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MessaggioInviato: 15/10/2014, 19:19 
Come declinare questo argomento all'interno delle nostre discussioni sull'universo olografico e i differenti piani del reale fisico+metafisico?

Cita:
La scienza alla ricerca degli universi multipli
Antonio De Comite

L’idea che esistano all’interno di un multiverso fu prospettata nel XIX° secolo, ma non si poté dimostrare. Ora, un gruppo di scienziati sta cercando di verificare questa teoria con la tecnologia odierna.

Anche se molti pensano che questa teoria sia solo una buona scusa per scrivere un racconto di fantascienza, la verità è che i ricercatori che si dedicano a studiare i misteri dell’universo hanno sufficienti (e complicate) basi scientifiche per cercare di dimostrare l’esistenza di un multiverso. Questo è il caso di un team di ricercatori del Perimeter Institute for Theoretical Physics, situato a Waterloo in Canada, i quali si sono prospettati il compito di dimostrare questa ipotesi, che ha preso forza con il passare degli anni.

Questo gruppo di scienziati sostiene che la teoria degli universi multipli può essere spiegata prendendo ad esempio il fenomeno che si verifica quando l’acqua bolle in una pentola a fuoco lento: alcune bolle che si formano sono più grandi delle altre, alcuni si uniscono e altre si separano, mentre altre si scontrano.

Quindi, con questa analogia tra le mani, i sostenitori della teoria del multiverso ritengono che all’inizio dei tempi esisteva una grande quantità di energia immagazzinata in una parte dello spazio e “come l’acqua in una pentola” questa alta energia, inevitabilmente, cominciò ad “evaporare” (espandersi) formando “bolle” (universi) che iniziarono a collidere tra di essi in modo differente.

Il team di scienziati, guidato dal fisico Mathew Johnson, tenterà di stabilire differenti scenari su come gli universi potrebbero entrare in collisione, se esistenti. Per questo hanno sviluppato un modello informatico che simula la collisione di simili bolle su piccola scala.

Mentre la strada per una dimostrazione scientifica sembra essere ancora lunga, questa teoria, se provata, potrebbe spiegare una grande quantità di fenomeni spaziali che, per il momento, sono inspiegabili e ciò sarebbe un passo da gigante per la fisica e l’astronomia. Questa ricerca è parte della cosiddetta inflazione cosmica, una serie di proposte teoriche fisiche che tentano di spiegare che l’universo si espanse molto rapidamente dopo il presunto Big Bang.

http://ufoedintorni.wordpress.com/2014/ ... -multipli/


Anche questi sono tasselli da dover collocare all'interno del nostro "mosaico della verità"...

[;)]



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MessaggioInviato: 21/10/2014, 11:13 
[BBvideo]http://www.youtube.com/watch?v=wBUhLSMOfjM[/BBvideo]



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[BBvideo]http://www.youtube.com/watch?v=ICx_Rs-JDdo[/BBvideo]



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MessaggioInviato: 22/10/2014, 09:45 
http://www.link2universe.net/2010-11-04 ... ologramma/

Questo è l'articolo più recente...
http://www.media.inaf.it/2014/08/27/fermilab-olometro/


Ultima modifica di Angel_ il 22/10/2014, 09:48, modificato 1 volta in totale.


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MessaggioInviato: 02/11/2014, 13:30 
Cita:
IL CICLO VITALE DEL COSMO

Nell'universo sono emersi molti fenomeni affascinanti: mostruosi buchi neri del peso di un miliardo di Soli che mangiano le stelle e vomitano getti di gas; stelle di neutroni che ruotano su se stesse mille volte al secondo, la cui materia è compressa a un miliardo di tonnellate per centimetro cubo; particelle subatomiche così inafferrabili che potrebbero penetrare anni luce di piombo solido; onde gravitazionali il cui flebile passaggio non lascia alcuna impronta percettibile. Eppure, per quanto stupefacente possa sembrare tutto ciò, il fenomeno della vita è più straordinario di tutti gli altri messi insieme - Paul Davies

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Quasi la maggior parte dei punti luminosi presenti in questa foto non sono stelle, bensì galassie, ognuna di esse contiene centinai di miliardi di stelle.

L'indagine dei popoli antichi porta inesorabilmente ad alzare gli occhi verso il cielo. Conoscere i moti dei principali corpi celesti e i meccanismi dell'ingranaggio cosmico è fondamentale per capire l'antico messaggio dei nostri predecessori, un messaggio codificarono all'interno dei testi sacri tramite il raffinato sistema del linguaggio simbolico del mito. Loro, pur non possedendo strumenti tecnici e scientifici, svilupparono modelli cosmici molto complessi. Grazie ad una straordinaria sensibilità, maturata attraverso lo stretto legame con la natura, svilupparono un'idea delle origini del cosmo molto vicina a quella suggerita dalla scienza moderna, come nel caso del concetto di creazione contenuto all'interno della genesi egizia. Oggi, parlando con le persone, spesso mi sorprendo nel constatare quanto sia poca la consapevolezza generale delle caratteristiche e le dimensioni del cosmo. A molte persone non interessa neppure questo argomento, in quanto le loro menti sono troppo occupate da distrazioni materiali, ma ci sono domande su cui è giusto riflettere a prescindere dalle risposte, che probabilmente non avremo mai.

La vita è soltanto un trascurabile sottoprodotto dell'infinito dramma cosmico, creata da forze cieche e senza scopo? Oppure, l'universo ha generato, attraverso esseri coscienti, la consapevolezza di sé seguendo un percorso evolutivo per nulla casuale?

Per prima cosa devo dire che l'origine dell'universo è avvolta da interrogativi troppo grandi per il nostro livello di coscienza, di conseguenza non esistono modelli fisici e matematici per descriverla. Col termine Big Bang i cosmologi si riferiscono all'idea che inizialmente tutto l'universo fosse concentrato in uno spazio estremamente ridotto, un punto definito singolarità, infinitamente caldo e denso. Questa idea nasce dal fatto che l'universo si sta espandendo a gran velocità, dunque è logico pensare che in origine la materia che lo compone fosse estremamente contratta. La singolarità per motivi del tutto ignoti cominciò precipitosamente ad espandersi creando lo spazio e il tempo, li dove prima c'era il nulla.

Con essi prese forma tutta la materia presente nell'universo e tutt'oggi dopo 14 miliardi di anni la materia continua ad espandersi in tutte le direzioni per l'effetto di quel misterioso evento primordiale scatenate. Probabilmente non sapremmo mai dire con certezza cosa c'era prima e forse la domanda non ha neppure senso dato che l'indagine scientifica porta a pensare che non esistesse neanche il tempo prima del Big bang. Spingerci troppo lontano dalla nostra realtà non conviene, perché non abbiamo gli strumenti cognitivi per andare oltre a certi limiti, quindi limitiamoci a capire cos'è l'universo presente e non cosa è stato, o cosa sarà in futuro. Limitiamoci a dare una spiegazione alla nostra realtà, per non rischiare di creare modelli cosmici che esistono soltanto dentro la nostra limitata immaginazione.

C'è una regola fondamentale nell'universo fisico che conosciamo, la materia non si crea e non si distrugge, si può solo trasformare, dunque la materia che compone ogni atomo del nostro corpo ed ogni cosa che ci circonda esiste da 14 miliardi di anni, fin dalle origini del Big Bang. Questo postulato prende il nome di LEGGE DELLA CONSERVAZIONE DI MASSA.

« Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma. » - (Antoine-Laurent Lavoisier 1789)

Dunque gli elementi chimici che compongono il nostro corpo e la nostra mente sono uno stato passeggero della materia, uno stato non trascurabile dato che in questo momento l'insieme di questi elementi, che singolarmente sarebbero inanimati, ha trovato il modo di legarsi (forse casualmente, forse no) e sta ragionando sulla loro stessa natura seduti davanti a un monitor di un portatile.

Dopo il Big Bang la maggior parte del cosmo era composto da idrogeno, che tutt'ora è l'elemento più leggero e più abbondante nell'universo conosciuto. Eppure il nostro corpo è fatto di moltissimi altri elementi chimici. Praticamente tutti gli elementi più pesanti dell'idrogeno provengono dalle fornaci stellari. E' li che tutti gli atomi che compongono il nostro corpo sono stati forgiati partendo dall'idrogeno.
Durante le prime fasi di vita del nostro universo le irregolarità nella distribuzione della materia favorirono la formazione di agglomerati d'idrogeno. La forza di gravità agì su queste irregolarità formando agglomerati via via sempre maggiori fin quando la massa degli agglomerati fu tale da esercitare una pressione sul nucleo sufficiente ad avviare la reazione di fusione nucleare dell'idrogeno. Nacquero così le prime stelle. Si accesero una dopo l'altra illuminando l'universo.

Per capire come si sono formati tutti gli elementi chimici esistenti oggi in natura è fondamentale capire cosa succede nella fornace nucleare di una stella durante l'arco della sua vita. All'interno delle stelle, avviene la fusione nucleare dell'idrogeno in elio sviluppando un'incalcolabile quantità d'energia per effetto del ciclo protone-protone (descritto a questo link). L'energia esplosiva di questa reazione è controbilanciata dalla forza di gravità che mantiene la stella in perfetto equilibrio.

