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MessaggioInviato: 07/02/2014, 10:13 
cari amici,
BELZONI, grande archeologo "italiano"
http://it.wikipedia.org/wiki/Giovanni_Battista_Belzoni

ciao
mauro



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sono lo scuro della città di Jaffa
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Marziano
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MessaggioInviato: 07/02/2014, 23:50 
Maxpower,qualora avessi ragione su "icongruenze" storiche sull'aspetto di dei colonizzatori,cosa dimostrerebbe secondo te?



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Alessio
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MessaggioInviato: 08/02/2014, 02:30 
dimostra che in epoche ancestrali quelle popolazioni hanno ricevuto visite da parte di persone di razza caucasica e dunque la storiella che le Americhe siano state scoperte da colombo 500 anni fa e che prima tali popolazioni non avessero avuto alcun contatto con gli altri popoli è una scemenza, ma questo lo si sa già.

E' ormai noto che già i vichinghi approdarono in america del nord e a mio avviso in sud america arrivarono i fenici, popolo di grandi navigatori, ciò spiegherebbe LE TESTE OLMECHE che rappresentano quelle etnie nonostante non si sarebbero potute incontrare per COME MINIMO mille anni.

Il punto non è avere ragione o meno, perchè le tradizioni di quei popoli sono documentate quindi si tratta solo di prenderne atto. Il punto è spiegare in maniera coerente gli eventi tenendo conto di tutto, invece di considerare solo ciò che si adatta alla storiografia ufficiale ed ormai diventata un dogma e scartare tutto ciò che invece diverge. Dal mio punto di vista bisognerebbe fare l'opposto: considerare le prove e costruirci una teoria.

LE tradizioni dei popoli sud americane inoltre sono perfettamente sovrapponibili con le tradizioni di tutti i popoli del mondo, o quanto meno di quelli medio-orientali, europei e del continente americano (non conosco i miti asiatici) tutti questi popoli ci narrano di uomini BIANCHI e BARBUTI che hanno portato la civilizzazione dopo gli eventi che sconvolsero la terra 12mila anni fa; e poi sono andati via, nel caso degli Atztechi e dei Maya verso est.

Cita:
I Sumeri, (o Shumeri da Shumer) infatti, chiamavano se stessi sag-giga, letteralmente "la gente dalla testa nera"[2] e la loro terra Ki-en-gi, "luogo dei signori civilizzati"


Chi erano questi signori civilizzati? E perchè si denominavano popolo dalla "testa nera?" forse per differenziarsi dai loro "signori" che risulta fossero "bianchi"?

Insomma perchè quei popoli avrebbero dovuto identificare i loro dei utilizzando connotati del tutto "alieni" rispetto alla tipologia di UOMO che loro conoscevano(e non potevano conoscerne altre a quanto ne sappiamo)? Perché uomini bianchi, se loro non ne avevano mai visti?

Non è una domanda a cui varrebbe la pena di rispondere e da cui partire per "decifrare" il resto invece di accantonarla e basta?

Peccato che in sud america si potrà fare poco visto lo SCEMPIO fatto dai coloni spagnoli che bruciarono quasi tutti i codici e gli scritti di quei popoli. L'unica speranza è che riemerga qualcosa rimasto sepolto nella giungla ma come si suol dire: campa cavallo...

Queste cose a te non incuriosiscono e ti insinuano il dubbio che ci sia qualcosa di GROSSO che ci sfugge o che in mala fede viene ignorato?

C'è una sapere comune ed una comune memoria storica che permea la nostra specie, questo sapere globale da chi è arrivato e soprattutto perchè è globale se per migliaia di anni non c'è stato nessun popolo davvero globale?


Ultima modifica di MaxpoweR il 08/02/2014, 02:40, modificato 1 volta in totale.


