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 Oggetto del messaggio: Re: Modelli Quantistici della Coscienza
MessaggioInviato: 13/11/2017, 18:03 
Cita:
Dai risultati del test, e da altri risultati raccolti in precedenza, risulta che il processo di volizione (il potenziale di prontezza motoria) comincia 550 ms prima dell’azione. Lo sconcertante risultato rivela che la consapevolezza inizia in media solo 200 ms prima dell’azione. Dunque noi cominciamo a volere prima di rendercene conto; come spiegare questi 350 ms di scarto tra il tempo soggettivo della decisione e il tempo neurale?

Esperimento interesssante ma, secondo me, dimostra solo che esiste una parte coscienziale (anima) che decide e una parte fisica che elabora ed esegue, in ritardo.
Se presupponi che noi siamo il nostro cervello allora arrivi alle conclusioni di Libet, ma se consideri che noi siamo la nostra coscienza (anima) il libero arbitrio potrebbe essere una prerogativa di quest'ultima, quindi le scelte vengono fatte dalla coscienza secondo la logica del libero arbitrio ed il cervello deve solo elaborare ed eseguire (avatar).
Il vero problema è che non sappiamo nulla sulla parte che prende le decisioni, coscienza o anima che sia (noi stessi), e non sappiamo se è influenzata da una realtà diversa da quella che conosciamo.
Questa ricerca di Libet è un'altro di quei dettagli che dovrebbe farci riflettere ...
Ci fa capire che esiste una parte decisionale (volitiva) estranea alla parte fisica ma non sappiamo nemmeno dove sia esattamente, supponiamo che sia all'interno del nostro cervello ma forse è chiusa in una scatola/alveare sul lato nascosto della luna, gestita da un software [:300]


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 Oggetto del messaggio: Re: Modelli Quantistici della Coscienza
MessaggioInviato: 14/11/2017, 14:09 
Dipende che si intende per libertà.

Se per libertà si intende quella di prendere decisioni ragionate, razionali allora la risposta è no, almeno per quel che riguarda scelte importanti. La parte cosciente prende semplicemente atto e sviluppa una serie di ragionamenti logici che la giustificano ma di fatto non decide nulla.

Prendiamo l'amore. Ci si innamora e poi i cerca di capire cosa e perchè ci ha fatto innamorare di una persona.

E' la parte inconscia del cervello che elabora le informazioni provenienti dai sensi (i canonici 5 più quelli sfruttato inconsciamente come le percezioni "extrasensoriali" della coscienza collettiva, o le influenze che il futuro ha sul presente al pari del passato) e decide cosa e come trasmetterlo a NOI cioè alla parte cosciente, il pilota è lì, la parte cosciente di noi è solo il mezzo.


Il punto è: il pilota DECIDE o esegue solo meri calcoli e prende atto del risultato?

Io penso che lo scarto tra visione inconscia e conscia sia dovuta al lag esistente tra la parte inconscia del cervello che elabora le informazioni e la parte consocia che ne prende atto e le rende "reali" per noi.

Ci sono tanti esperimenti del genere alcuni fatti anche con persone cieche da un occhio (apparato visivo intatto ma zona del cervello relativa danneggiata) le quali pur in teoria non vedendo quando gli si ponevano davanti immagini sorridenti queste rispondevano col il medesimo riflesso condizionato. Quindi di fatto NOI vediamo delle cose, ma il nostro cervello le elabora in modo diverso a seconda se debbano essere gestite dalla parte conscia o meno. quindi come possiamo essere liberi di decidere se nel prendere le decisioni non usufruiamo di tutti i dati che invece sono possesso di quella automatica? :)



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 Oggetto del messaggio: Re: Modelli Quantistici della Coscienza
MessaggioInviato: 15/11/2017, 17:54 
MaxpoweR ha scritto:
E' la parte inconscia del cervello che elabora le informazioni provenienti dai sensi (i canonici 5 più quelli sfruttato inconsciamente come le percezioni "extrasensoriali" della coscienza collettiva, o le influenze che il futuro ha sul presente al pari del passato) e decide cosa e come trasmetterlo a NOI cioè alla parte cosciente, il pilota è lì, la parte cosciente di noi è solo il mezzo.
Il punto è: il pilota DECIDE o esegue solo meri calcoli e prende atto del risultato?
Io penso che lo scarto tra visione inconscia e conscia sia dovuta al lag esistente tra la parte inconscia del cervello che elabora le informazioni e la parte consocia che ne prende atto e le rende "reali" per noi.

Secondo me l'esperimento dice una cosa diversa ma potrei avere capito male
Libet sostiene che l'azione volitiva (decisionale) avviene prima di quella del cervello, sia conscio che inconscio
Gli strumenti di Libet rilevano l'attività cerebrale, sia conscia che inconscia, e sostiene che tale attività è in ritardo rispetto all'azione volitiva (coscienza)
Per questo motivo arriva a concludere che non abbiamo il libero arbitrio, secondo la logica del suo esperimeto la parte volitiva sembra essere esterna all'uomo poichè Libet ritiene che il nostro "io" sia la consapevolezza, ovvero il cervello. Quindi per Libet la coscienza (parte volitiva) decide prima della consapevolezza (cervello).
Ma se noi consideriamo il nostro "io" nella coscienza (parte volitiva) possiamo arrivare alla conclusione che stiamo usando il corpo come un avatar


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 Oggetto del messaggio: Re: Modelli Quantistici della Coscienza
MessaggioInviato: 17/11/2017, 21:19 
Sto rileggendo questo materiale e mi sembra alquanto in tema...

Cita:
Dr. Neruda –
Perché la LERM è l’equivalente della genetica per la coscienza, e la coscienza è l’equivalente della formulazione della realtà per gli esseri senzienti. Così se capisce la LERM, capisce il sistema causale che opera nel non-tempo e nel non-spazio che fondamentalmente costituisce la struttura della realtà di spazio, tempo, energia e materia. Gli oggetti quantistici che operano nel costrutto della LERM hanno un’esistenza totalmente differente dai macro-oggetti come questo tavolo o quella sedia.
Gli oggetti quantistici nel loro stato reale non sono mai stati visti dall’uomo. Gli scienziati hanno testimoniato gli effetti e alcune proprietà degli oggetti quantistici, ma la loro natura causale non è visibile con degli strumenti scientifici... e non importa quanto siano potenti, perché gli strumenti scientifici sono fisici e di conseguenza sono correlati a spazio e tempo. Mentre gli oggetti quantistici non sono in relazione con spazio e tempo se non attraverso un osservatore.

Sarah –

Così sta dicendo che i mattoni della materia, questi oggetti quantistici, non esistono a meno
che qualcuno non li stia osservando... che la coscienza li fa apparire reali e fissati nel tempo e spazio? E
questo che sta dicendo?

Dr. Neruda –
In un certo senso, ma non esattamente. Vorrei provare a spiegarglielo in quest’altro modo: la coscienza nasce o si origina dal non-tempo e non-spazio come una forma di energia che è il mattone fondamentale della LERM. La coscienza si localizza quando diventa fisica. In altre parole, la coscienza diventa uomo, o animale, o pianta o un oggetto con caratteristiche fisiche. Mi segue fino a qui?

Sarah –

Sì.

Dr. Neruda –

Bene. Quando la coscienza diventa un oggetto fisico localizzato, in sostanza orchestra la LERM a conformarsi a una matrice di realtà che è stata codificata nelle proprietà genetiche o fisiche dell’oggetto che è diventata. In altre parole, la coscienza si sposta dal non-spazio e non-tempo per diventare materia, e poi orchestra la LERM a produrre la realtà fisica coerente con le proprietà genetiche codificate dell’oggetto fisico che è diventata. Se l’oggetto è un essere umano, allora gli attivatori che sono esclusivamente umani diventano gli strumenti della coscienza attraverso i quali allestisce la sua realtà.
La LERM è essenzialmente un campo infinito di possibilità o, come lo definì Aristotele, Potenza.
Questa Potenza è come un suolo fertile dal quale si creano gli oggetti fisici.
Coloro che riescono a orchestrare la LERM attraverso l’applicazione della loro coscienza sono in grado di portare in manifestazione la realtà e non semplicemente di reagire ad essa. Questa manifestazione può essere istantanea perché, come ho detto, gli oggetti quantistici hanno origine nel non-tempo e non-spazio...

