05/01/2011, 13:04
LaStampa - 14.03.1978 - numero 58 - pagina 7
[color=blue]Un rivale povero di "Guerre stellari" Guerra spaziale
di fun Fukuda, con Kensaku Morita, Yuko Asano, Masaya Oki. Giappone, colore. Cinema Ambrosio.
Lo vogliono far passare per il rivale di «Guerre stellari», ma questo, ad un film come «Guerre stellari», non è nemmeno degno di lustrare le scarpe. Con questo filmetto si fa un salto all'indiciro di almeno vent'anni, a quelle rozze pellicole di fantascienza dove gli extraterrestri erano i mostri distruggitori, i killers dello spazio, i nemici feroci e ottusi dell'umanità.
La storia è quella solita. Si avvistano degli Ufo a sciami e la Terra è in pericolo. A salvarla ci pensano i giapponesi, e soltanto i giapponesi, che hanno pronta una super-astronave comandata dal salito scienziato geniale che al solito ha una figlia sua collaboratrice di cui sono innamorati, al solito, due zelanti assistenti.
Gli extraterrestri, mediante certi dischi volanti che paiono gli scaldini della nonna o le lanterne dei ferrovieri, bombardano New York, Parigi, Londra di cui vanno in pezzi i monumenti più insigni (Roma e l'Italia sono trascurate persino dagli Ufo).
Situazione disperata? Ma ci sono i giapponesi! I quali partono e vanno a compiere una spedizione punitiva sulla base dei pirati spaziali, il pianeta Proximus che dista dalla Terra appena 25 mila anni luce o giù di li. In Proximus, con il suo bravo scettro in pugno, siede sul trono — seriamente: i toni ironici sono evitati con cura — l'imperatore di tutte le galassie, che veste da antico romano e che ha la faccia dipinta di verde, e che tiene per luogotenente un buffone ricoperto di pelo che sta tra il lupo di Cappuccetto Rosso e il gatto con gli stivali, solo che si distingue dall'uno e dall'altro per un paio di formidabili corna gialle.
Dopo varie scaramucce avviene il cozzo finale tra l'astronave nipponica e quella imperiale, e naturalmente i giapponesi vincono in mezzo a sparacchi e fumacchi di ogni genere, ma col sacrificio dello scienziato e di uno dei fidanzati della ragazza che così, asciugate due lagrimette, si sposa con l'altro.
Qualche tensione in quest'ultima parte, ma nell'insieme il film, che oltre tutto è anche breve, si rivela di una sommarietà e di una ingenuità da far cascare le braccia, modesto e artigianale nei trucchi, nella recitazione, nella scenografia e nelle musichette trionfalistiche.
Il suo posto giusto sarebbe stato al pomeriggio sul video come telefilm trasmesso per i ragazzini, che avrebbero poi scritto al critico televisivo protestando vivacemente.
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05/01/2011, 13:06
StampaSera - 15.03.1978 - numero 64 - pagina 4
[color=blue]MORAVIA: «Sì, ho visto un Ufo a faccia a faccia»
ROMA — Mancava ancora la testimonianza di un grosso personaggio italiano. Anche Alberto Moravia è stato privilegiato dagli extraterrestri con un «incontro ravvicinato del primo tipo» e spera, lo presumiamo, di passare agli incontri del secondo e del terzo tipo, cioè a quelli che prevedono la prova materiale del passaggio del «disco volante» e il «faccia a faccia» con l'alieno.
Lo scrittore rende nota la sua esperienza sul prossimo numero dell'«Espresso», sicuro — data la sua posizione di «insospettabile», che rende alto l'indice di credibilità della sua testimonianza — di non coprirsi di ridicolo e di venir considerato un visionario, come succede invece in questi casi alla gente comune.
L'avvistamento in questione — dopo un altro di tipo televisivo riservato a pochi intimi a Houston «in diretta dalla Luna» (di questi avvistamenti tuttavia esiste un filmato ufficiale della Nasa i cui fotogrammi sono stati pubblicati questo mese da un mensile italiano specializzato) — lo scrittore lo fece una notte d'estate mentre viaggiava in auto, in compagnia dell'amico Franco Cagnetta, sociologo, diretto da San Gimignano a Massa Marittima.
L'Ufo, fermo tra gli ulivi, poteva avere un diametro fra i tre e-i quattro metri ed emanava una forte luce violetta. Il «disco volante» rimase visibile ai due poco meno di sessanta secondi, dileguandosi poi a velocità fulminea. Il giorno dopo sui giornali si leggeva la notizia che il passaggio di un «oggetto volante non-identificato» era stato segnalato lungo la traiettoria Liguria-Puglie, con tappa — a quanto pare — sul tragitto percorso da Moravia.
Le ultime ipotesi ufficiali sul mistero degli Ufo vengono intanto da Hamilton (Ontario) dove uno scienziato della Nasa, Charles Kubokawa, ha dichiarato che gli extraterrestri potrebbero essere dei nostri antenati che hanno lasciato la Terra molto tempo fa. Lo scienziato non precisa tuttavia per quali potivi i nostri progenitori avessero scelto, allora, di abbandonare il pianeta: se il fuggi-fuggi dovesse verificarsi oggi, le spiegazioni sarebbero certamente superflue.
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05/01/2011, 13:08
StampaSera - 24.03.1978 - numero 72 - pagina 21
L'ANGOLO FILATELICO
[color=blue]Marziano Cercasi
La serie dell'Ungheria ispirata alla fantascienza
La prima serie del mondo ad affrontare esplicitamente quésto tema — ha avuto molto successo.
Già abbiamo parlato degli esemplari disegnati da Varga e diffusi con intelligente opera di propaganda da Philaièlia Hungarìca, l'ente di Stato magiaro per il francobollo.
L'interesse per questa emissione è accresciuto dall'annullo figurato usato per il giorno inaugurale: mostra un Ufo, ossia un «disco volante», appena atterrato e, in primo piano, un extraterrestre (marziano o venusiano?), tipo «incontri ravvicinati».
