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 Oggetto del messaggio: Soldato Irwing Fortman: "Una seconda Roswell"
MessaggioInviato: 09/05/2012, 09:04 
Fonte: http://www.extremamente.it/2012/05/08/u ... y-fortman/

Non uno, ma due crash sarebbero avvenuti a Roswell, nel giro di pochi mesi. è questa la verità raccontata da un ex militare, di stanza alla fine degli anni ’40 presso la base dell’Air Force del New Mexico.
Una verità sconosciuta e tutta da dimostrare, ovviamente, che raddoppia però gli interrogativi su quanto successo ormai 65 anni fa in questo angolo di America. Se fosse veritiera questa inaudita versione dei fatti, il famigerato episodio (ritenuto il più importante e il più clamoroso dell’ufologia moderna) non sarebbe stato un unicum, ma avrebbe avuto una sorta di “fotocopia”.
A rivelarlo, a molti anni di distanza dalla testimonianza originale, è lo scrittore ed astrologo americano Ray Grasse. Solo ora confessa, in un articolo pubblicato di recente online, di essere stato depositario delle confidenze di un uomo che vide quel presunto, secondo disastro accaduto sempre nel deserto del New Mexico e sul quale aveva mantenuto fino a quel giorno il massimo riserbo.
Venuto in contatto con il sedicente testimone oculare, zio di un suo conoscente, Grasse era riuscito con grande pazienza a guadagnarsene la fiducia. Quell’uomo non cercava soldi, nè fama: anzi, desiderava solo condividere il peso del suo segreto, a patto però che rimanesse tale. In cambio della promessa di non parlare con nessuno delle sue rivelazioni, tra il 1989 e il 1990 l’astrologo aveva potuto intervistare l’ex soldato, ormai già avanti con l’età: due volte per telefono, altre due invece di persona, davanti ad un registratore.
Il suo nome era Irwin Fortman, ma tutti lo conoscevano con il soprannome di Tiny ( noi diremmo “Piccoletto”).

Immagine
Irwin "Tiny" Fortman

Diceva di essere arrivato alla famigerata base del New Mexico nell’autunno del 1947 e di aver assistito ad un avvenimento sconvolgente poco tempo dopo, quando insieme ad altri soldati aveva dovuto ricomporre i cadaveri di strane creature precipitate nel deserto su un mezzo volante. Praticamente, quello che si racconta del famoso crash di Roswell, avvenuto però nel luglio di quell’anno e non in inverno.
Si aprivano così tre scenari: primo, il testimone si stava inventando la storia di sana pianta. Secondo: forse si confondeva semplicemente sulle date. Terzo, il più sconvolgente: era davvero a conoscenza di un altro, distinto incidente identico in tutto e per tutto a quello riportato dalle cronache ufologiche e di cui nessuno aveva mai parlato. La prima ipotesi appariva la più probabile: quel racconto incredibile sembrava privo di riscontri.
Eppure, una prima conferma arrivò a sorpresa da una foto, nella quale Irwin “Tiny” Fortman- recluta 18enne- era ritratto, alla fine del 1947, proprio nella base militare di Roswell. Su quel dettaglio, dunque, non aveva mentito: era stato davvero lì nel periodo indicato. E ciò bastò al suo intervistatore: Fortman gli sembrava un tipo sincero e poteva essere affidabile- o per lo meno, degno di attenzione- anche per quanto riguardava il resto dei suoi racconti.
Poco mesi dopo l’uomo morì. I nastri con le registrazioni dei colloqui tra Tiny e lo scrittore americano rimasero così chiusi in un cassetto, dimenticati. Fino a quando, oltre 20 anni dopo, parlando con un amico ufologo Grasse non si è ricordato di quell’ enigmatico, secondo incidente occorso a Roswell ed è andato a “sbobinare” le cassette.
A distanza di due decenni, i nastri risultano un po’ danneggiati ed alcune parole non sono più comprensibili, ma il senso è ben chiaro. E il contenuto è stupefacente. Quello che segue è una sintesi delle confidenze fatte, allora, da Irwin Fortman.

Ray: Prima di tutto, permettimi di chiederti di descrivere la notte nella quale tutto avvenne, a partire dal modo in cui voi foste informati dall’ufficiale al comando.

