NUOVE TESTIMONIANZE PRESENTATE AL SEMINARIO "MONDI ED EXTRAMONDI"
Articolo di Maurizio Baiata
Fonte:
http://mauriziobaiata.net/2013/03/14/ht ... more-1338/Steve Pierce e John Goulette nel 1975 erano con Travis Walton a bordo del furgone guidato da Mike Rogers. A quasi 40 anni dall’incidente più famoso nella storia delle “abduction umane ad opera di esseri alieni”, i due compagni di lavoro di allora – componenti di una squadra di sette taglialegna – nel 2012 hanno iniziato a parlare di quella notte incredibile, sulla base dei loro ricordi lucidi. Qualcosa però non tornava. Avevano entrambi superato lo scoglio psicologico che per tanti anni aveva loro impedito sia di esporsi pubblicamente, sia di andare a fondo nella ricerca della verità. Quel qualcosa che si frapponeva con la fotografia di una realtà certamente vissuta e condivisa nel Novembre 1975, poteva essere recuperato sotto ipnosi.

Da sinistra, John Goulette, Travis Walton e Steve Pierce
Di qui, la decisione di rivolgersi ai migliori specialisti americani in questo campo si è tradotta nell’aver instaurato un rapporto di fiducia con l’ipnoterapeuta californiana Yvonne Smith e con la filmaker indipendente Lori Wagner, che ha effettuato le riprese delle sedute ipnotiche condotte dalla Smith. Le immagini fanno parte di un documentario che la Wagner sta realizzando e che dovrebbe includere una nuova ipnosi regressiva su Travis Walton. Quanto è sinora emerso, lascia intendere che Pierce e Goullette in concomitanza con l’avvistamento dell’UFO al cui interno sarebbe stato poi teletrasportato Travis, vissero un episodio di “missing time” (tempo mancante, o vuoto temporale) .
La pista oggi seguita dagli inquirenti è quindi quella di un caso di abduction multipla. Tali nuovi sviluppi testimoniali costituiscono una parte rilevante della mia presentazione in apertura dei lavori del Seminario “Mondi ed Extramondi”, domenica 17 Marzo a Roma.
Il seguente articolo, pubblicato tempo fa sul quotidiano on line L’Indro, inquadra in breve il caso Walton nell’ottica di un classico Incontro Ravvicinato del Quarto Tipo.
È notte. Al volante della tua auto, viaggi comodamente nell’abitacolo moderno e confortevole, con la musica a tenerti compagnia. Fra non molto giungerai a casa, in campagna, lontano dalla nevrosi della grande città. I fari squarciano l’oscurità della strada, mentre il cielo, lo hai visto prima guardando fuori dal finestrino aperto per fare entrare un po’ di aria fresca, è limpido e stellato. Stanco, dopo una lunga giornata di lavoro, ma felice, pochi chilometri ancora e riabbraccerai la tua compagna, i bambini già a letto ti aspettano per il bacio della buona notte. È tutto nella certezza e nella consuetudine di una vita che di disordinato non ha più nulla da anni. E ci pensi su, sorprendendoti ancora per le scelte fatte. Quella di mettere su famiglia, di accettare un lavoro, l’unico possibile che desse sicurezza, pur tenendoti per troppe ore lontano dagli affetti.
Improvvisamente, una luce intensa, un bagliore abbacinante, un flash davanti agli occhi. Istintivamente, accosti l’auto al ciglio della strada. Hai subito percepito che quel lampo voleva dire qualcosa, ma non sai quale. Esci dall’auto e scruti tutto intorno. Sui due sensi di marcia non ci sono veicoli preannunciati dai fari. E dai boschi, dove termina il profilo della pianura costeggiata dal serpente di asfalto su cui metri vai ogni mattina presto e ogni sera, nulla che richiami a una fonte luminosa. Lì non ci sono case, fattorie e neppure le propaggini di un insediamento agricolo. Allora, non ti resta che alzare gli occhi in alto e ora… è strano, non vedi più le stelle, ma una massa scura, oblunga, i cui contorni sembrano tratteggiati da impulsi di colore, irreali e irregolari. Nessun rumore. “Dove è il cielo?” – Solo quella, grande almeno una dozzina di metri che riesci a stimare calcolando da un bordo all’altro la superficie compatta che blocca la visuale di quel tratto di volta celeste e che sembra immobile nell’aria. Allora realizzi. Un UFO. Come nei racconti sentiti tante volte, ma tocca a te.
