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 Oggetto del messaggio: Re: Clima questo sconosciuto
MessaggioInviato: 10/10/2020, 19:47 
Come si fa che questa estate in Sicilia ha piovuto in tutte le provincie dell'Isola all'infuori della mia zona (poca pioggerellina) nella quale essendo in una zona pianeggiante-collinare siamo circondati per un raggio di 35-40 Km dai monti Sicani, dove "forse" al centro di questa grande vallata a suo tempo, vi sarà stato il mare con al centro la capitale di Atlantide. [:I] [:306] [:246]


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 Oggetto del messaggio: Re: Clima questo sconosciuto
MessaggioInviato: 15/11/2020, 16:15 
Azzerare le emissioni potrebbe non avere effetti sulle temperature del pianeta: lo studio di simulazione del clima fino al 2500
"Le temperature potrebbero continuare ad aumentare nonostante un drastico calo delle emissioni antropiche" per via della "fusione del ghiaccio artico e del permafrost"


Un team di esperti della BI Norwegian Business School ha eseguito una simulazione del clima a livello globale coprendo l’arco di tempo dal 1850 al 2500, modellando l’effetto di diversi scenari di riduzione delle emissioni. La conclusione a cui sono giunti è che anche se le emissioni di gas serra venissero azzerate, le temperature globali potrebbero comunque continuare a salire per secoli. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Scientific Reports.

scioglimento permafrost riscaldamento globale“I nostri risultati – riporta Jorgen Randers della BI Norwegian Business School – suggeriscono che se le emissioni dovessero raggiungere il picco durante gli anni 2030 e diminuissero entro il 2100, le temperature globali medie saranno piu’ elevate di 3°C e il livello del mare sara’ piu’ alto di circa 3 metri entro il 2500 rispetto alle condizioni del 1850“. L’esperto aggiunge che se le emissioni venissero azzerate durante il 2020, le temperature globali saranno di circa 3°C piu’ elevate e il livello del mare crescera’ di 2,5 metri. “Le temperature potrebbero continuare ad aumentare nonostante un drastico calo delle emissioni antropiche – sostiene il ricercatore – perche’ la fusione del ghiaccio artico e del permafrost contenente carbonio potrebbe aumentare le concentrazioni di vapore acqueo, di gas serra, di metano e anidride carbonica in atmosfera“. Lo scioglimento del ghiaccio artico, aggiunge, potrebbe anche ridurre l’area in grado di riflettere il calore e la luce del sole.

“Per prevenire l’aumento del livello del mare – conclude Randers – le emissioni avrebbero dovuto essere portate a zero tra il 1960 e il 1970. Gli impatti potenzialmente catastrofici di questi scenari sugli ecosistemi terrestri e sulla societa’ umana, sara’ necessario rimuovere almeno 33 gigatonnellate di anidride carbonica dall’atmosfera ogni anno dal 2020 in poi, attraverso metodi di cattura e stoccaggio del carbonio”.


http://www.meteoweb.eu/2020/11/azzerare ... a/1506972/


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 Oggetto del messaggio: Re: Clima questo sconosciuto
MessaggioInviato: 14/12/2020, 19:24 
Copernicus: devastanti incendi in tutto il Mondo nel 2020, ma le emissioni globali causate dal fumo stanno diminuendo
Nonostante alcune regioni siano state particolarmente colpite, ci sono stati meno incendi a livello globale


Gli scienziati di Copernicus Atmosphere Monitoring Service (CAMS) hanno monitorato per tutto l’anno i devastanti incendi che si sono verificati in diversi hotspot in tutto il mondo. Nonostante alcune regioni come gli Stati Uniti occidentali siano state particolarmente colpite, ci sono stati meno incendi a livello globale. Continua così la tendenza di diminuzione delle emissioni iniziata nel 2003.

I dati raccolti in un anno da Copernicus Climate Change Service (CAMS), implementato dal Centro europeo per le previsioni meteorologiche a medio raggio da parte della Commissione Europea, mostrano un quadro complicato per il 2020 delle attività degli incendi in tutto il mondo. Gli scienziati di CAMS rivelano che, mentre aree come il Circolo Polare Artico e gli Stati Uniti occidentali hanno subito incendi di intensità ed emissioni senza precedenti, il 2020 è stato uno degli anni con il più basso numero di incendi attivi su scala globale. Questo ha portato ad un ulteriore calo delle emissioni, seguendo una tendenza continua degli ultimi 17 anni.

