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 Oggetto del messaggio: Il generale Luigi Cadorna
MessaggioInviato: 22/08/2011, 09:34 
IL GENERALE LUIGI CADORNA

L’1.7.1914 Luigi Cadorna era capo di stato maggiore dell’esercito, l’Italia era legata alla triplice alleanza difensiva con Austria e Germania, stipulata nel 1882; ma dal 1902 Italia e Francia, con scambio di lettere segrete, si erano anche impegnata alla neutralità, era la solita ambiguità della politica, non solo italiana. Il re Vittorio Emanuele III di Savoia (morto nel 1947) era informato di tutto, ispirava la politica estera, mentre Cadorna e il parlamento erano all’oscuro. L’accordo militare con la Triplice alleanza impegnava l’Italia a inviare in caso di guerra dei corpi d’armata e delle divisioni di cavalleria in Germania, la quale prevedeva la violazione della neutralità di Belgio e Lussemburgo e valutava che la guerra sarebbe durata pochi mesi.

Con la Francia c’erano state rivalità coloniali, soprattutto per la Tunisia, guerre commerciali, perché il protezionismo industriale italiano si era ritorto contro le esportazioni agricole dell’Italia del sud; l’Italia avrebbe voluto recuperare la Corsica strappandola alla Francia e avrebbe voluto recuperare Trento e Trieste strappandole all’Austria; debolezza e ambiguità politica spingevano al tradimento, alla doppiezza e ai patti segreti, il che non era una novità nei rapporti tra nazioni.

Comunque, triplice intesa e triplice alleanza, spendevano fiumi di denaro in Italia, diretti ai giornali, per spingere il paese con la propaganda a favore di una o l’altra coalizione. Non sono i popoli che tradiscono, perché sono quelli costretti a combattere e a subire i cambiamenti di fronte, ma sono gli stati a tradire o meglio i governi; soprattutto quando cambia il governo e ancora di più quando cambia con una rivoluzione l’ordinamento giuridico. In Italia i governi erano deboli e duravano poco, i Savoia, dietro le quinte, decidevano tutto, ispiravano la politica e dirigevano esercito e carabinieri, tiravamo il sasso e nascondevano la mano (“I Savoia” di Denis Mack Smith – Rizzoli Editore).

Secondo gli accordi con la Triplice alleanza, alle Alpi la strategia doveva essere difensiva, perché tutto si sarebbe risolto sul Reno, ottimisticamente, in un paio di mesi; il 31.7.1914 il re d’Italia suggerì un comando unico per la Triplice alleanza, cosa che poi però l’Italia non accettò più con lo scoppio della guerra a fianco della Triplice Intesa; peraltro, l’alleanza era difensiva e poiché era stata l’Austria a dichiarare guerra alla Serbia, l’Italia non era tenuta a intervenire a suo fianco, ma non doveva nemmeno intervenire a fianco della Triplice Intesa come poi accadde.

Per la propaganda, il cambiamento di fronte fu giustificato dalla necessità di completare il risorgimento e l’unità nazionale; la storia è piena di tradimenti, di violazioni di trattati internazionali e di cambiamenti di fronte da parte di tutti gli stati. In politica, quando si tradisce, ci si salva e si può fare carriera; la Germania nel 1939 fu più traditrice dell’Italia quando attaccò la Russia sovietica, dopo aver fatto pochi mesi prima un patto di non aggressione con essa.

E’ anche difficile accusare la Russia di tradimento quando, nel corso della prima guerra mondiale (1917), dopo una rivoluzione, si staccò dalla Triplice Intesa e stipulò la pace separata con la Germania. Costituzioni e trattati sono carta straccia, sempre calpestati da stati e governi, mentre al popolo si raccomanda, con il rigore della legge, l’osservanza dei contratti; ciò che è lecito allo stato non è lecito al cittadino.

Appena nominato capo di stato maggiore, Cadorna mandò lettere di saluto ai colleghi tedesco e austriaco, e il generale Conrad, capo di stato maggiore austriaco, sollecitò truppe italiane da inviare anche in Austria oltre che in Germania. Nel luglio del 1914 sembrava che l’Italia stesse scendendo in guerra della triplice alleanza, quando venne la dichiarazione di neutralità del governo, senza informare il capo di stato maggiore; d’altronde, in omaggio all’obbedienza dell’esercito e della chiesa, i militari devono fare la guerra contro chiunque sia loro ordinato e, dietro ordine, devono adeguarsi prontamente a cambiare il nemico da combattere.

Naturalmente, con il cambiamento di fronte, sorsero attriti tra Cadorna e il capo del governo Salandra, che poi, per vendicarsi, tentò di sostituirlo durante l’offensiva austriaca nel Trentino; il 5.8.1914 il governo, decisa la neutralità, smentiva la mobilitazione generale, invece Cadorna la sollecitava per ogni evenienza, aveva capito che si sarebbe scesi in guerra a fianco della Triplice Intesa e si diceva disposto ad aiutare la Francia.

