Time zone: Europe/Rome [ ora legale ]




Apri un nuovo argomento Rispondi all’argomento  [ 1 messaggio ] 
Autore Messaggio

Ufetto
Ufetto

Avatar utente

Non connesso


Messaggi: 80
Iscritto il: 17/11/2009, 07:57
Località: Treviso
 Oggetto del messaggio: Le due Italie
MessaggioInviato: 13/09/2011, 08:57 
LE DUE ITALIE

Con altri miei articoli, ho evidenziato che il Mezzogiorno d’Italia fu conquistato dal Piemonte e fu sottoposto a uno sfruttamento coloniale, privato di risorse, di oro, impianti industriali, soggetto a maggiori tasse e a meno investimenti; questa politica è stata attuata da tutte le potenze coloniali, Venezia lo fece con l’oriente, Napoleone I con Venezia, perché gli stati, dopo aver sfruttato i loro sudditi, mirano a sfruttare quelli di altri paesi.

Il Piemonte estese al sud le se leggi e il suo statuto e Vittorio Emanuele II preferì non chiamarsi Vittorio Emanuele I, per ricordare la continuità del regno piemontese, ampliato nei suoi confini, perché l’Italia unita non era stata voluta dagli italiani, ma era nata da guerre di conquista, esattamente come Francia, Spagna, Germania e Inghilterra; la sovranità del popolo e l’autodeterminazione dei popoli sono solo delle chimere.

Dopo l’unità, avvenuta nel 1861, iniziò l’impoverimento progressivo del sud, prima di allora Napoli non aveva più poveri di Londra o Parigi e il sud non era più povero del nord, la Sardegna, territorio del Piemonte, era poverissima; la conquista del regno di Napoli da parte del Piemonte si fece in accordo con mafia e camorra, alcuni loro esponenti ebbero posti in parlamento, riconoscimenti e furono loro intestate piazze e strade.

Dopo l’unità, come ha ricordato Salvemini, Giolitti (1889-1921), per ampliare la sua maggioranza di governo, consegnò il controllo del territorio del Mezzogiorno alla mafia, dove crebbe povertà ed emarginazione e poi emigrazione; il fascismo, con il prefetto Mori, distrusse la bassa mafia e si alleò con l’alta mafia che divenne fascista. Dopo la seconda guerra mondiale, si è cercato con alcune leggi di aiutare il sud, anche se con poco successo, il caso più rappresentativo è stato la Cassa del Mezzogiorno, sicché il distacco tra nord non si colmò e crebbe.

Comunque crebbe l’assistenzialismo a favore del sud, oggi sembra che lo stato, per clientelismo, solidarietà o senso di colpa verso il sud, voglia aiutare il sud, sembra voler percorrere la strada contraria, però commettendo, come vedremo, altri errori, cioè soffocando la parte produttiva del paese, con il conseguente declino dell’Italia e il rischio che il paese si spacchi di nuovo o si disintegri.

I militanti di partito o di religione, come fanno gli avvocati, riescono a vedere solo le ragioni di una parte, non riescono a ccogliere contemporaneamente le ingiustizie passate fatte al sud e quelle di oggi fatte al nord; ogni anno, 50 miliardi di euro sono trasferiti dal nord produttivo al Sud, più Abruzzo, Umbria, Lazio, Val d’Aosta e Trentino Alto Adige; queste due ultime regioni non abbisognano di aiuto, ma sono state tenute nello stato concedendo loro privilegi economici.

A causa della solidarietà e degli squilibri territoriali, nei diversi territori, è diverso il reddito prodotto da quello ricevuto, è diversa l’evasione fiscale e sono diversi gli sprechi dell’amministrazione pubblica, è diverso il tasso di parassitismo e diverso il principio di responsabilità personale; i furbi e le distorsioni esistono anche al nord. Già Adamo Smith, Ricardo e Marx distinguevano i settori economici produttivi da quelli improduttivi, per Marx i produttori erano solo i lavoratori manuali e i tecnici, a quali era sottratto il plus valore o profitto dal capitale.

Secondo questa tesi, sarebbero improduttivi i lavoratori pubblici e gli addetti ai servizi, che non producono veramente valore aggiunto. Sarebbe però opportuno includere tra i lavoratori produttivi, operati, tecnici, agricoltori, artigiani e piccoli imprenditori che lavorano nell’’impresa; comunque, archiviato Marx, che fece sentire la sua voce nel 1848, dal 1870 si cominciò a ritenere che il fondamento del valore non era la produzione, ma l’utilità, ben presto la finanza si sarebbe posta al vertice del sistema.

