raffigurazioni, peraltro controverse, provenienti dal mondo antico, ad esempio certi bassorilievi dell'area mediorientale e nordafricana che, finora, erano stati interpretati in senso puramente simbolico o allegorico; valga per tutti il caso delle tavolette di Narmer, nel Basso Egitto, in cui compaiono due stranissimi animali dal collo smisuratamente lungo, tenuti al guinzaglio da sorveglianti umani.
Una ulteriore conseguenza di tali nuove misurazioni è che tutto il castello dell'ipotesi evoluzionista - ché di una semplice ipotesi si tratta, non scordiamocelo mai, oltretutto seriamente messa in dubbio dalla sopravvivenza di piante e animali, come il Gingko Biloba o il Celacanto, antichi di oltre trecento milioni di anni e dunque rimasti identici a se stessi dal Carbonifero ad oggi - viene a franare miseramente, perché non ci sarebbero più quei tempi lunghissimi di cui gli esseri viventi necessitano, secondo gli evoluzionisti, per trasformarsi incessantemente, dando origine a sempre nuove specie.
Riportiamo una parte dell'intervista concessa dal paleontologo Hugh Miller ad Augusto de Izcue per la rivista mensile "Radici cristiane" e dell'intervento di Josef Holzschuh, Jean Pontcharra e dello stesso H. Miller (1):

«...L'evidenza è ormai schiacciante. Nei miei 25 anni e più di ricerche, sia sul campo che in diversi laboratori, sono arrivato alla conclusione che tutti quegli anni [cioè i tempi lunghissimi postulati dalla teoria dell'evoluzione] semplicemente non esistono. E questo, a mio parere, è una delle falle più vistose dell'evoluzionismo. Cioè, fisicamente non è esistito il tempo necessario per portare avanti il processo evolutivo, come loro lo propongono.
Per esempio, mi richiamo a ciò che ho detto nella mia relazione sulla datazione al C14 di ossa di dinosauri, che è la mia specialità. Essa mostra senza ombra di dubbio che i dinosauri non hanno più di 22-30.000 anni, anziché i 65-225 milioni suggeriti dagli evoluzionisti. Questo è un tempo troppo breve per un processo di macro-evoluzione. In conclusione possiamo dire che in assenza di lunghi periodi di tempo, l'ipotesi evoluzionista perde tutto il suo valore scientifico.
Non solo, ma credo che sia una teoria molto dannosa per la scienza, una teoria che ha fatto molto male perché ha impedito che certi orizzonti venissero esplorati, proprio perché contraddicevano quest'ipotesi.
Ecco il problema. I dinosauri sono spariti appena poche migliaia di anni fa. Veda, per esempio, quei tanti disegni antichi, e che vanno dal 5.000 a.C. fino a non più di 2.000 anni fa, ove sono rappresentati dinosauri esattamente come noi, paleontologi, li conosciamo. Solo che noi li conosciamo dallo studio delle ossa.
Perché persero i dinosauri il loro posto nel nostro ecosistema? L'ipotesi che si fa largo è l'azione dell'uomo. Gli uomini si sono moltiplicati fino a coprire la Terra, mentre i dinosauri sono spariti.
Il fatto è che l'uomo è intelligente. Prenda, per esempio, un tirannosauro rex. Era una creatura assolutamente terrificante, alta quattro metri, ma bastava tenderle un agguato, per esempio con una corda fra due alberi, per farlo cadere rompendosi il collo. Ed ecco hamburger di tirannosauro rex per qualche settimana...!
Se l'uomo decideva che non gli piacevano i dinosauri, li faceva fuori e basta. Di quanti animali selvaggi e dannosi si è liberato l'uomo nel corso della storia? Veda, per esempio, le fortificazioni di epoca romana e medievale in Europa. Erano costruite non solo per difendersi dal nemico umano, ma anche da animali selvaggi, che oggi quasi non esistono più.
Mi ha sempre molto attirato la letteratura sui draghi. Per esempio, san Giovanni Damasceno, siamo quindi nel secolo VIII, dedica diverse pagine ai draghi, descrivendoli in termini che coincidono con alcune specie di dinosauri. [...]
Nel 2005 la rivista "Science" dava una notizia quasi incredibile: a Hell Creek, nello Stato del Montana, USA, scienziati del "Glendive Dinosaur & Fossil Museum" avevano trovato ossa di dinosauro in eccellente stato di conservazione. Si trattava di due enormi femori di triceratopo e di adrosauro.
L'importanza di questo ritrovamento consisteva nel fatto che queste ossa contenevano ancora quantità rilevanti di collageno, il che permise una datazione al radioisotopo molto accurata, visto che il collageno non si altera col tempo. Il risultato fu sbalorditivo: 30.000 anni per il triceratopo, 23.000 per l'adrosauro.
La datazione del collageno osseo è una pratica molto diffusa, appunto perché offre un'altissima percentuale di certezza. Datazione di questo tipo, per esempio, ha mostrato età comprese tra i 12.000 e i 28.000 anni per gli smilodon, ovvero le famose tigri dai denti a sciabola. Però finora quasi nessuno l'aveva applicata alle ossa di dinosauro, giacché si supponeva che questi si erano estinti 65 milioni di anni fa, troppo vecchi per permettere una datazione affidabile al radioisotopo.
Dalla scoperta di Hell Creek, altre datazioni di collageno osseo nonché di bioapatita in diversi campioni di ossa di dinosauro hanno mostrato età comprese fra i 16.000 e i 46.000 anni. Poco più dell'età mostrata dai resti di mammut dei quali, come sappiamo, sono stati ritrovati addirittura congelati e, dunque, perfettamente conservati.
Tra gli scienziati esiste il consenso che eventi catastrofici causarono l'estinzione dei dinosauri, così come di altra megafauna come i mammut. La domanda è quando. Gli evoluzionisti affermano che, dopo aver dominato l'ecosistema terrestre per oltre 165 milioni di anni, i dinosauri si estinsero 65 milioni di anni fa. Le recenti datazioni di collageno e di bioapatita ossea smentiscono clamorosamente quei numeri.
D'altronde, si moltiplicano le prove archeologiche sul fatto che i dinosauri forse sono sopravvissuti fino a tempi non molto lontani dai nostri.
Nel 1997, l'archeologo francese Claude Jacques ha scoperto dipinti di uno stegosauro, insieme ad animali moderni, sulle mura del tempio buddista di Ta Prohm, in Cambogia, risalente all'anno 1200 d.C..
In un mosaico del II secolo a.C., trovato in Israele, si può vedere chiaramente un torosauro assalito da un uomo. In un tempio in Siria del II secolo a.C. è raffigurato chiaramente un criolofosauro. Forse si trattava di animali ormai estinti, il cui ricordo però perdurava nella memoria degli uomini.
In ogni caso, quei milioni di anni vantati dagli evoluzionisti sono vistosamente assenti.»

