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 Oggetto del messaggio: Dietro l'omicidio insoluto di Olof Palme
MessaggioInviato: 01/11/2012, 11:42 
Articolo di Enrica Perucchietti
Fonte: http://www.enricaperucchietti.it/artico ... ormazione/

23 dicembre 1972. La violenza ha trionfato, constata con amarezza alla radio il leader del partito Socialdemocratico svedese Olof Palme, condannando con fermezza il bombardamento americano su Hanoi, in Vietnam e suscitando per l'ennesima volta l'ira di Washington.

28 febbraio 1986. Un killer mai identificato uccide a sangue freddo Olof Palme in un agguato. La violenza ha trionfato, ancora, trascinando con sè l'enigma di un'altra morte "di Stato" su cui aleggerà l'ombra della CIA. Una morte paragonabile a quella di Kennedy sulla quale, in modo simile, molteplici insabbiamenti giocarono un ruolo fondamentale nel renderla tanto misteriosa quanto inesplicabile.

Immagine

Il Giano svedese

Nessuno in Occidente, e tanto meno in Svezia, fu applaudito e dall'altra parte osteggiato con tanta violenza quanto Olof Palme. Salutato come un novello John Kennedy, Palme ha concentrato su di sè emozioni e giudizi diametralmente opposti, al limite del comprensibile, come se la sua figura potesse sfuggire in realtà a qualsiasi classificazione. Il leader svedese sapeva sfruttare al meglio i media e nessuno, neppure gli stranieri, rimase immune al suo carisma. Su Palme, così come su JFK è stato detto tutto e il contrario di tutto, al limite della schizofrenia: che fosse un idealista o all'opposto un pragmatico, un riformatore o al contrario un burocrate, un utopista o un opportunista. I suoi sforzi per rendere concreta, reale l'idea che aveva in serbo per il suo Paese ha fatto dire ad alcuni che avrebbe realizzato in Svezia, invece, una distopia in cui si sarebbe infiltrato il collettivismo burocratico. Grande oratore, proprio come Kennedy, è stato anche additato come un uomo ossessionato dai media, dal temperamento appassionato o all'opposto come un politico dimesso e sostanzialmente vuoto. Uno stratega lungimirante o un amministratore di corte vedute. Al soldo della CIA o agente del KGB.

Nessuno in Occidente ha concentrato su di sè visioni così contrastanti, rimanendo sempre in balia di forti passioni. Pacifista, sostenitore dei diritti civili e dell'emancipazione femminile, Palme come Kennedy, ha proiettao un'immagine di sè simile al Giano bifronte, così sfuggente e incomprensibile, da sembrare doppio.

Chi era Olof Palme

Di origini agiate, Palme si distinse dai suoi colleghi svedesi per il piglio pragmatico, ruvido ma pacifista, lungimirante, soprattutto coraggioso e per le nette scelte di campo: già primo ministro dal 1969 al 1976, Palme fu l’unico nell’Europa occidentale ad opporsi alla guerra in Vietnam, a denunciare aspramente la politica dell’apartheid in Sud Africa e le complicità dei paesi “democratici”, infine, a chiedere la fine della proliferazione delle armi nucleari. Successivamente si batté per impedire l'esportazione di armi delle aziende svedesi in Medio Oriente per il conflitto Iran-Iraq.

Nel 1972, durante il discorso radiofonico di Natale tenne un breve ma memorabile intervento contro il bonbardamento di Hanoi che Palme equiparò alle maggiori atrocità della storia: «Bisognerebbe chiamare le cose con i loro nome – esordì – Quello che sta accadendo in Vietnman è una forma di tortura. Non possono esserci ragioni militari per i bombardamenti [...] quello che gli americani fanno è infliggere sofferenze alle persone, ferire una nazione, per umiliarla e costringerla alla capitolazione di fronte al linguaggio della forza. Per questo i bombardamenti sono un crimine». Questa sua presa di posizione pubblica fece infuriare Nixon che dedicò al leader svedese un epiteto non ripetibile in questa sede.

Palme non ricorreva a giri di parole per esprimere le sue idee. La passione che metteva nel lavoro traspariva nei suoi discorsi, divenuti per gli addetti ai lavori mitici quanto quelli di Kennedy. Nella sua carriera Palme non risparmiò critiche per nessuno, rendendosi così pericoloso agli occhi dei governi "totalitari".

