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 Oggetto del messaggio: Re: Modelli Quantistici della Coscienza
MessaggioInviato: 27/04/2018, 23:59 
andreacorazza ha scritto:
Maxpower, hai negato l'esistenza dell'accezione "quantico" affermando che si dicesse "quantistico" (puoi rivedere i tuoi messaggi ironici) basando questa incongruenza lessicale con l'inesistenza delle esperienze avute con le Guide.
Invece hai scoperto ieri che l'accezione "quantica" esiste...


Non mi risulta, fammi vedere dove l'ho scritto e ne prenderò atto senza problemi.

andreacorazza ha scritto:
Comunque, ringranziandoti per la spiegazione elementare della meccanica celeste, ricordo a te che purtroppo, per dare un giudizio definitivo sui viaggi nel tempo, bisognerebbe realizzarli, cosa che non credo ci si arriverà.


Ah si? Ma quindi come hai fatto tu ad andare trovare il Minotauro come ci spieghi di seguito? Il mio è uno spunto di riflessione che spero venga colto per continuare a discutere del tema evitando di dovermi sorbire idiozie su guide e scemenze simili. Grazie.

andreacorazza ha scritto:
Io, ed altre persone, nell'esperienza di contatto alla Mitad del Mundo - Rumicucho, documentata con tanto di fotografie, abbiamo realizzato un viaggio a ritroso nel tempo in questione di secondi, tornando all'epoca del leggendario minotauro, utilizzando, a detta degli ET presenti sul posto, coni di luce ermetici che hanno permesso a noi, di tornare esattamente nello stesso punto di partenza, contraddiciendo ciò che la tua teoria propone sull'impossibiltà di tornare nello stesso luogo di partenza.
Io l'ho vissuto!!

Direi quindi, che di fronte a esperienze provate e vissute dal sottoscritto, potresti almeno dare ai lettori il beneficio del dubbio.
FFF fe fuerza y fortuna, da Andrea [;)]


Non avevi detto fosse irrealizzabile non più di 6 righi prima? Boh...

Io invece mentre camminavo per le montagne svizzere, raggiunte grazie a cubi di buio, mi sono imbattuto in una marmotta; non ci crederai ma confezionava la cioccolata!

Ovviamente ho fatto una foto, eccola:

Immagine

La mia non è una teoria è una considerazione logica (nonché una tentativo di speigaizone sullo spostamento oltre che nel tempo anche nello spazio del tizio di cui ci ha raccontato Angel) a cui spero qualcuno possa dare una spiegazione o una contro considerazione senza inventarsi idiozie su guide e minotauri e cose simili per dare maggior peso alle tue credenze personali, ma continuando a discutere come si è fatto fin'ora in questo topic.

Non essendoci qui nessun viaggiatore temporale, a parte te ovviamente, se ne può solo discutere avanzando opinioni personali, cercando di rimanere nel solco delle leggi fisiche a noi note, magari evitando di mandare in vacca pure questo topic riempiendolo di cretinate; è chiedere troppo?



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 Oggetto del messaggio: Re: Modelli Quantistici della Coscienza
MessaggioInviato: 28/04/2018, 09:05 
Intanto bisognerebbe leggere gli articoli del blog dove narro le esperienze vissute.Molto meglio che postare link esterni di esperienze altrui e situazioni stile X Files di personaggi con cui diffcilmente avremo a che fare direttamente.

I viaggi nel tempo (difficili, molto complicati per noi terrestri) li compiono gli ET perche' sanno gestirli, fisicamente, tecnologicamente e anche moralmente.
Sono sicuro che l'essere umano che e' riuscito a realizzarlo (tipo John Titor) oltre a avere avuto molte tentazioni di cambiare lo status quo incontrato al momento di arrivare a destinazione, ha anche avuto grossi problemi nel ritornare dove era prima, non avendo ancora la tecnologia ET per tornare nello stesso punto di partenza. L'esperimento Filadelfia lo dimostra in parte, viaggi nello spazio-tempo e scomparsa definitiva dei poveri volontari che non sono più tornati da dove provenivano.

Per questo che le nostre Guide ET ci parlavano di coni di luce a camera stagna per evitare di perderci. Usavano queste parole perche' nessuno di noi era esperto del settore come qualche forumista, era come parlare a un bambino utilizzando parole semplici per spiegare cose grandi. Chi ha figli piccoli lo può capire, chi non ha figli..li faccia! [:o)]

Abbiamo compiuto un viaggio a ritroso come spiegato nell'articolo, potendo anche realizzare una fotografia del toro, tra grande paura ed emozione, e godendo delle immagini in 3D del labirinto, esperienza indimenticabile in cui si notava un intenso alone bluastro oltre a una specie di cappa energetica che ovviamente preoccupava perche' era come mettere le dita su di un filo elettrico scoperto, a nessuno verrebbe la voglia di farlo, ma mettemmo le mani oltre la cappa e si sentiva un leggero campo elettrico.
Quale tecnologia utilizzano loro rispetto alla teoria primitiva di chi studia i viaggi nel tempo? Sicuramente una tecnologia che viene da migliaia di anni di studi simili ai nostri, mentre noi li stiamo studiando, loro li mettono in pratica, come e' giusto che sia visto il grande vataggio tecnologico di cui dispongono.

l'accezione "quantica" fu stroncata durante una discussione riguardo una formula inviata, in cui si mise in risalto il termine "corretto" quantisitico.
Ma vabbè, sono inezie, bazzecole.
Io metto le mie esperienze vissute, non ho mai obbligato nessuno a crederci, sappiamo quello che abbiamo vissuto e visto con i nostri occhi.

qui, per chi vuole approfondire il tema dei viaggi temporali vissuti, il link

https://oannes.myblog.it/2016/12/26/contatto-2-un-inaspettato-finale/

Ad maiora amici!



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 Oggetto del messaggio: Re: Modelli Quantistici della Coscienza
MessaggioInviato: 15/05/2018, 13:11 
Blissenobiarella ha scritto:
2.2. Il modello di Niels Bohr: la coscienza crea la realtà attraverso il collasso della funzione
d’onda (1930).
L’interpretazione di Copenhagen, proposta da Niels Bohr e Werner Heisenberg, ipotizza un
collegamento diretto tra coscienza e proprietà della Meccanica Quantistica.
Infatti, la CI
riconosce esplicitamente alla coscienza (tramite l’esercizio dell’osservazione o misurazione
del sistema), la capacità di far collassare la funzione d’onda determinando, in questo modo, la
manifestazione della realtà stessa.
Secondo il modello proposto da Bohr e Heisenberg, la coscienza sarebbe una proprietà
immanente della realtà che precede e determina, attraverso l’osservazione ed il conseguente
collasso della funzione d’onda, tutta la realtà esistente.


cut

Gli unici due modelli che superano il vaglio di questa prima rassegna sono quelli che
uniscono la meccanica quantistica con la relatività ristretta.

http://www.sintropia.it/italiano/2007-it-1-3.pdf


Cita:
14 maggio 2018
Il Big Bell Test smentisce il realismo locale

La violazione nel mondo quantistico di un principio tanto caro ad Albert Einstein è stata confermata da un esperimento che per generare una serie di dati casuali necessari per eseguirlo ha sfruttato i risultati di un videogioco on line a cui hanno partecipato circa 100.000 persone(red)


Una nuova conferma che nel mondo quantistico non vi sono proprietà indipendenti dalla loro misurazione (ossia preesistenti nella realtà fisica prima della loro misurazione) è venuta dalla conclusione del cosiddetto Big Bell Test. Si tratta di un esperimento particolare, effettuato da una collaborazione internazionale, che per l’Italia ha visto la partecipazione dei ricercatori del Quantum Information Lab della “Sapienza” Università di Roma diretti da Fabio Sciarrino, con la partecipazione di circa 100.000 volontari che hanno permesso di ottenere una impressionante mole di dati indispensabili all’esecuzione dell’esperimento. I risultati del test sono stati pubblicati su “Nature”.

La meccanica quantistica descrive il mondo microscopico in termini di leggi probabilistiche, portando a situazioni che possono contraddire il senso comune. La più “scandalosa” di queste situazioni è forse legata al fenomeno dell’entanglement, che si ha quando due particelle, generate in condizioni opportune, mostrano una correlazione anche quando sono separate da una grande distanza. In particolare, se si effettua la misurazione di una grandezza su una di esse, il valore ottenuto influenza il corrispondente valore dell’altra particella, per quanto lontana essa sia.

