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                   IL CAMPO ARMONICO DELLE ABDUCTION
 
  
  di Pablo Ayo
  «Trovo terribilmente interessante il parallelo tra le moderne storie  assurde di presunti rapimenti da parte di alieni (che coinvolgono  invariabilmente esseri macrocefali di cui non si vede bene il volto,  che svolgono dolorose operazioni con invasive sonde metalliche) e le  paure culturali contemporanee sui dottori e ospedali, dove scienziati  senza volto e dall’aspetto quasi alieno operano sul tuo corpo con  mezzi high-tech senza apparente pietà o umanità, è affascinante e lo  trovo rivelatore di come cresca la paura verso la scienza e la  medicina quando siamo senza difese di fronte al “dottore matto” che  crea e controlla la tecnologia»
  Così lo studioso Jeff Yanc, in un suo articolo del 1999,  stigmatizzava la presunta infondatezza delle abduction aliene,  relegandole a semplice leggenda metropolitana, addirittura a “nevrosi  globale moderna” tesa a difendere la nostra fragile psiche dal sempre  più invasivo strapotere della medicina e della tecnologia. La verità,  come chi studia questi argomenti ben sa, è diversa: l’intero fenomeno  è vasto e incredibilmente complesso, coinvolge così tanti aspetti  della società e diversi esponenti della vita civile, che cercare di  recintarlo nell’ambito di una semplice nevrosi generica è ridicolo.Molti ricercatori e scienziati semplicemente non accettano l’idea che   eventi come i rapimenti alieni e abduction notturne possano accadere  realmente e cercano di trovare spiegazioni alternative. Negli anni  passati, si è assistito a un autentico valzer di ipotesi e tesi,  spesso dimostratesi più variopinte e fantasiose della stessa idea  delle abduction.
  Le tesi degli psicologi Ne citiamo alcune per rendere l’idea. Dato che a molti durante le  abduction capitavano fenomeni di paralisi, si è evocata la “paralisi  nel sonno”, sindrome di disturbo in cui per una serie di concause,  durante le fasi REM le cellule cerebrali bloccano i normali segnali  nervosi rivolti ai muscoli, probabilmente per impedire al dormiente   di agitarsi troppo nel sonno e farsi male, ma la mente nel  dormiveglia si rende conto di non potersi muovere e il panico  conseguente darebbe il via a una serie di allucinazioni autoindotte. Oppure, il disturbo del lobo temporale, un altro classico della  letteratura psichiatrica. La stimolazione elettrica del lobo  temporale del cervello (cosa comune durante alcune operazioni) può  produrre inusuali sensazioni visive e sonore. Michael Persinger, uno  scienziato canadese, ha scoperto che stimolando i lobi temporali con   l’applicazione di magneti ai lati della fronte, si provocano nei  soggetti stati d’ansia, percezione di “presenze” nei dintorni,  disorientamento e paura. L’epilessia del lobo temporale è una  patologia ben nota che, senza dover necessariamente sfociare in veri  attacchi epilettici, può però dare adito ad alterazioni delle  percezioni, strani odori, visioni, sensazione di essere fuori dal  corpo e, infine, anche visioni di tipo religioso. È vero d’altro canto che secondo alcuni ricercatori di fenomeni ESP o PSI, i lobi  temporali risulterebbero particolarmente sfruttati da chi ha facoltà  extrasensoriali, mentre alcuni rapporti militari top-secret  fuoriusciti dalla base di Wright-Patterson negli anni ‘60 indicavano  proprio i lobi temporali come la sorgente del potere telepatico degli   alieni di tipo grigio, tant’è vero che, a quanto si sosteneva nello  stesso rapporto, gli ET ne possederebbero ben quattro e non solo due  come noi umani. Ma allora, una sovreccitazione dei lobi temporali  sarebbe sintomo di malattia mentale, o di un naturale, maggiore  sviluppo psichico e percettivo di alcune persone? Seguendo le sicure rotaie del negazionismo ad ogni costo, i medici e  gli psichiatri più tradizionalisti rincarano la dose, invocando quale  giustificazioni della “sindrome da rapiti” anche la malattia mentale  tout court, o comunque fenomeni di disagio psicologico, come abusi  sessuali nell’infanzia, disturbi del sonno, distorsione della memoria  e altre cose del genere. Il problema è che questo tipo di disordini è  tipico di chi ha vissuto forti stress psicofisici ed emotivi, come  chi sia rimasto coinvolto in un incidente grave, o chi abbia  partecipato ad azioni di guerra. In quest’ottica, il rilevamento di  alcuni effettivi disordini psicologici è poco indicativo, perché  potrebbe indicare non già di per sé la presenza di una patologia  psicologica, quanto quella di un trauma psicologico o psicofisico a  monte, dal quale sarebbero derivati poi alcuni problemi di memoria o  disturbi del sonno. A questo quadro generale dobbiamo aggiungere  alcuni fatti, perché risulta da centinaia di rapporti di abduction,  che molto spesso:
