In Malesia scoperta una nuova lingua. Non ha la parola "rubare"Si chiama Jedek, e la parlano appena 280 persone di etnia Semang. Un idioma che riflette lo stile di vita dei suoi parlanti: non possiede parole come 'rubare' o 'vendere', ma è ricca di termini che declinano il concetto di scambio e condivisioneSONO in pochi: non più di 280 tra adulti e bambini. Vivono nella penisola malese da millenni, conducendo una vita semplice fatta di caccia, raccolta e piccole coltivazioni. E hanno una lingua tutta loro, diversa da quella delle tribù della zona e persino da quelle di altre comunità che abitano nello stesso villaggio. Una lingua con radici antiche, che nelle sue strutture e nel suo vocabolario tiene traccia di uno stile di vita unico, pacifico, votato alla condivisione e alla comunità. È la lingua "Jedek", scoperta e descritta per la prima volta da un team di ricercatori dell'Università di Lund sulle pagine della rivista Linguistic Typology.
La scoperta nasce nell'ambito del progetto Tongues of the Semang, dedicato alla mappatura delle lingue parlate dai Semang, le popolazioni pigmee che abitano nella penisola malese. Cacciatori raccoglitori appartenenti a diversi sottogruppi etnici, che spesso convivono nelle stesse aree pur mantenendo cultura, tradizioni e lingue differenti. Analizzando i risultati di queste ricerche svolte sul campo tra il 2005 e il 2011, i linguisti svedesi Joanne Yager e Niclas Burenhult si sono accorti di colpo di trovarsi di fronte a una situazione piuttosto speciale: un nucleo di circa 280 persone che abitano in un insediamento lungo il fiume Rual (nello stato malese di Kelantan) e parlano una lingua completamente differente da quella dei loro vicini, e anche da quelle parlata da altre comunità del loro stesso gruppo etnico (o presunte tali) insediate in altre zone della regione. In sostanza, una lingua tutta loro, mai scoperta in precedenza da antropologi e linguisti.
"Stavamo studiando l'insediamento e d'un tratto ci siamo resi conto che una larga parte degli abitanti parlava una lingua completamente diversa", ricorda Yager. "Usavano parole, fonemi e strutture grammaticali che non esistono nella lingua Jahai parlata dal resto del villaggio, e che suggeriscono piuttosto un legame con lingue proveniente da zone estremamente distanti della penisola". È così dunque che i due ricercatori hanno fatto la scoperta del Jedek, una lingua sconosciuta rimasta per decenni letteralmente sotto il naso degli esperti.
"Quell'area dell'Asia è la zona con la maggiore variabilità linguistica del pianeta, anche se si concentra in particolare nella vicina Papua Nuova Guinea", spiega Federico Masini, professore di Lingue e letteratura della Cina e dell'Asia sud-orientale della Sapienza di Roma. "E in zone in cui convivono tante lingue è certamente difficile tracciare il confine tra l'una e l'altra, e può capitare di fare errori o di trovarsi a cambiare idea. In ogni caso la scoperta di una nuova lingua rimane un evento raro e certamente pieno di fascino, che ci permette di osservare in modo nuovo la cultura e il pensiero di una comunità di persone".
E in effetti, all'interno delle strutture linguistiche e del vocabolario Jedek i due ricercatori svedesi hanno scoperto le radici di uno stile di vita completamente differente dal nostro. La cultura di questa popolazione Semang - spiegano - non conosce differenze di genere, non promuove la violenza né la competizione, non prevede l'esistenza di leggi, né di professioni o specializzazioni. Tutti gli abitanti del villaggio devono possedere le capacità necessarie per sopravvivere in una società di cacciatori raccoglitori, e devono essere pronti a collaborare e condividere risorse e proprietà. Abitudini che si riflettono a pieno nella loro lingua.
In Jedek infatti non esistono parole con cui definire una professione o un lavoro, né per riferirsi a tribunali, giurie o altre istituzioni dedicate a far rispettare le leggi. L'idioma non possiede verbi che facciano riferimento al concetto di proprietà, come "prestare", "rubare", "vendere" o "comprare", ma ha invece un ricchissimo vocabolario per esprimere e declinare lo scambio e la condivisione. Si tratta per questo di un'autentica finestra da cui è possibile osservare un modo di essere "umani" completamente diverso dal nostro. Tanto più importante da studiare - sottolineano i due linguisti svedesi - in un periodo, come quello attuale, in cui guerre e cambiamenti politici e culturali rischiano di far scomparire quasi metà delle lingue del mondo (quelle con un bacino di parlanti limitato con il Jedek) entro i prossimi 100 anni.
"Le lingue nascono e muoiono con le comunità che le parlano, ne riflettono il pensiero, le abitudini e le necessità", commenta Masini. "Per questo motivo parlare di conservare le lingue non ha senso, e bisognerebbe piuttosto pensare a proteggere le comunità di persone che le tengono vive. Il fatto che la lingua Jedek non possieda parole e concetti relativi alla violenza, o alla proprietà, è qualcosa che si vede in molte comunità che potremmo definire arretrate. È il pensiero che fa la lingua, ed è per questo che studiare le lingue ci aiuta a vedere meglio noi stessi e la nostra civiltà".
Fonte: http://www.repubblica.it/scienze/2018/02/09/news/in_malesia_e_stata_appena_scoperta_una_nuova_lingua-188453523/ Posto qui questa notizie perchè mi è di spunto per una riflessione ma penso meriti ben altro risalto, non saprei però in quale topici inserirla, quindi appena potete inseritela dove è più opportuno o ditemi dove che lo faccio io
Dall'articolo si sottolinea il fatto che nella lingua scoperta sia assente una qualunque parola che esprima il concetto di rubare o qualunque tipo di transazione che non sia relativa al PURO scambio, non è concepita nemmeno la competizione ma solo la collaborazione. non essendoci queste parole, va da sè, come dice anche l'articolo, che non siano "concepiti" nemmeno i concetti legati a tali termini permettendo ai ricercatori di farsi una idea ben precisa del tipo di società hanno sviluppato queste circa 300 perone.
Mi chiedo quindi come può un libro parlare di un DIO trascendente, immortale, eterno, creatore dal nulla di tutto se la lingua in cui è stato scritto non possiede tali concetti e di conseguenza le relative parole per esprimerli? Questa è una ulteriore conferma che quanto afferma Biglino, e cioè che le traduzioni per i bovini altro non sono che FAVOLE senza alcun appiglio nemmeno nel testo a cui dice di ispirarsi.
Perchè se sbaglia Biglino allora vuol dire che anche questi ricercatori, nel trarre le conclusioni di cui parlano nell'articolo hanno avuto un abbaglio.