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 Oggetto del messaggio: Monito all'umanità – Fine del Sogno
MessaggioInviato: 17/12/2008, 12:27 
Nelle sale il nuovo "Ultimatum alla Terra" diretto da Scott Derrickson

Monito all'umanità – Fine del Sogno

Klaatu ci lascia nell'incognita: quanto tempo ci è rimasto prima di vedere scatenarsi su di noi le ire definitive dei nostri guardiani cosmici?


Di Maurizio Baiata (Direttore Editoriale di "X TIMES")


La sala dell'ANICA è confortevole e, con Adriano Forgione, prima di sprofondare nelle comode poltrone, scattiamo un paio di foto, testimoni del fatto che eravamo lì, all'anteprima per la stampa di "Ultimatum alla Terra" organizzata a Roma il 10 Dicembre scorso. Riconosco facce un tempo per me note. Con il critico musicale Dario Salvatori ci saluteremo alla fine della proiezione. Il film lo abbiamo atteso a lungo e poterlo vedere in anticipo sull'uscita nelle sale cinematografiche è un bel privilegio, che ci consente di scriverne in tempo per la chiusura di questo numero. A luci spente, dopo pochi secondi, un solerte addetto alla sicurezza scruta le file degli spettatori con un visore a infrarossi, ad evitare che qualcuno riprenda anche una sola scena del film.

Il lavoro registico di Scott Derrickson, va subito detto, risente di questa nostra epoca che impone, per ragioni di costi e per scelte tecnologiche, il ricorso costante alla computer grafica, che rende la vicenda a-emozionale, la dimensiona su un livello spettacolare, rapido, squassante, soprattutto illogico rispetto ai tempi dilatati, sofferti e didascalici della narrazione di Robert Wise, mastermind del primo film (escludendo peraltro che da ciò nascano altri eredi). È logico sia così. Dobbiamo rassegnarci. Il tempo passa e il nuovo "Ultimatum alla Terra" sta nel segno di questi quasi 60 anni trascorsi dall'opera di Wise. Così, non c'è tempo per attendere la maestosa discesa del disco volante e il suo poetico atterraggio. Flaiano e Bunuel (soprattutto), se non erro, pensavano al cinema come sogno che si realizza, il cinema è quello che si sogna divenire realtà. Allora, in cerca di sogni che si realizzano, vediamo se ciò accade qui.


"Lack of Power"

La prima fase la viviamo come in altre occasioni, travolti dai suoni dalle immagini dall'audacia di mostrare che non siamo soli nell'Universo e che il Contatto, quando avverrà, ci lascerà a bocca aperta, di più, mozzerà il fiato dei broker di Wall Street, farà crollare le economie, metterà in discussione il potere. Questo è il punto: il potere ufficiale, nel caso di "Ultimatum" è a Washington, non può gestire questa situazione. Il Presidente americano mai si vedrà, è un filo telefonico, al quale Kathy Bates-Segretario di Stato si avvinghia fino alla fine, inutilmente. "Lack of power" si direbbe, assenza di autorità, capace di affrontare la questione solo con le armi. "Prima spari e poi chiedi chi sei" e infatti questo accade. Non ci sono balsami per il cuore in questo inizio (e anche se un paio di fotogrammi mostrano un Ratzinger benedicente, non c'è l'arroganza ecclesiale che ci vorrebbe imporre una filosofia dell'accoglienza cosmica in nome di un credo. Meno male). Noi, ovviamente, siamo di parte. Klaatu e il torreggiante Gort rappresentano un sistema di controllo e non sono in missione di pace. Non sono neanche un balsamo per il cuore dei sognatori. Di puro c'è la nascita di Klaatu, da clonazione. Di strano, obliquo e irrisolto c'è che un'altra entità di controllo è già fra di noi, sotto le spoglie umane di un anziano cinese, del quale nulla sapremo e il finale del film non ce ne rivela il destino. Il nostro destino appare invece già chiaro nella parte centrale della pellicola, mediatrice: all'impossibilità di perdonare l'uomo per quanto di empio compie in questo microcosmo planetario, oppone la fermezza della punizione finale che ci attende. Tanto, non ne siamo consapevoli, nessuno è consapevole di nulla in questa vicenda. Neanche Klaatu, energia di luce che si installa in un involucro biologico e il cui processo di umanizzazione non si completerà, perché la sua frequenza si compenetra con la Sfera, non con la carne.