  A: gli addotti sarebbero sottoposti ad esperimenti o analisi  chirurgiche invasive; B: sarebbero testimoni di distorsioni dello spazio tempo o di  alterazioni quantistiche della realtà (ad esempio, levitare,  attraversare muri solidi, essere clonati, viaggiare nello spazio etc.); C: subirebbero poi dagli stessi alieni un’induzione post-ipnotica, a  volte rinforzata dall’uso di farmaci (fiale di liquido verde o strane  pillole somministrategli), tesa a far loro dimenticare l’accaduto o  addirittura a sostituire gli avvenimenti reali dietro più  tranquillizzanti finti ricordi o ricordi-schermo (screen memories); D: che durante le abduction vengono a contatto ravvicinato con  creature spesso non umane e dall’aspetto inquietante; E: che durante i colloqui con dette creature, quando avvengono, i  soggetti scoprono una visione della vita, della storia e della  religione completamente diversa da quella della propria cultura ed  educazione di origine (cosa che non di rado mette in totale predicato  alcuni cardini fondamentali dell’esistenza e come conseguenza molti addotti in seguito alle loro esperienze cambiano ex abrupto e in modo  totale il loro stile di vita, giungendo a cambiare religione, lavoro,  città o a divorziare).Appare quindi evidente che, qualora venisse totalmente comprovato scientificamente, l’impatto con delle civiltà aliene sarebbe così Fortemente destabilizzante da un punto di vista non solo psicofisico,  ma anche morale, civile, religioso, spirituale e antropologico, che praticamente tutti o quasi i disturbi psicologici evocati dagli  scienziati come “prova” dell’inconsistenza reale delle abduction, in  realtà teoricamente non fanno che comprovarne maggiormente la  probabilità. Come da tempo si afferma nei forum e nelle tavole  rotonde in rete, se davvero i ricercatori scientifici e gli psicologi  vogliono provare una volta per tutte che i finti ricordi autoindotti  per suggestione possono apparire o essere ricordati in maniera così  reale da sembrare veri agli addotti, basterebbe trovare delle persone  che abbiano dei ricordi falsi, anche se realistici, come capita agli  addotti, senza però essere addotti. In teoria dovrebbe essere una  cosa semplice, però, automaticamente qui succede qualcosa: persone  che hanno immagini o ricordi apparentemente reali, benché falsi, e  che non hanno collegamenti diretti con la casistica delle abduction o  con questa fenomenologia in genere, ricadono inevitabilmente in  precise tipologie cliniche: psicolabili, schizofrenici, nevrotici,  dissociati, oppure persone che hanno avuto forti problemi con droghe  allucinatorie. Ma, in questi soggetti, dalle analisi non risultano  quasi mai sindromi da stress post traumatici, con evidenze  psicofisiche, come accade invece agli addotti, o a chi sia stato in  guerra o abbia avuto esperienze sconvolgenti. Per contro, gli addotti  possiedono, nella maggior parte dei casi, un buon equilibrio mentale,  sono proprietari di immobili, hanno un lavoro, compiono egregiamente  i loro doveri genitoriali e sono anzi in genere molto attivi in campo  sociale, non di rado fanno parte di associazioni ambientalistiche o  si interessano - a dispetto delle origini sociali o dell’educazione  ricevuta - di nuove tecnologie, di scienze, di astronomia, di civiltà  scomparse e di varia cultura. Le loro esperienze, benché scioccanti,  nel tempo li rendono più ricchi e li predispongono a un rapporto più  profondo e maturo con gli altri e con l’ambiente, oltre che varare  nell’animo degli “abductees” quella che potremmo definire una sorta  di “ricerca del Sacro Graal”, una sete di spiritualità e di risposte  a domande profonde che sono tutt’altro che sintomo di una mente  disordinata. In qualche modo straordinario, queste persone vengono in  un primo momento sì spaventate e scioccate dalle esperienze di  abduction, ma le stesse, reiterate nel tempo, rendono la mente di chi  le vive più “aperta” ed elastica, rendono concetti come “l’altro”,  “natura”, “spazio”, “Dio”, qualcosa di più di semplici parole.   Proprio come accadde ai primi astronauti che videro la Terra dallo  spazio, le problematiche umane viste da dimensioni “aliene” sembrano  così relative, i nostri scontri etnici e il nostro attaccamento alla  materia così insignificanti e sciocchi, da porre la filosofia di vita  dell’addotto in termini assolutamente più vasti e universali.