Il Big Bell Test smentisce il realismo locale
Immagine
Raffigurazione del Big Bell Test che grazie a un videogioco ha coinvolto circa 100.000 persone in tutto il mondo. (Cortesia ICFO)
Questo fenomeno viola il principio di “realismo locale”, sostenuto da Albert Einstein. Secondo questo principio, da un lato una misurazione non fa altro che rivelare una proprietà preesistente nella realtà fisica (realismo); dall’altro, tra due eventi ci può essere una relazione di causa-effetto solo se essi sono connessi da una catena causale di eventi che si propaga con una velocità minore o uguale alla velocità della luce nel vuoto (ecco il concetto di località),
un limite invalicabile per la teoria della relatività.


Nel 1964 il fisico britannico John Stewart Bell dimostrò che se il realismo locale è valido, allora devono essere valide anche alcune leggi fisico-matematiche note come disuguaglianze di Bell, che possono essere confrontate con i risultati degli esperimenti che indagano quel principio. Affinché un esperimento di questo tipo, detto appunto test di Bell, confermi o smentisca il realismo locale è necessario però eseguire un numero elevato di prove in cui le particelle entangled siano distribuite spazialmente in modi differenti; inoltre, le misurazioni devono essere estremamente rapide ed efficienti, e le proprietà delle particelle da misurare devono essere casuali.

Negli ultimi anni, diversi test eseguiti in laboratorio hanno confermato la violazione delle disuguaglianze di Bell, contraddicendo quindi il realismo locale. Tuttavia c’erano ancora dubbi sul fatto che in quei test fosse pienamente soddisfatto il requisito della casualità delle scelte relative alle quantità da misurare. In linea teorica, in questi esperimenti c’era pur sempre la possibilità che le scelte relative all’impostazione dell’esperimento fossero influenzate da “variabili nascoste” correlate con le proprietà delle particelle o, per dirla in modo più approssimativo, che le particelle stesse potessero in qualche modo influenzare la scelta della misura, un’evenienza che invaliderebbe il test.

Per evitare questa possibilità, nota come scappatoia (loophole) della libertà di scelta, la collaborazione internazionale del Big Bell Test ha deciso di effettuare 13 esperimenti in 12 laboratori distribuiti nei cinque continenti, relativi a entità di interesse quantistico differenti tra loro, come fotoni, singoli atomi, gruppi atomici e dispositivi superconduttori. Inoltre, per assicurare la casualità delle scelte nelle impostazioni gli autori hanno creato un videogioco, messo on line, che richiedeva ai partecipanti l’immissione veloce e continua di input, con un insieme di scelte di fatto imprevedibili. I circa 100.000 partecipanti al gioco hanno così generato nell’arco di 12 ore del 30 novembre 2016 ben 97.347.490 scelte, che sono state indirizzate via Web ai laboratori coinvolti dove sono state usate per scegliere le quantità da misurare e gli specifici parametri di misura da impiegare.

“Le correlazioni osservate – concludono i ricercatori – contraddicono fortemente il realismo locale e altre posizioni realistiche.”
Fonte Le Scienze


Cita:
Il giorno del “feroce attacco” di Einstein alla scuola di Copenaghen

By Giorgio Masiero on 15 maggio 2017

L’EPR, ovvero l’esperimento che dopo 20 anni di ostracismo aprirà le porte alla non-località, per l’iniziativa di un pugno di fisici “eretici”

“Se una teoria della fisica deve essere completa, deve contenere un elemento per ogni elemento di realtà…”: con queste parole comincia uno degli articoli più famosi e dibattuti della storia della fisica. Intitolato “Can Quantum-Mechanical Description of Physical Reality Be Considered Complete?”, fu pubblicato il 15 maggio 1935 dal Physical Review a firma di A. Einstein, B. Podolsky e N. Rosen.

Nei primi anni del ‘900, quando ancora risuonava nelle aule universitarie l’eco di entusiastici epitaffi sulla fine della fisica “perché ormai conosciamo tutte le grandi leggi della natura e i segreti dell’armonia cosmica” (Lord Kelvin, 27 aprile 1900 alla Royal Society di Londra), nuove scoperte come lo spettro del corpo nero, l’effetto fotoelettrico, le righe degli atomi, ecc. falsificarono dai fondamenti le teorie costruite dai tempi di Galileo e di Newton fino ad allora, inducendo ad inventare nuove ipotesi. Queste sarebbero culminate negli anni ’20 nella meccanica quantistica (MQ). Con la relatività speciale (1905) e la relatività generale (1915), fu a inizio secolo una vera e propria rivoluzione nella scienza.

La MQ presentò subito, però, un problema: anche se spiegava in modo quantitativamente mirabile le nuove risultanze sperimentali, usava principi e concetti che ribaltavano il senso comune. Pur elegantissima, era così contro-intuitiva che qualcuno, anche tra coloro che più avevano collaborato al suo sviluppo e continuavano ad applicarvisi, iniziò ad immaginare ciò che si chiama un “esperimento cruciale”, per falsificarla o almeno correggerla. Ma essa resisteva beffarda, a segnare ogni giorno nuovi successi nella predizione dei fenomeni atomici, subatomici ed anche cosmici, e nello stesso tempo ad esigere fede in postulati che sfidavano il buon senso e la stessa storia della fisica.

La MQ è strutturata in modo da predire la probabilità di diversi possibili risultati di una misura, ma non il risultato di un singolo atto di misura. Su questo suo carattere probabilistico, tutti concordavano. Le divisioni insorgevano quando si trattava di decidere se fosse possibile una teoria più estensiva, capace di riprodurre i singoli eventi atomici. La gran parte dei fisici, raccolti nella cosiddetta “scuola di Copenaghen” – Bohr, Born, Heisenberg, Dirac, von Neumann, Pauli, Jordan, ecc. – riteneva che si dovesse ormai abbandonare il principio di causalità e che lo stesso principio di realtà non avesse più senso in operazioni inestricabilmente invischiate con l’osservatore e col suo apparato strumentale. Altri invece, di grande prestigio seppur in minoranza – de Broglie, Einstein, Planck, Schrödinger, Ehrenfest, ecc. – s’intestardivano a credere nell’esistenza d’una realtà oggettiva, funzionante indipendentemente dagli uomini, e a volerla comprendere in termini causali. Questi “realisti” pensavano che la MQ fosse una teoria incompleta similmente alla termodinamica classica, che aveva dato ottimi risultati nello studio delle proprietà medie dei gas (temperatura, pressione, ecc.), ma non era riuscita a spiegare il moto browniano e le fluttuazioni termiche. Tali fenomeni avevano dovuto aspettare la termodinamica statistica che introducendo nuove variabili, “nascoste” alla termodinamica classica, l’avrebbe completata. Le variabili nascoste termodinamiche non si rivelarono altro, poi, che gli atomi e le molecole di cui ogni sostanza è composta…

Il realista che più si segnalò per l’opposizione ai “positivisti” della scuola di Copenaghen fu Einstein. Per anni immaginò diversi esperimenti intesi a confutare, sulla base delle leggi di conservazione, il principio d’indeterminazione, uno dei pilastri della MQ. Ogni volta però, Bohr finiva col trovare un errore nei ragionamenti di Einstein e Copenaghen acquisiva tra i fisici nuovi adepti. Al congresso di Solvay del 1930, la discussione tra i due assunse una piega drammatica. Einstein propose un esperimento dove sembrava possibile misurare tempo ed energia d’un fotone con precisione arbitraria e ai presenti parve che l’autore della relatività fosse finalmente riuscito a falsificare l’indeterminismo. Bohr uscì dalla seduta sconvolto, come si vede anche da una foto che lo ritrae trottare dietro un Einstein sorridente sotto i baffi. Passò la notte a riflettere e la mattina dopo trionfò per l’ennesima volta mostrando, ironicamente proprio con l’uso dell’einsteiniana relatività generale, che la misura del tempo viene perturbata della quantità giusta a salvare il principio di indeterminazione anche in questo esperimento.

