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MessaggioInviato: 17/12/2009, 13:42 
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Sta a noi lettori, cercare di comprendere la realtà dei fatti.

Tu ti sei fatto un'idea tua?
Per te il riscaldamento c'è o non c'è?
E' dovuto all'uomo o no?



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MessaggioInviato: 17/12/2009, 21:48 
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Hunapu ha scritto:
Per te il riscaldamento c'è o non c'è?


Certo che c'è.

Cita:
E' dovuto all'uomo o no?


Secondo me NON è causato solo dall'uomo.
http://www.ufoforum.it/topic.asp?whichp ... Y_ID=71792



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"…stanno uscendo allo scoperto ora, amano annunciare cosa stanno per fare, adorano la paura che esso può creare. E’ come la bassa modulazione nel ruggito di una tigre che paralizza la vittima prima del colpo. Inoltre, la paura nei cuori delle masse risuona come un dolce inno per il loro signore". (Capire la propaganda, R. Winfield)

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MessaggioInviato: 20/12/2009, 17:55 
Filippine, il vulcano Mayon sta per eruttare

Le autorità filippine hanno ordinato, a partire da domani, l'evacuazione di 20-30 mila persone che vivono nelle vicinanze del Mayon (6-8 chilometri), il vulcano più attivo del Paese. Secondo le previsioni degli esperti vi è un grave rischio di eruzione nelle prossime settimane.
Per scappare dalla furia del vulcano Mayon, decine di persone sono fuggite a piedi dalle loro case, nelle Filippine orientali.
L’evacuazione dell’area è stata ordinata dopo l’allarme lanciato dai vulcanogi per la ripresa dell’attività del Mayon, dalla cui cima escono fiumi di lava e colonne di fumo. Joey Salceda, governatore della provincia di Albay, dove si trova il vulcano, ha aggiunto che è stata richiesta l'assistenza di esercito e polizia per scortare la popolazione nei rifugi.

IL MAYON

situato sull'isola di Luzon, famoso per la sua forma conica quasi perfetta, da lunedì ha iniziato ad eruttare lava e ceneri, che hanno raggiunto un'altezza di circa 100 metri, ha detto il vulcanologo Renato Solidum. «Il vulcano sta mostrando un aumento della sua attività - ha spiegato lo studioso - quindi abbiamo ritenuto necessario alzare l'allarme». Solidum ha aggiunto che il «materiale incandescente» fuoriuscito dal cratere è colato lungo il versante sud-est del vulcano. L'arcipelago delle Filippine sorge nell' «Anello del Fuoco», una catena di vulcani, che cingono l'Oceano Pacifico. L'ultima eruzione del Mayon, che negli ultimi 400 anni si è svegliato 50 volte, risale al 2006. La colata più grave è stata registrata nel 1841, quando la lava seppellì un intero paese, uccidendo 1.200 persone.

Fonte
http://www.altrogiornale.org/news.php?extend.5652.7


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MessaggioInviato: 21/12/2009, 01:33 
Clima, chiuso il vertice. Il testo delude
Magro successo per Obama, rabbia delle Ong
20 dicembre, 12:53

Fonte: http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche ... 39370.html

di Elisabetta Guidobaldi

Il clima aspettava la svolta e invece è delusione. E la salute del pianeta sembra essere rimandata a data da destinarsi anche se per la prima volta c'é l' impegno americano e i leader del mondo si sono stretti intorno alla questione del riscaldamento globale. E' una fine con più ombre che luci questa della 15esima Conferenza delle Parti della Convenzione Onu sui cambiamenti climatici (Cop15) a Copenaghen. Un nome difficile per dire summit Onu sul clima. Il risultato di un lavoro mastodontico e di una partecipazione mai vista a queste Conferenze è un accordo minimo, in 12 punti, non vincolante né a livello politico né legale. Niente target di riduzione delle emissioni ma un punto qualificante c'é e sono le risorse per i paesi in via di sviluppo. Il presidente Usa, Barack Obama torna alla Casa Bianca con un magro successo, la Cina invece esulta. L'Europa mastica amaro ma dice sì al testo. Ong e ambientalisti sono arrabbiati. Sotto accusa finisce l'Onu: dal Parlamento europeo si chiede di "riformare il metodo di lavoro dell'Onu con urgenza". Ma i soldi, questa l'unica nota positiva, restano come impegno concreto e anche immediato. Le risorse 'fast' prevedono un fondo da 30 miliardi di dollari per il triennio 2010-2012 mentre entro il 2020 il fondo è da 100 miliardi di dollari l'anno. L'importante, dicono gli osservatori, è che questi fondi non si 'distraggano' dalla lotta alla povertà. Sul tappeto restano tante questioni aperte e nel 2010 si dovrà arrivare a un accordo vincolante.

Ecco la maratona del clima al vertice Onu a Copenaghen:

- MINI-ACCORDO: Dopo quasi 14 ore di fila la sessione Plenaria della Conferenza "prende nota" dell' 'Accordo di Copenaghen''. Si tratta di un documento che non viene votato con il consenso e quindi riguarda solo alcuni paesi, primi su tutti gli Usa che stringono un patto con Cina, India, Sudafrica e Brasile. Si aggrega a malincuore l'Europa ma per il presidente francese, Nicolas Sarkozy si tratta "del migliore accordo possibile oggi". "Se non ci fosse stato un accordo, due Paesi importanti come Cina e India sarebbero stati liberati da ogni tipo di contratto, così come gli Stati Uniti, che non figurano nel protocollo di Kyoto", ha spiegato il presidente. Dal canto suo il presidente americano, Barack Obama, aveva detto: "Accordo significativo ma non basta", rimanendo fermo sugli impegni Usa -17% di Co2 al 2020 rispetto ai livelli del 2005;

- PIANO IN 12 PUNTI: Dodici i punti dell' 'Accordo di Copenaghen'. Si fissa a 2 gradi l'aumento della temperatura media ma si elimina ogni riferimento al taglio del 50% al 2050 per tutti i paesi (qui la vittoria della Cina). Inoltre entro il 31 gennaio 2010 i paesi ricchi dovranno quantificare i tagli. Resta il capitolo fondi nella formulazione acquisita dall'inizio. E, come ultimo punto, si stabilisce la revisione e l'assestamento entro il 2015, incluso il nuovo obiettivo a 1,5 gradi per limitare il riscaldamento;

- ONU E PRESIDENZA DANESE: "Faremo di tutto perché l'accordo diventi legalmente vincolante entro il 2010", ha detto il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-Moon sottolineando che l'accordo è una "tappa essenziale". Per il capo negoziatore Onu e segretario esecutivo della Convenzione Onu (Unfccc), Yvo de Boer, "é stata una conferenza andata come sulle montagne russe" per raggiungere un accordo che di fatto é "solo una lettera di intenti, e questo significa che abbiamo ancora molto lavoro da fare". Per quanto riguarda la presidenza danese è stata molto criticata per le procedure adottate;

- RABBIA AMBIENTALISTI E ONG: Il giorno dell'Accordo è rabbia da parte delle maggiori associazioni ambientaliste. Legambiente parla di "occasione storica persa"; il Wwf di un testo "mezzo crudo dai contenuti poco chiari"; per Greenpeace si è passati "dall'accordo storico al fallimento storico";

- NUMERI DEL VERTICE: 13 giorni di fuoco, dal 7 al 19 dicembre con 21 ore e 28 minuti di ritardo rispetto all'orario inizialmente previsto (le 18 di venerdì); 193 i Paesi partecipanti, circa 120 capi di Stato e premier e 45.000 le richieste di accredito;

- CAOS E MANIFESTAZIONI: Il vertice Onu sul clima a Copenaghen verrà ricordato come il vertice che ha creato il caos ai cancelli con dieci ore di code, delle manifestazioni, una maxi-mobilitazione il sabato 12 dicembre, e dello schieramento da 'guerra' della polizia.

OBAMA DIFENDE L'ACCORDO

Il presidente Barack Obama ha detto oggi a Washington che l'accordo raggiunto a Copenaghen costituisce una "importante svolta" nella battaglia per combattere gli effetti del riscaldamento del pianeta. "Per la prima volta nella storia tutte le più importanti economie del pianeta si sono riunite per accettare la loro responsabilità nell'agire per affrontare la minaccia del mutamento del clima", ha detto Obama nella sua dichiarazione alla Casa Bianca. Il presidente Usa, che ha parlato in una capitale sepolta da una tempesta di neve, ha riconosciuto comunque che i negoziati in Danimarca sono stati duri. "Dopo negoziati estremamente difficili e complessi - ha detto il presidente Usa - questa svolta importante getterà le basi per le iniziative internazionali degli anni a venire".