  L’incredibile esperimento di McNally In tempi recenti, il professor Richard McNally, (foto sotto)  accademico con cattedra di psicologia ad Harvard e alcuni suoi  colleghi hanno condotto delle sperimentazioni su sei donne e quattro  uomini che affermavano di essere stati rapiti più volte dagli alieni.  Sotto ipnosi, sette di essi hanno riportato di essere stati anche   sottoposti dagli alieni a prelievi di seme maschile e ovuli femminili  a scopi di ibridazione o riproduzione artificiale, alcuni addirittura  avrebbero avuto esperienze sessuali dirette con alcuni alieni  (esogamia). Ognuna di queste persone venne intervistata dal dottor McNally o  dalla professoressa Susan Clancy (foto sopra), altra docente di  psicologia. Ognuno di loro inoltre scrisse un testo in cui descriveva  la storia delle propria abduction. Il team di ricerca realizzò dunque  dei nastri audio, in cui uno speaker, con voce neutra e piatta,  leggeva dettagliati resoconti di rapimento. Gli addotti ascoltarono i  nastri in ambiente controllato, presso i laboratori di Scott Orr al Veteran’s Affairs Medical Center di Manchester, New Hampshire. Quando  i nastri venivano fatti girare e la storia narrata, i ricercatori  rilevavano le risposte emozionali dei soggetti misurandone il ritmo  cardiaco, la sudorazione delle mani e via dicendo. La stessa  metodologia, oltre che con i dieci addotti, venne usata con altre  otto persone, non coinvolte con gli alieni, ma che avevano avuto reali e comprovate esperienze traumatiche nelle loro vite. Quando i  due set di analisi (quelle inerenti i presunti addotti e quelle  riguardanti le persone coinvolte con trauma comprovabili) furono  confrontate, emersero dei risultati sorprendenti. Gli addotti  mostravano inconfondibilmente forti reazioni psicofisiche alla  lettura dei loro incontri del Terzo o Quarto tipo, e le loro reazioni  furono non solo pari, ma in diversi casi addirittura superiori come  intensità rispetto a chi aveva avuto traumi derivanti da incidenti,  combattimenti al fronte, o abusi sessuali. Ciò nonostante, gli esperti di Harvard continuano a definire l’intera  questione semplicemente un “disturbo psichico” da studiare  attentamente, e stigmatizzano l’incredibile potere persuasivo della  mente umana. Vale a dire che, come sempre, gli studi della scienza  servono solo a dimostrare quello che la scienza vuole. Ai tempi di  Galileo, era pura follia pensare a un sistema solare eliocentrico e  l’autorità costituita chiedeva ai propri scienziati di ritrattare le  proprie affermazioni e di nascondere le evidenze dei fatti, quando  non si sposavano appieno con le tesi dottrinali della Chiesa. Oggi,  se uno scienziato afferma che le interferenze aliene non esistono,  nonostante sia stato comprovato l’opposto con prove empiriche, ha il  plauso della comunità scientifica e maggiori fondi per le proprie  ricerche, magari distratti da fondi dei servizi segreti, da sempre  avidamente interessati a notizie sui “Visitatori”. È singolare che  proprio un altro luminare di Harvard ora scomparso, John Mack (foto  in basso), avesse condotto per primo dei vasti studi sulle abduction,  arrivando ad analizzare una casistica di diverse centinaia di casi,  finendo per appoggiare pienamente la teoria dell’esistenza reale del  fenomeno UFO/ET. In poco tempo, Mack perse la sua cattedra ad  Harvard, perse credito nella comunità scientifica, perse soldi e agi  sociali e, infine, dopo anni di lotta contro un sistema che l’aveva  pesantemente ghettizzato solo per aver osato dire la verità, perse  anche la vita, in un - solo apparentemente banale - incidente,  investito da un ubriaco a Londra, Inghilterra, nel Settembre del 2004.
