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Grigio
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 Oggetto del messaggio: La "theory U" : dove vogliono andare a parare?
MessaggioInviato: 14/10/2011, 23:55 
Più nel mondo si affermano modelli comportamentali che si traducono nello sfruttamento e nella sopraffazione, più si levano voci che si ispirano a tecniche zen, pratiche di meditazione ecc. anche nel mondo manageriale ed organizzativo e il modello di un manager carismatico come il compianto Steve Jobs ne è la dimostrazione.
Avevo un google alert sulla teoria delal complessità e mi è arrivato un link su una società SOL, già l'acronimo è tutto un programma. Andando un po' random sul sito mi sono imbattuta nella cosiddetta U theory. http://www.oneweb.biz/it/articoli/2011/ ... ima-parte/

Anche qui l'uso di simboli non è mai casuale. Bello, affascinante ma dove vogliono andare a parare? Non è che stiamo costruendo nuovi miti e religioni? In altre sezioni, stiamo parlando di misticismo ma non è che lo stiamo mettendo anche in settori in cui non si immaginerebbe di trovarlo. Sarà un'evoluzione in senso mistico o una mistificazione dell'evoluzione? Il New Age che entra anche nel mondo del management? Un modo come un altro per vendere aria fritta?

Buona lettura.
La “Theory U” e la rivoluzione necessaria (prima parte)

maggio 2, 2011 · Posted in Articoli

Spesso parliamo di Organizzazione Evolutiva (OE) come di quell’organizzazione capace di r-innovare costantemente il proprio modo di operare in funzione del continuo e accelerato variare delle condizioni di contesto. L’OE è quell’organizzazione che ha integrato nella propria cultura, nei propri processi e nelle attività quotidiane momenti specifici e istituzionalizzati legati al miglioramento continuo e all’apprendimento. Tuttavia, per generare innovazione vera ciò non basta. E’ necessario attivare contesti e modalità in cui sia possibile innovare, sognare futuri possibili, immaginare nuovi scenari e – come dice Otto Scharmer – “imparare dal futuro che emerge”. Con questa consapevolezza, in questo e in successivi articoli illustreremo un approccio innovativo all’apprendimento e all’evoluzione organizzativa che integra in un’unica teoria aspetti sistemici, pratiche di Mindfulness (consapevolezza) unitamente ad altre pratiche ad approccio umanistico e transpersonale.

La “Theory U” di Otto Scharmer (professore al MIT di Boston e fondatore del Presencing Institute) presenta contenuti coraggiosi e appassionanti tali da renderla la punta più avanzata nel vasto paniere di approcci e conoscenza riconducibili al contesto dell’Organizational Learning.

La Teoria U propone un capovolgimento di paradigma; secondo la visione tradizionale dell’apprendimento, esso procede principalmente attraverso cicli di azione e riflessione su esperienze passate che producono nuove azioni future, possibilmente più efficaci di quelle passate. In questa visione, l’apprendimento procede dal passato verso il futuro.

Accanto a tale modalità consueta, si fa strada una nuova teoria – indicata da Scharmer e da altri – tra cui l’economista Brian W. Arthur grande esperto di complessità – che suggerisce non un apprendimento dal passato bensì dal futuro, ovvero da un “futuro che non è ancora accaduto e che vuole emergere”.

Una delle molteplici sfaccettature della Teoria U si riferisce proprio a questa possibilità di accedere a una più profonda (o elevata) conoscenza che nasce dalla capacità di connetterci al “campo di coscienza collettiva” in cui siamo immersi.

Johann Wolfgang Goethe – grande uomo di scienza oltre che di letteratura – riferisce nei suoi scritti di botanica che, mediante l’esperienza, sviluppò un particolare sistema di indagine e di studio delle piante. Mantenendo uno stato di osservazione profonda e contemplativa, si accorse che accedeva a una conoscenza intuitiva più vasta che chiamò urpflanze ovvero “forma archetipica”. Rilevò che era come se si producesse un riorientamento dell’attenzione dal dettaglio all’intero sistema, dal frammento all’unità. Tale approccio – reso fruibile in contesti più ampi – offre nuove possibilità percettive utili nei più vari ambiti, tra cui quello organizzativo, come già sperimentato e testimoniato dallo stesso Scharmer e da un sempre più folto movimento di leader e professionisti di tutto il mondo.