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la prima religione nasce quando la prima scimmia, guardando il sole, dice all'altra scimmia: "LUI mi ha detto che TU devi dare A ME la tua banana. (cit.)
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MessaggioInviato: 11/02/2014, 23:54 
Cita:
Thethirdeye ha scritto:

Cita:
drake ha scritto:

per fortuna esiste la scienza, di aria fritta non sò cosa farmene

Per fortuna esistono le persone che ragionano....

Altrimenti, in nome della scienza, potevamo essere
plagiati ancor di più... rispetto a quanto già non siamo....


Immagino ti riferisci al canone rai [:o)]


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MessaggioInviato: 12/02/2014, 00:02 
Cita:
MaxpoweR ha scritto:

dimostra che in epoche ancestrali quelle popolazioni hanno ricevuto visite da parte di persone di razza caucasica e dunque la storiella che le Americhe siano state scoperte da colombo 500 anni fa e che prima tali popolazioni non avessero avuto alcun contatto con gli altri popoli è una scemenza, ma questo lo si sa già.

E' ormai noto che già i vichinghi approdarono in america del nord e a mio avviso in sud america arrivarono i fenici, popolo di grandi navigatori, ciò spiegherebbe LE TESTE OLMECHE che rappresentano quelle etnie nonostante non si sarebbero potute incontrare per COME MINIMO mille anni.

Il punto non è avere ragione o meno, perchè le tradizioni di quei popoli sono documentate quindi si tratta solo di prenderne atto. Il punto è spiegare in maniera coerente gli eventi tenendo conto di tutto, invece di considerare solo ciò che si adatta alla storiografia ufficiale ed ormai diventata un dogma e scartare tutto ciò che invece diverge. Dal mio punto di vista bisognerebbe fare l'opposto: considerare le prove e costruirci una teoria.

LE tradizioni dei popoli sud americane inoltre sono perfettamente sovrapponibili con le tradizioni di tutti i popoli del mondo, o quanto meno di quelli medio-orientali, europei e del continente americano (non conosco i miti asiatici) tutti questi popoli ci narrano di uomini BIANCHI e BARBUTI che hanno portato la civilizzazione dopo gli eventi che sconvolsero la terra 12mila anni fa; e poi sono andati via, nel caso degli Atztechi e dei Maya verso est.

Cita:
I Sumeri, (o Shumeri da Shumer) infatti, chiamavano se stessi sag-giga, letteralmente "la gente dalla testa nera"[2] e la loro terra Ki-en-gi, "luogo dei signori civilizzati"


Chi erano questi signori civilizzati? E perchè si denominavano popolo dalla "testa nera?" forse per differenziarsi dai loro "signori" che risulta fossero "bianchi"?

Insomma perchè quei popoli avrebbero dovuto identificare i loro dei utilizzando connotati del tutto "alieni" rispetto alla tipologia di UOMO che loro conoscevano(e non potevano conoscerne altre a quanto ne sappiamo)? Perché uomini bianchi, se loro non ne avevano mai visti?

Non è una domanda a cui varrebbe la pena di rispondere e da cui partire per "decifrare" il resto invece di accantonarla e basta?

Peccato che in sud america si potrà fare poco visto lo SCEMPIO fatto dai coloni spagnoli che bruciarono quasi tutti i codici e gli scritti di quei popoli. L'unica speranza è che riemerga qualcosa rimasto sepolto nella giungla ma come si suol dire: campa cavallo...

Queste cose a te non incuriosiscono e ti insinuano il dubbio che ci sia qualcosa di GROSSO che ci sfugge o che in mala fede viene ignorato?

C'è una sapere comune ed una comune memoria storica che permea la nostra specie, questo sapere globale da chi è arrivato e soprattutto perchè è globale se per migliaia di anni non c'è stato nessun popolo davvero globale?





Se la terra e gli abitanti fossero il simcity di qualcuno ?
Mi vengono i brividi solo a pensarlo...
Man in black sigla finale rende molto l,idea....


