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MessaggioInviato: 12/04/2014, 21:46 
L’Etere

Sin dall’antichità in molti hanno creduto nell’esistenza di una quintessenza che permea tutto l’universo a cui spesso è stato dato il nome di Etere. Il concetto di Etere e la sua stessa esistenza sono molto controversi tanto che nel secolo scorso la scienza ufficiale in uno storico esperimento, non avendo potuto rilevarlo, sancì la sua inesistenza. Molto spesso l’Etere viene assimilato, nella tradizione esoterica orientale e occidentale ai concetti di Prana, Kundalini, Ki, Energia Vitale, Orgone, Forza Odica, Magnetismo Animale, Mana, ecc.. Visto la moltitudine di significati ad esso attribuiti, non sempre coerenti tra loro, cercherò in questo capitolo di riportare sinteticamente le scoperte degli autori più significativi e di trarne alla fine le dovute conclusioni.

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Franz Anton Mesmer (1734 – 1815)

Mesmer, medico e filosofo, credeva fermamente nell’astrologia. Studiò le interazioni dei corpi celesti sul corpo umano e a tal proposito scrisse:

Cita:
“E’ ovvio che non avviene praticamente alcun cambiamento nei corpi celesti che non influenzi le consistenze fluide e solide della nostra terra. Può quindi qualcuno negare che anche gli organismi animali siano sottoposti alle stesse influenze? Una creatura vivente è anch’essa parte della Terra e tale creatura consiste di componenti liquide e solide, le cui proporzioni ed equilibrio sono sottilmente alterati, in tal modo producendo degli effetti acutamente sentiti dalla creatura stessa.”


Possiamo riassumere i risultati delle sue ricerche nei seguenti punti :

- Esiste un’influenza reciproca tra i corpi celesti, la terra e tutti i corpi animati
- Il mezzo di questa influenza è un fluido diffuso universalmente (chiamato da Mesmer magnetismo animale), così continuo da non ammettere alcun vuoto, incomparabilmente sottile, e naturalmente suscettibile di ricevere, diffondere e comunicare tutte le perturbazioni motorie.
- Mesmer notò che avvicinando una potente calamita o le dita di una mano alla fiamma di una candela, la stessa si inclina verso la calamita o le dita.

Secondo Mesmer, la malattia ha origine dalla carenza di tale fluido all’interno del corpo umano che può essere incanalato e convogliato verso altre persone utilizzando magneti naturali da applicare sulle parti del corpo da curare o mediante l’imposizione delle mani irradianti energie benefiche.

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Karl von Reichenbach (1788 -1869)

Il barone von Reichenbach scoprì che se alcuni sensitivi venivano posti all’interno di una camera buia insieme ad un potente magnete a ferro di cavallo, potevano osservare una luce emanante dai poli del magnete. Tale luce permetteva di vedere le persone all’interno della stanza buia, creava ombre e al soffio tremava come la fiamma di una candela.

Effettuando l’esperimento con un cristallo di quarzo, al posto del magnete, si poteva osservare che “tutto il corpo del cristallo riluceva di una luce delicata, e dalla punta superiore emanava una luce azzurra, in costante movimento, a volte scintillante”.

Reichenbach osservò che anche il suo corpo nell’oscurità emetteva la stessa luce che chiamò Od. Tale luce mostrava uno spettro di colori che variava dal rosso al violetto, andando dalla zona degli organi genitali verso la sommità del capo. Inoltre, “correnti di luce simili a fiamme di intensità relativamente maggiore scorrono dalla punta di tutte le dita, nella direzione in cui esse sono stese”.

Le proprietà odiche dei materiali e del corpo umano risultavano amplificate se esposti direttamente alla luce solare.

“L’Od è l’espressione di una forza dinamica che compenetra in modo sottile e scorre con irresistibile potenza attraverso tutto ciò che fa parte della natura [...] Questa forza non solo si manifesta al contatto ma anche a distanza, come dal sole, dalla luna e dalle stelle; così pure da tutta la materia.

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Nikola Tesla (1856 – 1943)

Tesla, uno dei più grandi scienziati di tutti i tempi, ebbe a dire : “L’etere è portatore di luce e riempie ogni spazio, l’etere agisce come forza creativa che dà la vita. Viaggia in “turbini infinitesimi” (“micro eliche”) prossime alla velocità della luce, divenendo materia misurabile. La sua forza diminuisce e arriva a terminare del tutto, regredendo in materia, secondo una specie di processo di decadimento atomico […] Ogni atomo ponderabile è differenziato da un fluido tenue, che riempie tutto lo spazio meramente con un moto rotatorio, proprio come fa in vortice di acqua in un lago calmo. Una volta che questo fluido – ovvero l’etere – viene messo in movimento, esso diventa grossolana materia. Non appena il suo movimento viene arrestato la sostanza primaria ritorna al suo stato normale [...] Può allora accadere che, se riesce in qualche modo a imbrigliare questo fluido, l’uomo possa innescare o fermare questi vortici di etere in movimento in modo da creare alternativamente la formazione e sparizione della materia. Dunque al suo comando, quasi senza sforzo da parte sua, vecchi mondi svanirebbero e nuovi mondi entrerebbero nell’esistenza. L’uomo potrebbe così alterare le dimensioni di questo pianeta, controllare le sue stagioni, aggiustare la sua distanza dal sole, guidarlo nel suo viaggio eterno lungo l’orbita di sua scelta, attraverso le profondità dell’universo. Egli potrebbe far collidere i pianeti e creare i suoi soli e le sue stelle, il suo calore e la sua luce, egli potrebbe dare origine alla vita in tutte le sue infinite forme. Dare origine alla nascita e alla morte della materia sarebbe il più grande degli atti umani, cosa che darebbe all’uomo una conoscenza profonda della creazione fisica; tutto questo gli permetterebbe di compiere il suo destino ultimo”.

Secondo Tesla il campo gravitazionale terrestre è dovuto allo spostamento del pianeta attraverso l’Etere.

Cita:
“Quando la materia solida viaggia attraverso lo spazio, subisce il vento dell’etere e le differenze in potenziali elettrici provocano dei cambiamenti nel dislocamento elettromagnetico all’interno della massa e del vento dell’etere. Il campo elettrico della terra crea il dislocamento magnetico all’interno dell’etere e lo accumula all’interno del campo elettrico della terra. La differenza tra il dislocamento magnetico all’interno di una massa ed il dislocamento magnetico fuori della massa dell’etere è la gravità”.


Tesla ha ottenuto circa 300 brevetti in tutto il mondo per le sue invenzioni, è stato l’inventore della corrente alternata, che ha contribuito alla nascita della Seconda Rivoluzione Industriale, e la Suprema Corte degli Stati Uniti gli ha attribuito la precedenza della scoperta della radio rispetto a Guglielmo Marconi. Alla sua morte il governo americano classificò i suoi scritti come Top Secret, privando l’umanità di un patrimonio scientifico di incalcolabile valore.

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Wilhelm Reich (1897 – 1957)

Reich, medico e Psicoanalista di fama mondiale, brillante allievo e collaboratore di Freud, abbandonò la psicologia per dedicare il resto della propria vita a studi sulla bioenergetica nel tentativo di dare una risposta a quella che per lui era la domanda fondamentale “Cos’è la vita?”.

Egli osservò al microscopio che la materia inorganica e quella organica, dopo essere stata sottoposta ad un processo di sterilizzazione ad alta temperatura, si disgrega formando vescicole di materia (bioni) dotati di un movimento circolare a spirale e pulsante che emanano un colore verde-azzurro. Tali vescicole, unendosi tra loro, possono svilupparsi in organismi viventi. Reich riteneva che i bioni fossero carichi di una sorta di energia vitale, priva di massa, che chiamò orgone o energia orgonica. Queste vescicole di energia orgonica condensata, aggregata insieme a molecole organiche ed inorganiche, sono l’anello di congiunzione tra l’etere e la vita biologica di cui ne costituiscono l’elemento base “… sono strutture di transizione dal non vivente al vivente. Il bione è l’unità funzionale elementare di tutta la materia vivente”.

L’orgone giunge continuamente nell’organismo dall’aria e dal sole attraverso la respirazione, la pelle e i polmoni.

Sulla base delle sue osservazioni Reich dedusse le seguenti proprietà dell’orgone:

- permea tutto lo spazio
- è caratterizzato da un movimento a spirale di tipo pulsante che avviene spontaneamente (non è imposto da cause esterne)
- emette o genera luce di colore verde-azzurro e tale radiazione è fredda ovvero non genera calore.
- è attratto e trattenuto dall’aria, dall’acqua e dalla materia organica
- i metalli prima lo attraggono e poi lo respingono
- ha la tendenza ad aggregarsi fluendo dai sistemi meno complessi a quelli più complessi (ad esempio, l’uomo trae energia vitale dal cibo e una pianta dall’atmosfera che la circonda).

Reich condusse indagini in diverse discipline scientifiche tra cui la medicina, la fisica, la cosmologia e la meteorologia.

Uno degli aspetti più importanti della sua teoria è che le forme della materia vivente sarebbero il risultato di semplici sovrapposizioni o superimposizioni di flussi di orgone nello spazio. La tendenza dell’orgone ad accumularsi, a differenza di altre forme di energia, consentirebbe l’organizzazione della materia caotica in strutture complesse.

I bioni prodotti dalla disintegrazione dei tessuti, a seconda del livello energetico di partenza, possono evolversi verso forme organizzate e originare organismi viventi oppure degradare in organismi piccolissimi, da lui denominati “bacilli T”, che sarebbero la causa della biopatia del cancro. I bacilli T, oltre ad essere responsabili della disgregazione degli organismi più grandi, si opporrebbero alla naturale ricomposizione della materia disgregata innescando un processo distruttivo e putrescente.

Secondo Reich, certe forme di malattia sono la conseguenza di una patologia energetica dovuta all’impoverimento o al ristagno dell’energia orgonica all’interno del corpo.

Realizzò accumulatori di orgone costituiti da strati alternati di materiale organico (lana) e metallo che usò nei suoi esperimenti. “Le irradiazioni di orgone possono essere applicate con gran vantaggio e senza nessun pericolo, neanche di eccessiva irradiazione” (anche se a scopo terapeutico raccomandava di non utilizzare accumulatori con più di tre strati), nelle seguenti condizioni: grave stanchezza, anemia, cancro, esclusi i tumori del cervello e del fegato, raffreddori acuti e cronici, artrite, ulcere croniche, ogni genere di lesione, abrasione, ferite, bruciature, sinusite e alcuni tipi di emicrania”.

Una persona posta dentro una camera orgonica, dopo un po’, può osservare una luminosità bluastra, inoltre, muovendosi dentro la camera, si possono osservare chiaramente delle formazioni nebbiose e, permanendovi più a lungo, cominciano a comparire dei punti luminosi blu-violetti fortemente radianti. Quando la presenza dell’operatore avrà eccitato sufficientemente l’energia presente nella camera, le formazioni nebbiose si concentreranno dando luogo a lampi giallo-biancastri.

Molto interessante la similitudine con un fenomeno riscontrato all’interno della grande piramide di Giza. Gli egittologi hanno osservato che quando una mano è posta all’interno del sarcofago vuoto, ubicato al centro della camera del Re, la stessa appare circondata da una brillante luce violetta ed emana bagliori non appena viene scossa. La teoria di Reich avvalora l’ipotesi che vede le piramidi come accumulatori di energia vitale.

Nel 1955 la Food and Drug Administration (FDA), con un’ordinanza, intimò a Reich di sospendere le sue ricerche, in quanto prive di valore scientifico, ma egli continuo le sue attività e venne condannato a 2 anni di reclusione per oltraggio alla corte e alla distruzione di tutti i suoi libri e apparecchiature. Nel 1957 morì in carcere.

Anche se i risultati degli esperimenti di Reich erano sbalorditivi, vedasi i casi di cura del cancro, i suoi dispositivi avevano un aspetto negativo in quanto accumulavano indiscriminatamente ogni tipo di energia presente nell’ambiente, sia quella vitale denominata OR sia quella stagnante e cogesta denominata DOR.

Se Reich ha il merito di aver scoperto come accumulare l’orgone, a Karl Hans Welz dobbiamo la scoperta di come generarlo. Negli anni 80 Welz scoprì che inglobando particelle di metallo in una massa di resina si ottenevano degli effetti di gran lunga superiori a quelli che Reich aveva ottenuto con i comuni accumulatori. Inoltre, tale dispositivo, che chiamò orgonite (1993), aveva anche la proprietà di trasformare le energie negative DOR in energie OR positive e benefiche per la vita. Il potere vitalizzante dell’orgonite poteva essere ulteriormente amplificato con l’aggiunta di cristalli di quarzo. Oltre all’orgonite anche i pianeti rotanti, come la Terra, producono energia orgonica.

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Viktor Schauberger (1885-1958)

Schauberger, guardia forestale, passò gran parte della sua vita ad osservare la natura, in particolare i torrenti di montagna, traendone importanti insegnamenti e gettando le basi per quella che potremmo definire la scienza dei vortici.

Secondo Viktor Schauberger l’etere è l’energia primigenia, la quintessenza, da cui tutto ha origine, penetra in ogni dove e compone gli atomi di cui la materia è costituita. Ogni cosa, a qualsiasi livello, dalle particelle più piccole fino alle galassie, sono formate da innumerevoli vortici. Le cariche elettriche elementari costituiscono vortici primordiali d’etere e hanno simmetria assiale. Gli elettroni (o i protoni) si respingono tra di loro solo quando sono contrapposti i loro assi di flusso entrante d’etere (o di efflusso), ma sono pronti ad attrarsi se i loro assi sono affiancati come quando generano le correnti, sotto l’azione di un campo elettrico. La forza di attrazione non risiede nei corpi, non è propria della materia e la gravità non risiede nella massa della Terra. La forza è esterna, risiede ovunque nello spazio e solo gli aggregati di materia ne determinano l’azione.

Le proprietà notevoli dell’etere sono la geometria del suo moto naturale e il livello di “affinità” nei confronti della materia.

L’etere si muove attraverso le dimensioni seguendo una geometria ben precisa, la geometria a spirale o vortice, e tale geometria la ritroviamo ovunque in natura, nelle forme vitali, nei fenomeni naturali di grande potenza quali i vortici e gli uragani, nel moto dei corpi celesti e nelle galassie, come se questi sistemi conservassero l’impronta di questa forma primigenea.

Dissertazione sulla Spirale

La forma geometrica alla base di ogni cosa che esiste nell’universo è la spirale “phi” o sezione aurea di Fibonacci.

Prendiamo la seguente sequenza di numeri, nota come sequenza di Fibonacci, 1, 1, 2, 3, 5, 8, 13, 21, 34, 55, 89, 144, …, in cui ogni numero è la somma dei due precedenti, possiamo vedere che il rapporto tra due numeri adiacenti tende al numero #934; = 1.6180….

Se adesso costruiamo dei quadrati aventi per lati i numeri della sequenza di Fibonacci e man mano che ne accostiamo uno al precedente effettuiamo una rotazione di 90°, possiamo vedere che unendo i quarti di circonferenza otteniamo la forma geometrica della spirale, che ovviamente può essere sia oraria che antioraria.

Nella figura che segue possiamo vedere una spirale.

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La costante #934; presenta delle proprietà notevoli ed è espressione dell’unità

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Johannes Kepler ci ha lasciato queste bellissime parole sulla sezione aurea: “La geometria ha due grandi tesori: uno è il teorema di Pitagora; l’altro è la sezione aurea di un segmento. Il primo lo possiamo paragonare ad un oggetto d’oro; il secondo lo possiamo definire un prezioso gioiello”.

Se è vero quanto asserisce Ermete Trismegisto “Ciò che è in alto è come ciò che è in basso”, allora tutto ci fa supporre che l’elemento costitutivo della realtà fisica materiale ed energetica deve essere collegato in qualche modo con la forma della spirale e che alla base dell’universo vi sia il movimento a spirale.