ESPERTO IPCC, QUOTE TAGLI CO2 ENTRO 31 GENNAIO

La struttura dell'accordo di cui ha preso atto la Cop contiene due tabelle, più una terza, da riempire con le cifre relative alla quota di riduzione di emissioni di gas serra che i Paesi dovranno comunicare entro il 31 gennaio 2010. A dirlo all'ANSA l'esperto dell'Ipcc (Intergovernmental panel on climate change, cioè il panel di scienziati Onu che studiano i cambiamenti climatici), Riccardo Valentini, a proposito dell'accordo raggiunto al vertice delle Nazioni Unite sul clima a Copenaghen. La prima tabella, spiega Valentini, riguarda ''i Paesi industrializzati, in cui per esempio ricadono gli Stati Uniti, la seconda è per i Paesi non industrializzati, in cui rientra la Cina''. Mentre, ''la terza tabella fa riferimento agli sforzi finanziari che i Paesi dovranno compiere''.



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MessaggioInviato: 21/12/2009, 18:31 
Un punto di vista paradossale, fuori dal coro... non so. [:0]

http://straker-61.blogspot.com/2009/12/ ... mento.html


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MessaggioInviato: 21/12/2009, 20:20 
Scusate io non riesco a capire: da un lato si parla di riscaldamento globale, dall'altra gli ultimi inverni sono sempre più freddi. Pare che in questi giorni in America ci sia stata la tempesta di neve più violenta degli ultimi 80 anni L'Italia è sotto lan eve e c'è un gelo polare. Ci possiamo fidare degli studi e degli scienziati o basta uscirsene con la frase: non esistono più le mezze stagioni?



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MessaggioInviato: 21/12/2009, 21:34 
Cita:
Hannah ha scritto:

Scusate io non riesco a capire: da un lato si parla di riscaldamento globale, dall'altra gli ultimi inverni sono sempre più freddi. Pare che in questi giorni in America ci sia stata la tempesta di neve più violenta degli ultimi 80 anni L'Italia è sotto lan eve e c'è un gelo polare. Ci possiamo fidare degli studi e degli scienziati o basta uscirsene con la frase: non esistono più le mezze stagioni?


Gli inverni son sempre più freddi e sempre più corti, le estati son sempre più calde e sempre più lunghe. [:)]



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Indice "Tracce di UFO nella Letteratura"; topic.asp?TOPIC_ID=4630
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MessaggioInviato: 23/12/2009, 10:47 
Se si tiene conto di HAARP si capiscono molte cose, molte stranezze del clima, non tutto ma molto...

[:(]


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MessaggioInviato: 23/12/2009, 15:02 
accettabilitasociale.com

Immagine


accettabilitasociale.com è il sito di supporto al questionario di indagine sui fattori che hanno un ruolo importante sull'accettabilità sociale degli impianti per la produzione di energia da fonte non fossile.

accettabilità sociale: da numerosi sondaggi d'opinione emerge che la popolazione è generalmente favorevole allo sviluppo delle tecnologie rinnovabili. Nonostante ciò non sono rari i casi in cui progetti ed impianti a fonti rinnovabili sono stati duramente contrastati.

Il motivo di questo comportamento non si spiega solamente considerando una questione egoistica (fenomeno NIMBY) ma va ricercato in una serie di fattori che interessano la sfera della percezione della giustizia, della condivisione di costi e benefici sia economici che ambientali, nelle speranze attese e nella partecipazione al progetto da parte della popolazione.

Questionario: intervistando sia esperti del settore energetico sia cittadini (non operanti nel settore energetico), la presente ricerca desidera indagare quali siano i fattori ritenuti più importanti per favorire l'accettabilità sociale.

http://www.accettabilitasociale.com/

Tecnologie indagate

ST Solare termico
PV Solare fotovoltaico
SE Solar termodinamico
BS Biomassa solidi
BG Biomassa gas
BH Idroelettrico alta capacità
SH Mini - idroelettrico
BW Eolico alta capacità
SW Mini - eolico
CC CCS
NU Nucleare
WP Energia da moto ondoso
TE Termoelettrico tradizionale



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MessaggioInviato: 05/01/2010, 14:11 
Una notizia bomba (che non ci daranno mai…)
a cura di Vincenzo Zappalà

1 Gennaio 2010

Immagine

Fonte: http://www.astronomia.com/2010/01/01/un ... ranno-mai/

Recenti studi condotti presso il Dipartimento di Scienza della Terra dell’Università di Bristol hanno dimostrato, contrariamente a quanto ci viene gridato da tutte le parti, che il valore dell’anidride carbonica presente nell’atmosfera NON è variato assolutamente negli ultimi 150 anni.

Come tutti i climatologi seri sicuramente sanno, la maggior parte delle emissioni di CO2 derivanti dalle attività umane non rimangono nell’atmosfera, ma vengono assorbite dagli oceani e dagli ecosistemi terrestri. Solo il 45% rimane nell’aria ed influenza il clima. Molti illustri scienziati (ma sarà poi vero a questo punto?) hanno però dichiarato e imposto come assioma che gli oceani e le piante non riescono più a sostenere la quantità mostruosa di anidride carbonica prodotta dall’uomo e che quindi la nostra atmosfera si sta arricchendo sempre più di questo terribile gas, causando irrefrenabili variazioni climatologiche.

In effetti, e qui sta il bello, il vero pericolo che tutti i media ci prospettano è proprio questo aumento indiscriminato della CO2 libera nell’atmosfera. Ed hanno ragione, in quanto solo questa può causare cambiamenti climatici anche importanti. Ma se per caso questa affermazione senza appello fosse errata? Crollerebbe automaticamente tutto il castello di carte relativo alle colpe dell’uomo.

Ebbene, sembra proprio che siano tutte frottole! Il professore Wolfgang Knorr dell’Università di Bristol, celebre studioso di Scienza della Terra, ha rifatto i calcoli utilizzando i dati originari (e non quelli più o meno elaborati). Il risultato è straordinario: negli ultimi 150 anni, e in particolare negli ultimi 50, non si è riscontrata alcuna variazione della quantità di CO2 presente in atmosfera. In altre parole, gli oceani e le piante hanno continuato e continuano a svolgere tranquillamente il loro lavoro, senza dar segni di sofferenza. Eppure ci dicono che da anni e anni questo valore è in continua salita e ci porterà alla distruzione del nostro povero pianeta.

Scusate, ma come dice Marcello nell’Amleto: “C’è del marcio in Danimarca!” E guarda caso Copenhagen si trova proprio in Danimarca… Possibile che nessuno se ne fosse accorto prima? O magari si è preferito tacere? Non aggiungo alcuna considerazione personale e lascio ai lettori la conclusione. Dirò solo che il “trend” della CO2 negli ultimi 150 anni è stato stabilmente intorno a 0.7 +/- 1.4 per decade. Per chi mastica appena appena un po’ di matematica, questo risultato vuol dire praticamente ZERO. Il professor Knorr conclude che il risultato da lui trovato si spiegherebbe bene abbassando all’82% il valore delle emissioni “stimate” finora. In fondo un misero errore del 20%, che però ha significato terrore, potere, e soldi, tanti soldi indirizzati verso una sola direzione. Stiamo comunque tranquilli: nessuno parlerà di questa scoperta!

Per chi volesse saperne di più, il lavoro si può trovare qui
http://www.agu.org/pubs/crossref/2009/2 ... 0613.shtml



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MessaggioInviato: 05/01/2010, 16:23 
Il clima della terra è influenzato dal sole in larga parte, poi ci sono i vulcani che in tre minuti sono capaci di scatenare un inverno nucleare che può durare anche anni.
Avete presente la notte in cui fu inventato frankenstein?
Quell'anno ad esempio l'estate semplicemente non arrivò, Polidori Byron & company, infatti raccontano di come cominciasse a diventare difficile reperire legna da ardere a buon prezzo.
Comunque un testo che ritengo degno di nota è quello che riporto qui sotto, per chi avesse voglia di leggerlo.
Detto questo l'inquinamento va fermato ed ostacolato perché semplicemente ci danneggia la salute!!!!!!
Non capisco perché si parla sempre dell'equazione clima\inquinamento, e nessuno (o pochi) puntano il dito sulla NOSTRA salute.
Ps. Io possiedo 1/7 di una centrale fotovoltaica, che oltre a produrre free energy produce anche una discreta rendita (proporzionalmente parlando).
E vi assicuro che non sono un paperone, non sono investimenti da ricchi, e non vi dico quanti bastoni tra le ruote ci hanno messo, i burocrati, l'enel, e gli ECOLOGISTI! Cioè i verdi, non gli ecologisti veri, quelli politicizzati.