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MessaggioInviato: 12/02/2014, 00:36 
beh potrebbe tranquillamente esserlo :)



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MessaggioInviato: 13/02/2014, 04:13 
Cita:
drake ha scritto:

Cita:
Thethirdeye ha scritto:

Cita:
drake ha scritto:

per fortuna esiste la scienza, di aria fritta non sò cosa farmene

Per fortuna esistono le persone che ragionano....

Altrimenti, in nome della scienza, potevamo essere
plagiati ancor di più... rispetto a quanto già non siamo....


Immagino ti riferisci al canone rai [:o)]


No drake... mi riferisco a questo:

Tratto da Cantonate d’autore: da Darwin a Einstein
http://www.lastampa.it/2013/10/28/scien ... agina.html

Bisognerebbe avere il coraggio di dire con brutale chiarezza che una cosa sono gli “errori” della scienza, un’altra le approssimazioni o addirittura le falsificazioni in malafede. L’errore di solito è onesto. Un errore consapevole non è un errore, è un atto truffaldino.

Che le cose stiano così lo dimostra il fatto che da sempre nella scienza molto si impara dagli errori. Anzi. Spesso l’errore è prezioso quanto un risultato corretto e talvolta, rispetto a quest’ultimo, è persino più utile, perché può aprire nuove strade prima insospettabili: in ciò, l’errore è maestro. Mario Livio, 68 anni, romeno di nascita ma cittadino israeliano che vive negli Stati Uniti, astrofisico coordinatore della ricerca all’Istituto del Telescopio Spaziale “Hubble” di Baltimora, si è proposto di darne più di una prova in un libro che, senza eufemismi né esitazioni, ha intitolato esplicitamente “Cantonate” (Rizzoli, 450 pagine, 18 euro).

Probabilmente nel metter mano al lavoro Livio si è trovato di fronte all’imbarazzo della scelta e alla necessità di delimitare la sua indagine. Così ha optato per le “cantonate” che hanno a che vedere con l’idea di evoluzione. L’evoluzione biologica, quella geologica e quella cosmica. La cosa curiosa e interessante è che i tre ambiti dell’evoluzione prescelti, benché separati e lontani, nel corso degli ultimi due secoli hanno originato una sorta di corsa a staffetta scientifica nella quale un errore apriva la strada a una scoperta in un campo diverso e a qualche nuovo errore, che tuttavia si rivelava a modo suo utile e illuminante e così via.

Grandi scienziati fanno grandi scoperte ma anche, quasi inevitabilmente, grandi errori. Il primo errore analizzato da Livio riguarda Charles Darwin e la nascita stessa della teoria dell’evoluzione biologica. Teoria che è tuttora il paradigma fondamentale della biologia, indispensabile per inquadrare l’intera conoscenza scientifica del mondo vivente. Eppure Darwin, padre della teoria, sostenne la sua teoria in modo del tutto sbagliato. Ciò che mancava a Darwin era una idea corretta della genetica, e fin qui, tenendo conto dei tempi, la cosa è giustificabile. Più grave è il fatto che nel calcolare la trasmissione genetica dei caratteri delle specie Darwin abbia commesso un errore di matematica elementare.

La coraggiosa tesi di Darwin è che le specie viventi non sono qualcosa di fisso ma impercettibilmente cambiano di generazione in generazione, fino a quando compare una nuova specie. Sul lungo periodo si determinano quindi moltissime specie diverse, selezionate dal loro adattamento all’ambiente. Concetto giusto. Il guaio è che Darwin immaginava la trasmissione del patrimonio genetico dai genitori ai figli come la mescolanza di due vernici di colore diverso che danno origine a un terzo colore intermedio. Se così fosse, sarebbe praticamente impossibile la selezione di un carattere meglio adattato per la sopravvivenza. Non serve neppure concedere alla natura tempi lunghissimi. Anzi, in poche generazioni quel carattere si perderebbe, come – nella diluizione di un cocktail per metà di acqua e per metà di gin con un altro 50 per cento di acqua e poi ancora un altro 50 per cento e così via – in capo a una decina di diluizioni il gin si ridurrebbe a una parte su 10 miliardi, cioè non sarebbe più percepibile.