Questo avviene fin quando tutto l'idrogeno presente nel nucleo di una stella viene convertito in elio, a questo punto la reazione nucleare cessa. Venendo a mancare la forza esplosiva determinata della reazione di fusione nucleare dell'idrogeno la stella subisce una contrazione sul suo nucleo a causa della forza di gravità che agisce sulla sua massa. Questo fa comprimere la materia sul nucleo che inevitabilmente diventa più denso e caldo, raggiungendo la temperatura necessaria alla fusione dell'elio (che è il prodotto della fusione dell'idrogeno). In questo momento inizia una seconda fase dove la stella fonde il prodotto della prima reazione, l'elio, producendo carbonio. Questo stadio della vita di una stella è definito "GIGANTE ROSSA".

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Le stelle più piccole, come il nostro Sole per esempio, non superano questo stadio dato che non hanno una massa sufficiente per raggiungere valori di pressione e temperatura necessari a fondere gli atomi di carbonio e nell'arco di milioni di anni si raffredderanno diventano nane bianche.

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Le stelle più grandi invece arrivano a produrre e fondere in successione 26 elementi, dove il ferro è l'ultimo della catena. Come sappiamo pero' gli elementi chimici presenti in natura sono molti di più, questi si formano durante l'esplosione di una stella. Soltanto le stelle più grandi, quelle con una massa almeno dieci volte maggiore del nostro Sole arrivano ad esplodere. Queste stelle quando raggiungono la fine dell'ultimo stadio, dopo aver prodotto il ferro, collassano su loro stesse, siccome non si attiva la razione nucleare espansiva in grado di controbilanciare la forza di gravità, in questo modo la stella collassa precipitosamente sul suo nucleo creando un'esplosione di incalcolabile portata ,chiamata SUPERNOVA.

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Basta pensare che Cassiopea A, ciò che resta di una supernova esplosa circa 10.000 anni fa ha un diametro di 10 anni luce, dunque la sua sfera di residui è almeno 3000 volte più grande del sistema solare.

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Durante queste esplosioni i valori di temperatura e di pressione che si sviluppano sono tali da creare fusioni in grado di generare tutti gli elementi chimici presenti in natura. Dunque una stella di grande dimensioni produce e spara nel cosmo tutti i mattoni necessari alla costruzione della vita. Questo processo in 14 miliardi di anni è avvenuto miliardi e miliardi di volte e continua tutt'ora. Anche in quest'istante da qualche parte nell'universo molte stelle stanno morendo e molte altre nascono. Dico questo perchè gli eventi scatenati dalla morte di una stella spesso sono ciò che determina la nascita di altre stelle, in un ciclo di vita, morte e ancora vita che è alla base della nostra esistenza.

La forza d'urto scatenata dall'esplosione di una supernova investendo le nubi cosmiche contenenti principalmente idrogeno, comprime i gas facendo addensare l'idrogeno. Se la forza e la massa d'idrogeno è sufficiente da questa compressione si genera una temperatura abbastanza elevata da fondere l'idrogeno e dare via alla reazione nucleare che determinerà la nascita di una giovane stella. Vicino ai resti di una super nova non è certo rara la presenza di giovani stelle nate nel momento in cui i gas cosmici composti prevalentemente da idrogeno sono stati investiti dall'esplosione della stella morente. Nel “ciclo vitale” del Cosmo, la morte di una stella crea le condizioni per cui altre possano nascere.

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La nebulosa testa di scimmia si trova a 6400 anni luce dalla Terra, in una porzione di cielo all'interno della costellazione di Orione. Qui, come in tutte le nebulose, l'abbondanza di idrogeno tra le polveri interstellari ha favorito la nascita di giovani stelle.

Ritornando al postulato fondamentale secondo il quale la materia non si crea e non si distrugge, ma si trasforma un'innumerevole quantità di volte capiamo che tutto quello che ci circonda, il computer, i mattoni della nostra casa, tutte le persone del mondo, l'acqua dei mari, la roccia delle montagne e l'intero pianeta, sono composti da atomi prodotti dalle stelle partendo dall'idrogeno, l'atomo più leggero e più abbondante nell'universo e lo stesso vale per tutti gli altri pianeti del cosmo. Avendo stabilito l'origine di tutti gli elementi chimici presenti in natura dobbiamo prendere consapevolezza del fatto che la nostra esistenza è dovuta alle misteriose forze fisiche che sono intervenute sulla materia inanimata trasformandola innumerevoli volte, attraverso esplosioni, collassi e fusioni, unendo gli elementi in forme via via sempre più complesse fino a creare esseri coscienti in grado di ragionare sulla natura stessa della materia. E' come se l'universo avesse auto-generato la consapevolezza di se'. Ma quale fu il momento in cui la materia inanimata per la prima volta diventò viva? Come è possibile un simile prodigio? Da dove viene l'anima che rende unici ognuno di noi?

E' l'anima che rende cosciente un organismo oppure al contrario è il prodotto più complesso di una creatura vivente?. Una risposta certa probabilmente non l'avremo mai ma è comunque importante riflettere su queste domande perché siamo un prodotto dell'universo e forse siamo qui anche per questo, in ogni atomo e molecola del nostro corpo c'è scritta la storia dell'universo, dal Big Bang fino ad oggi.

http://civiltaanticheantichimisteri.blo ... o.html?m=1



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MessaggioInviato: 04/11/2014, 23:23 
Ancora sulla natura dell'Universo ho trovato questo articolo scritto da Enzo Crotti e pubblicato sul sito musica-spirito.it nell'ottobre del 2011...

Cita:
L’Universo è musica solidificata

Oggi mi voglio cimentare in una discussione che trovo molto affascinante, e che tenta di interpretare e riprendere le attuali conoscenze fisiche, e riportarle su un piano filosofico per spiegare un fenomeno apparentemente inspiegabile. Ci tengo a dirlo, questo ragionamento sull’Universo e la Musica è perfettamente compatibile con le conoscenze esoteriche antiche e con le moderne conquiste della fisica quantistica.

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Più volte ho accennato sulla natura vibrazionale dell’intero mondo in cui viviamo, tanto da arrivare a dire che l’Universo è “musica solidificata”. Oggi tenterò di scendere più in dettaglio, per far capire meglio cosa intendo. Lo farò partendo dal concetto di onda acustica e onda elettromagnetica in fisica.

L’onda acustica è spiegata come fenomeno di oscillazione meccanica (o movimento nello spazio) compiuto da atomi e molecole in un mezzo. In parole povere il mezzo sarebbe generalmente l’aria, l’acqua, un muro, o qualsiasi cosa che permetta all’onda di propagarsi. Quindi, come in una specie di domino, le molecole si spostano, seguendo la forma d’onda, fino ad arrivare all’orecchio dell’uomo per essere udite, con le modalità di cui ho parlato spesso, cioè che sono udite se la loro frequenza è compresa tra 20 e 20000 cicli al secondo, al di sotto o sopra, non è che scompaiano, esistono ma noi non possiamo sentirle.

L’onda elettromagnetica è invece un fenomeno ondulatorio dovuto alla contemporanea propagazione di un campo elettrico e magnetico, oscillanti in piani tra loro ortogonali.

Mentre l’onda acustica è lineare, l’onda elettromagnetica ha una diffusione trasversale, e questa dovrebbe essere la prima differenza per la fisica. Però in realtà il suono, come la luce, si diffonde in linee curve di propagazione. Comunque, la differenza più grande tra le due forme d’onda sarebbe che l’onda elettromagnetica si propaga nel vuoto, cioè non dovrebbe riguardare la materia se non in minima parte, quella acustica senza materia non può esistere. Anzi, la velocità dell’elettromagnetica nel vuoto è quella della luce, che dovrebbe essere la più elevata raggiungibile nel nostro universo (ultimamente questa intuizione di Einstein è stata messa fortemente in discussione da un esperimento scientifico al Cern di Ginevra).

Ora vorrei soffermarmi sul concetto di vuoto. Si sa, dalle scoperte della fisica quantistica, che la materia che vediamo non è che una piccola parte di quella esistente, e perciò il vuoto in realtà non lo è. E’ solo “pieno” di materia che non ha la sostanza di quella a cui siamo abituati. La cosiddetta “materia oscura”.

Cosa significa? Significa che è solo un problema di percezione. Tutta la materia è un fenomeno di natura vibrazionale, ma quella che percepiamo come “concreta” o “densa”, è solo caratterizzata da una natura vibrazionale affine alla nostra, in altre parole la percepiamo così perché vibriamo nella stessa maniera. Da qui vengono le teorie degli universi paralleli di cui ho già parlato, cioè mondi compenetranti, che coesistono nello stesso spazio.

Alla luce di queste considerazioni, mi sento di dire che le onde acustiche e elettromagnetiche non sono poi tanto differenti, visto che l’unica differenza reale è che una riguarda uno spettro di vibrazioni che ci da la sensazione di “spostamento di materia” e l’altra no. Questa è la vera differenza, per il resto sono molto più simili di quello che pensiamo. Infatti entrambe possono trasportare energia e informazioni.

Bene, ora l’affermazione antica che l’Universo non è altro che musica solidificata appare molto meno astratta di prima, almeno ai miei occhi.

http://www.musica-spirito.it/musica-sci ... idificata/



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MessaggioInviato: 29/11/2014, 20:02 
La teoria quantica della reincarnazione - Roger Ebert

"Se vuoi vedere la paura negli occhi di un fisico quantistico, pronuncia la parola MISURA."

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La reincarnazione è possibile per un punto di vista razionalistico, scientifico? Ora come ora risponderei: Si.

Però, noi non ne siamo mai coscienti e il “noi”, nel senso che viene dato a questo pronome personale abitualmente, non fa parte dell’analisi che voglio proporvi. Affronto il problema dal punto di vista della meccanica quantistica. Ignoro tutto di questo argomento, e discuterne dà l’occasione agli altri di prendermi per un pazzo.