  La nuova via indicata da Mack Per anni, Mack ha lavorato per inquadrare il fenomeno delle abduction  in un contesto scientificamente e psicologicamente comprensibile. Tra  le sue argomentazioni, figurano pionieristiche tematiche inerenti   spiritualità, scienza e “super-scienza”, ossia una scienza capace di  contemplare anche gli aspetti più arcani o spirituali della realtà.  «Il sistema scientifico, che è molto efficace per spiegare cause ed  effetti nel mondo reale, diventa meno efficiente quando viene  utilizzato per studiare cose “al di là del velo”. Intendo argomenti che riguardano il mondo spirituale, olotropico*1 e morfogenetico*2,  tutte realtà profonde che non sono immediatamente evidenti ai nostri  sensi, ma che possono essere raggiunte tramite stati non ordinari di coscienza. Ciò che ho scoperto è che questi reami invisibili sono  osservabili meglio attraverso conoscenza diretta, piuttosto che  tramite metodi scientifici tradizionali o esperimenti di replicazione  e strumenti di misurazione. Fino a poco tempo fa, tutto ciò che non  poteva essere studiato con questi metodi tradizionali veniva dismesso  e trattato come non degno di studio, così spero che alla fine, il  risultato dei miei studi, assieme a quelli di altri colleghi, come  quelli sui casi di NDE (Casi di Pre-Morte, N.d.A.), OOBE (Out of Body  Experiences, esperienze extracorporee, N.d.A.), vite passate e via  discorrendo, abbia aiutato a comprendere che esistono realtà al di là  di ciò che è immediatamente comprensibile ai sensi, e che queste  realtà rappresentino campi di studio scientifico del tutto  rispettabili». Secondo Mack, dunque, non tutte le abduction  avverrebbero nel mondo fisico. Esistono sicuramente evidenze fisiche  del fenomeno, come cicatrici sugli addotti, oggetti metallici e luci  viste nei cieli, intercettazioni radar, ma in qualche modo il  fenomeno non è del tutto appartenente alla dimensione materiale.  «Alcune realtà appartengono ad altre dimensioni, che esulano dal  nostro concetto di universo a tre dimensioni. Esse sono percepibili  solo in uno stato alterato di coscienza (sperimentato spesso dagli  addotti, il famoso “Effetto OZ”, N.d.A.) se noi parliamo di mondo  reale e materiale e capiamo che la realtà va oltre la terza  dimensione in cui viviamo, allora sì, i visitatori sono reali»,  concluse Mack.