Prima degli anni 1930, Keynes divise il reddito tra consumo e risparmio, che si traduceva, con l’intermediazione dei mercati finanziari in investimento; negli anni 1940 fu elaborata la contabilità del reddito nazionale, la quale, con una finzione, attribuì alla pubblica amministrazione la capacità di produrre valore aggiunto, valutato soprattutto in base al costo dei suoi dipendenti e non in base al valore dei servizi resi, il che avrebbe richiesto di tener conto degli sprechi.

Sommare settore produttivo e settore improduttivo, redditi originali e redditi derivati, non consente di cogliere il parassitismo di sistema; purtroppo in Italia, grazie al clientelismo, manca una vera eguaglianza delle opportunità, inoltre, in nome dell’eguaglianza, divenuta falso idolo, si deroga al principio d responsabilità. Tuttavia, la solidarietà non può essere incondizionata o illimitata, non si deve alimentare una cultura illimitata dei diritti, ignorando i doveri, l’eguaglianza senza merito conduce all’irresponsabilità e all’annichilimento della produzione.

In Italia la diminuzione del consumo delle famiglie è in atto dal 2002, anno d’introduzione dell’euro, per avere questo discutibile beneficio dovemmo pagare con una pesante manovra economica; grazie all’immigrazione, la popolazione aumenta più velocemente del consumo, il reddito nazionale ristagna e quello pro capite diminuisce; le famiglie hanno compensato il minor reddito, riducendo risparmio e numero dei figli.

In passato, l’aumento dei salari e delle pensioni maggiore dell’inflazione o del reddito nazionale poteva provocare disoccupazione, oggi però, i prezzi reali aumentano più dei salari medi e delle pensioni, ma l’occupazione non aumenta perché la domanda è fiacca; è da considerare però che anche l’allungamento dell’orario di lavoro e l’aumento di produttività, in presenza di domanda debole, favoriscono la disoccupazione. La produttività abbassa i costi ma non crea posti di lavoro.

Anche la pubblica amministrazione produce qualche cosa e fa investimenti, anche se a costi esorbitanti, inoltre il prodotto pubblico è valutato al costo dei servizi, invece per Marx il valore-lavoro era insito in una merce, un concetto più accettato dai veri produttori. Un sistema economico soffoca quando il tasso di parassitismo sale troppo e l’evasione fiscale, che include anche l’elusione o evasione legale, patrocinata dallo stato a favore degli amici, fa salire la pressione fiscale sull’economia regolare.

Le stime sull’economia sommersa risalgono al 2006 e, diversamente che in Usa, non tengono conto dell’economia illegale e criminale; in generale, a parte i grandi evasori e gli evasori totali d’imposte sul reddito, l’oppressione fiscale e l’esosità fiscale vessatoria, riducono la fedeltà al fisco. Servizi pubblici scadenti erogati al sud sono valutati al costo e il livello dei prezzi è diverso nelle varie zone, però i consumi si possono valutare solo conoscendo il livello locale dei prezzi, pertanto, andrebbero svalutati e rivalutati in Italia e nel mondo, assieme al reddito pro capite.

Secondo Banca d’Italia e Istat, in Italia del nord il costo della vita è di circa il 20% superiore; il prodotto nazionale è pari a consumi più investimenti, che sono pari al risparmio, più spesa pubblica totale, più esportazioni, meno importazioni. I consumi collettivi sono dati da difesa, giustizia, ordine pubblico e amministrazione, quelli individuali da sanità e istruzione, i primi sono afferenti allo stato minimo e i secondi allo stato sociale.

Le prestazioni della pubblica amministrazione sono gratuite, quasi gratuite o a pagamento, la spese sono divise in spese correnti e spese per investimenti; a parte gli interessi sul debito pubblico, il bilancio dello stato può avere un disavanzo anche nelle parti correnti; i servizi gratuiti sono valutati al costo, senza tener conto di sprechi e di dissipazione di risorse. Lo spreco è mediamente pari al 25% della spesa, cioè 70 miliardi di euro, nei lavori pubblici, che non rientrano nelle partite correnti, lo spreco è maggiore e può arrivare al 300%.