In realtà i geni di padre e madre confluiscono nella loro discendenza non mescolandosi come liquidi ma in modo ”discreto”, “atomistico”, dove gli “atomi” sono i singoli geni. Così un gene mutato (o non mutato) può rimanere inespresso per generazioni e poi riemergere con efficacia intatta e rafforzarsi ulteriormente nell’incontro con un portatore dello stesso gene. Gregor Mendel, pur non possedendo ancora il concetto di gene, comprese perfettamente il meccanismo grazie ai suoi esperimenti su 28 mila piante di piselli e descrisse le leggi della genetica nel 1865. Ma Darwin non lesse mai i lavori di Mendel, benché nella propria biblioteca avesse un libro che spiegava le leggi mendeliane dell’ereditarietà biologica. Mario Livio è andato a cercarlo: ha ancora le pagine da tagliare. Mendel viceversa possedeva la seconda edizione de “L’origine delle specie” del1863.

Con le leggi di Mendel l’evoluzione biologica diventa possibile entro tempi ragionevoli, consistenti con i dati sperimentali. Ma sono pur sempre tempi molto lunghi rispetto a quella che si stimava fosse l’età della Terra. In base alla Bibbia l’origine del nostro pianeta fu collocata 3928 avanti Cristo da John Lighfoot (1642, Università di Cambridge) e nel 4004 avanti Cristo (23 ottobre, per la precisione) dal vescovo di Armagh (1625). Ma anche tralasciando le datazioni su base, diciamo così, “dogmatica”, le stime rimasero a lungo assai imprecise. Newton valutò il tempo di raffreddamento di una massa pari a quella Terra e ottenne circa 50 mila anni, Leclerc de Buffon 75 mila. Intanto si accumulavano prove geologiche fossili che suggerivano tempi molto più lunghi.

Affrontò allora il problema il grande Lord Kelvin (William Thomson), il più autorevole scienziato della seconda metà dell’Ottocento. Kelvin utilizzò dati sulla conduzione termica e rilievi della temperatura del sottosuolo, che nella crosta terrestre aumenta di circa 3°C ogni 100 metri. Arrivò così a una stima di 98 milioni di anni. Ipotizzando che il Sole si mantenesse caldo per contrazione gravitazionale, Kelvin trovò una età della nostra stella compatibile con quella terrestre. Questo errore di valutazione condizionò l’intera comunità scientifica per mezzo secolo, fino a quando qualche dubbio fu insinuato dalla scoperta della radioattività, cioè da una sorgente di energia prima del tutto ignota. Si arrivò così a stime vicine alla realtà – circa 4,5 miliardi di anni – infine precisate dalla datazione di meteoriti. Intanto grazie a Eddington e Bethe, anche l’età del Sole si affiancò a quella della Terra.

Dunque per l’età dell’universo si deve ragionare non in milioni ma in miliardi di anni. Con la scoperta dell’espansione dell’universo da parte di Lemaitre e Hubble tuttavia si capì che anche il cosmo è in evoluzione, e quindi una data di nascita e una esistenza (forse) finita. Ma filosoficamente l’idea di universo infinito nello spazio e nel tempo è senza dubbio più attraente. Qui Mario Livio ha l’opportunità di raccontare sia l’errore di Einstein a proposito della “costante cosmologica” (errore ora da ridimensionare alla luce dell’espansione accelerata dell’universo scoperta nel 1998) sia la contrapposizione tra i sostenitori del Big Bang e i teorici del cosiddetto “stato stazionario”, cioè essenzialmente Fred Hoyle, Thomas Gold ed Hermann Bondi.