Ma Einstein non demorse e nell’articolo del 1935, che ricordiamo oggi nel giorno della pubblicazione, propose un esperimento ideale (d’ora in poi: EPR, dalle iniziali degli autori), che sarebbe divenuto producibile in laboratorio una cinquantina d’anni dopo. Un ragionamento tanto semplice quanto irrefutabile. Nelle parole di Léon Rosenfeld, un fisico belga che lavorava allora spalla a spalla con Bohr: “Questo attacco feroce ci colpì come un fulmine a ciel sereno. Il suo effetto su Bohr fu enorme”. Prima di affrontare l’EPR, devo spiegare il significato di realismo locale. Dalla comprensione del termine, i lettori si convinceranno di quanto sensata fosse la battaglia di Einstein, come fu foriera d’importanti scoperte per l’avanzamento della fisica e di quanto, al contrario, ne abbiano ritardato il progresso le confusioni tra fisica e ideologia, degenerate al punto che dai caporali dell’ortodossia si esercitarono pressioni sulla stampa specializzata perché non desse spazio alle posizioni eretiche. Il realismo locale, che Einstein difendeva con le unghie e con i denti contro la scuola di Copenaghen, è la fusione di due principi: realismo + località.

Cominciamo dal realismo. È la posizione di chi sostiene che esiste una realtà esterna, a prescindere dal fatto che la osserviamo o no. L’idea che le piante, i sassi, la Luna esistano indipendentemente dagli esseri umani e dalle loro percezioni è così ovvia che – oso credere, senza aver fatto sondaggi – è accettata dalla stragrande maggioranza degli uomini, ivi compresi alcuni fisici teorici. Tuttavia questa idea è considerata “metafisica” dai filosofi positivisti – come faccio ad essere sicuro che c’è ancora la Luna, quando mi giro dall’altra parte? – ed era irrisa dai fisici della scuola di Copenaghen. Pauli per esempio, che aveva ricevuto un’educazione cattolica, diceva che porsi il problema se esista una realtà esterna indipendentemente dall’osservatore è come chiedersi quanti angeli stanno nella capocchia d’uno spillo. Per i positivisti i risultati statistici accuratissimi che la MQ fornisce sulle grandezze atomiche o cosmiche sono strettamente dipendenti dalle operazioni di misura, mentre per i realisti esse si riferiscono a proprietà della realtà fisica preesistenti e indipendenti da noi, essendo la statistica solo un limite della teoria. Lo scopo che con l’esperimento EPR Einstein si prefisse fu proprio di dimostrare che la misura fatta da un osservatore A su un oggetto microscopico x si riferisce ad una proprietà che x aveva prima che A lo osservasse.
Immagine
Einstein e Bohr, fotografati in una pausa del congresso Solvay del 1930

Per corroborare un realismo così concepito, Einstein usò il principio di località, che è l’esistenza indipendente dei diversi oggetti del mondo, ovvero l’ipotesi che corpi lontani non possano esercitare un’influenza istantanea tra loro. Non si vuol negare che azioni, magari piccolissime, si propaghino da un oggetto all’altro. Basta pensare alla forza di gravità, che agisce tra due corpi anche a distanze astronomiche. Ma questa forza, come tutte le forze conosciute dalla fisica, decresce con la distanza, fino a tendere a zero al tendere di questa ad infinito, e si propaga a velocità finita. Insomma, il realismo locale è la concezione unitaria “che la fisica si collega ad un mondo esterno fatto di corpi e campi la cui esistenza è indipendente dal Soggetto e dalle sue percezioni, e che gli oggetti fisici sono disposti in un continuo spazio-temporale in modo da affermare la loro esistenza indipendente. Un’azione esterna su un oggetto A non può avere una ripercussione immediata su un oggetto lontano B, altrimenti la formulazione di leggi diventerebbe impossibile” (Einstein in “The Born-Einstein Letters”, 1916-1955). Einstein credeva che la località fosse stata provata quanto basta dai successi della relatività.

È venuto ora il momento di descrivere l’esperimento EPR. Come abbiamo detto, i tentativi di confutare il principio d’indeterminazione si basavano sui principi di conservazione. L’EPR originale si poggiava sulla conservazione del momento lineare di un sistema di due particelle. Una versione più semplice, proposta nel 1951 da Bell – a mio parere il fisico più attento alla precisione del linguaggio e alla logica che sia mai esistito – si basa sulla conservazione dello spin di un sistema di due particelle. C’è una sorgente radioattiva S che emette in direzioni opposte due elettroni appaiati di spin ½. Nello stato di “singoletto” (a somma totale uguale a zero degli spin), la MQ predice che

finché non eseguiamo la misura su un elettrone, non possiamo sapere se questo abbia spin parallelo (+½) o antiparallelo (–½) rispetto ad un dato asse cartesiano;
i due esiti hanno uguale probabilità;
lo spin totale si conserva nel tempo, cosicché quando la misura su un elettrone è +½, la misura sull’altro in un qualsiasi tempo successivo sarà –½ e viceversa.

Dopo un’emissione, i due elettroni si allontanino indisturbati. Ad un istante t1, quando sono distanti, un osservatore A decida di misurare lo spin d’un elettrone lungo l’asse Z. L’atto di misura lo fa collassare in uno stato di spin preciso, +½ o –½. Mettiamo che l’esito di A sia +½. In un istante qualsiasi successivo t2, anche immediatamente dopo t1, un altro osservatore B misuri lo spin dell’altro elettrone lungo lo stesso asse Z. Ora non c’è incertezza sull’esito, per la legge di conservazione dello spin: la misura di B sarà l’opposta di quella trovata da A, quindi –½. Il risultato è pre-determinato. L’osservazione di B non può disturbare l’esito –½, che è anche indipendente dalla distanza tra i due elettroni. Allora i casi sono due, dedusse Einstein: o quando A misurò lo spin del primo elettrone, ci fu un’azione a distanza che istantaneamente influenzò il secondo elettrone dettandone lo spin; o entrambi gli spin erano determinati fin dalla loro emissione dalla sorgente, quindi preesistenti alle operazioni di misura. Nel secondo caso, gli spin corrispondono a proprietà “reali”, nel senso di indipendenti dall’osservatore, e la MQ è incompleta perché incapace di predirli.
Immagine
Insomma, a meno di non ammettere l’esistenza di azioni a distanza – un prezzo che nessuno era allora disposto a pagare, neanche nella scuola di Copenaghen –, la MQ è incompleta. Bohr fu “enormemente colpito”, abbiamo riferito. Interruppe immediatamente le ricerche in corso e si applicò per trovare un errore nel ragionamento di Einstein. Il mondo aspettò col fiato sospeso. Dopo 5 mesi, quando l’apnea divenne insopportabile, Bohr replicò nella stessa rivista con un articolo dello stesso titolo. Einstein lesse l’articolo di Bohr, non lo capì e si confermò nelle sue convinzioni. Anche a Bell, 30 anni dopo, Bohr sarebbe risultato “del tutto incomprensibile” e se né Einstein né Bell capirono Bohr non chiedere a me, Lettore, di spiegartelo: piuttosto chiedo io a te di leggerlo (a questo link, per es.) e, se lo capisci, di spiegarmelo!

Comunque, l’adesione della stragrande maggioranza della “comunità scientifica” alle idee di Copenaghen non ne risentì: tutti proclamarono di condividere la contro-argomentazione di Bohr, sottintendendo di averla letta e capita, e ribadirono la loro fede nell’ortodossia. Certamente Born, Popper e Pais non capirono l’ERP, mi sento di dire avendo letto i loro fraintendimenti, che assumono aspetti persino comici.

Si dovranno aspettare gli studi di David Bohm a partire dagli anni ’50 e di John Bell dagli anni ’60, nonché le evidenze sperimentali di Alain Aspect degli anni ’80, perché la comunità scientifica realizzi l’importanza dell’EPR. Risulterà che le conclusioni finali di Einstein (“I casi sono due: o la MQ è incompleta o esiste l’azione a distanza”) contenevano un errore. A nessuno venne in mente per 20 anni che la disgiunzione o … o potesse essere inclusiva vel … vel, piuttosto che esclusiva aut … aut: la MQ non relativistica è sostituibile con una teoria causale e senza indeterminismi, “razionale, chiara, esatta e sperimentalmente equivalente” (Bell, con riferimento alla teoria di Bohm dell’onda pilota) e allo stesso tempo esistono fenomeni fisici (detti di “entanglement”) in cui non vale la località, senza che ciò violi la relatività.

Su tali temi, rilevanti anche per gli attuali sviluppi della fisica dei fondamenti, converrà ritornare in un articolo dedicato.

