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 Oggetto del messaggio: Re: Omicidi e Morti misteriose
MessaggioInviato: 20/07/2015, 14:14 
L'ho trovato molto interessante...

Alcune “curiose” coincidenze legano il caso di Carlo Giuliani a quello di Ilaria Alpi: sono stati uccisi dalle stesse persone? Ecco la clamorosa ipotesi dell’inchiesta pubblicata su Misteriditalia.it

Ilaria-Alpi-e-Carlo-Giuliani.jpg



Il giorno mercoledì 5 settembre 2001 si svolgeva, presso la commissione di indagine conoscitiva del parlamento sui fatti di Genova, l’audizione del dottor Adriano Lauro, vicequestore aggiunto presso la questura di Roma, e del dottor Maurizio Fiorillo, vicequestore aggiunto presso la questura di Napoli.

In questa audizione vengono ricostruiti i fatti, dal punto di vista dei funzionari in questione, che portano alla morte di Carlo Giuliani. Ad un certo punto si legge:

ADRIANO LAURO, Vicequestore aggiunto presso la questura di Roma.

Ero responsabile di un centinaio di carabinieri. Quando erano circa le 16,30 stavamo facendo ritorno ai mezzi lasciati in prossimità della Fiera; avevamo riunito il gruppo dei carabinieri: era giunto sul posto un tenente colonnello che, preposto al loro comando, coordinava le varie squadre. Aveva fatto un appello, perché il personale era abbastanza esausto.

E poco dopo:

Ho saputo dopo, poiché prima lo ignoravo, che quelle due famose camionette erano una del capitano, mio diretto interlocutore nel comando dei carabinieri, e l’altra del famoso tenente colonnello citato prima, che era il coordinatore.

LUCIANO VIOLANTE.

Il tenente colonnello era sulla macchina?

ADRIANO LAURO, Vicequestore aggiunto presso la questura di Roma.

Sì, era sulla macchina quando se ne è andato. Il capitano stava con me, era il responsabile diretto di quel gruppo, mentre il tenente colonnello coordinava, immagino, più gruppi e quindi andava a verificare.

LUCIANO VIOLANTE.

Il colonnello, quindi, era sulla macchina che poi si è allontanata, mentre quella rimasta era senza ufficiale?

ADRIANO LAURO, Vicequestore aggiunto presso la questura di Roma.

No, tutte e due le macchine se ne sono andate; viaggiavano insieme.

PRESIDENTE.

Il tenente colonnello è andato via su una delle due?

ADRIANO LAURO, Vicequestore aggiunto presso la questura di Roma.

Sì, su una delle due, nel momento in cui noi abbiamo detto che ci saremmo diretti verso i mezzi. Successivamente, quando abbiamo avvistato il gruppo di manifestanti e c’è stato lo scontro, loro probabilmente sono arretrati. La sera ho visto delle immagini, delle due camionette che arretravano velocemente e si posizionavano dietro di noi. A quel punto, il tenente colonnello Truglio mi ha detto di essere sceso a piedi, lasciando le due camionette, e di essersi avvicinato al gruppo con i carabinieri. Quando c’è stato l’arretramento credo che lui non vi fosse più (almeno così il tenente colonnello mi ha riferito)…

Vediamo un po’, allora, chi è questo famoso Tenente Colonnello Truglio. Non è uno che lascia molte tracce, a dire il vero. Nel web c’è poco o nulla… sappiamo che nel ’98 dirige il GOC (Gruppo Operativo Carabinieri) in Calabria e in tale veste è sentito dalla commissione antimafia.

Qualcosa in più si trova negli archivi dell’ANSA:

MO: OSSERVATORI, A HEBRON PER PRIMI CONTATTI / ANNUNCIATO (DELL’INVIATO DELL’ANSA LUIGI SANDRI) – PUNTO 6 C – (ANSA) – HEBRON (CISGIORDANIA), 11 APR 1994- …….

La delegazione italiana – accompagnata dal console generale a Gerusalemme, Damiano Spinola – era composta dal ministro Gianfranco Varvesi, capo della Unita’ tecnica della cooperazione alla Farnesina, dal ministro Giorgio Baroncelli, vicecapo del servizio del Contenzioso diplomatico, e da due alti ufficiali dell’Arma dei carabinieri, il colonnello Pietro Pistolese ed il maggiore Giovanni Truglio…..

Dunque nell’aprile del ’94 il nostro è maggiore (fresco di nomina, pare) e si trova in Palestina. Ma c’è un altro lancio dell’ANSA che è decisamente più interessante:

SOMALIA: TORTURE; UN SECONDO DIARIO ALL’ESAME DI INTELISANO (ANSA) – ROMA, 30 AGO 1997

Oltre al memoriale del maresciallo del Tuscania, Francesco Aloi, il procuratore militare di Roma, che indaga sul comportamento dei soldati intaliani in Somalia, ha ricevuto un secondo diario. Negli ambienti della Procura militare ci si limita a confermare la notizia senza tuttavia entrare nel merito del contenuto di questo nuovo memoriale che, comunque, riferirebbe di atti di violenza di cui si sarebbero resi responsabili militari del contingente Ibis. Nei giorni scorsi – si è appreso dallo stesso Intelisano – il procuratore militare ha avviato una serie di interrogatori in riferimento alle accuse sollevate dal maresciallo Aloi: ”Ad oggi – ha assicurato il procuratore Intelisano all’Ansa – non ci sono nomi di ufficiali iscritti sul registro degli indagati”. Si vedrà la prossima settimana, quando Intelisano riprenderà gli interrogatori, sempre alla luce del memoriale di Aloi.

Il quotidiano l’Unità, pubblica oggi i nomi di dieci ufficiali che sarebbero contenuti nel memoriale di Aloi come ”autori o persone informate delle violenze perpetrate contro la popolazione somala”. Si tratterebbe dei colonnelli Roberto Martinelli, Antonino Giampietro e Augusto Staccioli, dei tenenti colonnello Marco Bertolini e Angelo Passafiume, del capitano Giovanni Truglio, dei tenenti Francesco Marra e Claudio Cappello dei colonnelli Michele Tunzi e Leonardo Leso. Per quanto riguarda il col. Martinelli, della Folgore (all’epoca dei fatti ha comandato il raggruppamento Charlie di stanza a Jalalassi e quello Alfa a Balad), L’Unità scrive che nel diario Aloi sostiene che l’ufficiale ”fu pescato con un quantitativo di droga leggera” e che il caso ”fece scalpore” ma che il colonnello dichiarò di averla sequestrata. Il colonnello Giampietro, sempre della Folgore (comandò il raggruppamento Alfa), nel memoriale di Aloi viene indicato come ”un ufficiale che certamente sapeva di violenze e torture così come pure del colonnello Staccioli (numero due dopo il generale Loi) del quale Aloi scrive ”di una sua totale conoscenza degli abusi ai danni della popolazione somala”.

Per quanto riguarda poi il capitano Truglio (comandante del distaccamento dei Cc) Aloi sostiene che ”a lui più che ad altri si sarebbe rivolto per indicare fatti e nomi”: denunce che – secondo Aloi – rimasero ”lettera morta”. Dei due tenenti Marra e Cappello, oggi capitani, (comandavano rispettivamente il plotone Cc dell’ambasciata e il plotone Cc del porto) Aloi scrive che avevano ”saputo degli abusi” e di averne anche loro ”commessi alcuni”. Del colonnello Tunzi (che non fu in Somalia nel tempo della permanenza del maresciallo Aloi) Aloi scrive che comando’ il distaccamento del Tuscania durante il periodo in cui rimasero uccisi Ilaria Alpi e Miran Hrovatin. Aloi si chiede, nel memoriale, perché non fu ordinato ai Cc di andare sul posto del duplice delitto. Infine del colonnello Leso, oggi comandante del Tuscania, il maresciallo scrive – secondo quanto riporta L’Unità – che ”non poteva non sapere degli abusi dato che era costantemente informato dal comandante del distaccamento dei carabinieri. (ANSA). 30-AGO-97 17:04

Evidentemente questo ultimo lancio dell’ANSA riporta il grado che Truglio ricopriva all’epoca dei fatti somali, visto che il lancio precedente riporta il grado di maggiore ricoperto in Palestina.