In natura la costante #934; si trova in tutta la struttura ossea: la distanza tra le dita, la lunghezza delle falangi, la lunghezza degli arti, ecc.; ma la si trova anche nel regno vegetale ed animale. Praticamente #934; è una costante di tutte le strutture dotate di vita ed è presente anche nella forma di agglomerati di materia che esprimono visibilmente una grande potenza come i vortici, gli uragani e, a livello cosmico, le galassie a spirale.

Vediamo adesso alcuni esempi tipici della spirale phi in natura:

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Vortice di acqua

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Nautilus

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Uragano

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Galassia a spirale

Fine della dissertazione.

L’altra proprietà dell’Etere è in stretta relazione al modo in cui interagisce con la materia. Anche se l’Etere è l’aria che gli atomi respirano, ogni materiale lo assorbe o lo riflette in maniera differente. I materiali organici lo assorbono, il cemento e la plastica lo rallentano, i metalli prima lo assorbono e poi lo riflettono, i cristalli lo accelerano e vibrano alla sua stessa frequenza, infine, l’aria e l’acqua lo assorbono e ne memorizzano le frequenze. Le piante, gli animali e l’uomo essendo composti prevalentemente di acqua e sostanze organiche assorbono l’Etere.

Considerando che l’etere è presente ovunque e in quantità infinita, viene da chiedersi: Cosa occorre fare per catturare quanto più etere possibile e concentrarlo in modo da sfruttarne l’energia? Occorre seguire il suo stesso movimento, infatti, solo imprimendo alla materia un movimento spiraliforme, possiamo caricarla con un surplus di energia. Mi viene naturale pensare alla danza turbinante dei Dervisci Rotanti quale metodo per raggiungere l’estasi mistica.

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Schauberger, utilizzando un ugello a vortice, ovvero imprimendo all’acqua un movimento vorticoso, scoprì che le qualità dell’acqua miglioravano rendendola simile a quella di sorgente che, scorrendo nei torrenti di montagna tra mille vortici, si carica di energia dall’etere.

Ma da dove arriva l’Etere? Se consideriamo tutte le dimensioni materiali formate da Etere aventi ciascuna una determinate frequenza di vibrazione, è naturale pensare che l’etere arrivi nella nostra dimensione dalle dimensioni superiori a più alta energia di vibrazione.

Viktor Schauberger, come tanti altri grandi scienziati in anticipo sui tempi, ci ha lasciato in eredità delle idee che ancora oggi non comprendiamo. Egli riteneva ad esempio che il cuore non è una pompa ma “è pompato”, gli uccelli “non volano” ma “sono volati”, i pesci non nuotano, ma “sono nuotati”, il sole è probabilmente un corpo freddo e oscuro, ecc.

La fisica del XX secolo

Prima dell’avvento della fisica quantistica, si riteneva che gli atomi fossero costituiti da un nucleo centrale attorno al quale, ad una distanza “enorme”, ruotavano gli elettroni. Lo spazio tra il nucleo e gli elettroni era considerato vuoto e quindi la materia era sostanzialmente vuota, ma nella realtà le cose sembrano andare diversamente.

Il premio nobel per la fisica Richard Feynmann ha calcolato che nello spazio vuoto pari ad una biglia vi è tanta energia da portare istantaneamente all’ebollizione tutti gli oceani della Terra.

Hal Puthoff, della Cambridge University, ha verificato sperimentalmente che nello spazio vuoto, schermato dai campi elettromagnetici e alla temperatura di zero gradi kelvin, esiste una quantità enorme di energia, che è stata chiamata energia di punto zero in quanto allo zero assoluto non dovrebbe esserci alcuna energia.

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Nikolai Aleksandrovich Kozyrev (1908 – 1983)

L’astrofisico Kozyrev sostiene che tutta la materia è generata dal movimento di una sostanza invisibile e cosciente chiamata etere. Per Kozyrev ogni corpo materiale è immerso in un oceano di etere ed è assimilabile ad una spugna immersa nell’acqua. Seguendo tale analogia è possibile incrementare o decrementare la quantità di fluido (acqua o etere) assorbito, sottoponendo l’oggetto a varie azioni meccaniche e fisiche (strizzandolo, raffreddandolo, ruotandolo, ecc.)

Riportiamo di seguito alcune delle più importanti scoperte sperimentali del Prof. Kozyrev:

- Come un oggetto materiale genera il movimento quando viene immerso in un liquido, allo stesso modo genera onde di torsione nell’etere in cui è immerso.
- Le onde di torsione si propagano nell’etere seguendo la forma di una spirale tridimensionale e sono difficili da rilevare in quanto cambiano continuamente direzione.
- Per potere imbrigliare meglio l’energia di tali onde, occorre sottoporre gli oggetti a continui movimenti e vibrazioni.
- Facendo ruotare, vibrare o rompendo oggetti, il loro peso subisce piccole ma significative variazioni.
- Un corpo subisce un incremento quantizzato e costante del proprio peso quando viene fatto vibrare entro determinati intervalli di frequenza.
- Diversi ricercatori hanno condotto esperimenti che confermano la teoria di Kozyrev.

Il Dott. Bruce De Palma ha rilevato sperimentalmente che una sfera rotante lanciata verso l’alto sale più in alto e scende più velocemente di un’altra sfera uguale ma non rotante senza seguire la traiettoria prevista dalle leggi della fisica classica comunemente accettate dalla comunità scientifica.

Il Dott. David Hudson ha osservato che quando un microcluster (una massa costituita da 10 a 1000 atomi) di iridio viene riscaldato il suo peso aumenta anche del 300% e alla temperatura di 850°C scompare per riapparire soltanto quando la sua temperatura ridiscende.

A differenti livelli di densità di energia eterica corrispondono differenti realtà dimensionali o piani di esistenza. Secondo vari scienziati, tra cui Mishin, Aspden, Tesla e Keely, l’etere è suddiviso in 7 differenti livelli di densità e le varie manifestazioni di energia e materia hanno qualità differenti a seconda della densità di etere che li ha originati. In tale modo ritroviamo anche a livello di realtà dimensionale lo stesso schema dell’ottava che caratterizza le vibrazioni della luce visibile (i sette colori dell’arcobaleno) e del suono udibile (le sette note musicali). Anche le leggi della fisica variano al variare della densità dell’etere e quindi al variare della realtà dimensionale.

Con l’avvento della fisica dei microcluster si è visto che gli atomi, costituiti da vortici di etere, si assemblano tra loro secondo numeri ben definiti, detti “numeri magici”, in modo da raggiungere la configurazione di un Solido Platonico.

Alla luce del modello di Kozyrev gli atomi e le molecole avrebbero una struttura a strati di onde sferiche nidificate, a cipolla, e l’effetto di quantizzazione del peso spiegherebbe la natura multidimensionale della materia. Quando un corpo aumenta di peso si ha un ingresso di energia a densità più elevata, quando diminuisce di peso una quota parte di energia-materia si sposta in una dimensione più alta a densità minore.

Tutta la materia imbriglia onde di torsione per sostenere la propria esistenza.

Kozyrev sosteneva che “tutte le forme di vita dovevano essere composte da una forma di energia invisibile a spirale”.

L’energia eterica è in realtà l’alimento principale per la salute di un organismo ancora prima della respirazione, dell’ingestione e dell’esposizione ai raggi del Sole.

Paramahamsa Tewari nella Space Vortex Theory asserisce che le particelle elementari non sono altro che vortici sferici di energia, sulla superficie di un oceano di etere avente energia infinita.

A seconda del livello vibrazionale dell’etere, si ha la manifestazione di una determinata dimensione, si forma la materia più o meno densa, propria di quella dimensione, e tutti i campi energetici conseguenti al movimento della materia nell’etere. Ad esempio, nel caso particolare del nostro universo materiale il moto della materia crea dei vortici nel campo eterico generando i campi gravitazionale, magnetico, ecc. che sono alla base dei relativi fenomeni energetici.

La più alta vibrazione dell’etere, che dà luogo ad un fenomeno osservabile, è quella che genera le onde luminose. Si tratta di onde che andandosi a infrangere contro la materia creano dei vortici nel campo eterico noti come fotoni.

Nel 1987 il chimico Helmut Hoegl ha ipotizzato che la materia, dall’elettrone in su, sia formata dall’aggregazione di fotoni.

Isaac Newton aveva intuito l’esistenza di uno Spirito dell’Universo avente proprietà simile a quelle dell’Etere

Cita:
“… questa specie di spirito sottilissimo che penetra attraverso tutti i corpi e che è nascosto nella loro sostanza; è per la forza e l’azione di questo spirito che le particelle dei corpi si attirano mutuamente alle più piccole distanze e che aderiscono allorché sono contigue; è per tale agente che i corpi elettrici agiscono a distanze più grandi tanto per attrarre che per respingere i corpuscoli vicini, ed è sempre col mezzo di questo spirito che la luce emana, si riflette, si rifrange e riscalda i corpi; tutte le sensazioni sono eccitate e le membra degli animali sono mosse quando la loro volontà lo ordina mediante le vibrazioni di questa sostanza spiritosa che si propaga dagli organi esteriori dei sensi lungo i filamenti solidi dei nervi, fino al cervello ed in seguito dal cervello ai muscoli. Ma queste cose non si possono spiegare in poche parole; non si fecero ancora sufficienti esperienze per poter determinare esattamente le leggi secondo le quali agisce questo spirito universale.”


Se l’etere smettesse di ruotare, in modo intelligente e con un certo proposito, l’universo si dissolverebbe.

Siamo ancora lontani dal comprendere tutte le proprietà dell’Etere, ma incomincia a farsi strada l’ipotesi che questo mezzo sottile possa essere intelligente e che possa avere a che fare con la nostra coscienza. Alcuni fisici d’avanguardia ritengono che una teoria unificata della fisica non possa fare a meno di comprendere i concetti di Etere e di Coscienza.

Anche se non riusciamo a vedere l’Etere, non possiamo affermare che non esiste. Ci sono tante altre cose che non riusciamo a vedere ma che in qualche modo percepiamo come ad esempio la gravità che ci mantiene sulla Terra.

La spiritualità orientale

Nella tradizione spirituale induista si fa largo uso dei termini Prana e Kundalini. Per capire bene il significato e la differenza tra questi due concetti riporto le descrizioni che di esse ci ha dato Sri Govinda:

Cita:
“Il Prana è l’energia vitale che regola le funzioni dell’organismo, fa battere il cuore, muove i polmoni durante la respirazione, dà vigore fisico e tiene in vita il corpo. Esso produce nascita, crescita, salute, malattia, vecchiezza e morte”.

“Kundalini è energia inattiva [...] è l’energia cosmica spirituale che ha creato l’universo. Ella pervade e sostiene tutte le cose animate e inanimate, pianeti, soli e galassie. L’esistenza è possibile solo grazie a questo potere infinito che è il supporto statico di tutta la materia, la base fondamentale della sostanza organica e inorganica. E’ la sorgente di ogni forma di vita. Tutte le creature, piccole e grandi, a qualunque stadio si trovino e a qualunque piano appartengano – fisico, astrale o causale – devono a lei la loro esistenza. E’ la Madre dell’intero universo. Questa meravigliosa e onnisciente energia è completamente libera e proietta la creazione di sua spontanea volontà, sebbene trascenda spazio, tempo e sostanza, rimanendo supremamente distaccata e mantenendo immutati la sua purezza e il suo stato divino. Tutte le forme di energia promanano da lei, che è auto luminosa e colma di beatitudine. E’ l’essenza vitale che manifesta la diversità delle forme materiali dentro la propria unità spirituale”.


Akasha è un altro termine ricorrente correlato all’Etere e che si differenzia dagli altri visti in precedenza. Esso manifesta un altro attributo dello Spirito che è la sua infinita capacità di memorizzare e trasmettere informazioni.

“Akasha”, che in sanscrito significa etere o spazio, è l’elemento base dell’intero universo. Akasha è l’onnipresente esistenza che pervade tutto, ha un effetto organizzatore sulla materia e costruisce le forme. L’akasha diviene il sole, la terra, la luna, le stelle, l’aria, i liquidi ed i solidi; forma il corpo umano, gli animali, le piante e ogni forma che vediamo, tutto ciò che percepiamo con i nostri sensi, tutto ciò che esiste. L’akasha non può essere percepito perché va al di là di ogni ordinaria percezione, si può vedere e toccare soltanto quando si condensa e prende una forma, fluisce attraverso di esse e le collega fra loro, inoltre, è sempre associata a una qualche forma di coscienza.

Grandi sensitivi e veggenti come Edgar Cayce, Madame Blavatsky, Alice Bailey e Rudolf Steiner, hanno avuto accesso alle informazioni contenute in quelle che vengono chiamate cronache dell’Akasha, o Resoconti Akashici, cioè quella dimensione in cui è contenuta la memoria di ogni avvenimento verificatosi, di ogni pensiero e desiderio che ha attraversato la mente o il cuore di ogni individuo vissuto sulla Terra.

Madame Blavatsky diceva: “L’Akasha, Luce Astrale, può definirsi come l’Anima Universale, la Matrice dell’Universo, il Mysterium Magnum dal quale tutto quanto esiste è nato per separazione o differenziazione. È la causa dell’esistenza; riempie tutto lo spazio infinito…è lo spazio”.

La parola Akasha si utilizza per nominare un piano di coscienza cosmica che funge da archivio, nel quale, come si è già detto, si registrano tutte le situazioni, pensieri, emozioni, parole, intenzioni ed azioni di un essere, dalla sua separazione dalla Fonte o Dio, fino al suo ritorno definitivo al punto d’origine; contiene quindi l’intera storia d’ogni anima, sin dall’alba della Creazione. Quest’archivio ci connette tutti, gli uni agli altri, contiene ogni simbolo, archetipo o racconto mitologico che esiste e perciò diviene la fonte maggiore di conoscenza e verità che l’essere umano possa consultare; chiamato anche “Libro della Vita”, come lo si conosce nella Bibbia, lascia la sua impronta indelebile nella vita.

Conclusioni

Lo Spirito proietta il mezzo attraverso cui si manifesta l’universo, a cui diamo il nome di Etere.

L’universo è multidimensionale e tutte le infinite dimensioni, che sono il risultato delle infinite vibrazioni dell’etere, coesistono in un unico universo. Quindi non vi sono infiniti universi, ma infinite dimensioni all’interno di un solo universo.

Lo Spirito, facendo variare lo stato di vibrazione dell’Etere, genera dei vortici e crea le dimensioni; inoltre, all’interno di ogni dimensione, facendo ruotare e combinare in vario modo i vortici, crea i mondi sottili, la materia e tutte le forme di vita.

L’universo è immerso in un oceano di Etere, onnipervadente, che trasmette alle manifestazioni materiali le proprie vibrazioni fornendogli incessantemente energia. Questa energia intelligente regola le funzioni dell’universo e di tutto ciò che è in esso contenuto. Essendo questa energia alla base di tutti i fenomeni vitali dei regni minerale, vegetale ed animale, possiamo chiamarla energia vitale.

