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MessaggioInviato: 31/05/2013, 23:27 
L'UNIVERSO E' UN OLOGRAMMA

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Le teorie di Aspect, Bohm, Pribram sulla nuova fisica scuotono i principi della scienza tradizionale: dalle particelle subatomiche alle galassie giganti, tutto è parte infinitesimale e totalità di "Tutto".

.Nel 1982 un'équipe di ricerca dell'Università di Parigi, diretta dal fisico Alain Aspect, condusse forse il più importante esperimento del 20º secolo. Aspect ed il suo team scoprirono che, sottoponendo a determinate condizioni delle particelle subatomiche come gli elettroni, esse sono capaci di comunicare istantaneamente una con l'altra indipendentemente dalla distanza che le separa, sia che si tratti di 10 metri o di 10 miliardi di chilometri. Come se ogni singola particella sappia esattamente cosa stiano facendo tutte le altre.
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Un fenomeno che può essere spiegato solo in due modi: o la teoria di Einstein - che esclude la possibilità di comunicazioni più veloci della luce - è da considerarsi errata, oppure le particelle subatomiche sono connesse non-localmente.
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La maggior parte dei fisici nega la possibilità di fenomeni che oltrepassino la velocità della luce, ma l'esperimento di Aspect rivoluziona il postulato, provando che il legame tra le particelle subatomiche è effettivamente di tipo non-locale. David Bohm, celebre fisico dell'Università di Londra recentemente scomparso, sosteneva che le scoperte di Aspect implicassero la non-esistenza della realtà oggettiva. Vale a dire che, nonostante la sua apparente solidità, l'Universo è in realtà un fantasma, un ologramma gigantesco e splendidamente dettagliato.

OLOGRAMMI, LA PARTE, IL TUTTO

Per capire la sbalorditiva affermazione di Bohm gettiamo uno sguardo alla natura degli ologrammi. Un ologramma è una fotografia tridimensionale prodotta con l'aiuto di un laser: l'oggetto da fotografare viene prima immerso nella luce di un raggio laser, poi un secondo raggio laser viene fatto rimbalzare sulla luce riflessa del primo e lo schema risultante dalla zona di interferenza dove i due raggi si incontrano viene impresso sulla pellicola fotografica. Quando la pellicola viene sviluppata risulta visibile solo un intrico di linee chiare e scure ma, illuminata da un altro raggio laser, ecco apparire il soggetto originale. La tridimensionalità non è l'unica caratteristica interessante degli ologrammi: se l'ologramma di una rosa viene tagliato a metà e poi illuminato da un laser, si scopre che ciascuna metà contiene ancora l'intera immagine della rosa. Anche continuando a dividere le due metà, vedremo che ogni minuscolo frammento di pellicola conterrà sempre una versione più piccola, ma intatta, della stessa immagine.

Diversamenete dalle normali fotografie, ogni parte di un ologramma contiene tutte le informazioni possedute dall'ologramma integro. Si schiude così una nuova comprensione dei concetti di organizzazione e di ordine.

LA RANA, L'ATOMO, LA ROSA

Per quasi tutto il suo corso la scienza occidentale ha agito sotto il preconcetto che il modo migliore di capire un fenomeno fisico, che si trattasse di una rana o di un atomo, era quello di sezionarlo e di studiarne le varie parti. Gli ologrammi ci insegnano che alcuni fenomeni possono esulare da tale approccio. Bohm lo intuì, aprendo una strada alla comprensione della scoperta del professor Aspect.

Per Bohm il motivo per cui le particelle subatomiche restano in contatto indipendentemente dalla distanza che le separa risiede nel fatto che la loro separazione è un'illusione. Era infatti convinto che, ad un livello di realtà più profondo, tali particelle non sono entità individuali, ma estensioni di uno stesso "organismo" fondamentale. Bohm semplificava con un esempio: immaginate un acquario contenente un pesce. Immaginate che l'acquario non sia visibile direttamente, ma solo attraverso due telecamere, una posizionata frontalmente e l'altra lateralmente rispetto all'acquario.

Guardando i due monitor televisivi possiamo pensare che i pesci siano due entità separate, la differente posizione delle telecamere ci darà infatti due immagini lievemente diverse. Ma, continuando ad osservare i due pesci, alla fine ci accorgeremo che vi è un certo legame tra loro: quando uno si gira, anche l'altro si girerà; quando uno guarda di fronte a sé, l'altro guarderà lateralmente. Essendo all'oscuro dello scopo reale dell'esperimento, potremmo credere che i due pesci comunichino tra loro, istantaneamente e misteriosamente. Secondo Bohm il comportamento delle particelle subatomiche indica che esiste un livello di realtà del quale non siamo consapevoli, una dimensione che oltrepassa la nostra. Se le particelle subatomiche ci appaiono separate è perché siamo capaci di vedere solo una porzione della loro realtà, esse non sono "parti" separate bensì sfaccettature di un'unità più profonda e basilare, che risulta infine altrettanto olografica ed indivisibile quanto la nostra rosa. E poiché ogni cosa nella realtà fisica è costituita da queste "immagini", ne consegue che l'Universo stesso è una proiezione, un ologramma.

IL MAGAZZINO COSMICO

Oltre alla sua natura illusoria, questo universo avrebbe altre caratteristiche stupefacenti: se la separazione tra le particelle subatomiche è solo apparente, ciò significa che, ad un livello più profondo, tutte le cose sono infinitamente collegate. Gli elettroni di un atomo di carbonio del cervello umano sono connessi alle particelle subatomiche che costituiscono ogni salmone che nuota, ogni cuore che batte ed ogni stella che brilla nel cielo. Tutto compenetra tutto. Sebbene la natura umana cerchi di categorizzare, classificare e suddividere i vari fenomeni, ogni suddivisione risulta necessariamente artificiale e tutta la natura non è altro che una immensa rete ininterrotta.


In un universo olografico persino il tempo e lo spazio non sarebbero più dei principi fondamentali. Concetti come la località vengono infranti in un universo dove nulla è veramente separato dal resto, sicché anche il tempo e lo spazio tridimensionale (come le immagini del pesce sui monitor TV) dovrebbero venire interpretati come semplici proiezioni di un sistema più complesso. Al suo livello più profondo la realtà non è altro che una sorta di super-ologramma dove il passato, il presente ed il futuro coesistono simultaneamente. Disponendo degli strumenti appropriati un giorno potremmo spingerci entro quel livello della realtà e cogliere delle scene del nostro passato da lungo tempo dimenticato. Cos'altro possa contenere il super-ologramma resta una domanda senza risposta. In via ipotetica, ammettendo che esso esista, dovrebbe contenere ogni singola particella subatomica che sia, che sia stata e che sarà, nonché ogni possibile configurazione di materia ed energia: dai fiocchi di neve alle stelle, dalle balene ai raggi gamma. Dovremmo immaginarlo come una sorta di magazzino cosmico di Tutto-ciò-che-Esiste. Bohm si era addirittura spinto a supporre che il livello super-olografico della realtà potrebbe non essere altro che un semplice stadio intermedio oltre il quale si celerebbe un'infinità di ulteriori sviluppi.


Poichè il termine ologramma si riferisce di solito ad una immagine statica che non coincide con la natura dinamica e perennemente attiva del nostro universo, Bohm preferiva descrivere l'Universo col termine "olomovimento". Affermare che ogni singola parte di una pellicola olografica contiene tutte le informazioni in possesso della pellicola integra significa semplicemente dire che l'informazione è distribuita non-localmente. Se è vero che l'Universo è organizzato secondo principi olografici, si suppone che anch'esso abbia delle proprietà non-locali e quindi ogni particella esistente contiene in se stessa l'immagine intera. Dato il presupposto, tutte le manifestazioni della vita provengono da un'unica fonte di causalità che include ogni atomo dell'Universo. Dalle particelle subatomiche alle galassie giganti, tutto è allo stesso tempo parte infinitesimale e totalità di "tutto".

MILIARDI DI INFORMAZIONI

Lavorando nel campo della ricerca sulle funzioni cerebrali, anche il neurofisiologo Karl Pribram, dell'Università di Stanford, si è convinto della natura olografica della realtà. Numerosi studi, condotti sui ratti negli anni '20, avevano dimostrato che i ricordi non risultano confinati in determinate zone del cervello: dagli esperimenti nessuno però riusciva a spiegare quale meccanismo consentisse al cervello di conservare i ricordi, fin quando Pribram non applicò a questo campo i concetti dell'olografia. Egli ritiene che i ricordi non siano immagazzinati nei neuroni o in piccoli gruppi di neuroni, ma negli schemi degli impulsi nervosi che si intersecano attraverso tutto il cervello, proprio come gli schemi dei raggi laser che si intersecano su tutta l'area del frammento di pellicola che contiene l'immagine olografica.

Quindi il cervello stesso funziona come un ologramma e la teoria di Pribram spiegherebbe come il cervello riesca a contenere una tale quantità di ricordi in uno spazio così limitato. Quello umano può immagazzinare circa 10 miliardi di informazioni, durante la durata media di vita (approssimativamente l'equivalente di cinque edizioni dell'Enciclopedia Treccani!). Di converso, si è scoperto che gli ologrammi possiedono una sorprendente possibilità di memorizzazione, infatti semplicemente cambiando l'angolazione con cui due raggi laser colpiscono una pellicola fotografica, si possono accumulare miliardi di informazioni in un solo centimetro cubico di spazio.

...MA ANCHE DI IDEE

La nostra stupefacente capacità di recuperare velocemente una qualsivoglia informazione dall'enorme magazzino cerebrale risulta spiegabile più facilmente, supponendone un funzionamento secondo principi olografici. Inutile, quindi, scartabellare nei meandri di un gigantesco archivio alfabetico cerebrale, perché ogni frammento di informazione sembra essere sempre istantaneamente correlato a tutti gli altri: si tratta forse del massimo esempio in natura di un sistema a correlazione incrociata. Nell'ipotesi di Pribram si analizza la capacità del cervello di tradurre la valanga di frequenze luminose, sonore, ecc. ricevute tramite i sensi, nel mondo concreto delle percezioni. Codificare e decodificare frequenze è esattamente quello che un ologramma sa fare meglio, fungendo da strumento di traduzione per convertire un ammasso di frequenze prive di significato in una immagine coerente: il cervello usa gli stessi principi olografici per convertire matematicamente le frequenze ricevute in percezioni interiori.

