Quell'UFO nell'Area 51Una confessione-choc sul letto di morte riapre il dibattito su cosa sia celato, realmente, negli hangar e nelle strutture sotterranee della famigerata Area 51– la base militare nel deserto del Nevada la cui esistenza per decenni è stata negata dal Governo americano. Una confessione che sembrerebbe dar ragione ai tanti complottisti convinti che la verità sugli UFO venga taciuta.
A riportare, pubblicamente, le parole di una “gola profonda” è stato Paul Hellyer, ormai 92enne ex Ministro della Difesa del Canada e vice premier negli anni ’60 del secolo scorso. Era ospite del meeting ufologico “Hearing on ET Disclosure”, in Ontario, incentrato sulla questione extraterrestre, alla presenza di esperti e appassionati, quando ha raccontato la clamorosa confidenza di cui è stato depositario.
In sostanza, Hellyer avrebbe saputo da un funzionario del governo canadese gravemente malato che effettivamente nell’Area 51 era custodita un’astronave aliena: non solo il testimone la avrebbe vista con i propri occhi, ma avrebbe anche avuto l’autorizzazione a salire a bordo per ispezionarla con la massima cura.
L’ex ministro, rispondendo ad una domanda, ha infatti affermato che per conoscere cosa si nasconda dietro a questi misteriosi mezzi volanti bisogna rivolgersi ai responsabili del reparto “misure di emergenza” del Governo canadese, proprio come ha fatto lui in passato: la sua fonte– di cui non ha però fatto il nome- ricopriva proprio la medesima funzione.

Paul Hellyer
“Io ho intervistato quest’uomo- ora deceduto: era andato a Langley e la CIA gli chiese se gli avrebbe fatto piacere vedere uno di questi oggetti. Allora lo portarono nell’Area 51 e gli permisero di entrare all’interno, di osservarlo, di prendere appunti e via dicendo”, ha detto all’auditorio. A suo avviso, il funzionario avrebbe avuto questo privilegio perché- se si fosse trovato coinvolto in un caso di UFO crash in territorio canadese- almeno avrebbe avuto tutte le informazioni per agire tempestivamente.
Una storia mantenuta segreta per molto tempo, perché- ha spiegato l’ex ministro- “prima di dargli il permesso di andare, gli fu fatto sottoscrivere un giuramento che lo vincolava al silenzio. Per tutta la vita non ne ha parlato con nessuno, neppure con la moglie. Un amico dell’Aeronautica Militare un giorno mi chiamò dicendo che era ormai prossimo alla fine per la malattia di Lou Gehrig e che sentiva di doverlo raccontare.”
In punto di morte, il ligio funzionario governativo aveva dunque deciso di liberarsi da quel fardello confidandosi con qualcuno: chi meglio di un uomo che era stato al vertice della Difesa del suo Paese? “Gli telefonai e mi fece un pieno resoconto di quello che aveva visto, mi diede un’idea precisa di come era fatto all’interno quel mezzo con ogni sorta di dettaglio… Sentiva che poteva parlarne con qualcuno e pensava che io fossi la persona giusta.”
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