IL CLIMA E' DETERMINATO DAI CICLI SOLARI E NON DAL CO2

Del Prof. ZBIGNIEW JAWOROWSKI
Grafici: http://www.permindex.org/clima/solar.pdf

Il professor ZBIGNIEW JAWOROWSKI,è presidente del Consiglio scientifico del Laboratorio centrale della protezione radiologica di Varsavia.Nell'inverno 1957-58 misurò la concentrazione di CO2 nell'aria di superficie a Spitsbergen. Tra il 1972 ed il 1991 ha studiato la storia dell'inqunamento dell'atmosfera globale, misurando le polveri contenute in 17 ghiaccia, nei monti Tatra in Polonia, nell'Artico, Nell'Antartico, in Alaska e Norvegia, sulle Alpi e sull'Himalaya, sui monti Ruwenzori in Uganda e nelle Alpi peruviane. E' autore di 20 scritti sul clima, molti dei quali analizzano le misurazioni di CO2 nei campioni di ghiaccio.


Dagli anni '80, molti climatologi, sostengono che le attività industriali stiano provocando un rapido aumento della temperatura nell'atmosfera più prossima alla superficie terrestre, che non si era mai verificato prima nella storia terrestre. Le emissione industriali di biossido di carbonio, dicono, daranno presto vita ad una spirale di riscaldamento globale, con conseguenze disastrose per la biosfera. Entro il 2100, , continuano, la concentrazione di biossido di carbonio nell'atmosfera raddoppierà, provocando un aumento della temperatura media terrestre, da 1,9 a 5,2 gradi centigradi ed ai poli più di 12 gradi centigradi.
Solo pochi anni prima, questi climatologi dicevano che l'inquinamento industriale avrebbe portato ad una nuova glaciazione. Nel 1917, il leader spirituale dei profeti del riscaldamento globale, il dott. Stephen H. Schneider del National Center for Atmospheric Research a Boulder in Colorado, sosteneva che l'inquinamento avrebbe presto abbassato la temperatura globale di 3,5 gradi centigradi. Queste conclusioni, contenute in uno studio, seguivano a ruota alcune dichiarazioni ufficiali del National Science Board della U.S. National Science Foundation: "..quest'epoca caratterizzata da alte temperature dovrebbe volgere al termine...e condurre alla prossima glaciazione". Nel 1974 lo stesso organismo notava: "negli ultimi 20 o 30 anni, la temperatura mondiale si è abbassata, dapprima irregolarmente, ma più decisamente nell'ultimo decennio".
Comunque sia, per il nostro pianeta si prospetta una catastrofe climatica: calda o fredda importa poco, la cosa che preme maggiormente è attribuirla agli esseri umani ed al loro desiderio di civiltà, qualcosa che si ritiene evidentemente "peccaminoso" e cioè ostile ed alieno al nostro pianeta.
Nel 1989 lo stesso Stephen Schneider consigliò: "Per catturare l'immaginazione del pubblico.. dobbiamo fare dichiarazioni drammatiche, semplificate, senza soffermarci sui dubbi che si possono avere... Ciascuno di noi deve decidere il giusto equilibrio tra l'essere efficaci e l'essere onesti". In retrospettiva si può tranquillamente concludere che è stata favorita "l'efficacia": dal 1997 ciascuno dei circa 2000 climatologi americani (in cui solo 60 vantano un dottorato di ricerca) hanno annualmente ottenuto una media di un milione di dollari per la ricerca. Su scala mondiale il bilancio per la ricerca sul clima è di circa 5 miliardi di dollari l'anno. RE' interessante notare come negli Stati Uniti gran parte di questo denaro sia speso nello studio dei cambiamenti climatici globali e le loro cause, mentre sembra che gli europei siano convinti che il riscaldamento provocato dall'uomo sia un fatto accertato e spendono questi soldi principalmente per studiare gli effetti di tale riscaldamento. I governi di molti paesi (esclusi USA, Australia e la Russia) hanno sottoscritto il famigerato Protocollo di Kyoto per la riduzione obbligatoria dei combustibili fossili (petrolio, carbone e gas). Se tale convenzione fosse universalmente applicata, la riduzione della temperatura mondiale sarebbe pressoché impercettibile, mentre l'economia subirebbe una contrazione evidente e drastica. Applicando le restrizioni dettate dal Protocollo Kyoto, nel 2100 la temperatura dovrebbe risultare più bassa di 0,2 gradi centigradi, oppure, per usare i dati dei climatologi del global warming, grazie a Kyoto, l'aumento di temperatura previsto per il 2094 sarebbe rimandato fino al 2100. Così il Protocollo di Kyoto serve per guadagnare 6 anni di tempo.
Le perdite dovute agli obblighi imposti dal protocollo, invece, raggiungerebbero nei soli Stati Uniti i 400 miliardi di dollari. La riduzione del prodotto interno lordo mondiale, facendo una sommatoria per l'intero secolo, ammonterebbe a 1800 miliardi di dollari, mentre i benefici, presunti, derivanti dalle riduzioni delle emissioni, si stimano sui 120 miliardi di dollari. Entro il 2050, in Giappone ed in Europa, il Prodotto nazionale lordo diminuirebbe dello 0,5% rispetto al 1994; nell'Europa orientale questa riduzione raggiungerebbe il 3% e in Russia il 3,4%. Esperti ingaggiati dal governo canadese hanno concluso che l'applicazione del Protocollo di Kyoto esigerebbe un razionamento energetico del tipo di quello applicato sulla benzina durante la seconda guerra mondiale.