Vi è una impressionante quantità di dati scientifici a conferma della teoria di Pribram, ormai condivisa da molti altri neurofisiologi. Il ricercatore italo-argentino Hugo Zucarelli ha applicato il modello olografico ai fenomeni acustici, incuriosito dal fatto che gli umani possono localizzare la fonte di un suono senza girare la testa, pur sordi da un orecchio. Ne risulta che ciascuno dei nostri sensi è sensibile ad una varietà di frequenze molto più ampia. Ad esempio: il nostro sistema visivo è sensibile alle frequenze sonore, il nostro olfatto percepisce anche le cosiddette "frequenze osmiche" e persino le cellule biologiche sono sensibili ad una vasta gamma di frequenze. Tali scoperte suggeriscono che è solo nel dominio olografico della coscienza che tali frequenze possono venire vagliate e suddivise.

Ma l'aspetto più sbalorditivo del modello cerebrale olografico di Pribram è ciò che risulta unendolo alla teoria di Bohm. Se la concretezza del mondo non è altro che una realtà secondaria e ciò che esiste non è altro che un turbine olografico di frequenze e se persino il cervello è solo un ologramma che seleziona alcune di queste frequenze trasformandole in percezioni sensoriali, cosa resta della realtà oggettiva? In parole povere: non esiste. Come sostenuto dalle religioni e dalle filosofie orientali, il mondo materiale è una illusione. Noi stessi pensiamo di essere entità fisiche che si muovono in un mondo fisico, ma tutto questo è pura illusione. In realtà siamo una sorta di "ricevitori" che galleggiano in un caleidoscopico mare di frequenze e ciò che ne estraiamo lo trasformiamo magicamente in realtà fisica: uno dei miliardi di "mondi" esistenti nel super-ologramma.

Questo impressionante nuovo concetto di realtà è stato battezzato "paradigma olografico" e sebbene diversi scienziati lo abbiano accolto con scetticismo, ha entusiasmato molti altri. Un piccolo, ma crescente, gruppo di ricercatori è convinto si tratti del più accurato modello di realtà finora raggiunto dalla scienza. In un Universo in cui le menti individuali sono in effetti porzioni indivisibili di un ologramma e tutto è infinitamente interconnesso, i cosiddetti "stati alterati di coscienza" potrebbero semplicemente essere il passaggio ad un livello olografico più elevato. Se la mente è effettivamente parte di un continuum, di un labirinto collegato non solo ad ogni altra mente esistente o esistita, ma anche ad ogni atomo, organismo o zona nella vastità dello spazio, ed al tempo stesso, il fatto che essa sia capace di fare delle incursioni in questo labirinto e di farci sperimentare delle esperienze extracorporee, non sembra più così strano.

COSCIENZA E VISUALIZAZZIONE

Il paradigma olografico presenta implicazioni anche nelle cosiddette scienze pure, come la biologia. Keith Floyd, uno psicologo del Virginia Intermont College, ha sottolineato il fatto che se la concretezza della realtà non è altro che una illusione olografica, non potremmo più affermare che la mente crea la coscienza (cogito ergo sum). Al contrario, sarebbe la coscienza a creare l'illusoria sensazione di un cervello, di un corpo e di qualunque altro oggetto ci circondi che noi interpretiamo come "fisico".

Una tale rivoluzione nel nostro modo di studiare le strutture biologiche spinge i ricercatori ad affermare che anche la medicina e tutto ciò che sappiamo del processo di guarigione verrebbero trasformati dal paradigma olografico. Infatti, se l'apparente struttura fisica del corpo non è altro che una proiezione olografica della coscienza, risulta chiaro che ognuno di noi è molto più responsabile della propria salute di quanto riconoscano le attuali conoscenze nel campo della medicina. Quelle che noi ora consideriamo guarigioni miracolose potrebbero in realtà essere dovute ad un mutamento dello stato di coscienza che provochi dei cambiamenti nell'ologramma corporeo. Allo stesso modo, potrebbe darsi che alcune controverse tecniche di guarigione alternative come la "visualizzazione" risultino così efficaci perché nel dominio olografico del pensiero le immagini sono in fondo reali quanto la "realtà".

IL MONDO E' UNA TELA BIANCA

Perfino le visioni ed altre esperienze di realtà non ordinaria possono venire facilmente spiegate se accettiamo l'ipotesi di un universo olografico. Nel suo libro "Gifts of Unknown Things", il biologo Lyall Watson descrive il suo incontro con una sciamana indonesiana che, eseguendo una danza rituale, era capace di far svanire istantaneamente un intero boschetto di alberi. Watson riferisce che mentre lui ed un altro attonito osservatore continuavano a guardare, la donna fece velocemente riapparire e scomparire gli alberi diverse volte. Sebbene le conoscenze scientifiche attuali non ci permettano di spiegarle, esperienze come queste diventano più plausibili qualora si ammetta la natura olografica della realtà.

In un universo olografico non vi sono limiti all'entità dei cambiamenti che possiamo apportare alla sostanza della realtà, perché ciò che percepiamo come realtà è soltanto una tela in attesa che noi vi si dipinga sopra qualunque immagine vogliamo. Tutto diviene possibile, dal piegare cucchiai col potere della mente, ai fantasmagorici eventi vissuti da Carlos Castaneda durante i suoi incontri con Don Juan, lo sciamano Yaqui. Nulla di più, né meno, miracoloso della capacità che abbiamo di plasmare la realtà a nostro piacimento durante i sogni. E le nostre convinzioni fondamentali dovranno essere riviste alla luce della teoria olografica della realtà.

http://noiegliextraterrestri.blogspot.i ... digma.html



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MessaggioInviato: 29/06/2013, 00:17 
LA GRAVITA' OLOGRAFICA

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FUTURO – La gravità è la più misteriosa delle forze della natura. Da un secolo i fisici teorici ne sono ossessionati, a partire da Einstein, che per primo ne capì la relazione con la geometria. Intere generazioni di scienziati hanno speso la loro vita cercando di riconciliare i due cardini della fisica del secolo scorso: gravità e meccanica quantistica. Negli ultimi anni, grazie alle intuizioni di Leonard Susskind e del premio Nobel Gerard ‘t Hooft, sembra finalmente di avere imboccato la strada giusta, ma per percorrerla bisogna abbandonare la nostra intuizione e abbracciare una nuova visione dell’universo. Si tratta del concetto di olografia. Il primo esempio concreto di sistema olografico, basato sulla teoria delle stringhe, è stato costruito nel 1997 da Juan Maldacena. Ma alcuni ricercatori hanno recentemente scoperto che l’olografia sembra molto più generale della teoria delle stringhe e, forse, siamo finalmente vicini a crackare il codice segreto della gravità. Tenendo le dita incrociate, OS ha intervistato Rajesh Gopakumar, un fisico indiano tra i pionieri di queste nuove scoperte…

Che cos’è l’olografia?

Si tratta di un concetto radicalmente nuovo nel nostro sforzo di descrivere la realtà fisica in termini matematici. Tradizionalmente, la descrizione dei fenomeni fisici ha spesso portato all’introduzione di nuove entità che a volte non sono visibili a occhio nudo: penso all’atomo, ai campi elettromagnetici, ai quark, e così via. Ma tutte queste entità sono situate comunque e sempre all’interno dello stesso spazio-tempo in cui si trova il fenomeno che esse vogliono descrivere. Anche se non vediamo direttamente le onde radio, queste riempiono lo spazio tutto intorno a noi. Attraverso l’olografia, al contrario, ci proponiamo di descrivere la gravità, nel suo regime quantistico, usando degli oggetti che vivono in uno spazio completamente diverso dal nostro spaziotempo. Questo nuovo spazio “olografico” è talmente diverso da quello in cui viviamo da avere una dimensione in meno: solo due invece delle solite tre direzioni spaziali.

Che cosa stiamo imparando di nuovo sulla gravità grazie all’olografia?

Sappiamo da tempo che la gravità è qualitativamente diversa dalle altre forze della natura. È universamente attrattiva (a differenza della forza elettrica, dove due cariche dello stesso segno si respingono) e descrive la geometria stessa dello spaziotempo. Ma l’olografia ci racconta una storia radicalmente diversa: i gradi di libertà necessari per descrivere la gravità sono molti di meno di quelli che appaiono. Sono talmente pochi, che per descrivere uno spazio tridimensionale ci basta uno schermo bidimensionale. La chiave per capire questo fenomeno ci viene dallo studio dei buchi neri. L’entropia di un buco nero è pari all’area dell’orizzonte degli eventi (che è bidimensionale) e non al volume racchiuso (che è tridimensionale). Entropia è il nome che diamo in fisica al numero di gradi di libertà di un sistema: ovvero l’informazione in esso contenuta. Dunque i gradi di libertà di un buco nero stanno tutti sulla superficie del suo orizzonte degli eventi. Questo fatto straordinario, scoperto da Stephen Hawking e Jacob Bekenstein, è stato il primo indizio che la gravità ha una natura olografica.

Nella comunità dei fisici teorici, fino a ora si credeva che l’olografia fosse intimamente legata teoria delle stringhe. Ma recentemente tu e altri colleghi avete scoperto che si tratta di un concetto molto più generale…

Ci è chiaro ormai che si tratta di un concetto più fondamentale della stessa teoria delle stringhe. Insieme al mio collega Matthias Gaberdiel, ho recentemente studiato l’olografia in una teoria che è molto più semplice della teoria delle stringhe, e allo stesso tempo molto più complicata della teoria della relatività generale di Einstein (che descrive la gravità a distanze macroscopiche): una sorta di via di mezzo tra le due teorie, che si chiama “teoria di spin elevati.”

Da anni il tuo scopo ultimo è di andare all’attacco dell’olografia per carpirne le leggi fondamentali e scoprire il più semplice sistema olografico e decifrarne il “dizionario.” La tua ricerca ha dato buoni frutti?