I film di questi ultimi tempi, con il loro successo di pubblico, hanno un evidente riflesso anche in campo filatelico.
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05/01/2011, 13:13
LaStampa - 26.03.1978 - numero 69 - pagina 3
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Incontro affascinante tra il fantastico e l'umano
Vicini all'astronave lampeggiante
Due settimane fa, mentre assistevo alla proiezione di Incontri ravvicinati del terzo tipo mi è sembrato, a cominciare da un certo punto, di provare qualcosa che era profondamente diverso da tutto ciò che avevo provato, prima, vedendo altri film fantascientifici, o anche leggendo romanzi dello stesso genere.
Mi sono subito affannato a cercare, nei molti articoli che giornalisti e scrittori continuano a dedicare all'argomento, una spiegazione di ciò che avevo provato.
Tutti parlano bene del film; alcuni lo esaltano, addirittura lo chiamano « eccezionale »; la Ginzburg. che ha gusti giustamente difficili, lo approva; e non lo disapprova neanche il severo e scettico Laurenzi... Sennonché io, sforzandomi così di capire ciò che avevo provato, intanto capisco di non tendere, nel mio sforzo, a un giudizio sulle qualità artistiche del film, ma più ancora, o prima ancora, alla scoperta del suo misterioso significato.
Il punto, il momento in cui il film ha incominciato a interessarmi davvero, è stato l'atterraggio del colossale disco volante, l'astronave lampeggiante di mille colori, rombante quasi al limite della tollerabilità fonica col boato di dieci Concorde riuniti e tuttavia armonica come col suono di dieci organi di cattedrale sovrapposti.
Credo che la grandissima maggioranza degli spettatori sia, in proposito, d'accordo con me. Mai, fino a oggi, da quando esiste lo spettacolo e da quando il settecentesco teatro-cannocchiale di Drottningsholm, attraverso l'evoluzione del progresso tecnico, a poco a poco è diventato cinema, l'umanità ha potuto godere di uno stupore altrettanto smisurato, innocuo, e tuttavia prodotto artificialmente.
Gli extraterrestri
« E' del poeta il fin la meraviglia »: il recipe del barocco tocca qui una vetta che non sappiamo quando sarà superata. Solo Baudelaire, nel sublime delirio di uno dei suoi sogni quotidiani, immaginò un simile portento audiovisivo:
Ho visto a volte, in fondo a [un teatro banale
Infiammato dall'orchestra [sonora,
Una fata accendere in un [cielo infernale
Una miracolosa aurora...
Una miracolosa aurora. Appunto. E questo effetto ottico ammutolisce, sbalordisce: un calcolo della prospettiva fantastico e preciso aveva preparato gli spettatori a rendersi conto delle proporzioni dell'astronave quando questa finalmente sarebbe apparsa.
La pista di atterraggio è pronta in cima alla Torre del Diavolo, quella Devil's Tower che è una montagna realmente esistente nel Wyoming: immensa rocca naturale a forma di cono tronco. Abbiamo anche noi qualcosa di molto simile in provincia di Reggio Emilia. Ne parla Dante. La Rocca di Bismantova, che del resto assomiglia a una portaerei prodigiosamente I ancorata in un'alta valle dell'Appennino.
Orbene, non soltanto at- I traverso perfetti modellini, ma anche con scene girate \ nel Wyoming, sui luoghi autentici, gli spettatori si erano resi conto dell'immensità della Devil's Tower, confrontandola alla misura umana di alcuni attori che vi danno la scalata appunto per assistere all'atterraggio dell'Ufo.
Accade cosi che quando il disco volante sta per arrivare, a un tratto nel cielo notturno e tempestoso sorge il semicerchio roseo di un'aurora boreale: la nera e ormai nota sagoma della Torre del Diavolo vi si staglia contro con le sue dimensioni ciclopiche: intanto il semicerchio luminoso e iridato velocemente si allarga, si avvicina, aumenta di intensità: finché, ecco l'astronave, eccola, ed è immane, più grande di quanto gli spettatori se la immaginavano, più grande, infinitamente più grande, più grande della stessa Torre dei Diavolo!
L'astronave atterra. Avanza adagio col rombo tuonante dei suoi colossali motori verso l'esercito dei tecnici che la attendono alla fine della pista, immobili e schierati in ordine sparso intorno alle complicate cattedre dei computer. L'astronave si ferma. Al centro dei computer, e apparentemente non diversa da questi, è la tastiera di un organo elettronico. Nel silenzio e nell'immobilità generale, il tecnico-musicista che siede alla tastiera intona una breve frase melodica a stabiliti intervalli armonici e aritmetici, che già era servita come segnale per comunicare con gli extraterrestri: la, re, sol, sol (un'ottava sotto), re. E l'astronave, allora, risponde con la stessa frase, e la ripete con diversi successivi timbri, fino al basso profondissimo di un portentoso controfagotto che avrebbe mandato in visibilio Riccardo Wagner.
Sennonché, l'essenziale non è la meraviglia fonica, finora inaudita e finora addirittura impensabile, di quel basso profondissimo. L'essenziale è che un timbro così mostruosamente vicino ai lìmite estremo delle più ampie vibrazioni sia in grado di riprodurre, e noi di recepire, il segnale: quella breve frase melodica dalle misure umane. Dalla bocca dell'astronave, come dalla poppa di un traghetto, appaiono infine, e scendono ai bordi della pista, gli extraterrestri: l'incandescenza abbagliante che dilaga dall'interno quasi spappola i contorni delle loro fattezze.
Ma vediamo benissimo che sono piccoli come nostri bambini di cinque o sei anni, e orribilmente magri, macrocefali, calvi e glabri: palpebre senza ciglia su bulbi oculari bnsedowìani, braccia e gambe filiformi...