Forse non tutti se ne ricordano, ma la spedizione RESTORE HOPE fu la prima “guerra umanitaria”, o meglio, la prima volta che argomenti umanitari vennero spesi per giustificare una guerra. Il contingente italiano che operò in Somalia si macchiò di crimini contro la popolazione civile che furono ampiamente documentati. Panorama in particolare pubblicò alcune foto sconvolgenti.

Il caso fu seguito da tutta la stampa (si distinse, tra gli altri, Famiglia Cristiana!) in cui descrive l’andazzo che c’era nel contingente italiano. Consiglio a tutti la lettura di questo articolo di Famiglia Cristiana, anche perché vi ritroviamo due dei protagonisti di P.zza Alimonda: Il Ten. Col. Truglio (all’epoca Capitano che comandava il distaccamento dei CC in Somalia) e il Cap. Cappello (all’epoca tenente che comandava il plotone dei CC al porto).

Riportiamo dall’articolo in questione:

Alcune donne, forse non fidandosi del comandante dei Carabinieri del Porto Vecchio(il ten. Cappello, ndr), nell’immediata vicinanza del quale si vocifera avvengano parte delle violenze, si presentano all’ex ambasciata chiedendo della polizia militare. Il carabiniere di servizio alla porta, ignaro, le accompagna nel mio ufficio dove queste, terrorizzate e munite a volte di referto medico, manifestano a volte la volontà di denunciare stupri e abusi nei confronti loro e di minori da parte di militari italiani. Io informo del fatto il comandante del distaccamento dei carabinieri preposto all’MP che si identifica nel capitano …(Famiglia Cristiana non lo scrive ma si tratta del nostro “eroe”, ndr), il quale manda puntualmente il tenente …(il ten. Cappello, ndr) che, presa la denunciante per i capelli, dopo averla trascinata fuori, la malmena».

Entrambi li ritroviamo in P.zza Alimonda, per Truglio vedi sopra, per Cappello vedi questo articolo di Repubblica dove si dice che “…Franz (il PM titolare dell’inchiesta. NDR) ha sentito anche il capitano Cappello ed un sottotenente che gestiva rispettivamente la Compagnia ed il plotone in cui era inquadrato Placanica.”

Interessante, no?

Hanno fatto carriera insieme.

Hanno fatto “esperienza” assieme.

Ne hanno viste “di tutti i colori” assieme.

Le due jeep defender in P.zza Alimonda erano assegnate a loro… ma loro non sappiamo dov’erano.

Certamente non distanti dai fatti. Forse addirittura erano molto vicini.

Torniamo per un momento in Somalia, lasciando la parola al maresciallo Aloi: «Mentre sto facendo la doccia al campo degli incursori sento parlare anonimamente e a un certo punto una voce dice testualmente: “Non basterà tutta la popolazione somala a pagare la morte di Stefano. Sarà un semplice controllo demografico della popolazione. Queste m… devono morire tutte”. (…) Vedo uscire in gran fretta un blindato 6616 degli incursori. Incuriosito lo seguo a distanza e con mio grande stupore percorrendo le strade affollate di somali vedo tra la gente persone che si accasciano al suolo tra lo stupore di tutti. Perplesso cerco di capire e a un certo punto noto le canne dei fucili spuntare dalle feritoie della blindo. Sparano con fucili silenziati o cartucce subsoniche».

Ancora più interessante. Ci dice che l’uso di armi silenziate con pallottole subsoniche non è una cosa da agenti segreti, ma pratica che in Somalia si è usata…. forse anche in altri posti… sarebbe interessante sapere che armi sono e che calibro hanno. Verrebbe da chiederlo al Ten Col Truglio, visto che all’epoca comandava la polizia militare, lui lo saprà di sicuro.

Ma torniamo ancora al Maresciallo Aloi e alle sue dichiarazioni: «Trasmettevo per competenza le denunce di violenza sessuale (io ero addetto ad altre mansioni), ma dei miei rapporti non c’è traccia», afferma Aloi. «Ad alcuni episodi di violenza ho assistito. Non si trattava di prostitute, erano per lo più donne che lavoravano al campo e che subivano il ricatto di accondiscendere o essere cacciate. In ogni campo degli italiani c’era l’”angolo dello stupro”, un luogo dove avvenivano le violenze. Ilaria Alpi sapeva: una sera mi ha portato a vedere un episodio di stupro. Lei ha scattato anche delle foto con una piccola macchina fotografica che avevamo comprato insieme (una piccola macchina fotografica risulta fra gli oggetti scomparsi dal bagaglio della giornalista, ndr)».

Le esecuzioni sommarie: «L’episodio dei 17 buttati a mare è solo uno di quelli a conoscenza dei magistrati. E non c’è solo la mia testimonianza».

Il checkpoint Pasta: «Il giorno precedente la battaglia fu violentata e uccisa una donna del clan di Aidid. Molti lo sapevano. Avevamo paura. Ma i nostri comandanti non potevano spiegare le ragioni per cui era inopportuno quel giorno compiere il rastrellamento».

Su Ilaria Alpi si è scritto molto e anche sulle ragioni della sua esecuzione. Ilaria Alpi e il maresciallo Aloi si conoscevano, circolava tra le varie ipotesi sulla morte di Ilaria anche quella che fosse stato un tentativo di bloccare una possibile denuncia pubblica dell’operato dei nostri militari.

I genitori di Ilaria affermano in merito che: «Subito c’è stato da parte nostra un rifiuto. Ci terrorizzava l’idea che Ilaria e Miran avessero pagato per le colpe dei nostri connazionali. Era una terza ipotesi, incredibile, dopo le prime due: la mala cooperazione e il traffico di armi su cui Ilaria stava facendo un’inchiesta, e un agguato degli integralisti islamici. Ma questa terza ipotesi-bomba, che Ilaria sia stata uccisa perché si apprestava a rivelare atti di violenza compiuti dai soldati italiani su uomini e donne somali, ci è apparsa meno incredibile quando abbiamo avuto due riscontri. Ilaria è stata a Mogadiscio sette volte, abbiamo controllato le date, e per 40 giorni la sua presenza ha coinciso con quella del maresciallo Aloi. Quindi l’ha conosciuto, perché lei conosceva tutti quelli del contingente. Il secondo riscontro sta in due foto che riprendono Ilaria mentre scatta fotografie con la sua piccola automatica, scomparsa anche quella, come tanti altri oggetti e carte che le appartenevano. Ti vengono i cattivi pensieri, forse ha fotografato cose che non doveva vedere e che coinvolgevano soldati italiani. Le rivelazioni di Aloi ci hanno messo in testa un tarlo: se fossero vere spiegherebbero molti comportamenti. Adesso fanno di tutto per denigrare Aloi, eppure è un maresciallo dei Carabinieri, figlio di un maresciallo dei Carabinieri e con altri due fratelli arruolati nell’Arma».

L’inchiesta sulla morte di Ilaria Alpi è la classica indagine italiana: depistaggi, prove scomparse, perizie dubbie. C’è un particolare: anche nel caso di Ilaria Alpi c’è un balletto di perizie, come nel caso di Carlo Giuliani.

Ed ecco che, come scrive Tempi il 15 luglio 1999, ad un certo punto arriva un personaggio che è stato determinante nella richiesta d’archiviazione per la morte di Giuliani:

Nuove rivelazioni sul caso Alpi. Secondo le nuove perizie condotte da Pietro Benedetti e Carlo Torre e presentate al processo contro il somalo Omar Hashi Hassan, la giornalista italiana Ilaria Alpi, assassinata a Mogadiscio il 20 marzo 1994, non sarebbe stata uccisa da un colpo di pistola sparato a bruciapelo, bensì sarebbe stata colpita da distanza “non breve”. Le nuove perizie, perciò, smentirebbero l’ipotesi dell’“esecuzione” compiuta con un colpo alla testa.

Carlo Torre è il perito che scopre che l’estintore ha deviato il colpo di Placanica, anzi no, è stata una pietra. Anzi a guardare bene sulla chiesa di fronte c’è un buco. Anzi ora prende il passamontagna, lo agita, e voilà ecco che cade un frammento di proiettile.