Tratto dalla seconda Intervista al dr. Jamisson Neruda
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 Oggetto del messaggio: Re: Modelli Quantistici della Coscienza
MessaggioInviato: 13/01/2018, 19:31 
Cita:
La percezione di altre realtà

Matteo SIMONE

Carlos Castaneda, studioso, antropologo, interessato alla scoperta del mondo e di più mondi afferma in una intervista: “Secondo la visione degli antichi veggenti, l’essere umano è essenzialmente una creatura la cui prima ragion d’essere consiste nel percepire. La percezione è il senso della vita, è su di essa che si fonda e prende forma la realtà. Il problema è che l’essere umano si è ridotto a percepire un’unica realtà, quando invece fu creato per percepire e per vivere anche in altre realtà, in altri mondi sviluppando così il proprio essere in un continuo processo evolutivo.” (1)

Secondo Castaneda la percezione ordinaria ci racconta solo una parte della verità. “La percezione ordinaria non ci rende consapevoli dell’intera verità. Vi è ben altro al di là del semplice transitare sulla terra, del nutrirsi e del riprodursi”, “Il buon senso non è altro che la risultante di un lungo processo educativo che ci impone quale unico strumento di verità la percezione ordinaria. L’arte della stregoneria consiste proprio nell’imparare a smascherare e distruggere questo pregiudizio percettivo”.

Castaneda afferma come la fenomenologia gli abbia offerto la struttura teoretico-metodologica cui è ricorso per apprendere gli insegnamenti di don Juan. Secondo questa disciplina, l’atto del conoscere dipende dall’ intenzione, non dalla percezione. Quest’ultima è sempre soggetta alle mutazioni storiche, vale a dire alla conoscenza acquisita dall’individuo che, inevitabilmente, si trova a vivere in una determinata cultura.

“Il compito che don Juan mi aveva affidato”, dice, “consisteva nell’incrinare, a poco a poco, i pregiudizi percettivi, fino ad arrivare a una loro completa rottura”. La fenomenologia “sospende” il giudizio e pertanto si limita alla descrizione del puro atto intenzionale.” (1)

“L’altro mondo – cui don Juan aveva accennato fin dal primissimo nostro colloquio – era sempre stato solo una metafora, un’oscura maniera per etichettare una qualche distorsione percettiva, o tutt’al più un modo di alludere a qualche indefinibile stato dell’essere. Benché don Juan mi avesse fatto percepire indescrivibili caratteristiche di quel mondo “di la”, non potevo considerare le mie esperienze altro che un gioco della percezione, un inganno dei sensi, una sorta di miraggio che lui, don Juan, mi aveva procurato, o mediante delle erbe psicotropiche, o con altri mezzi che non potevo comprendere razionalmente. Ogni volta che ciò era accaduto, io mi ero consolato all’idea che l’unità dell’”io” che mi era familiare fosse stata solo temporaneamente spiazzata. Inevitabilmente – non appena ripristinata quell’unità – il mondo tornava ad essere un santuario inviolabile per il mio “io” razionale.” (2)

“Don Juan mi spiegò che per loro percepire l’essenza energetica delle cose rappresentava la meta più alta. Era di tale importanza che la trasformarono nella premessa fondamentale della stregoneria. Oggi, dopo una vita di esercitazioni e disciplina, gli stregoni acquistano la capacità di percepire l’essenza delle cose, e la chiamano vedere.

“Che significato avrebbe per me percepire l’essenza energetica delle cose?” chiesi una volta a don Juan.

“Vorrebbe dire che percepisci l’energia direttamente” mi rispose. “Separando la parte sociale, tu percepirai l’essenza di tutto. Qualsiasi cosa noi percepiamo è energia, ma poiché non siamo in grado di recepirla direttamente, trattiamo la nostra percezione in modo che si adatti a una forma. Questa è la parte sociale che tu devi separare.”

“E perché devo separarla?”

“Perché riduce deliberatamente la portata di quanto può essere percepito e ci fa credere che la forma cui abbiamo adattato le nostre percezioni è la sola cosa che esista. Sono sicuro che per la sopravvivenza di un uomo, oggi, la sua percezione deve cambiare alla base sociale.”

“Che cos’è questa base sociale della percezione, don Juan?”

“La certezza fisica che il mondo è fatto di oggetti concreti. Io la definisco base sociale perché tutti esercitano un serio e considerevole sforzo per condurci a percepire il mondo così.”

“Come dovremmo percepirlo, il mondo?”

“Tutto è energia. L’intero universo è energia. La base sociale della nostra percezione dovrebbe essere la certezza fisica che l’energia è ciò che conta. Dovremmo fare un grande sforzo per portarci a percepire l’energia come tale. Dopo, avremmo a disposizione entrambe le alternative.”

“E’ possibile preparare qualcuno in questo senso?” domandai.

Don Juan rispose di sì, spiegandomi che era proprio quello che stava facendo con me e con gli altri apprendisti. Ci stava insegnando una nuova via alla percezione, primo, rendendosi consapevoli del processo cui sottoponiamo la percezione per adattarla a una forma e, secondo, guidandoci con fermezza a percepire direttamente l’energia. Mi assicurò che questo metodo era molto simile a quello usato per insegnarci a percepire il mondo della quotidianità.

Secondo don Juan, il nostro convincimento a trattare la percezione perché si adatti a una forma sociale, perde la sua forza quando ci accorgiamo che abbiamo accettato questa forma, quasi come un’eredità dei nostri antenati, senza preoccuparci di esaminarla.” (3)

Ci capita di stare con qualcuno, davanti a qualcuno, di vederlo, di guardarlo, ma di non stare veramente in contatto con questa persona, di non cogliere aspetti interessanti, fondamentali.

Scrive J. Zinker: “Negli anni ho scoperto che tanta gente soffre di cecità funzionale. Non solo non notiamo i particolari visivi del nostro mondo, ma spesso ci sfugge l’evidenza. Nel mio lavoro uso molto gli occhi; qualche volta mi aiutano a scoprire ciò che il linguaggio della persona non mi dice….

Nella psicoterapia della Gestalt iniziamo un incontro vedendo chiaramente il paziente in superficie. La sola superficie può dirci un sacco di cose, poiché contiene molti indizi sulla vita interiore della persona. La visione castanediana fa un salto creativo al di là di questo incontro visivo iniziale. Attraversa la superficie della persona per giungere al suo centro, alla sua essenza. E’ come se il mio stesso centro diventasse una sorgente di luce, di chiarezza, diretta al centro dell’altra persona.”

L’incontro castanediano è un incontro “cuore a cuore”, In quei rari momenti in cui si è in condizioni tali da riuscire a penetrare come un laser nell’altra persona, si possono rompere alcune regole standard di preparazione e gradualità ed entrare velocemente nel dialogo con l’esperienza interiore dell’altro.” (4)

Ancora Castaneda: “Ti ho ripetuto migliaia di volte che essere troppo razionale è un handicap. Gli esseri umani hanno un senso della magia molto profondo. Noi facciamo parte del misterioso. La razionalità è solo una vernice superficiale. Se grattiamo quella superficie, sotto troviamo uno stregone. Tuttavia alcuni di noi hanno grandi difficoltà ad arrivare sotto lo strato superficiale, mentre altri lo fanno con facilità estrema.” (5)

A proposito di altre realtà, soprattutto nell’ambito di culture altre, voglio citare Alejandro Jodorowky che tra le tante esperienze considerate fuori dalla normalità quotidiana ha sperimentato un modo di curare abbastanza inusuale: “Un amico mi aveva parlato della famosa Pachita, una donna di ottant’anni che la gente veniva a consultare anche da molto lontano nella speranza di essere curata.

