20/09/2019, 10:08
20/09/2019, 10:29
20/09/2019, 10:37
20/09/2019, 10:47
20/09/2019, 10:52
mauro ha scritto:caro mik
, allora, Hitler era vegetariano
la differenza fondamentale è il fuoco, la cottura.
ciao
mauro
20/09/2019, 11:04
20/09/2019, 11:49
20/09/2019, 13:20
mik.300 ha scritto:[i]
non è che tutto questo veganesimo è propagandato
perchè invece che tori mangiatori di bistecche
c vogliono far diventare come le pecore mangiatrici di erbe??
fosse tutto un modo per fiaccare l'indole, lo spirito umano
e renderlo più servile, appecorato, debole e fiacco??
se ricordo bene lo sviluppo cerebrale nell'uomo
è cominciato grazie all'assunzione di grassi e proteine animali..
molto calorici e nutritivi,
viceversa a brucare l'erba
forse staremmo ancora sugli alberi a mangiare banane..
20/09/2019, 16:34
20/09/2019, 17:33
01/10/2019, 13:41
mik.300 ha scritto:stavo facendo questa riflessione..
l'altro giorno ho avuto questo pensiero..
dopo essermi mangiato una bella bistecca,
dio benedica le mucche,
mi sentivo in forma, cervello attivo, ormoni, tutto ok..
visto il detto "si è ciò che si mangia.."
e le tradizioni antropologiche arcaiche che
attribuivano al mangiare non solo l'assunzione di cibo
ma anche l'assunzione dell'anima, delle caratteristiche del soggetto
di cui c si nutre
(vedi anche il corpo di cristo, bevete e mangiate, ecc. ecc.
che non è altro che una reminiscenza
del cannibalismo rituale dei popoli antichi)
ho pensato..
non è che tutto questo veganesimo è propagandato
perchè invece che tori mangiatori di bistecche
c vogliono far diventare come le pecore mangiatrici di erbe??
fosse tutto un modo per fiaccare l'indole, lo spirito umano
e renderlo più servile, appecorato, debole e fiacco??
se ricordo bene lo sviluppo cerebrale nell'uomo
è cominciato grazie all'assunzione di grassi e proteine animali..
molto calorici e nutritivi,
viceversa a brucare l'erba
forse staremmo ancora sugli alberi a mangiare banane..
secondo me quello..
il veganesimo è l'ennesimo mezzo,
insieme a tuttigli altri, con cui controllare le masse..
renderle più malleabili, addomesticabili
il chiodo fisso è sempre quello..
01/10/2019, 14:33
https://www.corriere.it/salute/sportell ... pale.shtml
Carni rosse e salumi: uno studio riapre la discussione sul legame con i tumori
Una metanalisi appena pubblicata pone dubbi sulla forza delle correlazione tra il consumo di questi alimenti e l’insorgenza di tumori, diabete e malattie cardiovascolari
21/10/2019, 19:25
La carne in provetta è sempre più simile all’originale
La maggior parte di chi mangia carne non è ancora pronto a sostituire la bistecca tradizionale con una prodotta in laboratorio. Ma in futuro anche gli scettici potrebbero ricredersi: la carne in provetta ormai è sempre più simile all’originale. Almeno quella prodotta da un laboratorio della School of Engineering and Applied Sciences (SEAS) di Harvard: i ricercatori hanno realizzato un’impalcatura di gelatina commestibile che riproduce le stesse texture e consistenza della carne vera. Secondo gli autori dello studio pubblicato su Nature Science of Food, questo potrebbe essere il punto di partenza per produrre carni con strutture, gusti e profili nutrizionali definiti, senza passare dagli allevamenti tradizionali. E così realistiche che quando finalmente arriveranno sulle nostre tavole potremmo quasi non sentire la differenza.