Scopriamo così che Carlo Torre si è già occupato di altre clamorose vicende di cronaca giudiziaria dal caso Ilaria Alpi a quelli di Marta Russo e della contessa Agusta. E nel caso della contessa Agusta (e del tesoro di Craxi, quindi, almeno quello che ne resta) si trova a stretto contatto di gomito sapete con chi? Con Marcello Canale, il direttore dell’istituto di medicina penale di Genova, quello che fa l’autopsia a Carlo e afferma che il giovane era morto un nanosecondo dopo che un proiettile da 9 mm aveva prodotto un foro da 8mm in entrata e addirittura più piccolo in uscita. Ma dov’è il proiettile in questione? Sparito.

Chiudo il cerchio dicendo che il povero Aloi ne passa di tutti i colori e che la verità sulla morte di Ilaria Alpi è molto lontana.

“Il Capo del SISDE non svelerà i nomi dei mandanti. La fonte, considerata attendibile dal Servizio segreto civile, ha indicato con nomi e cognomi i mandanti dell’omicidio della giornalista del Tg3, Ilaria Alpi, e dell’operatore Miran Hrovatin, assassinati a Mogadiscio il 20 marzo 1994. Ma ieri, nel nuovo processo davanti alla Corte d’Assise di Roma, il direttore del SISDE, Mario Mori, ha detto di non poterne rivelare l’identità “per motivi di sicurezza“.

Ognuno tiri le conclusioni che crede.

http://www.infiltrato.it/inchieste/carl ... -due-casi/



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 Oggetto del messaggio: Re: Omicidi e Morti misteriose
MessaggioInviato: 21/07/2015, 15:49 
Seul, giallo sulla spia suicida che usava il software italiano

Uno 007 sudcoreano si toglie la vita in circostanze misteriose Gli intrecci con la Hacking Team, finanziata con soldi nostri

L'agente segreto «suicidato» con un biglietto a fianco è un classico dello spionaggio così scontato che in un romanzo ormai suonerebbe scontato. Il giallo italiano di Hacking Team però è realtà, una realtà piena di lati oscuri. L'ultimo è la morte misteriosa di un uomo del Nis, il servizio segreto della Corea del Sud. Di lui si sa il nome, Lim, e la qualifica: esperto di cyber security. Che è proprio la materia di cui si occupa la società milanese al centro di un vero intrigo internazionale, sebbene non mancante di dettagli «all'italiana», come i rapporti con le istituzioni all'insegna di una certa approssimazione.

Il Nis sarebbe uno dei tanti servizi segreti stranieri che ha acquistato il Remote Control System, cioè il software dell'azienda italiana in grado di installarsi in modo invisibile su pc e smartphone e spiarne tutte le attività, dalle mail alla messaggistica e perfino di attivare microfono e telecamera a distanza.

Per capire come mai la morte di Lim stia creando scompiglio da Seul a Roma, bisogna leggere le dure reazioni politiche dei partiti d'opposizione coreani dopo che i 400 Giga di dati della Hacking System sono finiti su Wikileaks, incluse le email con cui la società guidata da David Vincenzetti contrattava con un intermediario, la Nanatech, la vendita del software spia a una fantomatica «5163 Army Division». Secondo il Korean Times , è un nome di copertura usato dagli 007 di Seul quando operano all'estero. Il software sarebbe stato acquistato per 760.000 dollari nel 2012, proprio l'anno in cui ci sono state le elezioni sudcoreane, allo scopo di intercettare le comunicazioni di «Kakao Talk», il sistema di messaggistica stile Whatsapp usato da 35 milioni di persone nel Paese asiatico. Di fronte alle proteste politiche, i servizi coreani hanno fatto trapelare che avevano usato il «trojan» solo per spiare i nemici della Corea del nord, e non i propri concittadini. La stessa versione che Lim avrebbe scritto sui tre fogli trovati nell'auto insieme al suo corpo senza vita e a materiale bruciato. Un suicidio, secondo le autorità, che però lascia spazio a molti dubbi, così come la mossa di Lim di cancellare i dati delle operazioni effettuate con il software italiano. Una ricostruzione che non convince le opposizioni coreane. E nemmeno quelle italiane.

Perché lo sviluppo coreano è solo l'ultimo mistero di questa storia. Che gli Stati spiino sconvolge solo gli ipocriti. Che un'azienda italiana venda software a mezzo mondo, inclusi Paesi tecnologicamente avanzati come la Corea, potrebbe addirittura inorgoglirci. Ma non è chiaro quanto lo Stato controllasse un'azienda che è sì privata, ma è partecipata da Finlombarda (finanziaria della Regione Lombardia) ed è accusata di aver venduto il software a regimi che con la democrazia hanno poco a che fare, come Etiopia e Sudan.

Proprio i legami con Khartoum hanno fatto scattare l'interesse dell'Onu, che ha sottoposto a sanzioni il governo di Omar al-Bashir. Stando alle email pubblicate su Wikileaks, solo dopo il pressing dell'Onu, iniziato a dicembre 2014, il Ministero per lo Sviluppo economico applica ad Hacking Team limiti alle esportazioni solitamentedestinati a chi produce materiale che può avere un duplice uso, civile e militare. Ma l'azienda è attiva nel campo già nel 2003 e nel 2004 vende il software alla polizia postale italiana. Oltretutto, dalle email pubblicate su Wikileaks, si capisce che dopo l'intervento del Mise la società milanese si dà un gran da fare per cercare contatti nella burocrazia italiana. Obiettivo, risolvere l'intoppo che rischiava di limitarne le attività di export all'origine dell'80% del suo fatturato.

Possibile che un'attività così delicata, e finanziata anche con fondi pubblici, sia avvenuta per dieci anni senza una supervisione adeguata dello Stato? Vari esponenti di Forza Italia, da Malan, a Romani, a Santanché, chiedono alla commisione di controllo dei servizi segreti e al governo, in particolare al sottosegreetario Marco Minniti, di riferire in Parlamento. Il rischio è che alla fine, ancora una questione di interesse strategico sia risolta in Procura. I pm di Milano hanno già indagato sei ex dipendenti infedeli della Hacking Team e ascoltato i vertici della società.

http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... tect=false



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 Oggetto del messaggio: Re: Omicidi e Morti misteriose
MessaggioInviato: 24/07/2015, 16:09 
A pensare male si fa peccato.... ma qualche volta ci si azzecca....

New York:suicida la 30enne blogger Faigy Mayer, nota nel web per le critiche ai dogmi religiosi della comunità ebraica ortodossa in cui era nata e da cui era stata cacciata

Immagine

Tragedia in uno dei quartieri più esclusivi di New York, ilFlatiron District, dove una blogger di 30 anni, Faigy Mayer, si è lanciata dal terrazzo del famoso bar '230 Fifth Avenue' lo scorso lunedì ed è morta dopo un volo di oltre 20 piani. Per la polizia sembra essersi trattato di un suicidio.

Il locale ha una terrazza all'aperto con una vista panoramica sulla città ed è molto conosciuto dai turisti, ma per i newyorkesi non è molto sicuro specie se qualcuno beve qualche bicchiere di troppo. La ragazza si è lanciata da una delle balaustre dopo essere salita sul davanzale e aver scavalcato. La blogger era nota per le sue invettive contro la comunità di ebrei ortodossi di New York, nella quale era cresciuta e da cui aveva deciso di allontanarsi. Aveva anche realizzato un documentario in cui spiegava che la vita religiosa non faceva per lei e che i suoi genitori l'avevano cacciata. "Lei non voleva essere limitata, voleva la libertà di esercitare il suo talento ed era molto intelligente. Non aveva amici, in questi ultimi anni", ha raccontato un amico.

http://informazioneconsapevole.blogspot ... m=facebook

http://www.leggo.it/NEWS/ESTERI/faigy_m ... 8893.shtml



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 Oggetto del messaggio: Re: Omicidi e Morti misteriose
MessaggioInviato: 24/07/2015, 17:45 
Cita:
"Non aveva amici, in questi ultimi anni", ha raccontato un amico."


quindi chi lo ha raccontato non era davvero suo amico... [:246]



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 Oggetto del messaggio: Re: Omicidi e Morti misteriose
MessaggioInviato: 24/09/2015, 10:11 
Matteotti fu ucciso perché scoprì le mazzette di Mussolini

«Le carte dei servizi segreti americani», conferma lo storico Mauro Canali, «dimostrano gli interessi del Duce in un losco affare petrolifero» - «Le camicie nere furono finanziate dalla Standard Oil» - «E il deputato socialista si apprestava a denunciare quello scandalo»

Quello che vi raccontiamo è un intricato giallo storico alla cui soluzione lavorano da anni storici e ricercatori e il cui epilogo susciterà polemiche. Ma, al termine di questa inchiesta, possiamo dire che esistono ragionevoli motivi, costruiti su prove documentali, per ritenere che Mussolini ordinò l’uccisione di Giacomo Matteotti (il 10 giugno 1924) perché aveva scoperto il giro di tangenti versate al Duce dalla compagnia petrolifera americana Standard Oil. Ed emerge, sempre da prove documentali, che Mussolini accumulò una fortuna all’estero prima e durante la guerra.