Sono soggetti a tassazione i redditi primari market e i redditi derivati degli stipendi della pubblica amministrazione, sui quali non si può evadere; tra le spese c’è il servizio del debito pubblico. Il tasso di parassitismo e lo spreco sono notevoli, però lo stato produce servizi che sono reddito vero, ma lo spreco di risorse ne riduce notevolmente il valore. Nei primi anni settanta, il debito pubblico è esploso, nel 2006 il pil per abitante in Lombardia era pari a 30.000 euro, in Calabria, Campania e Sicilia, le regioni mafiose, era pari a 13.000 euro, la media nazionale era di 22.000 euro.

Nella formazione del reddito, il peso della pubblica amministrazione è maggiore al sud che al nord, ad esempio è il 27,2% in Sicilia e il 9,9% in Lombardia, però il prodotto della pubblica amministrazione andrebbe rettificato in base al tasso di spreco. Nel 1861 il divario tra nord e sud o era inesistente o era molto minore dell’attuale, forse era del 10%, mentre ora è del 40%, il divario si ridusse solo dal 1952 al 1975.

Le differenze di reddito tra nord e sud non sono dovute alla struttura demografica, la popolazione più vecchia è in Liguria e non al sud, ma sono dovute a basse produttività e occupazione, la produttività del Mezzogiorno è l’82% di quella del centro-nord e il suo tasso d’occupazione è del 64%. Già negli anni 1880 Giustino Fortunato parlava di due Italie, però nemmeno gli altri grandi paesi sono omogenei; in Italia i redditi da lavoro dipendente rappresentano l’85% del prodotto della pubblica amministrazione.

La pubblica amministrazione produce beni il cui valere va rettificato con il tasso di spreco, che va dal 2,8% in Lombardia al 50% di Sicilia e Calabria, in media in Italia il 26,12%, cioè 69 miliardi; la spesa dei servizi al sud è del 13% superiore che al nord, ma la qualità è inferiore del 30%; i settori parassitari si fanno forti dei rapporti con la politica e la mafia. Dal 1975 al 2000 in Italia il reddito pro-capite, grazie al meccanismo della svalutazione competitiva della lira o per ovviare al deficit della bilancia valutaria, aumentò, anche se in misura minore che al tempo del miracolo.

Nel 1992 il paese subì la finanziaria di 90.000 miliardi di lire di Amato, nel 1997, sotto Prodi e Ciampi, si chiesero altri sacrifici, altri se ne chiesero nel 2002; il miraggio era sempre l’Europa che doveva sanare i nostri mali, mentre l’Italia era incapace di riformarsi da sola. Da allora la produttività non cresce, i consumi sono fermi, il risparmio diminuisce e aumenta solo l’occupazione straniera.

Dal 1998 al 20906 il risparmio è crollato dal 34,9% al 18,1%, mentre la spesa pubblica e le tasse sono un freno sempre maggiore allo sviluppo; all’inizio degli anni settanta il debito pubblico aumentò e nel 1992 arrivò al 120% del Pil, in quell’anno ci fu mani pulite, il crollo della lira e la manovra Amato. Nel 2008 le uscite della pubblica amministrazione, tenuto conto degli interessi, arrivaro no al 51,1%.

Con una sana politica di bilancio e un bilancio dello stato in pareggio, si potrebbe rientrare gradualmente nel debito; l’Inghilterra ci riuscì dopo la seconda guerra mondiale, con un debito maggiore del nostro, causato dalla guerra, lo fece con una politica deflazionistica e difendendo anche il valore della sterlina, mentre Francia, Italia e Germania non si sforzarono di difendere il cambio delle loro valute.

Della spesa per la difesa beneficiano solo alcune regioni, come il Friuli, la spesa per pensioni da lavoro, con il sistema a ripartizione, è pagata dai lavoratori, con pochi saldi finanziari regionali; le pensioni d’invalidità e le indennità di accompagnamento del sud rivelano un’assistenza nascosta e sono attivi finanziari per il sud, gli interessi sul debito sono riscossi soprattutto al nord. Praticamente, il sud è avvantaggiato dalle pensioni sociali, il nord dagli interessi sul debito, pari a 70 miliardi di euro annui.

Il saldo di questi movimenti finanziari è a vantaggio del nord, che beneficia anche degli investimenti della mafia, mentre, con la tassazione di solidarietà, trasferisce ogni anno 50 miliardi di euro al resto d’Italia; lo spreco annuo di risorse da parte della pubblica amministrazione, a vantaggio soprattutto del sud, arriva a 70 miliardi di euro. L’Italia non sembra proprio un’impresa bene amministratata.

