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 Oggetto del messaggio: re:INGV: I dati della paleo variabilità del campo
MessaggioInviato: 30/12/2011, 12:48 
Roma, 28 dicembre 2011 - Un team internazionale di geofisici dell'INGV, dell'OGS e dell'ICREA (Istitucio Catalana de Recerca i Estudis Avancats) di Barcellona ha condotto uno studio di dettaglio sulle variazioni del campo magnetico terrestre nel corso degli ultimi 10000 anni. Il lavoro si basa sull'analisi paleomagnetica di sedimenti marini provenienti delle alte latitudini dell'emisfero nord (75°-76°N di latitudine). La ricerca, in particolare, ha preso in esame cinque sequenze stratigrafiche perforate nei pressi dello Storfjorden, un canale sottomarino al largo delle isole Svalbard, nel settore nord-occidentale del mare di Barents. Lo studio ha permesso di ricostruire la variabilità del campo magnetico terrestre durante quel periodo definito Olocene, che copre appunto gli ultimi 10mila anni ed include l'optimum climatico successivo all'ultima glaciazione. A Leonardo Sagnotti, primo firmatario del lavoro, che è stato pubblicato sull'ultimo numero di Geochemistry Geophysics Geosystem, abbiamo rivolto le seguenti domande:

1 - Quale utilità ha studiare le variazioni del campo magnetico terrestre?

Il campo magnetico terrestre è caratterizzato da un'ampia variabilità naturale, su scale temporali che variano tra i millisecondi e le decine di milioni di anni. Questa variabilità è legata a diversi fenomeni di origine interna ed esterna alla Terra; le variazioni del campo magnetico terrestre con tempi caratteristici maggiori di 22 anni sono dovute a processi che si svolgono nel nucleo terrestre e costituiscono la cosiddetta "variazione secolare" del campo. Le osservazioni dirette delle variazioni del campo magnetico terrestre risalgono al massimo agli inizi del XVII secolo. Per intervalli di tempo più antichi la ricostruzione della variabilità del campo magnetico terrestre è possibile solo attraverso studi di

paleomagnetismo su sedimenti, lave o materiale archeologico. La ricostruzione della variabilità del campo magnetico terrestre nel corso del tempo geologico è una fonte di primaria importanza per la comprensione dei meccanismi dinamo che si svolgono nel nucleo esterno fluido della Terra e che danno origine al campo stesso. Questi dati offrono anche l'opportunità di correlare e datare ad alta risoluzione le sequenze sedimentarie analizzate, che sono state deposte a seguito dell'ultima fase di deglaciazione e registrano i dettagli della transizione climatica.

2 - I dati raccolti da voi sono coerenti con precedenti misure, oppure apportano sostanziali novità?

I dati da noi raccolti rappresentano una nuova fonte di informazione sulla variazione secolare del campo magnetico terrestre alle alte latitudini settentrionali. Questi dati sono importanti per la messa a punto dei modelli del campo magnetico terrestre, poiché provengono da una regione critica: quella che ricade all'interno di un cilindro immaginario parallelo all'asse di rotazione terrestre e tangente al nucleo interno della Terra. I nostri sono i primi dati sperimentali ad alta risoluzione sulla variabilità del campo magnetico terrestre all'interno di tale cilindro tangente nel corso degli ultimi 10mila anni. Questi dati mostrano una variabilità che è in accordo con quella ricostruita da dati sperimentali raccolti nelle isole britanniche e nella penisola scandinava, nonché con le previsioni di un recente modello geomagnetico globale per gli ultimi 7 mila anni.

3 - Di tanto in tanto nelle riviste di divulgazione scientifica si formulano previsioni su una possibile inversione del campo magnetico terrestre. Vi risulta che questo fenomeno sia imminente o è possibile formulare qualunque tipo di previsione?

Il nostro studio non si occupa di formulare previsioni sulla variabilità futura del campo magnetico terrestre e tanto meno sulla possibile imminenza di una sua inversione di polarità. Ad ogni modo, quello che sappiamo è che la variazione del campo magnetico terrestre attualmente osservata si inserisce in un quadro di variabilità naturale caratterizzato da ampie oscillazioni di direzione e di intensità. Le inversioni di polarità del campo magnetico terrestre costituiscono una manifestazione estrema di tale variabilità naturale. La tendenza attuale, che vede una diminuzione dell'intensità del campo magnetico terrestre di circa il 10% dalle prime misure dirette effettuate nel XIX secolo, non implica necessariamente l'imminenza di un'inversione del campo magnetico terrestre. In ogni caso, un'inversione di polarità si sviluppa e completa nell'arco di alcune migliaia di anni, per cui l'occorrenza della prossima inversione del campo non può essere considerata imminente per intervalli di tempo comparabili a quelli di una vita umana

http://www.lescienze.it/lanci/2011/12/2 ... co-763759/


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