La nostra ricerca è partita dal libro Ciano, l’ombra di Mussolini, del giornalista americano Ray Moseley, corrispondente da Londra del Chicago Tribune. A pagina 205, l’autore scrive: «Alcuni documenti conservati nell’Archivio nazionale degli Stati Uniti hanno rivelato che Galeazzo Ciano aveva nascosto milioni di pesos in Argentina e, assieme a Mussolini, aveva depositato segretamente altri fondi in Svizzera». A Oggi, Moseley spiegò che conosceva l’esistenza dei documenti che costituivano la prova di questa verità, ma che non li aveva mai visti e non era riuscito a entrarne in possesso.

A quel punto, l’unica strada era quella di estendere le ricerche a New York. In sintonia con il World Jewish Council, alla fine siamo riusciti a ottenere le fotocopie delle carte più significative dei servizi segreti americani, di cui s’era già parlato anni fa, e che pubblichiamo per la prima volta in esclusiva. Si tratta di materiale cartaceo, sotto il titolo Flight of Italian Capital (Mussolini), la cui attendibilità è indiscutibile.

Il Duce, sostengono gli americani, costituì una fortuna all’estero, ma non ebbe modo di utilizzarla né poterono farlo i suoi discendenti. Verrebbe a cadere, così, una delle apologie che il postfascismo ha sempre coltivato: Mussolini, fucilato a Dongo e poi appeso a testa in giù in piazzale Loreto, morì povero, tanto che dalle sue tasche non cadde neppure un centesimo. La verità, secondo gli americani, sarebbe invece un’altra: il Duce avrebbe accantonato enormi somme di denaro provenienti da una colossale «Tangentopoli nera», durata tutto il ventennio, che avrebbe visto protagonisti, assieme a lui, nomi altisonanti della gerarchia fascista, della nobiltà nera e persino di Casa Savoia: da re Vittorio Emanuele III, che avrebbe nascosto la bellezza di 1.638 miliardi (valore di oggi), a gerarchi come Grandi, Farinacci e Marinotti.

http://dariosulpizio.altervista.org/art0424.asp.htm



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 Oggetto del messaggio: Re: Omicidi e Morti misteriose
MessaggioInviato: 24/09/2015, 13:20 
Beh non c'è un solo dittatore che nel periodo di comando non metta da parte una fortuna personale, chi sostiene il contrario è solo un illuso.



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MessaggioInviato: 02/11/2015, 13:59 
Il delitto Pasolini: il movente esoterico
di Stefania Nicoletti

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«I destinati a essere morti ti insegnano
a non splendere. E tu splendi, invece.»
– Pier Paolo Pasolini, 1975 –


Quest’anno ricorre il 40° anniversario dell’omicidio di Pier Paolo Pasolini. Scelgo di pubblicare questo articolo proprio il 2 novembre, giorno della morte del grande intellettuale.

Nel 2008 scrissi un articolo dal titolo “Il delitto Pasolini. Siamo tutti in pericolo”: http://paolofranceschetti.blogspot.it/2 ... ti-in.html

Analizzai tutte le cose che non quadravano nella notte del delitto e nelle indagini della polizia: le prove inquinate, le bugie del reo confesso Pino Pelosi, la rapida chiusura del processo. Affrontai poi il movente e i mandanti, da rintracciare nelle ricerche che Pier Paolo Pasolini stava compiendo sull’Eni, su Eugenio Cefis e sulla morte di Enrico Mattei; ricerche che fece poi confluire nel romanzo “Petrolio” uscito postumo. Ricerche che gli sono costate la vita.

Ma, come ben sa chi legge questo blog, spesso il movente del delitto di un personaggio scomodo non è uno solo, ma sono più moventi insieme, che non si escludono a vicenda ma anzi sono complementari, come sono complementari gli interessi e le entità che vogliono la morte di un determinato personaggio inviso al sistema. Nel caso di Pasolini, uno dei moventi è quello che scrissi in quell’articolo, ma non è l’unico. Ce n’è uno più occulto ed esoterico, che però riguarda sempre le organizzazioni di potere di cui ci occupiamo sul blog.

In questo articolo analizzerò le novità degli ultimi anni, e infine cercherò di spiegare qual è – a mio parere – la ragione più occulta per cui è stato ucciso Pasolini, oltre al movente già illustrato nel 2008.

1. Le novità investigative e processuali

Ma procediamo con ordine e cominciamo dagli aggiornamenti.

In questi 7 anni e mezzo, dalla data della pubblicazione del mio primo articolo su Pasolini, sono successe tante cose. Sono state annunciate svolte nelle indagini, sono emersi ulteriori particolari interessanti, sono usciti libri e film.

Nel 2009 è uscito per Chiarelettere il libro “Profondo nero” di Giuseppe Lo Bianco e Sandra Rizza, che porta avanti la tesi Eni-Cefis-Mattei e che contiene anche un’intervista a Pino Pelosi. A questa pista ha dato risalto, tra gli altri, anche il Blog di Beppe Grillo. In questi anni si è diffusa e finalmente ora se ne parla, molto più che nel periodo in cui scrissi il primo articolo. All’epoca infatti era ancora un argomento di nicchia, mentre invece dal 2008 in poi, pian piano, se ne parlò sempre di più.

Nell’agosto 2012 esce la sentenza della Corte d’assise di Palermo sulla scomparsa del giornalista Mauro De Mauro, ucciso nel 1970 perché stava indagando sulla morte di Enrico Mattei. E stavolta non si tratta di teorie del complotto, ma è proprio la sentenza a dirlo. Dopo oltre 40 anni, certo... ma meglio tardi che mai.

Queste le parole dei giudici: “La causa scatenante della decisione di procedere senza indugio al sequestro e all’uccisione di Mauro De Mauro fu costituita dal pericolo incombente che egli stesse per divulgare quanto aveva scoperto sulla natura dolosa delle cause dell’incidente aereo di Bascapè, violando un segreto fino ad allora rimasto impenetrabile e così mettendo a repentaglio l’impunità degli influenti personaggi che avevano ordito il complotto ai danni di Enrico Mattei, oltre a innescare una serie di effetti a catena di devastante impatto sugli equilibri politici e sull’immagine stessa delle istituzioni”. http://palermo.repubblica.it/cronaca/20 ... -40542417/

Mauro De Mauro stava collaborando con il regista Francesco Rosi per il film “Il caso Mattei” e scomparve nel nulla poco prima dell’incontro previsto con Rosi. Cinque anni più tardi, Pier Paolo Pasolini stava indagando sulla stessa pista e aveva scoperto le stesse cose, venendo in possesso di documenti riservati su Eugenio Cefis; e fece la stessa fine di De Mauro.

Nel dicembre 2013 escono articoli di giornale che parlano di “svolta” nell’inchiesta per il delitto Pasolini. Dopo 38 anni gli inquirenti si accorgono che forse c’è qualcosa che non va nella versione ufficiale e riaprono le indagini. La notizia è che ci sono dei sospetti sui complici di Pino Pelosi: sono stati trovati degli elementi che confermerebbero che a partecipare all’omicidio sarebbero state più persone. Sono stati ascoltati 120 testimoni, di cui molti non erano mai stati sentiti in precedenza: http://www.iltempo.it/cronache/2013/12/ ... -1.1194818

Nell’articolo del Tempo – ma anche in altri che riportano la notizia – viene rimarcato più volte che i testimoni sono proprio 120. Addirittura nelle prime righe viene ripetuto per ben tre volte. Quando lessi l’articolo, questo particolare mi suonò strano, perché avrebbero anche potuto scrivere “un centinaio” oppure “oltre cento testimoni”. Quel 120 così preciso mi ha ricordato il titolo “Salò o le 120 giornate di Sodoma”, film che Pasolini aveva ultimato pochi giorni prima di essere ucciso. È probabile che in questo articolo e nell’intera operazione sia celato qualche messaggio, dato che è proprio nel film in questione che si può trovare uno dei moventi dell’omicidio. In “Salò”, Pasolini aveva raccontato ciò che accade all’interno delle organizzazioni che detengono il potere. Ma questo lo approfondiremo più avanti.