  Un nuovo Paradigma Scientifico Dunque, il problema non è solo trovare delle prove scientifiche al  fenomeno, ma di creare un nuovo paradigma scientifico per avere  un’ipotesi di scenario plausibile. Non di rado infatti nel corso  delle abduction avvengono fenomeni fisici irripetibili nella realtà  quotidiana: attraversamento di pareti solide, levitazione, telepatia, rallentamento del tempo, sensazione di contatto spirituale con altri  esseri o con la natura, sensazioni di precognizione o eventi di  telecinesi o manipolazione della materia, sospensione degli effetti  fisici più noti, addirittura dilatazione dello spazio (alcuni dischi  volanti apparentemente minuscoli, una volta visti da dentro  apparivano enormi) o alterazione del continuum temporale. Gli antichi sciamani, fossero Nativi Americani, aborigeni  dell’Australia o abitanti del nord Europa, sapevano benissimo di che  cosa si trattasse. Da sempre, i contatti con “Visitatori”, ossia  coloro che venivano da “altrove”, avvenivano secondo regole precise,  quasi si trattasse non solo dell’incontro con esseri diversi, ma con  mondi diversi. Proprio come mostra il simbolo della Vesica Pisces,  quando due realtà collidono, se ne crea una terza, che è un misto  delle due originali e ha tratti comuni alle due, ma in realtà non è  nessuna delle due. Gli antichi sapevano che se uno spirito o un  fantasma penetrava nella mia abitazione, o mi si avvicinava, io avrei  percepito freddo, disagio, provato l’effetto neurale della paura,  sentito voci bisbigliate, visto determinate ombre. È così che essi si  manifestano. E in taluni casi è possibile comunicare con loro, ma a  patto di sapersi difendere dalle entità meno positive. Invece, se  nell’antichità ci si sentiva investiti da una forza grande, una luce  pervadeva tutto il mio corpo e lo scuoteva, e un senso innaturale di  tepore si spandeva nel mio corpo e io iniziavo a sentire una serie di  suoni limpidi e cristallini, argentini e onde di pensieri armonici  che riecheggiavano nella mia mente come un tuono al rallentatore,  allora sapevo che mi stava parlando un angelo. Anche in quei casi  c’era una prassi da seguire, un iter specifico fatto di parole  chiave, atteggiamenti mentali e posizioni fisiche, oggetti da preparare, perché se tali incontri avvenivano troppo spesso allora il  corpo poteva indebolirsi, o la mente vacillare: le visite angeliche,  da un punto di vista psicofisico, non sono potenzialmente meno  dannose o faticose di quelle di altri esseri.E così, nei tempi antichi c’era anche la conoscenza degli ALTRI,  quelli che non erano né angeli né demoni, ma attraversavano gli  stessi corridoi spazio-tempo per raggiungerti e sfruttavano sempre la  sollecitazione del lobo temporale per parlarti telepaticamente. Gli  Indiani d’America li chiamavano “Star People”, i Sumeri Annunaki, per  i Celti erano i Thuata de Danaan giunti - come spiegano letteralmente  - dal cielo con una nave volante tanto grande da oscurare il Sole. In  tutte queste mitologie c’è una definizione ben precisa per loro, ai  quali si danno connotazioni differenti, ad esempio, demoni, e la loro sfera d’influenza ricade invariabilmente sul mondo materiale più che  su quello spirituale. E anche per comunicare e trattare con loro,  c’erano dei sistemi, per ottenere il massimo dei benefici e ridurre  al minimo i problemi che pur sempre avvengono quando si incontrano  visitatori da luoghi diversi. Di recente, diversi studiosi, fra i  quali anche il chimico Corrado Malanga, hanno scoperto l’effettiva  validità di antiche discipline per migliorare la qualità dei contatti  o eliminare le abduction negative, tant’è vero che lo stesso Malanga  descrive questo metodo paragonandolo quasi ad una sorta di  “esorcismo” anti Alieni. E il bello è che funziona. Non perchè  l’abduction non sia reale, o sia un fatto di fede o di magia, ma  perché avviene secondo dei crismi energetici e mentali che i nostri  antenati conoscevano benissimo e noi abbiamo perso. Anche noi che ci  diciamo fatti di materia pesante, siamo tutto sommato terribilmente  sottoposti alla potenza del pensiero.