Se si dividesse l’Italia in due, accollando al nord interessi sul debito pubblico e separando la gestione previdenziale, il sud, purgato della mafia, potrebbe decollare; il sud, avendo pochi pensionati da lavoro, mettendo in regola i suoi lavoratori, avrebbe contributi più bassi e perciò costi di lavoro più bassi. Il sud e il nord ne guadagnerebbero anche a uscire da Unione Europea e dall’euro, ma non si sa se si possa fare o se, per farlo, bisogna fare una guerra.

La Lombardia ha un tasso di parassitismo del 15% e la Sicilia del 45%, parassitismo significa trasferimento di risorse da alcune regioni ad altre, ne beneficiano le regioni del sud ma anche le regioni a statuto speciale del nord, oltre Lazio, Umbria, e Abruzzo e Liguria; i trasferimenti sono a carico di Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, Piemonte, Toscana e Marche, in tutto 50 miliardi di euro l’anno.

A nord però la spesa pubblica procapite è superiore, a causa soprattutto dei redditi derivanti dal possesso di titoli; se però consideriamo solo stipendi e spesa pubblica corrente, al sud è più alta del 10% che al nord, il nord riceve di più in difesa e interessi, il sud in stipendi e sussidi. L’Italia spende tanto in pensioni e poco in ammortizzatori sociali, leggendo le cifre ufficiali, nello stato sociale la Germania spende come l’Italia, mentre la Francia spende di più.

Però in Italia sono spesa sociale anche i dipendenti assunti in soprannumero, ma il fenomeno deve esistere anche all’estero, in Italia la spesa sociale nominale aumenta dal 27,8% del Pil al 30,2% del Pil; a causa di questa correzione, l’Italia si colloca ai primi posti come spesa sociale, anche se ha pochi ammortizzatori sociali. I redditi, cioè il potere d’acquisto, si possono sostenere con l’evasione e l’economia sommersa, che include le attività illegali ancora non censite; l’economia sommersa nel 2006 era pari al 20% circa ed è conosciuta anche all’estero.

Il sommerso del settore mercato è del 21,9%, il tasso di evasione Irap è del 22,9%, dell’Iva del 29,3%, nell’Irpef del 13,5%, il mancato gettito è pari a 125 miliardi di euro, aggiungendo l’evasione contributiva, si raggiunge il 10% del Pil; la resistenza fiscale è del 16% al nord e del 36% al sud e del 46% in Calabria. A causa di questa situazione, il nord sopporta un carico fiscale addizionale, mentre il centro Italia è in equilibrio.

Bisogna distinguere la pressione fiscale ufficiale, che include imposte e contributi, dalla pressione fiscale del settore mercato e tenere conto dell’economia sommersa, inoltre, fino al 2007 l’Istat non includeva il sommerso nella stima del PIL. Si dice che nel 2006 l’Italia aveva una pressione fiscale del 43%, dato destinato ad aumentare di due punti con la recente finanziaria del 2011 impostaci dall’Europa; poiché l’economia sommersa non paga tasse, quella emersa, secondo l’Agenzia delle Entrate, paga una maggiore imposizione di 10 punti.

Il sommerso è pari al 20% del Pil e perciò, riducendo proporzionalmente il reddito nazionale, rivalutato dall’Istat con i dati del sommerso, la pressione reale arriva al 54% contro il 48% dei paesi scandinavi; il paese che ha ufficialmente la pressione fiscale più alta è la Danimarca, con il 48,9%. Però la correzione va fatta anche agli altri paesi, non bisogna accusare sempre gli italiani, perché anche la Svezia ha un sommerso del 18,3%, perciò passa al 59% e la Danimarca al 59,1, l’Italia si attesta al 58,3, cioè al terzo posto.

Senza questa correzione, l’Italia sarebbe al sesto posto, superata anche dalla Francia, hanno bassa pressione fiscale Regno Unito, Stati Uniti e Giappone, il loro differenziale di punti sul Pil con l’Italia, è notevole, in media circa 20 punti, però, è curioso, l’America finanzia i suoi deficit con le rimesse dall’estero e il Giappone fa rimesse in Usa. L’evasione può essere di costume o una reazione alla pressione fiscale.