A prescindere da quanto riportato dai vari autori presi in esame, è importante capire che l’Etere è il potere divino o spirituale, intelligente e onnipervadente, che quando viene attivato genera e dirige i campi energetici universali. Il concetto di Etere pertanto coincide con quelli di Kundalini e Aka. L’energia vitale che si ottiene per attivazione dell’Etere corrisponde invece ai concetti di Prana, Od, Orgone, Mana, ecc. Quando invece prendiamo in esame quel particolare attributo dello Spirito che concerne la capacità di memorizzare ogni avvenimento o informazione, allora è corretto assimilarlo al concetto di Akasha.

http://antoniovaccarello.wordpress.com/letere/



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Tratto dal sito http://phoo34.wordpress.com/

Cita:
Dai vimanas atlantidei agli ufo

In questo intervento approfondisco il tema dei mitologici mezzi denominati “vimanas”, spesso, questi mirabolanti mezzi sono riferiti alla cultura ed alle conoscenze dell’antica India, ma in realtà sono tante troppe le indicazioni e i riferimenti che denotano che nella realtà delle vicende dell’umanità, siano retaggio, sì antico, ma di un mondo e di una cultura molto più vetusta e pressoché dimenticata, ammantata da un velo mitologico e di leggende, cui la cultura indiana ne è solo custode; schegge di una storia di un mondo che ha le sue origini ben più lontane nel tempo e fin’anco più antiche delle mitologiche società atlantidea e lemuriana.

Prima di addentrarmi nell’argomento, ritengo importante dare una panoramica sulla questione dell’esistenza dei mitologici continenti perduti di Atlantide e di Mu, questo anche in relazione al fatto che gli stessi “documenti sacri” custoditi nei santuari indiani prospettano, se non in modo incontrovertibile,la loro esistenza, quantomeno, quella di civiltà assai più progredite e tecnologicamente avanzate di quella moderna.

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Seppure le mie considerazioni partono dal presupposto che nella realtà dei riscontri geografici e morfologici della crosta terrestre i segni e le tracce di questi continenti perduti non siano visibili, pur in assenza di questi elementi di prova, se non altro in forma anche approssimata di tali masse continentali, è plausibile che questi “continenti” possano essere esistiti realmente e che per fenomeni di bradisismo di particolare portata e dimensione, possano essere oggettivamente sprofondati; altro elemento, che potrebbe dare supporto al fenomeno geofisico, seppure in modo indiretto, è la concomitanza, pressoché globale della storia del diluvio universale che si riscontra in tutte le culture del mondo, che per quanto diverse nella narrazione dei fatti, nella sostanza danno un resoconto di un medesimo evento catastrofico.

Proviamo ad uscire dall’irreale e dare una dimensione a questo evento che ha segnato in modo profondo la cultura umana, cerchiamo di rendere la portata e le dimensioni di questo evento globale, assolutamente plausibile, altrimenti si rischia di andare alla “deriva” nel fantastico; per rendere la portata dell’evento, partiamo facendo il paragone con la portata e le conseguenze del maremoto avvenuto in Indonesia nel 2004, o quello del 2011 in Giappone; sorvolando sulle presunte “cause artificiali” dei due eventi, la devastazione che ne è conseguita è cosa da nulla rispetto ciò che si verificò con lo sprofondamento, di un “continente” dalle dimensioni più o meno assimilabili a quella della Groenlandia o dell’Australia per Atlantide e quelle del continente nord americano per Lemuria, dunque, come detto si tengano presenti gli effetti e le conseguenze degli eventi del 2004 e del 2011, gli tsunami che ne scaturirono supererebbero di gran lunga quanto nel racconto biblico viene riportato.

Ipotizzare che i due presunti continenti siano scomparsi in modo più o meno simultaneo è un’idea azzardata e molto pittoresca, ritengo che tra i due eventi sia intercorso un lungo periodo di tempo, per il semplice fatto che nell’ipotesi di una contemporaneità (anche su scala geologica) dei due eventi inevitabilmente avrebbe rappresentato un evento di estinzione di massa della portata superiore a tutte le estinzioni di massa messe assieme che il pianeta ha subito nelle diverse ere.

Come a mio solito, amo ribaltare, rovesciare e sovvertire le prospettive, oltre che per un “piacere” personale, anche perché questo da la possibilità di vedere se possono sussistere altre plausibili interpretazioni e letture dei fatti e “recuperare” delle risposte coerenti anche con il sapere “cattedratico”.

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Dunque, seguendo una serie di “immaginiamo”, sarebbe eccessivo azzardare l’ipotesi che i due continenti fossero il risultato di eruzioni laviche protrattesi per milioni di anni da super vulcani? Qualcosa si simile a ciò che oggi è rappresentato dalla caldera di Yellowstone, (± 4000 km2) immaginiamo ora che nel processo della tettonica zolle, un qualche evento interno al mantello superiore abbia chiuso o esaurito il punto caldo e nel raffreddarsi, la camera magmatica ha mantenuto la sua integrità, in parte per i gas e la loro pressione, costituendo di fatto quello che sarebbe il “tappo” di un super vulcano estinto.

Ora, immaginando che una qualche causa, abbia alterato l’equilibrio che si era creato tra l’interno della camera magmatica e la superficie, abbia causato un repentino abbassamento della pressione, causando il collasso della “cupola”, questo fatto oltre alle inevitabili onde d’urto sulla crosta terrestre che avrebbero innescato una serie di terremoti ben al di sopra delle scale sismiche, avendo creato un “buco” in cui miliardi di tonnellate di acqua sarebbero precipitate causando dapprima un abbassamento dei livelli oceanici e poi la formazione di super tsunami le cui onde avrebbero avuto altezze e portate inimmaginabili globali; come ho detto immaginare una “contemporaneità” dell’inabissamento di Atlantide e di Lemuria risulta azzardato, ma l’inabissamento dell’una potrebbe essere stato causa dell’inabissamento dell’altra in una specie di domino geologico.

Voglio precisare che, almeno per come la vedo io, la “sequenza” degli eventi, anche seguendo una certa cronologia, Atlantide , si inabissò dopo Lemuria e questo anche in relazione al fatto che Atlantide sarebbe temporalmente più prossima alla nostra storia grazie alla citazione di Platone.

Facendo mete locale e restando in questo susseguirsi di “immaginiamo” mi sovviene ipotizzare che l’inabissamento di Atlantide, come recita la leggenda fu a “causa degli stessi atlantidei”; più volte mi sono soffermato a riflettere su questo particolare, che significa e quale è il senso di questa affermazione?

Forse come per Sodoma e Gomorra, vi fu un intervento divino per punire la malvagità degli atlantidei e dei lemuriani?

Se fosse stata una “punizione divina” l’affermazione sarebbe stata differente ed analoga per senso a quanto esposto per le vicende delle due città della Bibbia; dunque, sembra che questo non sia il caso, l’inabissamento, almeno di Atlantide sarebbe conseguente qualcosa che è dipeso dagli stessi atlantidei, quindi interpretando in chiave “tecnologica” sarebbe possibile che la civiltà di Atlantide possa aver fondato parte del suo splendore proprio dalle risorse del sottosuolo a tal punto da causare il collasso della sottostante camera magmatica? Furono davvero cosi sprovveduti gli atlantidei o ignari della reale struttura del loro territorio?

Potrebbe anche essere, ma c’è da chiedersi allora come è possibile che una civiltà presumibilmente molto più avanzata ed evoluta della nostra, possa aver ignorato quello che i moderni geologi e petrolieri conoscono molto bene, ossia che per evitare il collasso dei giacimenti occorre compensare il materiale e la pressione sottratta con qualcosa di analogo, (generalmente acqua dato che è incomprimibile) forse un incidente, un errore di calcolo, la concomitanza con un terremoto, o di un impatto meteorico di grandi proporzioni?

Certo di speculazioni su cosa possa aver causato l’inabissamento dei Atlantide, possono essere tante, certo è che comunque le leggende parlano di una diretta responsabilità degli atlantidei e non di un intervento “divino”.

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Tornando alla questione “geologica” e stando alle diverse cartine geografiche in cui sono rappresentate le posizioni delle isole continente, si può notare che le loro posizioni coincidono o perlomeno sono compatibili con particolari punti caldi; per l’esattezza, l’isola di Mu, sarebbe “sovrapponibile” con i punti caldi al centro della placca pacifica, compresa quello delle Hawaii, mentre Atlantide, tra i punti caldi della placca africana.

Quindi, anche in considerazione della deriva dei continenti, l’ipotesi che Atlantide e Mu siano esistiti realmente non è del tutto da scartare, come si nota tra l’altro, dalla cartina, i punti caldi del pianeta si “localizzano” o si concentrano proprio in ambito equatoriale e quindi in quella che è l’ipotetica posizione dei continenti scomparsi, in ultimo, mi sovviene fare anche un parallelismo con Marte, che presenta, anche se in scala ridotta il fenomeno dei super vulcani localizzati più o meno in modo analogo.

Come detto, ritengo che l’inabissamento dei due continenti sia avvenuta in epoche molto distanti tra loro, poiché la contemporaneità degli eventi avrebbe inevitabilmente costituito un E.L.E. (Extinction Level Event) che per effetti avrebbe riportato le condizioni del pianeta ai primordi, quindi l’impossibilità di una o più civiltà ancora per milioni e milioni di anni e questo stride con quello che oggettivamente possiamo riscontrare, dalla storia ufficiale e non dell’umanità.

Il datare la scomparsa di Atlantide ad un periodo anche di poco antecedente il 12.500 A.C., sarebbe comunque incongruente anche sotto l’aspetto geologico, poiché almeno le tracce anche se approssimative della massa continentale, per quanto sommersa dalle acque e dal limo di millenni di sedimentazione, sarebbero osservabili.

Un altro elemento che mi porta a pensare che la sequenza di distruzione si sia sviluppata in tempi differenti e distanti tra loro è anche conseguente le vicende di Gilgameš o meglio quella che è definita come l’epopea di Gilgameš, in cui per altro si fa riferimento ad un diluvio universale; si ritiene che la “moderna” Bibbia sia la versione semitica dello stesso racconto, ma in funzione di quanto detto fino ad ora, penso che in realtà i due racconti “narrano” di eventi simili ma distinti, ma non solo, seguendo questo sottile “filo rosso” di concomitanze e riferimenti, anche le vicende di Angra Mainyu e Ahura Mazd#257; sembrano concorrere nel consolidare il “quadro indiziario” in quanto lo stesso Ahura Mazd#257;, per salvare l’umanità dal grande inverno scatenato da Angra Mainyu sollecitò l’umanità a costruire città sotterranee; (Derinkuyu) ora però se facciamo riferimento alla cronologia delle ere glaciali, l’inizio dell’ultima era risale a 40 milioni di anni fa, quindi immaginando che questa era sia stata scatenata in conseguenza dell’inabissamento del continente lemuriano, gli eventi riportati nella saga di Gilgameš non possono essere riferiti al diluvio biblico, ma ad uno antecedente.

Tra le altre cose che mi spingono ad ipotizzare che l’inabissamento di Mu, abbia causato una era glaciale è anche per il fatto, di non secondaria importanza che l’alterazione delle correnti oceaniche, abbiano sovvertito il clima planetario in modo drastico e repentino, per altro se osserviamo la cartina, possiamo notare qualcosa di curioso, sostanzialmente le correnti attuali si snodano lungo un percosso, in cui di fatto si ricalcano i confini immaginari di questi continenti, quindi anche con la presenza dei due continenti, le correnti oceaniche sarebbero sostanzialmente le stesse; un altro elemento che sorreggerebbe questo “impianto” è che con la presenza del continente di Atlantide, le correnti atlantiche sarebbero state più accentuate verso sud e questo avrebbe permesso un clima molto più temperato e umido del nord Africa e specie della fascia desertica Sahariana che sarebbe risultata essere lussureggiante e molto simile al clima amazzonico o comunque di tipo tropicale.

Dopo questo ampio preambolo, come ho espresso in altri interventi, ritengo che il genere umano sia presente su questo pianeta da molto più tempo di quello che si possa immaginare anche nelle più azzardate ipotesi, sorvolando sui moltissimi indizi (oopart) che indicherebbero l’esistenza di più e più civiltà tecnologicamente evolute su questo pianeta, pur non escludendo il “contatto alieno” di queste antiche civiltà, ritengo che queste possano essersi evolute in modo autonomo ed indipendente, quindi seguendo un normale progresso tecnologico e culturale, che gradualmente li ha portati ad assumere una connotazione tecnologica; quindi c’è da domandarsi è plausibile che in epoche antiche al pari di come l’umanità moderna scopra ed applichi i principi scientifici alla risoluzione o al esperimento di bisogni di vario tipo, altre civiltà, possano aver “percosso lo stesso itinerario didattico” prima di noi?

Detto questo, quello che è il nostro livello culturale e ciò che rappresenta la nostra società, non sarebbe altro che la riscoperta di cose già scoperte ed applicate da altri prima di noi e di cui, almeno ufficialmente, non se ne ha memoria storica, quindi che si sia nel 655.000 A.C. o che si sia nel 2050 D.C, le leggi fisiche sono le stesse e per entrare nel tema dei vimanas, anche le leggi dell’aerodinamica restano inalterate, quello che muta nel tempo è la tecnica e le modalità di applicazione delle scoperte scientifiche per una migliore efficienza.

La prima volta che ho letto dei vimanas, fu molto tempo addietro, quando lessi per la prima volta il libro “I dischi volanti sono atterrati” di George Adamski, per essere più preciso, mi sono andato a ricercare il capitolo del libro e suggerisco la lettura del settimo capitolo, accessibile anche da books.google che per l’appunto è intitolato “i vimanas”, anche se sintetico e referente a libri di altri autori, espone quello che sarebbero le tecniche di costruzione e di funzionamento di questi “avio mobili”; per la precisione, va detto che la citazione di Adamski fa riferimento ad un libro di W. Scott Elliott, “The story of Atlantis” scritto attorno al 1895 ben 15 anni prima del primo volo dei fratelli Wright, la cui prima stampa risale al 1896 e riporta un brano piuttosto esaustivo anche in ambito metallurgico.

Decisamente un libro precorrente i tempi di 50 anni, quantomeno per quelle che erano le tecnologie dei motori a reazione; devo dire che nonostante il grande impegno nel ricercare questo libro anche tramite il web, sono riuscito a trovare solo una versione in formato html ed in inglese, o meglio in americano, sul sito gutemberg.org, aggiungo che nel documento è incluso anche un secondo libro intitolato “The Lost Lemuria” sempre dello stesso autore.

Ma torniamo ai vimanas, è importante tener presente che per quanto riguarda il noto Vaimanika Shastra, questo libro in realtà non è un libro antico, ma il frutto di una raccolta di scritti ottenuti in molteplici sedute di canalizzazioni o “sedute medianiche” in cui si fa riferimento a quella che sarebbe stata “l’aeronautica” prediluviana; riallacciandomi allo scritto di Scott Elliott, può risultare controverso il fatto che abbia attinto direttamente da questo libro, anche perché il Vaimanika Shastra, sarebbe stato “redatto” agli inizi del ventesimo secolo, quindi indicativamente 4 o 5 anni dopo la pubblicazione del “The story of Atlantis”, comunque non si può escludere che Elliott, anche se per vie differenti, non possa esserne venuto a conoscenza in circostanze analoghe ed in tempi antecedenti la scrittura del “manuale aeronautico”, non va detto che William Scott Elliot era membro della Società Teosofica fondata da Helena Blavatsky, profonda conoscitrice e cultrice delle antiche conoscenze e di testi iniziatici tibetani, esoterista ed occultista di indiscussa fama e competenza.

Con questo non intendo sottintendere che la ricerca medianica, non possa essere un metodo di ricerca valido, quello che però ritengo essenziale in questo tipo di indagine, onde evitare fraintendenti e incomprensioni è che il metodo richiede una molteplicità di verifiche e conferme molto approfondite e questo, non per diffidenza nei confronti del “mezzo” o medium, ma piuttosto, sulla genuinità delle rivelazioni dell’entità o delle entità; non va dimenticato che in moltissimi circoli culturali di fine ‘800 era pratica comune organizzare sedute medianiche non solo con il fine di “divertissement”; ho già affrontato il tema dei circoli esoterici dell’ottocento nell’intervento “It’s a Long Way to the Top of power”, ora se da questo definiamolo “sottobosco culturale” ma che realtà era la quintessenza della nascente alta borghesia e faceva da trait d’union con l’aristocrazia, da questo, le società segrete germaniche riuscirono non solo ad instaurare un regime “politico-esoterico” come il nazismo, ma fornirono anche informazioni che lo portò alla realizzazione di quelle che sarebbero le “wunderwaffen”, la cosa assume un rilievo ed una importanza decisamente strategica.