  Energia Punto Zero e forza di volontà Da recenti ricerche è emerso che un corretto stato mentale e un buon  rapporto con la propria sfera emotiva allungano la vita, allontanano  le malattie e, incredibile a dirsi, rendono più rari gli incidenti,  quasi fossimo sempre noi in qualche modo a richiamarli, secondo una  probabilistica quantica con la nostra predisposizione mentale di partenza. Ciò che si sapeva ai tempi di Atlantide e che gli  “extramondo” sanno, è che le energie psichiche sono talmente potenti  da permettere di far volare delle astronavi. Così, i Grigi  sfrutterebbero la loro telepatia per coordinare direttamente  l’interfaccia di navigazione, mentre le loro navi di esplorazione più  piccole di tipo ovoidale, sarebbero state progettate per adattarsi al  loro campo elettromagnetico, dato che le loro prime esplorazioni  dello spazio avvennero in viaggio fuori dal corpo. Gli stessi dischi  volanti è stato dimostrato che viaggiano seguendo le linee di forza  della griglia magnetica terrestre, probabilmente per cavalcare  un’onda gravitazionale inversandone gli effetti. Un po’ come fanno  gli uccelli poco prima di migrare, quando si riuniscono in  incredibili formazioni plasmatiche globuliformi. È ovvio che se si  dispone di una tecnologia che funziona bene solo se lavora in accordo  con determinate leggi naturali (a noi ancora parzialmente ignote, ma legate all’energia punto zero e alla corrispondenza tra  elettromagnetismo, gravità e pensiero), essi non possono prescindere  da queste, come noi non potremmo rinunciare alla benzina, o a un  coefficiente alare ottimale per i nostri aerei. Dunque, se loro per  “scivolare” tra le dimensioni e apparire nelle stanze degli addotti  devono sfruttare un campo energetico fortemente suscettibile alle  onde mentali (cosa comprovata, dato che, stando agli insider -  informatori dei servizi segreti o di strutture militari - ogni  tentativo da parte dei governi ombra di catturare un alieno nordico è  sempre fallito, perché questi riuscivano a svanire solo  concentrandosi), allora tanto più appare chiaro che, in un contesto  in cui lo stesso viaggio tra le dimensioni è veicolato dal pensiero  di chi viaggia e dai flussi naturali di energia circostanti (motivo  per il quale spesso gli addotti sentono l’impulso di andare a vivere  in campagna), un pensiero di forte “opposizione” da parte del  soggetto, può riuscire a disturbare i viaggiatori a tal punto da  farli desistere dall’impresa. Ecco perchè Malanga parla di “esorcismo” e perché gli antichi  sciamani riuscivano talvolta ad avere la meglio persino sulle  “divinità” scese dal cielo. In qualche modo, tutto è collegato alla  forma-pensiero. Per dirla con Richard Bach, «la forma-pensiero è  tutto ciò che esiste!». La stessa matrice della materia, dunque, gli  atomi, sarebbero solo un agglomerato di nuclei energetici a basso  voltaggio, quindi dotati di un rumore di fondo pesante e denso,  apparentemente impenetrabile. Noi però sappiamo che tra un atomo e  l’altro, persino nella nostra pelle, c’è una grande distanza  interatomica. Ciò che li tiene uniti è solo una valenza, una forza  magnetica, che potrebbe sempre venire descritta come “flusso di  campo”, “armonia”, ‘‘vibrazione”, che ritengo dipenda sì dallo stato  fisico della materia (come accade con il rumore di fondo della  rotazione dei pianeti), ma sia fortemente influenzabile dal campo  elettromagnetico umano e dagli organi ad esso correlati, come il  cervello o il cuore, con il liquido intercellulare che fa da  trasmettitore di impulsi nervosi. Di conseguenza, se con la nostra  mente possiamo in qualche modo - anche se non ce ne rendiamo conto -  influenzare gli eventi e il nostro stesso stato di salute, è ovvio  che chi sfrutta questa conoscenza delle armoniche di campo della vita  biologica persino per viaggiare tra i mondi, può essere disturbato,  fermato o anche colpito duramente da chi impara, nel tempo, a  controllare il proprio stato mentale e di conseguenza a modulare a  volontà il proprio campo di frequenza organico. Non a caso, negli  anni passati il giornalista Maurizio Baiata ha notato come un gran  numero di addotti siano praticanti di arti marziali, di Yoga o Tdi ai  C’hi Chuan, quasi sentissero inconsciamente il grande bisogno di  trovare un metodo per imparare a dominare e controllare il proprio  campo di energia vitale, di sicuro sottoposto a forti stress a causa  del contatto con l’“Altro”. Difatti, proprio come quando qualcuno ci telefona dall’estero