Tornando alla notizia, oltre ai testimoni sentiti e alle indagini sui complici, nello stesso articolo si parla di “reperti esaminati in passato e ora recuperati dagli investigatori, per avviare nuove analisi utilizzando tecniche scientifiche che precedentemente non esistevano”. Non so di quali reperti si tratti, dato che risulta che all’epoca dei fatti venne cancellato o manomesso tutto ciò che poteva essere utile alle indagini. Non venne recintato il luogo del delitto, le prove e le tracce vennero cancellate, l’auto di Pasolini venne lasciata incustodita, in modo che chiunque avrebbero potuto mettere o togliere indizi. Dunque non si capisce quali “reperti” siano ancora validi e possano essere analizzati scientificamente.

Un anno dopo, nel dicembre 2014, si parla ancora di “svolta” nelle indagini: le analisi del DNA sugli abiti di Pasolini rilevano tracce di altre persone. Dalle macchie di sangue è stato estratto il codice genetico di altri possibili sospettati, complici quindi di Pelosi: http://messaggeroveneto.gelocal.it/pord ... 1.10413653

Ma due mesi dopo, nel febbraio 2015, arriva subito un’altra notizia: il test del DNA non risolve il caso, perché il materiale biologico “non è attribuibile”: http://messaggeroveneto.gelocal.it/udin ... 1.10817729

Sui vestiti di Pasolini sono state trovate tracce di 5 DNA diversi. Ma per gli inquirenti, dopo le analisi, questi DNA non sono attribuibili a nessuno, né collocabili temporalmente. I magistrati hanno consegnato al gip la richiesta di archiviazione. E dunque l’inchiesta sul delitto Pasolini, riaperta nel 2010, dopo tutti questi annunci di presunte “svolte”, viene di nuovo archiviata.

Ma nel 2014, quando l’inchiesta è ancora aperta, Pino Pelosi continua a fare dichiarazioni e viene convocato dalla Procura di Roma per essere interrogato di nuovo. http://www.affaritaliani.it/roma/pasoli ... 22014.html

Queste sono alcune delle sue affermazioni:

“Quella notte all’idroscalo c’erano tre automobili, una motocicletta e almeno sei persone, ma non sono in grado di dire chi fossero. Oltre all’Alfa GT di Pasolini, c’era una Fiat 1300 e un’altra Alfa identica a quella di Pier Paolo”.

“Era buio pesto e ho visto arrivare sul posto due automobili e una motocicletta. C’erano almeno sei persone e due individui hanno trascinato Pier Paolo fuori dall’abitacolo. In un primo momento sono riuscito ad allontanarmi, fuggendo. Da dove mi trovavo sentivo Pier Paolo gridare e chiedere aiuto, ma nulla di più”.

“Sotto al tappetino dell’automobile di Pier Paolo, c’erano 3 o 4 milioni di lire. Denaro che non venne ritrovato insieme alla vettura”.

“L’esame del radiale dell’Alfa di Pasolini, che avrebbe dovuto investirlo e schiacciarlo quando era già a terra, uccidendolo, non è stato mai effettuato”.

Il pubblico ministero Francesco Minisci gli domanda di chiarire alcuni aspetti relativi al possesso – all’epoca dei fatti – di una Fiat 850 Coupé. Automobile che, a detta di un testimone, sarebbe stata rubata e poi fatta circolare con targhe “buone”. E Pelosi risponde: “Dovrebbero andare a bussare alla porta della cugina di Pasolini, Graziella Chiarcossi, che denunciò il furto della macchina del regista, poi ritrovata a Fiumicino, e a quella di Ninetto Davoli che, a distanza di anni dai tragici eventi, fece distruggere l’Alfa GT del regista”.

In effetti l’auto di Pasolini è stata demolita da Ninetto Davoli nel 1987, come risulta anche alla motorizzazione di Roma.

Queste di Pelosi sono dichiarazioni importanti, che andrebbero quantomeno approfondite. Ma l’inchiesta, come abbiamo già visto, è stata archiviata.

2. I film, tra verità e depistaggi

Intanto, nel settembre 2014, esce il tanto atteso film “Pasolini” di Abel Ferrara, pubblicizzato come “film verità” sull’ultimo giorno di vita e sull’omicidio, con promesse di rivelazioni clamorose. Il regista americano dichiara alla stampa di conoscere la verità sul delitto Pasolini e di rivelare il vero autore dell’omicidio, con tanto di nome e cognome.

Promesse assolutamente disattese: infatti nel film non solo non viene fatto il nome del vero assassino, ma viene messa in atto una vera e propria azione di depistaggio. Nelle scene finali viene ricostruita la notte dell’omicidio. Secondo Abel Ferrara, a uccidere Pasolini non è stato Pelosi – e fin qui va bene – ma un gruppo di sbandati che lo ammazzano perché è ricco e vogliono derubarlo, e perché è omosessuale. Per tutta la sua durata, il film fa credere di voler dare un’ipotesi alternativa sulla dinamica dell’omicidio e sugli esecutori, citando anche brani del romanzo “Petrolio”. Si arriva alla fine del film con tante attese e speranze... E in effetti l’ipotesi alternativa viene data, ma essa è ancora più depistante di quella ufficiale.

Esiste invece un altro film, pronto già nel 2012 ma che non è mai riuscito a trovare una distribuzione. Si intitola “Pasolini, la verità nascosta” e il regista è Federico Bruno, che ha ricostruito l’ultimo anno di vita di Pasolini: la stesura del libro “Petrolio” e i capitoli mancanti sull’Eni e sul delitto Mattei, la preparazione del film “Salò” e il furto delle bobine di negativo, le ultime interviste alla tv francese e a Furio Colombo. Il film smentisce la tesi ufficiale, portando nuove inedite informazioni. E lo fa davvero, non come quello di Ferrara. Per questo motivo, il film di Federico Bruno è stato boicottato e non distribuito in Italia, rifiutato da tutti, anche dai parenti di Pasolini; mentre invece il film depistante di Abel Ferrara è stato finanziato dallo Stato, appoggiato dagli eredi di Pasolini, e persino presentato in concorso al 71° Festival del Cinema di Venezia.

Negli ultimi mesi è stato annunciato un altro film, che uscirà a febbraio 2016: “La macchinazione” di David Grieco, amico e collaboratore di Pasolini, e anche autore della memoria civile al processo Pelosi. Nel suo film racconterà gli ultimi tre mesi di vita di Pasolini.

In alcune interviste, Grieco afferma che Pasolini è stato ucciso dall’organizzazione che ha compiuto tutte le stragi italiane (che lo stesso Pasolini aveva denunciato nel suo celebre “Io so” e in altri articoli) e messo in atto la strategia della tensione, servendosi di uomini dei servizi segreti e di Gladio: http://ilpiccolo.gelocal.it/tempo-liber ... 1.11740830

Queste è uno stralcio dell’intervista al Piccolo:

“Pasolini è stato ammazzato da quelli che hanno fatto tutto quello che è stato fatto dal ’69 in poi in questo paese: le stragi, la strategia della tensione, gli omicidi politici, le bombe sui treni, la stazione di Bologna, piazza della loggia, eccetera. L’organizzazione era molto vasta e quindi non parlo materialmente delle stesse persone. È un’organizzazione che nasce all’alba della Liberazione, quando gli americani arrivano in Italia, l’esercito tedesco è in rotta e loro già stanno pensando a come fronteggiare il nemico sovietico. Si crea uno Stay Behind che in Italia si chiama Gladio, organizzazione clandestina ma fino a un certo punto perchè in America è pienamente nota ed è presente in tutti i rapporti della Cia al congresso americano. Serve a fare qualsiasi cosa purché il comunismo non si espanda e non prenda piede nella parte occidentale o meridionale d’Europa. Qualunque mezzo è lecito”.