Pachita faceva distendere il paziente su un lettino, sempre illuminato da una candela, dato che, secondo lei, la luce elettrica poteva arrecare danno agli organi interni. Poi indicava il punto del corpo che avrebbe “operato”, lo circoscriveva con del cotone e vi versava un litro di alcol. L’odore si propagava per tutta la stanza: sembrava di essere in una vera sala operatoria. La guaritrice era sempre accompagnata da due assistenti – spesso uno ero io – e da una mezza dozzina di adepti ai quali era categoricamente proibito accavallare le gambe, incrociare le braccia o le dita, per facilitare la libera circolazione dell’energia. In piedi al suo fianco, l’ho vista “cambiare il cuore” a un paziente, a cui sembrava aver aperto il petto con le mani facendone fuoriuscire il sangue… Pachita mi obbligò a mettere la mano nella ferita: palpavo la carne lacerata e ritiravo le mia dita insanguinate. Da un barattolo di vetro che aveva di fianco, ho estratto un cuore arrivato chissà da dove – dal “deposito” o dall’ospedale – che lei “trapiantava” magicamente nel malato: non appena lo appoggiava sul petto, il cuore spariva all’interno, come risucchiato dal corpo. Questo fenomeno di “aspirazione”, o risucchio, era comune in tutti i suoi trapianti: Pachita prendeva un tratto d’intestino che, non appena posato sul corpo del paziente, spariva al suo interno. L’ho vista aprire una testa e introdurvi le mani.” (6)

“Non oserei dire che le manipolazioni di Pachita fossero vere e proprie operazioni; ma non posso neppure dire che non lo fossero… E, alla fine, sono arrivato alla conclusione che non ha importanza. Le domande di questo genere ci preoccupano perché crediamo in un mondo “obiettivo”, perché la nostra mentalità moderna si autodefinisce razionale. Pretendiamo sempre di assumere il ruolo di spettatori distanti di un fenomeno che supponiamo essere esterno, i cui meccanismi devono essere chiaramente delineati. Nella mentalità “sciamanica”, al contrario, questo tipo di dilemma non si pone. Non esiste né un soggetto osservatore né un soggetto osservato, esiste solamente il mondo, sogno formicolante di segnali e simboli, campo di interazione nel quale confluiscono forze e influssi molteplici. In questo contesto, tentare di stabilire se le operazioni di Pachita fossero “reali” o meno, non ha senso. Di quale realtà stiamo parlando? Nel momento in cui penetri nel campo magnetico della guaritrice, entri nella sua realtà e lei nella tua, entrambi seguite un’evoluzione all’interno di una realtà in cui le tecniche di guarigione si rivelano operative. E il fatto è che molte persone sono realmente guarite! D’altra parte, attenendomi al punto di vista cosiddetto “obiettivo”, non sono mai riuscito a scoprire il trucco, nonostante fossi stato al suo fianco ore e ore, settimana dopo settimana… Comunque sia, non si può non riconoscere che Pachita fosse geniale. Se il suo era teatro, che grande attrice! Se era illusionismo, quella donna è stata la più grande illusionista di tutti i tempi! E che psicologa…” (6)

Aneddoto di Jodorowsky: “Preoccupato, Isan chiese a suo maestro Gyosan:

“Maestro, la vita mi preoccupa. Mi sento inondato dalla sua molteplicità. Milioni di cose mi vengono addosso e mi attraggono. Ne sono invaso. Questo mi fa disperare.”

“Non ti preoccupare. La tua percezione non può captare più di una cosa per volta. Perciò è inutile che ti preoccupi in anticipo. Vivi ogni cosa nel momento in cui si presenta, esso è unico. Non è tutti gli oggetti. Accettalo per quello che è e vivilo. Non esistono milioni di istanti da vivere. Non esiste altro che l’istante presente. Gli altri verranno dopo. Sono in cammino per trasformarsi nell’istante presente, ma se rimani calmo e tranquillo, senza metterti a fare troppe elucubrazioni o farti prendere dall’ansia, verranno uno dietro l’altro e la tua vita scorrerà serena.”



(1) Si vive solo due volte : interviste a Carlos Castaneda, Roma, Stampa alternativa, 1997, (Già pubbl. in: Details magazine, Mutantian e Magical bland. - Trad. di Roberto Fedeli, Matteo Guarnaccia).

(2) C. Castaneda, Il secondo anello del potere, Milano, Biblioteca Universale Rizzoli, 1990:301-301

(3) C. Castaneda, L’arte di sognare, Milano, Rizzoli, 2000:14-15.

(4) J. Zinker, Processi creativi in Psicoterapia della Gestalt, Francoangeli , 2001:221-222.

(5) C. Castaneda, Il potere del silenzio, Milano, Rizzoli, 2001:184.

(6) A. Jodorowsky, Psicomagia, Milano, Feltrinelli, 1997:85.

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 Oggetto del messaggio: Re: Modelli Quantistici della Coscienza
MessaggioInviato: 13/01/2018, 20:59 
il qbit è incomprensibile per il cervello umano,a meno che sia integrato e funzionante al meglio.
Inoltre,di solito,il cervello umano non capisce più di 7 bit contemporanei.
Quindi ben lungi dall'essere quantistico.
Visto poi lo stato miserando dei cervelli-massa...muah...è giá un miracolo che funzionino ancora.
In particolare,ignoro ciò che sembra ancora far funzionare il cervello dei ticinesi [:297] [:302]


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 Oggetto del messaggio: Re: Modelli Quantistici della Coscienza
MessaggioInviato: 07/03/2018, 15:00 
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 Oggetto del messaggio: Re: Modelli Quantistici della Coscienza
MessaggioInviato: 28/03/2018, 15:26 
Cita:
RISONANZA MORFICA E BIOLOGIA QUANTISTICA
Immagine
Gli organismi viventi sono sistemi biologici quantistici che si interfacciano con il tessuto basilare della realtà. Il loro DNA agisce come un’antenna frattale che può ricevere e trasdurre energia di punto zero, consentendo un’interazione più diretta con il Campo.

Che cos’è la vita? È un interrogativo che quasi tutti noi, universalmente, ci poniamo. Per gli scienziati, in particolare, è una domanda fondamentale, e in effetti fu anche il titolo del libro del 1944 di Erwin Schrödinger Was ist Leben? Schrödinger fu un fisico nonché uno dei padri della meccanica quantistica. Il suo libro costituisce probabilmente uno dei primi trattati mai pubblicati sulla fisica quantistica della biologia, ovvero la base della disciplina della biologia quantistica. Applicando ai processi biologici le teorie della meccanica quantistica e della causalità formativa si ricavano degli spunti per comprendere alcuni fenomeni particolari per cui non è possibile formulare descrizioni adeguate attraverso le metodologie scientifiche convenzionali.

Causalità formativa: il campo morfogenetico

La scienza della biologia, con gli attuali modelli teorici, è quasi giunta a un impasse, poiché si sta avvicinando a un livello descrittivo che necessita delle teorie della meccanica quantistica e delle teorie dei campi. Per potere esaminare i livelli più profondi della realtà, occorre una scienza con paradigmi nuovi. Una teoria di questo tipo, che descrive con eleganza molti fenomeni che finora si sono sottratti ad adeguate descrizioni scientifiche, è la teoria della risonanza morfica di Rupert Sheldrake: la teoria della causalità formativa. Essa descrive il processo della morfogenesi come determinato da un campo morfogenetico per mezzo di una forza non fisica. È la scienza della conformazione, ed è fondamentale per comprendere come avviene l’accesso alle informazioni del Campo (noto anche come il vuoto, l’etere, l’ordine implicato, il plenum cosmico, il superspazio, l’akasha, ecc.). Quanto è importante la scienza della conformazione? Erwin Schrödinger ce lo fa capire con una spiegazione felice:

“Ciò che osserviamo come corpi e forze materiali non sono altro che forme e variazioni della struttura dello spazio” (corsivi aggiunti).

Per molti questa affermazione va spiegata, dato che lo spazio, secondo la descrizione classica, è definito come qualcosa di vuoto. Tuttavia, per molti scienziati, lo spazio (e persino il vuoto) non sono assolutamente “vuoti”. Persino alla temperatura dello zero assoluto, quando non dovrebbe più esserci alcuna forma di energia, ciascun punto nello spazio (ove il più piccolo quanto dello spazio è un volume basato sulla lunghezza di Planck) contiene un oscillatore armonico quantistico che vibra con l’energia di punto zero dello stato fondamentale per il Campo. Il fisico Nassim Haramein ha descritto in che modo un volume di vuoto delle dimensioni di un protone contenga una densità energetica equivalente a tutta la massa dell’Universo. Ciò esemplifica come l’Universo sia olofrattale, nel senso che una particella subatomica contiene potenzialmente la traccia dell’intero Universo, e come nell’Universo esistano più strati dimensionali in cui viene distribuita tale densità energetica infinita.
Tornando a quanto esposto da Rupert Sheldrake, la teoria della risonanza morfica si avvicina così tanto alla modellizzazione dei processi effettivi che danno luogo alla formazione di tutti i livelli di organizzazione da diventare autoevidente, una volta compresa correttamente. In merito ai sistemi biologici, essa spiega le cause formative dell’evoluzione, dello sviluppo embrionale, dei pensieri, dei comportamenti e persino di vari fenomeni metafisici. Personalmente, trovo davvero illuminante la capacità di questa teoria di spiegare il funzionamento dei pensieri.