In piccolo inciso, il dilagare dell’esoterismo nell’epoca vittoriana, rispecchia anche le contraddizioni del periodo storico, il determinismo che ne rappresentava l’acme della filosofia di quel tipo di società, per molti versi era anche vissuto come elemento imprigionante dell’umanità, una sorta di gabbia intellettuale e questo ha spinto l’élite a rivolgersi verso quel qualcosa di immateriale, di etereo, di mistico, che sovente poi si focalizzava su pratiche di magia e della medianità.

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Ma torniamo alla citazione di Scott Elliot, come detto si fa riferimento al tipo di materiali con cui erano costruiti i vimanas, ora quello che emerge o comunque traspare in modo prominente, è che i costruttori avevano una conoscenza ed una tecnologia, tutto sommato per nulla “aliena”, fantascientifica ne tanto meno trascendentale o misteriosa, una tecnologia molto simile a quella che oggi è usata per realizzare una canoa o di un barca ultraleggera; di fatto viene riportato che che i vimanas erano realizzati con fogli particolarmente sottili di legno ed in seguito all’applicazione di una particolare sostanza, divenivano resistenti come il cuoio, quindi per fare le pulci alla citazione, risulta evidente che disponevano di strumenti e macchinari per la laminazione del legno ed in secondo, almeno per quanto riguarda la sostanza indurente, la conoscenza della chimica di quello specifico composto indurente e delle reazioni molecolari.

Devo dire che il particolare del legno mi ha incuriosito molto e mi ha spinto ad approfondire questo aspetto e come si dice, chi cerca trova e finisce per imbattersi anche cose del tutto inaspettate; ora fin dai primordi dell’aviazione, il legno per eccellenza impiegato è il legno di balsa, ma la cosa curiosa e per certi versi sorprendente, è che il nome scientifico della pianta è “Ochroma pyramidale”, ma non è tutto, questo tipo di pianta e tipica della fascia equatoriale del continente americano, ora questo ulteriore elemento accende una luce su un “panorama inaspettato”, perché concorre a confermare l’esistenza quantomeno di rapporti “commerciali” tra i continenti indoeuropeo e quello americano, ed in un certo modo attestando l’esistenza di una civiltà “globale” antidiluviana e tratteggiando ulteriormente i contorni di un mondo moto simile a quello odierno.

Seguendo questo “filo rosso” sorge spontaneo domandarsi se i vimanas, non siano il risultato della declinazione della tecnologia navale in senso aeronautico, idealmente facendo riferimento al già citato Vaimanika Shastra sembrerebbe proprio di si, visto che molti “esemplari” ricordano proprio dei natanti, però la questione è pur con tutta l’aleatorietà delle “forme” decisamente inusuali per l’aeronautica che conosciamo, come potessero elevarsi e con quale energia? Se non altro dovevano entrare in gioco forze con ordini di grandezza decisamente imponenti, se non altro per sopperire alla scarsa aerodinamicità.

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Per il momento lasciamo la questione della motoristica in penombra e concentriamoci su quello che viene riferito da Scott Elliot; i vimanas stando alla descrizione assomigliavano più ad una sorta di “motoscafo volante” e solo per comodità avevano il “ponte” coperto, considerando che alla massima il “vento” sarebbe stato di gran fastidio, un po come viaggiare ad alta velocità su un’auto cabriolet ma senza parabrezza; da questa descrizione le forme navali ipotizzate nel Vaimanika Shastra sembrerebbero essere confermate, quindi, i vimanas, contrariamente a quanto spesso si è portati a ritenere, non erano affatto simili ai dischi volanti, si potrebbe quantificare il “salto stilistico” facendo il raffronto tra una Ford T ed una Lamborghini tanto per averne una idea.

Vediamo di “carpire” qualche indizio su quale fosse la motoristica di questi mezzi, sempre dalla citazione di Scott Elliot, si riporta la descrizione dell’interno di uno di questi vimanas al cui centro era una “forte e pesante cassa metallica” identificata come il generatore; una forte e pesante cassa metallica? Forse nella traduzione dall’inglese all’italiano qualcosa è stato travisato o tradotto male?

Quasi sicuramente si, il testo inglese dice “A strong heavy metal chest” quindi è plausibile che la traduzione più corretta è “una robusta e pesante cassa metallica”, e questo passo mi fa accendere una piccola fastidiosa spia; ma dove ho mai già sentito parlare di una pesante e robusta cassa?

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Caspiterina, ma nella Bibbia! La famosa Arca dell’Alleanza era una robusta, pesante cassa metallica o perlomeno ricoperta da metallo; dunque che l’Arca dell’Alleanza fosse il generatore di energia impiegata nei vimanas?

D’altronde è parte del testo biblico attribuire all’arca una grandissima potenza e energia, inoltre il suo peso doveva essere notevole considerando che per trasportarla occorrevano ben quattro persone, per altro opportunamente addestrate e vestite, in oltre penso che quando si parla dell’Arca quale il dispositivo con cui comunicare con Dio, forse nel significato originale era inteso come lo strumento per raggiungere Dio, travisato con comunicare, dopo tutto Dio era nell’alto dei cieli e il modo per raggiungerlo era quello di raggiungere letteralmente nei cieli, cosa che l’arca avrebbe potuto (ipoteticamente) permettere.

Lasciando stare l’Arca dell’alleanza, vediamo di capire cose possa essere in realtà questa misteriosa robusta pesante cassa metallica posta al centro del vinanas, sempre dalla descrizione di Scott Elliot, da questa cassa uscivano una serie di tubi, primari e secondari, i primi erano posizionati su quelle che possono essere identificate come prua e poppa, tanto per rimanere in ambito nautico, mentre altri erano posizionati sia verso il basso che verso l’alto.

Una volta avviato il motore e posizionati i tubi di scarico, il veicolo avrebbe viaggiato praticamente in modo autonomo a parte qualche aggiustamento di rotta, probabilmente dovuto alle correnti e dei venti che avrebbero avuto effetti di deriva sulla rotta stabilita.

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Ma cosa generava questa grande energia? Sicuramente il “generatore” descritto non ha caratteristiche assimilabili nemmeno lontanamente a quello che potrebbe essere un motore a turbina e che avrebbe potuto generare i potenti getti di aria, quindi non si tratta di un motore a reazione anche perché in luogo di una cassa, si sarebbe parlato piuttosto di una colonna o di un cilindro.

Stando sempre al testo citato, si parla di Vril, ossia la capacità del pilota di convogliare la propria vibrazione per far sollevare muovere il mezzo, anche se viene specificato che l’impiego di dispositivi “meccanici” in abbinamento con questa energia, ritengo che i dispositivi potevano, in realtà amplificare e gestire in modo più preciso ed efficiente l’energia del Vril, seguendo il principio del progresso tecnologico, l’energia del Vril sarebbe stata sostituita da un’altra forma di energia, probabilmente questo potrebbe essere in funzione del fatto che, anche tra gli antichi piloti, sussistevano differenze nella capacità di generazione di questa energia personale e quindi tali mezzi sarebbero stati di appannaggio di particolari e specifiche persone e non per tutti, facendo un parallelismo con il mondo automobilistico, sarebbe come se per poter guidare una autovettura bisogna avere specifiche qualità e capacità non comuni, questo oltre a risvolti di tipo “sociale” avrebbe comunque rappresentato una limitazione specie per i potenti che ieri come oggi non avrebbero accettato di sottostare a quella che inevitabilmente sarebbe divenuta una casta.

Comunque tornando alla misteriosa energia, si escluderebbe quella elettrica in favore di quella molto più simile a quella che sarebbe stata scoperta da John Ernst Worrell Keely la cui natura sarebbe di origine “eterica”, energia per altro poi anche “individuata” ed utilizzato in alcuni esperimenti da Nikola Tesla e definita quale energia hertziana o più tecnicamente la radiazione elettromagnetica; sorge però l’interrogativo su come si possa indirizzare o dirigere il flusso energetico tramite dei “tubi”, sempre che si tratti di tubi e non di cavi, perché sempre in base a quella che è la mia competenza tecnica, un fascio energetico per essere diretto necessita di una serie di accorgimenti specifici, restando in ambito elettrico o elettromagnetico, questo inevitabilmente comporterebbe la necessità di un “concentratore” similmente a quello che potrebbe essere un maser o un laser, quindi oltre la cassa descritta, sempre che non sia stato omesso, sarebbe stato descritto anche qualcosa di altro, inoltre sempre per restare nella coerenza descrittiva, pur ipotizzando un generatore elettrico o elettromagnetico, questo avrebbe comunque avuto una “forma” tondeggiante e non quella di una scatola.

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Anche se a grandi linee, si è determinato in modo più o meno logico, cosa non può essere quella misteriosa cassa; nel resoconto di Scott Elliot, viene espressamente definita come il generatore, anche in relazione al posizionamento ben preciso e specifico all’interno del vimanas, se ne desume che oltre a generare l’energia, ne costituiva l’utilizzatore.

Mi spiego meglio, restando in campo automobilistico, l’energia che fa muovere un’autovettura è il carburante, il quale venendo vaporizzato all’interno dei cilindri, genera il movimento dell’albero motore che viene trasmesso alle ruote, la scatola misteriosa invece genererebbe e utilizzerebbe l’energia direttamente, costituendo una sorta di tutt’uno che potrebbe definirsi come un motore auto alimentato, in cui il “carburante” sarebbe generato dal funzionamento stesso del motore, in parole più semplici, l’applicazione pratica del principio del moto perpetuo ad un motore.

Seppure si voglia attribuire un progresso tecnologico e scientifico ai costruttori dei vimanas, sufficiente a realizzare un motore perpetuo superando gli scogli delle delle leggi della termodinamica, questo risulterebbe, comunque incongruo, perché c’è da domandarsi il perché questa tecnologia non fosse stata applicata, quantomeno a mezzi di locomozione terrestri, visto che viene specificato che il “popolino” si muoveva tramite carri trainati da animali.

Certamente determinare cosa possa essere stata quella cassa senza elementi o ulteriori particolari, risulta essere qualcosa di analogo al paradosso del gatto di Schrödinger, facendo un riepilogo della descrizione, sappiamo che questa cassa era metallica, pesante e robusta, partendo da questi elementi la prima cosa che mi sovviene domandarmi è il perché la cassa fosse pesante, forse a pesare era il contenuto o il metallo che la costituiva? Certo dentro potrebbe esserci stato di tutto, da una turbina ad un generatore elettrico o anche un motore a scoppio, però facendo alcune ipotesi, si potrebbe pensare che la cassa fosse di piombo o di oro, come è noto il piombo e l’oro sono tra i metalli più pesanti, inoltre hanno la caratteristica di isolare le radiazioni, quindi potrebbe essere che all’interno della cassa fosse presente un piccolo reattore nucleare?

La cosa è decisamente intrigante, ma un rettore nucleare, almeno per quella che è la nostra tecnologia, risulterebbe estremamente complesso non solo da gestire, ma anche da governare, inoltre produrrebbe energia termica per alimentare un termoconvettore per produrre energia elettrica che sua volta alimenterebbe un motore e questo dalla descrizione non sembra essere il caso, visto che l’energia fluirebbe direttamente dalla “cassa magica” e quand’anche in un qualche modo potesse fluire dai tubi di scarico, la contaminazione radioattiva dell’ambiente sarebbe inevitabile; in ogni caso troverei decisamente sproporzionato installare un reattore nucleare su un “motoscafo volante”, similmente come installare un motore da formula 1 su di un gommone.

Nel ventaglio delle diverse ipotesi, si potrebbe immaginare che la cassa fosse una cella a combustibile, anche se questa ipotesi potrebbe essere forse la più plausibile, resta il fatto che una cella a combustibile, tutto sommato non necessiterebbe ne di un contenitore pesante ne di una schermatura, metallica o meno che sia, visto che in sostanza non è altro che un processo elettrolitico, quindi anche le eventuali temperature sarebbero decisamente insignificanti per un eventuale isolamento termico e comunque l cella produrrebbe energia elettrica che dovrebbe alimentare un motore o più precisamente un motocompressore.

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Gira che ti gira, sembrerebbe che il mistero della “cassa magica” resti inviolato, ma forse, si può intravvedere uno spiraglio, qualche tempo fa mentre approfondivo e ricercavo materiale per un altro intervento, mi ero imbattuto in uno strano documento, o meglio su di un progetto che sarebbe stato realizzato da Marconi ed Ighina, per altro tutt’altro che teorico, seppure si basava su modelli teorici di fisica in cui si teorizzava l’esistenza di particelle a “carica netta” e non certo campati in aria, visto che il primo ad ipotizzarne l’esistenza fu Pierre Curie e che Paul Dirac li riteneva strettamente connessi con la quantizzazione delle cariche elettriche; Ighina, sosteneva di aver verificato la reale esistenza di queste particelle, che in tenimi più semplici vengono definite monopoli, ossia particelle in cui la carica non era bipolare ma mono polare, per spiegarlo in parole ancora più semplici è come se una calamita potesse essere solo positiva o solo negativa, certo rispetto la scienza ufficiale e i principi della fisica classica questa è una eresia degna della più fantasiosa delle fantasticherie fantascientifiche, eppure sembrerebbe che Ighina oltre ad aver verificato la reale esistenza di queste particelle, sosteneva che assieme a Guglielmo Marconi aveva realizzato un dispositivo atto allo sfruttamento di questi monopoli e che sempre secondo alcune “testimonianze” l’apparecchio fu sperimentato nel ’33.

Va specificato che secondo Ighina, i monopoli si distinguono in positivi e negativi, i positivi provengono dal sole, mentre i negativi dalla Terra, manipolandoli opportunamente sarebbe possibile sfruttarli per le più comuni necessità e quindi anche quale fonte energetica per mezzi di propulsione.
Tornando alla cassa misteriosa e osservando il progetto ideato da Marconi ed Ighina all’interno vi sono una serie di componenti atti alla “generazione” di monopoli, il particolare del progetto prevede che i componenti siano racchiusi all’interno di un contenitore realizzato in mattoni, legno e rete metallica, questo per evitare che il “flusso o il processo” elettronico particolarmente intenso possa cagionare danni all’esterno, secondo Ighina, i monopoli sarebbero il “collante” della materia e se non opportunamente schermati o gestiti potrebbero disgregare la materia stessa, quindi la struttura del contenitore risulterebbe in sostanza un sistema di schermatura multipla, i mattoni ed il legno costituiscono la parte isolante del circuito, mentre la rete metallica, quella che in pratica è una gabbia di Faraday per la schermatura radiante del dispositivo.

Ora considerando che in pratica una “cassa” realizzata in mattoni, legno e rete metallica, abbia un certo peso, è plausibile che il tutto possa trovare alloggiamento in una ulteriore cassa se non altro per assicurare una maggiore integrità dell’intero dispositivo ed una più agevole trasportabilità ed installazione; quindi pur restando in ambito delle congetture, l’ipotesi che la “cassa magica” potesse essere stato un rigeneratore di monopoli, questi idealmente potrebbero si essere convogliati tramite opportuni “tubi” ed utilizzati quale spinta dei vimanas, anche se di fatto stando al progetto di Marconi/Ighina, necessiterebbe comunque di un generatore di corrente elettrica, seppure interno.

Dunque è possibile che i vimanas atlantidei, almeno nei primi “modelli” potessero utilizzare delle fonti energetiche che ad oggi risultano ancora “sperimentali” almeno ufficialmente?

