Time zone: Europe/Rome [ ora legale ]




Apri un nuovo argomento Rispondi all’argomento  [ 1 messaggio ] 
Autore Messaggio

Ufetto
Ufetto

Avatar utente

Non connesso


Messaggi: 80
Iscritto il: 17/11/2009, 07:57
Località: Treviso
 Oggetto del messaggio: Brigantaggio e banditismo in Italia
MessaggioInviato: 03/09/2011, 13:30 
BRIGANTAGGIO E BANDITISMO IN ITALIA

Il banditismo meridionale fu una reazione borbonica e una rivolta contadina, quando Francesco II Borbone partì in esilio, imbarcato a Gaeta su una corvetta francese, disse arrivederci a presto, sicuro che sarebbe tornato; non era posabile che Garibaldi durasse più di Napoleone, Pio IX lo attendeva a Roma, con il suo aiuto e con l’aiuto dell’Austria pensava che sarebbe tornato sul trono.

Dal 1860 al 1865 Francesco II sostenne il brigantaggio a sfondo politico sociale, che produsse più morti delle guerre risorgimentali e della guerra partigiana del 1943-1945; la guerra contro i briganti non si poteva nemmeno chiamare guerra civile, perché l’Italia era appena unita, ma si poteva chiamare resistenza agli invasori. Ad agosto del 1860 si ribellò il paese di Bronte, alle falde dell’Etna, feudo concesso da Ferdinando IV Borbone a Orazio Nelson, campione della guerra antinapoleonica.

All’arrivo di Garibaldi, questo promise le terre ai contadini, che perciò occuparono terre demaniali e commisero omicidi, però Garibaldi aveva dei debiti verso gli inglesi, che lo avevano sostenuto politicamente e finanziariamente, quindi mandò il genovese Nino Bixio a reprimere l’insurrezione. Bixio impose una tassa di guerra e fece delle fucilazioni, i liberali o galantuomini erano i proprietari terrieri nemici dei contadini, i quali a loro volta vedevano i Borboni come i protettori contro le prevaricazioni dei ricchi. Da considerare che anche Francesco II aveva promesso la distribuzione della terra con il ritorno, perciò la rivolta dei contadini, pieni di speranze, fece anche dei morti tra i borghesi.

Nel napoletano agenti borbonici fomentavano la rivolta e il generale piemontese Cialdini attribuì ad agenti pontifici la responsabilità delle insurrezioni nell’Ascolano; secondo i piemontesi, i briganti erano delinquenti strumento della reazione antiliberale e antinazionale, fomentati e finanziati da Francesco II e dal papa. In realtà le rivolte erano anche frutto del malessere sociale, i contadini volevano le terre e volevano recuperare terre demaniali usurpate dai borghesi.

A Palazzo Farnese a Roma, Francesco II e sua moglie Maria Sofia tramavano e congiuravano contro l’occupazione piemontese del sud, finanziarono comitati segreti insurrezionali che facevano capo a un’Associazione Religiosa di Roma (il Vaticano ha usato associazioni religiose come copertura, per fare spionaggio e riciclaggio di denaro mafioso); i vescovi del sud sospesero a divinis i sacerdoti che avevano aderito alla causa liberale e unitaria. I briganti reclutati erano spesso facinorosi e delinquenti, ricevevano una paga, la promessa di una pensione, della confisca delle terre padronali e il ritorno ai comuni di quelle demaniali, utilizzata dai contadini per la caccia, il pascolo e il legnatico.

Anche Garibaldi aveva promesso la terra ai contadini, ma poi si alleò con i proprietari e fece fucilare i contadini, stesse promesse furono fatte in Italia alla vigilia della prima e della seconda guerra mondiale, però la riforma agraria si fece nel 1950, anche se parziale; infatti, dopo l’unità, le terre demaniali restarono ai galantuomini, assieme alle loro terre, le terre dell’asse ecclesiastico furono poste in vendita a favore dei borghesi che le potevano acquistare e i contadini rimasero a bocca asciutta.