Cominciamo col dire che in fondo, quando si va al cuore del problema, tutto, e voglio dire IL TUTTO, è fatto di particelle quantiche.

Queste particelle possono trovarsi in un luogo o in un altro, nello stesso tempo. L’interpretazione dei multimondi formulata nel 1956 dal professor Hugh Everett, ci dice che tutte le possibilità descritte dalla teorie quantica si producono istantaneamente in un “multiverso” composto di universi paralleli indipendenti, e SIMULTANEI.

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Qui la parola importante è: SIMULTANEAMENTE. Penso che questo significhi che TUTTO non si trova in qualche luogo particolare in un particolare momento. Se voi pensate a ciò in questo modo, benvenuti!
Qualsiasi cosa voi pensiate, è irrilevante perché i luoghi e i tempi che ci portiamo con noi a livello quantico. Ma qui, essi non hanno l’aria di esistere. Se esistono, sono creati unicamente per le applicazioni scientifiche che facciamo di questo livello, e le differenze tra le nostre varie dimensioni significano qualcosa per noi ma non per le particelle quantiche ...

I lettori che conoscono l’argomento hanno già smesso di leggere. Altri hanno magari riso. Non mi curo di loro ma guardo e passo, scrivo per noi, coloro che restano. Gli esperti hanno avuto dei decenni per chiarire l’argomento. Ora tocca a noi rimboccarci le maniche. E non ripeterò la solita solfa, perchè la so già. Inoltre, non dovrei credere a tutto ciò che leggo su Wikipedia, anche se Wiki ha l’aria di saperne sempre più di me.

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Okay. Allora se TUTTO consiste in STRINGHE QUANTICHE, come definiamo una stringa quantica? E qui Wiki è un modello di chiarezza: Una stringa quantica è uno dei principali oggetti studiati dalla teoria delle stringhe, una branca della fisica teorica.

Ci sono diverse teorie sulle stringhe, di cui un buon numero tra esse sono unificate dalla teoria M. Una stringa è un oggetto con una distinzione spaziale a 1 dimensione, contrariamente a una particella elementare che invece è a 0 dimensioni, cioè si può equiparare a un punto geometrico.

E cos’è 1 dimensione rispetto a 0 dimensioni? Per me, se qualcosa non ha dimensione, allora non è niente.

Evidentemente, sono ingenuo. Passiamo quindi alle stringhe a 1 dimensione, le quali adesso, sono tangibili come un melone comparate alle particelle a 0 dimensioni. Qui, almeno, c’è qualche cosa. Come avete indovinato, tutto ciò è molto piccolo. Non più grande della lunghezza di Planck.

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Quanto misura la lunghezza di Planck? Cito: La teoria corrente suggerisce che una lunghezza di Planck è la grandezza più piccola che si possa conoscere e quantificare. In altre parole, se si trova qualcosa di più piccolo che la lunghezza di Planck, ebbene, questo sarà ancora la lunghezza di Planck. Quando noi, i non specialisti, ci riferiamo a “la misura o la distanza” di qualcosa, pensiamo di scrivere cose differenti. Per esempio: “Il cane grosso è a tre metri da me” non pensiamo certo di descrivere contemporaneamente la sua distanza e la sua grandezza. Al livello dei quanti, la misura e la distanza possono essere allo stesso tempo sia l’una che l’altra. Per venire al sodo, TUTTO potrebbe essere dovunque e nello stesso tempo.

Ciò comincia ad assomigliare all’ETERE, definito dai maghi dell’antichità come “il quinto elemento che scorre nell’universo”. La filosofia magica di Matt Rees ci dice che l’etere è molto versatile e può essere trasformato in materia o in energia attraverso dei procedimenti appropriati. Un’indagine scientifica come un esperimento formule non rileverebbe la “presenza” dell’etere, dal momento che esso è dappertutto, ma rivelerebbe le perturbazioni del flusso dell’etere.

Queste perturbazioni somigliano all’effetto gravitazionale attraverso cui la presenza delle particelle quantiche è conosciuta. Se l’etere può essere trasformato in materia o in energia, dunque i maghi erano già giunti per conto loro alla formula di Einstein E=MC2, la quale – da un certo punto di vista – può essere considerata una formula magica. Si può dire che l’etere e le particelle quantiche sono ciò che è ovunque e in cui consiste il TUTTO.

Arriviamo ora là dove voglio arrivare.

E forse qualcuno potrebbe averlo già capito. Noi stessi siamo interamente fatti di ciò che abbiamo parlato, ci siamo dentro fino al collo allo stesso modo. Le nostre identità, i nostri nomi, le nostre personalità, le nostre credenze, opinioni, senso dell’umorismo, insomma ciò che noi pensiamo essere il nostro spirito. Siamo fatti di bits a una dimensione, i quali compongono la totalità cosmica e noi potremmo anche essere dei bits che si trovano “ALTROVE”, perché il SE' è essenzialmente un principio di organizzazione che noi diamo al caos di particelle che compone il TUTTO.

Se vi allontanate da noi, ci apparite come un punto senza dimensioni, ma se voi vi avvicinate, ci apparite come ben più di questo. Di conseguenza le nostre identità sono state assemblate da questo materiale quantico, o ETERE, dal principio di organizzazione che concepisce noi stessi. Noi stessi portiamo noi stessi a ESSERE. La nostra coscienza è la gravitazione. Siamo venuti dal nulla vorticoso e torniamo al nulla vorticoso. La polvere da cui proveniamo e la polvere in cui torniamo non sono veramente dove pensiamo che siano. E’ la mente a fare in modo che sia così.

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Questi bits potrebbero, alla stessa maniera, ritrovarsi all’altro angolo dell’universo piuttosto che là dove sono. Può essere che solo percependoli noi li manteniamo INSIEME. Voi mettete assieme i vostri bits, io metto assieme i miei, e quando smettiamo di pensare essi ritornano nel pool generale del TUTTO, DAPPERTUTTO. Quindi, me e voi consistiamo di noi stessi, e uno di questi giorni potremmo consistere di altri “ME”. Noi ritorneremo, questo ci farà stare un sacco bene perché non lo sapremo.

Perciò, si, la reincarnazione è possibile da un punto di vista scientifico e razionale. Noi siamo stati e saremo reincarnati, essendo una parte dell’IMMENSITA’ di cui siamo fatti. Saremo dei soli, delle lune, delle stelle, della pioggia: cercateci nelle previsioni del tempo!

Se vi sembra che chiuda con un tono piuttosto vago, considerate le mie difficoltà nel determinare dove stare, e cosa guardare. Io sono all’interno di un mio stato mentale, intrappolato qui da tanto tempo, a partire da un indeterminato momento di cui non ho memoria cosciente. Il fatto che voi esistiate non è che una prova per “sentito dire”. Ciò mi rende la vita più interessante pensandoci. Non vorrei che il mio spirito avesse esperienza solo di un vortice vuoto e senza forma, quando è molto meglio impiegare il mio spirito a pensare la mia attrice preferita.

Ma qui sta il puzzle: Quale realtà possiede il TUTTO a parte il fatto che ci pensi? Quando prendo un colpo e vedo le stelle prima di svenire, cosa succede in mia assenza? Come saperlo? Vi lascio con un confortante passo tratto da Wikipedia.

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Una volta che una misura è applicata, il sistema misurato diventa ENTANGLED col fisico che l’ha misurato e un immenso numero di altre particelle, alcune delle quali sono fotoni vola verso l’altro angolo dell’universo, per provare che la funzione ondulatoria non è collassata, tutte queste particelle dovrebbero essere riportate indietro ed essere misurate nuovamente assieme al sistema che era stato misurato originariamente. Ciò è abbastanza impraticabile e anche se si potesse farlo teoricamente, questo distruggerebbe tutte le prove che le misurazioni originali furono bene effettuate. (compresa la memoria del fisico).

Questo è certamente qualcosa su cui pensare.

http://crepanelmuro.blogspot.it/2014/11 ... zione.html



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MessaggioInviato: 10/12/2014, 20:42 
A questo punto cosa vieta di pensare di essere noi stessi ologrammi dotati di coscienza?

Cita:
SCOPERTO IL MODO PER POTER TOCCARE E INTERAGIRE CON GLI OLOGRAMMI: TECNOLOGIA DI STAR TREK PIÙ VICINA

Uno scienziato della Bristol University ha messo a punto un sistema che permette di percepire in maniera tattile gli oggetti prodotti da ologrammi tridimensionali. Oltre alle innumerevoli possibilità immaginate dall'industria dell'intrattenimento, il sistema potrebbe avere applicazioni pratiche anche in campo medico, consentendo ai chirurgi di esplorare una TAC e interagire con la malattia.

Immagine

Come ben sanno i fans, nell’universo di Star Trek esiste una tecnologia d’intrattenimento d’avvero straordinaria: il Ponte Ologrammi.

Grazie a questa apparecchiatura, i membri dell’equipaggio dell’Enterprise possono immergersi in veri e propri mondi olografici generati dal computer, interagendo con l’ambiente e i personaggi della simulazione come nella vita reale.

Ebbene, questa possibilità tecnologica potrebbe non essere così remota come sembra. Uno scienziato della Bristol University, il dottor Ben Long, ha inventato un sistema che permette di toccare gli ologrammi tridimensionali a mani nude e di percepirne la forma.