Per sostenere la loro tesi Hoyle e compagni non esitarono a immaginare la creazione continua di materia dal nulla grazie a meccanismi quantistici. Ma furono travolti dalle osservazioni sperimentali a favore del Big Bang: non soltanto il moto di allontanamento delle galassie ma anche il rapporto idrogeno/deuterio e, soprattutto, la scoperta nel 1965 della radiazione cosmica di fondo. Geniale come pochi altri scienziati, Hoyle commise il suo errore più che altro per un pregiudizio “ideologico”, e un altro suo errore fu affermare che la vita arrivò sulla Terra dallo spazio, e che dallo spazio arrivano tuttora certe epidemie di influenza o altri malanni virali. Ciò non toglie che nel delineare la sintesi degli elementi pesanti dentro le stelle e nelle loro esplosioni Hoyle abbia dato uno dei più grandi contributi alla conoscenza di tutti i tempi.

Tralasciando l’interessante e approfondito discorso sul principio antropico, che intreccia biologia e cosmologia, un ampio capitolo Mario Livio dedica anche a Linus Pauling, uno dei più grandi chimici mai esistiti, due volte premio Nobel (la seconda volta per la Pace). I meriti scientifici di Pauling nella chimica del Novecento sono immensi. Eppure egli commise un errore grossolano nell’affrontare un problema fondamentale: quello della struttura del DNA. Livio racconta nei minimi particolari la vicenda, ed è sorprendente che, come Darwin commise un banale errore di matematica elementare, così Pauling cadde in una svista che persino uno studente del primo anno di Chimica avrebbe evitato.

La conclusione di Mario Livio ricalca una battuta dell’”Ulisse” di James Joyce: “Un genio non sbaglia. I suoi errori sono cercati e sono l’anticamera delle scoperte.” Resta da capire perché tante menti geniali si siano irrimediabilmente abbarbicati ai loro errori contro ogni evidenza contraria. La spiegazione che offre Mario Livio è molto concreta: “La moderna neuroscienza ha mostrato in modo non ambiguo che la corteccia orbitofrontale (una regione della corteccia cerebrale anteriore) integra le emozioni nel flusso del pensiero razionale. In altre parole, gli uomini non sono fatti per ragionare in modo completamente freddo, escludendo le emozioni.”.

E poi, diciamo la verità: ci sono errori che sono persino più belli delle scoperte.


Ovviamente, ce ne sono di più pesanti... se vuoi li posto.



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"…stanno uscendo allo scoperto ora, amano annunciare cosa stanno per fare, adorano la paura che esso può creare. E’ come la bassa modulazione nel ruggito di una tigre che paralizza la vittima prima del colpo. Inoltre, la paura nei cuori delle masse risuona come un dolce inno per il loro signore". (Capire la propaganda, R. Winfield)

"Onesto è colui che cambia il proprio pensiero per accordarlo alla verità. Disonesto è colui che cambia la verità per accordarla al proprio pensiero". Proverbio Arabo

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caro TTE,
Cita:
e un altro suo errore fu affermare che la vita arrivò sulla Terra dallo spazio,


come dimostra che è un errore? [;)]

ciao
mauro



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Cita:
mauro ha scritto:

caro TTE,
Cita:
e un altro suo errore fu affermare che la vita arrivò sulla Terra dallo spazio,


come dimostra che è un errore? [;)]

ciao
mauro


Non lo dimostra. Ma una cosa per volta però...... secoli di balle,
non si smontano dall'oggi al domani... e comunque, non sarà MAI
una sola persona, molto probabilmente, ad avere lo scettro della
verità in mano no? [:o)]


PS: chiedo scusa per l'off topic.... [:I]

Ne stiamo parlando qui:
http://www.ufoforum.it/topic.asp?whichp ... _ID=317958

Lasciamo questa discussione a Biglino.... [;)]



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Cita:
Thethirdeye ha scritto:

Cita:
drake ha scritto:

Cita:
Thethirdeye ha scritto:

[quote]drake ha scritto:

per fortuna esiste la scienza, di aria fritta non sò cosa farmene

Per fortuna esistono le persone che ragionano....