sul  cellulare, e parte dell’addebito della chiamata va a noi, quando si  hanno contatti con esseri provenienti da “Altrove”, siamo noi che  mettiamo a disposizione parte della nostra energia personale, del  nostro campo magnetico, per fare in modo che l’incontro avvenga. So  che questo potrà sembrare incredibile, specie a chi purtroppo è  vessato da abduction con entità poco piacevoli, ma se ci pensate  bene, nelle esperienze di questo tipo, o nei sogni lucidi che le  precedono, c’è sempre qualcuno nell’ombra che sembra sussurrarci  qualcosa, in modo mellifluo, a dirci che non c’è alcun problema, che  stanno venendo e che siamo al sicuro, che dobbiamo rilassarci: in  qualche misura, anche se con strani e contorti giri mentali, DEVONO  chiedere comunque il nostro permesso, anche estorcendolo facendosi  passare per angeli o amici. Che poi, alcune razze aliene siano  davvero amichevoli o ben disposte verso di noi è vero, ma è possibile  anche notare come ci sia sempre, immancabilmente, una RICHIESTA del  contatto. Se voi ritenete di essere vittima di abduction, provate,  sia in un sogno lucido sia invece da svegli, durante la fase di  rapimento vera e propria, a dire (o pensare) in modo stentoreo e ben  chiaro: «Io non vi do il permesso. Smettetela subito, ve lo impongo!».Vi sembrerà la cosa più stupida del mondo da fare, in una situazione  del genere. Ecco perché non lo fa nessuno. I rapiti, che in un primo  momento di dormiveglia hanno in qualche modo dato il loro consenso,  anche se per vie traverse, non se lo ricordano. Durante l’abduction,  magari dicono «Vi prego, smettetela». Ma lo sbaglio è il “vi prego”,  è il pensiero debole. Dovete emettere delle onde forti dritte e  chiare che arrivino come una cannonata. E, dovete sapere che esistono  delle leggi precise nel cosmo, a cui anche loro devono obbedire.  Pensate sia una follia? Quante volte ho sentito delle persone dire:  «Ad un certo punto, sapevo dentro di me che loro erano come contro la  legge, gli ho detto “Voi questo non potete farlo” e, incredibilmente,  loro hanno smesso e mi hanno riportato giù». Immaginate la scena: è  come se un cane, mentre un accalappiacani cerca di mettergli il  laccio al collo, parlasse, e con voce umana dicesse: «Ora chiamo il  WWF e ci facciamo quattro risate». Ovviamente, l’accalappiacani  mollerebbe subito la preda ostica e se ne troverebbe una meno  problematica. Anche Travis Walton, durante il suo famoso rapimento  datato 1975, nel corso del quale era circondato da tre grigi che  volevano rimetterlo a tutti i costi sul lettino chirurgico, sfruttò  una tecnica simile. Da praticante di Karate (e cintura nera di  Taekwondo, gli venne istintivo mettersi in una posizione di guardia  ed emettere un Kiai, l’urlo tipico delle arti marziali. I tre grigi  si ritrassero, apparentemente intimoriti e, dopo pochi minuti, giunse  un nordico a parlare con lui. Poco dopo venne liberato. Perché?
  Un doppio campo incrociato di energia Il Kiai nelle arti marziali è il grido che accompagna i momenti  “topici” di un kata (forma) o di un kumite (combattimento). In  realtà, è un’espressione di senso compiuto: Ki sta per energia vitale  e ai neofiti può essere tradotto come unione. L’individuo unisce la  propria energia vitale e quella della natura attraverso l’espirazione   provocata dalla forte contrazione addominale. La tradizione orientale  fa risiedere la vitalità fisica nell’addome (tanden) e ritiene che  degli appropriati esercizi respiratori possano incrementarla. È il  diaframma che consente una respirazione profonda e ampia, mentre il  movimento dei soli muscoli costali induce una respirazione  superficiale e di difficile controllo. Il tempo dell’espirazione  corretta (ventrale), determinata dalla decisa contrazione dei muscoli  addominali corrisponde, quindi, al momento di massima espressione di  forza. L’altra componente del Kiai è psicologica. Il grido è  intimamente connesso alle emozioni individuali, quando le nostre  normali risorse non possono assicurarci la sopravivenza, la forza e  la volontà che necessitano emergono solo con l’esasperazione delle  emozioni. La possibilità di ampliare le capacità in condizioni  estreme ha permesso agli antichi guerrieri di codificare il grido,  che divenne il Kiai. Appare chiaro quindi che l’esprimere il controllo della propria  energia vitale, specie attraverso il suono o una disciplina marziale,  ci fa apparire agli occhi dei visitatori come essere “consapevoli”, e  non solo umani primitivi. Inoltre, un’ondata di energia biofisica  controllata e armonica, come quella che involontariamente lanciò  Travis Walton durante la sua esperienza, probabilmente poteva  risultare davvero qualcosa di “dannoso” per alcune entità aliene.