Leggendo queste dichiarazioni, mi sono chiesta: come mai David Grieco, amico storico di Pasolini, parla pubblicamente solo adesso? Come mai non l’ha detto prima, anziché aspettare 40 anni? Forse è il segno che “qualcuno” ha deciso che certe verità devono emergere in questo momento storico.

Oltre al film che sta realizzando, Grieco ha pubblicato anche un libro: “La macchinazione. Pasolini, la verità sulla morte”, uscito da poche settimane, edito da Rizzoli.

Ma la particolarità è che David Grieco fu tra i primi a raggiungere il luogo in cui fu trovato il corpo senza vita di Pasolini, insieme al medico legale Faustino Durante. Anche se risultava, come ho scritto nell’articolo del 2008, che sul luogo del delitto non fosse mai stato convocato un medico legale.

Inoltre Grieco è stato il compagno di Bruna Durante, figlia del medico legale. Il giornalista e regista racconta che fu proprio la sua compagna, la mattina del 2 novembre 1975, a dargli la notizia della morte di Pasolini. Grieco si precipitò così a Ostia, dopo aver telefonato a Faustino Durante.

3. La simbologia e il contrappasso

Un aspetto che non affrontai nell’articolo del 2008 è quello simbolico.

A mio parere, nella scelta del luogo e nella modalità dell’omicidio, è stata applicata più volte la legge del contrappasso.

L’idroscalo è un aeroporto (per gli idrovolanti). Pasolini stava indagando e aveva scoperto la verità sull’omicidio di Enrico Mattei, morto in un incidente aereo. Abbiamo quindi il contrappasso per analogia.

Anche nella messa in scena del movente sessuale possiamo trovare un contrappasso: l’hanno ammazzato nei luoghi degradati e negli ambienti violenti che aveva sempre descritto nelle sue opere. Le borgate, i ragazzi di vita, l’omosessualità... Da un lato era un ottimo modo per avere una rapida risoluzione del caso e per poi continuare ad infangarne la memoria, dall’altro fu un omicidio per analogia: ti facciamo morire come uno dei tuoi personaggi. Stessi luoghi, stesse persone, stesse modalità.

Alla fine del 2013 è stata annunciata la pubblicazione di una sceneggiatura cinematografica del 1959 rimasta finora inedita, dal titolo “La Nebbiosa”, in cui Pasolini aveva descritto un omicidio uguale al suo: un gruppo di teppisti sequestra un omosessuale, lo conduce in uno spiazzo deserto e lo picchia a sangue fino alla morte. I giornali parlano di “visione profetica”, scrivendo che Pasolini “sapeva come sarebbe morto” e che “ha anticipato lo scenario” del suo omicidio: http://www.dagospia.com/rubrica-2/media ... -69193.htm

In realtà, non è che sapeva come sarebbe morto, e nemmeno ha anticipato o profetizzato la sua morte, come viene detto. Invece è il contrario: l’hanno ucciso come il personaggio di questa sua opera inedita ora pubblicata. E anche qui possiamo quindi trovare la legge del contrappasso. È la stessa operazione che fecero con Rino Gaetano e la sua canzone “La ballata di Renzo”, e infatti anche nel caso di Rino Gaetano si disse che aveva profetizzato la sua morte molti anni prima, quando invece fu il contrario: lo uccisero come in quella sua canzone.

L’articolo di Libero riportato da Dagospia si chiude così: “Fino all’epilogo: l’alba è vicina e i ragazzi caricano in macchina un omosessuale, lo portano in uno spiazzo isolato, lo spogliano e lo massacrano a sangue. Una scena che sconvolge perché ricorda molto da vicino proprio le modalità con cui Pasolini verrà ucciso nel 1975 al Lido di Ostia. Talmente da vicino che, se stessimo scrivendo un giallo e non un articolo, potremmo ipotizzare che chi ha ucciso Pasolini avesse letto il copione e avesse tutto l’interesse a farlo scomparire. Quasi che La Nebbiosa potesse contenere quei segreti sulla morte dello scrittore che nemmeno la magistratura è mai riuscita del tutto a chiarire...”


4. Il film “Salò” e il movente esoterico del delitto Pasolini

“Salò o le 120 giornate di Sodoma” è l’ultimo film di Pier Paolo Pasolini. Uscì postumo due mesi dopo la sua morte. Il regista terminò il montaggio proprio il giorno prima di essere ucciso.

Questo film è legato a doppio filo all’omicidio di Pasolini, per diversi motivi.

È noto l’episodio delle pizze di “Salò” rubate alla Technicolor: unico caso nella storia del cinema di furto di bobine con richiesta di riscatto (due miliardi di lire). Pasolini si rifiutò di pagare: disse al produttore che avrebbe ricavato un negativo da un positivo e che avrebbe fatto a meno degli originali. Poco dopo un personaggio oscuro della malavita romana – si dice che fosse un esponente della Banda della Magliana – andò dal regista Sergio Citti e gli disse di essere in possesso delle pellicole e di poterle restituire anche gratis se avesse organizzato un incontro con Pasolini. Fu lo stesso Citti, amico e collaboratore di Pasolini, a raccontare l’episodio nel 2005, dichiarando anche di non essere mai stato chiamato a testimoniare (ma invece, secondo il regista Federico Bruno, Citti è stato ascoltato dagli inquirenti).

Pasolini rifiutò l’incontro per la restituzione delle pizze, non fidandosi dell’ambiente da cui proveniva la proposta. Ma in un secondo momento accettò, convinto da Pino Pelosi, che conosceva da qualche mese. Pelosi fece quindi da esca – consapevole o meno – alla trappola tesa per portare Pasolini a Ostia e ucciderlo.


Il film “Salò” è ispirato al romanzo del Marchese De Sade “Le 120 giornate di Sodoma”, ma Pasolini colloca l’ambientazione tra il 1944 e il 1945, nel Nord Italia occupato dai nazi-fascisti durante la Repubblica Sociale Italiana (da cui il titolo “Salò”).

In una villa isolata, si riuniscono quattro rappresentanti del potere: il Duca, il Monsignore, l’Eccellenza (Giudice di Corte d’assise), e il Presidente (di una Banca). I quattro Signori fanno rapire decine di ragazzi e ragazze, e nella villa infliggono loro ogni tipo di violenza e tortura psicologica, fisica e sessuale. Con il passare del tempo, i giovani perdono la dignità umana e si abbandonano al loro destino, consegnano il proprio corpo e la propria anima ai Signori. Giunti quasi al termine delle 120 giornate, in cerca di una violenza sempre più intensa, i Signori decidono di passare alla forma più estrema di “piacere”: quello assassino, uccidendo la maggior parte dei ragazzi.

È un film scioccante, crudele, terribile. Ma è più di un film... Racconta la realtà. Una realtà che non si riferiva solo al periodo in cui è ambientato, ma che esisteva anche negli anni ’70 quando Pasolini ha scritto e girato il film, e che continua ad esistere anche oggi. Una realtà fatta di abusi atroci, di torture sessuali, di delitti rituali commessi da coloro che detengono il potere, i cosiddetti “insospettabili”, professionisti e persone rispettabili, i vertici del Sistema.

Nel 2011 abbiamo pubblicato in questo blog delle testimonianze di sopravvissuti a un sistema di abusi simili a quelli descritti da Pasolini nel film “Salò”. Qui potete leggere il documento: http://paolofranceschetti.blogspot.it/2 ... ze-di.html

I quattro Signori del film rappresentano i rami del potere: nobiliare, ecclesiastico, giudiziario, economico-bancario. Da notare che Pasolini non inserisce il potere politico, a mio parere per due motivi: primo, perché la politica è implicita nell’ambientazione scelta ed è comunque presente come sfondo; secondo, perché forse ha voluto dirci che il potere politico è al di sotto rispetto agli altri quattro poteri, e che sono loro che governano veramente (e che commettono questi crimini perversi). Infatti nel film i quattro potenti assoldano dei giovani repubblichini di leva e delle SS, e li incaricano di rapire i ragazzi e portarli alla villa. Le milizie nazi-fasciste rappresentano sia il potere militare (ma a livelli bassi... non sono generali o comunque ufficiali) sia quello politico, che è subordinato agli altri poteri: i quattro Signori si servono dei repubblichini per raggiungere i loro scopi.