Tiny: Bè, mi sembra che eravamo appena andati a dormire e…boom! Eravamo rimasti fuori fino a tardi e loro svegliarono me, quest’altro mio compagno e altri due ragazzi nella baracca, ci dissero di vestirci e di radunarci nell’infermeria- che loro chiamavano “stanza preoperatoria”, lontana da tutto il resto. Ci diedero il caffè, si sedettero e iniziarono a parlarci- sai, giusto per capire se eravamo abbastanza svegli e pronti mentalmente, insomma, per evitare che guidassimo le ambulanze fuori strada o cose del genere, capito…

Ray: Dunque era molto tardi?

Tiny: Oh sì, ci hanno svegliato nel pieno del sonno. Mi sembrava che fossero le 2 del mattino.

Ray: E fino a quel punto non stavano facendo nulla che fosse al di fuori dell’ordinario?

Tiny: No, finchè non siamo andati sull’ambulanza e… conosci la porta nord? Quando l’abbiamo raggiunta, lui (probabilmente il Colonnello Blanchard, citato più volte nelle vicende legate a Roswell, N.d.T.) ci stava aspettando. E ci ha detto: Dovete tenere la bocca chiusa! Non dovete dirlo a nessuno!
(In una precedente conversazione, scrive in nota l’autore, Tiny aveva raccontato che un ufficiale aveva detto loro qualcosa del tipo: ” Se dite una parola a qualcuno, getteranno le vostre ossa e quelle di tutti i vostri famigliari nel deserto.”)

Ray: Sono curioso, voi lì eravate tutti ragazzi di 17, 18 anni…

Tiny: Certo, io non ne avevo ancora 19.

Ray: Deve essere stata un’esperienza sconvolgente.
Come avete reagito quando siete arrivati sul posto?


Tiny: Quando ho visto i corpi? Ero completamente sbigottito ed ero mezzo addormentato, e poi faceva un freddo polare, mi ricordo questo. Noi guardavano e vedevamo queste cose, ma io non le registravo. E poi quando alla fine ho capito cosa avevo visto, semplicemente non riuscivo a crederci, capisci, come se non fosse mai accaduto. Eppure stava accadendo, come se fosse un sogno. Sai, quante volte si vedono cose del genere?

Ray: Ma cosa hai pensato una volta che hai capito di cosa si trattava? Hai pensato automaticamente che dovevano provenire da qualche altro luogo?

Tiny: Assolutamente sì. Non sapevo cosa fossero, sembravano degli orientali, nel senso, erano molto piccoli. Io sapevo però che i Giapponesi non erano così piccoli. E non potevo pensare a nessun altro Paese, magari Bali o simili, magari lì erano più bassi, ma…

Ray: Le teste erano grosse?

Tiny: Molto grosse, come… insomma, erano completamente sproporzionate rispetto ai corpi. Capisci cosa intendo? Cioè, per dare un’idea, è come se la tua testa fosse una volta e mezza quella attuale, ecco più o meno quanto erano grosse.

Ray: C’era qualche altra caratteristica strana? Riguardo agli occhi, il naso o la bocca?

Tiny: Non c’erano capelli. E… Ho visto delle narici, ma per quanto riguarda il naso… se c’era, era molto molto piccolo. E le labbra… aspetta un secondo, non so se avessero le labbra, ma ho visto i denti, o almeno mi sembrava che li avessero. Orecchie? Caspita, se c’erano, erano piccolissime. Non me le ricordo.

Ray: Che dici del colore della pelle?

Tiny: Ah…tipo giallo, ma molto pallido. Sembrava la pelle di un pachiderma, con un sacco di rughe.

Ray: E mi hai detto qualcosa su uno dei corpi privo di casco, ma intero?

Tiny: Sì, era uno di quelli che abbiamo raccolto e non aveva il casco.

Ray: Come hai reagito, quando l’hai visto?

