Come promesso, ho immaginato un antefatto alla mia affabulazione riguardo la “Storia Segreta del Multiverso e della Terra”… un punto di partenza per capire le successive affabulazioni, che certamente non potrò esaurire in 4 e 4-8. Ho immaginato un personaggio, una situazione in cui viene scoperta la struttura del Multiverso e parti della sua storia infinita (ovviamente solo quella che in qualche modo possa essere ricollegata alla nostra). Così permetterò anche agli altri utenti di capire di cosa stavo parlando quando parlavo di “gara di fantasia” nell’immaginare una “storia cosmica” dei popoli alieni e di epoche sconosciute della Terra. Non si tratta di un racconto comunemente inteso, ma qualcosa come una narrazione storica (tanto per fare un esempio, per chi conosce bene Tolkien, pensate al “Silmarillion”:).
LA STORIA SEGRETA
ANTEFATTO: Fu Luca Zeni il primo uomo del XXI secolo a conoscere alcuni aspetti della Storia Segreta, che prima erano stati in possesso solo di alcuni iniziati, o dimenticati fra le pagine di antichi testi custoditi in oscure biblioteche di ancora più oscuri monasteri, o nelle profondità di sotterranei di cui nessuno conosceva l’ubicazione. Quando Luca aveva ricevuto la notizia della morte di suo zio Alfredo, improvvisamente si era ricordato di tanti particolari che aveva visto nella sua infanzia. Lo zio aveva sempre vissuto da solo, dopo la morte di sua moglie, avvenuta in circostanze misteriose, nella sua casa di campagna a ridosso dei Colli Berici, dove si trovava l’entrata di uno strano cunicolo ai piedi del colle, in fondo al vasto giardino. Aveva avuto strane frequentazioni: pochi amici, e l’affiliazione a una strana confraternita i cui membri portavano strane tuniche azzurre, e che si riuniva in diverse occasioni in una chiesa vicina, dentro una vasta cripta sotterranea, svolgendo riti a cui nessuno che non fosse della confraternita poteva partecipare. Luca ricordava anche il parroco di quella chiesa, un uomo strano, alto, dagli occhi sporgenti e folli, che veniva a trovarlo molto spesso. Diverse volte, da bambino, Luca aveva cercato di entrare dalla porticina di ferro arrugginito che chiudeva il misterioso cunicolo nel giardino, ma non c’era mai riuscito, perché era sempre chiusa a chiave. Eppure aveva spesso avuto la sensazione che dietro la porta ci fosse “qualcuno” o “qualcosa”, dato che più di una volta aveva sentito come dei passi strascicati, e da sotto la fessura della porta gli era sembrato che filtrasse una luce stranissima, bianca e spettrale, non certo come la luce di una lampadina, o di una torcia. Ora lo zio Alfredo non c’era più e Luca era rimasto il suo solo erede, dato che era figlio unico del fratello di Alfredo, il quale non aveva mai avuto figli. Quando si recò in casa dello zio per farne stimare il valore e rilevarne eventuali documenti, si accorse subito di molte cose che aveva dimenticato da tempo. Nello studio dello zio trovò uno strano oggetto: una strana chiave d’argento, dalla fattura sconosciuta. Vi era effigiata una sorta di piovra dai sottilissimi tentacoli a raggiera, come se fossero stati i raggi di un sole, anziché gli arti di un animale, e al centro della piovra si trovava un unico occhio mostruoso, sporgente, costituito da una pietra rossa, su cui era incisa una fessura, per dare l’idea dell’occhio di un serpente, o di un gatto. Improvvisamente gli venne un’intuizione: non seppe dire nemmeno lui perché, ma si trattava della chiave della vecchia porta di ferro del cunicolo scavato nella roccia dentro il colle. La volta successiva che si recò in casa dello zio, lo fece da solo: non voleva che nessuno sapesse di ciò che poteva contenere il cunicolo. Con sua sorpresa, trovò ad aspettarlo di fronte al cancello del giardino un giovane parroco: era il parroco della chiesa dove si riuniva la misteriosa confraternita a cui apparteneva suo zio. Come faceva a sapere che sarebbe arrivato quel giorno, dato che non lo aveva detto a nessuno? E quel che era strano, era che il giovane prete sapeva già cosa voleva fare. «La pregherei di aprire la porta del sotterraneo solo in mia presenza». Disse in tono minaccioso. Il prete aveva gli