Il biologo Rupert Sheldrake indica l’esistenza di una “mente estesa” il cui confine è molto più ampio di quanto saremmo portati a immaginare. Sheldrake illustra l’esistenza di un campo di coscienza sistemica che chiama “campo morfogenetico” o anche knowing field a cui è possibile accedere mediante l’opportuno stato di coscienza.

Il punto cieco dell’uomo, per Otto Scharmer, è proprio la fonte interiore da cui trae origine la sua attenzione, quella dimensione della coscienza che può raggiungere una diversa profondità in base alla quale può connettersi poi a livelli di conoscenza più vasti come quelli sopra descritti.

Per descrivere la struttura dell’attenzione, come la chiama Scharmer, possiamo proporre un’analogia con l’ambito artistico .

Nell’osservare il lavoro artistico di un pittore, possiamo focalizzare l’attenzione su tre livelli diversi:
1.sul risultato del suo processo creativo, ovvero il quadro, dopo che è stato dipinto;
2.sul processo del dipingere, ovvero ciò che accade durante;
3.sulla tela bianca di fronte all’artista, ovvero la situazione precedente a qualsiasi azione, condizione necessaria affinché il seguito si realizzasse.

Il medesimo approccio costituisce un’utile lettura ai processi di leadership. Vi sono molti testi che affrontano l’aspetto più visibile e tangibile della leadership e che descrivono i comportamenti che i leader mettono in atto. Altri, si focalizzano sul processo della leadership e del divenire leader, esplorando le modalità con cui la leadership viene sviluppata ed esercitata. Pochi testi affrontano il tema dello stato interiore da cui la leadership origina. In altre parole: non è “quello” che i leader fanno a costituire la differenza quanto lo “spazio interiore” a partire dal quale operano, ovvero la fonte da cui le loro azioni traggono forza.

I leader di maggior efficacia e lungimiranza operano a partire da un differente spazio interiore che li porta a contatto con una dimensione più elevata di comprensione, intuizione e influenza. Tali considerazioni emergono da un’approfondita ricerca sui più influenti leader nel panorama internazionale, condotto dallo stesso Scharmer.

Secondo la Teoria U vi sono quattro livelli che compongono ciò che Scharmer chiama “la struttura della nostra attenzione”. Tali livelli, sono le fonti da cui traggono origine le nostre azioni. Essi sono rappresentati nella scheda seguente (alcuni testi vengono mantenuti in lingua originale per non alterarne il significato).



Livello-

—–Descrizione

Tipologia di risposta



I-IN-ME

Percepisco il mondo sulla base dei miei modelli passati, condizionamenti e filtri mentali.

Corrisponde un mero download di schemi e copioni consolidati, che non permette di accedere al nuovo.



I-IN-IT

Percepisco il mondo con i miei sensi e la mia mente aperta e disponibile al nuovo (Open Mind).

Corrisponde al prestare attenzione ai dati che si presentano come nuovi ed eventualmente discordanti rispetto al conosciuto.



I-IN-YOU

Percepisco il mondo sulla base di una connessione più profonda che parte dallo spazio dell’ascolto empatico (Open Heart).

C’è un primo importante shift di attenzione dai processi cognitivo-razionali a quelli empatici che permettono la reale sintonizzazione con l’altro e l’ascolto da uno spazio di profonda connessione: è l’intelligenza del cuore. Vediamo il mondo con gli occhi dell’altro.



I-IN-NOW

Percepisco il mondo dalla profondità del mio essere e mi connetto all’ordine implicito delle cose (Open Will).

Corrisponde a una sensazione difficilmente descrivibile a parole: una connessione con qualcosa di più vasto, che emerge dall’ordine implicito del sistema. E’ uno stato trasformativo riconoscibile dal fatto che al termine non sarà più possibile percepirsi nello stesso modo.


Questi tre movimenti, o shift, da una condizione di coscienza all’altra sono la vera chiave dell’intero processo denominato Teoria U.

…Continua.

Lorenzo Campese



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