Credo di sì: il più semplice sistema olografico, che contiene la gravità, è la “teoria di spin elevato” a cui accennavo prima. Lungo la strada però ho scoperto degli altri esempi più semplici, in cui non c’è la gravità, ma che come dei piccoli giocattoli ci permettono di definire in modo preciso cosa intendiamo per olografia, una volta che l’abbiamo ridotta all’osso. Usando questi semplici modelli, che chiamiamo in gergo “stringhe topologiche,” possiamo isolare certi aspetti dell’olografia uno per volta, senza dover risolvere il problema in un colpo solo.

Tutti gli esempi concreti di sistemi olografici finora costruiti si basano sulla presenza di una costante cosmologica negativa.Tuttavia, le misure astrofisiche ci hanno mostrato che il nostro universo possiede una costante cosmologica molto piccola, ma di segno positivo…

Senza dubbio. Nella letteratura ci sono varie proposte di sistemi olografici con costante cosmologica positiva, ma finora nessuna spiegazione si è dimostrata adeguata. In molti stanno studiando questo problema, ma credo che ci manchi ancora qualche tassello cruciale per risolvere il mistero

Recentemente, Erik Verlinde ha proposto una nuova teoria, secondo la quale la gravità non sarebbe una forza fondamentale, ma una forza statistica legata all’entropia. Hai trovato conferme di questa nuova idea nel tuo programma olografico?

L’idea di Verlinde è molto stimolante. Partendo da premesse comuni con la visione olografica, rappresenta però un punto di vista molto più radicale sulla natura della gravità. Al momento, non è del tutto chiaro quale sia la relazione tra le due e se sia possibile riconciliarle, si tratta di un problema aperto.

Il principio olografico negli ultimi anni ha cambiato il modo in cui gli scienziati guardano alla teoria delle stringhe. Non si parla più di “teoria del tutto,” ma al contrario ora si usano le stringhe come un nuovo metodo per risolvere problemi di fisica dei materiali o di fisica nucleare. Qual è secondo te lo stato attuale della teoria delle stringhe?

Ormai è chiaro che la teoria delle stringhe è uno scenario che si può adattare a problemi apparentemente diversissimi tra loro. Piuttosto che un candidato per la teoria della gravità quantistica oppure per descrivere la fisica delle particelle oltre il Modello Standard, la teoria delle stringhe rappresenta uno potente strumento di calcolo. Si tratta di una generalizzazione del concetto di teoria quantistica di campo, quest’ultima utilizzata con successo dappertutto in fisica. La teoria di campo venne scoperta nel contesto della fisica delle particelle, ma si capì in seguito che si trattava di un linguaggio universale che poteva essere applicato alla fisica dei superconduttori e dei materiali, alla dinamica dei fluidi e persino alla finanza! La teoria delle stringhe è molto simile: si tratta di uno strumento che può essere utilizzato laddove la teoria di campo non è più valida.

C’è un modo di usare l’olografia per mettere alla prove sperimentale la teoria delle stringhe?

Sono convinto che sia possibile usare l’olografia per testare le stringhe in modo del tutto inaspettato. Sto pensando alle ricerche recenti che cercano di spiegare certi aspetti della fisica dei materiali, nel caso per esempio di elettroni fortemente accoppiati, in termini olografici, usando metodi mutuati dalla fisica gravitazionale. Se questo programma riuscirà a individuare esperimenti specifici con cui testare l’olografia, avremo finalmente una conferma di questa idea rivoluzionaria e, nella migliore delle ipotesi, della stessa teoria delle stringhe.

Stai dicendo che c’è una nuova rivoluzione delle stringhe dietro l’angolo?

Stiamo finalmente mettendo insieme nuovi ingredienti concettuali che ci permetteranno presto di fare un salto di qualità. Campi così complessi come la teoria delle stringhe hanno bisogno di periodi di relativa calma, in cui costruire quelle solide basi che aprano la strada a drammatici “balzi in avanti.” Ho la sensazione che mettendo insieme le varie novità emerse in quest’ultimo periodo e unendo i trattini ci aspetti qualche grossa sorpresa…

http://www.kricio.com/rivoluzione-scientifica.html



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MessaggioInviato: 29/06/2013, 00:28 
Cita:
Questo nuovo spazio “olografico” è talmente diverso da quello in cui viviamo da avere una dimensione in meno: solo due invece delle solite tre direzioni spaziali.


Stiamo per accedere alla scheda di memoria che ci contiene, e quindi uscendo dalla simulazione virtuale che determina il nostro universo... La.rivolta dei sims... stiamo per trovare la.porta del XIII piano?



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MessaggioInviato: 29/06/2013, 00:30 
E chissà cosa troveremo dall'altra parte... [;)]



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MessaggioInviato: 29/06/2013, 00:53 
Noi stessi, uomini, o magari un nerd sudaticcio che gioca davanti un super pc quantistico... :) o post umani che probabilmente avranno abbandonato le limitazioni date dalla biologia diventando una rete di cervelli... O semplicemente niente... Chissà se vivremo abbastanza per saperlo...


Ultima modifica di MaxpoweR il 29/06/2013, 00:55, modificato 1 volta in totale.


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Riporto qui l'articolo di Giuliana Conforto postato da Sanje in un altro thread, ovvero qui http://www.ufoforum.it/topic.asp?TOPIC_ID=15180

CAVERNA PLATONICA RITROVATA

“Confine raggiunto. E Voyager oltrepassa il sistema solare”, riportano i titoli dei quotidiani italiani, ai primi di luglio 2013, parlando della sonda Voyager 1, l’oggetto artificiale più lontano dalla Terra. Leggendo poi l’articolo si scopre che, invece, non è così. E. G. Stone, professore di fisica al California Institute di Pasadena e direttore del progetto dichiara: “potrebbe accadere da un momento all’altro, ma potrebbero volerci anche molti anni.”

Quante volte la NASA ha annunciato di aver superato il “confine” del sistema solare? Nel 2003 la sonda raggiunse l’elioguaina (heliosheat), una regione in cui il vento solare è particolarmente intenso e si pensava che questo fosse il confine, ma non era così. Lo scorso anno 2012, in agosto, Voyager 1 aveva raggiunto una zona chiamata “regione a esaurimento”, una sorta di strato magnetico che sembrava essere il confine. Ancora no, non lo era.

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Nel disegno sono segnati i raggi cosmici galattici che invece non sono stati osservati

L’ultimo annuncio è avvenuto il 27 giugno 2013 e ha dimostrato che i modelli teorici non quadrano con i dati sperimentali.

In 35 anni di attività la Voyager 1 ha percorso una distanza pari a 125 volte la distanza terra-sole, mentre la sonda gemella, la Voyager 2, è di poco più indietro. In giugno 2013, la quantità di raggi cosmici segnalata da entrambe è diminuita progressivamente e, negli ultimi mesi, si era ridotta in modo così drastico, tanto da indurre a credere che questa fosse la volta buona. Tuttavia l’indicatore principale – un cambiamento drastico del campo magnetico solare – non c’è stato e quindi la sonda non è affatto uscita dall’influenza solare.

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Il disegno della NASA secondo gli ultimi dati. Crediti NASA

I commentatori e divulgatori italiani sembrano certi che prima o poi le sonde Voyager raggiungeranno il “confine” e non riportano i risultati della sonda IBEX (Interstellary Boundary Explorer) che lo ha già esplorato, in altri modi, scoprendo uno strano nastro brillante (ribbon) che viene riflesso dal “confine” il quale si comporta come uno specchio magnetico.

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“Ci sembra di esplorare una caverna misteriosa“ diceva Arik Posner, direttore del programma IBEX alla NASA. “Osservando IBEX, ci accorgiamo che il sistema solare è come una candela, le cui luci sono riflesse sulle pareti della caverna e riflesse verso di noi”.

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“I modelli che abbiamo immaginato finora sono tutti sbagliati” ha dichiarato Stomatios Krimigis direttore del Dipartimento Spaziale nel 1991. Il sole produce un plasma di particelle cariche – noto come vento solare – che viaggia a velocità supersoniche fino all’eliosfera, la bolla magnetica che avvolge il sistema solare. Un anno fa Voyager 1 aveva segnalato che il vento solare era diminuito di un fattore 1000. Era stata una riduzione repentina, avvenuta in pochi giorni, mentre i raggi cosmici erano, invece, aumentati notevolmente. Quindi tutti pensavano che Voyager 1 avesse abbandonato l’eliosfera. Invece non era così. Qual’era dunque il problema? È che tutti si aspettavano che nel mezzo interstellare – fuori dall’eliosfera – i raggi cosmici si muovessero in tutte le direzioni. Invece no, provenivano tutti da un’unica direzione preferenziale, il sole. Mentre il vento solare era diminuito drasticamente, il campo magnetico era rimasto intatto, senza la ben che minima variazione. Il fatto difficile da spiegare perché tutti credono che il campo magnetico galattico sia inclinato di 60° rispetto a quello solare. “E’ una grossa sorpresa” dicono gli astronomi credenti nel principio copernicano.

Chi come me preferisce verificare, oggi può scoprire che il “cielo” non soddisfa affatto questo principio. Lo spazio non è vuoto, bensì pieno di plasma che ha struttura cellulare e comportamenti coerenti su vaste scale. Come riporto in Baby Sun Revelation, tale struttura può essere descritta da una geometria frattale - definita da H. Poincaré – che mostra la reale natura dello spazio che ci circonda. E’ una sala di specchi in cui osserviamo infinite immagini e in diverse prospettive di pochi corpi celesti.

La magnetosfera solare – eliosfera – è una caverna reale e niente affatto platonica nel senso usuale del termine. E’ una bolla magnetica dalla quale non si può uscire ed entro la quale si proiettano gli ologrammi che gli astronomi chiamano “stelle” e/o “galassie”, ignorando che sono “ombre” e cioè immagini in 3D. Perciò l’universo osservato è un ologramma, proiettato sulle “pareti” della caverna, cioè i tanti specchi magnetici che compongono l’eliosfera.