Comunque sia, anche se quanto esposto risulta un ventaglio di ipotesi, quello che emerge sostanzialmente è che queste tecnologie non hanno molto di alieno o di soprannaturale, anzi oggi probabilmente potrebbero essere replicate anche a livello “amatoriale”, assurdo?

Magari eccessivamente ottimista, non assurdo o impossibile, ma procediamo per gradi.

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Un altra figura quasi misconosciuta è quella di Henri Coand#259;, scienziato ed ingegnere rumeno, il cui maggior interesse era l’aeronautica di cune ne fu un pioniere tanto da immaginare e realizzare quello che potrebbe definirsi il precursore dei motori a reazione già nel 1910; nel prosieguo dei suoi studi e lavori è anche ricordato per aver scoperto un effetto che ha preso il suo nome, ossia l’effetto Coand#259;, ossia quell’effetto secondo cui i fluidi seguono il contorno della superficie vicina, questo effetto, in pratica permette di rendere più efficienti le superfici alari ed amplificare la portanza aerodinamica degli aeroplani, ma non solo, questo principio è stato applicato anche in formula 1 da molte scuderie, ma cosa rende questo fenomeno particolarmente importante per l’aerodinamicità?

Come detto, un fluido è portato ad assumere il contorno della superficie con cui viene in contatto, l’attrito si localizza solo sulle particelle del fluido a contatto con la superficie mentre le altre per la coesione molecolare tenderanno a cambiare direzione a seguito della differenza di velocità; certamente un po complicato e per rendere più comprensibile il fenomeno vi suggerisco di fare un piccolo e semplice esperimento: prendete un cucchiaio e ponetelo sotto il flusso di un rubinetto aperto dalla parte del dorso, appena i flusso d’acqua tocca la superficie del cucchiaio, questo ne viene “attratto” similmente a come accadrebbe con una calamita, mantenendo un certo controllo sul cucchiaio, si noterà che il flusso, invece di rimbalzare sulla superficie ed allontanarsi, viene deviato assumendo il contorno del dorso del cucchiaio stesso.

Ma tutto questo che c’entra con i vimanas? Anche se a prima vista questo principio potrebbe essere riferibile alla classica aerodinamica, se implementato in modo adeguato rivela qualcosa di assolutamente sorprendente ed inatteso, applicando il principio dell’effetto coanda ad un modello studiato appositamente per sfruttare ed amplificare in modo ottimale quanto esposto, il risultato è qualcosa che assomiglia ad una tecnologia aliena, ma che in realtà è tutta umana, oltremodo anche “energeticamente” sostenibile nel senso che non si renderebbero necessari fonti energetiche smisurate o inimmaginabili che spesso vengono associate agli ufo.

Nei tre video che posto di seguito si può osservare come è possibile strutture al meglio l’effetto coanda in ambito aeronautico “trattando” l’aria o l’atmosfera in modo simile ad un fluido, ed i risultati sono davvero molto interessanti.

[BBvideo]http://www.youtube.com/watch?v=S-SAQtODAQw[/BBvideo]

[BBvideo]http://www.youtube.com/watch?v=sdGVI7kJld0[/BBvideo]

[BBvideo]http://www.youtube.com/watch?v=KXVtUCABiv8[/BBvideo]

Come si può vedere dai video, la forma del “drone” ha caratteristiche molto simili a quelle degli oggetti volanti non identificati e molto probabilmente ne implementa anche i principi di funzionamento; comunque tornando alla descrizione dei vimanas fatta da Scott Elliot non sembrano corrispondere alla forma, ora tenendo in considerazione quanto mostrato dai video del drone e quanto esposto sulle tattiche aeree di combattimento dei vimanas, pare evidente che seppure in via teorica questi dovevano avere una forma quantomeno similare o idealmente quella di una imbarcazione ma rovesciata.

Immagine

Nel panorama delle possibili “motorizzazioni” implementate dai vimanas atlantidei, non può essere esclusa la famosa “repulsine” inventata da Viktor Schauberger, naturalista ed inventore austriaco ritenuto tra l’altro il padre delle “wunderwaffen” naziste; anche per quanto riguarda la repulsine di Schauberger, l’aria viene trattata al pari di un fluido e analogamente all’effetto coanda ne sfrutterebbe le “turbolenze” del vortice generato.

La questione, restando in ambito della descrizione di Scott Elliot, ci riporta alla “cassa” quindi, anche nel caso della repulsine questa avrebbe riportato la descrizione di qualcosa di simile ad una colonna o quantomeno di una forma tondeggiante e non squadrata, anche se comunque all’interno della cassa potesse esservi collocata, la repulsine avrebbe avuto bisogno di un motore per entrare in funzione; non che voglia caldeggiare l’ipotesi del generatore di monopoli, ma restando in coerenza con il racconto, questa sembrerebbe l’ipotesi più calzante e congrua.

Detto questo, è possibile, anzi molto probabile che nell’evoluzione tecnica dei vimanas, siano stati in seguito implementate tutte le motorizzazioni descritte fino ad ora; tenendo presente le differenti “motorizzazioni” descritte, sarebbe plausibile che queste possano essere state “declinate” in chiave, diciamo elettromagnetica applicando i principi della fluidodinamica al magnetismo?

In questo modo, avrebbero fatto un ulteriore balzo tecnologico creando dei mezzi capaci di lasciare il pianeta e quindi entrare nella dimensione astronautica.

Come ho detto, seppure ispirate da antichi manoscritti o da sedute medianiche, queste tecnologie non sembrano particolarmente fantascientifiche o aliene, oltremodo se consideriamo che hanno più o meno un centinaio di anni si potevano considerare particolarmente futuriste per le relative conoscenze scientifiche e la tecnologia di fine ottocento, quindi seppure con un “aiutino” tutto sommato questo concorre a confermare che nella sostanza delle cose, quella che anche oggi sono considerate tecnologie all’avanguardia, non sarebbe altro che la riscoperta di principi e tecniche già fatte in tempi lontani e dimenticati.

Con questo non voglio dire che in antichità non posano esservi stati dei contatti con forme di vita aliene, anzi, proprio per il fatto che l’antica o le antiche umanità fossero entrate in una dimensione che gli permetteva di raggiungere lo spazio, il contatto si rendeva indispensabile anche per il solo fatto di dare un monito, come a dire “non siete soli e non potete fare tutto ciò che vi pare e piace, datevi una regolata”; forse non è quello che in un modo più o meno analogo sta accadendo ai nostri giorni?

In questa occasione non inserisco i link di riferimento poiché l’elenco sarebbe davvero lungo, lascio a voi il piacere di ricercare ed eventualmente approfondire.

http://phoo34.wordpress.com/2014/12/08/ ... -agli-ufo/


Ultima modifica di Atlanticus81 il 08/12/2014, 17:40, modificato 1 volta in totale.


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Atlanticus81 ha scritto:

Tratto dal sito http://phoo34.wordpress.com/

Dai vimanas atlantidei agli ufo





Molto interessante questo articolo.

1) Per quanto riguarda l'ipotetico continente Mu che sarebbe scomparso nel Pacifico, qui bisognerebbe intanto fare tutto un lavoro di distinzione tra quanto riportato da esoteristi ed occultisti in tempi più o meno recenti (diciamo a partire dal 19-esimo secolo) e quanto eventualmente possa venire dalle tradizioni locali del Pacifico.
Infatti, mentre su Atlantide abbiamo il racconto di Platone ed è stato fatto da vari autori, non solo da Berlitz, tutto un lavoro di raccolta certosina di testimonianze legate ad avvistamenti moderni di strutture sottomarine, a tradizioni locali, a possibili prove biologiche, geologiche etc, mi sembra che per Mu sia stato fatto finora molto meno.
Ad esempio, ricordo di aver letto una volta di antiche mappe giapponesi che rappresentavano terre nel Pacifico oggi non più esistenti; una sorta di Piri Reis asiatica; quanto se ne sa, quanto è stato verificato in merito?

2) per quanto riguarda Ighina c'è da ricordare che il suo sistema fisico era radicalmente diverso dal modello proposto dalla fisica odierna. Quando ighina parla di "atomo magnetico" non intendeva affatto ciò che oggi si intende con questo termine, ma un elemento ultimo della realtà fisica non riconosciuto odiernamente. A tanto Ighina sarebbe arrivato battendo una via diametralmente opposta da quella battuta dalla odierna meccanica quantistica. Molto intrigantemente Ighina dice: le particelle atomiche sono in costante movimento, per questo non si riesce ad osservarle bene e per questo se le si osserva le si perturba. Quindi per prima cosa bisogna FERMARLE, solo allora le si potrà osservare senza indeterminazione alcuna, a parte quella fisiologica dovuto allo strumento di osservazione. In pratica rifiuta le fondamenta filosofiche della meccanica quantistica odierna. E nel suo "atomo magnetico" spiega il complesso e davvero ingegnoso sistema che avrebbe utilizzato per fermarle, complesso ma a portatata d'uomo, totalmente al di fuori dell'odierna logica dei grandi acceleratori anzi, totalmente al di fuori del paradigma attuale. Ora, attenzione, non sto dicendo affatto che avesse ragione, sto solo facendo notare come forse un'ipotetica civiltà del passato possa aver pensato parimenti in modo molto diverso da noi e quindi battuto ipotetiche vie da noi trascurate.


3) la questione dei droni che volano grazie all'uso dell'effetto Coanda; essi sfruttano questo effetto per creare portanza, in un modo non molto diverso da ciò che facevano (non so se fanno ancora) gli aerei militari quando soffiavano via lo strato limite dalla superficie superiore dell'ala, aumentando la portanza. Mi pare di ricordare che l'F104 lo facesse, permettendogli così di ridurre velocità e distanze di atterraggio; qui ufologo può essere più preciso. Ma un conto parlare d'aria, tutt'altro conto parlare dell'ipotetico etere. Se l'etere esistesse e fosse in qualche modo raffigurabile come un fluido alla todeschini, allora la manipolazione dello stesso significherebbe alterare direttamente la forza di gravità e creare un tipo di portanza ben più profondo ed efficace di quella che viene ottenuta sfruttando la forza del fluido aria.


Ultima modifica di quisquis il 17/12/2014, 15:10, modificato 1 volta in totale.


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MessaggioInviato: 17/12/2014, 17:02 
Per quanto riguarda i "continenti scomparsi" se non ricordo male nei testi sacri indù si parla anche di un continente nell'oceano indiano nel quale risi "riunivano" le divinità...



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Intendevi questo Max?!

Cita:
Scoperto un continete preistorico sotto l’Oceano Indiano. Ritrovata la mitica Kumari Kandam?

di Enrico Baccarini© – Ancora una volta la leggenda si trasforma in realtà. Il numero appena uscito di Nature Geoscience, (2013 del 24 febbraio 2013) riporta la sensazionale notizia per cui studi recenti hanno confermato l’esistenza di un antico continente, oggi sommerso, nell’Oceano Indiano ovvero tra India, Sri Lanka e le Mauritius.

Il dato interessante riguarda non solo la scoperta scientifica in quanto tale ma il fatto che la stessa avvalora e conferma le più antiche tradizioni del subcontinente indiano che parlano di una terra sommersa durante il Pralaya, il diluvio indiano, e chiamata Kumari Kandam!

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Gli studiosi autori della ricerca pubblicata su NATURE hanno infatti scoperto come sotto queste acque sia esistito milioni di anni fa un “paradiso naturale” ribattezzato Maurità. La sua formazione risale a un periodo compreso tra 61 e 83 milioni di anni fa quando cioè il Madagascar si staccò dall’India. Dopo una lunga ‘esistenza’ questo continente perduto venne sommerso da enormi quantità di lava e dai flutti lasciando solo alcune tracce della sua esistenza oggi identificabili nelle isole Mauritius e in Reunion.

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Questa mappa mostra lo spessore della crosta attorno alle isole Mauritius e all'isola di Reunion. CREDIT: Torsvik, et al./Nature GeoScience

Gli stessi studiosi che hanno compiuto la scoperta hanno dichiarato pubblicamente come oggi sia incontrobertibile l’evidenza che i nostri oceani nascondano ancora frammenti di terre perdute e, aggiungiamo noi, questo può permettere di avvalorare le antiche leggende presenti in tutto il globo che parlano di continenti scomparsi e di antichissime civiltà.

Lo studio è stato condotto dall’univerità di Oslo e la scoperta è avvenuta quasi casualmente durante le analisi della spiaggia di sabbia dll’isola capitale delle Mauritius in cui sono stati ritrovati frammenti di zirconi di antichissima formazione, databili tra 660 milioni e 2 miliardi di anni fa. Il resto della sabbia dell’isola è invece di formazione più recente, risalente a circa 9 milioni di anni fa. Durante queste prime analisi i geologi hanno ipotizzato che anche le Seychelles potrebbero essere, come Mauritia, un ulteriore frammento continentale di questo continente sprofondato.

Ritornardo al mito di Kumari Kandam, la tradizione Tamil vuole che questa terra perduta fosse delimitata a Nord dal fiume Pahruli e a Sud dal Kumari, ed in essa sorgessero 49 Paesi (detti Nadu). La distanza trai due corsi d’acqua sarebbe stata di 700 katham che, secondo una riconversione moderna, corrisponderebbero aprossimativamente a 770 km. Kumari Kandam era dunque un piccolo continente, così come l’articolo di NATURE ha definito la massa di terra recentemente scoperta sul fondale dell’Oceano Indiano.

Il mito di Kumari viene codificato in epoca medievale ma la sua esistenza si perde nella notte dei tempi. Ripreso dalla letteratura Tamil, sud dell’India, la tradizione parla dell’era delle Tre Sangam, letteralmente assemblee o accademie, (come riportato nel testo Iraiynar Kalviyalurai, attribuito a Nakkirar e datato del X° sec. d.C.).

La Mudal Sangam, o Prima Assemblea, fu composta di 4449 poeti e avrebbe avuto sede a Thenmadurai, dove sopravvisse per 4.440 anni, fino a quando la stessa città venne sommersa dalle acque e la sua capitale venne spostata a Kapatapuram, dove venne fondata l’Idai Sangam, o Seconda Assemblea. Questa seconda Sangam operò per 3.700 anni, e con un numero uguale di poeti, fino a quando uno straordinario diluvio distrusse la capitale, che venne quindi spostata a Madurai, dove venne edificata la terza ed ultima accademia denominata Kadai Sangam. Per 1.850 anni 449 poeti studiarono le arti e le scienze fino a quando un terzo e ultimo diluvio non distrusse anche questa assemblea.

Immagine
Grafica in cui sono periodicizzate le epoche delle Tre Sangam

Nel computo totale, queste scuole operarono per un periodo di 9.990 anni, in un arco temporale che deve essere collocato prima di Cristo. Curiosamente la concomitanza dei tre diluvi descritti, della distruzione delle Sangam e l’epoca stessa in cui sono collocate sembrano direzionarsi verso un solo punto, il disgelo dopo l’ultima Era Glaciale e le conseguenti catastrofi climatiche. Proprio nelle date indicate dalle tradizioni indiane avvennero tre grandi distruzioni di massa originatesi proprio dal disgelo post glaciale, un evento che non fu unico e compatto ma che si protrasse per diverse migliaia di anni con svariate inondazioni e innalzamento dei mari.

Come è possile però conciliare questi periodi “recenti” con le date fornite dallo studio pubblicato su NATURE? Ci sono notevoli margini di differenza ovviamente ma consideriamo il tempo in cui questo continente può essere rimasto fuori dai flutti del mare e rapportiamolo al tempo necessario ad una civiltà per svilupparsi. L’inabissamento non fu repentino ma, come è osservabile nel grafico animato riportato qua sotto, avvenne in un periodo di svariate migliaia di anni un tempo necessario per permettere alla stessa civiltà di spostarsi, colonizzare nuove terre e impiantare le proprie tradizioni. Così come è stato descritto nella “leggenda” delle tre Sangam.