La scena descritta è stata vista e vissuta così, nella sua stessa stupefacente e ripetitiva assurdità, da migliaia di persone che in tutto il mondo sono state protagoniste di un incontro con un oggetto volante non identificato a distanza ravvicinata. Descrizioni tutte uguali e tutte diverse, nella loro straordinaria monotonia e nel lasciare, dopo, nel profondo dell’animo un senso di sopraffazione e di impotenza perché non se ne è tratta una spiegazione razionale e convincente o per lo meno minimamente plausibile su cosa fosse quella cosa.
Ora, mentre hai ancora gli occhi sgranati sulla sagoma nerastra che ti sovrasta a un centinaio di metri di altezza che, pensi, dovrebbe una essere una distanza di sicurezza… accadesse dell’altro… Le strisce multicolori sul bordo di quell’oggetto si fanno più luminose, si moltiplicano e convergono verso il centro apparente del corpo vagamente circolare dello scafo. Sembrano rincorrersi e, incrociandosi fra loro, iniziano a formare un reticolo. Dal ventre del disco rossastro, animato ora come una sorta di cuore pulsante, viene emesso un raggio che si proietta su di te. Nello stesso istante, delle figure indistinte, diafane, fatte come di corpuscoli luminosi che sembrano aggregarsi, si avvicinano. Il loro movimento è all’unisono, ondeggiano quasi nell’aria, una presenza incorporea eppure fisica! Chi sono? Cosa vogliono? Sono alieni? Oh mio Dio! E la tua vita cambierà per sempre. Come nel caso di Travis Walton.

Travis rientrava dal lavoro insieme ai sei compagni (nella foto sopra) con i quali aveva trascorso la giornata a disboscare un’area a 24 chilometri da Heber, nella Foresta Nazionale Apache, regione delle White Mountains, Arizona centro-orientale, a 217 Km a nord-est di Phoenix. Travis aveva allora 22 anni. Era un ragazzo di carattere un po’ schivo, praticava da anni arti marziali (Karate e Taekwondo) e, soprattutto, era un gran lavoratore. Metteva da parte i soldi per sposarsi presto con la fidanzatina, Dana e il lavoro pagava bene, anche se la fatica era tanta. Erano da poco passate le 18.00 del 5 Novembre 1975. Con lui, a bordo del furgone guidato dal caposquadra Mike Rogers, suo migliore amico, c’erano Ken Peterson, John Goulette, Steve Pierce, Allen Dallis e Dwayne Smith. Bravi ragazzi, vivevano tutti e sette nella sonnacchiosa tranquillità rurale di Snowflake. A un tratto uno di loro notò un bagliore rosso fuoco che illuminava la boscaglia. Era strano. Poteva trattarsi di un incendio, decisero allora di raggiungere il punto da dove proveniva la luce, cambiarono strada e in breve si trovarono di fronte a una radura dove un grande oggetto volante stazionava in aria, silenzioso, emettendo bagliori luminosi, a circa 90 piedi dal terreno.