Gli scienziati di CAMS monitorano l’attività quotidiana degli incendi in tutto il mondo utilizzando una misura di potenza termica chiamata Potenza Radiativa del Fuoco (FRP). Queste osservazioni provengono da sensori satellitari che possono rilevare il segnale di calore e sono utilizzati per stimare l’intensità degli incendi. CAMS Global Fire Assimilation System (GFAS) utilizza queste osservazioni quasi in tempo reale della posizione e dell’intensità degli incendi attivi per stimare le emissioni di sostanze inquinanti. Per illustrare le attività degli incendi nel 2020, CAMS ha creato un’animazione ad hoc. Inoltre, gli scienziati di CAMS confermano che il 2020 ha visto uno dei più bassi livelli di attività degli incendi nel suo dataset GFAS, iniziato nel 2003, ciò nonostante nelle aree più colpite l’intensità è stata maggiore.

Mentre l’attività degli incendi nell’Africa tropicale meridionale è stata molto bassa quest’anno, si è intensificata l’attività in aree come la Siberia, il Colorado, la California e la regione del Pantanal del Brasile meridionale. Nel 2020, circa 1690 megatonnellate di carbonio sono state liberate nell’atmosfera dal 1° gennaio al 7 dicembre 2020. Questo dato va confrontato con le 1870 megatonnellate di carbonio emesse nel 2019 per vedere la tendenza di riduzione delle emissioni.

Mark Parrington, Senior Scientist ed esperto di incendi di Copernicus Atmosphere Monitoring Service (CAMS), spiega: “Mentre il 2020 è stato certamente un anno devastante per gli incendi nei punti più colpiti, le emissioni in tutto il mondo sono state inferiori grazie a una migliore gestione degli incendi e a misure di mitigazione. Da quando abbiamo iniziato a monitorare gli incendi tramite il nostro sistema GFAS nel 2003, abbiamo assistito a un graduale calo dei tassi di emissione. Tuttavia, non è il momento di fermarsi, poiché gli incendi nelle zone più colpite sono stati di intensità record a causa delle condizioni particolarmente calde e secche. Questo ha portato ad un aumento delle sostanze inquinanti trasportate per migliaia di chilometri, con ripercussioni sulla qualità dell’aria per milioni di persone“.

“Continuando a monitorare quotidianamente la portata, l’intensità e le emissioni di questi incendi in tutto il mondo, il nostro obiettivo è aumentare la consapevolezza del loro impatto su larga scala e su un lungo periodo. I dati raccolti aiutano i policy maker, le organizzazioni, le imprese e i singoli cittadini a implementare piani per contrastare i potenziali effetti dell’inquinamento atmosferico, particolarmente importante ora con lo scoppio della pandemia di COVID-19“, aggiunge.

Nel 2020, quattro sono le aree che sono state maggiormente colpite da incendi ad alta intensità:
Stati Uniti occidentali



I dati di CAMS hanno rilevato che una delle regioni che ha subito incendi più gravi comprende tutta la parte occidentale degli Stati Uniti a seguito di condizioni particolarmente calde e secche da agosto fino a settembre. In diversi stati degli Stati Uniti, a partire dalla California e dal Colorado passando per Oregon, Washington, Utah, Montana e Idaho, i dati hanno mostrato che l’attività nella regione è stata da decine a centinaia di volte più intensa della media del periodo 2003-2019 in tutti gli Stati Uniti, così come per diversi degli Stati colpiti. I pennacchi di fumo di vasta portata degli incendi statunitensi hanno viaggiato anche in alcune parti del Nord Europa, come previsto da CAMS. Questi incendi hanno emesso enormi quantità di

fumo e inquinamento nell’atmosfera con osservazioni satellitari di emissioni di carbonio stimate in oltre 30,3 megatonnellate.
Circolo Polare Artico

Nel frattempo, il 2020 ha rilevato anche incendi nell’estremo nord-est della Siberia e nel Circolo Polare Artico. A maggio, con l’inizio della stagione degli incendi boreali, gli scienziati hanno individuato segni di incendi che si sono riattivati nell’Artico, dopo una primavera insolitamente calda. Anche se non confermati a causa della mancanza di misurazioni del terreno, i cosiddetti “incendi zombie”, che si sono riaccesi dopo aver bruciato sotto terra durante l’inverno, sono stati particolarmente violenti anche in aree molto estese che sono state colpite anche nel 2019.