La lunga marcia verso la carne in provetta
Sono passati 6 anni dal primo hamburger artificiale, realizzato nel 2013 dallo scienziato olandese Mark Post. Prodotto a partire da cellule staminali di manzo, non era certo un pasto per tutte le tasche: per fabbricare 160 grammi di carne in provetta si erano spesi ben 250.000 euro. Ma la sfida per produrre carne artificiale salutare, ecologica ed economica era stata lanciata. E in molti la reputano una missione essenziale, a fronte di un aumento della popolazione mondiale che porterà a un inevitabile innalzamento della domanda globale di carne. La FAO ha stimato che il consumo di carne nel mondo aumenterà del 73% entro il 2050: a preoccupare è soprattutto l’impatto ambientale, come le emissioni di gas serra (il 20% arriva dagli allevamenti intensivi) e lo sfruttamento del suolo per produrre mangimi. E naturalmente anche la sofferenza animale.
Un’alternativa sostenibile?
La carne artificiale rappresenta una possibile alternativa a tutto questo, benché sulla sua effettiva sostenibilità ci siano ancora dei dubbi. Una produzione su larga scala genererebbe quasi inevitabilmente grandi quantità di CO2 e i costi per il momento restano poco competitivi. Mark Post comunque non è stato l’unico a cimentarsi nell’impresa, e in pochi anni la ricerca sulla carne coltivata in laboratorio ha fatto passi da gigante. Dall’abbattimento dei costi di produzione (oggi qualche decina o centinaia di euro) allo sviluppo di nuovi formati e al miglioramento di aspetti fondamentali per i consumatori, come gusto ed estetica.
Riprodurre la consistenza
Ma c’è un altro aspetto della carne a cui nessun intenditore saprebbe rinunciare, ed è la sua consistenza. È inconfondibile e deriva dal modo in cui le cellule dei muscoli scheletrici crescono organizzandosi in fibre lunghe e sottili. Una bistecca dalla consistenza “sbagliata” non è aiuta i puristi della carne a superare l’iniziale e comprensibile ritrosia. È questa una delle sfide più grandi per chi vuole realizzare carne sintetica a partire da cellule staminali. Anzitutto, le cellule da sole non bastano: bisogna fare in modo che abbiano qualcosa su cui crescere in adesione, come un’impalcatura, che ovviamente deve essere a sua volta commestibile.
Un successo, ma c’è ancora da lavorare
Il gruppo di ricerca di Harvard coordinato da Kit Parker si è ispirato alla medicina rigenerativa: una branca in cui la ricostruzione di organi o tessuti danneggiati richiede la costruzione di impalcature biocompatibili. Adottando lo stesso principio, i ricercatori hanno realizzato una base composta da nano-fibre di gelatina, allo scopo di ricreare in vitro la struttura della matrice extracellulare del tessuto muscolare. Una struttura composta non da cellule, ma da una rete di proteine, come il collagene o l’acido ialuronico, che contribuiscono alla texture della carne che mangiamo. Aderendo all’impalcatura, cellule di mucca e di coniglio sono cresciute in laboratorio formando le stesse fibre lunghe e sottili caratteristiche della carne vera. E se avessimo provato a tagliarla o masticarla – assicurano gli esperti di Harvard – questa nuova carne in provetta non sarebbe stata così diversa dall’originale.
Per mezzo di test meccanici, infatti, i ricercatori hanno confermato che la texture della loro carne artificiale era paragonabile a quella dei prodotti tradizionali. Nessuna differenza quindi? Non proprio. La carne naturale contiene comunque più fibre muscolari, poiché le cellule che la compongono sono più mature. E per replicare qualcosa di simile, dichiarano gli autori, c’è ancora molta strada da fare, a cominciare dalla selezione di mezzi di coltura e linee cellulari ideali. Ma considerati i progressi raggiunti in pochissimi anni potremmo esserci vicini.