I cambiamenti climatici riflettono eventi planetari naturali

In realtà gli sviluppi climatici recenti non sono qualcosa di insolito, ma riflettono il corso naturale degli eventi planetari. Sin dai tempi più remoti, i cicli caldi e quelli freddi si avvicendano continuamente, estendendosi per archi di tempo variabili, da qualche milione fino a pochi anni. Si tratta di cicli che probabilmente dipendono da cambiamenti che si verificano al di fuori della terra, forse nel sole e nelle sue adiacenze.
I cicli che coprono una arco di pochi anni sono provocati da fattori terrestri, come l'esplosione di grandi vulcani, che immettono polveri nella stratosfera, ed il fenomeno noto come El Nino, che dipende dalle variazioni delle correnti oceaniche. L'energia termica prodotta da radionuclidi naturali, presenti nel primo strato della crosta terrestre spesso un chilometro, fornivano circa 117 kilojoule per anno per metro quadrato della terra in età primitiva. Come risultato del decadimento dei radionuclidi a lunga vita, la loro emisiione si è ridotta a circa 33,4 kilojoule per metro quadrato per anno. Eppure, questo calore di origine nucleare ricopre soltanto un ruolo minore tra i fattori terrestri, rispetto all'"effetto serra" prodotto da certi gas dell'atmosfera che assorbono le radiazioni solari riflesse dalla terra. Senza effetto serra, la temperatura media dell'aria prossima alla superficie terrestre, sarebbe mediamente di -18 gradi centigradi e non di+15 gradi centigradi,come è attualmente. Il più importante di questi "gas terra", è il vapore acqueo, responsabile al 96,99% di tutto l'effetto serra. Gli altri gas in questione sono CO2, CH4, i CFC, N2O,O3. Il più importante, il CO2, è responsabile soltanto del 3% di tutto l'effetto serra. Il CO2 dovuto all'attività umana si aggira tra lo 0,05 e lo 0,25%del totale.
Il sole è circa la metà del suo ciclo vitale, iniziato 5 miliardi di anni fa, ed a 7 miliardi di anni dalla sua contrazione finale in una nana bianca, tanto calda da soffocare la terra e distruggere la vita. Quando il sole iniziò la sua carriera, l'irradiazione solare era del 30% inferiore a quella attuale. Questo è forse uno dei motivi dei periodi freddi del Precambiano. Nel 1989 Joseph Kirschvink trovò, nei paesi di Adelaide in Australia delle rocce la cui formazione risale a 700 milioni di anni fa e che portavano tracce di antichi ghiacciai. Il segnale magnetico di quelle rocce indica però che tali ghiacciai erano all'equatore e da questo si deve desumere che allora tutta la terra era ricoperta di ghiaccio. Nel 1992 Kirschvink disse che in questa fase la terra era "una palla di neve" e poté asserire che questo congelamento completo si verificò più volte nel periodo Precambriano. Sebbene le grandi glaciazioni ridussero drasticamente la produttività biologica, il successivo disgelo degli immensi ghiacciai oceanici provocò un'enorme diffusione di cianobatteri che produsse grandi quantità di ossigeno. Questo fu molto tossico per gli organismi viventi di allora. Di conseguenza, 2,4 miliardi di anni fa, gli organismi viventi furono costretti a sviluppare meccanismi di difesa contro gli effetti letali dei radicali di ossigeno. Questi sono gli stessi meccanismi che ci proteggono dagli effetti delle radiazioni ionizzanti. Senza questi meccanismi, la vita non sarebbe potuta sviluppare nel passato, e noi non potremmo sopravvivere con l'eventuale flusso di danni spontanei al DNA causati da radicali d'ossigeno, prodotti dal metabolismo di questo gas. In ogni cellula di mammifero, si verificano circa 70 milioni di danni spontanei del DNA nel corso di un anno, ma di questi solo 5 sono conseguenze della dose media di radiazione naturale.
Sia l'atmosfera di ossigeno che il meccanismo incredibilmente efficente di protezione e riparazione del DNA, sviluppati in queste epoche remote, furono probabilmente indotti dagli sconvolgenti cambiamenti climatici.
Nel corso del Fanerozoico (gli ultimi 545 milioni di anni) la Terra ha attraversato 8 grandi cicli climatici, durati dai 50 ai 90 milioni di anni ciascuno. 4 di essi ("Icehouses") furono di 4 gradi centigradi più freddi degli altri 4 ("Greenhouses"). Questi lunghi cicli furono probabilmente dovuti ai passaggi del nostro Sistema Solare attraverso i bracci a spirale della Via Lattea. Nel suo percorso il Sistema Solare ha attraversato regioni di intensa creazione di stelle, con frequenti esplosioni di nove e supernove. Da queste regioni, l'intensità delle radiazioni cosmiche galattiche che gingevano sulla terra potevano essere fino a 100 volte maggiori della media. L'alto livello della radiazione cosmica nella troposfera terrestre provoca una maggiore formazione di nuvole, le quali riflettono le radiazioni solari. Di conseguenza questo comporta un raffreddamento climatico (come si approfondisce più avanti). Il Sistema Solare si è poi diretto verso regioni più tranquille, dove le radiazioni sono più deboli, la formazione di nuvole nella troposfera diminuisce ed il clima diventa più mite.
A questi cicli climatici enormemente lunghi, che si estendono ciascuno per milioni di anni, si sovrappongono dei cicli brevi che hanno l'effetto di accentuare o mitigare quelli più lunghi. Nell'ultimo milione di anni, ci sono state dalle 8 alle 10 epoche glaciali, ciascuna della durata di 100 mila anni, inframezzata da periodi interglaciali più brevi, ciascuno della durata di 10 mila anni.
Nel corso degli ultimi 1000 anni ci sono stati diversi periodi, di un cinquantennio circa, in cui la temperatura si è attestata su medie molto più elevate rispetto ai periodi più caldi del XX secolo, ed i cambiamenti sono stati molto più drastici di quelli recenti. Questo risulta dalla revisione di oltre 240 pubblicazioni effettuate da un gruppo di scienziati del California Institute of Technology e dell'Università di Hrvard. Lo studio ha preso in esame i risultati dell'analisi di migliaia di campioni dei cosiddetti indicatori di temperatura indiretti (proxy records). Comprendono dati storici, la misura della crescita annua degli anelli nei tronchi dell'albero, cambiamenti degli isotopi nei campioni di ghiacci perenni prelevati in profondità, sedimenti lacustri, legname, corallo, stalagmiti, fossili biologici, cellulosa conservata nella torba, cambiamenti nei sedimenti sul fondo degli oceani, letti dei ghiacciai, temperature rilevate mediante trivellazione, variazioni della microfauna nei sedimenti, movimento dei fronti nelle foreste, ecc..
Altri dati sono stati raccolti da misurazioni più dirette delle temperature rilevabili dalla cappa di ghiaccio della Groenlandia. Questi studi contraddicono nettamente quello studio ben più modesto, che presenta la "curva a mazza di hockey", secondo cui dopo una tendenza stabile e leggermente al ribasso che caratterizzò il precedente millennio si sarebbe verificata un'impennata nel XX secolo. Questo studio realizzato da Mann et al., si contrappone alle numerosissime pubblicazioni in cui si documenta come negli ultimi 1000 anni il fenomeno del Riscaldamento Medioevale interessò l'intero globo terrestre e che il periodo contemporaneo non si differenzia sostanzialmente dai cambiamenti climatici naturali verificatesi nel passato. Tuttavia, lo studio di Mann et al., fu accluso al rapporto del2001 dell'IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change - organismo WMO-UNEP dell'ONU), come prova principale del fatto che il riscaldamento del XX secolo non ha precedenti, ed è usato dagli entusiasti del Protocollo di Kyoto per promuovere la propria causa.
In uno studio molto meticoloso, Soon e Baliunas, criticano en passant il lavoro del gruppo di Mann, in cui rilevano una calibrazione impropria dei dati indiretti (proxy) ed altri errori, sia statistici che di metodo. Una critica più diretta ed approfondita allo stesso lavoro è quella mossa più recentemente da McIntyre e McKitrick, che arrivarono a dimostrare come le conclusioni di Mann et al., si basano su calcoli sbagliati, dati scorretti ed una selezione tendenziosa dei dati climatici storici. McIntyre e McKitrick, usando gli stessi metodi usati da Michael Mann, hanno individuato diversi errori nel lavoro di Mann et al., ad esempio l'attribuzione di alcune misurazioni agli anni sbagliati, il riporto delle stesse identiche lidte di cifre nelle tabelle, sotto indicatori indiretti (proxy) diversi e sotto anni diversi, l'impiego di dati obsoleti, che erano già stati aggiornati dai ricercatori che li avevano raccolti, ecc.ecc... Un esempio tipico di questi "errori" è l'interruzione al 1730 dei dati sulla temperatura del'Inghilterra centrale, senza spigazioni di sorta, sebbene i dati siano disponibili fino al 1659, occultando così un periodo molto freddo nel XVII secolo. McIntyre e McKitrick non si sono limitati a criticare l'opera di Mann et al, ma, dopo aver corretto gli errori, hanno rianalizzato i dati secondo la stessa metodologia impiegata da Mann. Questo nuovo studio aggiornato mostra come, nell'arco degli ultimi 600 anni, la temperatura del XX secolo non costituisca affatto un'eccezione. Mostra poi anche il rapporto del 2001 del IPCC, sulla scorta dello studio di Mann et al., asserisca erroneamente che gli anni 90 sono stati "probabilmente il decennio più caldo" ed il 1998 "l'anno più caldo del millennio".
Prima di essere presentato alla pubblicazione, lo studio di McIntyre e McKitrick è stato rivisto da rinomati esperti in matematica e statistica, geologia, paleoclimatologia e fisica (tra questi: R.Carter, R.Courtney, D.Douglas, H.Erren, C.Exxex, W.Kininmonth e T.Landscheidt). Successivamente lo studio è stato sottoposto alla revisione di studiosi indipendenti del giornale britannico Energi & Enviroment.
A questo punto si pongono due domande. Come ha fatto, quello studio di Mann et al. del 1998, a superare la revisione della rivista Nature? E come ha fatto a superare la revisione dell'IPCC? Si tratta di una storia che riflette tristemente la qualità del lavoro scientifico sponsorizzato da questo organismo.
Gli studi di Mann et al. hanno uno scopo politico: sono serviti come contrappeso alla politica dell'amministrazione USA che definisce il Protocollo di Kyoto "irrimediabilmente sbagliato" e si rende conto che condurrebbe ad una catastrofe economica globale. Un contributo inatteso a questo, è recentemente pervenuto dal presidente Vladimir Putin, dal suo principale consigliere economico Andrei Illarionov, e da molti scienziati che hanno partecipato al World Climate Change Conference tenutasi a Mosca tra il 29 settembre ed il 3 ottobre 2003. In apertura dei lavori, Putin affermò che il Protocollo di Kyoto è "scientificamente errato" e che "persino attenendosi al 100% al Protocollo di Kyoto, non si rimedierebbe al cambiamento climatico". Poi, in risposta a coloro che volevano che il protocollo si ratificasse immediatamente, Putin disse quasi scherzando: "Spesso si dice che la Russia è un paese nordico e che se la temperatura salisse di 2 p 3 gradi non sarebbe un gran male. Oltre al risparmio sui vestiti, gli esperti in scienze agrarie prevedono raccolti ancora più copiosi".
Putin disse anche che Mosca: "sarebbe riluttante a prendere decisioni solo su considerazionifinanziarie. La nostra prima considerazione va alle idee ed agli obiettivi che ci siamo proposti e non ai benefici economici a breve termine...Il governo sta considerando approfonditamente questa questione, tutti problemi complessi e difficili connessi. La decisione sarà presa dopo il completamento di questo lavoro e , naturalmente, terrà conto di quelli che sono gli interessi nazionali della Federazione Russa".
Andrei Illarionov, è stato ancora più esplicito:"Il Protocollo di Kyoto frenerà la crescita economica. Condannerà la Russia alla povertà, alla debolezza ed all'arretratezza". Agli esperti presenti a Mosca ha quindi posto 10 domande con cui ha messo in discussione l'intera impalcatura della tesi del riscaldamento globale causato dall'uomo. I sostenitori di tale ipotesi non hanno fornito risposte soddisfacenti. Anche le questioni più elementari, sollevate dal prof. Yuri Izrael, presidente del comitato organizzativo, non hanno ottenuto risposta:"che sta succedendo davvero a questo pianeta, si scalda o si raffredda?" e "con la ratifica del Protocollo di Kyoto si migliorerà il clima, si stabilizzerà o si peggiorerà?"
Alla fine della conferenza almeno due cose sono state chiarite: (1) il mondo scientifico è ancora lontano da quel "consenso" concorde tanto spesso vantato dall'IPCC sul riscaldamento climatico causato dall'uomo. (Il moderatore della conferenza ha riconosciuto che gli scienziati che si distanziano dal "consenso" di Kyoto sono stati più del 90% tra quelli che sono intervenuti durante i lavori. (2) Senza la ratifica della Russia il Protocollo di Kyoto è lettera morta. Da ciò che Putin ha detto alla conferenza di Mosca c'è da attendersi che la Russia non cederà né alle proposte che allettano con dei guadagni a brve termine, come quella di vendere quote di emissione di CO2 che la Russia ha in sovrappiù, da cui potrebbe ricavare 8 miliardi di dollari l'anno, né alle minacce di Margot Wallstrom, Commissario dellambiente dell'UE, secondo la quale la Russia abolirà le restrizioni generali sulle emissioni di biossido di carbonio salvando il mondo da ciò che Fred Hoyle definì correttamente nel 1996 "la rovina delle industrie mondiali ed il ritorno di tutti quanti ai secoli bui".

