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 Oggetto del messaggio: La manovra finanziaria italiana del 2011
MessaggioInviato: 11/10/2011, 11:33 
LA MANOVRA FINANZIARIA ITALIANA DEL 2011

La manovra finanziaria del 2011 getta le premesse per privatizzare grandi imprese, aziende municipalizzate, riserve auree, beni del demanio e dando in concessione le spiagge; in particolare, prevede che i crediti non commerciali verso lo stato, cioè quelli relativi al debito pubblico, possano essere estinti, a richiesta del creditore privato, con la cessione di beni del demanio.

Questo provvedimento, nel silenzio dei media, sembra sia un progetto di privatizzazione del patrimonio artistico italiano; fra l’altro in Italia esiste un immenso patrimonio artistico mobiliare, non esposto nei musei ma immagazzinato, perché non vi trova posto; anche questo patrimonio, che non ha corrispondenza all’estero, potrebbe essere utilizzato per ridurre il debito pubblico, cioè potrebbe essere venduto adeguatamente alle aste di Londra.

Invece non si sa a quale prezzo sarebbe effettivamente venduto questo patrimonio, la speculazione nazionale e internazionale è sempre in agguato e la politica nazionale, non disinteressatamente, la favorisce. I privati vogliono mettere le mani anche su alcuni gioielli imprenditoriali rimasti allo stato come Ferrovie, Telecom, Eni, Enel, Finmeccanica e, purtroppo, nel nostro paese la legge permette di acquisire il controllo di grandi imprese, anche con poco capitale.

Oggi, a causa della speculazione, i valori di borsa di queste imprese sono di molto inferiori a quelli effettivi, quindi il controllo di queste imprese si può acquisire con poco denaro; un grosso affare sarebbe anche la privatizzazione dell’acqua, in barba ai referendum; però si sa che in Italia l’esito del referendum a favore del popolo non è rispettato. Non è sicuro che queste misure di bilancio straordinario, fatte su sollecitazione dell’Unione Europea, rimetteranno sui binari l’Italia; aiuterebbero a raggiungere il pareggio di bilancio, ma continuerebbero le esplosioni sociali, con la caduta del benessere e della sicurezza; il blocco del turnover, con l’allungamento dell’età per la penmsione, non farà altro che aumentare la disoccupazione giovanile.

Sempre con la scusa del debito pubblico e del deficit di bilancio, già nel 1992 si fecero grandi privatizzazioni, l’Italia è stato sempre un laboratorio per la finanza che scorazza e che si ingrossò con le periodiche svalutazioni della lira; secondo un sistema collaudato, le stesse cose si sono ripetute in Russia, estremo oriente e in Argentina e ora si ripetono in Grecia; nel 1992 l’Iri era la settima multinazionale del mondo, fu smembrata e privatizzata, cioè svenduta, si diceva che la misura era necessaria per ridurre il debito pubblico e perché l’impresa era poco efficiente; però i privati, amici della politica, non comprano carrozzoni improduttivi, per acquistare queste aziende con lo sconto, devono presentarle in anticipo in crisi, con l’aiuto dei loro amministratori delegati e dell’informazione.

Poi questi dirigenti e amministratori delegati sono mandati in pensione con liquidazioni e pensioni da favola, perché si portino nella tomba i loro segreti; l’Italia ha una storia di deficit di bilanci e di debiti pubblici, il pareggio di bilancio lo raggiunsero Quintino Sella e Mussolini, i deficit servono allo stato per chiedere sempre maggiori sacrifici ai cittadini e alle imprese private per pagare meno imposte e per contenere le richieste salariali.

Soprattutto a causa delle guerre, anche altri paesi hanno conosciuto un forte debito pubblico, prima della rivoluzione francese, la Francia aveva un debito pubblico elevatissimo e l’Inghilterra, poiché aveva voluto difendere il cambio della sterlina, dopo la seconda guerra mondiale, aveva un debito pubblico, in proporzione al reddito, molto più elevato di quello attuale italiano; invece Francia, Italia e Germania, per far ripartire la produzione, avevano fatto cadere e avevano svalutato le loro monete.

L’Inghilterra, con una politica deflazionistica di bilancio in pareggio, rientrò dal debito in più anni, al costo di una recessione e di una disoccupazione, anche se questa politica mette a posto i conti pubblici e salva il potere di acquisto della moneta, almeno relativamente; oggi l’Unione Europea, che ha tolto sovranità agli stati, prevede la stessa cura per gli stati aderenti con alti debiti, però per la Grecia sarebbe stato meglio uscire dall’Europa e dall’euro, svalutando la moneta e rinegoziando il debito estero, come fece l’Argentina.

Avrebbe potuto minacciare unilateralmente la denuncia dei debiti, come hanno fatto varie volte gli stati nella storia, come fece l’Inghilterra con i banchieri fiorentini, e come oggi sembra voler fare anche l’Islanda; poi la Grecia avrebbe potuto accordarsi per un rimborso in 30 anni del suo debito senza interessi, le banche creditrici lo avrebbero ammortizzato senza aiuti dall’Unione Europea e non sarebbero state costrette e iscrivere in bilancio la perdita. Anche la Germania ha pagato in più anni le sue riparazioni di guerra, che costituiscono un tributo pagato dai paesi sconfitti.

Perciò i debiti e le insolvenze nascono anche dalle guerre, dai movimenti valutari e dalla speculazione, invece la stampa dilettantistica, gli economisti di corte e l’Unione Europea affermano che dipendono dal fatto che la gente consuma troppo e vive al disopra delle sue possibilità; purtroppo l’Europa, in omaggio all’alta finanza, ha deciso di affrontare diversamente la questione, perciò la cancrena non si fermerà, ma si estenderà a Grecia e altri paesi, poi l’Europa si disintegrerà, non prima però che tanti si riempiano le tasche.