Altrimenti, in nome della scienza, potevamo essere
plagiati ancor di più... rispetto a quanto già non siamo....


Immagino ti riferisci al canone rai [:o)]


No drake... mi riferisco a questo:

Tratto da Cantonate d’autore: da Darwin a Einstein
http://www.lastampa.it/2013/10/28/scien ... agina.html

Bisognerebbe avere il coraggio di dire con brutale chiarezza che una cosa sono gli “errori” della scienza, un’altra le approssimazioni o addirittura le falsificazioni in malafede. L’errore di solito è onesto. Un errore consapevole non è un errore, è un atto truffaldino.

Che le cose stiano così lo dimostra il fatto che da sempre nella scienza molto si impara dagli errori. Anzi. Spesso l’errore è prezioso quanto un risultato corretto e talvolta, rispetto a quest’ultimo, è persino più utile, perché può aprire nuove strade prima insospettabili: in ciò, l’errore è maestro. Mario Livio, 68 anni, romeno di nascita ma cittadino israeliano che vive negli Stati Uniti, astrofisico coordinatore della ricerca all’Istituto del Telescopio Spaziale “Hubble” di Baltimora, si è proposto di darne più di una prova in un libro che, senza eufemismi né esitazioni, ha intitolato esplicitamente “Cantonate” (Rizzoli, 450 pagine, 18 euro).

Probabilmente nel metter mano al lavoro Livio si è trovato di fronte all’imbarazzo della scelta e alla necessità di delimitare la sua indagine. Così ha optato per le “cantonate” che hanno a che vedere con l’idea di evoluzione. L’evoluzione biologica, quella geologica e quella cosmica. La cosa curiosa e interessante è che i tre ambiti dell’evoluzione prescelti, benché separati e lontani, nel corso degli ultimi due secoli hanno originato una sorta di corsa a staffetta scientifica nella quale un errore apriva la strada a una scoperta in un campo diverso e a qualche nuovo errore, che tuttavia si rivelava a modo suo utile e illuminante e così via.

Grandi scienziati fanno grandi scoperte ma anche, quasi inevitabilmente, grandi errori. Il primo errore analizzato da Livio riguarda Charles Darwin e la nascita stessa della teoria dell’evoluzione biologica. Teoria che è tuttora il paradigma fondamentale della biologia, indispensabile per inquadrare l’intera conoscenza scientifica del mondo vivente. Eppure Darwin, padre della teoria, sostenne la sua teoria in modo del tutto sbagliato. Ciò che mancava a Darwin era una idea corretta della genetica, e fin qui, tenendo conto dei tempi, la cosa è giustificabile. Più grave è il fatto che nel calcolare la trasmissione genetica dei caratteri delle specie Darwin abbia commesso un errore di matematica elementare.

La coraggiosa tesi di Darwin è che le specie viventi non sono qualcosa di fisso ma impercettibilmente cambiano di generazione in generazione, fino a quando compare una nuova specie. Sul lungo periodo si determinano quindi moltissime specie diverse, selezionate dal loro adattamento all’ambiente. Concetto giusto. Il guaio è che Darwin immaginava la trasmissione del patrimonio genetico dai genitori ai figli come la mescolanza di due vernici di colore diverso che danno origine a un terzo colore intermedio. Se così fosse, sarebbe praticamente impossibile la selezione di un carattere meglio adattato per la sopravvivenza. Non serve neppure concedere alla natura tempi lunghissimi. Anzi, in poche generazioni quel carattere si perderebbe, come – nella diluizione di un cocktail per metà di acqua e per metà di gin con un altro 50 per cento di acqua e poi ancora un altro 50 per cento e così via – in capo a una decina di diluizioni il gin si ridurrebbe a una parte su 10 miliardi, cioè non sarebbe più percepibile.