Alla natura piace caldo

I periodi freddi hanno comportato sempre calamità per l'umanità e disastri dell'ecosistema. Ad esempio, nell'ultimo periodo freddo, quello della Piccola Glaciazione iniziata verso il XIV secolo, in Europa ed in Finlandia si verificarono carestie ed epidemie che hanno provocato l'estinzione di due terzi della popolazione. Nei periodi più caldi, invece, piante, animali e comunità umane si sono affermate e cresciute.
Da tanti anni ormai sentiamo ripetere che il riscaldamento climatico provovcherà una serie di disastri: l'aumento del livello del mare, disastri ecologici nella regione artica, siccità ed inondazioni, catastrofi agricole, uragani più frequenti e violenti, epidemie di malattie ecologiche e diffusione di parassiti, ecc. L'impatto del calore, dicono, è sempre negativo, mai positivo. Sarà vero?
Consideriamo l'Artico. Su richiesta della commissione sul clima del governo Norvegese, insieme a tre colleghi del Norsk Polar Institute, ho personalmente studiato l'effetto che un riscaldamento climatico avrebbe sulla flora e sulla fauna della regione artica delle Svalbard. Uno dei pericoli più temuti è quello dell'estinzione dell'orso polare. Nello studio da noi redatto si spiega che, contrariamente alle previsioni del dott.Schneider e dei suoi seguaci, dal 1920 al 1988 a Spitsbergen e nella adiacente isola di Jan Mayen la temperatura è scesa di circa 2 gradi Celsius. Per scrupolo però, abbiamo anche accettato il presupposto che, miracolosamente, nell'Artico la temperatura salga di qualche grado, e che l'aria contenga maggiore concentrazione di biossido di carbonio. Date queste condizioni, abbiamo cercato di prevedere gli effetti sulle piante, sul plankton marino, sui pesci, sugli orsi, sulle renne, sulle foche e sui milioni di uccelli che popolano la regione.
Ci è risultato che ad una più alta concentrazione di CO2 e ad una più alta temperatura, la produttività del sistema ecologico artico aumenta sempre. Idati storici e le statistiche moderne mostrano come nei periodi più caldi nel Mare di Barents la pesca sia stata molto più ricca, e che la popolazione di renne, uccelli, foche ed orsi siano aumentate. Sulla terra la quantità di vegetazione per le renne è aumentata e lo stesso è avvenuto con il plankton marino. Così la popolazione ittica è aumentata fornendo maggiori risorse alimentari agli uccelli ed alle foche che a loro volta costituiscono l'alimento principale degli orsi polari. Concludendo: il riscaldamento comporta un beneficio per l'intero sistema di vita nell'Artico e gli orsi polari sarebbero più numerosi di oggi.
I committenti dello studio ce lo dissero apertamente: "Questo non è il modo di ottenere i fondi per la ricerca!". Avevano ragione.

Lo spauracchio

I timori maggiori sono quelli provocati dalla prospettiva dello scioglimento dei ghiacciai montani e di quelli continentali, in Groenlandia e nell'Antartide, che come conseguenza dovrebbe portare ad un innalzamento del livello del mare di 29 cm entro il 2030 e di 71 cm entro il 2070. Secondo alcune previsioni, questo innalzamento potrebbe, in certi casi, arrivare a 367 cm. Allora le isole, le regioni costiere ed alcune grandi metropoli sarebbero inondate ed intere nazioni costrette a spostarsi. Il 10 ottobre 1991 il New York Times annunciò che già per il 2000 l'innalzamento degli oceani avrebbe costretto alcuni milioni di persone ad emigrare.
Ai predicatori di sventure non fa né caldo né freddo il fatto che nel Medio Evo, quando per qualche centinaio di anni la temperatura era superiore a quella attuale, né gli atolli delle Maldive né gli arcipelaghi del Pacifico subirono inondazioni catastrofiche. Il livello del mare è in aumento da diverse centinaia di migliaia di anni e le cause di questo fenomeno non sono ste ancora chiarite. Negli ultimi 100 anni questo aumento si aggira tra i 10 ed i 20 cm, ma non risulta che dall'inizio del XX secolo ci sia stata un'accellerazione del fenomeno. Si calcola che nei climi caldi il volume dell'acqua che evapora dagli oceani, e che poi precipita come neve sulle calotte polari, sia maggiore dell'acqua che arriva al mare dallo scioglimento delle masse di ghiaccio.
Dagli anni '70 le masse di ghiaccio dell'Artico, della Groenlandia e dell'Antartide hanno cessato di ritirarsi ed hanno anzi ripreso a crescere. Il 18 gennaio 2002 la rivista Science ha pubblicato i risultati di osservazioni radar dai satelliti ed analisi di campioni di ghiaccio condotte dagli scienziati del CalTech's Jet Propulsion Laboratory e dell'Università della California a Santa Cruz. I risultati tendono ad indicare che lo scioglimento del ghiaccio antartico è in fase di rallentamento ed in qualche caso si è fermato, e che questo ha portato come risultato ad un incremento dello spessore del ghiaccio continentale, per un volume stimato sui 26,8 miliardi di tonnellate annue.
Nel 1999 fu redatto un documento dell'Accademia delle scienze polacca che servì come fonte per un rapporto intitolato "Previsione delle condizioni della difesa per la Repubblica di Polonia nel 2001-2020". Il documento stimava un aumento delle precipitazioni atmosferiche del 23% in Polonia, che presumibilmente sarebbe stato provocato dal riscaldamento globale, cosa presentata come molto negativa. (Immaginate di dire questo in un paese in cui il 38% della superficie soffre di un deficit idrico permanente dovuto alle scarse precipitazioni!). Lo stesso documento presentava come fattore disastroso un allungamento del periodo di vegetazione da 60 fino a 120 giorni. Certo che la prospettiva di raddoppiare la rotazione dei raccolti o anche di prolungare di quattro mesi alcuni raccolti rappresenta una prospettiva davvero sconvolgente per gli autori del documento!
I giornali scrivono in continuazione sull'aumento della frequenza e dell'intensità delle tempeste. Nei fatti, però, le cose stanno diversamente. Cito quì solo qualche dato per la Polonia, ma ci sono molti dati disponibili per ogni parte del mondo. A Cracovia, nel periodo 1896-1995, il numero delle tempeste con grandine e precipitazioni superiori ai 20 mm è diminuito costantemente, e dopo il 1930 è diminuito il numero delle tempeste di ogni tipo. La frequenza delle inondazioni del fiume Vistola a Cracovia tra il 1813 ed il 1994 è diminuita e questo soprattutto dopo il 1940. Osservazioni analoghe riguardano il porto di Kolobrzeg sul Baltico e gli uragani sull'Oceano Atlantico.