Comunicazione quantistica biomolecolare

Le immagini dell’attività cerebrale ottenute con la risonanza magnetica funzionale (fMRI) e l’elettroencefalografia (EEG) rivelano modelli spaziotemporali quadridimensionali dell’attività elettrica prodotta dai potenziali d’azione di miliardi di neuroni. La propagazione elettrica lungo gli svariati percorsi di queste reti produce dei pattern di attività specifici per cui è stata trovata una chiara correlazione con stati fisici e senzienti. Uno degli interrogativi più sfuggenti della neurobiologia è in che modo questa attività elettrica possa produrre ciò che noi percepiamo come pensieri, comportamenti e ricordi. Questa domanda mette a dura prova i neurobiologi, in quanto desta una totale perplessità da un punto di vista puramente fisico, ovvero il punto di vista al quale gli scienziati tendenzialmente si limitano nella propria indagine della Natura.

In effetti, la condizione senziente non verrà mai spiegata dalla delineazione fisica dell’attività cerebrale, perché si tratta di un fenomeno non fisico: il cervello agisce soltanto da interfaccia tramite la quale gli aspetti puramente energetici della condizione senziente vengono trasdotti nell’esperienza fisica. Ciò significa che il cervello non ha mai prodotto pensieri, e non lo farà mai, perché non è questo che fa il cervello. I pensieri esistono come idee all’interno del campo morfogenetico – e uno specifico programma di pensieri è un comportamento all’interno del campo morfogenetico – dunque i comportamenti sono strutture morfiche di pensiero a un livello di nidificazione superiore. Ricordate che il campo morfogenetico non è che una categorizzazione del campo dell’informazione, che fa parte del campo unificato. Dunque quello che accede al campo delle informazioni non fisiche è un componente non fisico della mente: lo si può definire la mente superiore.

L’impulso di tutte le idee si verifica all’interno della mente superiore, e attraverso di esso le idee vengono trasdotte nel cervello suscitando i potenziali d’azione che producono specifici pattern quadridimensionali di attività elettrica. Questi pattern spaziotemporali, attraverso la risonanza morfica, si sintonizzano con un programma di idee all’interno del campo morfogenetico e consentono alla mente fisica di percepire le idee come pensieri. Analogamente, anche i ricordi sono prodotti dallo stesso tipo di pattern quadridimensionali di attività elettrica. I pattern specifici dell’attività neurale si sintonizzano su distinti campi morfici contenenti informazioni che producono le immagini corrispondenti a un evento passato. Ciò significa che i ricordi in realtà non sono registrati da nessuna parte, come tendenzialmente pensiamo. Piuttosto, ogni volta vengono creati da zero nel momento presente. È possibile osservare la genesi dei nuovi percorsi neurali per la conduzione dei pattern elettrici in grado di sintonizzarsi su diverse aree del campo di informazione mentre avviene rapidamente attraverso la formazione di strutture fisiche subsinaptiche chiamate spine dendritiche.

Le spine possono prodursi e ritrarsi rapidamente, così il cervello ha un alto grado di plasticità e ha la possibilità di rimodellarsi e riprogrammarsi molto più in fretta rispetto al tempo che ci vorrebbe se si producessero sinapsi interamente nuove e, in alcuni casi, neuroni interamente nuovi. In realtà, quando abbiamo la sensazione di aver capito o imparato un nuovo concetto è perché sono state generate spine dendritiche che originano nuovi contatti sinaptici, consentendo la creazione di diversi pattern di attività elettrica che si possono sintonizzare con diverse risonanze morfiche. Tuttavia, la stessa percezione non avviene all’interno del cervello fisico; la percezione è semplicemente facilitata dal cervello, poiché è la coscienza che percepisce, e la coscienza non avviene dentro il cervello, ma è solo limitata dal cervello.
Questo è probabilmente uno dei misteri più inafferrabili della scienza: come si produce la coscienza? Ancora una volta, è una domanda a cui non si potrà mai rispondere usando la scienza dei vecchi paradigmi, perché
la coscienza non è prodotta da fenomeni fisici: è primaria e fondamentale per tutta l’esistenza. È un prerequisito dell’esistenza stessa, dal momento che, senza consapevolezza cosciente, come si potrebbe dire che qualcosa esiste? Che cosa lo differenzierebbe dalla non-esistenza se fosse completamente non percepito? Cercare di immaginare qualcosa di esistente ma non percepito è simile a cercare di immaginare la non-esistenza. Non si può fare.
Ci sono stati pochissimi tentativi di spiegare scientificamente i presunti processi fisici attraverso cui viene prodotta la coscienza (ricordando che, per il paradigma del consenso, tutti i fenomeni devono essere spiegati attraverso processi fisici). La comunità scientifica si è per lo più accontentata di presumere che la coscienza sia un aspetto che emerge da reti neurali di altissima complessità, in particolare quelle che comprendono la neocorteccia del cervello umano. In effetti ne sono scaturiti filoni di ricerca produttivi, in quanto alcuni scienziati, per spiegare la comparsa della coscienza, sono stati spronati a pensare al di là delle consuete restrizioni autoimposte e a prendere in considerazione le teorie dei processi meccanici quantistici all’interno del contesto biologico.

Roger Penrose, in collaborazione con Stuart Hameroff, ha sviluppato una teoria secondo cui gli elettroni pi delocalizzati all’interno dei microtubuli sono sufficientemente protetti dalle fluttuazioni ambientali da poter mantenere una sovrapposizione quantistica della propria funzione d’onda. I microtubuli sono filamenti interni alle cellule che formano una matrice di sostegno nota come citoscheletro e sono coinvolti nella trasduzione di segnali e sostanze chimiche in tutta la cellula.
Immagine
Sopra: rappresentazione schematica di una rete di microtubuli intracellulari in un neurone.
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Sopra: schemi di microtubuli che rappresentano l’architettura strutturale della molecola. All’interno del tubo cavo, gli elettroni pi delocalizzati potrebbero essere sufficientemente protetti da formare stati quantisticamente coerenti.

Penrose e Hameroff hanno teorizzato che il collasso della funzione d’onda quantistica degli elettroni pi potrebbe produrre un’elaborazione subneuronale delle informazioni ed essere la sorgente della coscienza nel cervello.
Come funzione d’onda, gli elettroni possono formare uno stato quantistico coerente noto come condensato di Bose-Einstein. In questo stato, tutti gli elettroni si comportano essenzialmente come una singola particella o, più precisamente, come una singola funzione d’onda correlata, con un entanglement “non locale” che consente il trasferimento quasi istantaneo delle informazioni. Durante le modalità normali dell’attività cerebrale, come l’attività elettrica che produce oscillazioni beta, questi stati sono estremamente fugaci. Tuttavia, quando una persona è sufficientemente isolata dalle perturbazioni ambientali, ad esempio se è in uno stato meditativo in cui gli stimoli visuali, uditivi e cognitivi sono ridotti al minimo, l’attività elettrica del cervello può entrare in un pattern di onde cerebrali noto come oscillazioni gamma. L’oscillazione gamma è caratterizzata da potenziali d’azione spaziotemporali sincronizzati che attraversano avanti e indietro l’intero cervello 40 volte al secondo. In questo stato, si riesce a mantenere il condensato di Bose-Einstein, che può creare un entanglement coerente con gli elettroni pi all’interno dei microtubuli contenuti praticamente in ogni cellula del corpo. Il corpo diventa un “tutto” quantisticamente coerente, e l’individuo prova una sensazione di unità. Questo stato biologico macroscopico quantisticamente coerente consente all’individuo anche di creare una specifica sintonia con l’iperspazio e accedere a informazioni direttamente dal Campo.
Inoltre, i microtubuli e molti altri biopolimeri come il DNA possono formare onde solitoniche in grado di produrre vari fenomeni di tipo particellare come i fononi e i condensati di Bose-Einstein. Ancora una volta, si tratta di una forma di comunicazione non classica e di funzionalità quantistica all’interno del sistema biologico.
Normalmente una forma d’onda, quando viene esaminata da un fisico, collassa, ed è possibile determinare la posizione definita o la quantità di moto dei quanti. Si parla di riduzione soggettiva, detta soggettiva perché richiede la coscienza dell’osservatore. La sfida di Penrose e Hameroff era tentare di descrivere la genesi della coscienza attraverso il collasso della funzione d’onda, e non il collasso della funzione d’onda attraverso l’osservazione cosciente. Per questo arrivarono al concetto di riduzione oggettiva, in cui la funzione d’onda collassa dopo aver superato una soglia nella curvatura spazio-temporale. Si tratterebbe di un effetto della gravità quantistica. È un concetto davvero incredibile in quanto unisce meccanica quantistica, relatività speciale e biologia molecolare nella spiegazione di un dato fenomeno.