In realtà i geni di padre e madre confluiscono nella loro discendenza non mescolandosi come liquidi ma in modo ”discreto”, “atomistico”, dove gli “atomi” sono i singoli geni. Così un gene mutato (o non mutato) può rimanere inespresso per generazioni e poi riemergere con efficacia intatta e rafforzarsi ulteriormente nell’incontro con un portatore dello stesso gene. Gregor Mendel, pur non possedendo ancora il concetto di gene, comprese perfettamente il meccanismo grazie ai suoi esperimenti su 28 mila piante di piselli e descrisse le leggi della genetica nel 1865. Ma Darwin non lesse mai i lavori di Mendel, benché nella propria biblioteca avesse un libro che spiegava le leggi mendeliane dell’ereditarietà biologica. Mario Livio è andato a cercarlo: ha ancora le pagine da tagliare. Mendel viceversa possedeva la seconda edizione de “L’origine delle specie” del1863.

Con le leggi di Mendel l’evoluzione biologica diventa possibile entro tempi ragionevoli, consistenti con i dati sperimentali. Ma sono pur sempre tempi molto lunghi rispetto a quella che si stimava fosse l’età della Terra. In base alla Bibbia l’origine del nostro pianeta fu collocata 3928 avanti Cristo da John Lighfoot (1642, Università di Cambridge) e nel 4004 avanti Cristo (23 ottobre, per la precisione) dal vescovo di Armagh (1625). Ma anche tralasciando le datazioni su base, diciamo così, “dogmatica”, le stime rimasero a lungo assai imprecise. Newton valutò il tempo di raffreddamento di una massa pari a quella Terra e ottenne circa 50 mila anni, Leclerc de Buffon 75 mila. Intanto si accumulavano prove geologiche fossili che suggerivano tempi molto più lunghi.

Affrontò allora il problema il grande Lord Kelvin (William Thomson), il più autorevole scienziato della seconda metà dell’Ottocento. Kelvin utilizzò dati sulla conduzione termica e rilievi della temperatura del sottosuolo, che nella crosta terrestre aumenta di circa 3°C ogni 100 metri. Arrivò così a una stima di 98 milioni di anni. Ipotizzando che il Sole si mantenesse caldo per contrazione gravitazionale, Kelvin trovò una età della nostra stella compatibile con quella terrestre. Questo errore di valutazione condizionò l’intera comunità scientifica per mezzo secolo, fino a quando qualche dubbio fu insinuato dalla scoperta della radioattività, cioè da una sorgente di energia prima del tutto ignota. Si arrivò così a stime vicine alla realtà – circa 4,5 miliardi di anni – infine precisate dalla datazione di meteoriti. Intanto grazie a Eddington e Bethe, anche l’età del Sole si affiancò a quella della Terra.

Dunque per l’età dell’universo si deve ragionare non in milioni ma in miliardi di anni. Con la scoperta dell’espansione dell’universo da parte di Lemaitre e Hubble tuttavia si capì che anche il cosmo è in evoluzione, e quindi una data di nascita e una esistenza (forse) finita. Ma filosoficamente l’idea di universo infinito nello spazio e nel tempo è senza dubbio più attraente. Qui Mario Livio ha l’opportunità di raccontare sia l’errore di Einstein a proposito della “costante cosmologica” (errore ora da ridimensionare alla luce dell’espansione accelerata dell’universo scoperta nel 1998) sia la contrapposizione tra i sostenitori del Big Bang e i teorici del cosiddetto “stato stazionario”, cioè essenzialmente Fred Hoyle, Thomas Gold ed Hermann Bondi.