L'agguato

L'omicidio, il primo del genere nella storia della Svezia moderna, fu un grande trauma nazionale e politico; avvenne nel pieno centro di Stoccolma in via Sveavägen mentre Palme stava rientrando a casa insieme alla moglie Lisbeth dopo essere stato al cinema. La coppia era appena uscita da un cinema dove aveva visto I fratelli Mozart, film della regista svedese Suzanne Osten. La scorta in quel momento non c’era: «Olof amava la sua libertà, e spesso mandava via la scorta armata e facevamo vita uguale a quella degli altri», ammise più tardi la moglie per giustificare quell’assenza che fece tanto discutere e sospettare alcuni di un infiltrato all'interno della cerchia di amicizie del leader svedese. La morte di Palme fu ufficialmente dichiarata il 1 marzo, appena sei minuti dopo la mezzanotte. Anche la moglie fu ferita, ma senza riportare gravi conseguenze.

L'istruttoria processuale per il suo assassinio è stata la più lunga e la più costosa mai portata avanti in Svezia. Un sospettato, Christer Pettersson, fu sottoposto a processo con l'accusa di essere il colpevole e condannato all'ergastolo dalla Pretura di Stoccolma, ma fu successivamente prosciolto nel 1998 dalla Corte d'Appello per mancanza di prove: morì per problemi di droga nel 2004.

Tra le diverse ipotesi riguardanti il movente e il mandante dell'omicidio, lo scrittore portoghese Luís Miguel Rocha nel libro La morte del Papa, avanzò la teoria del complotto orchestrato dalla P2 insieme al Vaticano – allora il pontefice era Papa Giovanni Paolo I – e al primo ministro portoghese Francisco Sa Carneiro.

In Italia, invece un'inchiesta del TG11 curata da Ennio Remondino e andata in onda nell'estate del 1990, si occupò di accertare la pista dell'intrigo internazionale che portava alla CIA, P2 e al traffico internazionale di armi.

L'inchiesta di Remondino

Il 25 febbraio, tre giorni prima dell'omicidio di Palme, infatti, dal Brasile un collaboratore di Licio Gelli aveva inviato un telegramma a Washington a Philip Guarino, un alto esponente del Partito repubblicano vicino a Bush, in cui faceva riferimento “all'albero svedese” che sarebbe stato abbattuto. Il testo citava: «Dì al nostro amico che l'albero svedese sarà abbattuto».

Secondo l'interpretazione del giornalista svedese Olle Alsen del quotidiano “Dagens Nyheter”, il telegramma avrebbe fatto riferimento proprio all'omicidio di Palme: Gelli, cioè, avrebbe avvertito Guarino in modo da comunicare alla Casa Bianca dell'attentato che sarebbe avvenuto tre giorni dopo. La pista che dalla CIA portava così in Italia alla P2 aveva come movente il pacifismo di Palme che, opponendosi al finanziamento occulto di armi al conflitto Iran-Iraq, rischiava di intralciare non solo il traffico di armi verso il medio Oriente, ma anche la strategia della tensione in quella regione che aveva come uno dei suoi obiettivi l'abbattimento del prezzo del petrolio. Questa pista riguardava le forniture d'armi dell'industria svedese Bofors-Nobel sia a Teheran (nella guerra Iran-Iraq) sia all'India, attraverso tangenti versate al leader indiano Rajiv Gandhi, amico di Palme. Secondo alcune fonti, Palme sarebbe venuto a conoscenza di tali «movimenti» proprio la mattina del giorno dell'omicidio, e la sua eliminazione sarebbe stata programmata da tempo nel caso in cui avesse scoperto tali movimenti, contro i quali era fermamente contrario.

Uomo chiave al centro della pista si sarebbe rivelato un ex agente CIA, Ibrahim Razin come indicato da Alsen. Razin, avvicinato da Remondino fece il nome del faccendiere italiano Francesco Pazienza, vicino all'ambiente dei servizi e coinvolto in molte inchieste giudiziarie tra le quali lo scandalo del Banco Ambrosiano. Intervistato a La Spezia, Pazienza svelò la vera identità di Razin: agente "Y", alias Oswald Le Winter, ex generale di brigata dell'esercito americano e supervisore della Gladio europea e dell'operazione Phoenix. Razin si era sottoposto a un intervento di chirurgia plastica e quando si fece intervistare da Remondino in un hotel di Ginevra, come precauzione occultò il suo volto con la federa di un cuscino.

Razin raccontò alle telecamere di RAI1: «Nell'estate del 1985 interrogai un capo molto della mafia americana, di cui non posso rivelare il nome2, il quale mi disse che il telegramma fu inviato da Gelli a Philip Guarino, che all'epoca era tra gli esponenti più in vista del circolo repubblicano di Bush […] l'FBI ha aperto un'indagine in questione […] è stato inoltrato da una regione meridionale del Brasile da un uomo di nome Ortolani3 su indicazione di Licio Gelli».