Previsioni fasulle al computer

Diversamente da quello che hanno previsto attraverso simulazioni al computer i teorici del riscaldamento globale, le concentrazioni atmosferiche del biossido di carbonio nell'atmosfera, il gas più importante del fenomeno dell'effetto serra prodotto dall'uomo, non sono correlate ai cambiamenti della temperatura dell'aria, vicina alla superficie, sia recentemente che nel lontano passato. Questo è più visibile nei ghiacci dell'Antartide e della Groenlandia, in cui alte concentrazioni di CO2, nelle bolle d'aria intrappolate nei ghiacci polari, appaiano dai 1000 ai 13000 anni dopo un cambiamento nella combinazione isotopica dell'H2O; e quest'ultimo aspetto denota un riscaldamento dell'atmosfera certo. Nelle epoche preistoriche la concentrazione di CO2 nell'aria è stata significativamente più alta di quella attuale, senza influire drasticamente sulla temperatura. Nell'Eocene, 50 milioni di anni fa, questa concentrazione era 6 vlte maggiore di oggi, mentre la temperatura era solo 1,5 grado celsius più alta. Nel Cretaceo, 90 milioni di anni fa, la concentrazione di CO2 era quasi 7 volte maggiore di oggi, e nel periodo carbonifero, 340 milioni di anni fa, la concentrazione di CO2 era quasi 12 volte più alta. Quando la concentrazione di CO2 era 18 volte maggiore, 440 milioni di anni fa, nel periodo dell'Ordoviciano, esistevano ghiacciai estesi sui continenti di ambedue gli emisferi.
Alla fine del XIX secolo, la quantità di CO2 scaricato nell'atmosfera dall'intera industria mondiale era 13 volte inferiore a quella di oggi. Ma allora si verificò un riscaldamento inferiore a quello di oggi. Ma alora si verificò un riscaldamento dovuto a cause naturali; ed ebbe fine con la Piccola GLaciazione che si era protratta dal 1350 al 1880. Non fu un fenomeno regionale circoscritto all'Europa, ma interessò l'intero pianeta. In ques'epoca la temperatura media globale era un grado più bassa ad oggi. Si festeggiava sul Tamigi gelato e si viaggiava dalla Polonia alla Svezia attraversandi il Baltico in slitta, pernottando in apposite taverne costruite sul ghiaccio.
Quell'epoca è ben illustrata dai quadri di Pieter Breughel ed Hendrick Avercamp. Nelle montagne della Scozia il fronte della neve scendeva dai 300 ai 400 metri più basso di quello attuale. In prossimità dell'Islanda e della Groenlandia, il mare ghiacciato era tanto esteso da bloccare l'accesso alla colonia vichinga della Groenlandia, che fu definitivamente eliminata dalla Piccola Glaciazione.
Tutto questo fu preceduto da un periodo mite dal 900 al 1000. La temperatura massima in questo periodo, di 1,5 grado Celsius in più rispetto ad oggi, fu raggiunta intorno al 990. Sia la Piccola Glaciazione che il precedente Riscaldamento del Medioevo non furono dei fenomeni regionali, così come cerca di far credere lo studio di Mann et al., ma furono di portata globale e furono notati nell'Atlantico settentrionale, in Europa, in Asia, in America del Sud, in Australia e nell'Antartide.
Durante il Riscaldamento del Medioevo, il fronte delle foreste in Canada si attestò a 130 chilometri più a Nord di quello attuale, ed in Polonia, Inghilterra e Scozia c'erano vigne che producevano vino per l'eucarestia e che scomparvero con l'avvento della Piccola Glaciazione. Ancora prima, 3500-6000 anni fa, si verificò un lungo periodo di riscaldamento nell'Olocene, quando la temperatura media fu superiore di 2 gradi rispetto ad oggi.
La Piccola Glaciazione non è ancora finita del tutto. Alcune specie di Diatomee stenotermali (che amano il caldo), che dominarono il Baltico durante il riscaldamento medievale, non sono ancora tornate in quelle acque. Resti di colonie di Diatomee rinvenuti nei campioni di sedimenti nei fondali dello specchio marino a nord dell'Islanda indicano ucome la temperatura più alta della superficie marina estiva nell'arco degli ultimi 4.600 anni, di circa 8,1 gradi celsius, fu raggiunta 4.400 anni fa. Dopo allora il clima si è raffreddato, con una interruzione circa 850 anni fa, quando la temperatura aumentò di 1 grado celsius. Questo periodo fu seguito dal periodo freddo della Piccola Glaciazione che ha ridotto di circa 2,2 gradi le temperature estive medie della superficie marina. Le temperature di oggi di soli 6,3 gradi non hanno ancora raggiunto gli 8,1 caratteristici del riscaldamento dell'Olocene.
L'innalzamento più rapido della temperatura si verificò all'inizio del XX secolo, toccando il massimo verso il 1940. Fu allora che i ghiacciai montani e quelli artici si ritirarono di colpo, ma questo processo di restringimento dai massimi raggiunti durante la Piccola Glaciazione era già cominciato 200 anni prima, intorno al 1750, quando ancora nessuno si sognava le emissione di CO2 ad opera di industrie. Illustrazione di questo processo è la mappa dei cambiamenti del fronte del ghiaccio, tra il 1750 ed il 1961, di uno dei ghiacciai meglio studiati, quello di Storbreen in Norvegia, in cui furono effettuate le prime misurazioni di CO2 nel ghiaccio, nel 1956. L'avanzata dei ghiacciai verso i villaggi svizzeri, nel XVII e XVIII secolo, che raggiunse la velocità di 20 metri l'anno, ingoiando campi e villaggi, fu allora considerata una v era e propria calamità. Di contro, adesso il ritiro dei ghiaccia nel XX secolo è considerato un disastro. Si tratta evidentemente di una sciochezza.
Dal caldo eccezionale raggiunto negli anno 40, fino al 1975, il clima mondiale si è raffreddato di circa 0,3 gradi, sebbene le emissioni industriali di CO2 nello stesso periodo sono più che triplicate. Dopo il 1975 le rilevazioni delle stazioni metereologiche indicano come la temperatura globale media sia tornata di nuovo a salire, nonstante le emissioni di CO2 industriale siano diminuite. Ma si scopr poi che probabilmente si tratta di misurazioni compromesse dall'espansione delle città, con il conseguente fenomeno delle "isole di calore urbano". Le stazioni metereologiche, che in passato si collocavano ad una debita distanza dalle città, sono state iglobate nelle superfici urbane che si sono andate espandendo ed in cui, comeè noto, la temperature è più alta che in campagna.
I rilevamenti termometrici di stazioni metereologiche statunitensi ed europee distanti dai grandi insediamenti rivelano una abbassamento e non un aumento della temperatura, come dimostrano i dati del Goddard Institute della NASA recentemente analizzati da J.Daly.
Lo stesso vale per le regioni polari, nonostante i modelli computerizzati prevedano l'aumento maggiore della temperatura atmosferica. Rajmund Przbylak, climatologo della Nicolaus Copernicus University di Torum in Polonia, spiega che nelle regioni polari "il riscaldamento ed il raffreddamento si osservano più chiaramente... dove dovrebbero verificarsi prima che in altre parti del mondo". Queste ragioni, aggiunge "dovrebbero ricoprire un ruolo molto importante nell'accertamento dei cambiamenti mondiali".
Przbyak ha raccolto dati che coprono il periodo dal 1874 al 2000, rilevati da 46 stazioni artiche e subartiche di istituti metereologici e di altro tipo di 5 diverse nazionalità. Il suo studio dimostra quanto segue: (1) Nell'Artico le temperature maggiori furono raggiunte senza dubbio negli anni 30; (2) persino negli anni 50 le temperature erano ancora superiori a quelle degli anni 90; (3) dalla metà degli anni 70 la temperatura annua non presenta tendenze definite; (4) la temperatura in Groenlandia, negli ultimi 10-20 anni è simile a quella caratteristica del XIX secolo. Questi accertamenti corrispondono alle escursioni termiche verificatesi nell'Artico secondo i dati della NASA ed in studi precedenti analizzati da Jaworowski.
In un nuovo studio della temperatura di superficie e della pressione al livello del mare, Polyakov ed altri hanno analizzato i dati rilevati tra il 1875 ed il 2000 da 70 stazioni nella regione polare artica, al di sopra dei 62 grado parallelo. I dati descrivono due fasi calde e due fredde di variabilità multidecennale, in una scala temporale tra i 50 e gli 80 anni, che si sovrappongono ad una tendenza di fondo di riscaldamento più a lungo termine. Questa variabilità sembra originarsi nell'Atlantico settentrionale ed è probabilmente indotta da lenti cambiamenti della circolazione termoalina oceanica e dalle complesse interazioni tra l'Artico e l'Atlantico settentrionale.
I due periodi più caldi dell'Artico si sono verificati tra la fine degli anni 30 e l'inizio dei 40 e negli anni 80 e 90. Il primo di questi due fu più caldo del secondo. Dal 1875 l'Artico si è riscaldato di 1,2 gradi e nell'arco di tempo per cui sono disponibili i dati, la tendenza al riscaldamento risulta di 0,094 gradi per decennio. Per il XX secolo soltanto, questa tendenza si riduce a 0,05 gradi per decennio; ovvero, molto prossima alla tendenza dell'Emisfero settentrionale che è di 0,06 gradi per decennio. Giacché la temperatura degli anni 30 e 40 fu superiore a quella degli ultimi deceni, la tendenza del periodo che va dal 1920 ad oggi è al raffreddamento.