È ovvio che se alcune persone hanno un tipo di contatto positivo con  entità che ritengono pacifiche, il discorso appena fatto sembrerà  inutile. Invece, sono fermamente convinto che il tipo di rapporto che  si instaura con gli alieni dipende in gran parte dell’opinione che  abbiamo di noi stessi e dall’autocontrollo che riusciamo ad avere sul  nostro campo psicofisico. Anche dei rapporti positivi possono  diventare molto migliori, svolgendo pratiche come arti marziali, o Tai C’hi, o Yoga, e probabilmente faremo anche meno fatica a generare  quella nostra parte di “vibrazione di campo” che è parte integrante  dell’energia del contatto, la Vesica Pisces (V. P.) è formata da due  campi energetici che si incrociano, il nostro e il loro, e maggiori sono la pulizia e l’armonica della nostra vibrazione di campo,  maggiore sarà la probabilità di incontrare persone altrettanto  armoniche e positive, non solo nel corso della abduction, ma anche  nella vita di tutti i giorni. In fondo, il succo di migliaia di anni  di filosofie orientali, è tutto qui.Nel bene e nel male, siamo noi a creare, anzi a “proiettare” la  nostra vita attorno a noi, richiamando magneticamente tutto ciò che  c’è di bello o di brutto nella nostra vita. Concetto semplice da  capire, durissimo da accettare, insostituibile alleato nella vita una  volta fatto nostro. Come si legge in “Illusioni” di Bach, testo che  dovrebbero rendere obbligatorio nei licei, «Non c’è un problema che  non abbia un dono per te nelle mani»: e allora scopriamo cosa sono  venuti ad insegnarci i nostri problemi, le nostre difficoltà grandi e  piccole, e anche i Visitatori. In fondo, sono loro che hanno fatto il  percorso più lungo per vederci, qualche interesse verso di noi lo  devono avere per forza: siamo così speciali, noi umani? Forse sì,  specie alcuni di noi, che non vivono ad Hollywood, non sono muscolosi  o bellissimi, e forse non hanno l’applauso della folla a fine  spettacolo, ma nel loro cuore hanno un segreto, per cui vale la pena  di valicare la distanza che separa le stelle.
  «L’indizio della tua ignoranza è l’intensità con cui credi nell’ingiustizia e nella tragedia. Quella che il bruco chiama la fine del mondo, il maestro la chiama una farfalla»
  [align=right]NOTE *1 - OLOTROPICO Il termine “Olotropico” è stato coniato da Stanislav Grof intorno  agli anni Novanta, per indicare un vasto ed importante sottogruppo di  stati non ordinari di coscienza che possiedono sorprendenti  potenzialità terapeutiche e di trasformazione, distinguendoli da  quegli stati non ordinari di coscienza derivanti invece da  menomazioni organiche causate da intossicazioni, traumi cerebrali,  infezioni o processi degenerativi del cervello. *2 - CAMPO MORFOGENETICO È una teoria elaborata fra il 1920 e il 1930 che descrive, senza  spiegarle, le interazioni fra le cellule. Il campo morfogenetico si  instaura quando c’è un sistema altamente interattivo nel quale il  destino delle cellule è fortemente condizionato da segnali  ambientali. L’esempio classico utilizzato per descrivere questo tipo  di interazione è la dissezione della planaria (un verme piatto):  tagliando a metà il verme i due tronconi rigenerano l’esatta parte  mancante. L’esperimento, tuttavia, poteva essere riprodotto ma non  spiegato, per cui la teoria del campo morfogenetico fu abbandonata,  dopo la prima metà del Novecento, perché considerata obsoleta e  inadeguata a descrivere le interazioni fra molecole. Questa teoria,  applicata alla costellazione famigliare, potrebbe spiegare come anche  il campo famigliare funzioni come campo morfico; questi, invece di  agire sulla ricostruzione di una parte mancante, esplica la sua  funzione a livello spirituale. Succede quindi che il rappresentante  di un nucleo famigliare percepisca la traccia energetica lasciata da  un altro membro della famiglia e questa energia agisca modellando le  sensazioni di chi interpreta il ruolo del famigliare. Il vincolo fra  antenati e discendenti si attua tramite una risonanza morfica, che  richiede somiglianza di forma e di configurazione biologica e  costituisce un principio di ordine e forma della natura che trascende  il tempo e lo spazio.[/align]
                  
               
  
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