Allora i contadini si fecero briganti in massa, i funzionari borbonici furono messi da parte e sostituiti da funzionari liberali, mentre a capo delle amministrazioni statali erano messi piemontesi. I comitati locali borbonici avevano 80.000 affiliati, i briganti erano 16.000; ai briganti aderirono i numerosi renitenti alla leva e i disertori, sbandati dell’esercito napoletano, ufficiali borbonici, delinquenti, ex galeotti, evasi dalle carceri e braccianti, i quali nel 1799, al tempo dell’occupazione napoleonica, avevano già fornito truppe sanfediste, cioè fedeli ai Borboni e alla chiesa, a Fra Diavolo, a Mammone e al cardinale Fabrizio Ruffo.

I briganti facevano guerriglia con attacchi a sorpresa e non in campo aperto, com’è avvenuto in tutte le rivoluzioni e nelle guerre civili, si finanziavano anche con taglie e sequestri di persona, oltre che con i finanziamenti dei Borboni, a volte disponevano di un cappellano pagato. Le bande aerano divise in compagnie, avevano capitani, sergenti, caporali, trombettieri, esploratori e arruolatori, intonavano l’inno borbonico.

Avevano grande mobilità per i colpi di mano, cavalli e muli, erano però rallentati dalle donne al seguito, i loro capi s’incontravano con i delegati dei comitati politici borbonici, si scontravano con piemontesi e con la guardia nazionale, una milizia privata volontaria organizzata dai galantuomini. In questa guerra, ne furono coinvolte otto province sul continente, con danni alle cose e alle persone.

I briganti caduti furono 6.000, quelli fucilati 3.000 e quelli incarcerati 11.000, in queste campagne l’esercito ebbe più morti che in tutte le guerre risorgimentali; tra galantuomini, milizie volontarie della Guardia Nazionale e garibaldini, i morti arrivarono a 6.000. Per reagire, i cannoni piemontesi bombardavano i paesi di montagna sospetti di ospitare i briganti, i plotoni d’esecuzione erano in esecuzione ogni giorno nelle piazze.

All’inizio del 1861, caduta Gaeta, la maggior parte delle forze militari era schierata al Po, per fronteggiare l’Austria, invece l’esercito garibaldino rimasto, la Guardie Nazionale e la Guardia Civica erano divenuti gli scherani dei padroni; l’esercito di Garibaldi, forte di 50.000 volontari, in maggioranza meridionali, era stato disciolto, anche perché fatto di repubblicani, perciò i pochi reparti piemontesi subirono rovesci e alcuni ufficiali furono decapitati, stessa sorte subivano le guardie nazionali.

Comunque, anche i piemontesi facevano atrocità, bersaglieri e carabinieri furono impiegati nella repressione, i piemontesi facevano stragi e si servivano della tortura, instaurarono un regime di terrore, il meridione sembrava una colonia; per reagire alla situazione, furono costituiti Consigli di guerra che erano tribunali militari che operavano con il pugno di ferro. Erano composti di ufficiali dell’esercito, giudici e ufficiali della guardia nazionale, ai briganti colti con le armi in mano o gravemente indiziati non era garantita la difesa.

Si prometteva salva la vita in caso di resa e poi si eseguivano ugualmente le fucilazioni, si pretendevano taglie dai cittadini, si facevano rappresaglie dieci a uno, si distruggevano paesi; la ferocia della Guardia Nazionale era pari a quella dei briganti. La legge Pica (1863), nata per la repressione del brigantaggio, proclamò lo stato d’assedio, sospese le garanzie costituzionali, istituì i consigli o commissioni di guerra e le Giunte provinciali di Pubblica Sicurezza, che deferivano i sospetti ai tribunali militari.

La legge Pica creò squadriglie di cavalleria d’irregolari che alimentarono lo squadrismo agrario padronale e poi ispirarono Mussolini. Nel 1863 la legge Pica fu estesa anche alla Sicilia, che non aveva conosciuto il brigantaggio, ma solo la resistenza alla leva militare, al generale Govone spettò di catturare i renitenti; con la repressione ci fu gente bruciata viva e paesi distrutti, gente torturata. Il parlamento venne al corrente di questi fatti e nel 1863 creò una commissione parlamentare d’inchiesta, composta da Massari, Bixio e Saffi.