Dov'è che li abbiamo già visti? Li abbiamo già visti negli affreschi gotici, nelle miniature medioevali che raffigurano le anime condannate al limbo. O in certe illustrazioni del vestibolo dell'Inferno dantesco: questi sciaurati che mai non fur vivi.
O anche nelle foto dei rari bambini superstiti che furono trovati nei lager nazisti alla fine della guerra, e nelle foto dei bambini delle zone più disperate dell'India, in epoca di carestia. L'aspetto .di questi extraterrestri è rivoltante, quasi di feti malnutriti che camminano, parlano, gestiscono, sorridono. Sì, sorridono agli uomini che sono schierati davanti a loro. Ma come sorridono?
Colossali insetti
Ebbene, come sorridono è senza dubbio la cosa più importante di tutto il film. Sorridono con la coscienza della schifosa bruttezza del proprio corpo, che è soltanto una versione disarmonica, illogica, dannata del normale corpo umano.
Sorridono agli uomini schierati davanti a loro, e sembra che così sorridano anche a noi spettatori del film, chiedendo palesemente pietà. Anche se per intelligenza e per forma di civiltà raggiunta si sanno superiori a noi e immensamente più progrediti di noi, ci sorridono con dolce me¬ stizia, chiedendoci pietà per la loro bruttezza.
Ed è a questo punto, a mia volta commosso da quel sorriso miserabile, che credo di scoprire finalmente perché questo film di fantascienza sia così diverso da tutti quelli che lo hanno preceduto. Da quando Pareto studiò le Azioni non-logiche nella storia dell'umanità, noi sappiamo che una leggenda, una credenza popolare, un comportamento di massa, insomma qualunque mito deve essere analizzato non astrattamente, non in se stesso, ma in ciò che esso significa per coloro che lo hanno inventato e che ci credono.
Un'analisi di questo genere ci porta a concludere che il progresso scientifico e tecnologico delle facilità di comunicazione ha determinato nell'umanità attuale una inarrestabile decadenza del grande mito, che va da Omero fino a Melville, dell'evasione avventurosa (viaggi, scoperte, colonizzazioni, etc) e ha cercato di sostituirlo con il mito dell'evasione negli spazi interplanetari o interstellari. Chiaro che tra i due miti esiste una invalicabile differenza: l'avventura terrestre si svolgeva pur sempre in quella atmosfera che è necessaria alla vita degli animali; l'avventura spa- j ziale no.
Il più famoso racconto di | un'avventura terrestre, Robinson Crusoe, disse gli in- ! canti di una natura vergine. I esaltò una vita primitiva che \ tuttavia conservava l'eredità j della precedente storia umana, e scoprì addirittura il fascino di una totale solitudi- ! ne dell'uomo. !
Il più famoso mito moder] no, il mito dello Spazio, sco• pre l'angoscia della solitudi: ne e dice l'orrore o. se voj gliamo, il fascino negativo di | creature diverse da noi e i magari simili a colossali inI setti... Queste fantasie atroci j rivelano nell'umanità di oggi \ una stanchezza, una dispera; zione, un viscerale terrore I del futuro e dell'ignoto, e un | tipo di comportamento rej gressivo che la spinge verso gli spettacoli, le immagini e i suoni che più le ripugnano I in quanto essenzialmente di- sumani: è un'attrazioni', verso l'abisso, la morte, il nulla, una brama di finale dissolvimento.
Ora, il film Incontri ravvicinati del terzo tipo celebra invece la gloria dell'uomo. La fantasia, con cui l'astronave è stata architettata e presentata, meraviglia e entusiasma proprio perché tiene sempre calcolo della misura umana, mentre questa misura, negli altri film, non esi- , ste o viene ridicolizzata: vedi, per fare un solo esempio. Odissea nello spazio, dove le astronavi fanno pensare, tutt'al più, a enormi giocattoli di latta. •
Dialogo musicale
Umano, negli Incontri, il delizioso dialogo musicale tra terrestri e extraterrestri. Umanissimo e, soprattutto, rivolto agli umani, il sorriso dei poveri omuncoli. Lo so benissimo: con ogni probabilità il regista Steven Spielberg e i collaboratori di Incontri, compreso il bravissimo sebbene ingenuo Truffaut, non hanno dato volontariamente né consapevolmente questo significato al loro film, e si meraviglierebbero della mia interpretazione.
Ma i più grandi risultati, nell'arte e nella vita, sono sempre, più o meno, involontari e inconsapevoli. La pubblicità del film insiste sullo slogan Noi non siamo soli allacciandosi appunto all'angoscia esistenziale che fa parte del mito dello Spazio e che è tanto di moda, oggi, negli Stati Uniti. In uno dei sobborghi più squallidi di Oakland, California, ricordo di avere visto, poco tempo fa, questa scritta su un muro: MUUMY I AM NOT ALONE! Mamma non sono solo.
In un momento in cui il problema più grave dell'umanità è quello della sovrappopolazione, questa angoscia mi sembra comica. Se amo gli Stati Uniti è per la vastità del territorio, per le grandi foreste disabitate, per la stupenda solitudine che offrono a ciascuno. Certo, anche emigrare in altre galassie sarebbe un modo di risolvere il problema della sovrappopolazione. Ma come mai nessuno pensa al rischio che le comunicazioni spaziali potrebbero comportare? a un'invasione di creature che vivrebbero in un pianeta mollo più affollato della Terra e che cercherebbero un posto al nostro sole?
No, no. La sensazione di ottimismo, intima e finale, che tutti noi proviamo assistendo a Incontri, non dipende dalla storia che il film racconta, dalla possibilità di incontrare gente diversa da noi e di andare, Dio guardi! a vivere con loro: dipende, al contrario, dalla fantasia profondamente allegra con cui la storia è raccontata, e dalla gioia che ci procurano le ultime sequenze, quando vediamo quei mostriciattoli, quegli skilamadrùl senza dlake e senza cui: gioia orgogliosa di riconoscerci uomini fatti appunto come siamo fatti e cionondimeno capaci — qualunque sala cinematografica, dopo tutto, è solo un teatro banale — capaci di immaginare, e di rappresentare con l'arte, una miracolosa aurora.
