A causa del riscaldamento globale, la frequenza di eventi di El Niño estremi subirà un incremento deciso, fino a passare da uno ogni 20 anni a uno ogni dieci. È quanto afferma un nuovo studio pubblicato su “Nature Climate Change” da Wenju Cai dello CSIRO Marine and Atmospheric Research di Aspendale, in Australia, e colleghi di un#65533;ampia collaborazione internazionale. El Niño è un fenomeno di riscaldamento delle correnti dell#65533;Oceano Pacifico accoppiato all#65533;Oscillazione meridionale, cioè una variazione della pressione atmosferica nel Pacifico centro-occidentale. Complessivamente, il fenomeno El Niño-Oscillazione meridionale, spesso abbreviato con l#65533;acronimo ENSO (El Niño Southern Oscillation), o semplicemente El Niño, si presenta come un#65533;oscillazione climatica che si verifica nell#65533;Oceano Pacifico, nei mesi invernali, in media ogni cinque anni. I suoi effetti principali sono inondazioni e fenomeni di siccità nelle regioni che si affacciano sul Pacifico.] A causa del riscaldamento globale, la frequenza di eventi di El Niño estremi subirà un incremento deciso, fino a passare da uno ogni 20 anni a uno ogni dieci. È quanto afferma un nuovo studio pubblicato su “Nature Climate Change” da Wenju Cai dello CSIRO Marine and Atmospheric Research di Aspendale, in Australia, e colleghi di un'ampia collaborazione internazionale.
El Niño è un fenomeno di riscaldamento delle correnti dell'Oceano Pacifico accoppiato all'Oscillazione meridionale, cioè una variazione della pressione atmosferica nel Pacifico centro-occidentale. Complessivamente, il fenomeno El Niño-Oscillazione meridionale, spesso abbreviato con l'acronimo ENSO (El Niño Southern Oscillation), o semplicemente El Niño, si presenta come un'oscillazione climatica che si verifica nell'Oceano Pacifico, nei mesi invernali, in media ogni cinque anni. I suoi effetti principali sono inondazioni e fenomeni di siccità nelle regioni che si affacciano sul Pacifico.
Negli inverni 1982/83 e del 1997/98 sono stati registrati eventi di El Niño estremi, caratterizzati da un eccezionale processo di riscaldamento in cui le temperature superficiali del mare hanno superato i 28 gradi centigradi in tutto l#65533;Oceano Pacifico equatoriale. Questo fenomeno ha determinato uno spostamento verso l#65533;equatore della zona di convergenza intertropicale (ITCZ), cioè della zona in cui si verifica la convergenza dei venti alisei e la risalita di masse d#65533;aria ad alta temperatura. L#65533;instabilità innescata da questa risalita determina l#65533;alternarsi delle stagioni piovose nelle regioni della Terra a clima tropicale. Lo spostamento dell#65533;ITCZ è accompagnato da intense precipitazioni piovose nel Pacifico equatoriale orientale, in cui normalmente prevalgono condizioni fredde e secche. La riorganizzazione di ampie proporzioni della convezione atmosferica dovuta agli eventi El Niño estremi ha notevolmente alterato gli schemi meteorologici globali e causato disastri naturali di ampie proporzioni e di natura tra loro opposta: alle inondazioni verificatesi in Ecuador e in Perù hanno fatto da contrappunto le gravi siccità registrate nelle vicine regioni più a nord e più a sud, con un impatto impatto socio-economico devastante: si calcola che il solo evento del 1997-98 abbia prodotto danni materiali per 35-45 miliardi di dollari e circa 23.000 vittime in tutto il mondo, senza contare le diffuse alterazioni dell#65533;ambiente globale. In questo quadro, s#65533;impone la necessità di valutare il rischio di ulteriori eventi estremi, soprattutto alla luce dell#65533;interazione del riscaldamento globale sugli schemi di circolazione oceanica e atmosferica. Cai e colleghi in quest#65533;ultimo studio hanno analizzato i dati del Coupled Model Intercomparison Project (CMIP), che raccoglie i risultati dei più avanzati modelli di circolazione globale oceanici e atmosferici. Questi modelli sono impiegati per rivelare gli effetti antropogenici sulle registrazioni climatiche dell#65533;ultimo secolo e per ricavare proiezioni del cambiamento climatico dovute alla produzione di gas serra e aerosol prodotti alle attività umane. Le proiezioni dimostrano che nei prossimi l#65533;aumento delle temperature globali dovuto all#65533;affetto serra porterà a un incremento significativo della frequenza degli eventi El Niño estremi. Tale frequenza, secondo il modello, dovrebbe addirittura raddoppiare, passando da un evento ogni 20 anni, come registrato nel periodo 1891-1990, a un evento ogni 10 anni, nel periodo 1991-2090. A innescare questo processo sarebbe in particolare il previsto riscaldamento della superficie del Pacifico equatoriale orientale, che procede con un tasso decisamente superiore rispetto a quello delle masse oceaniche circostanti, facilitando la convezione nella regione equatoriale orientale.]