Gli “Ologrammi Tattili” messi a punto da Long utilizzano le vibrazioni delle onde sonore, un sistema di ultrasuoni focalizzati che consente di “sentire” e “toccare” ciò che si sta vedendo nel dispositivo: i disturbi dell’aria prodotti dai modelli complessi di ultrasuoni generano l’illusione tattile.

Come spiega l’articolo comparso su New Scientist, il ricercatore ha creato il dispositivo migliorando una versione precedente della tecnologia, la quale proiettava contorni 2D su di uno schermo. Grazie all’aggiunta di un sensore Leap Motion, finalizzato a tracciare la posizione delle mani dell’utente, il dispositivo è stato in grado di generare forme tridimensionali complete.

Praticamente, lo strumento proietta l’ologramma al momento giusto, in modo che la vista e il tatto dell’utente provino l’illusione dell’interazione con l’oggetto generato dal computer.

[BBvideo]http://www.youtube.com/watch?v=IMMdQTkfne8[/BBvideo]

“Gli ologrammi tattili consentiranno un’immersione più completa nella realtà virtuale, consentendo controlli tangibili nello spazio virtuale”, ha spiegato il dottor Long illustrando le possibili applicazioni del dispositivo. “In futuro sarà possibile sentire anche la sensazione prodotta da diversi materiali”.

Tuttavia, oltre all’intrattenimento, il sistema potrà essere usato anche in campo medico, consentendo ai medici chirurgi, per esempio, di analizzare una TAC e di “sentire” la malattia, in modo da pianificare con precisione l’intervento chirurgico.

Finora, i ricercatori hanno testato diverse forme tra sfere e piramidi. Esse sembrano vibrare dolcemente nello spazio. Il livello di dettaglio di questi oggetti è per il momento limitato, ma le forme non hanno bisogno di essere perfette per evocare un’esperienza coinvolgente: “anche se ci sono discrepanze, il cervello adatta quello che vede a quello che sente, armonizzando il quadro generale”, spiega Long.

Secondo fondi dell’università di Bristol, alcune aziende sarebbero già interessate allo sviluppo della tecnologia per applicazioni commerciali. Il lavoro è stato presentato in occasione della conferenza sulla tecnologia interattiva SIGGRAPH tenutasi il 3 dicembre a Shenshen, Cina.

http://www.ilnavigatorecurioso.it/2014/ ... iu-vicina/



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RUMORE QUANTICO E UNIVERSO OLOGRAFICO

Sono ormai circa sessant'anni che l'idea di universo olografico ha fatto irruzione sulla scena scientifica mondiale.

Cercare di dare una spiegazione al fenomeno dell'entaglement tra particelle o interrogarsi sul contenuto di entropia dell'universo ha comportato un'incredibile sforzo immaginativo che ci ha portato a rappresentazioni dell'universo decisamente fuori dall'ordinario.

Per decenni si è discusso tra gli addetti ai lavori della possibilità che il nostro universo non sia ciò che di esso percepiamo a livello sensoriale ed intuitivo. Invece di tre dimensioni spaziali infatti ne potrebbero esistere solo due. Una sorta di enorme pellicola cosmica piatta da cui promana una rappresentazione tridimensionale che non è altro che l'universo in cui viviamo. Noi stessi siamo un fenomeno talmente distante da ciò che percepiamo da diventarci totalmente alieno.

Certo sono considerazioni affascinati e stimolanti. La realtà non è quello che sembra. Si schiudono infinite possibilità da valutare, sondare. Ciononostante finora sono state solo questo: considerazioni. Certa la teoria è solida, suggestiva ed affascinante, ma pur sempre solo una teoria.

Fino a qualche tempo fa sembrava anche impossibile poter indagare sperimentalmente su tale argomento. Se infatti viviamo in un universo olografico come possiamo verificarne la natura? Un ipotetico microscopio olografico che cercasse di evidenziarne i limiti sarebbe soggetto esso stesso agli stessi limiti esistenziali e quindi non potrebbe evidenziarli.

Sarebbe come se un omino di un videogame cercasse di analizzare la natura dello schermo su cui è proiettato con un microscopio costruito dagli stessi bit di informazione di cui è fatto lui. Impossibile ricavare alcunché da esso, potrebbe solo vedere ciò che si trova all'interno del gioco stesso.

Questa considerazione è sconfortante, in fondo chi non vorrebbe dare uno sguardo al di fuori del proprio mondo manifesto che, per quanto vario ed enorme nelle sue molteplici implicazioni, tende a manifestarsi con una ripetitività opprimente? Sembra però che le cose non siano proprio così. Forse c'è un modo per verificare la natura olografica dell'universo e la cosa impressionante è che sta succedendo proprio adesso. Forse un fastidioso rumore di fondo che disturba un sofisticato strumento di indagine cosmica è la prima prova sperimentale che le teorie sull'universo olografico non sono solo teorie.

Ma quest'avventura non comincia con un rilievo casuale al contrario inizia ancora una volta con una teoria.

Craig Hogan è un fisico appena promosso direttore del Fermilab, un laboratorio per lo studio delle particelle a Batavia, Illinois. Hogan ha fatto alcune considerazioni cruciali partendo dai risultati di Bekestein sull'universo olografico (2). Infatti se l'informazione contenuta nell'universo non può che essere quella che è contenuta nei suoi confini esterni allora la grandezza dei bit come si manifestano all'interno dell'universo deve essere più grande di quella teorizzata in base alla lunghezza di Planck, in altre parole l'universo appare come fuori fuoco, sfumato quando lo si osserva a livello ultramicroscopico.

Fermiamoci un attimo per comprendere meglio questo punto.

Max Plank è stato uno dei padri fondatori delle fisica quantistica. Egli ha concepito per primo il concetto di quantum ovvero quantità base di energia. In fisica classica esisteva il concetto di continuum. Ad esempio possiamo suddividere all'infinito lo spazio che c'è tra due corpi senza mai arrivare ad una lunghezza minima. Questo concetto sembra intuitivamente accettabile, se infatti arrivassimo ad una grandezza molto piccola cosa ci potrebbe impedire a livello teorico di suddividerla ulteriormente? Osservando meglio il concetto di continnum però sorgono non pochi problemi. Si vedano ad esempio i famosi paradossi di Zenone che portano la mente in stallo proprio di fronte al concetto di infinitamente divisibile. Anche se poi questi paradossi sono stati spiegati rimane il fatto che di fronte all'idea di infinitamente divisibile ad un certo punto la nostra mente si ribella, è come se dicessimo "ci sarà un limite ad un certo punto!" Infatti c'è.

Lo stesso ragionamento di infinitamente divisibile potrebbe essere fatto per le quantità di energia, di massa eccetera. Planck ha invece dimostrato che l'energia si trasmette in quantità definite, discrete, per l'appunto in quanti. In altre parole non potremo mai avere mezzo fotone di luce ma sempre e soltanto multipli di un fotone.

Questa concezione ha rivoluzionato la fisica nelle sue fondamenta più basilari. L'universo non è infinitamente divisibile ne lo sono il tempo, la materia, l'energia, l'informazione ecc. Tutto si muove a scatti, a valori discreti.

Plack nella sua lunga e feconda vita di scienziato ha anche concepito numerose unità di misura allo scopo di definirle in relazione a costanti universali non concepite dall'uomo. Una di queste unità di misura è la lunghezza di Planck. Misura un valore molto piccolo circa 1,6 x 10-35mm.

Molto più tardi, negli anni '80, questa misura assunse un significato molto importante. Infatti con la nascita della teoria delle super stringhe si assunse che la stringa base dell'universo avesse diametro uguale proprio alla lunghezza di Plack e che non ci sia alcun senso in grandezze inferiori a questa. Al di sotto di questo limite lo spazio ed il tempo non hanno più significato.

La teoria delle stringhe prevede che tutte le forme di energia e di particelle siano costituite da componenti base, per l'appunto le stringhe, che vibrando in un universo a 11 dimensioni si manifestano nel nostro universo ordinario come particelle, o fotoni, o quanti di altre energie. In altre parole le stringhe sono i mattoni base del nostro universo. E queste stringhe hanno come diametro la lunghezza di Planck.

A quest'ordine di grandezza lo spazio-tempo stesso diventa instabile. Soggetto alle leggi della probabilità, in perenne stato di agitazione quantistica. Per definire questo stato la meccanica quantistica parla di "quantum foam" o spuma quantistica. È come se a livelli sub-microscopici ci fosse una sorta di schiuma in perenne fluttuazione, un ribollire quantico di spazio-tempo.

Purtroppo non c'è modo di darci uno sguardo, le grandezze sono troppo piccole ed anche a livello teorico non è concepibile alcun mezzo per arrivare a questi valori minuscoli. Ne siamo tagliati fuori in modo irrimediabile.

Almeno fino ad ora.

Qui entra in gioco l'intuizione di Hogan. Come si è detto il fisico americano è partito dalla concezione di universo olografico di Bekestein. Secondo tale concezione l'entropia (e l'informazione) che è possibile racchiudere in una certa porzione di spazio è equivalente alla superficie del buco nero equivalente a quella stessa porzione di spazio. In parole più semplici riducete la Terra ad un buco nero di 9 mm di diametro e la sua superficie sarà il limite massimo di informazione che possiamo stipare sul pianeta.

Questa equivalenza manifesta una sorta di vincolo olografico. In altre parole sembra che l'universo sia un enorme ologramma cosmico.