«Signori spettatori — dice in sostanza il film — signori spettatori! La meraviglia che avete visto è opera di uomini come noi e come voi! ».
Mario Soldati
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05/01/2011, 13:16
05/01/2011, 13:17
LaStampa - 29.03.1978 - numero 71 - pagina 7
[color=blue]Quando il regista fa l'attore e se ne va in mezzo agli Ufo
Francois Trufjaut, il regista di fules et Jim, l'unico « sopravvissuto » sul set della « Nouvelle Vague », a 46 anni, ha voluto provare l'emozione di far l'attore per « conto terzi ».
E' Lacombe negli Incontri ravvicinati del terzo tipo, il film di Spielberg che sta guadagnandosi un grosso successo sugli schermi di tutto il mondo. Truffaut non è nuovo all'esperienza di attore: fu tra gli interpreti di Effetto notte e protagonista del « Ragazzo selvaggio ». Ma perché ha deciso di lavorare sotto la direzione di un collega?
L'ha spiegato nel corso di una lunga intervista al settimanale francese L'Express, e la spiegazione sembra quasi banale. Spielberg aveva pensato a lui per il ruolo di Lacombe, e lo ha fatto cercare da un amico comune: « All'inizio ho creduto ad un malinteso — ha detto Truffaut — perché non capisco l'inglese e non immaginavo si trattasse di recitare in francese.
Spielberg mi ha mandato la sceneggiatura, che ho letto senza capire, perche era molto tecnica. Poi ci siamo parlati al telefono, gli he fatto presente che non ero un attore, che potevo recitare soltanto me stesso, come in Effetto notte.
Ma alla fine ho accettato: avrei dovuto apparire soltanto in cinque scene, e pensavo che il tutto mi avrebbe portato via poco tempo ». Invece, l'avventura sul set lo ha coinvolto: « Fin dall'inizio, mi sono sentito attore — ha detto Truffaut — mi sono quasi femminizzato: volevo che Spielberg fosse contento di me».
Intanto, il suo subconscio di director registrava quello che accadeva intorno: « Mi sono reso conto di quanto gli attori siano tenuti al di fuori di tutto, di quanta gente non sia soddisfatta durante la lavorazione di un film.
Se girassi adesso Effetto notte, vi inserirei scene " private " fra gli attori ». Un regista « sensibile soltanto ai sentimenti » — come Truffaut si autodefinisce — è diventato attore in un film di fantascienza.
Un controsenso? Truffaut prende un po' le distanze dal « prodotto »: « Al massimo potrei essere affascinato dalla storia di due robot che si amano... Mi sento però solidale con questo film, da! momento che vi ho partecipato ».
Della lavorazione, ricorda con piacere gli aspetti poetici: alcuni bimbi dell'Alabama, che impersonano le « creature » venute da altri mondi, mentre si riposano appoggiati l'uno all'altro nei momenti di pausa, chiusi nei loro scafandri: « Ai nostri occhi, erano identici l'uno all'altro, ma fra loro si riconoscevano. Ogni tanto ne vedevo due picchiarsi, oppure tenersi per lo scafandro. Era talmente bello... ».
Ma ricordo con fastidio la macchina enorme di questa « superproduzione così rumorosa ». Di Spielberg, il regista francese ha detto «//'Express: « Ciò che mi ha affascinato davvero, è il suo coraggio. Da noi, a causa delle difficoltà economiche, c'è un irrefrenabile impulso al risparmio: ci regoliamo, ci arrangiamo.
Spielberg non sopprime mai, non semplifica mai ». Ora Truffaut è tornato nei suo guscio parigino, a fare — come egli dice — un lavoro da burocrate, tutti i giorni nell'ufficio della sua casa di produzione. Prepara un film a cui sta pensando da sette, otto anni. S'intitolerà La camera verde. « L'idea è questa — ha spiegalo Truffaut — è normale che il ricordo dei morti sfumi?
Io, a 46 anni, comincio ad essere circondato da estinti. Di tanto in tanto, gli amici che ho perduto mi mancano, come se fossero appena morti. Tema del film sarà la contraddizione fra il culto dei morti e l'amore dei vivi ».
m. v.
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05/01/2011, 13:22
Thethirdeye ha scritto:
Molto interessante rmnd.
Grazie...
Non vedo l'ora di leggere le cose riguardanti
gli Avvistamenti dell'Adriatico (sempre del 78)
05/01/2011, 13:35
rmnd ha scritto:
Comunque mi sembra che la sensibilità e la curiosità (magri anche un po' ingenua) della carta stampata dell'epoca fosse maggiore di quella odierna.
07/01/2011, 02:33
07/01/2011, 02:36
laStampa - 01.04.1978 - numero 74 - pagina 6
[color=blue]La magia e gli Ufo a Pinerolo
La «magia a Torino», nelle sue diverse manifestazioni occulte, è stata illustrata al Rotary Club di Pinerolo dalla giornalista Giuditta Dembech, che ha presentato l'argomento integrando la conferenza con interessanti documentazioni fotografiche.
Torino si troverebbe, secondo la studiosa di problemi esoterici, ad uno dei vertici del triangolo che la collega con Lione e Praga, e sarebbe stata nei secoli scorsi, come è tuttora, un centro di esperimenti magici, che vanno dalla ricerca della pietra filosofale ai culti più misteriosi dell'esoterismo.
Nei secoli scorsi fu meta di ricerche da parte di Paracelso, Nostrndamus, Cagliostro, come oggi è sede d'una setta di Esseni che in grande riservatezza segue la dottrina di cui fu seguace, secondo quanto essi sostengono, lo stesso Gesù Cristo. Secondo la Dembech il monte Musine, all'imbocco della Valle di Susa, sarebbe, in un certo senso, un punto di riferimento per gli extra terrestri, che in più occasioni sono stati segnalati nella zona con apparizioni e repentine scomparse delle loro astronavi.