Per sostenere la loro tesi Hoyle e compagni non esitarono a immaginare la creazione continua di materia dal nulla grazie a meccanismi quantistici. Ma furono travolti dalle osservazioni sperimentali a favore del Big Bang: non soltanto il moto di allontanamento delle galassie ma anche il rapporto idrogeno/deuterio e, soprattutto, la scoperta nel 1965 della radiazione cosmica di fondo. Geniale come pochi altri scienziati, Hoyle commise il suo errore più che altro per un pregiudizio “ideologico”, e un altro suo errore fu affermare che la vita arrivò sulla Terra dallo spazio, e che dallo spazio arrivano tuttora certe epidemie di influenza o altri malanni virali. Ciò non toglie che nel delineare la sintesi degli elementi pesanti dentro le stelle e nelle loro esplosioni Hoyle abbia dato uno dei più grandi contributi alla conoscenza di tutti i tempi.

Tralasciando l’interessante e approfondito discorso sul principio antropico, che intreccia biologia e cosmologia, un ampio capitolo Mario Livio dedica anche a Linus Pauling, uno dei più grandi chimici mai esistiti, due volte premio Nobel (la seconda volta per la Pace). I meriti scientifici di Pauling nella chimica del Novecento sono immensi. Eppure egli commise un errore grossolano nell’affrontare un problema fondamentale: quello della struttura del DNA. Livio racconta nei minimi particolari la vicenda, ed è sorprendente che, come Darwin commise un banale errore di matematica elementare, così Pauling cadde in una svista che persino uno studente del primo anno di Chimica avrebbe evitato.

La conclusione di Mario Livio ricalca una battuta dell’”Ulisse” di James Joyce: “Un genio non sbaglia. I suoi errori sono cercati e sono l’anticamera delle scoperte.” Resta da capire perché tante menti geniali si siano irrimediabilmente abbarbicati ai loro errori contro ogni evidenza contraria. La spiegazione che offre Mario Livio è molto concreta: “La moderna neuroscienza ha mostrato in modo non ambiguo che la corteccia orbitofrontale (una regione della corteccia cerebrale anteriore) integra le emozioni nel flusso del pensiero razionale. In altre parole, gli uomini non sono fatti per ragionare in modo completamente freddo, escludendo le emozioni.”.

E poi, diciamo la verità: ci sono errori che sono persino più belli delle scoperte.


Ovviamente, ce ne sono di più pesanti... se vuoi li posto.

[/quote]
Ma infatti ho scritto x fortuna c"è , chi dà per verità cose non dimostrate e chi ci studia nel giusto o nell,errore ... Tu da che parte stai?


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il problema è che le cose "non dimostrate" o "scarsamente dimostrate" vengono fatte passare per verità acclarate da quegli stessi che dovrebbero invece dimostrarle.



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Cita:
MaxpoweR ha scritto:

il problema è che le cose "non dimostrate" o "scarsamente dimostrate" vengono fatte passare per verità acclarate da quegli stessi che dovrebbero invece dimostrarle.


Cristallino da essere quasi poetico.
Hai detto una grande verità, MaxpoweR.

[:264]



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Cita:
MaxpoweR ha scritto:

il problema è che le cose "non dimostrate" o "scarsamente dimostrate" vengono fatte passare per verità acclarate da quegli stessi che dovrebbero invece dimostrarle.


Esatto....... [:D]



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Questo è il video della serata tenuta il 13 Aprile 2014 da Mauro Biglino, il celebre filologo e studioso della tradizione biblica ed ebraica, il quale ci ha condotto, nella presentazione della sua opera, in un viaggio affascinante lungo territori inesplorati del libro più famoso del mondo, alla scoperta o, forse, ri -- scoperta di ciò che la tradizione biblica ha voluto trasmettere ai posteri. Il saggio di Biglino porta la tradizione biblica dal Cielo alla Terra, dimostrando attraverso esplorazioni filologiche ed archeologiche che millenni di costruzioni religiose e spirituali sono un inganno, un grande inganno!



Ultima modifica di Ricercatore curioso il 05/05/2014, 10:34, modificato 1 volta in totale.

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