Anche se la teoria è molto interessante, potrebbe non essere necessaria per spiegare la genesi della coscienza, se la coscienza è fondamentale e primaria per tutti i fenomeni. Così, fintanto che il collasso della funzione d’onda quantistica all’interno dei microtubuli non spiega la genesi della coscienza, esso si può tuttavia applicare per spiegare molti altri fenomeni biologici. Per esempio, è attraverso il livello quantistico che ogni pensiero, sentimento ed esperienza viene trasmesso al livello di coscienza che è la nostra frazione individualizzata. Questa informazione viene trasmessa attraverso la funzione dell’onda quantistica che si sovrappone fra due livelli discreti della realtà – spaziotempo e iperspazio – consentendo lo scambio di informazioni fra i due livelli. Lo stesso tipo di elettroni delocalizzati che si trova all’interno dei microtubuli e che forma la sovrapposizione quantistica si trova anche all’interno della molecola del DNA, ed esiste un legame continuo che, attraverso i microtubuli e arrivando al DNA nucleare, percorre l’intero organismo di cellula in cellula.
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Sopra: Dimensioni del genoma di vari organismi in base al numero di coppie di basi (bp) dei nucleotidi.
In ordine discendente: Micoplasma, Batteri gram-positivi, Batteri gram-negativi, Funghi/Muffe, Alghe, Vermi, Crostacei, Echinodermi, Insetti, Molluschi, Uccelli, Pesci ossei, Pesci cartilaginei, Rettili, Mammiferi, Anfibi, Piante da fiore.

Il filamento di DNA fotocodificato

L’instabilità della densità elettronica del dipolo elettrico produce oscillazioni armoniche degli elettroni pi al centro dei microtubuli o del DNA. Ecco l’origine del filamento elettromagnetico che attraversa il centro di questi polimeri, poiché le cariche oscillanti producono campi magnetici, e i campi magnetici oscillanti producono campi elettrici che a loro volta producono onde elettromagnetiche o, per usare la terminologia comune, la luce. È un filamento fotocodificato, ed è il filamento del DNA che trasporta le informazioni! La presenza di questi fili di luce, il “corpo sottile” dell’organismo biologico, è stata rivelata da numerosi esperimenti scientifici.

L’esemplificazione empirica del corpo sottile risale agli esperimenti svolti negli anni Venti dallo scienziato russo Alexander Gurwitsch, che sorprendentemente collegò le emissioni elettromagnetiche ultradeboli degli organismi ai processi evolutivi del campo morfogenetico! Chiamò queste emissioni raggi mitogenici. Tuttavia, senza una vera e propria indagine empirica dell’argomento, la comunità scientifica rifiutò la nozione, perché era considerata al di fuori dei confini del paradigma materialistico. Solo in tempi relativamente recenti sono stati eseguiti degli esperimenti per approfondire l’argomento, e in effetti essi hanno confermato la comunicazione intracellulare e intercellulare tramite emissioni elettromagnetiche.
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Trasformazione elettromagnetica del DNA

Uno degli esperimenti finora più definitivi che dimostrano il ruolo primario del filamento di DNA fotocodificato è quello di Luc Montagnier, che nel 2008 ha vinto il Premio Nobel per la Fisiologia/Medicina per aver dimostrato che l’HIV è l’agente eziologico dell’AIDS. In questo esperimento, si dimostra come uno specifico segnale elettromagnetico emesso da una coltura di batteri patogeni permanga anche dopo che tutto il materiale biologico è stato rimosso dal mezzo di coltura. Quando un ceppo non patogeno delle stesse specie batteriche è stato posto nel mezzo di coltura dov’era ancora presente il precedente segnale elettromagnetico, esso si è trasformato nel ceppo patogeno e ha iniziato ad emettere lo stesso segnale caratteristico del ceppo precedente. Essenzialmente, la frequenza elettromagnetica aveva trasformato il ceppo, il che significa che stava agendo specificamente sulla molecola di DNA del ceppo non patogeno, “ricodificandolo”.
Tutte le biomolecole formano complessi con l’acqua, che occupa un ruolo essenziale nella funzionalità di tutte le molecole viventi. È per questo che l’acqua è così essenziale per la vita: non si tratta semplicemente di un mezzo inerte in cui avvengono reazioni biochimiche. Dunque, Montagnier ha ipotizzato che le frequenze elettromagnetiche fossero trattenute in nanostrutture acquee: disposizioni conformazionali complesse di acqua macromolecolare. L’acqua non soltanto adotta un pattern unico per la conformazione delle biomolecole (e influenza direttamente l’esatta forma tridimensionale durante la formazione delle biomolecole), ma è anche responsabile di gran parte dell’attività elettrica delle biomolecole per via dell’interazione del suo momento di dipolo.

Risonanza morfica e conformazioni del DNA

Se si confrontano fra le varie specie i segmenti del DNA che codificano le proteine, cioè i geni, si nota un alto livello di conservazione, ovvero tutta la vita condivide gli stessi “utensili molecolari” in quanto i geni sono omologhi, fatta eccezione per alcune differenze osservate di importanza secondaria. Gli stessi geni che compongono gli ingranaggi molecolari e strutturali di una mosca si trovano anche nel genere umano. Tuttavia, questi geni sono coinvolti principalmente nella produzione degli ingranaggi molecolari, e il loro alto grado di omologazione e conservazione dimostra che non sono la causa delle differenze fra specie e individui. Invece le sezioni di DNA responsabili della produzione di queste differenze erano note già da molto tempo come ciò che si usava per identificare le specie e gli individui! I polimorfismi da lunghezza dei frammenti di restrizione (RFLP) si producono in sezioni di DNA uniche (i segmenti polimorfici) quando il polimero viene spezzato (digestione di restrizione per mezzo di enzimi endonucleasi) e creano quella che viene denominata “impronta genetica”. È quella che si usa per identificare esattamente specie, sottospecie, cladi, eccetera, fino agli individui. Questo sarebbe dovuto essere un grosso indizio: se si sta cercando ciò che rende diversa una specie dalle altre, le sezioni di DNA usate per identificare una particolare specie o individuo sarebbero un buon posto da dove cominciare!

Queste sezioni uniche di DNA sono i segmenti non codificanti. Chiamare queste sezioni di genoma “DNA spazzatura” è come chiamare il motore di un’auto “ruota di scorta”. Quanto sono importanti le sezioni non codificanti del DNA? La loro prevalenza nel genoma dovrebbe darne un’indicazione. Nella specie umana, il 95-98% del genoma è non codificante! Il dato è analogo anche per alcune altre specie, eppure esiste una correlazione fra la maggiore complessità degli organismi e la quantità di DNA non codificante. Per esempio, i batteri come l’Escherichia coli presentano una quantità estremamente esigua di DNA intergenico. I loro genomi sono architettonicamente banali, con semplici filamenti circolari che difficilmente possono adottare configurazioni complesse, eppure contengono approssimativamente 4.290 geni. È un quinto della quantità della specie umana, che presenta circa 21.000 geni, eppure questi E. coli sono batteri microscopici! In realtà, il Caenorhabditis elegans, un minuscolo verme, contiene più geni rispetto all’uomo. Tuttavia, in questo contesto, ciò che gli uomini hanno in maggiore quantità è il DNA che non codifica proteine, come si può vedere dalla correlazione fra dimensioni del genoma e DNA non codificante (in molti casi, nelle piante un genoma di grandi dimensioni è dovuto alla poliploidia, la presenza di più serie degli stessi cromosomi sufficienti a produrre la speciazione senza neppure un cambiamento in un gene codificante). Finora sono state identificate tre funzioni principali dei segmenti non codificanti…

Circa la metà delle regioni genomiche non codificanti è composta da elementi trasponibili che modulano l’espressione dei geni e sono in grado di riarrangiare i cromosomi.
L’altra metà consiste in un numero variabile di sequenze che si ripetono in tandem, denominate tecnicamente DNA satellite. Attraverso disposizioni conformazionali specifiche, esse si interfacciano con il campo morfico.
Entrambe queste parti del DNA intergenico sono soggette a espansione all’interno del genoma. Questa espansione serve ad aumentare la capacità di trasporto di informazioni della biomolecola.