Razin raccontò inoltre che l'americano Michael Tawney, killer della CIA, era arrivato a Stoccolma una settimana prima dell'omicidio di Palme, proprio per predisporre i dettagli dell'operazione. Razin rivelò anche il movente dell'omicidio: Palme era contrario al traffico di armi e al finanziamento dell'intervento Iran-Iraq. In quel periodo si inseriva inoltre la mancata liberazione degli ostaggi americani sotto Khomeini che secondo Razin sarebbe avvenuta per spingere l'opinione pubblica pubblica a “scaricare” Carter ed eleggere al suo posto il repubblicano Reagan. In cambio agli Iraniani furono concesse armi una volta insediatosi il nuovo presidente alla Casa Bianca. Da ricordare che l'allora consigliere nazionale per la sicurezza sotto Carter era Zbigniew Brzezisnki, sostenitore dei mujaheddin in Afghanistan in chiave anti sovietica (e dunque finanziatore di Osama bin Laden), e ora mentore del Presidente Obama...

Dopo l'incontro con Razin, Remondino e il suo operatore, Claudio Speranza, raggiunsero l'ex contractor della CIA, Richard Brenneke, nella sua casa nascosta nei boschi dell'Oregon. Brenneke mise a disposizione della troupe intere casse di documenti scottanti che Remondino fotocopiò e di ritorno dagli USA consegnò alla magistratura. Tra le carte sarebbero emersi i nomi di banchieri svizzeri e dirigenti della NATO che avrebbero avuto un ruolo nella cospirazione che potò all'omicidio di Palme.

Brenneke, come Razin, accreditò la pista che dalla CIA portava alla P2 di Gelli. Brenneke raccontò di conoscere quest'ultimo molto bene, anche se in realtà Gelli non sarebbe mai stato il vero capo della P2: avrebbe ricevuto ordini dalla Svizzera e dagli USA. L'ex collaboratore della CIA spiegò inoltre che l'Agenzia sovvenzionava clandestinamente la P2 arrivando a consegnare all'organizzazione italiana fino a 10 milioni al mese: ciò rientrava nella strategia della tensione, destabilizzare per stabilizzare in modo da allineare i Paesi europei alla politica stratunitense.

La CIA, secondo Brenneke, utilizzava dalla fine degli anni Sessanta agli anni Novanta la P2 per contrabbandare armi, droga e destabilizzare i paesi europei, creando ad esempio il terrorismo in Italia che fece cadere i governi giudicati “scomodi” da Washington.

Al ritorno della troupe in Italia, la RAI fu denunciata da Licio Gelli, mentre l’allora presidente della Repubblica Francesco Cossiga protestò mandando una lettera4 di fuoco al presidente del Consiglio Giulio Andreotti. Come conseguenza il direttore del TG1 Nuccio Fava fu licenziato e Remondino vide la sua carriera compromessa.

Nonostante la mole di prove e documenti raccolti da Remondino, lo scandalo non portò a nulla. In seguito spuntarono nuove tesi per l’omicidio Palme, tra cui la pista curda (favorita dal Kgb) e poi, nel 1996, la pista sudafricana: in una seduta della “Commissione per la verità e la giustizia” Eugene de Kock, un ex funzionario della polizia sudafricana, sostenne che Craig Williamson, agente dello spionaggio del suo paese, aveva ucciso Palme all’interno dell’Operation Longreach per punire il primo ministro svedese per la sua pubblica battaglia antiapartheid. Anche questa tesi non è stata però suffragata da prove.

Verità in caduta libera

«Quanta verità può sopportare una società democratica?» si domanda invece il criminologo e romanziere svedese Leif G. W. Persson nella trilogia noir La caduta dello Stato Sociale, dedicata all'omicidio di Olof Palme. Grazie alla sua posizione di ex poliziotto, infatti, Persson ha potuto leggere una quantità di dossier riservati, come ha raccontato in un'intervista del settembre 2008 a Mantova a margine del Festival della Letteratura: «Ho potuto consultare il materiale del caso Palme perché ho lavorato per più di trent’anni con la polizia di Stato - è un materiale che non sarà mai accessibile al pubblico. E sì, una parte del libro è verità documentata, una parte è invenzione - volevo esprimere la mia opinione su quanto accaduto. Una terza parte, infine, non so se sia vera o falsa, è una possibilità. è così che funziona un romanzo: prendi la verità e la mescoli con le invenzioni5».
«è il caso più complesso e ancora irrisolto che mai si sia presentato», ha continuato, «ed è raro che non si trovi la soluzione quando la vittima è una persona di quel livello. Ero curioso del caso, volevo scriverne per scrollarmelo dalla mente. Fu un crimine estremamente semplice, ma talmente perfetto che la verità non è stata ancora scoperta. Il fatto che proprio quella sera Palme avesse “licenziato” le guardie del corpo è quello che mi fa pensare a una cospirazione. Palme fu ucciso per motivi politici da persone che avevano buone informazioni sui suoi giri e sapevano come prenderlo».