Negli inverni 1982/83 e del 1997/98 sono stati registrati eventi di El Niño estremi, caratterizzati da un eccezionale processo di riscaldamento in cui le temperature superficiali del mare hanno superato i 28 gradi centigradi in tutto l'Oceano Pacifico equatoriale. Questo fenomeno ha determinato uno spostamento verso l'equatore della zona di convergenza intertropicale (ITCZ), cioè della zona in cui si verifica la convergenza dei venti alisei e la risalita di masse d'aria ad alta temperatura. L'instabilità innescata da questa risalita determina l'alternarsi delle stagioni piovose nelle regioni della Terra a clima tropicale. Lo spostamento dell'ITCZ è accompagnato da intense precipitazioni piovose nel Pacifico equatoriale orientale, in cui normalmente prevalgono condizioni fredde e secche.
La riorganizzazione di ampie proporzioni della convezione atmosferica dovuta agli eventi El Niño estremi ha notevolmente alterato gli schemi meteorologici globali e causato disastri naturali di ampie proporzioni e di natura tra loro opposta: alle inondazioni verificatesi in Ecuador e in Perù hanno fatto da contrappunto le gravi siccità registrate nelle vicine regioni più a nord e più a sud, con un impatto impatto socio-economico devastante: si calcola che il solo evento del 1997-98 abbia prodotto danni materiali per 35-45 miliardi di dollari e circa 23.000 vittime in tutto il mondo, senza contare le diffuse alterazioni dell'ambiente globale.
In questo quadro, s'impone la necessità di valutare il rischio di ulteriori eventi estremi, soprattutto alla luce dell'interazione del riscaldamento globale sugli schemi di circolazione oceanica e atmosferica.
Cai e colleghi in quest'ultimo studio hanno analizzato i dati del Coupled Model Intercomparison Project (CMIP), che raccoglie i risultati dei più avanzati modelli di circolazione globale oceanici e atmosferici. Questi modelli sono impiegati per rivelare gli effetti antropogenici sulle registrazioni climatiche dell'ultimo secolo e per ricavare proiezioni del cambiamento climatico dovute alla produzione di gas serra e aerosol prodotti alle attività umane. Le proiezioni dimostrano che nei prossimi l'aumento delle temperature globali dovuto all'affetto serra porterà a un incremento significativo della frequenza degli eventi El Niño estremi. Tale frequenza, secondo il modello, dovrebbe addirittura raddoppiare, passando da un evento ogni 20 anni, come registrato nel periodo 1891-1990, a un evento ogni 10 anni, nel periodo 1991-2090.
A innescare questo processo sarebbe in particolare il previsto riscaldamento della superficie del Pacifico equatoriale orientale, che procede con un tasso decisamente superiore rispetto a quello delle masse oceaniche circostanti, facilitando la convezione nella regione equatoriale orientale.
http://www.lescienze.it/news/2014/01/20 ... 24-01-2014
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ubatuba il 24/01/2014, 12:07, modificato 1 volta in totale.