I cambiamenti del ghiaccio nel Mare Artico

Un'altra conclusione a cui giunge lo studio di Poliakov è che la tendenza al riscaldamento da sola non basta a spiegare la ritirata dei ghiacci artici osservata nel periodo tra gli anni 80 e 90, per cui la causa più probabile potrebbe essere dovuta ad una serie di cambiamenti di flussi della pressione atmosferica, da anticiclonica a ciclonica.
I cambiamenti del ghiaccio marini sono dovuti a cause molto complesse ed è difficile identificare l'influenza relativamente recente dell'attività umana nel bilancio generale di fenomeni naturali che coprono periodi sia lunghi che brevi. A seconda del periodo di tempo esaminato, i dati raccolti in archi di tempo limitati, da qualche anno e qualche decennio, indicano tendenze diverse. Ad esempio, Winsor riferisce che tra il 1991 ed il 1997 sette sottomarini che hanno percorso rotte diverse sotto i ghiacci artici e polari hanno potuto rilevare un leggero aumento dello spessore dei ghiacci marini. In diversi studi condotti tra il 1999 ed il 2003, Vinje ha rianalizzato le misurazioni dei ghiacci nel Mare del Nord condotte tra il 1864 ed il 1998, ed è risalito indietro di 4 interi secoli. L'estensione del ghiaccio marino in questo caso si è ridotta del 33% negli ultimi 135 anni. Però, circa la metà di questa diminuzione è stata osservata nel periodo 1864-1900. La prima metà di questo scioglimento si verificò quando la concentrazione di CO2 nell'aria salì di solo 7 parti per milione di volume (ppmv), mentre la seconda parte dello scioglimento avvenne quando la concentrazione di CO2 era aumentata di 70 ppmv. Questo lascia capire che l'aumento della concentrazione di CO2 non ha niente a che vedere con il manto del ghiaccio marino.
Vinje afferma che "lo scioglimento annuale del ghiaccio nelle dimensioni osservate dopo il 1930 non era stato visto nel Mare di Barents dal periodo di massima temperatura del XVIII secolo", al quale fece seguito "una caduta della temperatura media di circa 0,6 gradi C negli ultimi decenni del XVIII secolo", che è stata poi recuperata "da un aumento di circa 0,7 gradi C nel periodo 1800-2000". Di conseguenza, l'Emisfero Nord oggi non sembra molto più caldo (e l'estensione del ghiaccio oggi non molto ridotta) rispetto al XVIII secolo, quando la concentrazione di CO2 nell'era - si vuole presumere - da 90 fino a 100 ppmv inferiore rispetto ad oggi. (La validità di questa pretesa è stata criticata in altri studi dal prof. Jaworowski).
Anche le rilevazioni della temperatura atmosferica i superficie o del ghiaccio marino, effettuate con gli strumenti più sensibili nell'arco di uno o due decenni (ad esempio le osservazioni dai satelliti tra il 1981 ed il 2001, apparse sul Journal of Climate del 1 novembre 2001 che mostrano un restringimento del 9% per decennio dei ghiacci artici), non rappresentano le basi migliori per determinare l'impatto delle attività umana sul clima delle regioni polari. Questo vale anche per studi condotti nell'Antartide, dove nel corso degli ultimi 18 anni è stata registrata un'espansione netta del ghiaccio marino verso Nord, pari ad 0,011 gradi di latitudine verso Nord per anno, cosa che potrbbe indicare una tendenza all'aumento della massa del ghiaccio polare marino.

Il raffraddamento nell'Antartide

Anche nelle regioni più interne dell'Antartide, nel periodo successivo al 1941, non risulta nessuna tendenza al raffreddamento o di altro tipo. Alla Stazione Amundsen.Scott del Polo Sud, tra il 1957 ed il 2000 la temperatura è diminuita di circa 1,5 gradi C, sebbene la concentrazione di CO2 sia passata da 313,7 a più di 360 ppmv. La diminuzione della temperatura può essere attribuita all'oscillazione di El Nino ed alla diminuzione delle radiazioni solari che raggingono l'Antartide (0,28 watt per metro quadrato l'anno tra il 1959 ed il 1998).
Su scala globale le misure più obiettive della temperatura nella bassa troposfera condotte nel 1979 dai satelliti americani (liberi da interferenze delle "isole di calore"), non indicano un riscaldamento globale, ma un modesto raffreddamento (0,14 gradi C per decennio). Nel 1999 la temperatura è aumentata per effetto di El Nino (variazioni cicliche della corrente marina che dall'Antartide scorre lungo il Cile ed il Perù fino all'Equatore), cambiando la tendenza del periodo 1979-2003 verso un lieve riscaldamento. Ma dal 1994 i dati dei satelliti indicano un drastico raffreddamento in corso nella stratosfera.

La questione dei raggi cosmici

Le variazioni della temperature atmosferica non seguono i cambiamenti nelle concentrazioni di CO2 e di altri gas indicatori dell'effetto serra, ma sono piuttosto coerenti con i cambiamenti dell'attività solare, i cui cicli sono di 11 e 90 anni. Questo è noto sin dal 1982, quando fu notato come nel periodo tra il 1000 ed il 1950 la temperatura dell'aria abbia seguito strettamente l'attività del nostro astro. Dati riguardanti il periodo 1865-1985, pubblicati nel 1991, mostrano una corrispondenza sorprendente tra la temperatura dell'Emisfero Settentrionale e l'apparizione delle macchie solari, che avvengono in cicli di 11 anni e che danno una misura dell'attività solare. Le variazioni della radianza solare osservate tra il 1880 ed il 1993 possono spiegare il 71% della variazione globale media della temperatura (a confronto del solo 51% spiegabile dei gas dell'effetto serra), e corrispondono ad una variazione della temperatura globale di circa 0,4 gradi C. Nel 1997 però, fu subito evidente come ad influire in maniera più decisiva sulle fluttuazioni climatiche non fosse l'attività solare, ma pittosto fossero le radiazioni cosmiche. Fu una gran sorpresa perché l'energia portata sulla terra dalle radiazioni cosmiche è di gran lunga minore di quella solare. Il segreto sta nelle nuvole: l'influsso delle nuvole sul clima e sulla temperatura è più di 100 volte maggiore di quello dell'ossido di carbonio. Anche se la concentrazione di CO2 nell'aria dovesse raddoppiare, l'effetto serra che questo provoca potrebbe essere annullato del tutto già soltanto da un aumento del'1% della nuvolosità: una maggiore nuvolosità comporta infatti una riflessione maggiore delle radiazioni solari che sono dirette verso la superficie del pianeta. Nel 1997 gli scienziati danesi H.Svensmark ed E.Friis-Christensen notarono come i cambiamenti della nuvolosità misurata dai satelliti geostazionari coincidessero perfettamente con i cambiamenti nell'intensità dei raggi cosmici che raggiungono la troposfera: più intensa è la radiazione e più ci sono nuvole. I raggi cosmici ionizzano le molecole d'aria, trasformandole in nuclei di condensazione per il vapore acqueo, dove si formano i cristalli di ghiaccio dai quali si formano le nuvole.
La quantità della radiazione cosmica che ginge sulla terra dalla nostra galassia e dallo spazio più remoto varia sotto l'influenza del cosiddetto vento solare. La radiazione cosmica è creata da un plasma caldo proiettato fuori dalla corona solare, alla distanza di molti multipli del diametro solare, che porta particelle ionizzate e linee di campo magnetico. Il vento solare, che si dirige verso l'esterno del sistema solare, allontana i raggi galattici dalla terra indebolendoli. Qando il vento solare s'intensifica, le radiazioni cosmiche che giungono sulla terra sono di meno, si formano meno nuvole e diventa più caldo. Quando il vento solare si attenua la Terra si raffredda.
E' come se il sole aprisse e chiudesse un ombrello di nuvole sopra la nostra testa controllando così il clima. Si tratta di fenomeni ai quali gli astrofisici ed i fisici specializzati nella ricerca sull'atmosfera hanno dedicato i loro studi solo di recente. Forse un giorno arriveremo a gestire la formazione delle nuvole.
Il clima è in costante cambiamento. I cicli in cui si alternano lunghi periodi freddi e più brevi periodi interglaciali, in cui la temperatura è più mite, si verificano con una certa regolarità. La durata tipica dei cicli climatici negli ultimi 2 milioni di anni è stata di circa 100 mila anni, divisi in 90 mila anni per i periodi delle glaciazioni e 10 mila per quelli delle più miti fasi interglaciali. In un dato ciclo le differenze di temperatura tra le fasi di caldo e di freddo si aggirano tra i 3 ed i 7 gradi Celsius. L'attuale fase mite sta probabilmente volgendo al temine, visto che la durata media di queste fasi è già stata superata da 500 anni. I periodi di transizione tra le fasi di clima caldo o freddo sono molto repentini. Possono durare 20 o 50 anni, ma possono persino ridursi a 2 o 1 anno, e si verificano senza segni premonitori, praticamente senza preavviso.