Cosicché, oggi disponiamo di due teorie quantistiche, una indeterministica, idealistica e casuale, ed una deterministica, realistica e causale…, che fanno le stesse, identiche predizioni sperimentali. Due sistemi epistemici opposti, scientificamente equivalenti. Qual è quello vero nel senso di aderente alla realtà? Nessuno dei due, ovviamente. Questa è la prima lezione di epistemologia: il metodo scientifico non svela le cose e neanche come funzionano, ma come possiamo simulare il loro funzionamento per replicarlo. La scelta della scienza naturale a favore della strumentalità piuttosto che della verità stava già, fin dalla sua nascita, nel rasoio di Occam (XIV sec.): “Non moltiplicare gli enti senza necessità”. Ma, frate Occam, mi dici perché la spiegazione più semplice dev’essere quella vera? in qualità di giudice tra due ricostruzioni di un delitto sceglieresti automaticamente la più semplice per condannare un imputato piuttosto che un altro? Secondo comodità funziona dunque la fisica, la regina delle scienze naturali: un set di modelli semplici, di protocolli agibili, di predizioni empiricamente corroborate (e di altre falsificate), in attesa di essere sostituito da un altro set agibile più estensivamente corroborato, che non potrà mai essere completato!
Allora, perché accanto, non al posto, della MQ tradizionale, non s’insegna anche la teoria di Bohm? In assenza di pluralismo, nonostante le risultanze acquisite da mezzo secolo, si continuerà a “credere alle romanticherie di Copenaghen sull’indeterminismo … che le particelle non possano avere una velocità e anche una posizione, al ruolo indispensabile dell’osservatore, all’emergenza del caso…” (Bell), per il principale motivo che ciò fu insegnato a scuola da professori cui fu insegnato a scuola da professori…, in principio dai professori di Copenaghen e di Gottinga. Si confonderanno i domini della fisica e della metafisica, come accade ogni giorno nelle pagine dei giornali, investendo quella di domande cui non può rispondere perché competono a questa o, peggio, rispondendo con fantasticherie. Come fu insegnato a me a Padova negli anni ’70, anche oggi gli studenti di New York si sentiranno insegnare da un Mermin che “noi sappiamo, per dimostrazione [sic!], che la Luna non è più là quando non la osserviamo”, e Hawking potrà intrattenere la Pontificia Accademia delle Scienze, poco prima del lunch, con la buona novella che l’universo è fatto d’infiniti mondi in uno quali “la Luna è fatta di Gorgonzola”. A dimostrazione che tutti, compresi gli scienziati, vedono ciò che credono e credono ciò che amano, l’amore venendo prima di tutto per tutti gli uomini.
Fonte


Riassunto al massimo...Einstein aveva torto, la Luna è lassù solo quando qualcuno la osserva e quindi il mondo materiale è illusorio...



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 Oggetto del messaggio: Re: Modelli Quantistici della Coscienza
MessaggioInviato: 15/05/2018, 15:03 
è la misura stessa che CREA la quantità MISURATA; questa azione quindi non è una presa d'atto di una quantità esistente ma di fatto la genera. Se non ho capito male... Io esisto perchè vengo osservato, altrimenti non esisterei.

Ma se è così con quale criterio si genera la realtà con l'atto dell'osservazione? e in che modo ed in che parte contribuiscono a crearla tutti gli esseri viventi e come è possibile che una infinità di osservatori diversi generano una realtà coerente E CONDIVISA per tutti se si tratta di azioni e risultati "casuali"? da dove emerge la natura con le sue leggi fisse,immutabili ed uguali per tutti?

Ma c'è di più: se la realtà oggettiva da analizzare non esiste, e per esistere deve essere osservata, perchè osserviamo se di fatto non c'è nulla da osservare?



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 Oggetto del messaggio: Re: Modelli Quantistici della Coscienza
MessaggioInviato: 15/05/2018, 16:37 
MaxpoweR ha scritto:
è la misura stessa che CREA la quantità MISURATA; questa azione quindi non è una presa d'atto di una quantità esistente ma di fatto la genera. Se non ho capito male... Io esisto perchè vengo osservato, altrimenti non esisterei.

Ma se è così con quale criterio si genera la realtà con l'atto dell'osservazione? e in che modo ed in che parte contribuiscono a crearla tutti gli esseri viventi e come è possibile che una infinità di osservatori diversi generano una realtà coerente E CONDIVISA per tutti se si tratta di azioni e risultati "casuali"? da dove emerge la natura con le sue leggi fisse,immutabili ed uguali per tutti?


A parte che queste considerazioni sono vere solo a livello quantistico, occorre anche dire che le stesse sono solo interpretazioni di quanto emerge dalle equazioni matematiche.
Nonostante gli sforzi ancora non si e' compreso quale sia l'interpretazione corretta.

MaxpoweR ha scritto:
Ma c'è di più: se la realtà oggettiva da analizzare non esiste, e per esistere deve essere osservata, perchè osserviamo se di fatto non c'è nulla da osservare?

Anche questa mi sembra una interpretazione un tantino forzata. Nei fatti la cosa non e' proprio in questi termini.

La teoria quantistica dice che la relazione di indeterminazione riguarda solo il grado di esattezza raggiungibile nella conoscenza dei valori assunti simultaneamente dalle diverse grandezze che intervengono a livello quantistico e che quindi non e' una proprieta' intrinseca della natura.

In definitiva si tratta di un limite nella nostra capacita' di misurazione e di previsione.

Poi intorno a questa limitazione si e' fatto un sacco di newage.



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 Oggetto del messaggio: Re: Modelli Quantistici della Coscienza
MessaggioInviato: 15/05/2018, 18:51 
MaxpoweR ha scritto:
è la misura stessa che CREA la quantità MISURATA; questa azione quindi non è una presa d'atto di una quantità esistente ma di fatto la genera. Se non ho capito male... Io esisto perchè vengo osservato, altrimenti non esisterei.

Tu sei l'osservatore, che allo stesso tempo, come IO impersonale crea la realtà, percependola poi in maniera illusoria come IO personale ...

MaxpoweR ha scritto:
Ma se è così con quale criterio si genera la realtà con l'atto dell'osservazione? e in che modo ed in che parte contribuiscono a crearla tutti gli esseri viventi e come è possibile che una infinità di osservatori diversi generano una realtà coerente E CONDIVISA per tutti se si tratta di azioni e risultati "casuali"? da dove emerge la natura con le sue leggi fisse,immutabili ed uguali per tutti?

L'illusorietà è proprio nel credere separato quello che non lo è...osservatori in primis...in pratica si arriva a considerare il Tutto è Uno (lo sò che è semplice da dire ma assai arduo da comprendere, implica il fatto che anche la persona che più ti sta antipatica al mondo è solo uno specchio di te stesso......)

MaxpoweR ha scritto:
Ma c'è di più: se la realtà oggettiva da analizzare non esiste, e per esistere deve essere osservata, perchè osserviamo se di fatto non c'è nulla da osservare?

Attento a non confondere il termine illusione con irreale o inesistente...il mondo intorno a noi è reale ma illusorio!
La Coscienza/Energia esiste eccome, quindi siamo immersi in un mondo reale, ma ognuno di noi lo vede da un angolazione diversa, quindi abbiamo diversa percezione di esso...ci manca una visione unitaria di insieme per comprendere...
Comunque, la risposta alle tue domande è metafisica e viene fornita dalla Coscienza (pratiche meditative, misticismo e conseguente illuminazione) o anche dalla conoscenza (affiliazioni a particolari ordini, conseguendo alti gradi di conoscenza iniziatica)
In sanscrito c'è un termine che identifica questo mondo, Maya...

Cita:
Per Maya, si intende generalmente l’illusione del mondo materiale, ma è un concetto molto più profondo che va al di là della mera traduzione letterale ed è uno delle nozioni della teologia induista tra le più complesse.

Secondo la teologia Vedanta Dvaita, la capacità illusoria di Krishna, si manifesta in Mayadevi conosciuta semplicemente come “Maya”, che ha il compito di far apparire normale la vita materiale.

Potremmo paragonare Mayadevi ad un programma cosmico, che crea l’illusione di un mondo materiale “normale”.

Maya è quindi la normalità che si fonda nelle azioni che noi eseguiamo ogni giorno, e che si radicano in quella che noi chiamiamo razionalità. Senza l’energia di Maya, l’universo sarebbe in constante disordine.

Quindi Maya è reale ed è necessaria come la gravità che ci fa rimanere ancorati a terra, possiamo quindi dire che Maya è la gravità psichica, che aiuta tutti gli esseri ad agire senza dissoluzioni nel mondo materiale.