La Sorgente del possente campo magnetico potrebbe poi non essere il sole giallo, visibile in cielo, bensì il SOLE NERO al centro della Terra, il buco nero ruotante che muove la sfera celeste e genera i suoi tanti moti. Per comprendere la Sua funzione di MOTORE PRIMO, dobbiamo riconoscere l’esistenza dell’ETERE RUOTANTE che non è mai stato smentito e oggi è ritornato per spiegare fenomeni altrimenti inspiegabili.

http://www.giulianaconforto.it/?page_id ... -ritrovata


Ultima modifica di Atlanticus81 il 12/08/2013, 18:26, modificato 1 volta in totale.


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Leggevo questo articolo nel thread di Sheenky "Oltre il Reale". Apparentemente non c'entra nulla con il discorso di universo olografico...

http://www.ufoforum.it/topic.asp?whichp ... _ID=296979

Ma mi ha fatto nascere la seguente riflessione. Gli archetipi non sono forse un ulteriore elemento comprovante una programmazione comune alla base delle nostre coscienze?

Voglio dire, se tutta l'umanità da sempre riconosce i medesimi archetipi con gli stessi significati a prescindere dalla diversa connotazione culturale delle varie etnie e popoli non può significare che questi simboli siano risultato di un "programma" permeante l'intero universo?

Ovvero l'elaborazione olografica frutto di un software di cui noi facciamo parte.

E' solo una mia riflessione ...

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MessaggioInviato: 21/08/2013, 11:33 
Dire che non centra nulla è esagerato.
La riflessione infatti è corretta.
Gli archetipi alla fine, credo si possa affermare che fanno parte di quello che viene definito inconscio collettivo...che oggi viene visto come "una parte" della teoria dell'universo olografico.


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MessaggioInviato: 17/12/2013, 21:34 
L’Universo è un’illusione

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Gli scienziati avrebbero trovato una prova ancor più evidente, la quale descrive che l’universo in cui viviamo è un’illusione, un ologramma di enormi dimensioni che ha ingannato tutti, andando a conciliare con il rapporto tra teoria della relatività e la fisica quantistica di Einstein. In altre parole, potremmo vivere all’interno di una gigantesca proiezione in 3D, di quello che è in realtà uno spazio bidimensionale, simile ad uno schermo del cinema o un dipinto. Oppure si potrebbe semplicemente immaginare l’esperienza di guardare un oggetto tridimensionale da diverse angolazioni e vederlo cambiar forma a seconda del punto di osservazione. Le nuove simulazioni sperimentali proposte dallo scienziato giapponese Yoshifumi Hyakutake e il suo team, presso l’Università Ibaraki in Giappone, affrontano le energie variabili dei buchi neri scoperti negli universi paralleli. Se ciò fosse confermato potremmo iniziare a sperimentare viaggi spazio-temporali, piegando l’universo su se stesso e passando da un universo all’altro attraverso un ponte temporale.

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In fisica, il ‘principio olografico‘ è una proprietà descritta nella teoria delle stringhe. Rappresenta un volume di spazio cui le informazioni presenti possono essere codificate su un confine di spazio selezionato. Il principio olografico è iniziato con una prima osservazione termodinamica dei buchi neri. Gli scienziati avrebbero notato che il contenuto di tutti gli oggetti, i quali sono stati risucchiati dal buco nero, possono essere visti in un senso scalato. Guardando due monitor televisivi con dentro dei soggetti, possiamo pensare che ciò che viene proiettato siano due entità separate, la differente posizione delle telecamere ci darà infatti due immagini lievemente diverse. Einstein, nella sua teorizzazione collettiva, aveva descritto lo spazio e il tempo come due elementi collegati tra loro, dei quali bisogna calcolare una relazione, misurando la velocità relativa di osservazione dell’uomo. La meccanica quantistica, invece, si occupa del comportamento delle particelle su una scala infinitamente piccola e, quindi, non possono appartenere alla visione di Einstein, per la semplice ragione che è troppo astratto e teorico.

Anche se entrambi soffrono di alcune incongruenze, le teorie di Einstein, per esempio, si sgretolano quando si inserisce il buco nero al centro della teoria, il quale però non è munito ne di tempo ne di spazio, lasciando le due teorie di Einstein staccate tra di loro, fra le quali si dovrebbe trovare una teoria di collegamento, sulla quale gli scienziati stanno lavorando. Il modello di Hyakutake spiega alcune delle incongruenze tra i due grandi modelli, attraverso la ‘teoria delle stringhe‘, fornendo una realizzazione affidabile del principio olografico. In un universo olografico persino il tempo e lo spazio non sarebbero più dei principi fondamentali. Concetti come la località vengono infranti in un universo dove nulla è veramente separato dal resto, sicché anche il tempo e lo spazio tridimensionale (come le immagini sui monitor TV) dovrebbero venire interpretati come semplici proiezioni di un sistema più complesso. Questa teoria, che è ampiamente descritta per spiegare la natura di tutto ciò, ritiene che l’universo è fatto di minuscoli ‘stringhe’ incommensurabili o oggetti unidimensionali che vibrano e oscillano, i quali controllano l’attività di tutta la materia e del tempo.

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Se la concretezza del mondo non è altro che una realtà secondaria e ciò che esiste non è altro che un turbine olografico di frequenze e se persino il cervello è solo un ologramma che seleziona alcune di queste frequenze trasformandole in percezioni sensoriali, cosa resta della realtà oggettiva? In parole povere: non esiste. Come sostenuto dalle religioni e dalle filosofie orientali, il mondo materiale è una illusione. Noi stessi pensiamo di essere entità fisiche che si muovono in un mondo fisico, ma tutto questo è pura illusione. In realtà siamo una sorta di ‘ricevitori’ che galleggiano in un caleidoscopico mare di frequenze e ciò che ne estraiamo lo trasformiamo magicamente in realtà fisica: uno dei miliardi di ‘mondi’ esistenti nel super-ologramma.

La teoria conferma che esistono le stringhe in nove dimensioni di spazio e in una di tempo, ma poiché la loro scala è così difficile da misurare, si dice che progettano la loro attività in uno spazio più semplice: piatto senza gravità di sorta. Questo ha prodotto un mondo senza leggi di gravità. Per promuovere la teoria delle stringhe, Hyakutake ha scritto due articoli: in uno, si misura l’energia interna di un buco nero, in particolare il luogo dove il buco incontra l’universo, noto come ‘l’orizzonte degli eventi‘. Si misura l’attività delle sue proprietà visibili (costituito da particelle visibili) basato sulla teoria delle stringhe e gli effetti delle particelle virtuali, che a volte appaiono e poi scompaiono. Nel secondo articolo, Hyakutake e la sua squadra hanno calcolato la stessa attività ma con dimensioni inferiori (senza gravità), abbinata ai risultati del primo articolo. Ora però, gli scienziati sembrano aver finalmente messo le mani sulla prova matematica che l’universo può essere misurato in base a entrambi gli approcci, uno che coinvolge la gravità e uno che non lo fa. Se sono identici come sembrano, potremo spiegare con una sola teoria quantistica la natura di ogni cosa nell’universo.

Oltre alla natura stessa e a ciò che conosciamo oggi, grazie a queste teorie si potrebbe arrivare a mettere insieme la formula per poter viaggiare nel tempo attraverso i buchi neri stessi, più volte classificati come porte spazio-temporali per gli universi paralleli. Questa idea si è andata a modellare sopratutto negli ultimi anni, dove scienziati, astronomi e ricercatori vari hanno notato uscire da questi buchi neri una luce molto fitta, ma sempre più potente, definita come un messaggio in codice che gli universi paralleli, e quindi i ‘noi’ di un universo parallelo, starebbero eseguendo per comunicare con questo universo, nel quale noi viviamo. La teoria è interessante sopratutto se pensiamo che anche in quegli universi ci siamo noi, ma in una forma differente da quella che abbiamo qui. In pratica, in un universo parallelo Hitler avrebbe vinto la guerra e la Germania comanderebbe il mondo, l’Italia non esisterebbe, o comunque non nella forma che abbiamo nel nostro universo, e tutto ciò che conosciamo sarebbe molto differente. Inoltre ognuno di noi avrebbe lo stesso destino, quindi morirà nello stesso giorno e eseguirà determinate operazioni con lo stesso fine, solamente però, in un modo diverso.

WormHole1

Molto spesso l’universo viene descritto come un foglio di carta piatto; immaginiamo che questo foglio rappresenti l’universo, e la luce che lo attraversa, invece, sia l’energia dello stesso universo. Proviamo ora a piegare il foglio di carta andando ad unire le due estremità oblique, cioè quella in alto a destra e quella in basso a sinistra, così facendo andremo non solo ad avvicinare queste due parti del foglio (l’universo) ma andremo a spostare l’intera massa energetica dello stesso. Tutto ciò, nella realtà, quindi con l’universo, sarebbe possibile con una grande, grandissima quantità di energia, paragonabile a quella che utilizziamo per piegare il foglio con le nostre mani, ma solamente moltiplicata. A questo punto saremo riusciti ad avvicinare semplicemente le due estremità del foglio, che se non fossero mai state ‘toccate’ da una grande quantità di energia, non si sarebbero nemmeno mai viste alla lontana, poiché sono appunto due estremità. Immaginiamo ora di dover unire queste due estremità in maniera perenne o comunque provvisoria, come una isola farebbe con un’altra isola vicina a se. Perciò immaginiamo anche di costruire un ponte tra queste due estremità, che nella realtà potrebbe essere semplicemente virtuale grazie ai computer. Costruito il ponte si potrà così passare da una parte all’altra dell’estremità, che ci permetterà di tornare indietro nel tempo, provando a cambiare il nostro destino o quello di altri. Purtroppo però, anche tornando indietro nel tempo non riusciremo a cambiare nulla, poiché il destino rimarrebbe tale, ma l’unica cosa che si andrebbe a modificare sarà il modo in cui avverrà, infatti succederà lo stesso ma con mezzi diversi, poiché quello è il nostro destino e esso non può essere modificato.