Hogan è partito da questa considerazione ed ha notato che se l'universo è solo un ologramma allora anche le grandezze base dell'universo non sono quelle che pensiamo. In particolare la lunghezza di Planck presente sulla superficie di proiezione dell'ologramma si manifesterebbe all'interno di esso come sfocata, sfumata e molto, molto più grande. Siamo nell'ordine di 10-16mm. Per capire come questo accada immaginate di vedere un gioco di ombre cinesi, le immagini sono proiettate su uno schermo da un raggio luminoso posto dietro di esse. Come tutti sanno se avviciniamo gli oggetti alla fonte di luce (o allontaniamo lo schermo) l'immagine diviene più grande e viceversa. Hogan è partito dalle dimensioni stimate dell'universo e si è chiesto che dimensione potrebbe avere la lunghezza di Planck se fosse proiettata da un'ipotetica fonte luminosa all'interno di un enorme ologramma sferico (l'universo per l'appunto). Ed ecco la risposta: 10-16mm.

Questa non è più una grandezza impossibile da determinare con esperimenti fisici reali.

Ed è qui che Hogan ha cominciato a pensare a come avrebbe potuto dare uno sguardo all'infinitamente piccolo. Ad esempio a queste grandezze sarebbe forse percepibile la schiuma quantistica come perenne ribollire, fluttuare dello spazio-tempo. Diventerebbe una sorta di rumore di fondo, un disturbo sonico di quelli che danno fastidio quando si sentono alla radio ma di fondamentale importanza se coinvolge la natura dell'universo. Dunque ha cominciato a domandarsi come poter rilevare questo rumore di fondo ed incredibilmente non ha dovuto fare molto sforzo per trovare un riscontro già bello che pronto, ad Hannover in un impianto costruito per studiare tutt'altro.

IL GEO600 è una sorta di grande righello lungo 600 m. Esso è stato concepito per rilevare le onde gravitazionali. Secondo la teoria della relatività quando una stella esplode in una nova lo spazio ne viene talmente scosso da creare delle increspature, delle onde di gravità che si muovono nello spazio alla velocità della luce. Tali onde quando attraversano una certa porzione di spazio la allungano in un senso e la contraggono nell'altro. Tali allungamenti e contrazioni sono rilevabili in diversi modi.

Nel caso del Geo600 sono stati posti ai due estremi del righellone due interferometri laser ovvero due lettori di luce laser. Se inviamo una luce coerente (cioè una luce che è fatta di fotoni che vibrano all'unisono) attraverso uno specchio argentato semitrasparente siamo in grado di riflettere metà del fascio e lasciar passare l'altra metà. Se dirigiamo i due fasci coerenti ai due estremi del Geo600 possiamo farli interferire in modo molto preciso e rilevare se ci sono deformazioni dello spazio dovute all'arrivo di onde gravitazionali. A questo punto possiamo tradurre i messaggi laser in suoni e restare all'ascolto.

Prima o poi una stella esploderà e noi potremo vedere le increspature dello spazio sotto forma di suono.
Quando Hogan ha scoperto il Geo600 ha capito che forse il suo peculiare modo di funzionare avrebbe potuto rilevare il ribollire quantico della schiuma dello spazio-tempo. E' entrato in contatto con il direttore del Geo600 e gli ha esposto le sue teorie. A questo punto la storia sembra diventare un libro d'avventura. Il direttore del Geo600, Danzmann, ha subito confermato ad Hogan che è circa un anno e mezzo che registrano un fastidioso rumore di fondo proveniente dallo strumento, un rumore di natura sconosciuta. Hanno pensato che potesse essere un disturbo di tipo termico ma i valori rilevati non sono spiegabili interamente con questa origine.

E siamo arrivati ad oggi. Si stanno mettendo a punto alcune varianti nel sistema di misura del rumore, in particolare misurare a diverse frequenze e forse realizzare una protezione sottovuoto del Geo600, tecnologia in cui i tedeschi eccellono. Tutto questo per cercare di avere ulteriori dimostrazioni e riscontri del fenomeno. Ci si attende un'evoluzione dei rilievi entro un anno. E nel frattempo la comunità scientifica tiene gli occhi ben puntati sul Geo600 che è balzato al centro dell'attenzione mondiale.

Ma tutto questo cosa significa in pratica? L'universo potrebbe essere un ologramma e noi come parte di esso non saremmo che delle evanescenti proiezioni di una sorta di universo-base bidimensionale spalmato su una pellicola cosmica. Hogan ha fatto un parallelo tra ologramma universale ed ologrammi di nostra conoscenza ordinaria e forse ha dato il via alla prima scoperta sperimentale della nautura olografica dell'universo.

E se anche altri paralleli fossero possibili?

Si sa ad esempio che su una stessa pellicola olografica si possono incidere molti ologrammi che si rendono visibili modificando l'angolo di incidenza della luce. Un esempio sono gli ologrammi presenti sulle banconote. In un cubo di quarzo di pochi centimetri è possibile imprimere anche un milione di ologrammi uno accanto all'altro.

E se anche la nostra pellicola cosmica avesse le stesse proprietà? Non conosciamo la natura della luce che può proiettare una cosa come l'intero universo e non conosciamo di certo la natura della pellicola cosmica bidimensionale sulla quale il tutto è presente. Ma se su questa pellicola ci fossero impressi altri universi? Uno accanto all'altro in una successione di realtà parallele il cui pensiero lascia sgomenti.
Nella storia dell'umanità il concetto di "dimensione parallela" è presente da sempre in un modo o nell'altro. Pensiamo ad esempio alla favolosa isola di Avalon, un posto concreto ma separato dal nostro mondo. E non si parla qui di mondi dell'al di là a cui si può accedere in vari modi, in particolare morendo. L'al di là sembra essere descritto in modo diverso da queste dimensioni parallele.

Immaginiamo di essere un omino da video game che vive il proprio programma proiettato su uno schermo cosmico in un'illusoria immagine 3D. Ci muoviamo nel contesto del nostro video game convinti della sua realtà ed immanenza. Ma ecco che accanto al nostro universo ne esiste un altro, ed un altro ancora assolutamente invisibili a noi. Come potremmo entrare in contatto con essi?

Nel campo dell'indagine ufologica si è parlato spesso di esseri venuti da dimensioni parallele tramite strumenti tecnologici. D'altronde non avremmo i vincoli teorici presenti per esempio nella teoria dei molti mondi di Everett, che prevede l'esistenza di un'enorme quantità di universi paralleli però inellutabilmente separati tra loro.

Lo stesso J.Allen Hynek, il famoso ufologo che analizzò il "Blue Book" asserì che "gli UFO potrebbero essere un'interfaccia tra la nostra realtà e una realtà parallela" ed ancora egli affermò che il viaggio intergalattico non è fisicamente possibile ma che gli UFO potrebbero rappresentare una realtà alternativa o addirittura delle "porte" che connettono il nostro universo a qualche dimensione parallela.

Quante volte, nelle varie cosmogonie presenti nei miti di tutto il pianeta, si è parlato, in un modo o in un altro, di piani esistenziali posti su livelli di "vibrazione" diversi, posti incantati a cui si accede con parole magiche, terre poste "altrove", e via dicendo.

Un'altra peculiarità degli ologrammi è la singolare capacità che ha ogni parte della pellicola di mantenere impresso l'intero ologramma. Se si rompe una pellicola olografica ogni parte di essa riproduce l'intero ologramma con l'unica differenza che la sua riproduzione è di qualità inferiore a quella originale.

Essa appare meno precisa e dettagliata. Se applicassimo questa qualità alla pellicola cosmica potremmo forse riprodurre un universo in miniatura tramite la riproduzione in laboratorio di una piccola porzione della "pellicola" universale? Non intendo una copia del nostro universo in particolare ma magari realizzando in laboratorio una pellicola con le sue proprietà di base essa potrebbe costituire un vero e proprio universo in provetta. Ma allora il nostro stesso universo potrebbe essere in un certo senso di "seconda mano". Un esperimento in provetta di uno scienziato che cerca di comprendere il proprio universo.

Naturalmente siamo in piena fantascienza e non sembra che sia neanche lontanamente concepibile una cosa simile, almeno per ora.

Le prospettive sono però affascinati e non possiamo non interrogarci sulle implicazioni di un universo olografico.

Se fossimo omini olografici e scoprissimo che il nostro universo è una proiezione tridimensionale potremmo forse cominciare a studiarne le caratteristiche, la natura e magari riuscire a scoprire che queste "realtà parallele" sono separate da noi solo dall'inclinazione della luce cosmica da cui tutto promana. Magari conoscendone la natura potremmo metterci in sintonia con essa e viaggiare da una dimensione all'altra. E, naturalmente, se ciò e possibile è anche molto probabile che siamo a nostra volta visitati da esseri di altre dimensioni. In questo caso essi sono qui, tra noi.

Ma soprattutto potremmo chiederci chi è il programmatore ed il costruttore di questo schermo cosmico. Perchè lo ha fatto e che senso ha la nostra presenza al suo interno.

E' solo un video game fine a se stesso o reca un significato particolare per noi che ci troviamo intrappolati in esso? Vi è una via d'uscita?

Naturalmente una moltitudine di altre domande affolleranno la vostra mente come la mia.

http://www.merlino.org/uo-08.htm



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MessaggioInviato: 12/01/2015, 12:06 
UNIVERSO PARALLELO TEMPORALMENTE INVERO

Lo ha affermato, in una intervista apparsa sul sito internet di Gizmodo, Jean-Pierre Petit scienziato francese specializzato in meccanica dei fluidi, ex direttore di ricerca al CNRS francese, il quale lavora da anni su una “teoria della bi-gravità”, che si basa sull’ipotesi di una struttura dove l’Universo, denominato “Giano”, possiede “una parte anteriore e una posteriore”. Nel “retro” di questo “Universo Giano”, al passaggio, il tempo scorrerebbe all’indietro.