Immagine
Timeline del livello dei mari nel corso degli ultimi 200.000 anni in rapporto alle terre emerse e alla corrispettiva presenza di ghiacciai sulla terra ferma.

Pensiamo poi come le stesse isole Mauritius possiedano strutture piramidali, denominate Hawitta, talmente antiche da non poter essere datate ad un’epoca precisa, o anche alle città sommerse trovate a Dwarka, nel golfo di Cambay, a Mahabalipuram, Goa, Poompuhar, etc. Si tratta di realtà archeologiche che non sono certamente antiche milioni di anni ma che, come minimo, possono essere ricondotte a 10.000 anni fa.

Immagine
Foto di una Hawitta piramidale presente nelle isole Maldive.

Gli uomini e le idee non muoiono se la loro forza si origina da un ideale puro e incontaminato. Forse l’eco di un’antica patria perduta rimase nelle leggende e nei miti di popoli che migrarono per sopravvivere e che lentamente si spostarono da un’isola perduta nell’Oceano Indiano verso le coste dell’India.

Immagine
Il libro dell'esploratore Thor Heyerdahl intitolato "Maldive Mystery" (1987).

E’ interessante citare lo studio condotto da R. Mathivanan, editore in Capo del Tamil Etymological Dictionary Project per il Governo del Tamilnadu, che nel 1991 e a seguito di uno studio sugli antichi testi indiani e le tradizioni di queste terre fornì una cronologia approssimativa del suo popolo :

ca. 200,000 to 50,000 a.C. : prime tracce di vita umana intelligente nel Tamil Nadu
ca. 200,000 to 100,000 a.C. : inizio del linguaggio Tamil
50,000 a.C. : civiltà di Kumari Kandam
20,000 a.C. : un possibile contatto con la cultura dell’Isola di Pasqua ultima sopravvissuta di un’avanzata civiltà
16,000 a.C. : sprofondamento di un continente denominato Lemuria
6087 a.C. : seconda Sangam creata dalla dinastia Pandya
3031 a.C. : secondo le leggende Tamil un principe della dinastia Chera durante alcune esplorazioni marittime approda nelle Isole Salomone (Oceano Pacifico) dove trova la canna da zucchero selvatica e ne avvierà la coltivazione nel Tamilnadu.
1780 a.C. : epoca della Terza Sangam stabilita dalla dinastia Pandya
7° secolo a.C. : Tolkappiyam, la prima grammatica Tamil nota

Si tratta ovviamente di datazioni che, per l’archeologia ufficiale, risultano impossibili e assolutamente frutto della fantasia di questi popoli. Come si possono giustificare però tutte le scoperte, come quella appena pubblicata da NATURE, che sembrano avvalorare almeno una parte di queste tradizioni? E’ verosimile che la mitizzazione di eventi reali ne abbia alterato alcuni contenuti trasformandoli e amplificandoli, ma le scoperte degli ultimi dieci anni (India, Indonesia, Bangladesh, etc.) stanno avvalorando sempre più la possibilità dell’esistenza di un’antichissima civiltà estintasi a seguito di eventi cataclismatici.

Si potrà forse obiettare che il mito in oggetto sembra ripercorrere tempi ben più recenti ma in qualsiasi modo si voglia interpretare la questione, l’esistenza di un antichissimo continente oggi sommerso dai flutti dell’Oceano indiano è stata confermata dalla scienza. Si potrà obiettare sulle date o sui nomi ma un nuovo tassello sull’esistenza di Kumari Kandam è stato portato all’attenzione del mondo e indagini serie e rigorose attendono solo di essere portate avanti.

http://www.enricobaccarini.com/scoperto ... o-indiano/

Ne ha parlato Enrico Baccarini.

[;)]


Ultima modifica di Atlanticus81 il 17/12/2014, 17:16, modificato 1 volta in totale.


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Esatto, proprio lui :) Io ne ho sentito parlare in una conferenza di Biglino il quale citava anche la fonte, ma tengo ad incamerare i concetti dimenticando i dettagli attorno chiedo venia -.-



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Atlanticus81 ha scritto:

Intendevi questo Max?!





Di rigore questo antichissimo continente nell'oceano Indiano sarebbe Lemuria, così come se ben ricordo la intendeva la Blavatski, che infatti asseriva di aver ricevuto queste conoscenze da alcuni personaggi in India.
Ma non sarebbe Mu inteso come continente scomparso nell'oceano Pacifico.

Comunque molto interessante, grazie.



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Marco Todeschini, lo scienziato del futuro - Nuova Scienza e Teoria del Tutto

Non è facile riassumere in poche pagine a carattere divulgativo tutto il lavoro di Marco Todeschini: si tratta del lavoro enorme di un uomo dalle capacità intellettuali eccezionali, come avremo modo di constatare, che dedicò tutta la propria vita alla scienza, alla conoscenza e alla spiritualità, dando un contributo di valore assoluto sia per suoi contemporanei che per tutti gli uomini del futuro che avranno a cuore la vera conoscenza e il sapere.

Certamente accostarsi oggigiorno (come del resto lo fu anche in passato) al pensiero e alla Scienza di Marco Todeschini richiede da parte nostra umiltà, grande apertura mentale nonché uno spirito anticonformista e coraggioso. Anticipo che chi possiede dette qualità, non mancherà però di essere gratificato dallo studio della sua importantissima opera!

Immagine

Infatti Marco Todeschini con le sue importanti e innovative teorie (spesso supportate anche da analisi matematiche e da esperimenti scientifici), ma controcorrente e invise all’establishment “scientifico”, (sia nel passato che nel presente), ci farà dono di una chiara e nuova visione del Mondo, inteso come Materia e Spirito, nel quale anche noi esseri umani abbiamo il privilegio di esistere.

Marco Todeschini nasce a Val Secca di Bergamo il 25 Aprile 1899, e muore a Bergamo il 13 Ottobre 1988. Si laurea in Ingegneria a Torino nel 1921, specializzandosi poi in diverse branche della Fisica. Fu docente sia in scuole superiori che come Prof. Ordinario di Meccanica Razionale ed Elettronica al biennio superiore “STEM” di Roma.

LA PSICOBIOFISICA

Marco Todeschini inventa una “Nuova Scienza”, la “PsicoBioFisica”, che si configura come una sorta di “Teoria del Tutto”. La Fisica, la Biologia e la Psicologia, in questo ambito, trovano una correlazione evidente. Alla base di questa Sua nuova Scienza, la “PsicoBioFisica”, vi è la coscienza a cui Marco Todeschini è pervenuto, che “tutti i moti dell’Universo, dall’infinitamente piccolo all’infinitamente grande, nascono da un’etere universale, in perenne moto vorticoso, capace di influenzare sia la materia che gli esseri viventi e il loro Spirito”.

Quindi per Marco Todeschini “l’Uomo è materia e Spirito, un essere correlato e comunicante, attraverso l’etere, sia con il microcosmo che con il macrocosmo, sia con le particelle infinitesimali che con le galassie”… Per Marco Todeschini “l’Universo non è un’ oggetto meccanico indipendente da Noi osservatori, ma bensì un atto creativo, la cui origine sono i movimenti vorticosi dell’etere da Lui postulato, etere che si può considerare l’ energia fondamentale che permea tutto l’ Universo, capace attraverso le vibrazioni da esso prodotte di dare origine anche alle Nostre sensazioni, e queste poi, a loro volta, sarebbero in grado di influenzare la materia stessa”.

A fronte di questa importante premessa sulla “PsicoBioFisica”, mi preme constatare come il suo lavoro fu considerato quasi “insignificante”, se non totalmente ignorato, dalla comunità accademica del suo tempo, e come anche ai giorni nostri non si trovino suoi libri nelle facoltà universitarie, né venga neppure menzionato nei libri di testo… Lascio a Voi i commenti in merito a questo stato di cose. Ma malgrado questo ostracismo, Marco Todeschini fu proposto nel 1974 per il premio Nobel per la Fisica!

La “PsicoBioFisica” come abbiamo detto postula che tutti i fenomeni fisici siano dovuti a movimenti dello spazio fluido (etere); questi movimenti (vortici, vibrazioni), sollecitando i nostri organi di senso, producono delle correnti elettriche che attraverso i nervi arrivano al cervello e, una volta decodificate, producono le diverse sensazioni dei nostri sensi. Tutti gli organi del nostro sistema nervoso quindi funzionerebbero come una raffinata tecnologia elettronica.

Questa visione fece di Marco Todeschini un uomo anticonformista e coraggioso; affermando l’ esistenza dell’etere (bandito dalla Scienza Accademica), egli si pose in urto con un paradigma fisico consolidato, e si contrappose alla fisica Newtoniana e anche alla relatività di Einstein che faceva il suo esordio in concomitanza temporale proprio con la sua “PsicoBioFisica”. Ciò non disarmò comunque lo Scienziato che seppe essere attivo promotore in campo scientifico, pubblicando centinaia di scritti e anche partecipando a congressi internazionali. Intrattenne poi relazioni dirette con importanti colleghi fisici del tempo, coi quali seppe sempre confrontarsi con spirito aperto e dialogante.

Insomma, Marco Todeschini si può a ragione considerare uno scienziato “dissidente”, uno spirito libero! Nelle Americhe sono sorte anche cattedre di “PsicoBioFisica” a dimostrazione dell’interesse, in quei paesi, per la sua Scienza, che afferma con logica ferrea, con dimostrazioni matematiche e anche sperimentali, che lo spazio non è vuoto! Ma bensì costituito da una sostanza fluida denominata “etere” la quale presiederebbe e renderebbe possibili i fenomeni che esistono in tutto l’Universo; la stessa vita dei suoi abitanti, e finanche i fenomeni spirituali esperiti da noi esseri umani.

Comincia a delinearsi a questo punto l’ importanza unificante, il carattere rivoluzionario e anche l’ attualità della Scienza di Marco Todeschini. Egli con le sue scoperte sulla natura dell’etere si pone anche come l’artefice di una scienza libera e non dogmatica, in grado di mettere in risalto e di spiegare in parte anche la natura fisica e spirituale dell’esistenza Umana. Ai giorni nostri questa Scienza Unificante trova riscontro anche, per esempio, nella fisica del “campo di punto zero”, nelle ricerche sulla “levitazione magnetica”, e anche nelle ricerche su nuove fonti energetiche come la “fusione fredda”, LENR, ecc.

Marco Todeschini raccolse il pensiero di Cartesio, il quale postulò egli stesso l’esistenza di un etere che riempiva lo spazio. Più tardi anche la stessa teoria della natura ondulatoria della luce del Fisico Fresnel presupponeva la vibrazione dell’etere. Anche il Fisico Hertz dimostrò che la stessa teoria classica dell’elettromagnetismo confermava l’ipotesi che lo spazio fosse pieno di un etere fluido e in vibrazione, che consente alle onde di propagarsi oscillando attraverso di esso. Gli stessi Platone e Aristotele poi, ancora prima, immaginavano lo spazio come “pieno” di etere. Nella filosofia Vedica, ancora, lo spazio è considerato non vuoto, ma pervaso da un’energia fondamentale e vitale chiamata Prana”…

Marco Todeschini si contrappone alla teoria della gravitazione universale di Isaac Newton (vi pare poco?), la quale contempla l’ esistenza di misteriose forze collegate a corpi dotati di massa, corpi che si muoverebbero in uno spazio vuoto, ovvero privo di attrito. “Ma nel vuoto, secondo Marco Todeschini, la forza sarebbe nulla, ovvero nel vuoto assoluto non sarebbe possibile produrre né forze, né accelerazioni, né velocità!

Quelle che appaiono come forze per Marco Marco Todeschini sarebbero possibili solo in presenza di masse soggette ad un moto generato da un vortice di etere con una densità precisa. Il movimento delle masse sarebbe il risultato dell’urto delle masse stesse con l’etere. Inoltre Marco Todeschini riteneva che lo spazio fosse ben separato dal tempo, a differenza di quanto assunto dalla relatività di Einstein. Il peso stesso dei corpi non sarebbe indipendente dallo spazio fluido che li circonda.

L’inerzia quindi, secondo Marco Todeschini, sarebbe solo una “apparenza di forza” dovuta alla resistenza opposta dall’etere all’accelerazione dei corpi in esso immersi. I fenomeni naturali sarebbero il risultato di azioni fluidodinamiche dello spazio eterico sulla materia, all’interno dello spazio eterico fluido stesso. Sarebbero i vortici di etere la causa di formazione sia dei sistemi atomici che di quelli astronomici. Pertanto una sola legge governerebbe sia l’infinitamente piccolo che l’infinitamente grande! Inoltre la varie forme di energia radiante, le frequenze e le onde elettromagnetiche, come noi le conosciamo, sarebbero questi stessi fenomeni fisici prodotti dalla vibrazione dell’etere”!

Immagine
Rappresentazione dell’atomo: le orbite degli elettroni E, sono vortici!

Quella di Marco Todeschini quindi è una scienza unitaria che si oppone a quella frammentazione della scienza attuale che ha allontanato l’uomo dalla verità. “Marco Todeschini, nella sua critica e confutazione della relatività di Albert Einstein, giunse anche a ritenere che la velocità della luce non sia una quantità assoluta e insuperabile (300.000 Km sec.), ma vari a seconda della velocità del sistema di riferimento. Del resto si era già visto sperimentalmente, negli anni ‘30, in riferimento a collisioni di particelle, come questo limite assoluto (e dogmatico) della velocità della luce einsteiniano fosse stato superato!”

Marco Todeschini si è spinto anche oltre, criticando la stessa meccanica quantistica di Heisenberg e di Schrodinger, da lui ritenuta riduttiva della realtà fisica, in quanto essa considerava i fenomeni che si verificano nell’infinitesimamente piccolo solo una “funzione di probabilità”, quindi privi di finalità e di determinismo. Per contro, la Scienza di Marco Todeschini (PsicoBioFisica) consente di mettere in relazione il mondo della materia col mondo dello Spirito, essa ci rivela la connessione intima della materia con lo Spirito, configurandosi quindi come una “teoria del tutto”, supportata sia da calcoli matematici che sperimentali.

La “Spaziodinamica” è la base della PsicoBioFisica di Marco Todeschini: alla base dell’etere vi sarebbe un fluido che determinerebbe i movimenti in tutti i corpi esistenti, ovvero tutti questi movimenti sono causati da un fluido in perenne movimento. Non ci sono misteriose forze in atto come ritenevano Newton e i suoi seguaci. Ma la causa prima di tutti questi vortici presenti all’interno dell’etere è Dio stesso. Quindi all’origine abbiamo l’etere sottoposto ad un moto vorticoso, e da questa rotazione di etere fluido si originarono i nuclei atomici, e da questi, per successivi trascinamenti e rotazioni dell’etere, gli atomi, gli elettroni delle orbite esterne, e così via fino a tutta la materia, sia vivente che non vivente, e l’Universo tutto. “Le tre forze fondamentali che per Marco Todeschini sono alla base della materia sono la Forza Elettromotrice, la Forza Gravitazionale e la Forza Magnetica, e tutte agiscono all’interno della Forza Fluidodinamica, ovvero sono le tre componenti di un’unica forza, la Forza Fluidodinamica”.

Immagine
Motore a “Forza Propulsiva Centrifuga”

Ecco spiegata la misteriosa forza di gravità e la forza elettrostatica. Esse sarebbero dovute alla forza centripeta esercitata dal fluido del vortice sui corpi in esso contenuti. Le Forze sono solo delle apparenze generate dall’urto di masse contro l’etere. Per dimostrare questa teoria, Marco Todeschini inventò anche un motore a “Forza Propulsiva Centrifuga”.