Il film è suddiviso in quattro parti, che richiamano nel titolo la geografia dantesca dell’Inferno: Antinferno, Girone delle Manie, Girone della ********** e Girone del Sangue. Chi legge questo blog sa quanto sono importanti Dante e la Divina Commedia per le società segrete, sia quelle originarie che quelle deviate. Pasolini, che conosceva bene il sistema in cui viviamo, in questo film ha descritto proprio le organizzazioni massoniche ed esoteriche nere che compiono abusi e delitti rituali; e forse, con il richiamo all’Inferno, ha voluto darci un’ulteriore indicazione sulla natura di ciò che ha raccontato.

Un altro particolare che Pasolini ha preso dalla realtà è la modalità del rapimento. I giovani vengono scelti in base a determinate caratteristiche, e vengono strappati dalle proprie famiglie; ma talvolta sono invece i loro stessi familiari che li vendono. Inoltre prendono parte alle sevizie anche le figlie dei quattro personaggi, trattate come schiave.

Significativo anche il fatto che, secondo il regolamento della villa, “i più piccoli atti religiosi, da parte di qualunque soggetto, verranno puniti con la morte”. Nel film come nella realtà, infatti, all’interno di queste organizzazioni occulte viene osteggiato qualunque tipo di religiosità o di spiritualità autentica, per lasciare spazio invece a quella deviata. Chi “tradisce” il regolamento viene ucciso, come la ragazza a cui nel film viene tagliata la gola davanti a un altare religioso, e il corpo viene mostrato a tutto il gruppo come monito.

Insomma, ad una lettura attenta e profonda, si può capire come Pasolini abbia usato l’espediente dell’ambientazione durante l’occupazione nazi-fascista per raccontare una realtà molto più grande e attuale. Una realtà fatta di violenze e di abusi rituali, di delitti e di sacrifici umani. Una realtà che coinvolge i vertici del potere, ma che viene sistematicamente occultata. Qualcosa di molto pericoloso che non avrebbe dovuto raccontare e che ha pagato con la vita.

C’è una battuta molto eloquente che viene pronunciata dal Duca quando “accoglie” le giovani vittime nella sua villa:

“Deboli creature incatenate, destinate al nostro piacere, spero non vi siate illuse di trovare qui la ridicola libertà concessa dal mondo esterno. Siete fuori dai confini di ogni legalità. Nessuno sulla terra sa che voi siete qui. Per tutto quanto riguarda il mondo, voi siete già morti.”

Esprime perfettamente quello che succede davvero all’interno delle organizzazioni di potenti che commettono abusi e delitti come quelli narrati.

Nella sua ultima intervista televisiva, concessa a una tv francese il 31 ottobre 1975 (due giorni prima della morte), in occasione dell’uscita del film, Pasolini affermò: “Il cannibalismo? In certi ambienti è un fatto politico reale, in certi ambienti è un fatto politico metaforico”.

Guarda su youtube.com


A mio parere, il film “Salò o le 120 giornate di Sodoma” e la realtà in esso descritta sono il movente esoterico del delitto Pasolini.

E non è un caso che Pasolini sia stato adescato all’Idroscalo proprio con la scusa della consegna delle bobine rubate. Torniamo alla legge del contrappasso: era colpevole di aver rivelato la verità nel film “Salò”, e l’hanno ucciso utilizzando proprio la vicenda delle copie di “Salò”. Un contrappasso e allo stesso tempo una firma.

Una firma, quella della Rosa Rossa, che ritroviamo sul luogo del delitto, quasi a volerlo suggellare in modo definitivo. Nel 2005 è stato inaugurato un monumento dedicato a Pasolini a Ostia, proprio nel luogo esatto dove è stato ucciso. È stato realizzato dallo scultore Mario Rosati.

Il movente esoterico, però, non esclude la validità dell’altro movente, quello della pista Eni-Cefis-Mattei. I due moventi non si escludono a vicenda, ma anzi si completano. Si tratta solo di due livelli di lettura diversi, ma coesistenti.

Anche perché i gruppi di potere che hanno voluto la sua morte per il romanzo “Petrolio” sono gli stessi che hanno voluto la sua morte per il film “Salò”. Si tratta degli stessi personaggi, delle stesse organizzazioni, degli stessi poteri occulti. E molti di loro sono tra quelli che oggi, a 40 anni dalla sua morte, si riempiono la bocca con il suo nome e partecipano alle celebrazioni in suo onore.

«La morte non è nel non poter comunicare,
ma nel non poter più essere compresi»
– Pier Paolo Pasolini –


Con la speranza di avergli restituito un po’ di quella Verità che tanto amava, vorrei dedicare a Pier Paolo questa stupenda poesia scritta per lui da Alekos Panagulis nel dicembre 1975.

Pochi mesi dopo, anche Alekos fu ucciso perché scomodo al potere. Era amico di Pasolini ed era il compagno di Oriana Fallaci, anche lei molto amica di Pier Paolo, l’unica a indagare seriamente sull’omicidio di Ostia già nelle settimane successive, scrivendo diversi articoli in cui presentava una versione alternativa a quella ufficiale.

http://paolofranceschetti.blogspot.ch/2 ... schetti%29



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MessaggioInviato: 05/02/2016, 09:54 
Uhm... [:291]

Giulio ucciso in Egitto, nuovo mistero: ecco cosa faceva sotto anonimato

Giulio Regeni, il ragazzo trovato morto al Cairo, in Egitto, scriveva articoli con uno pseudonimo, su il Manifesto. Secondo quanto riporta l'Huffingtonpost, il giovane dottorando alla Cambridge University con una laurea conseguita a Oxford, aveva una forte passione per il Medio Oriente e sul quotidiano, da qualche mese, scriveva articoli sul mondo del lavoro e sui sindacati egiziani. Proprio la scelta di redigere articoli senza usare il suo vero nome era stata dettata "da motivi di incolumità e sicurezza, probabilmente anche per proteggere le sue fonti".

Intanto la procura di Roma ha aperto un fascicolo per omicidio, a carico di ignoti e il premier Matteo Renzi ha sentito il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi per chiedere il corpo di Giulio e il pieno accesso ai nostri rappresentanti per seguire da vicino, nel quadro dei rapporti di amicizia che legano Italia ed Egitto, tutti gli sviluppi delle indagini per trovare i responsabili di questo orribile crimine ed assicurarli alla giustizia.

http://www.liberoquotidiano.it/news/ita ... festo.html



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 Oggetto del messaggio: Re: Omicidi e Morti misteriose
MessaggioInviato: 05/02/2016, 10:08 
Atlanticus81 ha scritto:
Uhm... [:291]

Giulio ucciso in Egitto, nuovo mistero: ecco cosa faceva sotto anonimato

Giulio Regeni, il ragazzo trovato morto al Cairo, in Egitto, scriveva articoli con uno pseudonimo, su il Manifesto. Secondo quanto riporta l'Huffingtonpost, il giovane dottorando alla Cambridge University con una laurea conseguita a Oxford, aveva una forte passione per il Medio Oriente e sul quotidiano, da qualche mese, scriveva articoli sul mondo del lavoro e sui sindacati egiziani. Proprio la scelta di redigere articoli senza usare il suo vero nome era stata dettata "da motivi di incolumità e sicurezza, probabilmente anche per proteggere le sue fonti".

Intanto la procura di Roma ha aperto un fascicolo per omicidio, a carico di ignoti e il premier Matteo Renzi ha sentito il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi per chiedere il corpo di Giulio e il pieno accesso ai nostri rappresentanti per seguire da vicino, nel quadro dei rapporti di amicizia che legano Italia ed Egitto, tutti gli sviluppi delle indagini per trovare i responsabili di questo orribile crimine ed assicurarli alla giustizia.

http://www.liberoquotidiano.it/news/ita ... festo.html



sta cosa mi fa ridere..
rnzi e renziani tuonano
"vogliamo la verità..!!"
hanno IMBOSCATO L'OMICIDIO CUCCHI IN ITALIA
ma vogliono la verità per il morto ammazzato in egitto..
RIDICOLI..