Tanti hanno creduto all’Europa, ma chi dirige dietro le quinte l’Europa, ride dell’Europa, sa che non è una cosa seria e non può durare; la bagarre sul debito italiano, alimentata da media, economisti di corte e agenzie di rating, legate agli speculatori, è stata montata ad arte per favorire certe scelte del governo italiano, per favorire le privatizzazioni e far cadere il governo Berlusconi, intenzionato a controllare la spesa sanitaria con i costi standard e le spese pazze delle regioni con il federalismo.

Sono tanti quelli che hanno da perdere con questi provvedimenti, cioè con il controllo della spesa pubblica, cioè chiesa, che controlla banche e sanità, criminalità organizzata, finanza internazionale e speculatori internazionali; oggi in Italia, se tralasciamo altri aspetti della politica, il partito più riformatore è la Lega Nord. Dopo le privatizzazioni del 1992, poiché la spesa pubblica è rimasta fuori controllo, la politica italiana ha continuato a fare debiti e ad avere bilanci in deficit, però oggi sono in difficoltà anche gli stati del nord e del sud Europa; al nord i debiti privati sono più alti che in Italia e gli interessi pubblici si pagano con le imposte e i debiti privati si pagano con i salari e i profitti d’impresa; il risultato pratico, cioè la riduzione del reddito spendibile, anche se gli economisti di corte non lo dicono, potrebbe essere lo stesso.

L’Unione Europea non è stato un buon affare, gli Usa hanno un enorme debito pubblico, molto superiore a quello italiano, anche in rapporto al reddito, non se la passa bene nemmeno l’Inghilterra; ma oggi anche L’Europa, con emissioni straordinarie di denaro per salvare ufficialmente le banche, già ingrassate sulla pelle di tutti, con salvataggi anche d’imprese ed enti pubblici locali, ha incrementato il debito pubblico europeo e pensa di emettere euro bond garantiti dalla stessa Europa.

Questa misura è contrastata perché, con questa riforma, il tasso d’ interesse dovrebbe essere uniforme in Europa, mentre oggi la Germania può emettere titoli pubblici ad un interesse ridotto e investire il ricavato a tasso maggiorato in altri paesi europei indebitati, è una delle tante speculazioni sulle quali si regge l’economia moderna; l’unica preoccupazione, recepita dagli isterismi della finanza europea, è la certezza del rimborso, problematica nel caso della Grecia.

In Italia il debito pubblico è pari al 120% del reddito nazionale, in Usa arriva al 200% e gli americani pagano molte meno tasse degli italiani, cioè il 25% del reddito nazionale contro il 45% degli italiani; in alta Europa la pressione tributaria è pure alta, ma con migliori servizi pubblici che in Italia. A causa delle insolvenze bancarie, vere o presunte (in Italia si ricordano i casi di Banco di Roma, Banco di Napoli e Banco di Sicilia), anche in quei paesi il debito pubblico aumenta velocemente.

Nei paesi europei il deficit del bilancio dello stato va, a parte la Grecia, dal 3% e il 5%, l’Europa voleva contenerlo per tutti al 3% e non ci riuscì, oggi, imponendo un pareggio di bilancio vuole portarlo allo 0%; gli Usa hanno un deficit di bilancio del 20%, potrebbero aumentare le tasse, ma con l’attuale crisi è difficile, nel paese non si risparmia più da anni e si vive grazie agli investimenti dall’estero; invece la disoccupazione giovanile è male comune europeo e americano, colpa del blocco del turnover e della caduta della domanda.

Ora la zona euro, a parte gli esorcismi di Napolitano, rischia la disgregazione, dopo il crollo di tante civiltà, ora è il tracollo dell’occidente, però anche gli Usa potrebbero cessare di esistere come stato unitario; dall’altra parte del mondo, il capitalismo cresce in Asia e nel terzo mondo, paesi per i quali abbiamo sempre pianto per la loro povertà. Anche in questo processo ha influito la speculazione che ha preferito disinvestire in occidente e investire nel terzo mondo, giornalisti ed economisti di corte avevano detto che era una grande opportunità dell’era della globalizzazione; l’Italia ha fatto di meglio, non rimborsa nemmeno l’Iva all’esportazione, una ragione in più per chiudere impianti industriali in Italia e aprirli all’estero.

L’Europa invece di correggere queste storture, le ha mantenute e ha protetto i produttori del nord, ad esempio quelli di carne e latte, che sono soprattutto al nord e godono di parecchie sovvenzioni europee; è da ricordare che per l’Italia, l’Unione Europea è stata una passività finanziaria fin dalla sua creazione, come se l’Italia fosse una colonia, la solidarietà non c’entra perché l’Italia non è il paese più ricco d’Europa.

Dalla sua creazione abbiamo pagato sempre più di quello che abbiamo ricevuto, anche a causa delle multe, spesso giuste, comminateci dall’Europa; a causa dell’inadeguatezza della classe politica e degli amministratori pubblici italiani, che sono il nostro vero problema, oggi gli italiani si consolano con alcuni dogmi di fede, come il risorgimento, la resistenza, la costituzione, l’Unione Europea e l’Onu, che è un’altra assise inutile da sciogliere, come la Società delle Nazioni.

Nunzio Miccoli – http://www.viruslibertario,.it; numicco@tin.it.


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