Tutto questo è a dir poco sconvolgente; e sconcerta il fatto che i mass media, sempre così solerti nell'informarci di ogni nuova acquisizione, vera o presunta, della scienza "ufficiale", in questo caso abbiano brillato per il loro mutismo.
Evidentemente esiste una congiura del silenzio, volta a mettere a tacere tutti quei risultati scientifici che non collimano con i dogmi stabiliti da una scienza materialista, meccanicista e riduzionista; specialmente quando a sostenerli non sono pseudoscenziati o fantasiosi scrittori e giornalisti, privi di una vera competenza specifica, ma scienziati che appartengono alla cultura accademica, pur se non condividono tali dogmi.
Mentre i biologi e i paleontologi evoluzionisti trovano sempre case editrici e riviste specialistiche pronte ad accogliere e pubblicare i loro libri ed articoli, quelli che non condividono tale ipotesi - e sono più numerosi di quanto non si creda - stentano a raggiungere il grande pubblico e non vengono ascoltati nemmeno dai loro più influenti colleghi, sicché i loro argomenti non riescono ad accendere un dibattito e tanto meno a penetrare la dura scorza del conformismo culturale.
L'onestà intellettuale vorrebbe che la comunità scientifica discutesse, senza pregiudizi, ogni nuova ipotesi, purché supportata da una seria documentazione; mentre così non avviene, perché si preferisce dare torto ai fatti, piuttosto che mettere in discussione le teorie dominanti, silenziosamente promosse allo status di verità definitive.
Se pure, qualche rara volta, gli scienziati seguaci del Pensiero Unico neodarwinista si degnano di spiegare perché rifiutano il confronto con ipotesi di lavoro diverse dalla loro, sostengono che ciò avviene perché la scienza non può rimettere ogni volta in dubbio le proprie acquisizioni, ricominciando sempre daccapo, perché, in questo modo, essa non avanzerebbe mai.
Eppure, a ben guardare, si tratta di un ben singolare ragionamento, in base al quale è più importante che la scienza proceda comunque, magari lungo una strada sbagliata, piuttosto che "perdere tempo" per verificare se le sue costruzioni teoriche sono realmente in linea con tutti i nuovi dati offerti dalla ricerca e se non dovrebbero essere riviste e ripensate, alla luce di questi ultimi.