Tiny: L’unica cosa che posso ricordare è che uno che mi stava aiutando- non so se era Tommy- mi ha detto:”Deve aver perso il suo casco ed essere finito fuori da quell’apparecchio, qualsiasi cosa sia “. Perchè tutti gli altri, invece, avevano il casco in testa. O meglio, non lo so, immagino che avessero gli elmetti in testa, tutti i corpi erano sparsi ovunque, a pezzi. Ma quello che abbiamo raccolto noi era integro. Cioè, non gli abbiamo tolto i vestiti, quindi non sappiamo se era lacerato- non ce lo avrebbero permesso. Ci dicevano solo:”Metteteli nei sacchi”. Non abbiamo neanche messo i sacchi sull’aereo da trasporto che dove poi li hanno sistemati.


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MessaggioInviato: 09/05/2012, 19:42 
NON SEMBRAVANO UMANI

Fonte: http://www.extremamente.it/2012/05/09/n ... e-seconda/

Un giovane soldato testimone di un evento incredibile. Una recluta sotto choc, costretta insieme ad alcuni commilitoni a ricomporre i resti di creature misteriose rimaste uccise nello schianto di un Ufo.
È il racconto divulgato, solo di recente, dall’astrologo americano Ray Grasse, che sostiene di aver ricevuto le confidenze del militare, ormai morto. Quel clamoroso incidente alieno sarebbe avvenuto proprio nel 1947, sempre nel deserto del New Mexico, ma in pieno inverno. Insomma, una seconda Roswell. Ecco come prosegue la testimonianza pubblicata da Grasse…

Ray: Cosa mi hai raccontato poche settimane fa a proposito degli abiti di quegli esseri, erano in tessuto?

Tiny: Era un tessuto, ma sembrava tipo alluminio. Non era qualcosa che avessi già visto prima. L’ho visto solo in seguito, sai, come il tessuto simil-metallico che si vede nell’abbigliamento femminile, nelle pubblicità e nelle sfilate di moda…

Ray: Ed erano abiti tutti di un pezzo o ricordi cuciture o cose del genere o cerniere…

Tiny: Non ricordo, questo non lo ricordo.

Ray: Ricordi se avevano le mani e i piedi ricoperti? Oppure erano nudi? Ricordi qualcosa su come erano fatti mani e piedi?

Tiny: I piedi indossavano un qualche tipo di scarpe. Le mani? Non erano fatte come le nostre.

Ray: Ma per la forma o per il numero di dita o per entrambi?

Tiny: Entrambi. Ora l’unica cosa che riesco a pensare del momento in cui ho visto quella scena è l’aria fredda e… semplicemente non sembravano umani. Non ricordo quante dita avessero, ma mi sembrava che fossero meno delle nostre…

Ray: Ma quando dici che non avevano una forma umana, ti ricordi se erano più grandi o più piccoli?

Tiny: Più piccoli, ma avevano corpi proporzionati. In altre parole, non avevano mani o piedi grandi. I piedi calzavano scarpe pesanti, come stivali. Sembravano…non erano in pelle, erano come stivali di stoffa.

Ray: Mi dicevi che i loro occhi erano chiusi… ma potresti ancora immaginare la loro forma?

Tiny: Sì….sembravano quelli di un vecchio orientale.

Ray: Quanto pesavano i corpi?

Tiny: Mah… All’epoca ero più robusto di un bue!

Ray: Ma erano leggeri, giusto?

Tiny: Oh sì, erano leggeri: 70 o 80 libbre (30-35 kg circa, NdA) a dir tanto. Li tiravamo su insieme, ma mi sembravano più leggeri di un sacco di patate da 100 libbre (45 kg, NdA), capisci?

Ray: E quello raccolto da voi era l’unico corpo intero in cima a tutti gli altri, giusto?

Tiny: Giusto. Ma gli altri ragazzi cercavano di lanciare quelli che pensavano fossero i pezzi di un corpo completo. Non penso che lanciassero teste o braccia o altre parti a caso, avrebbero potuto, ma io ho pensato che stavano cercando di conservare ciò che apparteneva all’uno e all’altro. Come abbiano fatto, non lo so, ma ci hanno messo molto tempo alla ricerca di queste cose.

Ray: E voi quanto tempo siete rimasti lì? È durato 5 minuti o mezz’ora?

Tiny: Potrei dire dai 15 ai 20 minuti. E il motivo per cui ci abbiamo messo tanto è che abbiamo dovuto aspettare gli ufficiali, che correvano per vedere lo spettacolo.