La morale di questa teoria è che il futuro può essere cambiato solamente nel suo percorso, ma il risultato di esso no. Perciò, anche provando, nel passato, ad evitare la morte di una persona non ci riusciremo, poiché quella è destinata a tale fine in tale momento e succederà sia con noi che senza di noi. Insomma futuro e passato non si possono cambiare, ma rivivere il passato o vedere il futuro è possibile.

http://www.techgenius.it/107647/luniver ... illusione/



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MessaggioInviato: 17/12/2013, 23:03 
Cita:
Atlanticus81 ha scritto:

Leggevo questo articolo nel thread di Sheenky "Oltre il Reale". Apparentemente non c'entra nulla con il discorso di universo olografico...

http://www.ufoforum.it/topic.asp?whichp ... _ID=296979

Ma mi ha fatto nascere la seguente riflessione. Gli archetipi non sono forse un ulteriore elemento comprovante una programmazione comune alla base delle nostre coscienze?

Voglio dire, se tutta l'umanità da sempre riconosce i medesimi archetipi con gli stessi significati a prescindere dalla diversa connotazione culturale delle varie etnie e popoli non può significare che questi simboli siano risultato di un "programma" permeante l'intero universo?

Ovvero l'elaborazione olografica frutto di un software di cui noi facciamo parte.

E' solo una mia riflessione ...

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Mah penso che sia più probabilmente programmazione genetica :)

Cita:
Il termine viene usato, attualmente, per indicare, in ambito filosofico, la forma preesistente e primitiva di un pensiero; in psicoanalisi da Jung ed altri autori, per indicare le idee innate e predeterminate dell'inconscio umano;


Discendiamo da una unica coppia di uomo e donna e quindi tutte le esperienze vissute, da quei tempi fino ad ora, si sono sedimentate nel nostro DNA andando a formare quell'enorme ventaglio di "strutture" condivise di cui fanno parte anche le reazioni istintive all'interno dei quali sono presenti gli archetipi. Le reazioni istintive sono identiche e apparentemente INNATE per tutti gli uomini quindi sono anche questi in fondo archetipi.

Se gli archetipi fossero il riflesso di una programmazione generale allora dovremmo condividerli anche con tutti gli altri esseri viventi e non mi pare sia così.


Ultima modifica di MaxpoweR il 17/12/2013, 23:10, modificato 1 volta in totale.


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MessaggioInviato: 23/01/2014, 14:05 
[BBvideo]http://www.youtube.com/watch?v=rrNx0xHDsX4[/BBvideo]

[BBvideo]http://www.youtube.com/watch?v=9aGJd5Cjb24[/BBvideo]

[BBvideo]http://www.youtube.com/watch?v=1V1r4FyRZdE[/BBvideo]

[BBvideo]http://www.youtube.com/watch?v=evPbLDgpCXA[/BBvideo]



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MessaggioInviato: 03/02/2014, 14:41 
IL NOSTRO CERVELLO È UNA MACCHINA OLOGRAFICA FUNZIONANTE IN UN UNIVERSO OLOGRAFICO

Come e dove i ricordi vengono immagazzinati nel cervello? Ci sono particolari aree dedicate nel nostro organo cerebrale? Che significa che il nostro cervello funziona come un ologramma?

Se dicessi che il nostro cervello è un meccanismo olografico che funziona all’interno di un intero universo olografico, uno potrebbe pensare almeno tre cose:

1) che sto raccontando la trama di un film, sicuramente quella di ‘Matrix’, o quella de ‘Il Tredicesimo Piano’;

2) che, condizionato da questi film, in un delirio fuffaro mi sono convinto di questa condizione;

3) che, in un caso più benevolo, questa un’affermazione del genere comporta una serie di domande esistenziali non indifferenti.

A trarre questa sconcertante conclusione è stato, in realtà, il dottor. Karl Pribram, un medico neurochirurgo austriaco, professore di psichiatria e psicologia in varie università americane, tra cui la Stanford University e la Georgetown University.

La ricerca parte da una domanda fondamentale che Pribram si è fatto sin dall’inizio della sua carriera: come e dove i ricordi vengono immagazzinati nel cervello? Ci sono particolari aree dedicate nel nostro organo cerebrale?

Durante le sue ricerche, mentre cercava di capire quale fossero le aree del cervello adibite alla memorizzazione, Pribram si rese conto che il cervello umano funziona in maniera olografica. Che significa questo?

I suoi studi rivelarono che i ricordi non vengono conservati in una determinata parte del cervello, come i files in un hard disk, ma erano piuttosto distribuiti in tutto il cervello nel suo insieme.

Infatti, alcune persone che hanno subito l’asportazione chirurgica di una parte del cervello, non hanno mostrato la perdita di ricordi specifici.

Ma, essendo un medico e non un matematico, Pribram non era in grado di comprendere il funzionamento di questo sistema, fino a quando non si imbattè nel concetto di olografia per la prima volta.

E’ proprio così che funziona un ologramma: ogni sua parte contiene l’intera informazione. In pratica, succede che se taglio l’ologramma in due parti, una volta illuminate dal laser, entrambe mostreranno sempre l’oggetto olografico per intero. Semplicemente, in ogni sua parte è immagazzina la versione completa di tutta l’informazione.

cervello-olografico-01Nasce così una fruttuosa collaborazione con David Böhm, fisico e filosofo statunitense, che portò nel 1987 all’elaborazione della Teoria del Cervello Olonomico, la quale consiste in una descrizione in termini matematici dei processi neuronali che rendono il nostro cervello capace di comprendere le informazioni che si presenterebbero sotto forma di onde, per poi trasformarle in immagini tridimensionali.

Sostanzialmente, noi non vedremmo gli oggetti ‘per come sono’ (in accordo con quanto dice la teoria della relatività generale), ma solamente la loro informazione quantistica.

Gli scienziati del 20° secolo, grazie ad alcuni esperimenti con gli elettroni, hanno scoperto la doppia natura di queste particelle fondamentali della materia, vale a dire, che gli elettroni, come altre particelle quantistiche, vengono da noi percepiti come singole unità, mentre in realtà sono forme d’onda presenti in più punti simultaneamente.

Secondo quanto scritto nel suo libro ‘Universo, mente e materia’, pubblicato nel 1996, Böhm suggerisce che nell’universo esisterebbero un ordine ‘implicito’, che non vediamo e che egli paragona ad un ologramma nel quale la sua struttura complessiva è identificabile in ogni sua singola parte, e uno ‘esplicito’ che è ciò che realmente vediamo. Quest’ultimo sarebbe il risultato dell’interpretazione che il nostro cervello ci offre delle onde (o pattern) di interferenza che compongono l’universo.

La collaborazione tra i due ricercatori rivelò che anche il cervello e la memoria funzionano in una maniera molto simile. I ricordi, invece di essere immagazzinati nei neuroni, vengono codificati in impulsi che attraversano l’intero cervello, nello stesso modo in cui fa un laser quando colpisce una pellicola con un ologramma, generando l’immagine tridimensionale.

Ogni minima porzione del cervello sembra contenere l’intera memoria del cervello, il che significa che il cervello è in sè stesso un ologramma! Come è possibile per ogni porzione di una pellicola contenere tutte le informazioni per completare l’immagine, allo stesso modo ogni parte del cervello contiene le informazioni indispensabili per richiamare un’intera memoria.



Il nostro universo può essere considerato un immenso ologramma

La nostra vita è una simulazione creata da una civiltà avanzata non terrestre?

Se la realtà fosse una simulazione digitale, cosa fare?

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John Von Neumann, uno dei più grandi geni del 20° secolo, calcolò che il cervello umano, nel corso di una vita media, è in grado di memorizzare 280 trilioni (280 seguito da 18 zeri) di bit d’informazione.

Se il cervello è un ologramma, significa che ogni parte del cervello è in grado di contenere una quantità di dati mostruosa. Forse, è proprio questa struttura a garantire la nostra capacità quasi soprannaturale di recuperare rapidamente qualsiasi informazione immagazzinata nella nostra memoria.

Pribram e Bohm hanno convenuto che il cervello è una sorta di “super-ologramma”, dove sono contenute le informazioni sul passato, del presente e del futuro, molto simile a un compact disc che contiene ancora le informazioni e che può essere letto, o decodificato, da un raggio laser.

Con questo modello, Pribram ha quindi teorizzato che le informazioni e i ricordi immagazzinati nel nostro cervello, non vengano “registrati” nei neuroni, ma siano il risultato di figure (o pattern) d’onda interferenti, spiegando in tal modo la capacità del cervello di immagazzinare un’enorme quantità di informazioni in uno spazio relativamente piccolo.

Ad ascoltare queste teorie si può davvero rimanere scioccati, soprattutto ora che abbiamo intrapreso la rivoluzione digitale.

Quando pensiamo che la nostra realtà, il nostro cervello e noi stessi, potrebbero essere degli ologrammi, subito associamo la parola all’informatica, cominciando a chiederci se non viviamo in una enorme simulazione computerizzata, o che siamo i personaggi di un videogame o che, addirittura, siamo schiavi di una progenie maligna che ha creato una prigione per le nostre menti.

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A questo punto, ognuno sarebbe legittimato a credere che la sua vita non abbia alcun valore, che è tutto falso e che viviamo all’interno di una illusione. Attenzione però: ‘olografico’ non significa ‘virtuale’, nemmeno ‘illusorio’.

La domanda da porsi è: sapere che il nostro universo e noi stessi funzioniamo come ologrammi, azzera il senso della domanda esistenziale? A mio avviso, no. Credo che la domanda sul senso della propria esistenza attenda la risposta ad un ‘perchè’, non ad un ‘come’.

Sapere che il nostro universo (e noi stessi) siamo un aggregato di microparticelle indivisibili tenute insieme da qualcosa, o che la natura del nostro universo è di tipo olografico, cambia la risposta a ‘perchè esistiamo’?

http://www.ilnavigatorecurioso.it/2013/ ... olonomico/



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MessaggioInviato: 15/02/2014, 11:28 
Universo: Le particelle comunicano tra loro Istantaneamente

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Stupefacenti scoperte nel campo della fisica potrebbero sconvolgere completamente le nostre convinzioni sulla natura dell’universo e della vita stessa, aprendo un ventaglio di possibilità mai ipotizzate prima d’ora.