Nel sistema solare il moto dei pianeti viene spiegato come conseguenza del vortice di etere creato dalla rotazione del Sole attorno al proprio asse, il quale a sua volta trascina il fluido circostante determinando un “campo sferico centro mosso” che determina la rivoluzione dei pianeti attorno al sole stesso. Marco Todeschini costruì appositi modellini (idroplanetario) per verificare sperimentalmente questa sua teoria, consistenti in pianeti in miniatura immersi e mossi nell’acqua contenuta in una vasca semisferica.

Immagine
Idroplanetario

Da questi esperimenti risultò che la Terra sarebbe immersa in un campo fluido “centro mosso” che comprende la Luna, e che questo campo ruoterebbe poi attorno al Sole. Verificò anche che la forza di gravità coincide con la forza centripeta dovuta al fluido e inoltre che le traiettorie di una sfera immersa in un campo rotante sono delle spirali.

Immagine
Sistema solare “centro mosso”

Ecco spiegato come tutta la materia, dagli atomi alle galassie, ha origine dal movimento dei vortici sferici di un’etere fluido, che equivale allo spazio stesso nel quale l’Universo esiste. Questi vortici roteando generano attrito, che a sua volta pone in rotazione altri strati di etere fluido, ecc.

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Anche le galassie si muovono in un campo rotante a spirale

LA TEORIA DELLE APPARENZE

Marco Todeschini si chiese come mai le scienze nel suo tempo, (e anche nel nostro), fossero così frammentate? La sua risposta fu che l’uomo ha inventato tante scienze quanti sono gli organi di senso di cui è provvisto il suo corpo. Marco Todeschini nella “Teoria delle Apparenze” sostiene che noi uomini avremmo scambiato le sensazioni di luce, di calore, di suono, di gusto, di olfatto, di tatto, di elettricità, provenienti dagli organi di senso, per realtà oggettive.

Per Marco Todeschini le sensazioni invece non esisterebbero come realtà fisiche assolute, ma bensì come entità psichiche, e queste avrebbero origine dai segnali elettrici causati dall’interazione della materia con lo spazio fluido (etere) e i nervi collegati al nostro sistema nervoso e al nostro cervello.

Per Marco Todeschini la psiche coincide con l’anima, ed è questa che ci consente di percepire tutti i meccanismi della vita in tutte le sue manifestazioni sensoriali. L’anima ha sede nella psiche, il cervello è una raffinata centrale elettronica che decodifica le informazioni provenienti dai cinque sensi (vibrazioni e movimenti dell’etere).

Ma in ultima analisi non è il cervello che riceve le informazioni, ma è l’anima a percepire.

Marco Todeschini è artefice anche di una nuova medicina “PsicoSomatica”; egli afferma: “l’ anima può anche regolare l’azione chimica secretiva delle ghiandole endocrine, concorrendo a ripristinare la salute (Psicoterapia). Da qui le prove neurofisiologiche che il corpo umano è un complesso di strumenti elettronici posti a disposizione dell’anima di natura spirituale.”

Le nostre sensazioni avrebbero origine dalle dalle vibrazioni dell’etere che, tramite gli organi di senso e il cervello, noi percepiamo come tali quando esse raggiungono la psiche. Questo fenomeno fondamentale è riconducibile ad una sola legge dinamica descritta dalla legge d’ inerzia:

F=m.a

Si tratta della legge fondamentale della dinamica di Newton, che però Marco Todeschini, a differenza di Newton, non considera realtà oggettiva ma “mera apparenza”, dovuta al movimento dell’etere a diverse frequenze e percepito dagli organi di senso. Nella realtà oggettiva queste vibrazioni, se non ci fossero gli organi di senso e la psiche atti a decodificarle, sarebbero solo onde di etere silenziose, buie, insapori, inodori, atermiche, e diverse solo nella loro frequenza. La realtà soggettiva che noi viviamo sarebbe illusione se rapportata alle sensazioni da noi percepite (velo di Maya?). Per questa ragione per Marco Todeschini l’Universo avrebbe senso solo se inteso come dimensione Spirituale e creato per la vita!

METAPSICHE

Marco Todeschini non ebbe timore ad esplorare qui fenomeni psichici detti “paranormali” che la Scienza Ufficiale sostanzialmente nega, poiché non riesce a spiegarli. Egli in questo contesto considerava l’anima come una sorta di ricetrasmittente, e in certi casi essa può innescare energie radiative mettendo in moto l’etere, e anche la mente potrebbe interagire con altre menti attraverso la presenza di risonatori organici e psichici (telepatia)… Sarebbero proprio le leggi dell’elettromagnetismo di Maxwell a spiegare questi fenomeni, che avverrebbero attraverso la generazione e propagazione (o ricezione) di campi elettromagnetici generati dal corpo umano (risonanza), che metterebbero in movimento anche lo spazio fluido. Ecco ancora una volta individuato il meccanismo di relazione tra mente e materia.

CONCLUSIONI

Mi piace pensare che una nuova medicina olistica, anche grazie a Marco Todeschini, sia quindi possibile. Una medicina fisica non invasiva e basata principalmente sulla “vibrazione/risonanza”.

Una Medicina che faccia uso delle onde sonore (onde binaurali, musicoterapia, onde d’urto, ecc.), dei campi magnetici pulsanti (magnetoterapia) e delle onde elettromagnetiche, di frequenza, lunghezza d’onda e ampiezza variabili, a seconda dei casi e delle necessità terapeutiche (per esempio onde Delta, Theta, Alfa, Beta).

Una Medicina basata anche sul tocco (pranoterapia), o sulla conoscenza dei centri energetici: i Chakra (oscillatori elettronici dell’organismo?). Una Medicina basata sulla recitazione di una preghiera o di un mantra (vibrazioni). Una Medicina d’amore (Mente-Psiche-Anima), atta a sollecitare e rivitalizzare i tessuti, gli organi e i sistemi fisiologici, neurologici e mentali delle persone malate o semplicemente in disequilibrio, per ristabilirne quindi l’equilibrio perduto, la vitalità e la salute in maniera dolce, coerentemente con i principi fisici enunciati da Marco Todeschini e senza controindicazioni e pericoli per l’uomo.

Tutto questo potrà avvenire soltanto nell’ambito di una Scienza libera e non dogmatica, dove lo Scienziato sia libero di spirito, coraggioso e anticonformista, come lo è stato Marco Todeschini.

http://gustodelproibito.blogspot.it/201 ... o-del.html


Ultima modifica di Atlanticus81 il 25/01/2015, 14:24, modificato 1 volta in totale.


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 Oggetto del messaggio: Re: I segreti della Vril
MessaggioInviato: 21/10/2015, 10:18 
La connessione del Nazismo con Shambhala e il Tibet
Alexander Berzin - Traduzione italiana a cura di Francesca Paoletti

Introduzione

Molti membri d'alto rango del regime Nazista, incluso Hitler, ma specialmente Himmler e Hess, avevano contorte credenze occultistiche. Spinti da queste convinzioni, i tedeschi mandarono una spedizione ufficiale in Tibet tra il 1938 e il 1939, su invito da parte del governo tibetano a partecipare alle celebrazioni del Losar (il Nuovo Anno).

Il Tibet aveva vissuto una lunga serie di tentativi di annessione da parte dei cinesi e di tentativi falliti da parte dei britannici di impedire queste aggressioni o di proteggere il Tibet. Sotto Stalin, l'Unione Sovietica stava severamente perseguitando il Buddhismo, particolarmente la forma tibetana che era praticata dai Mongoli all'interno dei suoi confini e nel suo stato satellite, la Repubblica Popolare di Mongolia (Mongolia Esterna). Al contrario, il Giappone stava sostenendo il Buddhismo tibetano nella Mongolia Interna, che aveva annesso come parte di Manchukuo, il suo stato fantoccio in Manciuria. Affermando che il Giappone fosse Shambhala, il Governo Imperiale stava cercando di conquistare il sostegno dei mongoli sotto il suo controllo a favore di un'invasione della Mongolia Esterna e della Siberia, per poter creare una confederazione pan-mongola sotto la protezione giapponese.

Il governo tibetano stava vagliando la possibilità di ottenere anch'esso protezione dal Giappone, a fronte della situazione instabile. Il Giappone e la Germania avevano firmato un Patto Anti-Comintern nel 1936, dichiarando la loro comune ostilità nei confronti della diffusione del comunismo internazionale. L'invito per la visita di una delegazione ufficiale della Germania nazista fu inviato in questo contesto. Nell'Agosto 1939, poco dopo la spedizione tedesca in Tibet, Hitler ruppe il patto con il Giappone e firmò il Patto Nazi-Sovietico. A settembre, i sovietici sconfissero i giapponesi che avevano invaso la Mongolia Esterna a maggio. Di conseguenza, nulla si è mai materializzato dai contatti giapponesi e tedeschi con il governo tibetano.

Diversi scrittori occultisti del Dopoguerra hanno affermato che il Buddhismo e la leggenda di Shambhala hanno avuto un ruolo significativo nel contatto ufficiale tra Germania e Tibet. Andiamo ad esaminare questa questione.

I miti di Tule e di Vril

Il primo elemento delle credenze occultistiche dei nazisti era il mitico regno di Tule Iperborea. Allo stesso modo in cui Platone citò la leggenda egiziana dell'isola sprofondata di Atlantide, Erodoto menzionò la leggenda egiziana del continente di Iperborea nell'estremo nord. Quando i ghiacci distrussero quest'antica terra, la sua popolazione migrò a sud. Nel 1679, l'autore svedese Olaf Rudbeck identificò gli Atlantidi con gli Iperborei e collocò questi ultimi al Polo Nord. Secondo diverse descrizioni, Iperborea fu divisa tra le due isole di Tule ed Ultima Tule, che alcuni identificarono con l'Islanda e la Groenlandia.

Il secondo ingrediente era l'idea che la terra fosse cava. Alla fine del diciassettesimo secolo, l'astronomo britannico Sir Edmund Halley suggerì per la prima volta che la terra fosse cava e che consistesse di quattro sfere concentriche. La teoria della terra cava ha stimolato la fantasia di molte persone, specialmente a seguito della pubblicazione del romanzo Viaggio al centro della terra dello scrittore francese Jules Verne, avvenuta nel 1864.

Poco dopo apparve il concetto di vril. Nel 1871, il romanziere britannico Edward Bulwer-Lytton, nel suo libro La razza che verrà, descrisse una razza superiore, i Vril-ya, che viveva sotto terra e tramava di conquistare il mondo tramite il vril, un'energia psicocinetica. L'autore francese Louis Jacolliot ampliò questo mito in Le Fils de Dieu (I figli di Dio) (1873) e Les Traditions indo-européeenes (Le tradizioni indo-europee) (1876). In questi libri, vril fu connessa ai popoli sotterranei di Tule. I Tuleani avrebbero convogliato l'energia di vril in modo da diventare superuomini e conquistare il mondo.

Anche il filosofo tedesco Friedrich Nietzsche (1844-1900) enfatizzò il concetto dell' Übermensch (superuomo) e iniziò la sua opera, Der Antichrist (L'anticristo) (1888), con la frase: "Vediamoci per quello che siamo. Siamo Iperborei. Sappiamo fin troppo bene come stiamo vivendo lontani da questa rotta." Nonostante Nietzsche non avesse mai menzionato vril, nella sua collezione di aforismi pubblicata postuma, Der Wille zur Macht (Il desiderio del potere), egli enfatizzò il ruolo di una forza interna per lo sviluppo superumano, scrivendo che "il gregge," ovvero le persone comuni, ambisce alla sicurezza al suo interno, tramite la costituzione di una moralità e di leggi, mentre i superuomini hanno una forza vitale interna che li spinge ad andare oltre il gregge. Questa forza li costringe e li spinge a mentire al gregge per poter restare indipendenti e liberi dalla "mentalità del gregge."

Nel suo libro La dimora artica dei Veda (1903), il pioniere della libertà indiana, Bal Gangadhar Tilak, aggiunse un ulteriore aspetto, identificando la migrazione verso sud dei Tuleani con l'origine della razza Ariana. Dunque, molti tedeschi all'inizio del ventesimo secolo erano convinti di essere i discendenti degli ariani che si erano spostati verso sud partendo da Iperborea Tule e che erano destinati a divenire la razza superiore di superuomini attraverso il potere di vril. Hitler era uno di loro.

La Società di Tule e la fondazione del partito Nazista

Felix Niedner, il traduttore tedesco del testo norvegese antico Eddas, fondò la Società di Tule nel 1910. Nel 1918, Rudolf Freiherr von Sebottendorf ne fondò la sezione di Monaco di Baviera. Sebottendorf aveva vissuto in precedenza parecchi anni ad Istanbul, dove, nel 1910, aveva fondato una società segreta che combinava il Sufismo esoterico con la Massoneria. Si fondava sul credo negli assassini, derivante dalla setta Nazari dell'Islam ismailita, che aveva prosperato durante le Crociate. Mentre era ad Istanbul, Sebottendorf aveva senza dubbio conosciuto il movimento pan-turanico dei Giovani Turchi, iniziato nel 1908, che era in larga misura responsabile del genocidio armeno del 1915-1916. La Turchia e la Germania erano alleati durante la Prima Guerra Mondiale. Ritornato in Germania, Sebottendorf era anche stato membro del Germanen Order (Ordine dei Teutoni), fondato nel 1912 come società di destra con una loggia segreta antisemitica. Attraverso questi canali, l'assassinio, il genocidio e l'antisemitismo divennero parte del credo della Società di Tule. L'anticomunismo fu aggiunto più tardi dopo la Rivoluzione Comunista Bavarese del 1918, quando la Società di Tule di Monaco divenne il centro del movimento controrivoluzionario.

Nel 1919, la Società diede origine al Partito Tedesco dei Lavoratori. Più tardi nello stesso anno, Dietrich Eckart, un membro della cerchia più ristretta della società di Tule, introdusse Hitler nella Società e cominciò ad insegnargli i metodi per convogliare vril per creare una razza di superuomini ariani. Hitler aveva una propensione mistica sin dalla sua giovinezza, quando studiò l'Occulto e la Teosofia a Vienna. Successivamente, Hitler dedicò Mein Kampf a Eckart. Nel 1920, Hitler divenne il capo del Partito Tedesco dei Lavoratori, oramai ribattezzato in Partito Nazionalsocialista (Nazista) Tedesco dei Lavoratori.

Haushofer, la società di Vril e la Geopolitica

Un'altra influenza rilevante sul pensiero di Hitler fu Karl Haushofer (1869-1946), un consulente militare dei giapponesi a seguito della Guerra Russo-Giapponese del 1904-1905. Poiché era profondamente colpito dalla cultura giapponese, molti sono convinti che fu responsabile della successiva alleanza tedesco-giapponese. Inoltre era profondamente interessato alle culture indiana e tibetana, studiava il sanscrito e affermava di aver visitato il Tibet.

Dopo aver prestato servizio come generale nella Prima Guerra Mondiale, Haushofer fondò la Società di Vril a Berlino nel 1918. Essa condivideva fondamentalmente le stesse credenze della Società di Tule e alcuni dicono che ne fosse la cerchia più intima. La Società cercò di entrare in contatto con esseri soprannaturali sotterranei per poter ottenere da loro i poteri di vril. Inoltre essa affermava l'origine centroasiatica della razza ariana. Haushofer sviluppò la dottrina della Geopolitica e poi, nei primi anni '20, divenne il direttore dell'Istituto di Geopolitica all'Università Ludwig-Maximilian di Monaco. La Geopolitica propagava la conquista di territorio per guadagnare spazio vitale (ted. Lebensraum) come mezzo per acquisire potere.

Rudolf Hess era uno degli studenti più stretti di Haushofer e lo presentò a Hitler nel 1923, mentre Hitler era in prigione per il suo Putsch fallito. Successivamente, Haushofer visitò spesso il futuro Führer, insegnandogli la Geopolitica, combinata con le idee delle Società di Tule e di Vril. In questo modo, quando Hitler divenne cancelliere nel 1933, adottò la Geopolitica come linea programmatica per la conquista dell'Europa dell'Est, della Russia e dell'Asia Centrale da parte della razza ariana. La chiave del successo sarebbe stata la scoperta nell'Asia Centrale degli antenati della razza ariana, i custodi dei segreti di vril.