Ray: Quindi non potevate far niente finchè non si sono presentati?

Tiny: Esatto. E non ci hanno permesso di illuminare con le luci finchè siamo rimasti lì. E l’unico modo per capire dove fossimo era un tipo sulla jeep davanti a noi. Sono venuti, ci hanno detto cosa fare, di parcheggiare le auto lontane formando una U. Ci hanno detto di non usare i fanali alti, mi ricordo questo, ma usare solo le luci di posizione.

Ray: Era tutto così segreto?

Tiny: No, secondo me pensavano che gli abbaglianti sarebbero stati visti troppo in lontananza, perchè sai che quelli delle ambulanze sono molto alti. E ricordo che ci dissero qualcosa sui fanali bassi. Noi avevamo un piccolo riflettore ciascuno e ci hanno detto di tenerli spenti, di usare solo i fanali bassi delle auto.

Ray: Ogni veicolo trasportava un corpo o una serie di pezzi?

Tiny: Sì. Cioè, sto solo immaginando, ma direi… o magari hanno raccolto dei pezzi che ritenevano più importanti e li hanno caricati. Non posso dirlo perchè non lo so.

Ray: E quando ciò avveniva, quanti ufficiali stavano attorno mentre voi venivate condotti in questo luogo nel cuore della notte?

Tiny: Bè, so che c’erano pochi ufficiali là. Però non ho idea se altri stavano con il gruppo di Washington insieme ai generali. Ci hanno solo detto di prendere questi corpi e di muoverci. Non avevamo molto tempo per guardarci attorno e vedere chi c’era. E le luci, il modo in cui ci colpivano… Si erano posizionati come in un semicerchio con le ambulanze. Capisci cosa intendo? C’erano anche alcune auto. Non riuscivamo a vedere molto bene, a parte quello che c’era per terra. Ma per quanto riguarda le fisionomie e gli ufficiali presenti, non ho capito molto .

Ray: Mi sembra di ricordare che mi dicevi qualcosa riguardo un discorso tra ufficiali che avevi vagamente captato e che essi poi si spostarono perchè non volevano che tu sentissi. Ho capito male?

Tiny: Ho udito qualcuno parlare, ma mi parlava gente davanti e dietro, non so se fossero ufficiali di alto rango. Ero così sconvolto da quello che vedevo che le conversazioni non erano importanti. Guardi a terra e vedi quel genere di cose- io e Tommy ci fissavamo l’un l’altro- piuttosto che stare a sentire le conversazioni a 25-30 piedi da noi.

Ray: Che mi dici dell’astronave? Era un’astronave o c’erano dei pezzi o cosa esattamente?

Tiny: C’erano frammenti metallici tutt’attorno, intendo pezzi grossi, come un tavolo da bar. L’unica cosa che potevo distinguere era il contorno sul terreno e capivo che era circolare. Ma c’erano pezzi sparsi ovunque, anche al di fuori del cerchio. C’era un bel po’ di metallo in frantumi.

Ray: Quanto era ampia l’area? La misura di un campo da football?

Tiny: Oh no, no, era come un terzo di un campo da football.

Ray: E voi non riuscivate a raccogliere tutti i pezzi, vero?

Tiny: No, loro ci controllavano da vicino. Personalmente non penso che… Ci hanno detto di indossare guanti chirurgici. Infatti io ne indossavo due paia, uno sopra l’altro. Era come del tipo:”State attenti, non raccogliete oggetti appuntiti e non tagliatevi”. Perchè, in base a quello che percepivo all’epoca, neanche loro sapevano quanto fossimo esposti dal punto di vista biologico. Per questo ci hanno detto di indossare questi guanti di gomma, meglio due, e infatti ci aiutavamo l’un l’altro per infilarceli.

Ray: Ora, tu e gli altri raccoglievate i corpi, ma non è chiaro se erano già stati tolti anche i pezzi di metallo…

Tiny: Sì e no. Sembrava che ci fosse ancora un po’ di metallo, eppure non sembrava che fosse a sufficienza…

Ray: Per fare un’intera astronave?

Tiny: Esatto. E ancora si poteva vedere la forma circolare.