24/10/2020, 13:41
Il Parlamento Europeo ha respinto gli emendamenti che volevano vietare di chiamare “hamburger” i prodotti che non contengono carne
Il Parlamento europeo ha respinto quattro emendamenti all’OCM (l’organizzazione comune dei mercati agricoli che disciplina il mercato interno all’Unione Europea) che chiedevano di evitare, per i prodotti a base vegetale, l’uso di nomi di prodotti a base di carne, come ad esempio «bistecca», «hamburger», «scaloppina» o «salsiccia». Il Parlamento di per sé non avrebbe potuto imporre un divieto, ma l’approvazione degli emendamenti avrebbe condizionato la posizione con la quale avviare i negoziati con i singoli governi dei paesi membri riguardo la questione.
La posizione del Parlamento nei negoziati sarà quindi che nomi come «hamburger vegano» e «bistecca vegana» possano essere ancora utilizzati, almeno secondo il diritto comunitario. In Francia, ad esempio, queste denominazioni sono vietate dal 2018. Copa-Cogeca, che riunisce tutte le principali associazioni di agricoltori e allevatori europee, aveva lanciato una campagna perché il Parlamento europeo limitasse la denominazione con lo slogan «Ceci n’est pas un steak», “questa non è una bistecca” (citando un celebre quadro di René Magritte).
fonte: https://www.ilpost.it/2020/10/23/parlamento-europeo-hamburger-vegetale/
Cos’è un burger?
E cos'è una bistecca? Per il Parlamento Europeo non devono per forza essere fatti di carne, mentre per le organizzazioni che rappresentano gli allevatori europei e italiani sì
Venerdi il Parlamento Europeo ha votato su alcune proposte per vietare l’uso di parole come “bistecca”, “salsiccia”, “scaloppina”, “burger” e “hamburger” per descrivere prodotti che non contengono carne, e le ha respinte. È una decisione apparentemente opposta a quella presa tre anni fa dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, secondo cui solo i prodotti di derivazione animale possono essere chiamati “latte”, “burro” e “yogurt”. Come in quel caso dietro quelle che sembrano semplici etichette ci sono interessi di numerose aziende, che nelle ultime settimane hanno cercato di orientare il dibattito dalla loro parte attraverso le organizzazioni che le rappresentano.
La principale campagna pubblicitaria di questo tipo è stata quella di Copa-Cogeca, l’organizzazione che riunisce gran parte delle associazioni di agricoltori e allevatori europee: usava gli slogan «Ceci n’est pas un steak», “Questa non è una bistecca”, e «Ceci n’est pas un burger», “Questo non è un burger”, citando un celebre quadro di René Magritte ed evidenziando le liste di ingredienti contenuti nelle cosiddette bistecche e burger vegetali.
Sui quotidiani italiani invece si è vista una simile campagna di Assocarni e Uniceb, le due principali associazioni italiane di chi lavora nella filiera della carne, che chiedeva ironicamente perché si chiamino «hamburger vegani» prodotti che non contengono carne visto che gli hamburger non vengono chiamati «insalata di manzo».
Le ragioni di queste organizzazioni sono spiegate anche in un video di Carni Sostenibili, un progetto di Assocarni, Assica (Associazione Industriali delle Carni e dei Salumi) e UnaItalia (Unione Nazionale Filiere Agroalimentari Carni e Uova). La prima è che l’uso di parole come “bistecca” per parlare di prodotti a base vegetale creerebbe confusione tra i consumatori, spingendoli a pensare che questi alimenti abbiano le stesse proprietà nutritive di quelli a base di carne. La seconda è che sarebbe un caso di «appropriazione culturale»: “bistecca”, “salsiccia” e “scaloppina” sarebbero vocaboli tradizionali di cui i produttori di alimenti vegetali in formati simili a quelli della carne si sarebbero illecitamente appropriati per ragioni di marketing. La terza ragione è che vietando l’uso di queste parole tradizionali si favorirebbe la creatività nel settore agroalimentare, perché bisognerebbe inventare nuovi nomi per parlare dei prodotti vegetali.Guarda su youtube.com
Dall’altra parte del dibattito ci sono aziende e organizzazioni apparentemente molto diverse: dalla multinazionale Unilever all’Unione vegetariana europea, che raccoglie 39 associazioni vegetariane e vegane dei paesi europei; da Beyond Meat, una delle principali aziende che producono hamburger vegetali di quelli che cercano di avere la stessa consistenza e il gusto di quelli di carne, e Valsoia a Ikea; da Assitol, l’Associazione Italiana dell’Industria Olearia che come Assocarni fa parte di Confindustria, a Mushlabs, una nuova azienda che sviluppa alimenti realizzati a partire dal micelio, cioè dai funghi.