Mayadevi ci ancora nell’universo materiale, che è transitorio ma reale come lei stessa. Il compito di Mayadevi è quello di indurre le anime incarnate ad identificarsi nel mondo materiale, inducendo uno stato d’illusione psichica, per faci credere che la vera identità sia quella fisica. Questo stato vibratorio che induce a identificarci con quello che c’è attorno, si chiama avaranatmika sakti. Quest’energia incarna i desideri materiali nel cuore affinché le azioni nel mondo manifesto possano compiersi.

Oltre la avaranatmika sakti c’è un’altra energia che opera in Mayadevi ed è chiamata praksepatmika sakti. Questa potenza permette a Maya di ancorare nel mondo materiale l’anima spirituale e di immergerla in esso. L’energia di praksepatmika sakti, tende a spingere le anime spirituali lontano dalle attività religiose per mezzo di argomentazioni contrarie, operando quindi in antitesi con le forze spirituali.

I tentativi degli esseri incarnati di normalizzare le proprie sofferenze, nel mondo materiale, sono anch’essi sintomi della contaminazione causata dalle potenze avaranatmika e praksepatmika di Mayadevi.

Le potenze di Maya, dominano tutto l’universo materiale, neppure Brhama e Sarasvati ne sono immuni, solo il Paramatma è al di fuori di essa, essendo egli stesso all’origine della personificazione illusoria di Maya.

Se ci facciamo dominare dalle potenze di Maya, possiamo smarrire la nostra vera natura trascendentale. E’ quindi importante, la pratica costante dello yoga, del tantra e delle altre discipline spirituali prescritte dai Veda, per essere sempre svegli e consapevoli di questa forza e non farci dominare da essa, se questo accade cadiamo nell’ignoranza.

Nel momento in cui il velo di Maya viene sollevato, si ottiene l’Autorealizzazione: in questo caso il Sé vede la realtà illusoria o mentale di tutto quello che lo circonda.

Om Tat Sat
Fonte


Per il misticismo ebraico invece il nostro mondo è Malkut...

Cita:
Il nostro glorioso mondo è nella Sephirah Malkhut di Assiah, è quello nel quale siamo immersi non appena ci svegliamo a questa vita dove siamo ricoperti al massimo dalla materia e dove, a prima vista, l’infinito ci separa dal nostro Creatore. Noi siamo gli attori di questo Mondo o palcoscenico, ma la Luce (le Sephiroth), l’anima che è dentro di noi cerca di farsi strada, ci vuole illuminare e indicare il cammino, sentiamo come un impulso o una voce flebile che ci dice che dobbiamo fare qualcosa, che dobbiamo capire, che dobbiamo risvegliarci, che ce la possiamo fare, ci dice che abbiamo le possibilità per conseguire “virtute e conoscenza” e, addirittura conquistare altri mondi.
Fonte


Inserisco anche un video...ascolta bene il messaggio senza pregiudizio...
Guarda su youtube.com



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 Oggetto del messaggio: Re: Modelli Quantistici della Coscienza
MessaggioInviato: 15/05/2018, 23:44 
zakmck ha scritto:
MaxpoweR ha scritto:
è la misura stessa che CREA la quantità MISURATA; questa azione quindi non è una presa d'atto di una quantità esistente ma di fatto la genera. Se non ho capito male... Io esisto perchè vengo osservato, altrimenti non esisterei.

Ma se è così con quale criterio si genera la realtà con l'atto dell'osservazione? e in che modo ed in che parte contribuiscono a crearla tutti gli esseri viventi e come è possibile che una infinità di osservatori diversi generano una realtà coerente E CONDIVISA per tutti se si tratta di azioni e risultati "casuali"? da dove emerge la natura con le sue leggi fisse,immutabili ed uguali per tutti?


A parte che queste considerazioni sono vere solo a livello quantistico, occorre anche dire che le stesse sono solo interpretazioni di quanto emerge dalle equazioni matematiche.
Nonostante gli sforzi ancora non si e' compreso quale sia l'interpretazione corretta.

MaxpoweR ha scritto:
Ma c'è di più: se la realtà oggettiva da analizzare non esiste, e per esistere deve essere osservata, perchè osserviamo se di fatto non c'è nulla da osservare?

Anche questa mi sembra una interpretazione un tantino forzata. Nei fatti la cosa non e' proprio in questi termini.

La teoria quantistica dice che la relazione di indeterminazione riguarda solo il grado di esattezza raggiungibile nella conoscenza dei valori assunti simultaneamente dalle diverse grandezze che intervengono a livello quantistico e che quindi non e' una proprieta' intrinseca della natura.

In definitiva si tratta di un limite nella nostra capacita' di misurazione e di previsione.

Poi intorno a questa limitazione si e' fatto un sacco di newage.


Anche io protendo per questa visione, a livello razionale, anche perchè sono abituato a ragionare sui numeri e quantità certe nonostante ormai, da un paio di decenni almeno, anche molti dei metodi di analisi protendono per una visione probabilistica, penso agli stati limite ultimi. Penso che la similitudine sia azzeccata perchè anche in questo caso da una base statistica e probabilistica emerge, per successive approssimazioni, un metodo basato su numeri "precisi". L'analisi della realtà penso sia affetta dalle stesse limitazioni :)

Anzi direi che è la giusta interpretazione DEI FATTI fin ora noti.

Però il margine per filosofeggiare è ampio e su questi temi a me personalmente piace farlo :)



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 Oggetto del messaggio: Re: Modelli Quantistici della Coscienza
MessaggioInviato: 26/05/2018, 10:22 
Cita:
Nuova teoria basata sull’Entanglement Quantistico, afferma che la mente esiste in altra Dimensione!!
by Monica 20/05/2018

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Nuove teorie sull’Entanglement Quantistico sembrano affermare che la mente esiste in altra Dimensione. La relazione tra mente e cervello si presenta dalle origini della cultura occidentale, come punto focale nell’analisi dell’essere umano. A questo proposito si sono sviluppate diverse ipotesi: il progredire delle neuroscienze e gli studi continui sul tema, propongono ulteriori contenuti su questa misteriosa, dagli aspetti davvero significativi.

Alcuni studiosi sostengono, che la mente è strettamente una funzione del cervello, e che i cosiddetti “fenomeni mentali”, siano delle circostanze che dipendono esclusivamente da uno stato elettrochimico del cervello; una gran parte oggi invece, sta cercando di comprendere scientificamente, l’esistenza di una mente indipendente, o almeno in una certa misura, separata dal cervello e collegata allo spirito: la coscienza.

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La rivista scientifica Neuro Quantology , che riunisce neuroscienze e fisica quantistica, nel settembre del 2017 pubblica un articolo che riesamina la questione: lo studio presenta un modello unitario, che ridefinisce la fisica della coscienza e della dinamica di informazione, nello spazio celebrale, che avverrebbe tra i vari livelli dell’Universo e i sistemi viventi.

Lo studio del Dr. Meijer e del Dr Geesink

Il documento presentato dal Dr. Meijer, professore all’Università di Groningen nei Paesi Bassi, e dal Dr.Geesink , biofisico esperto di nanotecnologia e schermatura elettromagnetica; espone lo studio che li ha condotti ad identificare un nuovo sistema di scambio di informazioni tra mente e cervello, portandoli a concludere, che il sistema vivente e i processi di informazione sottostanti alla coscienza, siano basati su un livello molto più profondo e fondamentale dell’Universo.

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Il dr. Meijer nella sua ricerca afferma: “Il nostro cervello non è un organo di processamento dell’informazione “indipendente”: esso agisce come parte centrale del nostro sistema nervoso e scambia informazioni continuamente con l’organismo e il cosmo. In questo studio il cervello è visto come integrato in un” campo olografico” e strutturato in modo da interagire con le strutture sensibili delle cellule del corpo umano. Per poter spiegare risposte ultra-rapide anticipate del cervello e l’operatività efficace del sistema neurale meta-stabile, si propone un campo ricettivo mentale che comunica col cervello. Il nostro sistema nervoso è visto come una rete composta da multi-cavità, che interagisce col suddetto dominio meta-cognitivo: esso integra, tra altri, schemi discreti di frequenze proprie (eigenfrequencies) di onde fotoniche/solitoniche, aggiornando costantemente uno spazio di memoria simmetrico nel tempo dell’individuo. La sua organizzazione toroidale, permette l’accoppiamento di energia gravitazionale, oscura e di punto zero (ZPE), così come di energia del campo magnetico terrestre, trasmettendo informazioni nel tessuto cerebrale, necessario al processo di informazione conscia e sub-conscia.