stessi occhi sporgenti, grandi, di un sinistro colore grigioazzurro-ghiaccio, che aveva avuto il vecchio prete che aveva conosciuto nella sua infanzia. Avrebbe potuto essere suo figlio, o forse lui stesso tornato giovane… Inizialmente Luca avrebbe voluto mandarlo via, ma c’era qualcosa nello sguardo del prete di stranamente convincente, quasi di ipnotico…. «Guardi la chiave e si domandi cosa può rappresentare… non le fa pensare a qualcosa di minaccioso, qualcosa che bisogna maneggiare con cautela, come dell’esplosivo, o qualcosa che forse sarebbe meglio lasciar stare? Ci sono molti cunicoli sotterranei in questa regione, e non è sempre bene andarci a curiosare…. Lei sa quante leggende strane vi corrono….ha mai visto una raffigurazione più sinistra di quella incisa sulla chiave?». Improvvisamente Luca sembrò ricordare qualcosa legato alla figura mostruosa della chiave, qualcosa che gli aveva detto suo zio quando era bambino. Gli aveva già mostrato quella figura, e gli aveva detto che rappresentava un mistero, un segreto custodito gelosamente, qualcosa di mostruoso e minaccioso che solo pochi potevano conoscere, perché l’umanità non era pronta a conoscerlo, a sapersene difendere, e gli disse anche che molti uomini e donne erano stati uccisi nel corso dei secoli per quel segreto, che poteva dare un potere immenso, ma nello stesso tempo portare alla follia, alla disperazione e alla distruzione. Gli venne in mente la leggenda della Gorgone, la cui testa con mille serpenti al posto dei capelli era così mostruosa che, se la si guardava, si finiva trasformati in pietra. Lo zio gli aveva detto che era un simbolo di quanto era spaventoso quel segreto, così terrificante da non poter essere visto direttamente in un colpo solo, ma solo poco a poco. Diceva anche che, se avesse voluto, gli avrebbe mostrato la verità una volta adulto, ma la vita li aveva divisi e ora suo zio non aveva più la possibilità di rivelargli niente. «Voglio sapere» disse Luca «Soltanto sapere. Voglio vedere cosa c’è in quel cunicolo, poi se vuole le venderò la casa». «Come vuole. Io, se permette, l’aspetterò fuori». Un vago ghigno sortì sul volto del prete, Luca ebbe l’impressione di essere caduto in una trappola. Lei resterà qua, di fronte al cancello, e non si azzardi a tentare di entrare nel giardino o chiamo il 113!». «Come vuole, per me è lo stesso!». Luca richiuse il cancello alle sue spalle, e si diresse senza indugio alla porticina che ormai l’edera aveva quasi nascosto del tutto, ma esitò mille volte, prima di entrare. Pose persino l’orecchio addosso alla porta per sentire se venivano rumori dall’interno. Era una cosa assurda, ma la paura più irrazionale l’aveva preso. Niente. Nessun suono, né gli strani passi che aveva creduto di sentire, né gli strani sospiri ansimanti, né lo strano colpo che aveva sentito una volta, né tanto meno la bianca luce spettrale. Niente di niente. Pensò che in fin dei conti si trattava del ricordo di sue fantasie infantili, e trovò il coraggio di mettere la chiave nella serratura. Sia la serratura che la porta si aprirono con gran fracasso, grandi cigolii che non fecero che rendere Luca sempre più nervoso. Dietro, il buio più completo. Luca accese la torcia che si era portato dietro, non sapendo se nel cunicolo c’era un qualche sistema di illuminazione. Dietro trovò un cunicolo dalle pareti che apparivano lisce, nude, con il soffitto a volta, abbastanza alto per proseguire eretti anche a un uomo molto alto di statura. Il corridoio proseguiva uniforme per parecchi metri, forse più di cinquanta, con nicchie laterali, altrettanto nude, fino a una gigantesca cripta sotterranea, incredibile per la sua altezza e vastità. Era circolare, con la volta a cupola, e sulle pareti lisce c’era un immenso bassorilievo, o meglio una grande incisione dipinta. Rappresentava una sorta di foresta, dipinta con toni di azzurro e blu oltremare, di viola e porpora con tocchi di rosso cremisi, secondo uno stile artistico sconosciuto. Gli alberi che vi erano rappresentati, non avevano nulla di normale e conosciuto. Sui rami innumerevoli che si diramavano ovunque sulle pareti, apparivano come dei frutti, dei