Qual'è il destino della terra

E' difficile prevedere l'avvento di una nuova glaciazione, nella quale i ghiacciai continentali cominceranno ad estendersi sulla Scandinavia, sull'Europa centro-settentrionale, sull'Asia, sul Canada e gli Stati Uniti, sul Cile e l'Argentina, coprendo questi territori con una lastra di ghiaccio che potrà raggingere spessori di centinaia oppure migliaia di metri, quando i ghiacciai montani dell'Himalaya, delle Ande, delle Alpi, dell'Africa e dell'Indonesia si estenderanno di nuovo giù fin nelle valli. Secondo alcuni climatologi questo dovrebbe accadere entro 50 o 150 anni.
Che ne sarà del Mar Baltico, dei laghi e delle foreste, degli animali, delle città, delle nazioni e di tutte le infrastrutture della civiltà moderna? Sarà tutto spazzato via dai ghiacciai che avanzano, e poi tutto coperto dalle colline moreniche. Il disastro sarà ben più grande delle punizioni apocalittiche previste per un riscaldamento globale che si vuole attribuire all'uomo.
Allo stesso modo lo studio di Friis-Christansen e Lassen mostra come osservazioni condotte in Russia consentano di stabilire un rapporto molto stretto tra la potenza media dei cicli dell'attività solare (che durano 10-11,5 anni) e la temperatura dell'aria di superficie che "lasciano ben poco spazio ad un influsso antropogenico sul clima terrestre". Bashkirtsev e Mashnich, fisici russi dell'Istituto per la fisica solare terrestre di Irkutsk, hanno scoperto che tra il 1882 ed il 2000 la risposta della temperatura dell'aria sulla superficie aveva un ritardo sui cicli delle macchie solari di circa 3 anni ad Irkutsk e di 2 anni sull'intero globo. Hanno scoperto inoltre che le temperature più basse dei primi anni del 1900 corrispondono ad una riduzione dell'attività solare, e che altre variazioni termometriche verificatesi fino alla fine del secolo hanno eseguito le fluttuazioni dell'attività solare.
L'attuale ciclo delle macchie solari appare più debole degli atri precedenti ed i prossimi due cicli saranno ancora più deboli. Bashkirtsev e Mashnich prevedono che un nuovo minimo dell'attività solare nel periodo tra il 2021 ed il 2026, a cui dovrà corrispondere un abbassamento della temperatura globale dell'aria di superficie. Il passaggio dal caldo al freddo potrebbe già essere iniziato. La temperatura media dell'aria ad Irkutsk, che mostra una diretta corrispondenza con la media delle temperature globali annue dell'aria di superficie, ha raggiunto il massimo di 2,3 gradi Celsius nel 1997 e poi ha iniziato a scendere fino a 1,2 gradi C nel 1998, a 0,7 gradi nel 1999 ed a 0,4 nel 2000. Questa previsione concorda con i cambiamenti principali che si possono osservare in bioti nell'Oceano Pacifico, che associati ad un ciclo climatico oscillante di circa 50 anni.
L'avvicinarsi di una nuova glaciazione rappresenta una vera sfida per l'umanità, molto più grande di altre sfide affrontate nella storia. Prima che arrivi godiamoci il caldo, questo dono della natura, e dedichiamoci allo studio della fisica delle nuvole. F.Hoyle e C.Wickramasinghe hanno recentemente scritto che "senza qualche mezzo artificiale per dare un feedback positivo al clima... una possibile svolta verso condizioni da glaciazione sembra inevitabile". Queste condizioni "renderebbero inutilizzabili una gran parte delle regioni in cui si coltivano i prodotti alimentari e comporterebbe pertanto l'estinzione di gran parte della popolazione umana attuale". Secondo Hoyle e Wickramasinghe "coloro che si sono dedicati acriticamente ad agitare lo spauracchio di un esagerato effetto serra dovuto al riscaldamento della temperatura terrestre di uno o due gradi dovrebbero essere considerati in errore e pericolosi", giacché il problema reale oggi "è un ritorno verso una glaciazione, e non il contrario".
Sarà in grado l'umanità di proteggere la biosfera contro il ritorno di un'epoca glaciale? Dipende anche dal tempo che abbiamo a disposizione. Non ritengo che nei prossimi 50 anni saremo in grado di acquisire le conoscenze e le risorse sufficenti per governare il clima su scala globale. Certamente non fermeremo il raffreddamento aumentando le emissioni di CO2. Anche un raddoppio dei livelli di CO2 nell'atmosfera comporterebbe un aumento della temperatura irrisorio. In ogni caso, anche se usassimo tutte le risorse di carbonfossile a nostra disposizione, è poco probabile che l'attività umana possa generare un raddoppio permanente di CO2 nell'atmosfera. Inoltre, non sembra possibile arrivare ad influenzare l'attività solare. Credo però che sia importante imparare a controllare le correnti marine e la formazione delle nuvole e questo consentirebbe di governare il clima del pianeta.
Consideriamo come uno dei casi peggiori possa mettere alla prova la capacità di sopravvivenza dell'umanità. Nel 1982, lo scomparso climatologo russo Mikhail Budyko previde che nel futuro si sarebbe verificato un drastico deficit di CO2 nell'atmosfera e spiegò che una prossima glaciazione avrebbe potuto portare al congelamento completo dell'intera superficie terrestre, oceani compresi. Le uniche nicchie di sopravvivenza, spiegò, sarebbero stati i bordi dei vulcani. La sua ipotesi è ancora origine di controversie, ma 10 anni più tardi si scoprì che 700 milioni di anni fa la Terra aveva già subito un disastro del genere, diventando una "palla di neve" coperta di ghiaccio da un polo ad un altro, con una temperatura media di -40 gradi Celsius.
Presumiamo a titolo ipotetico che Budyko avesse ragione e che tutta la terra finirà congelata. Riuscirà l'umanità a sopravvivere ad un fenomeno del genere? Credo proprio di si. Le tecnologie del nucleare, della fissione dell'uranio e del torio, garantirebbero calore ed elettricità per 5 miliardi di persone per 10 mila anni. Al tempo stesso le scorte di idrogeno degli oceani da impiegare nei reattori a fusione nucleare del futuro dovrebbero bastare per 6 miliardi di anni. Le città, gli impianti industriali, le serre, gli allevamenti, ed anche lo zoo ed i giardini botanici ospitati nelle serre, potrebbero essere riscaldati a tempo praticamente illimitato, e potremmo sopravvivere, insieme a tanti altri organismi, su di un pianeta che è diventato un enorme ghiacciaio. Ritengo però che una soluzione per così dire "passiva" non piacerà molto alle generazioni future, le quali saranno così motivate per scoprire come ripristinare un clima mite per l'umanità e per ogni forma di vita sulla Terra.



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Bella vero?
Niente carbone, turbine, marchingegni......
se na sta lì ferma, bona e produce....... e produrrà per secoli!

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Ma quant'è ignorante la gente che colpevolizza chi è a favore dei pannelli solari?
Costano troppo? Certo! Anzi, costano già troppo poco!
Dite a questa gente che la colpa del prezzo di tali pannelli.. è di chi si ostina a impedire la loro produzione di massa.
Basterebbe iniziare a produrli in massa, ed il prezzo come per magia scenderebbe, e sarebbero alla portata di tutti, e finalmente il grande problema dell'energia sarebbe ridotto di molto.


Ultima modifica di Lawliet il 05/01/2010, 18:31, modificato 1 volta in totale.


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Infatti è sceso, e continua a scendere.
Ma il bello è che il pannello mica lo paghi!
Si paga da solo.
Diciamo che tu crei un'impianto; ogni pannello costa diciamo 2000€
Se piazzi già 10 pannelli è una bella cifretta, quindi ti accendi un mutuo, e la rata del mutuo la paghi con la produzione di energia del pannello che è garantita dal GSE, ovviamente nel contratto con la banca vi è specificato che l'erogazione delle rate parte dal momento di effettiva produzione della centrale. (sennò mi avevano già ridotto sul lastrico). Non ti luccicano gli occhi?

Ps. La centrale che vedi nella foto è perfettamente operativa dall'agosto 2009. Manca solo mezzo metro di cavo che deve piazzare l'enel, e che poverina non riesce proprio a trovare.
Se vi venisse voglia di farlo a casa vostra non fidatevi dell'enelsi, hanno tassi da strozzo! Convenienti solo per loro.



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E' tua? [:0]



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