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Proponiamo che tale campo ricettivo, interagendo con il sistema nervoso, generi l’auto-coscienza e operi da una quarta dimensione spaziale (ipersfera). La sua struttura funzionale è adeguatamente definita dalla geometria del toroide, visto come unità basilare (operatore) dello spazio-tempo. Quest’ultimo è strumentale nel raccogliere lo schema di frequenze solitoniche che fornisce un algoritmo, per i processi coerenti della vita. Si postula che la coscienza nell’intero Universo emerga attraverso accoppiamento invariante di scala e toroidale, di vari campi di energia, che possono includere correzione d’errore quantistico. Nel cervello della specie umana, questo prende la forma del proposto spazio di lavoro olografico, che raccoglie informazione attiva in un “orizzonte degli eventi cerebrale”, rappresentando un modello interno ed integrale del Sè.

Questo spazio superiore è equipaggiato per convertire onde coerenti di energia in onde stazionarie / attrattive che guidano l’ambiente corticale in una coordinazione superiore di riflessione , azione e sincronicità di rete, come richiesto dagli stati di coscienza. In relazione al suo carattere invariante di scala, troviamo supporto per una matrice di informazione universale, descritta a fondo precedentemente, come ordine implicato in uno spettro di teorie della fisica corrente. La presenza di uno spazio di lavoro ricettivo di campi e risonante, associato con, ma non riducibile a, il nostro cervello, può fornire una interpretazione per stati di coscienza trans-personali ampiamente riportati, ma poco compresi seppur all’ origine algoritmica della vita. Esso punta anche ad una connessione profonda dell’umanità con il cosmo e ad una nostra superiore responsabilità per il futuro del pianeta.”

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In altre parole, la “mente” è un campo che esiste attorno al cervello; raccoglie informazioni dall’esterno le comunica al cervello in un processo estremamente veloce: il dr. Meijer ha descritto questo campo, alternativamente, come “uno spazio di lavoro mentale ricettivo”, un dominio meta-cognitivo, nonchè spazio di memoria globale dell’individuo.

Esiste infatti un mistero irrisolto nelle neuroscienze chiamato “problema vincolante“: diverse parti del cervello sono responsabili di cose diverse: alcune parti lavorano sull’elaborazione del colore, altre sull’elaborazione del suono, eccetera.

Ma, in qualche modo tutto viene insieme come percezione o coscienza unificata!

Le informazioni si uniscono e interagiscono nel cervello più rapidamente di quanto possa essere spiegato dalla nostra attuale comprensione, sulle trasmissioni neuronali : sembra quindi che la mente sia molto di più che solo un insieme di neuroni nel cervello. I neuroscienziati stanno ancora cercando un meccanismo per questo “legame” di parti disparate dell’elaborazione delle informazioni del cervello.

L’ entanglement quantistico e il tunneling

Meijer invece, ha trasformato in entanglement quantistico e tunneling per parte della risposta. L’entanglement quantico è un fenomeno in cui le particelle sembrano essere collegate su vaste distanze. Quando le azioni vengono eseguite su una delle particelle, le modifiche corrispondenti vengono osservate sulle altre contemporaneamente.Il tunnelling quantico invece, è un fenomeno in cui una particella attraversa una barriera che non dovrebbe essere in grado di seguire secondo la fisica classica. Questi fenomeni quantistici consentono processi così rapidi, che non possono essere spiegati con la fisica classica. Quindi possono aiutare a spiegare i processi mentali subconsci ultraveloci.

I principi della fisica quantistica possono spiegare come la mente elabora le informazioni. La mente e il cervello, secondo Meijer, sono collegati. Sono unificati, ma separati; e i principi della fisica quantistica, potrebbero spiegare come la mente elabori le informazioni.

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La mente e la quarta dimensione

Meijer ipotizza che il campo mentale sia in un’altra dimensione: “Il fatto che non possiamo percepire direttamente questo aspetto dell’informazione è tradizionalmente attribuito a una quarta dimensione spaziale nascosta … che non può essere osservata nel nostro mondo tridimensionale, ma può essere derivata matematicamente.”

Ha chiarito che questa quarta dimensione spaziale non è il tempo (il tempo è comunemente descritto come la “quarta dimensione”). Piuttosto, questo è un concetto di spazio-tempo che include quattro dimensioni spaziali, oltre al tempo: alcuni studi che hanno suggerito che questo concetto di dimensioni potrebbe riconciliare le mancate corrispondenze tra la fisica tradizionale e la fisica quantistica, che oggi affliggono gli scienziati.

Meijer immagina una sorta di schermo o confine tra il mondo esterno e il campo mentale individuale. Paragona questo limite all’orizzonte degli eventi di un buco nero: “si presume che le informazioni che entrano in un buco nero dall’esterno non vadano perse, ma … piuttosto vengono proiettate sul suo schermo esterno, chiamato ‘orizzonte degli eventi'”, ha scritto Meijer, “la coscienza è una condizione al confine tra una singolarità (buco nero) e lo spazio all’interno del cervello.” L’ orizzonte degli eventi separa “un modello mentale della realtà per uso interno in ogni individuo” da tutto ciò che esiste al di fuori di esso. Eppure è collegato a una “matrice di informazioni universale“.

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La capacità del campo mentale di raccogliere informazioni da altri campi, come concepito da Meijer, potrebbe anche spiegare alcuni fenomeni anomali, come la percezione extrasensoriale, ha osservato il professore e da quando la fisica quantistica è emersa gli scienziati hanno esplorato la sua capacità di spiegare la coscienza. Il lavoro di Meijer rientra in questa esplorazione.

Come Meijer, Penrose e Hameroff , sostengono che esista una connessione tra i processi biomolecolari del cervello e la struttura di base dell’universo”. Hameroff ha detto in un’intervista al blog Singularity: “La maggior parte degli scienziati non può spiegare la coscienza nel cervello, quindi non possono neanche dire che questa teoria è impossibile.”

Monica E.

Fonte



Link al pdf dello studio originale in lingua inglese:

Consciousness in the Universe is Scale Invariant and Implies an Event Horizon of the Human Brain Dirk K.F. Meijer and Hans J.H. Geesink



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 Oggetto del messaggio: Re: Modelli Quantistici della Coscienza
MessaggioInviato: 13/07/2018, 17:39 
Cita:
Lineamenti di una psicologia integrale
Ken Wilber
Compendio del mio modello psicologico
(Onde, Correnti, Stati, Io)
di Ken Wilber
Traduzione libera dall'inglese di G.Visini
Sommario:
Sembra che esista un consenso generale, anche se non del tutto unanime, sul fatto
che la mente non possa essere ridotta al cervello e viceversa. Questo saggio sostiene,
appunto, che mente e il cervello debbano essere inclusi entrambi in una teoria della
coscienza che voglia essere genuinamente integrale. Per facilitare quest’integrazione,
il saggio presenta i risultati di un’ampia gamma di ricerche interculturali sul versante
“mente” dell’equazione mente/cervello, indicando che i fenomeni mentali che è
necessario considerare in una teoria integrale includono i livelli di sviluppo o onde
della coscienza, le linee di sviluppo o correnti della coscienza, gli stati di coscienza e
l’io (o sistema dell’io)
. Viene presentato uno “schema generale” di questi vari
fenomeni, scelti tra più di un centinaio di sistemi psicologici orientali e occidentali.

Viene proposto, inoltre, che questo “schema generale” sia considerato come una
specie di sommario dell’aspetto “mente” dell’integrazione cervello/mente. Il saggio si
conclude con una disamina del “problema di difficile soluzione”, di come, cioè, si
possano integrare mente e cervello in modo da generare una teoria della coscienza più
integrale.
In conclusione, presento una sintesi abbastanza esaustiva del mio modello
psicologico, o lineamenti di una psicologia integrale.