Riarrangiamento dei cromosomi

Gli elementi trasponibili sono una parte altamente funzionale del DNA non codificante. Consentono al DNA di rispondere alle condizioni ambientali e rimodellare il genoma attraverso la traslocazione di segmenti del genoma e il riarrangiamento dei cromosomi. Dato che le regioni genetiche sono modulari, possono essere traslocate e tuttavia mantenere la completa funzionalità; verranno però espresse in modo diverso. Ciò può produrre una speciazione accentuata e rapida, una forma di evoluzione praticamente istantanea, nel senso che può avvenire nel corso della vita di un singolo organismo. Questi segmenti di DNA sono attivati da radiazioni ad alta frequenza, e per questo un incremento di fonti come i raggi cosmici causerà un aumento della quantità di elementi di DNA attivamente trasponibili.
Confrontando il genoma di specie classificate nella famiglia degli ominidi, come l’uomo e lo scimpanzé, le regioni genetiche in cui avviene la codifica delle proteine sono quasi identiche, quindi la differenza fra le specie sembra dovuta al DNA non codificante. In particolare, i retrotrasposoni, chiamati sequenze Alu, danno segno di giocare un ruolo particolare all’interno del genoma umano, in quanto sono gli elementi più abbondanti, rilevati a un numero di copie di oltre un milione di loci.
Dunque, l’architettura modulare del DNA rende logico il funzionamento degli elementi trasponibili per riarrangiare i cromosomi. Tuttavia, che funzione potrebbe avere il DNA satellite, dato che è fatto di semplici sequenze ripetitive che possono reiterarsi centinaia di volte? È stato illuminante considerare una caratteristica particolare delle sequenze che si ripetono alla luce della teoria della risonanza morfica. Le sequenze che si ripetono hanno la capacità di formare speciali conformazioni di DNA, fra cui le strutture di DNA terziarie e quaternarie oltre che vari altri elementi strutturali specifici. Per esempio, le regioni telomeriche sono composte da un numero variabile di ripetizioni di coppie di basi della sequenza TTAGGG compreso fra 3.000 e 20.000. Questa regione ricca di guanina forma un G-quadruplex che può originare quattro complessi di DNA a quattro filamenti.
Le varie conformazioni formate dal DNA satellite hanno quindi risonanze specifiche con il campo morfico, e dunque sono in grado di sintonizzarsi con programmi di informazioni molto specifici. Dato che il DNA satellite è altamente specifico per ciascun individuo, significa che ciascun individuo si sintonizza con un pattern morfogenetico esclusivo. Oltretutto, data l’elevata plasticità del polimero – in grado di mutare rapidamente lungo la sequenza ciclica di conformazioni della molecola di DNA – esso può servire per modulare il comportamento della cellula, tessuto e organismo con il mutare delle risonanze dei pattern morfici. In più, la caratteristica del DNA satellite di espandere il numero di sequenze che si ripetono aumenta la capacità di trasporto di informazioni della molecola di DNA.

Trasduzione di frequenza

Procedendo con la scienza del nuovo paradigma, consideriamo la funzione dell’organismo biologico come di natura primariamente elettrica e tendente alla coerenza quantistica. La si può considerare la teoria biologica “dell’Universo Elettrico”. Data l’importanza fondamentale del comportamento elettrico e magnetico nel sistema biologico, non sorprende che il DNA e molte altre molecole agiscano come delle antenne. Il DNA in particolare ne è un esempio fondamentale, come si può vedere dalla sua struttura molecolare la cui caratteristica è una forma unica nota come antenna a elica. La struttura lunga, lineare e polimerica si adatta perfettamente alla ricezione e trasmissione di impulsi elettrici, mentre l’anello formato dalla sezione trasversale della doppia elica che si avvolge è perfetto per ricevere impulsi magnetici.
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In quanto antenna fondamentale per le radiazioni elettromagnetiche, il DNA può ricevere la luce, trasdurla, elaborare una risposta e riemettere segnali elettromagnetici che avranno un effetto di modulazione molto definito su molecole specifiche o anche target extracellulari. Tuttavia, il DNA mostra anche un’organizzazione strutturale caratteristica delle antenne frattali, che consente alla molecola di ricevere e trasdurre energia di punto zero e di interagire più direttamente con il Campo. Queste forme di energia più impalpabili interagirebbero più direttamente con la coscienza, e in questo modo potrebbero influenzare tanto l’espansione quanto la contrazione della consapevolezza cosciente. Ciò significa che certe disposizioni modulari del DNA sarebbero più tendenti alla consapevolezza cosciente. Per contro, molte ridisposizioni di questi moduli di cromatina potrebbero rimodellare il genoma rendendolo meno efficiente come trasduttore di energia di punto zero e quindi meno tendente alla consapevolezza cosciente.
Quando viene ricevuta l’informazione contenuta nella luce, essa può essere immagazzinata, elaborata e trasmessa olograficamente dal DNA. Diversi studi hanno dimostrato l’efficacia dell’uso del DNA per funzioni computazionali, e in effetti esso è stato utilizzato per risolvere problemi molto specifici che richiedono forme di elaborazione speciali, come il problema diretto del cammino hamiltoniano in ambito matematico (Lila Kari). Insomma, non è per niente innovativo indicare che il DNA ha funzioni di elaborazione, come è stato dimostrato in vitro, e la sua capacità computazionale all’interno dei sistemi biologici è già stata riconosciuta con applicazioni specifiche.
La funzione di elaborazione del DNA finora è stata spiegata solo rispetto ai calcoli di un sistema dal funzionamento classico, tuttavia il DNA ha la capacità di eseguire calcoli quantistici utilizzando la sovrapposizione di elettroni pi all’interno delle coppie di basi di nucleotidi. L’appaiamento delle basi di nucleotidi è fondato sulle affinità reciproche delle strutture ad anello di pirimidina e purina. Queste strutture ad anello contengono elettroni delocalizzati che formano legami di Van der Waals, i quali conferiscono un momento di dipolo alle strutture legate ad anello. Un momento di dipolo è una polarizzazione di una molecola, che acquisisce un momento magnetico e una distribuzione polare di carica. In questo caso, la distribuzione di carica degli elettroni può passare da una purina a una pirimidina o da una pirimidina a una purina, oppure, dato che si tratta di uno stato meccanico quantistico, può trovarsi su una sovrapposizione delle due.

In più, lo spostamento del dipolo ne fa un oscillatore armonico quantistico, che produce quasiparticelle note come fononi. I fononi con lunghezza d’onda lunga producono suoni, perciò il filamento fotocodificato è in realtà un filamento elettro-tonale. Oltre alla comunicazione e computazione quantistica, questo stato di entanglement quantistico potrebbe essere il motivo per cui la molecola stessa del DNA resta unita dato che, secondo la meccanica classica, le dinamiche che tengono unito il DNA sono insufficienti per mantenere la doppia elica. Comunque, la lunghezza d’onda dei fononi è uguale alle dimensioni dell’elica del DNA, il che dà luogo a onde stazionarie che producono un fenomeno noto come intrappolamento dei fononi.

La capacità del DNA di immagazzinare luce è possibile perché il DNA è un cristallo aperiodico. Erwin Schrödinger, in Was ist Leben?, ha paragonato il cristallo aperiodico di DNA a un capolavoro di arazzeria, intessuto con un disegno coerente e significativo. Poiché, per definizione, il cristallo aperiodico di DNA mostra una quasi-periodicità, viene indicato correttamente anche come quasicristallo. L’esistenza dei quasicristalli non era stata neppure ritenuta possibile finché Dan Shechtman (oggetto di derisione della comunità scientifica) non dimostrò l’esistenza di questi speciali materiali solidi. Alcuni quasicristalli presentano una simmetria addirittura dodecagonale. Se la molecola di DNA dovesse avere una simmetria dodecagonale, la ben nota doppia elica del DNA potrebbe essere più energeticamente stabile in una matrice energetica dodecagonale, che essenzialmente forma 10 filamenti aggiuntivi che danno stabilità energetica. Inoltre, il DNA è in effetti un quasicristallo unico, in quanto è inframmezzato da una periodicità costante nel modello delle ripetizioni in tandem.

