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 Oggetto del messaggio: Ammasso di galassie più distante scoperto fin'ora
MessaggioInviato: 23/10/2009, 12:34 
Astrofisica: scoperto ammasso record galassie, il piu' distante mai visto

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'JKCS041' è anche il piu' antico conosciuto, sposta indietro di almeno un miliardo di anni la lancetta del tempo in cui questi enormi agglomerati di gas, galassie e materia oscura iniziarono a prendere forma

(Adnkronos) - Scoperto un ammasso di galassie da record ed e' il piu' antico mai conosciuto fino ad ora. Questa scoperta, infatti, sposta indietro di almeno un miliardo di anni la lancetta del tempo in cui questi enormi agglomerati di gas, galassie e materia oscura iniziarono a prendere forma. L'ammasso di galassie si chiama JKCS041 e la sua scoperta e' opera di un team internazionale di scienziati guidato da Stefano Andreon dell'Inaf-Osservatorio Astronomico di Brera. La scoperta, i cui risultati sono in corso di pubblicazione su "Astronomy & Astrophysics", e' stata compiuta grazie all'United Kingdom Infrared Telescope.

La conferma che si tratta proprio di un ammasso di galassie, gia' pienamente formato, e' giunta invece tramite successive osservazioni effettuate con il telescopio spaziale Chandra della Nasa. "L'ammasso appena scoperto -afferma l'Istituto Nazionale di Astrofisica che riferisce la scoperta- si trova a circa 10.2 miliardi di anni luce: oltre un miliardo di anni piu' distante, e dunque piu' antico, degli ammassi di galassie piu' remoti fino a oggi conosciuti". "Gli ammassi, giganteschi agglomerati di galassie, gas e materia oscura tenuti insieme dalla forza di gravita', -aggiunge l'Inaf- sono fra gli oggetti piu' massicci presenti nell'Universo".

Stando ai modelli elaborati dagli scienziati, "la loro aggregazione deve aver richiesto un lungo periodo di tempo dall'istante del Big Bang. JKCS041, la cui immagine ci giunge dall'epoca in cui l'Universo aveva appena un quarto della sua eta' attuale, si colloca proprio su quella che si ritiene la linea di confine temporale di formazione dei primissimi amassi".

"Essere riusciti a individuare un oggetto cosi' distante -commenta lo scienziato Andreon- ci da' la conferma che i nostri metodi funzionano. Ed e' un importante incentivo per le future missioni dedicate alla ricerca di ammassi remoti di galassie, quelli ad altissimo redshift. La semplice esistenza di JKCS041 e' infatti la piu' chiara dimostrazione del fatto che ancora non abbiamo raggiunto i confini dell'Universo conoscibile. E che gli ammassi ad alto redshift esistono, eccome".

JCKS041 e' stato osservato per la prima volta da Andreon e colleghi nel 2006, tramite l'United Kingdom Infrared Telescope, e come avviene per la maggior parte degli ammassi di galassie, il primo segnale individuato e' stata l'emissione in infrarosso delle vecchie stelle rosse che dominano le galassie che lo compongono. La successiva analisi spettrale condotta su dati ottici e infrarossi, raccolti tramite l'United Kingdom Infrared Telescope, il Canada France Hawaii Telescope e il satellite Spitzer della Nasa, ha poi consentito di stabilire la distanza dell'ammasso.

Infine, la presenza di un'emissione diffusa in banda X, dovuta alla presenza di gas caldissimo all'interno dell'ammasso e rilevata dal telescopio spaziale Chandra della Nasa, ha dato agli astronomi l'ultima conferma che cercavano: la firma inequivocabile di avere a che fare con un ammasso gia' pienamente formato.

"Con la scoperta di JKCS041 -afferma ancora Andreon- siamo venuti in possesso di un'informazione cruciale per studiare gli ammassi primordiali: sappiamo dove puntare i telescopi. Perche' cio' che JKCS041 ci mette a disposizione e' un'intera popolazione di galassie risalenti a epoche molto antiche". "Galassie -conclude lo scienziato- con un'eta' corrispondente ad appena un decimo di quella attuale e a circa la meta' di quella delle galassie presenti nell'ammasso che deteneva il record di distanza precedente".

Alla ricerca, oltre a Stefano Andreon, hanno preso parte Ben Maughan della University of Bristol, Ginevra Trinchieri dell'Inaf-Osservatorio Astronomico di Brera e Jaron Kurk del Max-Planck-Institut fur Astronomie.

Vedi anche: http://chandra.harvard.edu/photo/2009/jkcs041/


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