Lineamenti di una psicologia integrale - Ken Wilber



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 Oggetto del messaggio: Re: Modelli Quantistici della Coscienza
MessaggioInviato: 15/02/2019, 18:50 
Cita:
I microtubuli e la tesi della mente estesa
Pubblicato il 10 febbraio 2011 di gabrielemanfre

Stuart Hameroff, un anestesiologo dell’università dell’Arizona, stava considerando come i gas anestetici spengano la consapevolezza. Ad affascinarlo era il fatto che dei gas con caratteristiche talmente diverse come: il protossido d’azoto, ( N2O), l’etere (CH3CH2OCH2CH3), l’halothane (CF3CHClBr), il cloroformio (CHCl3) e l’isoflurane (CHF2OCHClCF3), potessero tutti provocare una perdita di consapevolezza. Ciò deve avere a che fare con altre proprietà, oltre a quelle chimiche. Hameroff supponeva che le sostanze usate per l’anestesia totale dovessero interferire in qualche modo con l’attività elettrica interna ai microtubuli; questa attività in seguito addormenta la consapevolezza. Se ciò fosse vero, allora sarebbe vero anche il contrario: l’attività elettrica dei microtubuli, che compongono la parte interna dei dendriti e dei neuroni nel cervello, deve essere in qualche modo il cuore della consapevolezza. I microtubuli sono l’impalcatura della cellula, visto che mantengono la sua struttura e la sua forma. Questi microscopici reticoli esagonali costituiti da sottili filamenti di proteine, chiamate tubuline, formano minuscoli cilindri cavi di lunghezza indefinita. Tredici fili di tubuli avvolgono il nucleo cavo della cellula in una spirale; e tutti i microtubuli in una cellula si diffondono dal centro della cellula verso l’esterno fino alla membrana cellulare, come i raggi di una ruota da carro. Sappiamo che queste piccole strutture a nido d’ape agiscono come binari per il trasporto di diversi prodotti nella cellula, e in particolarmente nelle cellule nervose, e sono vitali nella separazione dei cromosomi durante la divisione cellulare. Sappiamo anche che la gran parte dei microtubuli ricostruiscono costantemente se stessi, assemblandosi e disassemblandosi, come uno sterminato insieme di Lego. Nei suoi esperimenti, Hameroff aveva scoperto, come Friz Popp, che il tessuto vivente trasmette fotoni e che una buona penetrazione di “luce” accade in alcune aree del cervello. I microtubuli sembravano essere dei conduttori di impulsi eccezionali. Gli impulsi vengono mandati da un’estremità, viaggiano attraverso pacchetti di proteine e arrivano inalterati all’altra estremità. Hameroff aveva scoperto anche un elevato grado di coerenza fra i tubuli tra loro confinanti, in modo che una vibrazione in un microtubulo tende a risuonare all’unisono attraverso i microtubuli vicini. Ad Hameroff venne in mente che i microtubuli dentro le celle dei dendriti e dei neuroni potrebbero essere dei “canali leggeri”, che agiscono come “guide d’onda” per i fotoni, trasmettendo queste onde da cellula a cellula attraverso il cervello senza alcuna perdita di energia. Potrebbero anche agire come minuscoli binari per queste onde leggere in tutto il corpo. Nel periodo in cui Hameroff iniziò a formulare la sua teoria, molte delle idee di Pribram, che erano sembrate così stravaganti quando le aveva formulate la prima volta, venivano ormai prese in considerazione in molti ambienti. Gli scienziati, nei centri di ricerca in tutto il pianeta, stavano iniziando a concordare sul fatto che il cervello utilizzi dei processi quantistici. Kunio Yasue, un fisico quantistico di Kioto, in Giappone, aveva completato delle espressioni in formule matematiche per aiutare a capire i microprocessi neurali. Come quelle di Pribram, le sue equazioni mostrano che i processi del cervello accadono a livello quantistico e che le reti di comunicazione dendritiche nel cervello operano in tandem attraverso la coerenza quantistica. Le equazioni sviluppate nella fisica quantistica descrivono precisamente questa interazione cooperativa. In maniera indipendente da Hameroff, Yasue e il suo collega Mari Jibu, del dipartimento di anestesiologia dell’Università di Okayama, in Giappone, avevano ugualmente teorizzato che la comunicazione quantistica del cervello deve accadere attraverso dei campi vibrazionali, lungo i microtubuli delle cellule. Altri avevano ipotizzato che le basi delle funzioni del cervello abbiano a che fare con l’interazione fra la fisiologia del cervello e il campo del punto zero. Un fisico italiano, Enzo Insinna dell’Associazione per la Ricerca nella Bioelettronica, durante il suo lavoro sperimentale con i microtubuli, aveva scoperto che queste strutture hanno un meccanismo di segnalazione, il quale sembra essere associato con il trasferimento di elettroni. Finalmente molti di questi scienziati, ognuno dei quali sembrava avere in mano un pezzo del puzzle, decisero di collaborare. Pribram, Yasue, Hameroff e Scott Hagan dal Dipartimento di Fisica dell’Università McGill, assemblarono una teoria collettiva relativa alla natura della consapevolezza umana. In base alla loro teoria, i microtubuli e le membrane dei dendriti rappresentano la rete Internet del corpo. Ogni neurone del cervello può entrare nel sistema nello stesso momento e parlare a ogni altro neurone simultaneamente grazie ai processi quantistici interni. I microtubuli aiutano a mettere in ordine l’energia discordante e a creare una coerenza globale delle onde del corpo – un processo chiamato “superradianza” – e quindi permettono a questi segnali coerenti di vibrare attraverso il resto del corpo. Quando la coerenza viene raggiunta, i fotoni possono viaggiare per tutta la lunghezza dei canali leggeri, come se fossero trasparenti, un fenomeno questo chiamato “trasparenza auto-indotta”. I fotoni possono penetrare al centro di un microtubulo e comunicare con gli altri fotoni in tutto il corpo, causando una cooperazione collettiva delle particelle subatomiche dei microtubuli in ogni parte del cervello. Se ciò fosse vero, spiegherebbe l’unità di pensiero nella consapevolezza – ovvero che non pensiamo a un mucchio di cose disparate nello stesso momento. attraverso questo meccanismo, la coerenza diventa contagiosa, passando dalle cellule individuali agli insiemi di cellule – e nel cervello, da alcuni insiemi di cellule neurali ad altri. Ciò darebbe una spiegazione per il funzionamento istantaneo dei nostri cervelli, il quale si verifica in una quantità di tempo compresa tra un decimillesimo e un millesimo di secondo, richiedendo che l’informazione venga trasmessa a una velocità compresa tra 100 e 1.000 metri al secondo – una velocità che supera le capacità di qualsiasi connessione già nota esistente fra gli assoni e i dendriti dei neuroni. La superradianza lungo i canali leggeri potrebbe anche spiegare un fenomeno che è stato osservato da diverso tempo – la tendenza delle configurazioni degli E.E.G. del cervello a sincronizzarsi. Hameroff aveva notato che gli elettroni fluiscono facilmente lungo questi canali leggeri senza rimanere impigliati nel loro ambiente – ovvero, senza disporsi in qualsiasi stato fisso. Ciò vuol dire che possono rimanere in uno stato quantistico – una condizione di tutti gli stati possibili – permettendo al cervello di scegliere fra di essi alla fine. Questa potrebbe essere una buona spiegazione della libera volontà. In ogni momento, i nostri cervelli stanno compiendo scelte quantistiche, prendendo degli stati potenziali e rendendoli effettivi. Era soltanto una teoria – non era passata attraverso i test di Poppe della sua emissioni di biofotoni – ma della buona matematica e della evidenza circostanziata conferivano ad essa un certo peso. I fisici italiani Del Giudice e Preparata erano anche giunti all’evidenza sperimentale della teoria di Hameroff , per la quale i leggeri canali contengono campi di energia coerente. I microtubuli sono cavi e vuoti, eccetto che per un po’ d’acqua. L’acqua ordinaria, da rubinetto o di un fiume, è disordinata, con le molecole che si muovono casualmente. Ma il gruppo italiano scoprì che alcune delle molecole d’acqua nelle cellule del cervello sono coerenti, e che questa coerenza si estende almeno fino a tre nanometri al di fuori del citoscheletro della cellula. Visto che le cose stanno così, è estremamente probabile che l’acqua dentro i microtubuli sia ugualmente ordinata. Ciò offre un’evidenza diretta per la quale qualche sorta di processo quantistico, una creazione di coerenza quantistica, accade all’interno dei microtubuli. Avevano scoperto anche che questa concentrazione delle onde produce dei raggi di 15 nanometri di diametro – precisamente la dimensione del nucleo interno del microtubulo. Tutto ciò portava a un concetto eretico, che era già venuto in mente Friz-Albert Popp, ovvero che la consapevolezza è un fenomeno globale che accade ovunque nel corpo, non è soltanto nel nostro cervello. La consapevolezza, al suo livello più basilare, è luce coerente. Sebbene ognuno degli scienziati – Puthoff, Popp, Benveniste e Pribram – avessero lavorato indipendentemente, Edgar Mitchell era stato uno dei pochi a realizzare che, nell’insieme, il loro lavoro si presentava come una teoria unificata della mente e della materia – un evidenza dell’idea del fisico David Bohm di un universo di “totalità ininterrotta”. In base a questa idea, l’universo è una vasta ragnatela dinamica di scambi di energia, con una sottostruttura di base contenente tutte le versioni possibili di tutte le forme possibili di materia. La natura non è cieca e meccanicistica, ma è un processo di informazioni in feedback senza limiti di tempo, intelligente e pieno di significato, che fa uso di un apprendimento coesivo, e che viene alimentato in un processo coinvolgente gli organismi e il loro ambiente. Il suo meccanismo unificatore non è uno sbaglio fortunato, ma dell’informazione che è stata codificata e trasmessa ovunque e contemporaneamente. La biologia è un processo quantistico. Tutti i processi del corpo, inclusa la comunicazione cellulare, vengono innescati da fluttuazioni quantistiche, e tutte le funzioni più elevate del cervello e la consapevolezza sembrano funzionare a livello quantistico. La scoperta esplosiva di Walter Schempp relativamente alla memoria quantistica ha lanciato l’idea più eccentrica di tutte: la memoria a breve e lungo termine non risiede affatto nel nostro cervello, ma è invece immagazzinata nel Campo del Punto Zero. Dopo le scoperte di Pribram, diversi scienziati, incluso lo studioso di teoria dei sistemi Ervin Laszlo, continuarono a sostenere che il cervello è semplicemente il meccanismo di recupero e di estrazione del mezzo di memorizzazione fondamentale – il Campo. I colleghi di Pribram dal Giappone avevano ipotizzato che ciò che noi consideriamo memoria fosse semplicemente un’emissione coerente di segnali dal Campo del Punto Zero, e che le memorie a lungo termine fossero un insieme strutturato di questa informazione d’onda. Se ciò fosse vero, spiegherebbe perché una minuscola associazione spesso scateni un’orgia di visioni, suoni e odori. Spiegherebbe anche perché, con una particolare memoria a lungo termine, la capacità di ricordare sia istantanea e non richieda un meccanismo di scansione per setacciare anni e anni di memoria. Se hanno ragione, il nostro cervello non è un mezzo di memorizzazione, ma un meccanismo di ricezione in ogni senso, e la memoria è semplicemente un cugino remoto della percezione ordinaria. Il cervello recupera l’informazione “vecchia” nello stesso modo in cui processa l’informazione “nuova” – ovvero attraverso una trasformazione olografica delle configurazioni delle interferenze d’onda. Alcuni scienziati sono arrivati a suggerire che tutti i nostri processi cognitivi superiori siano il risultato di un’interazione col Campo del Punto Zero. Questo tipo di interazione costante potrebbe spiegare l’intuizione o la creatività – e il modo in cui le idee ci arrivano in un’esplosione di acume, a volte in frammenti, ma spesso in una forma completa e miracolosa. L’enorme processo intuitivo potrebbe semplicemente essere un’improvvisa fusione di coerenza nel Campo. Il fatto che il corpo umano scambi informazioni con un campo mutevole di fluttuazioni quantistiche, suggerisce qualcosa di profondo a proposito dell’universo. Dà un indizio su come le capacità umane per la conoscenza e la comunicazione siano enormemente più profonde e più estese, rispetto a quanto comprendiamo attualmente. Rende anche confuse le linee di confine della nostra individualità – il nostro completo senso di separazione. Se le cose viventi si riducono a particelle cariche, che interagiscono con un campo e mandano e ricevono informazione quantistica, dove finiamo noi e dove inizia il resto del mondo? Dov’è la consapevolezza? Racchiusa nei nostri corpi, o lì fuori, nel campo? In effetti non esiste più un “lì fuori” se noi e il resto dell’universo siamo così intrinsecamente interconnessi. Un’altra scoperta che potrebbe avere attinenza con questa idea della mente estesa, è quella relativa alla coscienza globale, che pare agisca negli esperimenti con i cosiddetti “generatori di eventi casuali”