L’Universo vivente

Questo trattato iniziava con una domanda: che cos’è la vita? Pur non potendo affatto definire pienamente la più enigmatica delle condizioni dell’essere, esso certamente ha espanso la nostra percezione dell’organismo vivente come sistema biologico quantistico che si interfaccia con il tessuto fondamentale della realtà. All’interno della scienza non esiste una definizione adeguata per la vita. Ciò riflette direttamente una mancata comprensione della natura dell’Universo stesso.
Nella prospettiva del consenso, l’Universo è considerato come composto principalmente di materia inanimata, e in corrispondenza di un certo punto di transizione vagamente definito l’inanimato diventa vivo, e allora si parla di vita. Qui c’è un errore fondamentale. L’Universo è vivo nella sua interezza; dunque, il fatto di essere vivente è una caratteristica dell’esistenza stessa. La vita è esistenza ed è eterna in quanto la natura primaria dell’esistenza, per definizione, è esistere. Dunque, la vita e la coscienza sono infinite ed eterne, e al limite cambiano forma o costituzione, ma non cessano mai.

Pubblicato originariamente su NEXUS New Times n.97, Aprile - Maggio 2012

L’autore:

William Brown, MSc, è un biologo molecolare che lavora per l’Istituto di Ricerca per la Biorigenesi presso l’Università delle Hawaii a Manoa, Honolulu. Il suo mentore, il Dott. Frederic Mercier, è lo scopritore dei complessi proteici della matrice extracellulare all’interno del cervello, che nominò frattoni, dall’insieme di frattali di Mandelbrot. La loro ricerca si concentra sulla spiegazione del ruolo primario dei frattoni e di altri elementi della rete del tessuto connettivo nella creazione della plasticità neurale, l’architettura dei tessuti, la biorigenesi e la nicchia staminale. La ricerca dell’Istituto si focalizza sui processi di sviluppo e formazione di modelli ricorrenti all’interno dell’organismo e la loro applicazione nella rigenerazione di tessuti e organi danneggiati nel corpo umano. Brown conduce ricerche mirate su qualsiasi fenomeno che sia considerato strano, e trascorre principalmente il tempo godendo della natura e della musica e approfondendo la consapevolezza della sorgente interiore che lega ciascuno di noi all’Infinito.

Può essere contattato per posta elettronica all’indirizzo wdb225@gmail.com e attraverso il sito Web http://williambrownscienceoflife.com.

Fonte



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 Oggetto del messaggio: Re: Modelli Quantistici della Coscienza
MessaggioInviato: 28/03/2018, 17:05 
Cita:
Gli organismi viventi sono sistemi biologici quantistici che si interfacciano con il tessuto basilare della realtà. Il loro DNA agisce come un’antenna frattale che può ricevere e trasdurre energia di punto zero, consentendo un’interazione più diretta con il Campo.


La supercazzola quantica frattale di campo zero non è promettente per il resto del lungo articolo -.- speriamo bene...

Se non sbaglio questo è un articolo già presente nel forum, alcuni passaggi mi sono familiari. comunque sono sostanzialmente d'accordo, il cervello è solo un "tramite" lo spartiacque tra materia ed energia.

Cita:
Essenzialmente, la frequenza elettromagnetica aveva trasformato il ceppo, il che significa che stava agendo specificamente sulla molecola di DNA del ceppo non patogeno, “ricodificandolo”.


quindi in teoria utilizzando le emissioni elettromagnetiche del proprio DNA sano ci si può "curare" facendo in modo che sia questo campo elettromagnetico a riprogrammare il dna che nel frattempo di è deteriorato portandoci allo stato in cui è il DNA sorgente, così come i batteri innocui diventano nuovamente nocini una volta posti a contatto col campo elettromagnetico dei cugini "sani". Una sorta di backup.



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 Oggetto del messaggio: Re: Modelli Quantistici della Coscienza
MessaggioInviato: 12/04/2018, 15:54 
Avevo letto la storia di Paul Dienach dandogli poco peso, tuttavia il nostro Ivan Ceci gli ha dedicato una interessante conferenza...se autentico si tratterebbe di trasferimento di coscienza in vita, quindi mi sembra appropriato inserirlo nella presente discussione...

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Molto interessante il racconto della concezione del tempo che avrebbero nel futuro (minuto 31 in poi...) che è sostanzialmente uguale alla teoria dell'eterno presente...cioè passato e futuro coesistono...è la coscienza che si sposta, come fosse la puntina di un giradischi che cambia la lettura dei dati, ma i dati sono già tutti nel disco...

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 Oggetto del messaggio: Re: Modelli Quantistici della Coscienza
MessaggioInviato: 12/04/2018, 17:37 
Per quanto concerne la percezione non lineare del tempo consiglio VIVAMENTE di vedere il film "ARRIVAL". E' l'esatto esempio di come la percezione di un fenomeno influenzi l'intero modo di concepire l'universo ma come in maniera altrettanto incredibile tale percezioni sia solamente "soggettiva" e che altre specie possano concepire un universo e vivere in esso in maniera diametralmente opposta.

Penso sia uno dei migliori film di fantascienza a tema alieno degli ultimi 10 anni, si per effetti speciali ma soprattutto per il modo in cui tratta temi ostici come il linguaggio, l'influenza sulla realtà del modo di percepire il tempo del nostro cervello, e per come riesce a spiegare in maniera cinematografica il difficile concetto dell'inesistenza del tempo lineare contrapposto al concetto decisamente più corretto dal punto di vista fisico di un eterno presente con passato e futuro che influenzano allo stesso modo il presente (con l'esperienza il passato, con la "preveggenza il futuro) che stiamo vivendo.

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 Oggetto del messaggio: Re: Modelli Quantistici della Coscienza
MessaggioInviato: 12/04/2018, 17:51 
MaxpoweR ha scritto:
Per quanto concerne la percezione non lineare del tempo consiglio VIVAMENTE di vedere il film "ARRIVAL".

L'avevo evitato ma se dici cosi lo cerco...anche se cosi su due piedi non si "trova"...
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 Oggetto del messaggio: Re: Modelli Quantistici della Coscienza
MessaggioInviato: 12/04/2018, 17:53 
Io l'ho visto al cinema con degli amici che non ci hanno capito nulla ^_^ gli ho dovuto spiegare, per quanto mi fosse possibile, i concetti di cui ho parlato prima e non è stato facile. Secondo me, meglio di come li ha trattati questo film, non è possibile. Mi ha davvero sorpreso. Poi ovviamente è anche questione di gusti e propri orientamenti "teorici" diciamo così: Io ci ho rivisto il mio pensiero :)

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 Oggetto del messaggio: Re: Modelli Quantistici della Coscienza
MessaggioInviato: 12/04/2018, 18:47 
MaxpoweR ha scritto:
Io l'ho visto al cinema con degli amici che non ci hanno capito nulla ^_^ gli ho dovuto spiegare, per quanto mi fosse possibile, i concetti di cui ho parlato prima e non è stato facile. Secondo me, meglio di come li ha trattati questo film, non è possibile. Mi ha davvero sorpreso. Poi ovviamente è anche questione di gusti e propri orientamenti "teorici" diciamo così: Io ci ho rivisto il mio pensiero :)

In una recensione ho trovato che il film contiene una teoria detta "ipotesi Sapir Whorf"...intanto la posto poi guardo il film e ne riparliamo...

Cita:
L’essenza dell’uomo: dietro l’ipotesi Sapir-Whorf
Pubblicato il 9 dicembre 2017

di Antonio Merola

Era il 1957: Miti d’oggi di Roland Barthes infligge alla cultura Occidentale una ferita al costato.
Il cervello di Einstein, un incontro di pugilato, la nuova Citroën; e poi ancora, l’astrologia, lo strip-tease, il Tour de France: l’alto e il basso, il sublime e il massificante, in breve ogni elemento di ciò che viene definito Cultura viene a mancare della propria essenza: il significato.
L’occhio di Barhes caratterizza invece l’operare umano, nel suo insieme, come un operare espressivo, dove per espressività si intende l’essere, per ogni elemento culturale, significante di un significato più ampio: la struttura di base. L’autonomia essenziale, in poche parole, va a farsi fottere, danneggiando drasticamente, se si vuole allargare il campo d’indagine dall’opera all’operatore, l’io, o l’idea di uomo. L’essere umano, quindi.