Nel 1982 un’équipe di ricerca dell’Università di Parigi, diretta dal fisico Alain Aspect, ha condotto quello che potrebbe rivelarsi il più importante esperimento del 20° secolo. Aspect ed il suo team hanno infatti scoperto che, sottoponendo a determinate condizioni delle particelle subatomiche, come gli elettroni, esse sono capaci di comunicare istantaneamente una con l’altra indipendentemente dalla distanza che le separa, sia che si tratti di 10 metri o di 10 miliardi di chilometri. È come se ogni singola particella sapesse esattamente cosa stiano facendo tutte le altre. Questo fenomeno può essere spiegato solo in due modi: o la teoria di Einstein che esclude la possibilità di comunicazioni più veloci della luce è da considerarsi errata, oppure le particelle subatomiche sono connesse non-localmente. Poiché la maggior parte dei fisici nega la possibilità di fenomeni che oltrepassino la velocità della luce, l’ipotesi più accreditata è che l’esperimento di Aspect sia la prova che il legame tra le particelle subatomiche sia effettivamente di tipo non-locale.

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Alain Aspect

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David Bohm

David Bohm, noto fisico dell’Università di Londra, recentemente scomparso, sosteneva che le scoperte di Aspect implicavano che la realtà oggettiva non esiste. Nonostante la sua apparente solidità, l’universo è in realtà un fantasma, un ologramma gigantesco e splendidamente dettagliato. Ologrammi, la parte e il tutto in una sola immagine.

Per capire come mai il Prof. Bohm abbia fatto questa sbalorditiva affermazione, dobbiamo prima comprendere la natura degli ologrammi. Un ologramma è una fotografia tridimensionale prodotta con l’aiuto di un laser: per creare un ologramma l’oggetto da fotografare viene prima immerso nella luce di un raggio laser, poi un secondo raggio laser viene fatto rimbalzare sulla luce riflessa del primo e lo schema risultante dalla zona di interferenza dove i due raggi si incontrano viene impresso sulla pellicola fotografica.

Quando la pellicola viene sviluppata risulta visibile solo un intrico di linee chiare e scure ma, illuminata da un altro raggio laser, ecco apparire il soggetto originale. La tridimensionalità di tali immagini non è l’unica caratteristica interessante degli ologrammi, difatti se l’ologramma di una rosa viene tagliato a metà e poi illuminato da un laser, si scoprirà che ciascuna metà contiene ancora l’intera immagine della rosa. Anche continuando a dividere le due metà, vedremo che ogni minuscolo frammento di pellicola conterrà sempre una versione più piccola, ma intatta, della stessa immagine. Diversamente dalle normali fotografie, ogni parte di un ologramma contiene tutte le informazioni possedute dall’ologramma integro.

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L’ologramma registrato dalla lastra si genera dalla interferenza tra luce riflessa dall’oggetto e quella proveniente dal raggio di riferimento

Questa caratteristica degli ologrammi ci fornisce una maniera totalmente nuova di comprendere i concetti di organizzazione e di ordine.

Per quasi tutto il suo corso la scienza occidentale ha agito sotto il preconcetto che il modo migliore di capire un fenomeno fisico, che si trattasse di una rana o di un atomo, era quello di sezionarlo e di studiarne le varie parti.

Gli ologrammi ci insegnano che alcuni fenomeni possono esulare da questo tipo di approccio.

Questa intuizione suggerì a Bohm una strada diversa per comprendere la scoperta del professor Aspect. Diversi livelli di consapevolezza, diverse realtà Bohm si convinse che il motivo per cui le particelle subatomiche restano in contatto indipendentemente dalla distanza che le separa risiede nel fatto che la loro separazione è un’illusione. Egli sosteneva che, ad un qualche livello di realtà più profondo, tali particelle non sono entità individuali ma estensioni di uno stesso “organismo” fondamentale.

Per spiegare la sua teoria Bohm utilizzava questo esempio: immaginate un acquario contenente un pesce. Immaginate anche che l’acquario non sia visibile direttamente ma che noi lo si veda solo attraverso due telecamere, una posizionata frontalmente e l’altra lateralmente rispetto all’acquario. Mentre guardiamo i due monitor televisivi possiamo pensare che i pesci visibili sui monitor siano due entità separate, la differente posizione delle telecamere ci darà infatti due immagini lievemente diverse. Ma, continuando ad osservare i due pesci, alla fine ci accorgeremo che vi è un certo legame tra di loro: quando uno si gira, anche l’altro si girerà; quando uno guarda di fronte a sé, l’altro guarderà lateralmente. Se restiamo completamente all’oscuro dello scopo reale dell’esperimento, potremmo arrivare a credere che i due pesci stiano comunicando tra di loro, istantaneamente e misteriosamente.

Secondo Bohm il comportamento delle particelle subatomiche indica chiaramente che vi è un livello di realtà del quale non siamo minimamente consapevoli, una dimensione che oltrepassa la nostra. Se le particelle subatomiche ci appaiono separate è perché siamo capaci di vedere solo una porzione della loro realtà, esse non sono “parti” separate bensì sfaccettature di un’unità più profonda e basilare che risulta infine altrettanto olografica ed indivisibile quanto la nostra rosa. E poiché ogni cosa nella realtà fisica è costituita da queste “immagini”, ne consegue che l’universo stesso è una proiezione, un ologramma. Il magazzino cosmico di tutto ciò che è, sarà o sia mai stato.

Oltre alla sua natura illusoria, questo universo avrebbe altre caratteristiche stupefacenti: se la separazione tra le particelle subatomiche è solo apparente, ciò significa che, ad un livello più profondo, tutte le cose sono infinitamente collegate. Gli elettroni di un atomo di carbonio del cervello umano sono connessi alle particelle subatomiche che costituiscono ogni salmone che nuota, ogni cuore che batte ed ogni stella che brilla nel cielo.

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Tutto compenetra tutto. Sebbene la natura umana cerchi di categorizzare, classificare e suddividere i vari fenomeni dell’universo, ogni suddivisione risulta necessariamente artificiale e tutta la natura non è altro che una immensa rete ininterrotta. In un universo olografico persino il tempo e lo spazio non sarebbero più dei principi fondamentali.

http://portalemisteri.altervista.org/bl ... aneamente/



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UN UNIVERSO IN LABORATORIO

Secondo la teoria più accreditata, l'Universo sarebbe nato da una particella quantistica comparsa all'improvviso dal nulla: essa è detta quantistica perché la sua esistenza è prevista da una particolare teoria, la meccanica quantistica, che spiega il comportamento delle particelle subatomiche. La particella iniziale può essere immaginata come un “grumetto” indistinto di materia e di energia estremamente compatto e unico nel suo genere. Tale entità dalle dimensioni estremamente ridotte e dal contenuto eccezionale si sarebbe successivamente ingrandita spontaneamente riempiendosi di materia e di energia ordinaria. Immaginare un Universo nato dal nulla sotto forma di una strana e improbabile particella che si gonfia da sola è ipotesi difficile da accettarsi, tuttavia è bene precisare che non si tratta di una trovata bizzarra di qualche pseudo-scienziato ma di un modello scientifico, che trae origine dalle più recenti scoperte in campo fisico.

Se questa teoria fosse vera dovrebbe essere possibile, almeno in linea di principio, ricreare le condizioni primordiali e quindi costruire un Universo in laboratorio: basterebbe infatti comprimere energicamente una certa quantità di materia, fino a farle raggiungere la densità della particella primordiale e il gioco sarebbe fatto, perché il resto verrebbe da solo. L’operazione tuttavia non è per nulla semplice, giacché si calcola che quella particella primordiale avrebbe dovuto avere la rispettabile densità di 1076 g/cm3; comprimere la materia fino a farle raggiungere quella densità non è cosa da poco. Si tratterebbe di ridurre la massa di una stella più grande del Sole a dimensioni più piccole di un atomo. Come si fa a costruire una macchina in grado di prendere fra le sue potenti ganasce una stella e comprimerla fino a ridurla a un corpuscolo invisibile, ma contemporaneamente pesantissimo? Basta solo questo dato per capire che la costruzione di un Universo in laboratorio non è nemmeno ipotizzabile. Tuttavia non è fuor di luogo analizzare il problema nell'ambito della ricerca scientifica se non altro per capire quali avrebbero potuto essere le condizioni iniziali del nostro Universo.

Intanto bisogna dire subito che anche qualora si riuscisse effettivamente a produrre un altro Universo, nessuno se ne accorgerebbe, giacché nessuno potrebbe entrare in contatto diretto con esso. Ciò è conseguenza del fatto che l'Universo è chiuso su sé stesso e quindi nulla può uscire da esso, né sotto forma di materia né sotto forma di energia. Un segnale qualsiasi, ad esempio un raggio di luce, che venisse lanciato in una determinata direzione non troverebbe in nessun caso la strada per uscire dall'Universo, perché i corpi materiali presenti in esso lo devierebbero in continuazione fino a farlo ritornare al punto di partenza. Per lo stesso motivo non potrebbe entrare nel nostro un segnale che provenisse dall'interno di un altro Universo.

1. IL VUOTO E LA MECCANICA QUANTISTICA

Per poter approfondire l'argomento è indispensabile un’analisi accurata della nuova teoria, la quale consiste in un'estensione e un arricchimento della classica teoria del Big Bang sulla formazione dell'Universo. Abbiamo detto che tutto sarebbe nato dall'espansione di una particella comparsa improvvisamente dal nulla, o dal vuoto, come i fisici preferiscono chiamare il nulla. Vediamo quindi, innanzitutto, di capire che cosa si intenda, oggi, con il termine "vuoto".

Fino ad un secolo fa non vi erano dubbi: il vuoto era il nulla. Si credeva che quando da un luogo fosse stata tolta ogni cosa, quindi in pratica tutta la materia che vi era contenuta, non rimanesse più nulla e vi fosse, per l'appunto, il vuoto. Ora, con l'avvento di una nuova teoria, detta "meccanica quantistica", il nulla in assoluto non esisterebbe più e quindi nemmeno il vuoto sarebbe più tale. La meccanica quantistica è una teoria escogitata per spiegare alcuni fatti sperimentali che le vecchie teorie non erano in grado di chiarire.