Assai significativa è stata la proiezione d'una fotografia in cui viene riprodotta una piastra d'acciaio di notevoli dimensioni e considerevole peso, rinvenuta sulla sommità del monte. Sulla piastra è inciso un messaggio per l'umanità in cui vengono elencati, senza ordine cronologico, gli «iniziati» che hanno contribuito a rendere migliore la società.
Figurano tra gli altri i nomi di Cristo, Abramo, Mose, San Francesco e Martin Luther King e un invito a meditare per almeno tre minuti su questo messaggio.
Resta inspiegablle come sia potuto giungere sul posto, non accessibile se non attraverso mulattiere, tale misterioso reperto, né l'identità di un'apparizióne nella nebbia, fotografata di recente, d'una figura aureolata che protende le mani verso il cielo come ad Invocare protezione sull'umanità sottostante.
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07/01/2011, 02:40
StampaSera - 13.04.1978 - numero 84 - pagina 14
I NOSTRI GIORNI - Torino Magica
[color=blue]Si danno convegno Ufo e misteri attorno alla vetta del mite Musine
di Giuditta Dembech
All imbocco della Val Susa, ad una ventina di chilometri da Torino, il primo contrafforte roccioso delle Alpi è il monte Musine. Ad una prima rapida occhiata, non presenta nulla di particolare. Ad un più attento esame ci si accorge che il suo aspetto ha qualcosa di strano: la vegetazione attecchisce solo dalle pendici fino ad una certa altezza, dopodiché si nota una larga fascia completamente brulla, con terreno rossiccio e pietroso; superata questa zona, verso la cima crescono stentati cespugli, costantemente devastati da incendi.
Un paesaggio spoglio, cosparso di macigni, riarso, dove d'estate il calore e la siccità sono intollerabili. Quel qualcosa di fosco che traspare dal suo aspetto ha influenzato generazioni e generazioni di valligiani, che si tramandano leggende paurose. Dai loro racconti sembra che il monte sia popolato da entità malefiche. Anime dannate farebbero echeggiare nel bosco urla raccapriccianti, mentre strane processioni si svolgerebbero nelle strette gole in fondo ai valloni Le leggende sussistono e, a quelle tramandate dai vecchi se ne sovrappongono altre, moderne e complesse.
Circola con sempre maggiore insistenza la voce secondo cui il modesto monte sarebbe una base segreta sotterranea da cui misteriosi dischi volanti prenderebbero il volo per lontanissimi orizzonti. La presenza di questa base spiegherebbe; secondo alcuni il mistero della fascia priva di vegetazione, da addebitare ad emanazioni radioattive sprigionate dall'interno. Anche i frequenti incendi verrebbero causati dalle misteriose manovre nella base, che lasciano trapelare raffiche di energia. Centinaia di persone danno credito a queste voci Ogni domenica i sentieri sassosi sono percorsi da curiosi che vanno alla ricerca di impronte cosmiche. Campioni di terra bruciata vengono prelevati e conservati come reliquie nelle sedi dei numerosi gruppi ufologici cittadini
Fra gli adepti circolano fotografie scattate sul monte, in cui dovrebbero vedersi i segni dell'Ufo sul terreno. Ad un più cauto esame si potrebbe riconoscere in questi segni «prodigiosi», il luogo in cui si è abbattuto un fulmine, anche se questa è ipotesi meno affascinante. E'comunque probabile che la montagna sia traforata da gallerie. Il Musine, circa trecento milioni di anni fa, era un vulcano attivo; il magma incandescente sottopone la roccia ad una pressione fortissima, creandosi nuovi passaggi.
Bisogna però ammettere che misteriosi bagliori azzurri verdastri fluorescenti di dimensioni grandi e piccole, continuano ad essere visti da molti anche persone assolutamente razionali e degne di credito; molto spesso, anzi alcune preferiscono tacere o rivelare a pochissimi intimi il loro avvistamento per non passare per visionari. Forse il primo fenomeno Ufo della storia del Musine, risale al periodo neolitico.
Studiosi hanno confermato che in quell'epoca i fianchi del monte erano abitati ed il fondovalle paludoso era una inesauribile riserva di pesca. Il reperto è un lastrone di pietra su cui è graffito una scena singolare: quattro omini levano le braccia al cielo, solcato da tre soli di dimensioni diverse; un quarto omino è riverso per terra, forse morto {di paura). Visto sotto il profilo ufologico questa scena (se njon è opera di un allegro scultore contemporaneo) sembrerebbe veramente la cronaca di un passaggio insolito nel cielo; cronaca che migliaia di anni fa non poteva essere fatta diversamente. Gli studiosi però continuano a dire che si tratta della raffigurazione di tre fasi solari.
«Chi ha lasciato questo messaggio indubbiamente sapeva molte cose» ci ha detto la signora Germana Grosso, nota contattista con gli extraterrestri «Loro, usano il Musine non come base, ma come punto di riferimento proprio per via delle fortissime correnti elettromagnetiche che emette. Da migliaia d'anni è segnato nelle rotte interstellari degli abitanti di altri mondi, come altri punti simili sparsi ovunque sulla terra».
«Per me, questa montagna rappresenta una finestra aperta su un'altra dimensione», cosi dice Gigi Sorgno, ricercatore-detective della casistica UFO. «Vi avvengono fenomeni simili a quelli verificatisi sul monte Verugoli intorno a La Spezia. Sono come «punti di scambio» tra la nostra dimensione ed un'altra che non conosciamo, dalla quale arrivano i nostri visitatori extraterrestri. Altrettanto accade sul Etna, nelle colline metallifere in Toscana ed in un punto situato sotto al mare al largo delle coste di Pescara». In questo settore, abbiamo raccolto testimonianze disparate: un tecnico dell'esercito ha detto che esiste ai piedi del Musine un «cono d'ombra» in cui non è possibile ricevere le comunicazioni radio, anche se vengono solitamente usati trasmettitori piuttosto potenti
Un pilota di piccoli velivoli ha dichiarato invece che, sorvolando il monte, in alcuni punti vi sono interferenze magnetiche in grado di arrecare disturbi seri alla strumentazione di bordo.