Ray: A parte i pezzi di metallo, potevi distinguere altri elementi caratteristici di un luogo d’impatto, come seggiolini, pannelli di comando, fili?

Tiny: Veramente no. Aspetta un attimo… Ci poteva essere qualcosa tipo cristalli. Ma potevano anche essere effetto del clima freddo, potevano essere cristalli di neve, non so.

Ray: Hai notato un cratere? Qual era la tua impressione, che questa cosa si era schiantata a terra oppure era esplosa sopra il terreno?

Tiny: L’unica cosa che posso pensare, ora che l’hai menzionato, è che forse c’era un cratere un po’ lontano e questa roba era schizzata fuori da là. È l’unica cosa che posso pensare. Ma non ho visto un vero cratere, vedevo un segno sul terreno, fatto da questi grossi pezzi. Non so perchè avessi l’impressione che fosse circolare…

Ray: Hai toccato il metallo?

Tiny: No, non volevano che lo toccassimo. Prima di tutto per via dei guanti in gomma, immagino. Mi ero accorto che la maggior parte del materiale aveva spigoli taglienti.

Ray: Penso che hai già citato una volta qualcosa di insolito riguardo questi spigoli. Aveva una qualche peculiarità questo metallo, per quello che mi puoi dire?

Tiny: Ti ho detto che sembrava come alluminio, ma sono sicuro che non venisse mosso dal vento. Eppure era molto sottile!

Ray: Dunque non sembravano pesanti travi metalliche o simili?

Tiny: Oh, no no no. Non c’erano pezzi pesanti, no.

Ray: Era più somigliante a lamine di metallo?

Tiny: Più come… non so, non riesco a spiegarlo. Non ho mai visto nulla del genere, era come se qualcuno avesse gettato dei pezzi di metallo in giro, è l’unica cosa che posso pensare. E le forme erano strane. Ma riguardo gli spigoli, non ricordo ciò di cui stai parlando.

Ray: Un dettaglio interessante della precedente conversazione cha abbiamo avuto poche settimane fa è il fatto che quando vi hanno informato prima di condurvi sul luogo, il discorso suonava come se l’avessero imparato bene a memoria o come se l’avessero già fatto in passato, insomma come se non fosse la prima volta… Ricordo bene?

Tiny: Sì. Mi sembrava che lo sapessero perfettamente… E anche dopo che abbiamo raccolto i corpi sparsi là e siamo tornati indietro, anche allora ci hanno ripetuto il discorso. Come se seguissero una procedura.


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MessaggioInviato: 09/05/2012, 21:13 
Irwin Fortman era un Pfc, cioè un soldato scelto, appartenente all' M Squadron (Squadrone Medico). Secondo l'intervista, Fortman sarebbe arrivato a Roswell nell'autunno 1947. Sarà, ma la foto è parte integrante del "Roswell yearbook 1947", -un libro con informazioni sulla base e le foto di almeno il 70% dei soldati stazionati là-. Per quanto è noto, le foto furono scattate prima del luglio 1947 e Fortman appare nello yearbook. Ciò indica che Fortman, prima del luglio 1947 era già stazionato alla base.



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Quindi mente dicendo che è arrivato nel 47...
O ricorda male...
[8]


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Cita:
Sheenky ha scritto:

Quindi mente dicendo che è arrivato nel 47...
O ricorda male...
[8]


Se ha mentito non lo sapremo mai. Quando Fortman avrebbe rivelato a Grasse la sua verità erano già passati 40 anni dall'evento. E la ricostruzione dell'accaduto potrebbe non essere stata così precisa. La cosa strana è che l'autore, Ray Grasse, avrebbe pubblicato l'articolo recentemente, nel 2011. Perchè Grasse ha aspettato vent'anni per divulgare la notizia, visto che Fortman è deceduto in California nell'ormai lontano 1993?



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Il che fa sorgere dei dubbi...


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Secondo la ricerca condotta da Frank Warren, Fortman arrivò a Roswell già nel dicembre 1946, proveniente dalla base di Lowry Field, Colorado.



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MessaggioInviato: 12/05/2012, 15:32 
Grazie paolo [:)]


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Cita:
Sheenky ha scritto:

Grazie paolo [:)]


Figurati, riguardo a Roswell puoi sempre contare su di me. [;)]



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