globi blu punteggiati di stelle, alcuni piccoli, altri grandi, e non vi erano foglie. Se erano alberi, non appartenevano a questo pianeta. I rami azzurri a volte sembravano contorcersi come tentacoli, e in loro sembravano fluire delle fiamme purpuree. I tronchi degli alberi partivano dalla base della parete circolare, e sembravano scaturire, con le loro radici, da altri globi mostruosi, enormi, infuocati, azzurri, cremisi e porpora, come se i globi appesi ai rami dovessero poi diventare i semi di altri rami di quella selva mostruosa, che si stendeva fino alla volta, dove appariva, in cima, una raffigurazione mostruosa simile al simbolo cristiano della Trinità: un triangolo con dentro un occhio, ma un occhio spaventoso, rosso cremisi, con la nera pupilla a fessura, come se fosse il simbolo non del Dio cristiano, ma una sconosciuta divinità demoniaca. Sul lato opposto alla porta, però, c’era la raffigurazione più inquietante: si vedeva un’immagine di quello che pareva essere il Grande Dio Pan, dal corpo mezzo umano e mezzo caprino, con ben sette corna: due di capro, due di ariete, due di toro, e un corno dritto, simile a quello degli unicorni in mezzo alla fronte, sopra il volto dai tratti barbuti e caprini, che danzava nella selva e suonava il suo zufolo, ai piedi dell’albero più grande. E alla base del tronco di quell’albero, anzi dentro di esso, compariva un altro mostro come quello rappresentato nella chiave d’argento, una grande piovra i cui tentacoli si diramavano come i rami degli alberi, ma erano più sottili, come capelli che si spargevano per tutto il bosco inciso. Piccoli occhi mostruosi, sempre rossi e con la pupilla a fessura, si aprivano lungo tutti i suoi tentacoli. Alla luce della torcia, Luca si accorse che ogni tentacolo raggiungeva ogni singolo “frutto” degli alberi, come a collegarli tutti assieme. E al centro della piovra stava anche lì un occhio mostruoso, più grande di tutti gli altri. Luca, anche se non aveva mai visto niente del genere, capì alcune cose di ciò che vedeva. «L’occhio significa conoscenza, e l’occhio di serpente, o di gatto, con la pupilla a fessura, significa che simboleggia la conoscenza che può guardare anche nel buio più fitto, la conoscenza dei misteri più fitti». Un brivido immenso lo colse, stava cominciando a capire…. «E la Selva, il Bosco, il Grande Dio Pan… Pan in greco significa “Tutto”….. i frutti che sembrano globi stellati… mio Dio, non è possibile… so cosa vogliono dire… i tentacoli che vanno ovunque, che raggiungono ogni globo…..». Distolse lo sguardo dal gigantesco affresco inciso, e fu allora che si accorse di ciò che si trovava al centro della sala: un piccolo e semplice altare di pietra, un prisma pentagonale basso e largo, con sopra un tetraedro anch’esso di pietra, due oggetti perfetti e semplici, senza incisioni né iscrizioni. Era quello che era sopra il tetraedro, che appariva sconcertante. Un globo di vetro nero, o almeno così pareva, sospeso a mezz’aria, sopra la punta del tetraedro, sostenuto dal niente, in virtù di quale sistema magnetico, come certi mappamondi magnetici. Era evidentemente il risultato di conoscenze scientifiche sconosciute, perse in un remoto passato. Tremando, Luca si avvicinò al globo e lo osservò da vicino. Improvvisamente qualcosa si mosse al suo interno e comparve un’immagine: il cielo stellato, ma come lo si sarebbe potuto vedere in un telescopio, con nebulose e galassie colorate, enormi e mostruose, che davano l’idea di esseri mucillaginosi e dagli arti spaventosi. «Questa è la Porta dell’Altrove!» si disse Luca. Dentro di sé, una sorta di memoria razziale gli parlava, e gli mostrava l’accesso alla Soglia dell’Altrove, dove avrebbe forse incontrato il Guardiano. Ma lo avrebbe lasciato passare come forse aveva lasciato passare suo zio? Intanto nella sfera le immagini di mondi e tempi lontani comparivano, e il viaggio di Luca nello spazio-tempo interdimensionale cominciava…. La prima storia di cui sarebbe venuto a conoscenza, sarebbe stata quella del cosmo di Emethra, e di come la sua storia si sarebbe intrecciata con la storia della Terra…..
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