Se la datazione proposta dal paleontologo Hugh Miller venisse presa seriamente in considerazione dall'establishment accademico, non solo la biologia e la paleontologia, ma anche la preistoria e, forse, la stessa storia antica dovrebbero venire totalmente riscritte.
L'ipotesi evoluzionista cadrebbe definitivamente, dopo essere già stata messa fortemente in crisi dalla mancata scoperta di tutta una serie di pretesi "anelli mancanti"; e tutti i nostri libri di testo, tutti i saggi scientifici e le riviste specialistiche dovrebbero subire una radicale revisione.
Ora, la domanda è: possiede un tale coraggio, un tale rigore morale, l'odierna cultura accademica?

http://www.edicolaweb.net/dime119a.htm


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MessaggioInviato: 31/10/2011, 07:36 
certo che leggere "ciò avviene perché la scienza non può rimettere ogni volta in dubbio le proprie acquisizioni, ricominciando sempre daccapo, perché, in questo modo, essa non avanzerebbe mai" fa venire da piangere [8)] [|)]


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MessaggioInviato: 03/09/2012, 00:40 
RITROVATO UN CERVELLO PERFETTAMENTE CONSERVATO DI OLTRE 2.500 ANNI

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L'organismo di un essere vivente tende a degradarsi molto velocemente dopo la sua morte, in particolare i tessuti molli che compongono gli organi interni. E' stata quindi una grande sorpresa scoprire un cervello perfettamente conservato all'interno di un cranio umano risalente a 2.684 anni fa.

Il cervello, dalla consistenza simile a quella del tofu, è stato scoperto l'anno scorso nel sito archeologico di Heslington, nello Yorkshire, Gran Bretagna, ed appartiene ad una persona vissuta oltre 2.500 anni fa.

In quel periodo, Heslington ospitava un insediamento permanente che ha prodotto numerosi artefatti e testimonianze della loro attività nell'arco di quasi 1.000 anni, compresi anche crani umani, probabilmente il risultato di sacrifici umani o omicidi rituali.

Lo stato di conservazione del cervello di Heslington lasciano pensare che sia il più antico cervello conservato mai scoperto in Europa o in Asia, e probabilmente il meglio preservato al mondo.

Il cranio, completo di mandibola, conteneva porzioni del cervello ancora ben riconoscibili per forma e struttura. Anche se le caratteristiche superficiali del cervello sono ben conservate, le cellule che lo compongono sono ormai morte da tempo, e non è possibile ricostruire la storia istologica dell'organo.

Il cranio sembra essere appartenuto ad un uomo adulto sulla trentina, ed è stato trovato separato dal resto del corpo, di fianco al cranio di un cervo.

Le cause della morte sono ancora da stabilire, ma i danni riscontrati alle vertebre del collo lasciano supporre che il decesso sia stato dovuto a impiccagione e decapitazione.

La presunta causa della morte e il successivo trattamento del cadavere sono elementi che generalmente impediscono una buona conservazione dei tessuti molli. La separazione della testa dal corpo, infatti, è un elemento che favorisce l'azione dei batteri che causano infezioni e danno inizio al processo di decomposizione.

Ciò che ha contribuito a preservare il cervello in buono stato è il fatto che la testa mozzata è stata posta quasi immediatamente in un fossa piena d'acqua e priva di ossigeno. Altre parti del corpo potrebbero non essersi conservate così bene, ma le proprietà fisiche dei tessuti che compongono il cervello hanno fatto in modo da mantenerlo quasi intatto nella sua struttura esterna.