Gizmodo.fr: Più di quarant’anni dopo Sakharov, l’ipotesi di un universo parallelo ma temporalmente inverso riemerge a galla. Perché c’è più enfasi oggi che negli anni sessanta del Ventesimo secolo?

JJP: Nel corso del 2011 gli astrofisici Saul Permutter, Adam Riess e Brian Schmidt hanno ricevuto il premio Nobel per aver dimostrato che l’espansione dell’Universo, invece di rallentare, accelera. Ma questa osservazione solleva una domanda imbarazzante poiché questa accelerazione poggierebbe allora su una <<energia oscura>>, che rappresenta il 70 percento del contenuto dell’Universo, ma nessuno può definire la natura e la composizione. La sola teoria in lizza, attualmente, consiste di attribuire questa accelerazione alla <<costante cosmologica>> che è presente nell’equazione di Einstein e che tutti gli scienziati, fino ad allora, erano d’accordo nel pensare che fosse…nulla!

La Teoria dei Gruppi Dinamici (J.M.Souriau, B.Kostant, A.Kirillov, anni settanta del secolo scorso) conduce, tuttavia, a legare l’inversione della massa all’inversione…del tempo. Possiamo quindi considerare l’Universo come una varietà M4, a quattro dimensioni, dotato di due parametri, che sono soluzioni di un sistema di due equazioni di campo congiunte. Possiamo quindi costruire una soluzione esatta, instabile, dove questo sistema dimostra che le specie di massa positiva (noi) accelerano.

Gizmodo.fr: La sua teoria rimette in discussione le equazioni di Einstein?

JPP: Come fece Albert Einstein nel 1917 con una unica equazione di campo (E=mc2), io sostengo ugualmente un ritorno al “tutto geometrico”. Ma presento un sistema di due equazioni, congiunte.

Per rappresentarle, possiamo immaginare un Universo dotato di una parte anteriore, dove circolano le particelle che noi conosciamo, e uno “posteriore”, dove circola ciò che gli scienziati chiamano “energia oscura”, che è composta da una materia negativa fatta di protoni, di neutroni e elettroni, di massa e di energia.

Il sistema di due equazioni che ho introdotto riflette semplicemente una interazione tra la parte anteriore dell’Universo e il suo lato posteriore, che raggiunge anche le idee espresse da Sakharov nel 1967. Vi invito a visitare il mio sito internet per meglio comprendere i miei lavori.

Gizmodo.fr: Le idee di Galileo o di Copernico non ricevettero un’accoglienza molto favorevole da parte dei loro contemporanei. Vi attendete un qualcosa di simile per questa teoria?

JPP: Il mio interesse per gli UFO mi ha fatto un emarginato e molti astrofisici respingono i miei lavori senza nemmeno preoccuparsi di leggerli. Ma dopo una cinquantina di tentativi infruttuosi di numerose riviste, Astrophysics and Space Science, e Modern Physics letters A, pubblicazioni di alto livello hanno deciso di pubblicare due miei articoli su questo mondo <<bimetrico>>. Le cose si evolvono lentamente e attraverso il mio sito internet, posso diffondere direttamente i miei lavori al grande pubblicvo. Una possibilità che purtroppo non avevano Galileo o Copernico.

Gizmodo.fr: Si questa teoria fosse confermata, potrebbe essa semplificare i viaggi interstellari?

JPP: Essa è a mio avviso la chiave. Concetti come buchi neri, wormholes o, più recentemente, il “motore a curvatura” hanno incontrato un certo successo tra il grande pubblico, ma la mia teoria permetterà di prendere in considerazione una nuova forma di viaggi interstellari, di <<invertire la massa>> di un veicolo e dei suoi occupanti, con termini compatibili con la vita umana e, il passaggio, permetterà di spiegare i molti aspetti degli avvistamenti di UFO… .

Gizmodo.fr: E se si parla di questo nuovo spazio-tempo, potremmo anche ugualmente immaginare di viaggiare….nel tempo?

JPP: Non credo. Ci sarebbe semplicemente solo uno spostamento temporale tra il tempo vissuto dai passeggeri di una nave e quelli rimasti <<sulla Terra>>. Ma non è un qualcosa di eccezionale. Gli astronauti della Stazione Spaziale Internazionale, a causa della loro velocità e della Relatività Ristretta <<invecchiano meno di noi>>, di…qualche millisecondo. Questo Universo è colmo di una infinità di misteri.

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 Oggetto del messaggio: Re: L'Universo Olografico
MessaggioInviato: 14/03/2015, 20:22 
“La separazione è un illusione e viviamo in un universo olografico”

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Nel 1982, e a tutti noi sembrerà una news, che l’ equipe di ricerca ordinata dal fisico Alain Aspect, direttore francese del CNRS (Centre National de la Recherche Scientifique), effettua uno dei più importanti esperimenti della storia. Il team scoprì che sottoponendo a determinate condizioni delle particelle subatomiche come gli elettroni, esse sono capaci di comunicare istantaneamente l’ un l’altra a prescindere dalla distanza che le separa, sia che si tratti di un millimetro, che di diversi miliardi di chilometri. Questo fenomeno portò a due tipi di spiegazioni: o la teoria di Einstein (che esclude la possibilità di comunicazioni più veloci della luce) è da considerarsi errata, oppure più possibilmente le particelle subatomiche sono connesse non-localmente: esiste qualcosa di non tangibile e visibile che mantiene collegati gli atomi a prescindere dallo spazio (e quindi anche dal tempo?).

LA SEPARAZIONE E’ UN’ILLUSIONE

David Bohm, celebre fisico dell’Università di Londra, che si era già confrontato con lo stesso problema durante la sua riformulazione del paradosso di Einstein-Podolsky-Rosen, ribadisce come non vi sia alcuna propagazione di segnale a velocità superiori a quella della luce, bensì che si tratti di un fenomeno non riconducibile ad alcuna misurazione spaziotemporale. Il fisico americano sosteneva che le scoperte di Aspect implicassero la non-esistenza della realtà oggettiva. Vale a dire che, nonostante la sua apparente solidità, l’Universo è in realtà un fantasma, un ologramma gigantesco e splendidamente dettagliato.

Questa intuizione suggerì a Bohm una strada diversa per comprendere la scoperta del gruppo di ricerca francese, si convinse che il motivo per cui le particelle subatomiche restano in contatto, indipendentemente dalla distanza che le separa, risiede nel fatto che la loro separazione è un illusione: ad un qualche livello di realtà più profondo, tali particelle non sono entità individuali ma estensioni di uno stesso “organismo” fondamentale.

TUTTO E’ COLLEGATO

Se le particelle ci appaiono separate è perché siamo capaci di vedere solo una porzione della loro realtà, esse non sono “parti” distinte bensì sfaccettature di un’unità più profonda e basilare; poiché ogni cosa nella realtà fisica è costituita da queste “immagini”, ne consegue che l’ universo stesso è una proiezione, un’ ologramma. Se l’ esperimento delle particelle mette in luce che la loro separazione è solo apparente, significa che ad un livello più profondo tutte le cose sono infinitamente collegate:
“Gli elettroni di un atomo di carbonio nel cervello umano sono connessi alle particelle subatomiche che costituiscono ogni salmone che nuota, ogni cuore che batte ed ogni stella che brilla nel cielo. Tutto compenetra tutto. Ogni suddivisione risulta necessariamente artificiale e tutta la natura non è altro che un’ immensa rete ininterrotta.”

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“Si dice che nel cielo di Indra esiste una rete di perle disposta in modo tale che, se se ne osserva una, si vedono tutte le altre riflesse in essa. Nello stesso modo, ogni oggetto nel mondo non è semplicemente se stesso ma contiene ogni altro oggetto, e in effetti è ogni altra cosa” recita il Avatamsaka Sutra di 2500 anni fa della tradizione orientale.

SPAZIO E TEMPO CADONO

In un universo olografico neppure il tempo e lo spazio sarebbero più dei principi fondamentali, poiché concetti come la “località” vengono infranti in un universo dove nulla è veramente separato dal resto: anche il tempo e lo spazio tridimensionale dovrebbero venire interpretati come semplici proiezioni di un sistema più complesso.

“Con l’osservazione l’onda diventa corpuscolo. L’energia del Campo Unificato (intelligente) diventa materia. La materia si trasforma e produce il tempo e lo spazio (il momento e la posizione). Dunque il tempo nasce dalla trasformazione dell’energia in materia. Ma in realtà il tempo e lo spazio non esistono. Ci sono intervalli rapidissimi che sembrano succedersi in continuità tra una scomparsa e una apparizione di una particella e l’altra. Questi intervalli che sembrano susseguirsi in rapida successione sembrano andare a costituire il tempo. Ma così non è. Se il nostro occhio potesse avere un potere percettivo più veloce (più risolutivo), ci accorgeremmo che nulla fluisce e nulla scorre.” Vittorio Marchi, insegnante e un ricercatore di fisica.

FUNZIONAMENTO DI UN OLOGRAMMA

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Per riprodurre l’ologramma lo osserviamo con la luce laser, proiettandone un fascio sulla lastra. Apparentemente a mezz’aria l’osservatore vede formarsi l’immagine tridimensionale, attorno alla quale si può anche girare per osservarla da tutti i punti di vista, proprio come se fosse un oggetto reale.