Oggi, sappiamo che il Cogito ergo sum non basta più. Il pensiero umano è, in ogni sua forma, pensiero strutturato. Saussure ci ha insegnato che il linguaggio è arbitrario e ci hanno insegnato poi, a partire dagli studenti che per primi registrarono e trascrissero la Voce del Maestro, che una tale affermazione è verificata e verificabile in ogni suo aspetto cognitivo. Saussure non era un tipo da corbellerie, insomma. E le conseguenze di un tale pensiero ci portano subito alla scuola strutturalista e quindi, a Roland Barthes, o meglio, anche a Roland Barthes. Perché tutto ciò che viene dopo Saussure, in ambito critico, si basa proprio su un tale assioma: non è sulla scoperta della struttura, o di una struttura, ma sulla qualità della struttura, su cui si focalizza realmente l’attenzione; ovvero, in una critica negativa alla struttura, come nel femminismo, negli studi Queer, nel marxismo, o in una positiva, come nell’egemonia culturale capitalista. Non dovrebbe meravigliare, infatti, che alla base del pensiero umano vi sia una struttura, una qualsiasi struttura, che è presente anche nelle azioni più banali, nella quotidianità tutta, anche nel modo in cui un soggetto si appresta all’uso del bidet.

Ma, nel mare della consequenzialità, gli effetti non si manifestano sempre in maniera esplicita, come ci piacerebbe credere.

Torniamo per un attimo a quanto detto sopra: il pensiero umano è, in ogni sua forma, pensiero strutturato. Lo è, in quanto espressione del linguaggio, che a sua volta viene visto da Saussure come arbitrario. Bene; riassumendo, quindi, il linguaggio dell’animale umano è struttura arbitraria. Ma, quando parliamo di linguaggio, parliamo di lingue. E nel mondo, ad oggi, ne esistono più di seimila.
Eppure, benché l’ipotesi, anzi, l’affermazione, perché verificata e verificabile, di Saussure, l’affermazione di base quindi, è accettata e condivisa dai più, un’altra affermazione, questa sì ancora allo stato di ipotesi, ovvero quella della relatività linguistica di Sapir-Whorf, secondo cui il pensiero umano, e il modo in cui esso si esprime, è determinato, e non mediato, dalla lingua che il pensante si trova per nascita, o per apprendimento secondario, a parlare, trova difficoltà a essere dimostrata.

Banalizzando, potremmo dire che se il parlante A è inglese, il parlante A penserà in inglese, come un inglese, e così via per ciascuna delle seimila lingue del mondo.

La differenza tra Saussure e Sapir-Whorf non sta nel concetto di arbitrarietà: per il primo il linguaggio, per i secondi le lingue, sono entrambi un qualcosa di arbitrario; la differenza è invece nell’ipotesi che il pensiero sia, per i secondi, o non sia, almeno in modo diretto, per il primo, espressione del linguaggio. Soltanto se si prende l’affermazione di Sapir-Whorf come tale, e non come una mera ipotesi, si può arrivare logicamente ad affermare che il pensiero umano è strutturato. Questo perché verrebbe dimostrata la subordinazione tra pensiero e linguaggio, il nodo inestricabile. Ma finché ciò non viene dimostrato, noi avremo da un lato il pensiero, dall’altro il linguaggio, che è sì arbitrario, ma solo uno degli strumenti con cui l’uomo è in grado di esprimere se stesso. E, stiamo attenti, con linguaggio non si intende qui solo il linguaggio parlato; perché, a ben pensare, ognuno di noi, nel dialogo intimo con se stesso, parla in modo silenzioso, pensa costruendo linguisticamente il proprio pensare. In sostanza, non è con i grugniti che noi pensiamo, ma con parole ben precise, anche se non pronunciate. E già questo, sembrerebbe una constatazione a favore dell’ipotesi Sapir-Whorf.

Ma, poniamo per assurdo, anzi, realmente, visto che si tratta di un’ipotesi, che i nostri Sapir-Whorf non avessero ragione. Capovolgiamo il nostro enunciato: non più il pensiero come espressione del linguaggio, ma il linguaggio come espressione del pensiero. Siamo davanti a un dato di fatto, dove vedremmo annuire sicuro anche il docente Saussure. Ma siamo davanti, anche, a un uso del linguaggio come strumento, medium del pensiero. Peraltro, difettoso per il suo stesso fatto di essere arbitrario. Ovvero, anche se accettassimo l’affermazione capovolta di cui sopra, il linguaggio come espressione del pensiero, e non viceversa, ci troveremmo di fronte comunque a un’espressività mediata da uno strumento arbitrario per sua natura, e quindi a un’espressività fallace. Non è quindi il linguaggio che può esprimere l’umano nella sua essenza, la purezza del pensiero non mediato.

Eppure, non confermando l’ipotesi Sapir-Whorf, il pensiero resta comunque dato come altro, situato in un altrove da ricercare. Un’essenza, quella umana, che trascende il linguaggio, che si pone quindi prima del linguaggio e che non ne ha, necessariamente, bisogno. Verrebbe da pensare che anche questa volta i greci avessero ragione; verrebbe da pensare a Platone, dove l’altrove si conforma nell’Iperuranio, nel mondo delle Idee preesistenti…

Oppure, messo il pensiero in una condizione di impeachment, si potrebbe spostare l’attenzione nel sentire, il sentire come espressione dell’umano nella sua purezza, senza mezzi termini, senza mediazioni. Certamente, così era per l’uomo primitivo – dove, con primitivo non si intende necessariamente inferiore a livello cognitivo, quanto, semplicemente, l’uomo delle origini. Ma oggi, è davvero così che stanno le cose? Prendiamo per esempio il sentimento dell’ira, nella sua massima espressione, l’ira funesta e furibonda. Il sentire si manifesta prima ancora del linguaggio: un uomo delle origini sente, dentro di sé, un sentimento di furia. Lo stesso uomo delle origini non è ancora in grado di parlare. Sente quindi l’ira, ma non la definisce come tale. L’uomo del nuovo millennio, invece, vede il proprio sentire continuamente violentato dal linguaggio. Anche l’uomo del nuovo millennio, come il primo, sente la collera; ma egli sa, a differenza del primo, e grazie al primo, che quel sentimento di collera che lo brucia altro non è che il sentimento dell’ira; allo stesso modo, egli riconosce le altre emozioni, le sente e le definisce nello stesso momento, ne prende coscienza attraverso il linguaggio.

Inoltre, l’uomo del nuovo millennio transita anche per un individualismo mancato. Intendo dire che l’uomo primitivo non era a conoscenza della definizione di ira, ma sentiva l’ira, e che, tuttavia, è proprio l’uomo primitivo ad aver definito il sentimento dell’ira, perché, seguendo il principio di uguaglianza, più uomini avevano riconosciuto che un determinato sentire, che si ripeteva più volte nella propria vita, si ripeteva più volte anche nella vita dell’altro; un sentire comune, quindi, che lo ha portato a denominare un’emozione comune. L’uomo del nuovo millennio, invece, ha già di per se stesso un’intera gamma di emozioni definite, sa che X corrisponde all’ira tanto quanto Y corrisponde alla gioia, ma sa anche, anzi ritiene, che il proprio X o la propria Y, benché ira e gioia, si manifestino in lui, nel suo io intendo, diversamente dall’altro; che X e Y abbiano, in definitiva, una sfaccettatura personale che si distacchi dal principio di uguaglianza, ma che, tuttavia, e per questo lo chiamo individualismo mancato, non si ricrea, ovvero non si riconosce in una nuova definizione, non si ri-definisce, non si ri-nomina, se non, in rari casi, attraverso l’espressione artistica, a sua volta espressione, in casi ancora più rari dei primi, di ciò che fa l’uomo, l’uomo.
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 Oggetto del messaggio: Re: Modelli Quantistici della Coscienza
MessaggioInviato: 13/04/2018, 10:03 
Angel_ ha scritto:
In una recensione ho trovato che il film contiene una teoria detta "ipotesi Sapir Whorf"...intanto la posto poi guardo il film e ne riparliamo...


Assolutamente corretto il riferimento all'ipotesi Sapir-Whorf.

Anche io concordo con Max. Ottima pellicola.

Qui se vuoi puoi trovare la discussione che si fece a suo tempo:

viewtopic.php?p=434614#p434614

PS: occhio agli spoiler se leggi prima di vedere il film [:D]



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