Persson ha dedicato a Palme l'ultimo volume della sua trilogia, Faller fritt som i en dröm (In caduta libera come in un sogno), in cui spicca la seguente osservazione che dà il titolo al romanzo: «Quando ti trovi di fronte a una verità importante... puoi avere un effetto più devastante di quando scopri una grande menzogna. La verità ti colpisce molto di più di una menzogna. E quando la vedi davanti a te puoi andare in caduta libera come in un sogno. Come in uno di quei sogni orribili6».
Ed è per questo che Persson arriva a domandarsi: «Quanta verità può sopportare una società democratica?», conscio dei meccanismi di manipolazione che operano in maniera sotterranea a diversi livelli nella società.

Anche Persson svela poco sul possibile sicario, facendosi assertore di una cospirazione partita però “vicino” alla famiglia di Palme, ovvero abbracciando la «pista interna» alla polizia o meglio alla Sapo, i servizi di sicurezza svedesi: l'omicidio di Palme sarebbe avvenuto per “ragion di Stato” in un ambiente a lui avverso e pronto da tempo a eliminare il premier.

Se neppure nell'opera di Persson si raggiunge una certezza in merito al movente, l'autore si dimostra però lucido nel ritrarre l'ambiente politico e sociale in cui si consuma l'omicidio e le sue conseguenze: «Quando, nel 1986, Palme fu assassinato, fu la crisi dello Stato Sociale - dopo ci furono dei governi conservatori-liberali. Se sei dell’idea che la solidarietà sia importante, ti mette tristezza vedere oggi la gente che dorme per strada.
La Svezia ha imboccato la strada materialista, quella della soddisfazione individuale, del raggiungimento di obiettivi individuali. Oggi la Svezia è simile agli stati sulla costa orientale d’America7».

Un altro romanziere, più famoso di Persson a livello internazionale, ma dal destino meno fortunato, si è occupato delle indagini sulla morte di Palme: Stieg Larsson.

Stieg Larsson indaga sulla morte di Palme

L'autore della trilogia Millenium era infatti un collaboratore di Scotland Yard e consulente del Ministero della Giustizia svedese: dopo l'omicidio di Olof Palme i servizi segreti chiesero la sua collaborazione per le indagini che stavano portando a un nulla di fatto.

Come ha notato l'avvocato Paolo Franceschetti, esperto di massoneria e dell'ordine della Rosa Rossa e Croce d'Oro: «I suoi romanzi dimostrano infatti una buona conoscenza del sistema dei servizi segreti (ad esempio viene ben descritto, nel terzo romanzo, il sistema dei suicidi in ginocchio e degli incidenti, di cui noi abbiamo parlato nei nostri articoli sull'omicidio massonico) e del sistema giudiziario in genere [...] Probabile quindi che si sia spinto troppo in là nel descrivere i dettagli di alcune operazioni segrete; probabile che i suoi romanzi abbiano attinto troppo dalla realtà, e che per giunta, adottando il soprannome di Kalle Blomkvist, volesse far intendere a chi leggeva che stava descrivendo il "sistema" della Rosa Rossa, dal punto di vista di una persona che tale sistema voleva combatterlo8».

Sulla prematura morte di Larsson per infarto sulle scale della redazione, infatti, alcuni ricercatori, hanno sollevato il dubbio di una regia occulta. Franceschetti si dice convinto che Larsson non sia morto per cause naturali ma sia stato ucciso dalla Rosa Rossa: «non tanto per quel che ha scritto, ma per quello che avrebbe potuto scrivere: la verità sul sistema in cui viviamo». Larsson, infatti, aveva ricevuto numerose minacce per la sua attività contro gli estremismi di destra, non a caso in Svezia legati proprio al mondo delle massonerie.

Gli indizi avanzati da Franceschetti a sostegno dell'assassinio sono, in realtà, deboli, ma la pista massonica facente capo alla famigerata Rosa Rossa non manca di fascino e accredita il senso di mistero che circonda la Svezia, terra di logge massoniche, Illuminati e morti insolute:

«Primo indizio.
L'autore muore come muore il personaggio del suo terzo libro (La ragazza che giocava con il fuoco). Muore cioè di infarto, nella redazione del suo giornale. Abbiamo detto che questa tecnica è la legge del contrappasso utilizzata dall'organizzazione che si chiama Rosa Rossa.