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Su una stessa lastra possono essere registrati moltissimi diversi ologrammi, semplicemente variando l’angolo di incidenza del laser, e allo stesso modo essi possono essere letti separatamente.

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Infine qua sopra vediamo che l’informazione registrata (in questo caso l’immagine della mela) è distribuita su tutta la lastra. Infatti da ogni sua più piccola parte è possibile riavere l’informazione originale, anche se in tal caso si verifica una certa perdita d’informazione, inversamente proporzionale alla grandezza della parte letta.

L’UNIVERSO E’ UN OLOGRAMMA

Karl H. Pribram è un medico neurochirurgo austriaco, professore di psichiatria e psicologia in varie università americane, tra cui la Stanford University e la Georgetown University.

Affermare che ogni singola parte di una pellicola olografica contiene tutte le informazioni in possesso della pellicola integra significa semplicemente dire che l’informazione è distribuita non-localmente. Se è vero che l’universo è organizzato secondo principi olografici, si suppone che anch’esso abbia delle proprietà non-locali e quindi ogni particella esistente contiene in se stessa l’immagine intera.

Lavorando nel campo della ricerca sulle funzioni cerebrali, anche il neurofisiologo Karl Pribram, dell’Università di Stanford, si è convinto della natura olografica della realtà. Numerosi studi, condotti sui ratti negli anni ’20, avevano dimostrato che i ricordi non risultano confinati in determinate zone del cervello: dagli esperimenti nessuno però riusciva a spiegare quale meccanismo consentisse al cervello di conservare i ricordi, fin quando Pribram non applicò a questo campo i concetti dell’olografia. Egli ritiene che i ricordi non siano immagazzinati nei neuroni o in piccoli gruppi di neuroni, ma negli schemi degli impulsi nervosi che si intersecano attraverso tutto il cervello, proprio come gli schemi dei raggi laser che si intersecano su tutta l’area del frammento di pellicola che contiene l’immagine olografica.

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Vi è una impressionante quantità di dati scientifici a conferma della teoria di Pribram ma l’aspetto più sbalorditivo del modello cerebrale olografico dello scienziato, è ciò che risulta unendolo alla teoria di Bohm. Se la concretezza del mondo non è altro che una realtà secondaria e ciò che esiste non è altro che un turbine olografico di frequenze e se persino il cervello è solo un ologramma che seleziona alcune di queste frequenze trasformandole in percezioni sensoriali, cosa resta della realtà oggettiva? In parole povere: non esiste.

Come sostenuto dalle religioni e dalle filosofie orientali, il mondo materiale è una illusione; noi stessi pensiamo di essere entità fisiche che si muovono in un mondo fisico, ma tutto questo è pura chimera. In realtà siamo una sorta di “ricevitori” che galleggiano in un caleidoscopico mare di frequenze e ciò che ne estraiamo lo trasformiamo magicamente in realtà fisica: uno dei miliardi di “mondi” esistenti nel super-ologramma.

http://www.dionidream.com/separazione-i ... lografico/



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 Oggetto del messaggio: Re: L'Universo Olografico
MessaggioInviato: 31/03/2015, 23:29 
“La sostanza dell’universo è la Coscienza”

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Possiamo affermare che la comprensione della realtà è direttamente proporzionale all’evoluzione della nostra Coscienza. Se quest’ultima “abita” i piani più bassi della piramide cosmica riusciamo a percepire soltanto le caratteristiche più futili della realtà, se ci sforziamo, però, ad espandere (cioè a far evolvere) la nostra coscienza, la nebbia del mistero (in parte) si dissolverà e la luce della conoscenza troverà spazio per illuminare le nostre menti. Sì, proprio così; è la Coscienza la sostanza dell’universo, la sorgente che nutre la mente e il pensiero, nonché tutto ciò che appare sotto forma di materia.

La materia sembra un ottimo punto da cui iniziare in quanto la sua solidità, la sua tangibilità e la sua visibilità appaiono indiscutibili; persino il nostro corpo “ci assicura” che siamo solidi.

Tuttavia dobbiamo necessariamente porci una domanda: <<Se questa sostanza a cui diamo il nome di “materia” fosse solo un miraggio, un’illusione?>> La fisica moderna infatti, a partire da Einstein, sta dimostrando sempre meglio, attraverso esperimenti sofisticatissimi, che la materia, così come siamo abituati ad intenderla, non esiste.

Tutti sappiamo che i mattoni che costituiscono la materia sono gli atomi, formati da un nucleo (protoni e neutroni) e da elettroni che ruotano intorno al nucleo alla velocità della luce; poiché gli elettroni (carica negativa) si trovano nella parte esterna al nucleo dell’atomo, quando crediamo di toccare qualcosa non ci accorgiamo che la sensazione tattile è l’effetto della repulsione elettrostatica tra gli elettroni della nostra mano e dell’oggetto su cui l’abbiamo posta.

Tenendo gli occhi aperti, invece, siamo profondamente convinti di vedere tutto ciò che ci circonda, ma vediamo soltanto la luce che si riflette sulla materia e che penetra nei nostri occhi, successivamente il cervello interpreta le informazioni ricevute.

Ciò che abbiamo compreso fino ad ora è che la materia è di per sè invisibile (in quanto in assenza di luce non si vedrebbe nulla) e intangibile (perché toccare la materia implicherebbe una fusione nucleare, ciò significa che ad ogni stretta di mano si scatenerebbe una gigantesca esplosione). Il materialista, dunque, deve avere una gran fede per credere in qualcosa che non può né vedere, né toccare.

Questa è solo una delle molteplici caratteristiche della realtà, l’illusione è più grande di quanto possiamo immaginare…
Tutto ciò che ci circonda è il risultato di una frequenza, dunque se la frequenza viene modificata la struttura della materia si modifica a sua volta.

La fisica quantistica, pur se utilizzando una differente terminologia, esprime lo stesso concetto di cui erano a conoscenza gli antichi maestri: tutto è uno. Il nostro universo, infatti, può essere definito come un gigantesco ologramma: l’olografia è semplicemente una tecnica fotografica che permette di ottenere immagini tridimensionali mediante la sovrapposizione di onde luminose diffuse da un oggetto colpito da un raggio laser con altre diffuse dalla stessa fonte laser e riflesse con uno specchio; un ologramma, in sostanza, è una fotografia in 3D prodotta con il supporto di un raggio laser e di una pellicola fotografica su cui vengono registrate le informazioni. La caratteristica peculiare di un ologramma è che ogni porzione dell’intero contiene l’immagine olografica completa, ogni minuscolo frammento contiene quindi una versione più piccola, ma intatta, di quell’immagine (anche se la risoluzione di tale immagine è proporzionale alla grandezza del frammento).
Perché alcuni fisici paragonano l’universo proprio ad un ologramma?

Nel 1982 il fisico francese Alain Aspect, direttore del CNRS, effettuò un esperimento di estrema importanza: egli notò che sottoponendo a determinate condizioni alcune particelle subatomiche (in questo caso elettroni), esse erano in grado di comunicare simultaneamente a prescindere dalla distanza che le separava (millimetri o miliardi di chilometri); le particelle subatomiche erano in qualche modo connesse in maniera non-locale. Questo esperimento incuriosì il fisico britannico David Bohm, il quale capì che la separazione tra le particelle, come tra tutto ciò che costituisce l’universo, è un’illusione.

Ad un livello più profondo di realtà e di vibrazioni “tutto è collegato con tutto”, le particelle esistono in quanto estensioni di uno stesso “organismo fondamentale”. Tutto ci appare separato perchè siamo in grado di percepire solo un determinato livello di realtà, dunque l’universo stesso è una immensa proiezione, un ologramma.

Se questa ipotesi venisse dimostrata, ciò significherebbe che ogni singola particella conterrebbe l’intera immagine dell’universo, sarebbe la parte ed il tutto nello stesso momento; passato, presente e futuro coesisterebbero insieme.
Per concludere, la realtà oggettiva non esiste, proprio come sostenevano le religioni e le filosofie orientali, in quanto noi esseri umani (forse dovremmo dire esseri viventi in generale) decodifichiamo le innumerevoli informazioni (sotto forma di frequenze) provenienti dalla realtà circostante, in una realtà materiale e tangibile; quindi in un universo in cui tutto è interconnesso (olografico appunto), la realtà è un ologramma e la Coscienza è il laser che rende visibile e tangibile l’intera rappresentazione.

Ma come fare a verificare se davvero siamo parte di un ologramma che, tra l’altro, costituisce una realtà così perfetta che tutto sembra tranne che illusoria?

Non mi resta che citare qualche splendida frase del grande teologo e filosofo francese Teilhard de Chardin:

“Atomi, elettroni, corpuscoli elementari devono possedere un rudimento d’immanenza, cioè una scintilla di Spirito.”

“Il Cosmo è coeso non in virtù della Materia, ma dello Spirito.”

“L’immensità del Cosmo non ci opprime se infine intravediamo che la Materia, con le sue meravigliose forze, prende coscienza di sé soltanto con noi.”


http://veki.club/la-sostanza-dell-unive ... coscienza/



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 Oggetto del messaggio: Re: L'Universo Olografico
MessaggioInviato: 08/04/2015, 11:42 
Seth Lloyd: l'universo a immagine e somiglianza del computer

Se la materia, secondo Zeilinger, è informazione, perché l'universo non potrebbe essere un computer? Seth Lloyd lo ipotizza chiaramente fin dal titolo del suo libro "IL PROGRAMMA DELL'UNIVERSO. Il cosmo come uno sconfinato computer"(2006). Ecco un chiaro esempio di realtà convenzionale, fittizia e metafisica, che traduce l'idea dell'identità realtà-informazione. Non sapendo come concepire realmente l'universo, lo si considera "come se" fosse uno sconfinato computer, così da utilizzare in cosmologia la nuova "scienza delle reti". Questo è il modo di procedere della scienza contemporanea: inventare nuovi paradigmi tratti dalle ultime novità della tecnologia umana.