Quando si evidenzia la maggiore evasione fiscale nel sud, bisogna ricordare che ci sono anche redditi più bassi, perché ci sono grandi evasori e persone che vivono con 1.000 euro il mese, evadendo le tasse, il governo è tiollerante; però al sud si paga anche il pizzo alla mafia, in Calabria le imprese di una certa importanza o appartengono alla mafia o pagano il pizzo o tassa destinata alla mafia, al sud si pagano anche interessi bancari maggiorati ed è più diffusa l’usura.

Però la mafia ha imparato a investire i suoi profitti al centro-nord e all’estero, queste risorse finanziarie arricchiscono quei territori; lo stato, invece di perseguire i suoi reati, preferisce perseguire il riciclaggio di denaro sporco, che perciò prende la via dell’estero, dove se ne conosce l’origine, ma questo denaro è bene accetto se la mafia non svolge attività criminali; cioè, la mafia, tendenzialmente, delinque in Italia e investe all’estero.

Il prodotto procapite del sud è il 56,9% di quello del nord che scende al 54.4% se si considera solo il settore mercato; nel sud il consumo è aiutato dai trasferimenti statali, dalle spese e dagli investimenti delle famiglie di mafia, dal maggiore indebitamento, utilizzando servizi gratuiti, come le autostrade senza pedaggio, usufruendo d’imposte più basse per il gas; comunque, esiste un ritardo nel Mezzogiorno, oltre che nella produzione, anche nei consumi che però vanno rettificati con il livello dei prezzi, perciò la differenza con il nord è minore.

In generale, le regioni del centro-nord hanno consumi pari al 72% del Pil prodotto, le regioni del sud pari all’80% del Pil prodotto, però le regioni di mafia superano il 100%; comunque, i consumi del sud, in valore assoluto, sono minori del nord, ma il divario nord-sud, espresso in consumi, è minore, cioè è solo del 11,9%; però il divario produttivo resta enorme, mentre i servizi del sud sono più scadenti. Il sud è penalizzato da scarsa produzione, cattiva distribuzione del reddito e cattivi servizi pubblici, ma non è penalizzato nei consumi privati, che sono poco al disotto della media nazionale.

La povertà è distinta in assoluta, quando le famiglie sono impossibilitate ad acquistare un paniere alimentare di sopravvivenza, queste persone in Igtalia sono quasi un milione; un concetto più ampio individua i poveri in quelli che hanno un reddito che è meno della metà di quello medio, queste persone sono pari a 2,5 milioni; una terza categoria di poveri include quelli costretti cronicamente al debito, che sono oltre 10 milioni; in genere, i media italiani parlano di una povertà al 18-20%.

Apparentemente, secondo le varie rilevazioni, la povertà al sud è, in proporzione, da 1,5 a 5 volte quella del centro-nord e perciò nel 2008 il sud ha potuto beneficiare in modo maggiore della social card; però la povertà del sud dipende soprattutto dalla disuguaglianza sociale, massima nelle regioni di mafia, un’altra ragione del basso livello di vita è data dall’insufficienza dei servizi pubblici e dai servizi sociali che dovrebbero aiutare i soggetti più deboli; questo quadro è stato favorito dall attività criminali.

Il Pil non è il solo strumento di misurazione del benessere, bisogna tener conto di servizi, infrastrutture, criminalità e tempo libero, un indicatore del livello di vita potrebbe essere il consumo di energia elettrica in kW delle famiglie. In tutta Italia, ma soprattutto al sud, il valore dei servizi pubblici, tenuto conto del tasso di spreco, deve essere valutato al 30% del costo e non al 100%, il sud ha consumi privati inferiori dell’11,9% rispetto al nord, consumi pubblici inferiori del 29,6%, ma ha tempo libero 5 volte superiore, il che rappresenta un valore che ne eleva il livello di vita.

Parassitismo ed evasione fiscale non sono uniformemente distribuiti in Italia, lo stato centrale ha anche alimentato i privilegi legali, ha una diversa tolleranza verso l’evasione fiscale delle varie regioni; la spesa procapite per i servizi dovrebbe essere uguale, i costi standard dei servizi devono indirizzare le risorse destinate alle regioni dallo stato, che oggi trascura anche investimenti pubblici e ricerca. Ci sono regioni che ricevono un’ipersolidarietà, regioni assistite oltre il merito e regioni spogliate; oltre il sud, regioni aiutate sono Umbria, Lazio, Abruzzo e quelle a statuto speciale del nord che non lo meriterebbero.