Una studentessa di scienze naturali ha osservato come là flora del monte sia stranamente simile a quella dell'isola di Pantelleria.
Il perito industriale Pietro Cartella ci ha inviato fotografie nelle quali è documentato un singolare fenomeno di rifrazione: le figure di alcune persone appaiono «specchiate» in un banconi nebbia; il particolare più interessante è dovuto all'alone luminoso iridescente che s'intravede attorno al capo. «Per spiegare questa luminosità localizzata, dovremmo ricorrere agli esperimenti Kirlian, durante i quali viene visualizzata l'aura vitale di un individuo. Il fatto che questo sia avvenuto in modo naturale sul Musine, fa pensare che esista un forte campo elettromagnetico ionizzato».
Forse in questa montagna un mistero esiste, ma quale sia non ci è dato saperlo. Sono tutte congetture? Ipotesi campate in aria? Sono proprio tutti visionari anche quelli che hanno visto e tacciono? Forse la vera storia del Musine è ancora da scrivere.
Altro fatto insolito che ha avuto centinaia di testimoni avvenne nell'anno 966 quando il vescovo Amizone si recò in valle per consacrare la Sacra di San Michele appena costruita. Le cronache dell'epoca narrano che durante tutta la notte, il cielo era solcato da «travi e globi di fuoco».
Insolita e misteriosa è anche una lapide apparsa all'insaputa di tutti e collocata sulla vetta del monte, fissata con bulloni ad una stele di circa un metro e mezzo d'altezza: si trova a circa 30 metri dalla grande croce in cemento ed è in metallo lucido, inalterabile, eccone il testo sibillino:
«Qui è l'una antenna / dei 7 punti / elettrodinamici / che dal proprio / nucleo / incandescente vìvo / la terra tutta / respira emette / vita. / Qui operano / le astrali entità / che furono: / Hatshepsut / Echnaton / Gesù il Cristo / Maometto / Confucio / Abramo Il Budda / Gandhi / Martin Luther King / Francesco d'Assisi / e / anche tu se vuoi. / Alla fratellanza costruttiva / tra tutti i popòli / Pensaci / intensamente 3 minuti».
Come firma, staccato dal contesto, è scritto «Pensiero è costruzione».
Tralasciando il discorso sui «sette punti», dobbiamo constatare che le persone citate, che operano sotto formadi •entità», sono legate ti da un sottile filo conduttore ad eccezione di Hatshepsut che fu una donna-faraone neppure di eccezionale importanza (se non per il fatto appunto di essere donna tutti gli altri da Echnato a Francesco d'Assisi furono a loro modo dei riformatori religiosi.
Anche se nell'iscrizione non è rispettata la collocazione cronologica, supponiamo che nulla sia stato lasciato al caso o all'improvvisazione. Una cosa è certa, la lastra di metallo è stata collocata sul monte non più di cinque anni fa, sul perchè sia stata messa, da chi e con quale scopo, è impossibile rispondere.
Bardato Bardati, l'alchimista che abbiamo già presentato su queste colonne esaminando la fotografia ha commentato: <<Questa scritta ha un significato alchemico importantissimo, riservato agli iniziati>>. E dopo queste profonde parole, si è chiuso nel silenzio.[/color]
07/01/2011, 02:42
LaStampa - 23.04.1978 - numero 92 - pagina 5
Ufo E Fenomeni Paranormali
[color=blue]La voglia di credere
Tacito diceva: « Germani fìngimi et credimi ». A Napoli si dice: « 'A vecchia elicila ca vó, se sonila », il che, tradotto in italiano, significa: la vecchia si sogna quello che vuole. E tutto questo per dire che molto spesso gli uomini sono portati a credere a dei fenomeni, non perché confortati da deduzioni logiche, ma solo perché esiste in loro un irresistibile desiderio di credere che certe cose siano vere.
Qualche settimana fa ho visto in televisione Piero Angela smantellare con la massima serietà il mito di Uri Gcller. Per chi non lo sapesse, Uri Geller è un signore che da qualche tempo stupisce mezzo mondo piegando, con la sola forza del pensiero, chiavi e cucchiai altrui. Eppure, malgrado che in questa trasmissione si sia dimostrato con prove e testimonianze degne di fede che Uri Geller altro non è che un abile prestigiatore, molti telespettatori hanno continuato a giurare sulle sue presunte facoltà paranormali
La cosa che però più mi ha stupito è stato il sapere che alla Rai, dopo ogni esibizione di Geller. erano giunte migliaia di lettere di italiani che segnalavano il verificarsi di fatti analoghi e cioè: cucchiai spezzati, chiavi piegate e orologi messisi in moto spontaneamente. Ebbene, da indagini svolte al riguardo, si è potuto appurare che in ciascune di questi casi c'era sempre stato qualcuno che materialmente, ovvero con le mani, aveva piegato gli oggetti in questione e che quattro orologi su dieci, quando vengono agitati, sono in grado di mettersi a camminare da soli.
Per fare qualche altro esempio, sempre rimanendo nel settore del misterioso, prendiamo in esame l'attuale disponibilità esistente verso l'ufologia. Quindici milioni di persone, tra cui anche Jimmy Carter, dicono di aver visto in cielo oggetti non identificati, ovvero degli Ufo. ovvero dei dischi volanti. Ora poi. dopo l'offensiva scatenata dagli ultimi fìlms di fantlascienza: Guerre Stellari e Incontri ravvicinalidel terzo tipo, gli avvistamenti non si contano più, i club di ufologi crescono come funghi e i settimanali dedicano all'argomento ampi servizi.