La Swastika

La Swastika è un antico simbolo indiano di fortuna immutabile. "Swastika" è una anglicizzazione del termine sanscrito svastika, che significa benessere o buona fortuna. Utilizzato da migliaia di anni dagli induisti, dai buddhisti e dai gianisti, si diffuse anche in Tibet.

La swastika è apparsa anche in molte altre culture antiche del mondo. Per esempio, la sua variante antioraria, adottata dai nazisti, è anche la lettera "G" nella scrittura runica medievale dell'Europa settentrionale. I Massoni assunsero questa lettera come un simbolo importante, poiché "G" poteva simbolizzare Dio [God, n.d.T], il Grande Architetto dell'Universo oppure Geometria.

La swastika è anche un simbolo tradizionale dell'antico dio norvegese del Tuono e della Potenza (Scandinavo: Thor, Tedesco: Donner, Baltico: Perkunas). A causa della sua associazione con il Dio del Tuono, sia i lettoni che i finlandesi adottarono la swastika come insegna dei loro corpi di aeronautica militare quando acquisirono l'indipendenza a seguito della Prima Guerra Mondiale.

Nel tardo diciannovesimo secolo, Guido von List adottò la swastika come emblema del movimento neopagano in Germania. Tuttavia, i tedeschi non usarono il termine sanscrito svastika, ma la chiamarono invece Hakenkreuz, ovvero "croce uncinata." Avrebbe sconfitto e sostituito la croce, allo stesso modo in cui il Neopaganesimo avrebbe sconfitto e sostituito il Cristianesimo.

Condividendo il sentimento anticristiano del movimento neopagano, la Società di Tule adottò anch'essa il Hakenkreuz come parte del suo emblema, ponendolo in un cerchio con un pugnale tedesco verticale sovrapposto ad esso. Nel 1920, su suggerimento del Dott. Friedrich Krohn della Società di Tule, Hitler adottò il Hakenkreuz in un cerchio bianco come parte centrale della bandiera del Partito Nazista. Hitler scelse il rosso come colore per lo sfondo per competere contro la bandiera rossa del rivale Partito Comunista.

I ricercatori francesi Louis Pauwels e Jacques Bergier, in Le Matin des Magiciens (Il mattino dei maghi) (1962), scrissero che Haushofer convinse Hitler ad usare il Hakenkreuz come simbolo del Partito Nazista. Essi affermano che questo era a causa dell'interesse di Haushofer per le culture indiana e tibetana. Questa conclusione è altamente improbabile, poiché Haushofer non incontrò Hitler prima del 1923, mentre la bandiera nazista apparve per la prima volta nel 1920. È più probabile che Haushofer utilizzò la presenza diffusa della swastika in India e in Tibet come prova per convincere Hitler che in quella regione si trovassero gli antenati della razza Ariana.

La soppressione nazista dei gruppi occulti rivali

Durante la prima metà degli anni '20, una violenta rivalità ebbe luogo tra le società occulte e le logge segrete in Germania. Negli anni successivi, Hitler continuò la persecuzione degli Antroposofisti, dei Teosofisti, dei Massoni e dei Rosacroce. Vari studiosi attribuiscono questa linea politica al desiderio di Hitler di eliminare qualsiasi rivale occulto al suo comando.

Influenzato dagli scritti di Nietzsche e dalle credenze della Società di Tule, Hitler credeva che il Cristianesimo fosse una religione in difetto, infettata dalle sue radici nel pensiero giudaico. Egli vedeva i suoi insegnamenti sul perdono, sul trionfo dei deboli e sull'abnegazione come antievolutivi e vedeva se stesso come un messia che avrebbe sostituito Dio e Cristo. Steiner aveva usato l'immagine dell'Anticristo e di Lucifero come future guide spirituali che avrebbero rigenerato il Cristianesimo in una nuova forma pura. Hitler andò molto oltre. Vedeva se stesso come colui che avrebbe liberato il mondo da un sistema degenerato e avrebbe dato origine ad un nuovo passo nell'evoluzione con la razza superiore ariana. Non poteva tollerare alcun Anticristo rivale, né ora, né in futuro. Tuttavia, era tollerante nei confronti del Buddhismo.

Il Buddhismo nella Germania Nazista

Nel 1924, Paul Dahlke fondò il Buddhistisches Haus (la Casa Buddhista) a Frohnau, Berlino. Era aperta a membri di tutte le tradizioni buddhiste, ma ospitava principalmente le forme Theravada e giapponese, poiché queste erano le forme più conosciute in occidente a quell'epoca. Nel 1933, ospitò il Primo Congresso Europeo Buddhista. I nazisti permisero che la Casa Buddhista rimanesse aperta durante tutta la guerra, ma la tenevano sotto stretto controllo. Poiché alcuni membri conoscevano il cinese e il giapponese, funsero da traduttori per il governo, in cambio della tolleranza verso il Buddhismo.

Nonostante il regime nazista avesse chiuso la Buddhistische Gemeinde (Società Buddhista), che era stata attiva a Berlino a partire dal 1936, e avesse arrestato per un breve periodo il suo fondatore Martin Steinke nel 1941, in generale esso non perseguitò i buddhisti. Tuttavia, non c'è alcuna prova che maestri del Buddhismo tibetano siano mai stati presenti nel Terzo Reich.

La politica di tolleranza nazista nei confronti del Buddhismo non prova alcuna influenza degli insegnamenti buddhisti su Hitler o sull'ideologia nazista. Una spiegazione più probabile è il desiderio dei tedeschi di non danneggiare le relazioni con il suo alleato buddhista, il Giappone.

L' Ahnenerbe

Sotto l'influenza di Haushofer, Hitler autorizzò Frederick Hielscher nel 1935 a fondare l' Ahnenerbe (Società di ricerca dell'eredità ancestrale), con il Colonnello Wolfram von Sievers come suo capo. Tra le altre funzioni, Hitler gli assegnò lo studio delle rune germaniche, delle origini della svastica e l'individuazione dell'origine della razza ariana. Il Tibet era il candidato più promettente.

Alexander Csoma de Körös (Körösi Csoma Sandor) (1784-1842) era uno studioso ungherese ossessionato dalla missione della scoperta delle origini della popolazione ungherese. Sulla base di affinità linguistiche tra gli ungheresi e le lingue turche, egli pensava che le origini della popolazione ungherese fossero nel "regno degli Yuguri (Uiguri) nel Turkistan Orientale (Xinjiang, Sinkiang). Era convinto che se avesse potuto raggiungere Lhasa, avrebbe trovato là la chiave per individuare la sua madrepatria.

Le lingue ungherese, finlandese, mongola, manciù e le lingue turche appartengono alla famiglia linguistica uralo-altaica, conosciuta anche come famiglia turanica, derivante dal termine persiano Turan per indicare il Turkistan. A partire dal 1909, i Turchi conobbero un movimento pan-turanico, capeggiato da una società nota come i Giovani Turchi. La Società Turanica Ungherese seguì nel 1910 e l'Alleanza Turanica d'Ungheria nel 1920. Alcuni studiosi ritengono che le lingue giapponese e coreano appartengano anch'esse alla famiglia turanica. Dunque, l'Alleanza Nazionale Turanica fu fondata in Giappone nel 1921 e la Società Turanica Giapponese nei primi anni '30. Haushofer era senza dubbio al corrente di questi movimenti, che cercavano le origini della razza turanica nell'Asia Centrale. Questo era bene in linea anche con la ricerca della Società di Tule delle origini della razza ariana in quella regione. Il suo interesse per la cultura tibetana diede ulteriore peso alla candidatura del Tibet come chiave per individuare un'origine comune delle razze ariana e turanica e per ottenere il potere di vril che era posseduto dai suoi leader spirituali.

Haushofer non fu l'unica influenza in merito all'interesse dell' Ahnenerbe per il Tibet. Hielscher era amico di Sven Hedin, l'esploratore svedese che guidò le spedizioni in Tibet del 1893, 1899-1902 e 1905-1908, e una spedizione in Mongolia del 1927-1930. Poiché era visto con molto favore dai nazisti, Hitler lo invitò a tenere il discorso inaugurale alle Olimpiadi di Berlino del 1936. Hedin si occupò di pubblicazioni filonaziste in Svezia e intraprese numerose missioni diplomatiche in Germania tra il 1939 e il 1943.

Nel 1937, Himmler rese l' Ahnenerbe un'organizzazione ufficiale annessa alle SS (ted. Schutzstaffel, Squadra di Protezione) e nominò a suo capo il Professor Walther Wüst, direttore del Dipartimento di Sanscrito presso l'Università Ludwig-Maximilian di Monaco. L' Ahnenerbe aveva un Tibet Institut (Istituto Tibetano), che fu rinominato Sven Hedin Institut für Innerasien und Expeditionen (Istituto Sven Hedin per l'Asia Centrale e le Spedizioni) nel 1943.

La spedizione nazista in Tibet

Ernst Schäfer, un cacciatore e biologo tedesco, partecipò a due spedizioni in Tibet, nel 1931-1932 e nel 1934-1936, a fini di ricerca sportiva e zoologica. L' Ahnenerbe sponsorizzò una sua terza spedizione (1938-1939) su invito ufficiale del governo tibetano. La visita coincise con un rinnovo dei contatti tra il Tibet e il Giappone. Una possibile spiegazione per l'invito è il desiderio da parte del governo tibetano di mantenere relazioni cordiali con i giapponesi e il fatto che i loro alleati tedeschi fossero un contrappeso nei confronti dei britannici e dei cinesi. Dunque, il governo tibetano accolse la spedizione tedesca per le celebrazioni del Nuovo Anno (Losar) a Lhasa nel 1939.

In Fest der weissen Schleier: Eine Forscherfahrt durch Tibet nach Lhasa, der heiligen Stadt des Gottkönigtums (Festival delle sciarpe bianche: una spedizione di ricerca attraverso il Tibet fino a Lhasa, la città sacra del regno degli Dei) (1950), Ernst Schäfer descrisse le sue esperienze durante la spedizione. Durante le festività, annotò, l'Oracolo di Nechung avvertì che, nonostante i tedeschi portassero parole amabili e doni, il Tibet doveva stare in guardia poiché il leader dei tedeschi era come un drago. Tsarong, il precedente capo dell'esercito tibetano e filogiapponese, cercò di ammorbidire la profezia, dicendo che il Reggente aveva già udito molte altre cose dall'Oracolo ma che egli stesso non era autorizzato a divulgarne i dettagli. Il Reggente pregava ogni giorno che non ci fosse una guerra tra i britannici e i tedeschi, poiché questo avrebbe avuto conseguenze terribili anche per il Tibet. Entrambi i paesi dovevano comprendere che tutte le persone di buona fede dovevano fare le stesse preghiere. Per tutto il resto del suo soggiorno a Lhasa, Schäfer incontrò spesso il Reggente ed ebbe un buon rapporto con lui.

I tedeschi erano molto interessati a stabilire relazioni amichevoli con il Tibet. Tuttavia, le loro priorità erano leggermente diverse da quello dei tibetani. Uno dei membri della spedizione Schäfer era l'antropologo Bruno Beger, che era responsabile dei programmi di ricerca razziale. Avendo lavorato con H. F. K. Günther a Die nordische Rasse bei den Indogermanen Asiens (La razza nordica tra gli Indogermani dell'Asia), Beger sosteneva la teoria di Günther di una "razza nordica" in Asia Centrale e in Tibet. Nel 1937, Beger aveva proposto un progetto di ricerca nel Tibet Orientale e, con la spedizione Schäfer, intendeva investigare scientificamente le caratteristiche razziali della popolazione tibetana. Durante il suo percorso attraverso il Tibet e il Sikkim, misurò il cranio di trecento tibetani e sikkimesi ed esaminò alcune altre caratteristiche fisiche e tratti corporei, concludendo che i tibetani occupavano una posizione intermedia tra le razze mongole e quelle europee, con gli elementi razziali europei evidenti in modo maggiormente pronunciato tra i membri dell'aristocrazia.

Secondo quanto scrisse Richard Greve nel suo Tibetforschung in SS-Ahnenerbe (Ricerca Tibetana nelle SS-Ahnenerbe), pubblicato in T. Hauschild (ed.) Lebenslust und Fremdenfurcht – Ethnologie im Dritten Reich (Passione per la vita e xenofobia – etnologia nel Terzo Reich) (1995), Beger raccomandò che i tibetani avrebbero dovuto avere un ruolo importante dopo la vittoria finale del Terzo Reich. Essi avrebbero potuto servire come una razza alleata in una confederazione pan-mongola sotto l'egida della Germania e del Giappone. Nonostante Beger avesse anche raccomandato ulteriori studi per misurare tutti i tibetani, non ci furono ulteriori spedizioni in Tibet.

Presunte spedizioni occulte in Tibet

Diversi studi effettuati nel Dopoguerra sul Nazismo e sull'Occultismo, come quello di Trevor Ravenscroft La Lancia del Destino (1973), hanno affermato che sotto l'influenza di Haushofer della Società di Tule, i tedeschi inviarono spedizioni annuali in Tibet dal 1926 al 1943. La loro missione era innanzitutto trovare e successivamente mantenere i contatti con gli antenati ariani di Shambhala e Agharti, due città sotterranee nascoste ai piedi dell'Himalaya. Gli adepti in questi luoghi erano i custodi di antichi poteri occulti, specialmente vril, e le missioni cercavano di ottenere il loro aiuto per convogliare questi poteri e creare una razza superiore ariana. Secondo queste testimonianze, Shambhala rifiutò ogni assistenza, mentre Agharti acconsentì. Successivamente, a partire dal 1929, pare che gruppi di tibetani vennero in Germania ed avviarono delle logge note come la Società degli Uomini Verdi. Connessi con la Società dei Dragoni Verdi in Giappone, attraverso l'intermediazione di Haushofer, pare che essi aiutassero la causa nazista con i loro poteri occulti. Himmler era attratto da questi gruppi di adepti tibetani di Agharti e, a quanto pare sotto la loro influenza, fondò l' Ahnenerbe nel 1935.

A parte il fatto che non fu Himmler a fondare l' Ahnenerbe, piuttosto lo incorporò nelle SS nel 1937, la testimonianza di Ravencroft contiene altre affermazioni discutibili. Tra di esse, la principale è l'eventuale appoggio di Agharti alla causa nazista. Nel 1922, lo scienziato polacco Ferdinand Ossendowski pubblicò Bestie, Uomini e Dei, descrivendo i suoi viaggi attraverso la Mongolia. Nel suo testo, egli riferisce di aver sentito parlare del regno sotterraneo di Agharti sotto il Deserto del Gobi. In futuro, i suoi potenti abitanti sarebbero venuti in superficie per salvare il mondo dal disastro.

La traduzione tedesca del libro di Ossendowski apparve nel 1923 e ebbe un discreto successo. Tuttavia, Sven Hedin pubblicò nel 1925 il suo Ossendowski und die Wahrheit (Ossendowski e la verità), in cui sfatò le affermazioni dello scienziato polacco. Hedin fece notare che Ossendowski aveva ripreso l'idea di Agharti dal romanzo del 1886 di Saint-Yves d’A lveidre’s Mission de l’Inde en Europe (Missioni dell'India in Europa), per rendere il suo racconto più appetibile ad un pubblico tedesco. Poiché Hedin aveva una forte influenza sull' Ahnenerbe, è improbabile che questo ufficio abbia inviato una spedizione specificamente allo scopo di individuare Shambhala e Agharti e dunque avesse ricevuto sostegno da quest'ultima.

http://www.berzinarchives.com/web/it/ar ... tibet.html



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