Insieme a un’altra trentina tra aziende e associazioni, questi enti avevano pubblicato una lettera aperta ai parlamentari europei in cui definivano «esagerati e non allineati con il clima attuale» gli emendamenti per vietare l’uso di “burger” e altre parole per descrivere prodotti vegetali. Dicevano inoltre che gli emendamenti ignoravano il fatto che usare certe parole per indicare i prodotti a base vegetale non ha lo scopo di ingannare i consumatori e fargli credere che contengano carne, ma di descrivere la forma, la destinazione e in una certa misura il sapore di questi alimenti: per capirci, sono adatti a fare da secondo in un pasto, non da dolce. Peraltro sulle confezioni di alimenti vegetali è sempre indicato chiaramente che non contengono carne, dato che una delle ragioni principali per cui vengono acquistati è proprio questa.
Un portavoce di Copa-Cogeca ha detto al New York Times che l’organizzazione non pensa che i consumatori non siano in grado di distinguere tra i prodotti che contengono carne e quelli che invece no, e che non è contraria al mercato dei burger vegetali. Tuttavia ritiene che sia meglio fare distinzioni nelle denominazioni dei diversi prodotti per aiutare gli allevatori in difficoltà ad adattarsi a un mondo dove c’è sempre più attenzione per la sostenibilità ambientale.
Tra quelli che sono stati soddisfatti dalla decisione del Parlamento Europeo di rifiutare gli emendamenti, c’è l’Organizzazione europea dei consumatori (BEUC), di cui fa parte l’italiana Altroconsumo, secondo cui i parlamentari hanno fatto una scelta «di buonsenso». Camille Perrin, rappresentante dell’organizzazione, l’ha commentata così: «I consumatori non sono confusi in alcun modo da una bistecca di soia o da una salsiccia di ceci, se l’etichetta che c’è sopra dice che si tratta di prodotti vegetariani o vegani». Nel 2020 la BEUC aveva fatto un sondaggio da cui era emerso che circa il 42 per cento dei partecipanti pensava che parole come “bistecca” potessero essere usate per prodotti vegetali se correttamente etichettati. Solo il 25 per cento dei partecipanti era contrario all’uso di questi termini.
Una questione che è rimasta un po’ a margine del dibattito delle ultime settimane è che tra i prodotti vegetali che vengono descritti con parole tradizionalmente usate per la carne c’è una distinzione da fare: ci sono burger come quelli di Beyond Meat e di Impossible Foods, che sono prodotti per assomigliare il più possibile alla carne, e ci sono innumerevoli altri prodotti, di marchi come Valsoia, Kioene e Sojasun, che invece non sembrano assolutamente fatti di carne e hanno anche sapori completamente diversi. Negli Stati Uniti l’analogo dibattito sulle denominazioni riguardava principalmente i prodotti della prima categoria, già più diffusi, e non tanto quelli della seconda.
Per quanto riguarda il caso dell’Italia poi bisognerebbe anche fare una precisazione terminologica. Come spiega l’Accademia della Crusca, la parola “burger”, la più usata per indicare questi prodotti a base vegetale, è entrata nell’italiano molto di recente (la prima attestazione risale al 2001) e a oggi, nell’uso comune, è usata quasi esclusivamente per descrivere alimenti vegetali. La definizione che ne dà l’Accademia è: «Polpetta tonda schiacciata, formata da un ingrediente di origine ittica o, più spesso, vegetale».
FontE: https://www.ilpost.it/2020/10/24/dibattito-burger-vegetali/
27/02/2021, 21:55
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