Essa venne messa a punto negli anni Venti del secolo scorso ma le basi erano state gettate già all'inizio di quel secolo quando ci si rese conto che alcuni fenomeni, come ad esempio il moto dell'elettrone attorno al nucleo atomico, non erano descrivibili per mezzo delle teorie della gravitazione di Newton e dell'elettromagnetismo di Maxwell, cioè attraverso quelle che oggi chiamiamo “teorie classiche”. Gli stessi fenomeni risultavano invece chiari e coerenti se venivano spiegati utilizzando i concetti contenuti nella teoria della meccanica quantistica. I concetti della nuova teoria, tuttavia, appaiono piuttosto lontani dai fatti dell'esperienza quotidiana e per tale motivo non sono facilmente accettabili dai non addetti ai lavori.

Uno dei concetti fondamentali della meccanica quantistica è quello che afferma che negli oggetti di dimensioni molto piccole alcune grandezze fisiche non sono misurabili con la precisione che si desidera. Ora, la cosa interessante è che questa mancanza di precisione nelle operazioni di misurazione non dipendono dalle imperfezioni dei metodi di misura, o dalla mancanza di strumenti adeguati, ma proprio da un problema connesso con la costituzione su piccola scala della materia stessa la quale non si lascia indagare nelle sue parti intime. Questa osservazione va sotto il nome di «principio di indeterminazione», una legge di natura che venne scoperta nel 1927 dal fisico tedesco Werner Heisenberg. A causa delle restrizioni imposte da questa legge non è possibile misurare su di un corpo materiale, con assoluta precisione, una determinata grandezza fisica e contemporaneamente, con altrettanta precisione, una ad essa collegata. Così ad esempio di un atomo o di una piccola molecola non è possibile misurare contemporaneamente, con la precisione desiderata, posizione e velocità: conviene accontentarsi di valori approssimati perché, se tentassimo di misurare con grande precisione una delle due grandezze, risulterebbe poi molto imprecisa l'altra.

Ciò porta ad una serie di conseguenze interessanti che cercheremo di spiegare ricorrendo ad un esempio. Immaginiamo allora di abbassare gradualmente la temperatura di un gas: a mano a mano che la temperatura scende, si noterebbe una contrazione progressiva del suo volume tale da lasciar prevedere la sua completa scomparsa alla temperatura di 273 gradi sotto lo zero: così suggerisce la teoria. In realtà noi non vedremo mai scomparire materialmente il gas perché prima di arrivare a quella temperatura lo stesso si trasformerebbe in liquido e poi in solido. La temperatura di -273 °C rimane tuttavia una temperatura limite, una temperatura al di sotto della quale non si è mai scesi e nemmeno teoricamente sarebbe possibile farlo perché al di sotto di quella temperatura perdono di validità le leggi fisiche. Essa pertanto viene chiamata zero assoluto (o zero gradi kelvin).

Ora, però, poiché la temperatura di un gas è legata direttamente alla velocità delle sue molecole la quale diminuisce a mano a mano che il gas si raffredda, allo zero assoluto dovremmo vedere le molecole del nostro gas fermarsi e quindi rimanere immobili, prive di energia. Però se ciò si realizzasse realmente allo zero assoluto, dovrebbe essere possibile misurare contemporaneamente la posizione e la velocità di una particella elementare con la massima precisione ed in questo modo verrebbe contraddetto il principio di indeterminazione. Per non cadere in contraddizione dobbiamo quindi ammettere che anche alla temperatura di zero gradi kelvin l'energia non sia del tutto inesistente e un piccolo soffio di essa dovrebbe comunque emergere dal nulla per spostare leggermente la particella sotto osservazione e rendere incerta la determinazione della sua posizione. Ciò vuol dire che nulla al mondo può essere ritenuto veramente a contenuto energetico zero.

2. NULLA E' VERAMENTE IMPOSSIBILE

Oggi alla luce della nuova teoria si ritiene che anche quando, in un determinato luogo, non vi fossero oggetti materiali di alcun genere, né energia sotto qualsiasi forma, e quindi vi fosse il vuoto più assoluto, in quel luogo potrebbe sempre comparire all'improvviso e senza motivo qualche cosa, come ad esempio un fiotto di energia o un frammento di materia, anche se di piccolissime dimensioni. Pertanto la meccanica quantistica, e il principio di indeterminazione che essa contiene, lasciano intravedere che nell'Universo non debba esistere nulla di veramente impossibile e potrebbe accadere anche la cosa più inverosimile. Naturalmente, quanto più strano fosse il fatto di cui ci si aspetta l'evento, tanto più bassa dovrebbe anche essere la probabilità che quel fatto possa effettivamente accadere. Ma questa probabilità, in ogni caso, non sarebbe mai uguale a zero. Anche vincere al Superenalotto è un fatto piuttosto improbabile, ma non del tutto impossibile.

Con la meccanica quantistica è stato eliminato il determinismo insito nelle leggi della fisica classica. Secondo le vecchie leggi fisiche infatti l'Universo avrebbe dovuto funzionare come un grande meccanismo ad orologeria, governato da leggi immutabili e rigorose. In esso gli eventi non sarebbero mai accaduti per caso, ma sempre come conseguenza di qualche cosa che li determinava. Ad esempio il Sole deve sorgere la mattina, ad un'ora precisa, perché la Terra gira su sé stessa in modo regolare; un corpo deve cadere a terra quando viene lasciato libero ad una certa altezza dal suolo, perché attratto dalla gravità e così via. Esisteva sempre una correlazione molto stretta fra causa ed effetto.

La meccanica quantistica cambiò profondamente l'interpretazione dei fenomeni naturali: poiché per definire lo stato futuro di un sistema è necessario conoscere con precisione sia la posizione che la velocità delle particelle che lo compongono, il principio di indeterminazione esclude a priori la possibilità che il presente possa determinare esattamente il futuro. Oggi pertanto non si può più parlare di fatti che si verificheranno con assoluta certezza, né di fatti che mai potranno verificarsi, ma solo di probabilità. Per chiarire questo concetto si usa citare l'esempio delle "scimmie dattilografe" le quali, battendo casualmente sui tasti della macchina per scrivere, finiscono per far comparire sul foglio l'enunciato del teorema di Pitagora. Naturalmente le probabilità di un evento del genere, come del Sole che non dovesse sorgere al mattino, sono molto scarse. Tuttavia non nulle.

3. IL PERICOLO DEL "FALSO VUOTO"

Torniamo ora al nostro Universo da prodursi in laboratorio. Poiché la meccanica quantistica afferma che anche le cose più strane possono sempre realizzarsi, non è da escludere che all'interno dell'Universo in cui viviamo, non possano comparire dal nulla, e subito dopo svanire nel nulla, corpuscoli, fiotti di energia, canalicoli, protuberanze e altri strani elementi, senza lasciare il tempo per la loro rilevazione. La scomparsa delle entità che compaiono all'improvviso dal nulla è indispensabile per garantire il rispetto di un'altra legge fondamentale della fisica che si chiama “conservazione della massa-energia”: materia ed energia non possono essere create dal nulla o sparire nel nulla, tutt’al più possono trasformarsi l’una nell’altra.

Alcune di queste strane entità tuttavia dopo essere comparse potrebbero anche perdurare anziché svanire immediatamente nel nulla, se fosse disponibile l'energia sufficiente per farle sopravvivere. E allora non è nemmeno da escludere che l'oggetto comparso dal nulla non possa avere delle caratteristiche particolari adatte per diventare un nuovo Universo. Ma quali sarebbero queste caratteristiche?

Ebbene, quello che abbiamo esposto è proprio il contenuto di una recente teoria che prevede la nascita di nuovi Universi all'interno di quelli già esistenti. Secondo questa teoria, per la verità molto originale, condizioni di temperatura estreme come quelle che potrebbero realizzarsi in prossimità dei buchi neri, renderebbero lo spazio instabile e quindi produttore di "bolle". Queste bolle, o escrescenze, si separerebbero successivamente dall'Universo nel quale si sono formate per dar vita ad entità indipendenti. Anche il nostro Universo, produttore instancabile di Universi figli, sarebbe a sua volta figlio di un “Universo madre”.

Le bolle di cui si parla non sarebbero altro che grumi di energia ultraconcentrata in condizioni di estrema instabilità. E come una bolla potrebbe comparire spontaneamente nel nostro Universo in una zona a condizioni energetiche straordinarie, così non è da escludere che l'uomo, avendo a disposizione la tecnologia adeguata, non possa creare egli stesso queste condizioni, al fine di concentrare energia in uno spazio estremamente ridotto.

L'idea che un Universo potrebbe anche venire creato in laboratorio venne, per la prima volta, al fisico americano Alan Guth, l'ideatore della teoria detta dell'Universo inflazionario, cioè di quella teoria che prevede una forte espansione dell'Universo subito dopo essere emerso dal nulla sotto forma di particella quantistica. Lo scienziato faceva osservare che la creazione di un Universo dal nulla non doveva essere necessariamente legata al passato perché una tale condizione si sarebbe potuta verificare in ogni momento.

Guth si convinse di ciò facendo il seguente ragionamento: poiché il vuoto in assoluto non esiste, in quanto piccole quantità di energia possono sempre fluttuare qua e là in ogni luogo e in ogni tempo, anziché parlare di vuoto in assoluto sarebbe più corretto parlare di zone a contenuto energetico più o meno basso. Naturalmente – egli faceva notare – più è basso il contenuto energetico di una determinata zona, più quella zona è stabile. Le zone a contenuto energetico più basso vengono dette di "vero vuoto", mentre quelle a contenuto energetico più alto vengono dette di "falso vuoto".