Il film trasmesso nello spazio profondo


D'altra parte, questo film non parla di un contatto programmato e gestibile, come in "Incontri Ravvicinati del Terzo Tipo". Manca anche il tramite, la scala pentatonica di Kodàly che ci fa riconoscere agli Alieni come degni di un incontro. La musica scelta per il nuovo "Ultimatum" è invece effettistica, non ha significati ed è priva di spessore. Il che, a mio avviso, pregiudica l'efficacia del progetto di "trasmissione spaziale" annunciato dalla Twentieth Century Fox, con il fine di entrare nella Storia trasmettendo il primo film, per intero, nello spazio profondo. «L'idea è di dimostrare agli Alieni che la Terra accetta l'dea di visitatori dallo spazio» ha dichiarato Jim Lewis, Direttore esecutivo della Deep Space Communications Network, compagnia specializzata in comunicazioni spaziali creata da un gruppo di ingegneri radiotelevisivi ed esperti della comunicazione. Come dire, una pellicola a paradigma galattico: in coincidenza con l'esordio sul Pianeta Terra, infatti, tutte le immagini sono state inviate con un'antenna parabolica di cinque metri verso una possibile civiltà orbitante intorno al sistema stellare di Alpha Centauri, e i suoi abitanti potranno vederlo più o meno fra quattro anni, nel 2012. Se lo leggeranno in termini di suoni, non capiranno granché. Se vorranno intuire i processi emozionali che rendono l'uomo apparentemente tanto dissimile (in quanto unico esperimento creativo fallito) da altri esseri intelligenti esistenti nel cosmo, dal film coglieranno solo ciò che, in breve, sono gli immani e microscopici conflitti che ci affliggono quotidianamente e dei quali noi siamo responsabili. Non si scende nella spirale interiore, si entra nella sfera superiore, ma il solo ad entrarci è Klaatu. In questo, nel suo addio alla Terra, se ne tornerà a casa (è ambasciatore di un conglomerato di pianeti) più morto che vivo… brutta esperienza, in fondo.


Gli scienziati del Caltech

Da un punto di vista scientifico il film però fa riflettere ed è un notevole passo avati rispetto al lavoro di Wise. Invitati al campus del California Institute of Technology venerdì 6 Dicembre, per una conferenza stampa (dibattito pre-proiezione) con gli scienziati Maria Spiropulu, Sean Carroll e Joel Burdick, Keanu Reeves e il regista Scott Derrickson si sono visti applaudire per le buone intenzioni: la scienza sembra obbligata ad accettare l'idea che non siamo soli e, in ragione del disgregarsi delle proprie certezze qui sulla Terra, potrebbe guardare al film con simpatia, non più con il solito sarcastico miserere. In effetti, il monito originale di Klaatu (mediato prima agli scienziati) nel famoso discorso rivolto a tutti i terrestri, nel "remake" (termine scorretto, però) di Derrickson non c'è. Si capisce solo che gli Americani hanno altro a cui pensare e glielo puoi spiegare in tutte le salse, tanto non ti prestano ascolto. Egualmente, è difficile cogliere le parole fatidiche "Klaatu Barada Nikto" che nel film di Wise erano una sorta di litania (quasi divenuta d'uso comune negli anni Cinquanta), mentre qui sono solo un sussurro di Klaatu ferito che ordina a Gort di "non intervenire".


E le ragioni?

Al termine della proiezione, con Adriano, ci interroghiamo. E continueremo a farlo anche per tutto il percorso, sotto il temporale romano che farà una vittima a Monterotondo (il centro dal quale operiamo), sul significato del film. E qui mi sovviene la battuta di Dario Salvatori, «Che moralismo! Vinciamo sempre noi!»… mah? Non ci sembra affatto che i terrestri ne escano vincitori… le cavallette robot (nanotecnologie letali) hanno fatto piazza pulita di flora, fauna e cemento ed erano inarrestabili, quindi, se c'è un monito è che, di fronte alla punizione celeste, siamo impotenti, e a quella dei controllori di un'ipotetica Federazione interplanetaria lo siamo altrettanto. Dario fa il critico musicale, è lucido, competente e arguto come una volta, ma assistere ad "Ultimatum alla Terra" in una sala col suono a mille e lo schermo gigante non è come far girare una copia in vinile del 45 giri di "Che Colpa abbiamo noi" dei Rokes su un lettore CD. Scommetti che non si sente nulla e il disco ti resta lì, immoto, in mano e non spicca il volo? Per questo è più giusto lasciare a casa il sogno del primo "Ultimatum alla Terra" del 1951 e andare a vedere il nuovo "Ultimatum" con la consapevolezza e il disincanto di questi giorni. Non sarà questo film a garantire al movimento ufologico ed esopolitico internazionale il passaporto per entrare nel cuore della nuova generazione. Non ne ha la forza, né l'urgenza. Forse, anzi, alimenta false speranze in un mondo migliore. Per questo, a chi scrive, sfugge la ragione recondita di questa operazione, se non quella di voler sostituire nel nostro vocabolario d'uso comune la parla "disperazione" con "incoscienza". In questo il film coglie il bersaglio.

http://www.dnamagazine.it/ultimatumallaterra.html


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