La commissione rilevò che il brigantaggio era debole dove i rapporti tra lavoratori e datori di lavoro erano soddisfacenti e dove vigeva il rapporto di mezzadria, il brigantaggio sembrava il risultato della miseria; la relazione chiedeva istruzione, distribuzione delle terre, bonifiche e lavori pubblici. La commissione accertò che la maggioranza dei carcerieri era fatta di mafiosi o camorristi; purtroppo però, le classi dirigenti meridionali erano liberali, unitarie ma contro la riforma agraria.

Alla fine i capi di tutti le bande di briganti finirono con una palla nella testa, i galantuomini erano sostenuti dai prefetti e dagli intendenti piemontesi, sostituitisi all’antica aristocrazia locale; l’Italia meridionale fu invasa da funzionari e imprenditori piemontesi o settentrionali, le leggi e i regolamenti piemontesi furono estesi al sud, come lo Statuto Albertino; si attaccava l’etichetta di borbonico a chiunque era contro questa politica.

Il brigante Carmine Crocco era un ex detenuto desideroso di riscatto sociale, si fece garibaldino e fu arrestato, in Lucania sollevò i contadini che reclamavano le terre, a Melfi la sua banda distrusse gli archivi della proprietà e l’ufficio delle gabelle, dichiarando decaduto il governo di Vittorio Emanuele II, era una rivoluzione sociale. Crocco portò la guerriglia nell’Irpinia, dove distribuì grano e terre.

Crocco resisté fino all’agosto del 1864, allora la repressione definitiva del brigantaggio fu affidata al generale Enrico Cialdini, succeduto a Carlo Farin;, Cialdini concentrò metà dell’esercito a sud di Napoli, era sostenuto dal colonnello Emilio Pallavicini, che fece la repressione in Aspromonte. I presidi piemontesi furono riuniti in guarnigioni, organizzate in colonne mobili prive di salmerie e armamento pesante; vivevano sulle montagne, guidate da ex briganti passati ai piemontesi.

Invece i briganti erano appesantiti dalla presenza delle donne, da Roma i Borboni avevano contato su un intervento austriaco ma dal 1862 Francesco Giuseppe aveva altri gravi problemi. L’ultimo atto di questa guerra meridionale avvenne in Sicilia, a settembre del 1866 i contadini sopraffecero la guarnigione di Palermo di 3.000 uomini, le bande erano fatte di contadini, autonomisti, soldati borbonici, mafiosi, banditi e repubblicani.

Erano sostenuti da qualche grossa famiglia isolana, gli insorti s’impadronirono di Palermo, il marchese di Rudinì, sindaco della città, organizzò la resistenza municipale, mentre i rivoltosi crearono un governo provvisorio al quale parteciparono sei principi, due baroni e un monsignore; in risposta, arrivò un corpo di spedizione comandato dal generale Cadorna e fu una strage, migliaia di persone furono impiccate.

La guerra doganale con la Francia, nata per proteggere le industrie del nord, fece male al sud e favorì tra i contadini altre rivolte sociali e l’emigrazione in America, fino all’avvento del bandito Giuliano di Partinico, alla fine della seconda guerra mondiale; il tema era sempre la terra ai contadini e il riscatto sociale dei contadini.

Nunzio Miccoli – http://www.viruslibertario.it; numicco@tin.it.

Stioria Illustrata - Volume X – Mondadori Editore


Top
 Profilo  
 
Visualizza ultimi messaggi:  Ordina per  
Apri un nuovo argomento Rispondi all’argomento  [ 1 messaggio ] 

Time zone: Europe/Rome [ ora legale ]


Non puoi aprire nuovi argomenti
Non puoi rispondere negli argomenti
Non puoi modificare i tuoi messaggi
Non puoi cancellare i tuoi messaggi
Non puoi inviare allegati

Cerca per:
Vai a:  
cron
Oggi è 03/05/2025, 14:12
© 2015 UfoPlanet di Ufoforum.it, © RMcGirr83.org