Ora, poiché il nostro Universo appare molto stabile, esso dovrebbe trovarsi in una situazione di vero vuoto quindi a basso contenuto energetico. Non si può escludere, tuttavia, che possa esistere (o magari possa formarsi casualmente), all'interno del nostro Universo, una zona a contenuto energetico ancora più basso. In tal caso il nostro Universo si verrebbe a trovare in una situazione non di vero, ma di falso vuoto. E stare in una posizione del genere non è per nulla piacevole e rassicurante perché essa rappresenta una condizione di grande instabilità e si correrebbe continuamente il rischio di finire nella zona a più basso contenuto energetico. Basterebbe infatti che la barriera energetica che separa le due situazioni di vero e di falso vuoto venisse perforata anche in un punto molto limitato, per esempio da parte di una minuscola particella, perché si generasse la catastrofe: il vero vuoto invaderebbe allora, in un attimo, la zona di falso vuoto inglobando e sistemando ogni cosa su regioni a contenuto energetico più basso.

In realtà, abbiamo la prova che il vuoto in cui viviamo presenta un contenuto energetico effettivamente molto basso e quindi se esistesse una zona a contenuto energetico ancor più basso questa sarebbe molto difficile da raggiungere, perché risulterebbe separata dall’altra da una barriera energetica molto elevata. I raggi cosmici, ad esempio, che sono costituiti di particelle altamente energetiche non sarebbero in grado di perforare questa eventuale barriera che divide i due tipi di vuoto, altrimenti l'avrebbero già fatto. Se però i futuri acceleratori riuscissero a produrre particelle ad energia superiore a quella dei raggi cosmici, potrebbe anche succedere l'irreparabile.

4. LA "BOLLA" SCOPPIA E SI FORMA L'UNIVERSO

Il nostro Universo – spiega Guth – potrebbe essere scaturito proprio da una situazione di falso vuoto. Pochi istanti dopo il tempo zero (per la precisione al tempo 10-43 secondi dall'inizio), il cosmo occupava una porzione di spazio incredibilmente piccola: 10-72 cm3, ossia era miliardi di miliardi di miliardi… di volte più piccolo del nucleo di un atomo. Quell'oggetto infinitamente piccolo aveva però un peso enorme in rapporto alle sue dimensioni: la sua massa era di una decina di kilogrammi. Naturalmente non si trattava di 10 kilogrammi di materia ordinaria, cioè del tipo di quella di cui abbiamo esperienza diretta, ma di un amalgama indifferenziato che conteneva le potenzialità di quelle che sarebbero diventate le particelle elementari di materia, e le forze che attualmente le tengono unite. Esso rappresentava cioè una struttura altamente simmetrica e molto instabile, trovandosi, per l'appunto, in una situazione di falso vuoto.

In realtà il nostro Universo, quando comparve dal nulla, sotto forma di particella quantistica, era ancora più piccolo e più denso di quello considerato da Guth. Si calcola che prima del tempo 10-43 s dal Big Bang esso fosse costituito da un centesimo di milligrammo di materia concentrata in una sferetta del volume di 10-99 cm3. Naturalmente anche in questo caso non si tratterebbe di materia nel vero senso del termine perché quando la materia ordinaria viene compressa oltre ogni limite le particelle che la costituiscono si schiacciano le une contro le altre e si compenetrano fino a perdere la loro identità. Anche le forze che tengono legati i costituenti fondamentali della materia finiscono per fondersi intimamente con il resto in un amalgama indistinto. Queste dovevano essere le condizioni dell'Universo quando comparve dal nulla come fluttuazione quantistica del vuoto.

Questa particolare particella, però, a causa della forte instabilità in cui si trovava, scoppiò improvvisamente quando la forza di gravità si separò dal resto del sistema, e si accrebbe di peso e di volume, rimanendo tuttavia di dimensioni ancor molto ridotte rispetto a quelle alle quali siamo abituati dall'esperienza di tutti i giorni. A questo punto avvenne l'evento fondamentale che portò alla creazione vera e propria dell'Universo: l'inflazione. La simmetria che caratterizzava ancora in larga misura la "bolla" di falso vuoto si ruppe una seconda volta, liberando però in questo caso, in un attimo, enormi quantità di energia. Questa in parte si materializzò nelle particelle elementari di materia che conosciamo (quark ed elettroni) e in parte servì per far procedere l'espansione al ritmo che oggi possiamo osservare.

Il nostro Universo sarebbe quindi nato da una particella di dimensioni insignificanti posta in una situazione energetica particolare. In teoria, come abbiamo detto all’inizio, questa particella potrebbe anche venire preparata in laboratorio. Si tratterebbe, come abbiamo detto, di comprimere la materia fino a farle raggiungere la densità di circa 1076 grammi per centimetro cubo: il che equivale a comprimere una stella fino a farle raggiungere dimensioni ancor più piccole di quelle di un protone (a mo’ di confronto si consideri che la densità di un buco nero, la più alta densità che si conosca, è di 1027 g/cm3, corrispondente alla nostra Terra ridotta alle dimensioni di una pallina da ping-pong). In seguito alla contrazione le particelle di materia e quelle che caratterizzano le forze che le tengono insieme si compenetrerebbero e si rimescolerebbero fino a perdere la loro identità. Si otterrebbe quindi proprio quella bolla instabile di falso vuoto la quale evolverebbe poi spontaneamente, attraverso l'inflazione, verso la formazione di un nuovo Universo.

5. FIGLI DI UN FOLLE

Certo, sarebbe necessario disporre di macchinari e di energie enormi, attualmente nemmeno immaginabili, tuttavia non è da escludere che un giorno non si possa entrare in possesso di una tecnologia in grado di produrre prodigi del genere. Parimenti non è da escludere che qualche civiltà tecnologicamente più avanzata della nostra, presente su di un altro Universo, una quindicina di miliardi di anni fa, non possa essersi cimentata essa stessa, nei propri laboratori, in un'impresa del genere.

Questi esseri intelligenti di una civiltà lontana nel tempo e nello spazio avrebbero potuto prendere una decina di kilogrammi di materia e comprimerli energicamente. Essi avrebbero allora visto formarsi, sotto i propri occhi, prima un buco nero di dimensioni infime, ma poi, continuando a comprimere, non avrebbero visto più nulla (in realtà nemmeno il buco nero è visibile). Quando quei dieci kilogrammi di materia da cui erano partiti fossero stati ridotti alle dimensioni di un puntino di miliardi e miliardi di volte più piccolo di un elettrone, si sarebbero trovati in una situazione di forte instabilità e si sarebbero staccati dall'Universo nel quale erano stati sottoposti a quella tremenda compressione. La bollicina di materia ed energia, resasi indipendente, si sarebbe allora espansa, improvvisamente, al ritmo previsto dalla teoria di Guth. E il nuovo Universo avrebbe preso forma. Noi stessi potremmo quindi essere il prodotto di un esperimento di laboratorio di una lontana civiltà tecnologicamente molto avanzata … e poco verosimile.

Ritornando con i piedi per terra, e lasciando perdere esperimenti molto improbabili di qualche scienziato squilibrato vissuto miliardi di anni fa in qualche lontano Universo, vediamo invece che cosa potrebbe succedere nell'Universo in cui viviamo. Oggi sappiamo che ogni volta che esplode una supernova, ciò che resta da questa immane deflagrazione cosmica, collassa formando un buco nero: all'interno del quale potrebbero crearsi le condizioni per la formazione di un nuovo Universo.

Un Universo che si formasse nel modo che abbiamo detto conterrebbe in sé tutti gli attributi tipici del nostro: spazio, tempo e materia. Naturalmente noi non potremmo accorgerci della formazione e della successiva evoluzione della nuova realtà perché il puntino di energia superconcentrata, a parte le dimensioni, sarebbe più "nero" del buco nero e quindi inaccessibile all'osservazione. Naturalmente anche il nuovo Universo una volta staccatosi dal vecchio non potrebbe più, in alcun modo, mettersi in contatto col corpo da cui ha preso origine.

http://www.cosediscienza.it/astro/03.%2 ... ICIALE.htm



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MessaggioInviato: 24/03/2014, 13:50 
Michio Kaku assicura di avere scoperto la prova scientifica che Dio esiste

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Uno degli scienziati più rispettati dichiara di aver trovato la prova dell’azione di una forza che ” governa tutto”.Il noto Fisico teorico Michio Kaku ha affermato di aver creato una teoria che potrebbe comprovare l’esistenza di Dio .

L’informazione ha creato molto scalpore nella comunità scientifica perché Kaku è considerato uno degli scienziati più importanti dei nostri tempi , uno dei creatori e degli sviluppatori della rivoluzionaria teoria delle stringhe ed è quindi molto rispettato in tutto il mondo.

Per raggiungere le sue conclusioni , il fisico ha utilizzato un “semi – radio primitivo di tachioni ” ( particelle teoriche che sono in grado di ” decollare ” la materia dell’universo o il contatto di vuoto con lei , lasciando tutto libero dalle influenze dell’universo intorno a loro ) , nuova tecnologia creata nel 2005 .

Anche se la tecnologia per raggiungere le vere particelle di tachioni è ben lontano dall’essere una realtà , il semi- radio ha alcune proprietà di queste particelle teoriche , che sono in grado di creare l’effetto del reale tachyon in una scala subatomica .

Secondo Michio , viviamo in un ” Matrix”: “Sono arrivato alla conclusione che ci troviamo in un mondo fatto di regole create da un’intelligenza , non molto diverso del suo videogioco preferito , ovviamente , più complesso e impensabile .

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Analizzando il comportamento della materia a scala subatomica , colpiti dalle primitive tachioni semi- radio , un piccolo punto nello spazio per la prima volta nella storia , totalmente libero da ogni influenza dell’universo , la materia, la forza o la legge , è percepito il caos assoluto in forma inedita .

“Credetemi, tutto quello che fino a oggi abbiamo chiamato caso, non avrà alcun significato . Per me è chiaro che siamo in un piano governato da regole create e non determinate dalle possibilità universali , Dio è un gran matematico.” ha detto lo scienziato .

http://evidenzaliena.altervista.org/201 ... io-esiste/

Dio esiste... ma non ha nulla a che vedere con Yahweh e con l'abracadabra religioso degli ultimi 2000 anni di mistificazione!

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