Il centro Italia è complessivamente in equilibrio tra dare e avere, il nord cede 50,6 miliardi di euro l’anno, a vantaggio delle altre regioni, spendono troppo le regioni a statuto speciale del nord, il Lazio e la Sicilia. Dopo gli anni 1880, in era giollittiana, Pantaleoni, Nitti e Fortunato avevano evidenziato che il sud era vessato dalle tasse e beneficiava di minore spesa pubblica, come fosse una colona; oggi il quadro si è ribaltato, rischiando però di disincentivare la produttività del sistema.

L’Italia è sulla via del declino, la produttività ristagna, occupazione, pressione ed evasione fiscale sono alte, i servizi sono inefficienti, non si fa ricerca, non si premia il merito, i consumi diminuiscono, la criminalità governa e la classe politica è dominata dall’immobilismo, è incapace o non vuole riformare. Il federalismo potrebbe essere un’occasione, però un federalismo malfatto potrebbe far aumentare le tasse locali, perché la classe politica non è interessata a razionalizzare la spesa.

Un federalismo malfatto farebbe aumentare la spesa pubblica, che ostacola i produttori, il parassitismo soffoca la crescita e ostacola la corretta distribuzione del reddito; nel 1902 Vilfredo Pareto diceva che la spoliazione distrugge la ricchezza e porta alla rovina un paese. I territori che vivono di trasferimenti possono soffocare quelli che producono, non hanno interesse a cambiare perché il divario tra nord e sud e dovuto solo alla produzione e non al livello dei consumi o al livello di vita.

Perciò il sud e la sua classe dirigente non hanno interesse a cambiare le cose, il sud è diventato il beneficiario di un enorme apparato burocratico-clientelare che sta spegnendo le energie produttive del paese. Nel 1992 ci furono mani pulite, il crollo della lira e la maximanovra Amato, nel 2002 ci fu un’altra manovra per entrare nell’euro, nel 2007, sotto Prodi, ci fu un’altra crisi e una nuova manovra; dopo la guerra fu la ricostruzione e l’Italia ha conosciuto il miracolo economico solo dal 1958 al 1963.

Le regioni in debito dovrebbero sperimentare i vantaggi di un cambiamento, il federalismo fiscale potrebbe salvare anche il Mezzogiorno, che potrebbe trattare con lo stato una riduzione temporanea delle tasse, favorendo l’emersione di attività sommerse e puntando a ridurre le imposte sulle società Irap e Ires; bisogna aiutare di più i più capaci e meritevoli negli studi, combattere la piaga dei falsi invalidi, creare asili nido e potenziare gli ammortizzatori sociali.

Purtroppo il federalismo dovrà tenere conto più dell’autoconservazione del ceto politico che delle aspirazioni dei cittadini e così il sacco del nord continuerà, con il declino del paese. Le riforme ulteriori delle pensioni e del mercato del lavoro non sono urgenti, perché la gestione è in equilibrio, non devono servire a mortificare quelli che hanno lavorato una vita e che non sono beneficiari di pensioni d’oro.

Baipassando le statistiche ufficiali che, utilizzate male, sono la moderna forma della propaganda di stato, secondo me, si può dire, per sommi capi, che in materia di trasferimenti finanziari, il nord beneficia maggiormente degli interessi sul debito pubblico e degli investimenti della mafia, mentre il sud beneficia di pensioni sociali e, in generale, dei trasferimenti di risorse tolte al nord dallo stato, anche se in parte dissipate; approssimativamente, il saldo non dovrebbe essere negativo per il nord. Perciò, più che d’impoverimento del nord, causato dal centralismo romano, si dovrebbe parlare di oppressione fiscale del nord produttivo, con scarsi risultati per il paese.


Nunzio Miccoli http://www.viruslibertario.it; numicco@tin.it

Bibliografia:
”Il sacco del Nord” di Luca Ricolfi – Guerrini e Associati Editore


Top
 Profilo  
 
Visualizza ultimi messaggi:  Ordina per  
Apri un nuovo argomento Rispondi all’argomento  [ 1 messaggio ] 

Time zone: Europe/Rome [ ora legale ]


Non puoi aprire nuovi argomenti
Non puoi rispondere negli argomenti
Non puoi modificare i tuoi messaggi
Non puoi cancellare i tuoi messaggi
Non puoi inviare allegati

Cerca per:
Vai a:  
cron
Oggi è 03/05/2025, 14:14
© 2015 UfoPlanet di Ufoforum.it, © RMcGirr83.org