Se Zeilinger ha detto: realtà e informazione sono la stessa cosa, Lloyd dice: "In principio era il bit". "Le cose nascono da pezzi di informazione, cioè dai bit". Murray Gell Mann ha obiettato all'autore che non tutti i bit sono uguali: "Ci sono bit preziosi e altri no". E alla domanda di uno studente: "c'è un modo preciso, matematico, di quantificare l'importanza dell'informazione contenuta in un bit?", l'autore non risponde, sprofondando nel più banale e semplicistico riduzionismo estremo.

Basta leggere il seguente passo: "Questo libro racconta la storia del bit e dell'universo. L'universo è la cosa più grande che ci sia e il bit è la più piccola quantità d'informazione possibile. L'universo è fatto di bit. Ogni singola molecola, ogni atomo, ogni particella elementare registra bit d'informazione". Per Lloyd la questione è "comprendere in che modo la realtà registra ed elabora informazioni. In altre parole, dobbiamo capire il legame intrinseco della natura", ricordandoci anche che "la vita, il sesso, il cervello, la civiltà non sono apparsi nel mondo per puro caso". Ecco, è così che il determinismo rialza la testa proprio grazie alla "informazione"!


Ma che cosa è l'informazione? Come definirla? L'autore dice che nessuno sa definirla, però tutti sanno rispondere alla domanda: "che cosa è un bit?" Persino i suoi giovani studenti risposero a raffica: "0 o 1", "testa o croce", "si o no", "vero o falso", "la scelta tra due alternative". Per maggiore precisione, Lloyd ricorda che "Bit" è l'abbrevazione di binary digit, cioè "numero binario", il quale rappresenta "una possibilità su due, che tradizionalmente si indicano con O e 1, ma che potrebbe essere una qualsiasi coppia in opposizione (caldo-freddo, bianco-nero, dentro-fuori, ecc.)".

Il sistema binario non è stato creato, però, per esigenze della logica; è stato creato per far funzionare meccanismi tecnologici: "Visto che ci sono solo due simboli, è facile costruire circuiti elettronici elementari che eseguano operazioni di base; questi circuiti, a loro volta, sono le unità fondamentali dei computer. Forse non siamo bravi a definire l'informazione, ma di sicuro sappiamo usarla".

Ma, noi non siamo affatto bravi quando chiamiamo informazione qualcosa che serve a far funzionare dei meccanismi mediante circuiti elettronici, perché, in questo modo, noi abbassiamo il concetto di informazione a livello di "acceso-spento", a livello di ciò che fa muovere un meccanismo, di ciò che permette a un meccanismo di calcolare, fare operazioni, ecc. Insomma l'informazione di cui qui si parla è solo quella che ci permette di far viaggiare dati nei computer, ossia il bit.

Ora chi segue la logica binaria, riflesso matematico del pensiero metafisico "vero-falso", può anche ottenere calcoli rapidissimi ma non certo un'acuta intelligenza. I computer sono oggettivamente utili idioti, in grado di fare molto meglio dell'uomo e soprattutto molto più rapidamente, grazie alla più semplice forma di logica, quella matematica e metafisica del "vero-falso". Ma l'universo, ovvero l'evoluzione della materia nel cosmo, è talmente complesso che non può abbassarsi alla logica della non contraddizione e della semplificazione.

Uno studente, certamente più intelligente del suo computer, chiede perplesso all'autore: "Ma l'informazione non dovrebbe avere un contenuto, significare qualcosa?". La risposta che ottiene è reticente: "Certo quando si parla di informazione in genere si intende anche il suo contenuto. Ma è difficile (!) mettersi d'accordo (!) su cosa ciò voglia davvero dire (sic!)". E non contento Lloyd ripesca una delle assurde domande della logica formale: "Che cosa significa avere un significato?"


I logico formali non hanno mai capito, nel loro eccesso di astrazione, che la vera questione non è la difficoltà di mettersi d'accordo sul significato di questo o quello; la vera questione è che la realtà è contraddittoria, e, se dovessimo affidare all'informazione, che "muove" i computer, il compito di comprenderla, di rifletterla, questi si bloccherebbero perché non tollerano complicazioni. Per poter funzionare un computer deve affidarsi alla semplice logica binaria, quindi può digerire solo i bit.

Allora, non è affatto vero che "I bit sono in grado di registrare ogni tipo di informazione allo stesso modo in cui le parole rappresentano idee e oggetti". E non è affatto vero che stia "a noi dare ai bit (e alle parole) il giusto significato". I bit non sono in grado di registrare ogni tipo di informazione, bensì soltanto informazioni del tipo: bianco o nero, zero o uno. Non sono capaci di registrare oggettive contraddizioni. Ne consegue che i computer, potendo comprendere solo il linguaggio dei bit, dunque soltanto la metafisica degli opposti diametrali, sono stupidi quanto può esserlo un Simplicio: in conclusione, sono macchine che funzionano solo in modo metafisico e privo di intelligenza. Altro che informazione!

Ora, quando Lloyd dice che "Errare è umano, ma per fare grossi casini ci vuole un computer", dice bene, ma non si rende conto di ammettere finalmente l'inettitudine del computer, che non è una macchina intelligente, anche se appare "logica" perché obbedisce alla logica binaria. Ma poi egli pone in relazione la meccanica quantistica con i calcolatori digitali, affermando che l'universo si regge sulla meccanica quantistica, dovendo poi precisare che "i calcolatori digitali hanno enormi problemi a simulare i sistemi quantomeccanici: questa bizzarra teoria è indigesta per le macchine quanto lo è per gli esseri umani".

La bizzarra teoria permette, però, un originale escamotage. Lioyd prima afferma che occorrerebbe un computer quantistico, ma questo dovrebbe essere grande quanto l'universo. Ne consegue, secondo lui che, rovesciando l'assunto, "l'universo è anche in grado di agire come un computer quantistico, un computer che non può essere né più forte né più debole di un calcolatore universale".

Così salta fuori un altro paradigma-metafora: "Abbiamo un quadro teorico che ci permette di descrivere il funzionamento dell'universo in termini di elaborazione quantistica della informazione. Sappiamo (!) che un computer quantistico è in grado di simulare l'universo in modo efficiente (?!); anzi che i due oggetti (computer e universo) non sono distinguibili tramite l'osservazione (sic!)" Insomma: "Il fatto che l'universo sia un computer quantistico ci fornisce una spiegazione naturale della complessità del mondo (!?)".

Ecco come vengono creati i paradigmi-metafore: prima si parte dal "come se", da un'ipotesi convenzionale e metaforica, poi si capovolgono i termini anche più volte, fino a ottenere una realtà metaforica o meglio una metafora realizzata. Così Lloyd prima parte dall'idea del computer grande come l'universo, poi capovolge e concepisce l'universo come se fosse un computer; poi crede di scoprire l'identità tra computer e universo. Infine, il colpo di grazia: l'universo è realmente un computer quantistico.

http://studieriflessioni.blogspot.it/20 ... ine-e.html



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 Oggetto del messaggio: Re: L'Universo Olografico
MessaggioInviato: 08/04/2015, 14:25 
Il paragone con il linguaggio binario secondo me non regge il paragone andrebbe fatto con i computer quantistici i cui Qbit possono essere 1, 0 o 1e0 assieme ad esempio...

Cita:
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Per decenni, l'aumento della potenza dei computer è andato di pari passo con la miniaturizzazione dei circuiti elettronici, un fenomeno codificato empiricamente nella Legge di Moore: la densità dei transistor su un microchip e la relatività velocità di calcolo raddoppiavano ogni 18 mesi circa.


La miniaturizzazione dei componenti, però, non può procedere all'infinito, e in effetti si è fermata alle soglie del mondo microscopico, governato dalle leggi della meccanica quantistica. Con una felice intuizione dei teorici della computer science, la meccanica quantistica, da limite che era, è stata trasformata in un'opportunità grazie a cui realizzare una macchina per il calcolo automatico caratterizzata da una potenza di calcolo che farebbe impallidire quella dei computer convenzionali: il computer quantistico.
Al posto dei convenzionali bit, le unità d'informazione binaria, indicate convenzionalmente dalle cifre 0 e 1, e codificate dai due stati "aperto" e "chiuso" di un interruttore, nel computer quantistico si usano i qubit., codificati dallo stato quantistico di una particella o di un atomo. Lo spin di una particella per esempio, ha due orientamenti o stati “su” e giù” che possono codificare le informazioni binarie. A rendere interessante ai fini del calcolo le particelle atomiche e subatomiche è il fatto che possono esistere anche in una sovrapposizione di stati quantistici, ampliando enormemente le possibilità di codifica delle informazioni e quindi le possibilità di affrontare problemi estremamente complessi.

Tuttavia, né la manipolazione controllata di atomi e particelle né la loro reciproca comunicazione né infine la stesura di algoritmi adatti allo scopo sono obiettivi facili da raggiungere nel calcolo quantistico. Per questo motivo, la lunga strada per la realizzazione di un computer quantistico è solo agli inizi. [1]


un altro articolo interessante: http://www.panorama.it/mytech/computer-quantico-le-cose-da-sapere/



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