Mike fermò il furgone (le cui luci e motore continuarono a funzionare) a meno di 30 metri dall’oggetto, che continuava a librarsi sopra la cima degli alberi, sotto gli occhi dei sette giovani esterrefatti. Travis sedeva davanti, accanto a Mike e aveva la visuale migliore. Fu una questione di secondi. Decise di andare a vedere da vicino quella straordinaria macchina i cui contorni si stagliavano contro l’ambiente naturale, già coperto dalle ombre della sera. Il fondo della scafo emanava un chiarore che illuminava il suolo. Dal basso, il diametro di quella struttura non superava i cinque metri e aveva un’altezza di almeno tre metri. Era liscia, perfetta. Nulla, né antenne, né cavi, né oblò. Sembrava dentro non ci fosse vita. Uscì dal furgone, come sospinto da una forza che gli diceva che quella era l’occasione della sua vita. Fece pochi passi, avvicinandosi all’oggetto mentre gli amici lo imploravano di non farlo e tornare indietro, ma lui no, fece ancora qualche passo ed ebbe solo il tempo di alzare lo sguardo. In quel momento un suono lacerante, come di decine di turbine azionate contemporaneamente, uscì dall’UFO e Travis cercò subito riparo, rincantucciandosi dietro un ceppo d’albero. Si rialzò e fu investito da un fascio di luce verde-bluastra (così gli avrebbero spiegato in seguito) e il suo corpo, come una marionetta appesa a un filo, venne sollevato da terra e proiettato, braccia e gambe aperte, all’indietro, per alcuni metri. Walton non vide e non percepì nulla di quanto stava accadendo. Tramortito, fu lasciato così sul terreno dai suoi amici che lo credettero morto e non ebbero il coraggio di avvicinarsi al suo corpo immobile. Mike rimise in moto il furgone, pigiò sull’acceleratore e si allontanarono terrorizzati. Dopo alcune miglia, Mike fu il primo a riprendersi dallo shock e a rendersi conto di ciò che avevano fatto. Decise quindi di tornare indietro e lo fece da solo, lasciando i suoi compagni sulla strada. Quando raggiunse di nuovo la radura dell’incontro ravvicinato, non c’era più traccia di Travis né dell’UFO.
Questi i fatti, nudi e crudi. Sui quali nessuno è mai riuscito a dimostrare il contrario. Walton, il più famoso addotto del mondo, non ha mai lasciato la sua cittadina, ma di recente si è separato dalla moglie Dana.

Travis Walton, a Fontana di Trevi, Roma.
(Foto © Maurizio Baiata)
Nel corso del suo ultimo viaggio in Italia, invitato per la conferenza ufologica “Interazioni tra umani e alieni” organizzata a Roma dal sito Segni Dal Cielo e della quale è stato relatore e ospite d’onore, ho avuto modo di trascorrere con lui un paio di giorni. In questa occasione ha sottolineato più volte due aspetti della sua storia. Innanzitutto, che sul suo caso il meccanismo del debunking, affidato dal Federal Bureau of Investigation alle “sapienti” mani di Philip Klaas, famoso giornalista scientifico nonché “demolitore d’ufficio” di casi ufologici ed esponente di spicco dell’organizzazione ultra scettica americana CSICOP, non ebbe ragione della qualità delle testimonianze.
Non solo, per screditare Walton, Klaas era stato pagato ben 10.000 dollari dal FBI. Ne esiste la documentazione. Più importante, su un piano umano e dell’esperienza vissuta da Travis Walton è la nuova ipotesi che il protagonista ritiene oggi possibile: che la ragione primaria della sua abduction fu accidentale. Ovvero, che il fatto di essere stato investito da un raggio che lo tramortì, lasciandolo privo di conoscenza sino al suo risveglio a bordo dell’astronave, sia stato incidentale e non determinato dalla volontà dagli esseri con i quali ebbe a che fare.
Secondo Travis, è possibile che il modus operandi di quelle entità aliene che lui – come migliaia di altri addotti nel mondo – ha da sempre interpretato come intrusivo e negativo, sia stato invece determinante a salvargli la vita. Resisi conto della gravità delle sue condizioni, lo “teletrasportarono” a bordo della loro macchina volante e lo sottoposero quindi a interventi di rianimazione. Una diversa chiave di lettura e un passo in avanti, almeno nella comprensione da parte di Travis, di quanto gli accadde nel 1975. Un lungo cammino verso una verità ancora indecifrabile.
http://www.lindro.it/Il-caso-Travis-Wal ... IliIxyO3dw