Ne siete stupiti? E perché? La parola ascoltata attraverso un film è in pratica una mezza verità, quella stampata è « quasi » la verità e quella irradiata dalla televisiore è la verità. Se cinema, giornali e televisione hanno parlato degli Ufo vuol dire che gli Ufo esistono e chi non è d'accordo sappia che è pure antipatico. Oddio, chiariamo un concetto: qui non è che si vuole affermare che siamo i soli abitanti dell'universo, però una cosa è ammettere l'esistenza di altri mondi abitati ed una cosa è credere che questi turisti delle galassie siano continuamente fra noi.
Facciamoci un po' di conti: fino a poco tempo fa gli extra-terrestri per antonomasia erano i marziani; poi, a seguito delle visite fatte dai Mariners. abbiamo dovuto scartare l'ipotesi Marte e abbiamo rivolto lo sguardo ai pianeti degli altri sistemi solari. Ora dovete sapere che proprio vicino a noi c'è una stella chiamata Alfa-centauri, la cui distanza dalla Terra (quattro anni luce) è tale che per arrivarci con le nostre astronavi sarebbero necessari 500.000 anni di viaggio.
Qualcuno però potrebbe obiettare che tutto questo non significa niente, perché civiltà superiori alla nostra potrebbero disporre di mezzi mille volte più veloci ed arrivare qui in soli 500 anni. D'accordo, non ci soffermiamo sulle distanze, ma immaginiamo di essere noi questi astronauti provenienti da Alfa-centauri Che facciamo? Dopo tanti anni di viaggio arriviamo sulla Terra e ce ne torniamo indietro senza nemmeno cercare di fare due chiacchiere con gli abitanti di un pianeta appena scoperto?
Possibile che nessuno di questi alieni abbia mai detto: — Uè. fermiamoci un momento. Ci prendiamo un caffè e poi ce ne torniamo. — Nessuno che abbia avuto la curiosità di sapere come siamo fatti? Di conoscere quali minerali ci sono sulla Terra? Ma facciamo un paragone storico: immaginiamo di essere nell'anno del Signore 1492. E' il 12 ottobre. Un povero indigeno dell'isola di Guanahani. alle prime luci dell'alba, vede tre caravelle avvicinarsi alla costa. Poi. improvvisamente, queste strane imbarcazioni invertono la rotta e spariscono all'orizzonte. Il loro capo, un certo Cristoforo Colombo, aveva detto alla ciurma: — Signori, come vi avevo predetto queste sono le coste dell'Asia. Adesso però non perdiamo tempo, torniamo in Spagna ed informiamo la Regina. Il povero indigeno, stupito, sarebbe corso dal suo capo per raccontare l'accaduto: — Grande Capo, io avere visto tre Ufo venire dal mare. — E adesso dove stanno? — Essere spariti. — Ma non dire fesserie! E nessuno lo avrebbe creduto!
Luciano De Crescenzo
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07/01/2011, 02:49
LaStampa - 23.04.1978 - numero 92 - pagina 9
[color=blue]"Incontri ravvicinati di ogni tipo,, all'Erba
Affollano il teatro nell'attesa della salvezza da altri mondi
L'imprevisto successo delle conferenze sugli Ufo, sui fenomeni paranormali, sulla demonologia: "Tutto esaurito ogni sera " - Il sociologo: "Una speranza messianica "
Gente stipata fin sul palcoscenico, ragazzi seduti per terra tra i corridoi delle poltrone, code che si affollano alle entrate. Fin quando sono cominciati, al Teatro Erba, gli « incontri ravvicinati di ogni tipo », nei teatri torinesi non si registrava un « tutto esaurito » di queste proporzioni. Il titolo del popolare film è stato preso a prestito da una serie di conferenze dibattito iniziata circa un mese fa con scadenza settimanale (ogni lunedi) ed alla quale prendono parte un pubblico curioso ed eterogeneo e sul palco un tipo di « attori » quanto meno insoliti: maghi, parapsicologi, urologi, demonologi, i quali, con parole ed esperimenti, scuarciano il fitto velo del mistero che circonda le loro scienze (per l'appunto, occulte).
Il favore che riscuotono questi rendez-vous settimanali con l'insolito, non assume semplicemente aspetti quantitativi, ma si misura dal silenzio sospeso che accompagna in sala gli esperimenti più audaci, dal capannelli che a spettacolo concluso si formano nel foyer, dall'affluenza continua di spettatori che la direzione è costretta a respingere per mancanza di posti. Già si parla di un congresso del paranormale da tenersi, qui a Torino (città magica, come è noto) nel prossimo autunno. Tutti gli spettatori o quasi vengono comunque qui all'Erba con la confessata speranza di assistere a qualche avvenimento straordinario: poco importa se si tratti di una levitazione, di una trasmissione del pensiero (telepatia) o di moto (telecinesi) o del più n banale » esperimento del piattino che dialoga con l'aldilà.
Qualsiasi cosa, anche la semplice foto di un « Ufo » va bene, purché serva a lacerare il velo dell'inconoscibile riaffermando, se non la certezza che « qualcosa esiste », almeno quella che « qualcuno dice di aver visto qualcosa — come dicono gli ufologi, citando Einstein. E se poi l'esperimento in programma non riesce, almeno dal punto di vista meramente « spettacolare », c'è sempre la spiegazione che l'affollamento del teatro era eccessivo per consentire la realizzazione di certi fenomeni, come se le entità medianiche avessero pudore a rivelarsi ad un numero eccessivo di persone.
Alla curiosità, solo in parte soddisfatta, del numeroso pubblico si accompagna, costantemente, un misto di incredulità e di paura.
« Non ci credo — dice Maria Teresa, impiegata di 28 anni — ma preferisco non sfidare l'ignoto. Qui comunque vengo sempre con mia madre, così non sono sola quando torno a casa ».