Secondo indizio.
Nella prima pagina della rivista Expo, ovverossia la rivista da lui fondata e dove esercitava il suo lavoro di giornalista, compare la sua foto con una rosa rossa in mano.
La rosa campeggia da anni insieme alla foto dello scrittore. Potete vederla a questo link:
http://www.expo.se/

Terzo indizio.
Il nome del protagonista dei suoi romanzi è Mikael Blomkvist. Costui è conosciuto nel suo ambiente col soprannome di Kalle Blomkvist. Tale soprannome viene da un personaggio di un romanzo di Astrid Lindgren, l'autrice famosa per la saga di Pippi Calzelunghe. Il personaggio si chiama, appunto, Kalle Blomkvist, ed è un ragazzino che capeggia la banda della Rosa Bianca, in perenne conflitto con la banda avversaria della Rosa Rossa.

Quarto indizio.
La data rituale. 9.11.2004. Il valore numerico di questa data è 8: giustizia».
Franceschetti conclude così, osservando: «Stieg Larsson è stato quindi probabilmente giustiziato. E la regola del contrappasso viene applicata a chi si è macchiato di una determinata colpa; tale tipo di morte dà quindi un indizio per capire il motivo per cui la persona è stata assassinata. E qui la ragione probabilmente deve essere ricercata nei suoi stessi romanzi e non altrove10». Quei romanzi che erano stati ispirati proprio dal mistero della morte di Olof Palme.


Note:

1 http://video.moglik.com/t/remondino-rai.htm

2 Probabilmente Paul Barrio.

3 L'avvocato Ortolani si disse estraneo alla faccenda.

4 Qua si trova la lettera di Cossiga: http://www.scribd.com/doc/38017292/I-Le ... -in-Italia

5 http://mondosvezia.forumattivo.com/t908-leif-gw-persson

6 Leif Persson, In caduta libera come in un sogno, Marsilio, 2008.

7 Ibidem.

8 http://paolofranceschetti.blogspot.it/2 ... stieg.html

10 http://paolofranceschetti.blogspot.it/2 ... stieg.html


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MessaggioInviato: 01/11/2012, 12:06 
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Messaggio di Sheenky

Chi era Olof Palme

Di origini agiate, Palme si distinse dai suoi colleghi svedesi per il piglio pragmatico, ruvido ma pacifista, lungimirante, soprattutto coraggioso e per le nette scelte di campo: già primo ministro dal 1969 al 1976, Palme fu l’unico nell’Europa occidentale ad opporsi alla guerra in Vietnam, a denunciare aspramente la politica dell’apartheid in Sud Africa e le complicità dei paesi “democratici”, infine, a chiedere la fine della proliferazione delle armi nucleari. Successivamente si batté per impedire l'esportazione di armi delle aziende svedesi in Medio Oriente per il conflitto Iran-Iraq.

Nel 1972, durante il discorso radiofonico di Natale tenne un breve ma memorabile intervento contro il bonbardamento di Hanoi che Palme equiparò alle maggiori atrocità della storia: «Bisognerebbe chiamare le cose con i loro nome – esordì – Quello che sta accadendo in Vietnman è una forma di tortura. Non possono esserci ragioni militari per i bombardamenti [...] quello che gli americani fanno è infliggere sofferenze alle persone, ferire una nazione, per umiliarla e costringerla alla capitolazione di fronte al linguaggio della forza. Per questo i bombardamenti sono un crimine». Questa sua presa di posizione pubblica fece infuriare Nixon che dedicò al leader svedese un epiteto non ripetibile in questa sede.

Palme non ricorreva a giri di parole per esprimere le sue idee. La passione che metteva nel lavoro traspariva nei suoi discorsi, divenuti per gli addetti ai lavori mitici quanto quelli di Kennedy. Nella sua carriera Palme non risparmiò critiche per nessuno, rendendosi così pericoloso agli occhi dei governi "totalitari".



Questo basta e avanza......... [V]



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"…stanno uscendo allo scoperto ora, amano annunciare cosa stanno per fare, adorano la paura che esso può creare. E’ come la bassa modulazione nel ruggito di una tigre che paralizza la vittima prima del colpo. Inoltre, la paura nei cuori delle masse risuona come un dolce inno per il loro signore". (Capire la propaganda, R. Winfield)

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secondo me questo basta ed avanza:

«Dì al nostro amico che l'albero svedese sarà abbattuto».


-.-"



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