Anche se per lo più intatto, il cervello si è ridotto al 20% delle sue dimensioni originali. L'analisi forense ha stabilito che potrebbe essere appartenuto ad un uomo tra i 26 e i 45 anni d'età, morto per impiccagione e successivamente decapitato da una lama corta molto tagliente, in modo quasi chirurgico.

La consistenza dell'organo, descritta come "simile al tofu", è probabilmente il risultato della sostituzione parziale della materia cerebrale con un idrocarburo non ancora identificato. Dopo la morte, il cervello tende a liquefarsi molto velocemente (se non trattato con agenti chimici), anche se posto in ambienti a bassa temperatura.

Parte del meccanismo di conservazione del cervello di Heslington è ancora sconosciuto, e i ricercatori prevedono di poter ottenere qualche risposta dai risultati della sepoltura di teste di maiale, esperimento in corso di svolgimento alla University of York.

http://www.antikitera.net/news.asp?id=11889&T=2


Ultima modifica di vimana131 il 03/09/2012, 00:40, modificato 1 volta in totale.

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 Oggetto del messaggio: Re: Trovati resti di dinosauri ma con tessuto molle
MessaggioInviato: 09/06/2021, 21:47 
Trovato il corpo molle di una lumaca di 99 milioni di anni fa fossilizzato nell’ambra: la scoperta estremamente rara in Myanmar [FOTO]
"In un pezzo di ambra del Cretaceo nel Myanmar, abbiamo scoperto il corpo e il guscio di una lumaca di terra femmina eccezionalmente ben conservata poco dopo la nascita della sua prole"

Immagine

Le lumache di terra vengono solitamente conservate come gusci di lumaca fossilizzati o impronte, mentre la conservazione dei loro corpi molli e’ estremamente rara. Nonostante questo, in Myanmar è stato ritrovato il corpo molle di una lumaca di terra del Cretaceo fossilizzato nell’ambra. A rendere ancora più eccezionale la scoperta, il fatto che siano fossilizzati anche i suoi cinque piccoli appena nati (vedi foto della gallery scorrevole in alto). Il ritrovamento e lo studio, pubblicato su Science Direct, sono stati realizzati dall’Istituto di Ricerca Senckenberg e dal Museo di Storia Naturale di Francoforte e dal Museo di Storia Naturale del Burgergemeinde di Berna.

Secondo lo studio, il fossile, ritrovato in una miniera di ambra nel Nord del Myanmar, offre informazioni senza precedenti sull’ecologia e sul comportamento delle lumache vissute 99 milioni di anni fa. I ricercatori hanno esaminato l’ambra utilizzando fotografie ad alta risoluzione e immagini di tomografia al computer. La Dott.ssa Adrienne Jochum, prima autrice dello studio, è stata in grado di rivelare il guscio della lumaca, che e’ alto circa 11 millimetri, e il corpo “simile a un marshmallow” della madre cosi’ come quelli dei cinque piccoli appena nati.

“In un pezzo di ambra del Cretaceo nel Myanmar, abbiamo scoperto il corpo e il guscio di una lumaca di terra femmina eccezionalmente ben conservata poco dopo la nascita della sua prole, anch’essa conservata nell’ambra”, spiega Jochum. “Le lumache sono state apparentemente racchiuse nella resina dell’albero subito dopo la nascita e conservate in quella posizione per milioni di anni. La lumaca madre deve aver notato il suo destino imminente e sta allungando i suoi tentacoli in una posizione di ‘allerta rossa'”, aggiunge Jochum. “Proprio come i loro parenti moderni del genere Cyclophoroidea, la nostra lumaca appena scoperta probabilmente ha trascorso la sua vita in modo poco appariscente, su foglie morte e in decomposizione. Partiamo dal presupposto che i giovani di questa specie, rispetto alle lumache che depongono le uova, fossero piu’ piccoli e in numero inferiore per aumentare le loro possibilita’ di sopravvivenza“, spiega Jochum.

“Sulla base della scoperta, non solo possiamo fare affermazioni sulla morfologia e la paleoecologia degli animali, ma ora sappiamo anche che le lumache vivipare esistevano nel periodo Cretaceo”, conclude l’esperta.


http://www.meteoweb.eu/2021/06/trovato- ... a/1695714/


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