In ballo c’erano Trento e Trieste con le relative regioni, ci furono quindi trattative segrete a Londra, per fare entrare l’Italia in guerra a fianco dell’Intesa, in cambio di contropartite a spese dell’Austria, era il patto di Londra. Spingevano alla guerra contro la Germania, la paura atavica italiana della Germania, il pericolo di rimanere a mani vuote dopo la guerra, ma erano solo pretesti e propaganda, il denaro d’oltralpe aveva deciso con chi l’Italia doveva scendere in guerra.

Si sperava in un intervento vittorioso della Russia, mentre l’Italia doveva immobilizzare le forze austriache in Trentino, in modo da conquistare le terre irredente con poco sforzo; Cadorna era in rapporto con il ministro degli esteri, il ministro della guerra e il capo del governo. Nella guerra rischiava anche la monarchia, dopo la guerra, infatti, caddero la monarchia tedesca, quella russa e quella austriaca; in caso di vittoria austriaca, sicuramente l’Italia avrebbe perso il Veneto a vantaggio dell’Austria.

Cadorna rilevava che l’esercito era impreparato, però era così anche in altri paesi belligeranti e accade spesso che i generali dichiarino in privato, ma dovrebbe essere un segreto militare, che i loro eserciti sono impreparati; a causa di questa impreparazione, Cadorna se ne lamentò con il ministro della guerra e consigliava prudenza. Nell’ottobre del 1914 volontari italiani, come al tempo di Garibaldi, sfilavano in Francia, in odio alla Germania, ma poteva essere una cosa montata su dal partito filo francese.

Comunque, Cadorna si era convertito facilmente a filo francese (a quale prezzo?), perciò ora criticava il rinvio di un anno della mobilitazione e voleva l’intervento a fianco dell’Intesa. Si denunciò la Triplice alleanza e il 26 aprile 1914 si firmò il patto di Londra, perciò la mobilitazione avrebbe potuto essere indetta anche in agosto, ma forse il re voleva vedere come si evolveva la guerra, visto che i generali avevano detto che doveva durare pochi mesi.

Invece la guerra durò cinque anni e l’Italia entrò in guerra l’anno successivo, cioè nel 1915, la Russia fu travolta dalla Germania e l’Italia subì la prima disfatta di Caporetto da parte dell’Austria; il re d’Italia Vittorio Emanuele III di Savoia sostituì, come comandante in capo, Cadorna, che aveva solo seguito le istruzioni del re, con Diaz, che era napoletano; in quell’occasione si dice che il re avesse affermato che se l’Italia avesse perso la guerra, per salvare la dinastia e il regno, si sarebbe ceduto il Veneto all’Austria e poi sarebbe stata data la colpa a Diaz di aver perso la guerra, perché era napoletano.

La storia del capro espiatorio, per salvare tanti corresponsabili e responsabili maggiori che non vogliono rispondere, è una storia molto vecchia, accade anche in finanza, dove amministratori delegati, presidenti e direttori generali sono solo strumenti superpagati di chi non vuol rispondere e vuole dirigere in incognito; quando accadono fattacci, per placare il popolo, tutte le colpe sono addebitate a loro o sono messi da parte.

Comunque l’Italia si riprese e passò al contrattacco, se non ci fosse stata la pace, il suo esercito sarebbe arrivato a Vienna, invece il fronte franco tedesco non dava esiti di vittoria sul campo, la Germania cedette soprattutto dall’interno. Nel secondo conflitto mondiale i Savoia, cioè sempre Vittofrio Emanuele III, riponevano la loro fiducia sul maresciallo Badoglio, capo di stato maggiore, che non era un grande stratega, ma, come Cadorna, era fedele al re, cioè ne seguiva pedissequamente le istruzioni, rischiando di essere ambiguo e contraddittorio, si è visto nelle trattative di pace con gli alleati.

Bisogna dire che nelle strutture gerarchiche come esercito, chiesa e, in generale, nei posti di lavoro dove vige una gerarchia, gli elementi più apprezzati non sono quelli più creativi e originali, ma i conformisti e quelli che obbediscono agli ordini senza discutere, cioè, in definitiva, quelli che si fanno plagiare, sono loro che fanno carriera; i capi gerarchici, lontani dalla realtà delle cose, ritengono che gli elementi migliori sono quelli che la pensano come loro, scrivono come loro e obbediscono.

A costo di tanti morti, alla fine della prima guerra mondiale l’Italia conquistò Trento e Trieste e raggiunse i confini naturali alle Alpi, forse li avrebbe raggiunti anche con la neutralità, ma i fabbricanti di armi, che erano sostenuti dai giornali, non avrebbero guadagnato niente; anche loro avevano spinto per l’entrata in guerra dell’Italia, non importa se a fianco della Francia o della Germania.

Nunzio Miccoli - http://www.viruslibertario.it; numicco@tin.it.

Fonte:
- Storia Illustrata – Volume XIII – Mondadori Editore
-“I Savoia” di Denis Mack Smith – Rizzoli Editore


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