Qualcun altro respinge la facile suggestione dell'occulto: « Se volessi le emozioni — dice Sergio Bianchini, progettista di 32 anni — mi accontenterei di quelle che ho guidando il deltaplano. Vengo qui — dice — perché brancolo nel buio e lo sconcerto aumenta a mano che si procede nel mistero. Secondo me, però, molti di questi fenomeni sono benissimo spiegabili con l'ipnosi e la suggestione collettiva ».
Riecheggia le parole di un noto « ricercatore di ufologia », Gianni Settimo, relatore alla seconda conferdenza dibattito: <Vedere un Ufo è difficile — dice Settimo — volerlo vedere è facile. Basta, appunto, volere »: restringendo così l'interpretazione ufologica ad un fenomeno di autosuggestione.
« Anch'io sono venuta all'Erba per saperne qualcosa di più », confessa una ragazza di 22 anni. Si è votata alla scoperta del mistero un anno fa, quando facendo il gioco del piattino con un gruppo di amici seppe che di lì ad un mese se ne sarebbe andata di casa (cosa che Infatti avvenne) e che si sarebbe sposata (ma questo non l'ha ancora fatto). «Ma chi mi dice che quella previsione non fosse solo una proiezione del mio subconscio? Io sapevo — dice — che me ne sarei andata e il piattino non ha fatto che confermare i miei sentimenti ».
La parola al sociologo. Secondo Franco Garelli, dell'Università di Torino: « Il fenomeno, intendo dire il fenomeno del successo che questi "incontri" riscuotono, è facilmente collocabile in un contesto di crisi. In tempi di diminuite certezze — dice Garelli — si cerca una risposta alla insicurezza sociale. E' anche questo un fenomeno di aggregazione accostabile a quello giovanile ». Con altri suoi colleghi Garelli è d'accordo nel definire comunque l'interesse per il paranormale « un sostitutivo della ricerca religiosa, intesa in senso lato, caratteristico anche di altri periodi di incertezza storico-sociale ».
Sembra, a sentire un ufologo, che il fenomeno sia addirittura costante nella storia: nella seconda metà di ogni secolo, se| condo questa teoria si verifiche; rebbe un culmine di interesse per ; l'occulto con punte maggiori verso gli anni 80. Ci fu il boom ; dello spiritismo alla fine del secolo scorso, quello del mesmerismo e Cagliostro alla fine del ; '700. Noi del '900 stiamo proprio ] ora entrando nella fase più « calda » di questa aspettativa messianica di una salvezza che ci giunga dall'esterno, da altri mondi: una aspettativa mistica che nasce dalla lucida disperazione con cui si vive il presente.
Massimo Boccalettì[/color]
07/01/2011, 02:51
LaStampa - 29.04.1978 - numero 97 - pagina 1
Settanta appassionati inaugurano il telescopio che hanno costruito
[color=blue]Guardano stelle ma non vedono Ufo gli "astronomi" di Vezzi Portio
Impiegati, professionisti, studenti con l'hobby dei pianeti si riuniscono a Campei
Le osservazioni "realistiche,, del gruppo ricordate dal presidente Mario Monaco
Vezzi Portio — Si ritrovano quasi tutte le settimane di notte per scrutare il cielo. Sono i settanta membri del Gruppo astrofili savonesi che raccoglie impiegati, professionisti, studenti con l'hobby delle stelle e dei pianeti.
Quella di oggi è per loro una data importante. A Campei, una borgata di Vezzi Portio, si inaugura nel pomeriggio (alle 16) il nuovo telescopio riflettore da 25 centimetri di diametro. La stazione astronomica, una specola eretta sopra un rustico, ha quasi sei anni di vita. Entrò in funzione nel giugno 1972. Da allora l'attività del Gruppo astrofili savonesi è stata incessante e ricca di soddisfazioni, come ricorda il presidente Mario Monaco, un postelegrafonico di Finale Ligure, che fa parte del direttivo con il segretario tesoriere dottor Igor Altieri di Savona e i consiglieri Valerio Testa di Savona, Egidio Marchesotti ed Ezio Vassallo di Albissola. - 'Abbiamo compiuto molte osservazioni didattiche e fotografato campi stellari — dice Monaco —. Particolarmente riuscite sono statele immagini scattate nel 1974 alla cometa Kohoutek che ci hanno fruttato gli elogi della Société Astronomique de Exance. Altre foto degne di nota sono quelle relative al passaggio di Mercurio sul Sole, alla nebulosa M42in Orione e alla Testa di Cavallo in Orione».
Un'attività che ha affascinato tanti giovani, soprattutto fra gli allievi del liceo scientifico di Savona, e che ha portato un numero sempre maggiore di appassionati a seguire le conferenze tecniche tenute ogni settimana a Savona. Era quindi indispensabile potenziare le apparecchiature scientifiche dell'osservatorio di Campei. Spiega Monaco: «Il nuovo telescopio lo abbiamo costrutto da soli, artigianalmente, ma ci permetterà di migliorare molto lo studio della volta celeste. Ha infatti tre funzioni: l'osservazione delle nebulose e'degli' ammassi stellari, l'osservazione dei pianeti e delle stelle doppie e infine la possibilità di fare fotografie più perfette e curate nei dettagli». Per queste sue iniziative il Gruppo, che si autofinanzia (tranne qualche piccolo contributo avuto dalla Cassa di Risparmio di Savona) è seguito con simpatia anche fuori della Liguria.
E gli Ufo di cui si fa un gran parlare? Ne sono mai stati avvistati dalla specola di Campei? Monaco sorride: -Siamo persone "di scienza", dobbiamo attenerci alla realtà e sfrondare l'alberello ufologico. Molti fenomeni che sembrano straordinari possono invece essere spiegati razionalmente. Crediamo che possano esistere altri mondi abitati, ma da qui a dire che la terra è popolata di extraterrestri ce ne corre. Noi di Ufo non ne abbiamo mai visti».
Stefano Delfino[/color]
09/01/2011, 02:43