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Conte ripercorre le tappe della crisi: «Vorrei ricordare che con la parlamentarizzazione della crisi la Lega ha poi formalmente ritirato la mozione di sfiducia, ha dimostrato di voler proseguire, sono stato io che ho detto “assolutamente no”perché per me quell’esperienza politica era chiusa».


http://www.lefigaro.fr/international/mi ... e-20190923
il stipule que les États membres qui souscrivent à ce dispositif de relocalisation des personnes débarquées en Italie et à Malte s’engagent pour une durée limitée à six mois - éventuellement renouvelable. Le mécanisme de répartition serait ainsi révocable à tout moment au cas où l’afflux de migrants vers les ports d’Italie et de Malte devait s’emballer.
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MessaggioInviato: 05/02/2016, 10:10 
A questo è andata semplicemente peggio rispetto alle due idiote che andarono in Siria. Ci vuole culo nella vita.



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 Oggetto del messaggio: Re: Omicidi e Morti misteriose
MessaggioInviato: 05/02/2016, 10:58 
si ma non ho ancora capito
se questo è finito per sbaglio in una retata
della polizia

o lo tenevano di mira
e sono andati (la polizia) a prenderlo a casa apposta..

questo mi sfugge ancora..



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 Oggetto del messaggio: Re: Omicidi e Morti misteriose
MessaggioInviato: 10/06/2016, 01:32 
Cita:


parla IL rettore di trieste
Caso Regeni, l’inspiegabile silenzio dei docenti di Cambridge

Dalla teoria cospirativa dei servizi segreti al “guai a chi tocca l’Accademia”. Il no dei professori di Cambridge alla richiesta degli inquirenti italiani di avere informazioni sulla loro corrispondenza con Giulio Regeni, ha sollevato molte reazioni. Forse la più chiara è quella costernata, di fronte a un silenzio inspiegabile, del rettore di Trieste, Maurizio Fermeglia, che ogni anno manda all’estero decine di studenti.

Perché il silenzio? Perché non contribuire concretamente a quella richiesta che non è solo uno slogan, invocata dagli stessi professori di Cambridge: verità per Giulio Regeni. Mandanti e assassini sono nascosti nel regime egiziano, quello sì omertoso. Ma chiunque sappia qualcosa di possibilmente utile ha il dovere di aiutare. «Quando mandiamo all’estero un nostro dottorando in ricerca abbiamo sempre una procedura da rispettare: ci deve essere un accordo fra il supervisore che ha mandato lo studente e quello che lo ospita», dice il professor Maurizio Fermeglia, dal 2013 Magnifico rettore dell’Università di Trieste. «Io ancora non ho ben capito se per Giulio ci fosse un riferimento scientifico che si occupasse di lui all’American University del Cairo».

Fermeglia è un ingegnere chimico e insegna nanotecnologia. Ma da rettore ha mandato centinaia di studenti di discipline diverse in giro per il mondo. E comunque la disciplina non fa differenza. «Se mando in Germania uno studente in nanotecnologie – spiega Fermeglia – mi aspetto che in laboratorio il supervisor di quel paese gli spieghi dov’è la nitroglicerina e gli chiarisca i casi estremi in cui può essere usata. Il laboratorio di Giulio era il Cairo: gli è stato spiegato con cura dov’era la nitroglicerina al Cairo? Se non lo hanno fatto, perché?»

Lei ha una risposta?
Forse a qualcuno conveniva che Giulio sapesse poco dei pericoli della sua indagine. Hanno cercato di utilizzare la curiosità che ha sempre uno studente di quell’età sul campo. Hanno abusato dell’esuberanza giovanile. Conosco bene questa esuberanza fra i miei studenti: Giulio era di questi luoghi e aveva fatto il Liceo a Trieste.

Forse nessuno poteva immaginare che Giulio potesse fare quella fine
No, ma era noto che il Cairo fosse un luogo pericoloso. Non sono tornato in Egitto nell’epoca del presidente al Sisi, ma ci sono stato negli anni di Mubarak e dei Fratelli musulmani. Tutti mi dicevano di stare attento con chi parlavo per strada perché la città era piena d’informatori. Il compito di Giulio era proprio di andare a intervistare la gente per strada, ovunque.

Secondo lei per quale ragione un’università prestigiosa come Cambridge si è rifiutata di aiutare i nostri inquirenti?
Non c’è nessuna ragione plausibile nel non rispondere al procuratore di un paese amico che chiede informazioni su un caso di questo tipo. Io come rettore non avrei esitazioni. A meno che non sia il mio ministro degli Interni che mi chiede di non farlo, invocando il segreto di Stato. Ma non mi sembra questo il caso.

I dinieghi dei professori inglesi di Giulio sollevano fatalmente inquietanti sospetti. È possibile che Giulio conducesse indagini segrete?
Per quella che è la mia competenza no: i dottorandi hanno bisogno dell’evidenza pubblica della loro ricerca, questo è fondamentale. A meno che non ci siano di mezzo segreti industriali. Ma Giulio non si occupava di nanotecnologia.

E dunque?
Torniamo alla leggerezza dei supervisori inglesi di Giulio. L’aveva un interlocutore al Cairo come prevede ogni parametro universitario o era abbandonato a se stesso? È questo che non ho ancora capito dopo tanti mesi. Temo che in modo molto opportunistico sia stata creata una zona grigia per utilizzare le curiosità di Giulio.

Dopo la morte di Giulio le due docenti che lo seguivano da Cambridge avevano diffuso una petizione. Lei l’ha firmata?
No, come tanti altri docenti italiani.

Perché?
C’erano solo cinque o sei righe dedicate a Giulio. Tutto il resto era un documento politico contro al Sisi. Personalmente lo condividevo anche, ma mi è sembrato che non fosse quello il caso, che occorresse concentrarsi su ciò che era accaduto a Giulio. Anche in quell’occasione avevano pensato più alla loro causa politica che alla tragedia del loro studente.




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 Oggetto del messaggio: Re: Omicidi e Morti misteriose
MessaggioInviato: 19/10/2016, 22:18 
Cita:

La denuncia
Ufo, la misteriosa morte dell'uomo che denunciava i complotti: dove lo hanno trovato

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Aveva scritto un sms alla famiglia: "Se mi succede qualcosa, indagate". E dopo pochi giorni, il britannico Max Spiers è morto. È la misteriosa morte del 39enne esperto di Ufo e alieni, trovato morto su un divano in Polonia, dove si trovava per una conferenza su extraterrestri e complotti. E ora, ovviamente, quegli stessi complottisti si interrogano sulla sua fine visto che il decesso è stato archiviato come "cause naturali" pur senza alcun esame post-mortem sul cadavere.

Questo è quanto sostiene la madre dell'uomo, la 63enne Vanessa Bates, secondo cui la morte del figlio sarebbe da ricondurre alla volontà del governo inglese di coprire ogni fuga di notizia sugli Ufo. "Si stava facendo un nome tra i teorici della cospirazione - ha spiegato a KMTV - ed era stato invitato a parlare ad una conferenza in Polonia nel mese di luglio. Era in compagnia di una donna che non conosceva da molto ed è stata proprio lei ad avvisarmi di averlo trovato morto sul divano. Ma credo che Max abbia scavato troppo a fondo su alcuni argomenti e qualcuno lo volesse morto". "Max era un uomo molto in forma - continua la donna -, era in buona salute, eppure a quanto pare è morto improvvisamente su un divano. Tutto quello che ho è un certificato di morte per cause naturali da parte delle autorità polacche, ma non è stato effettuato nessun esame post mortem, quindi come si può stabilire?".



http://www.liberoquotidiano.it/news/est ... estri.html


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 Oggetto del messaggio: Re: Omicidi e Morti misteriose
MessaggioInviato: 20/10/2016, 22:11 
Ma come può definire una morte di un trentanovenne per "cause naturali"??
C'è decisamente sotto qualcosa di losco sotto... E ovviamente finirà tutto nel dimenticatoio.



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 Oggetto del messaggio: Re: Omicidi e Morti misteriose
MessaggioInviato: 20/10/2016, 22:53 
Di morte naturale si muore anche sotto i ventanni. Ma almeno una autopsia per scoprire la causa la si fà.



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