Che esista una coscienza globale, è un fatto che deriva dalla certezza che esista una dimensione globale della materia che nessuno può seriamente negare. Come è ormai da tempo evidente, che materia e coscienza non possono essere considerate come realtà separate e indipendenti. Sul fatto poi, che la scienza possa mai essere in grado di spiegare e definire cosa sia la coscienza, sia individuale che globale, questo è molto improbabile, dato che il metodo scientifico si basa sulla analisi, ovvero sulla separazione degli eventi e delle cose, che vengono osservati come realtà tra loro separate. L’assolutizzazione del metodo scientifico non è una scelta seria, la scienza è soltanto un metodo utile per comprendere i fenomeni all’interno di una determinata rappresentazione della realtà, ma la realtà non può essere piegata alle nostre aspettative e ai nostri limiti nel comprenderla. La mente per sua natura non può afferrare il tutto, ma si muoverà soltanto da una cosa all’altra, potendo essa focalizzarsi soltanto su di una cosa alla volta. L’ipotesi della mente estesa, suggerisce anche un’altra inquietante implicazione, ovvero che le macchine possano sviluppare, o forse sarebbe meglio dire, che possano canalizzare o manifestare una loro coscienza. Prendiamo ad esempio la rete di internet: essa è strutturata come una grande ed estremamente complessa macchina basata su di una intelligenza artificiale; ma non solo, internet è una macchina che funziona in gran parte interagendo con una enormità di menti umane che agiscono in relazione con essa. Su internet si è venuto a creare un mondo parallelo virtuale che ha una sua continuità nel modo fisico. Possiamo quindi supporre che questa macchina abbia in qualche modo sviluppato una sua coscienza che interagisce con la coscienza globale umana? Quindi internet potrebbe essere diventata una sorta di entità autocosciente? Pensiamo all’impatto che la rete di internet sta avendo nel cambiare la vita dell’umanità, l’importanza che ha assunto nell’economia, nell’informazione, nelle relazioni umane. Pensiamo al ruolo dei social network nelle recenti rivolte che avvengono in paesi dove ci sono regimi autoritari; masse di cittadini che sembravano del tutto rassegnati a vivere in quello stato di cose, improvvisamente e in modo del tutto inaspettato si ribellano. Certo saranno spinti dalla crisi economica e dalle difficoltà a vivere, ma senza internet si sarebbero venuti a creare questi movimenti di ribellione in un sistema autoritario dove l’informazione è controllata dal regime? Sembra che sia proprio internet e in particolare i social network che hanno fatto la differenza rispetto al passato. Sembrerebbe essere un potere nuovo, che sfugge al controllo dei poteri tradizionali. La letteratura e il cinema di fantascienza sono ricchi di esempi che raccontano di macchine costruite dall’uomo che poi sfuggono al loro controllo, sviluppando una volontà autonoma. Dall’automa all’autonomia il passo potrebbe essere breve! Potrebbe essere che la rete internet si stia evolvendo come una nuova forma di vita cosciente con caratteristiche sia individuali che sovra individuali, sia umane che tecnologiche? Possono venire in mente anche scenari inquietanti come nel film “Metropolis”. Oppure mistici come nel film “2001 Odissea nello spazio”

Le implicazioni di tutto ciò sono troppo grandi per poter essere ignorate. L’idea di un sistema di energia modellata e scambiata, e la sua memoria e il suo richiamo nel Campo del Punto Zero, suggeriscono ogni genere di possibilità per gli esseri umani e per la loro relazione con il loro universo. I fisici moderni hanno ostacolato il progresso umano per molti decenni. Nell’ignorare gli effetti del Campo del Punto Zero, hanno eliminato la possibilità dell’interconnessione e hanno oscurato una spiegazione scientifica per molti tipi di fenomeni. Quello che hanno fatto, nel rendere di nuovo normali le loro equazioni, è stato un po’ come sottrarre il Divino. Questo a causa di una interpretazione materialista della realtà, che precede e influenza l’interpretazione dei dati d’osservazione. In altre parole si è sempre cercato di far coincidere il risultato scientifico, con l’idea che già si era accettata come unica possibile della realtà del mondo.
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 Oggetto del messaggio: Re: Modelli Quantistici della Coscienza
MessaggioInviato: 24/03/2019, 19:02 
zakmck ha scritto:
Angel_ ha scritto:
Una cara amica con la quale speculo periodicamente al telefono mi disse qualche giorno fa..."ma allora siamo avatar?"
Forse si...


Questa teoria spiegherebbe alcune cose, ma quello che continua a sfuggirmi e' il perche' non abbiamo consapevolezza di questo.


Perchè questa consapevolezza c'è solo se non condividi la dimensione degli avatars.



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