Già a settembre, gli scienziati di CAMS hanno confermato che gli incendi artici dell’estate 2020 avevano stabilito nuovi record di emissioni, con pennacchi di fumo che coprivano l’equivalente di oltre un terzo del Canada. Utilizzando i dati di Global Fire Assimilation System (GFAS) di CAMS, gli scienziati hanno stimato che le emissioni di CO2 degli incendi nel Circolo Polare Artico sono aumentate di poco più di un terzo rispetto ai dati del 2019. Dal 1° gennaio alla fine di agosto, le emissioni di CO2 per la regione sono state di 244 megatonnellate, rispetto alle 181 megatonnellate dell’intero 2019.
Regione Caraibica

Un’altra parte del mondo che è stata colpita duramente nel 2020 è stata la regione caraibica. Qui CAMS ha condotto il monitoraggio durante la stagione degli incendi tropicali dell’emisfero settentrionale, che si svolge tipicamente da gennaio a maggio. Alla fine della stagione, gli scienziati hanno riferito che le emissioni nella regione, che comprende paesi come Belize, Guatemala, Honduras, Nicaragua, Panama e la penisola dello Yucatan in Messico, erano ben al di sopra della media del 2003-2019. Nel 2020, CAMS ha stimato che 2,5 megatonnellate di carbonio sono state rilasciate nell’atmosfera dagli incendi in Honduras, più di qualsiasi altro anno dal 2003. Anche il Belize e la penisola dello Yucatan hanno rilasciato emissioni di carbonio superiori alla media del 2003-2019.

Anche il Venezuela ha registrato un’attività superiore alla media in tutti e quattro i mesi nel primo trimestre del 2020, con emissioni di carbonio superiori a qualsiasi anno dall’inizio delle registrazioni di CAMS nel 2003. Nel frattempo, la Colombia ha registrato un’intensa attività nel mese di febbraio dopo un inizio lento con emissioni complessive di carbonio superiori alla media del periodo 2003-2019.
Australia

A gennaio 2020, il New South Wales nel sud dell’Australia ha dichiarato lo stato di emergenza durato una settimana a causa degli incendi. Precedentemente, all’inizio di dicembre, gli incendi sono divampati nello stato di Victoria e in quell’occasione sono stati bruciati quasi un milione di ettari di terreno. Rilasciando oltre 400 megatonnellate di anidride carbonica nell’atmosfera, questi incendi hanno avuto un effetto importante sulla qualità dell’aria, poiché il fumo ha coperto un’area di 20 milioni di chilometri quadrati, grande abbastanza da coprire tutta la Russia e un terzo dell’Europa.
Strumenti per l’utente

Per il 2020, CAMS ha lanciato sul suo sito una pagina di monitoraggio a livello globale degli incendi per condividere le informazioni raccolte con la popolazione mondiale. La pagina contiene una grande quantità di informazioni, tra cui mappe, animazioni, Q&A e ultimi aggiornamenti. CAMS ha anche stretto una partnership con il noto strumento per la visualizzazione delle previsioni meteorologiche Windy. Questa applicazione utilizza i dati di CAMS per le previsioni relative agli incendi, tra cui la profondità ottica dell’aerosol, il particolato e l’intensità dell’incendio.


http://www.meteoweb.eu/2020/12/copernic ... o/1521563/


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 Oggetto del messaggio: Re: Clima questo sconosciuto
MessaggioInviato: 27/12/2020, 22:56 
I grandi terremoti sono la causa del riscaldamento dell’Artico: lo studio che scagiona l’attività umana
E' opinione diffusa che il riscaldamento globale sia causato dall'attività umana: un recente studio, però, indica come causa i grandi terremoti


Un ricercatore del MIPT ha proposto una nuova spiegazione per il rapido riscaldamento dell’Artico. In un suo recente articolo su Geosciences, suggerisce che il riscaldamento potrebbe essere stato innescato da una serie di grandi terremoti.

Il riscaldamento globale è una delle questioni più urgenti da affrontare a livello globale. È opinione diffusa che sia causato dall’attività umana, che aumenta la concentrazione di gas serra nell’atmosfera. Tuttavia, questa visione non spiega perché le temperature a volte aumentano abbastanza bruscamente. Nell’Artico, uno dei fattori che determinano il riscaldamento climatico è il rilascio di metano dal permafrost e idrati di gas metastabili nella zona di piattaforma. Da quando i ricercatori hanno iniziato a monitorare le temperature nell’Artico, la regione ha visto due periodi di riscaldamento improvviso: prima negli anni ’20 e ’30, e poi a partire dal 1980 e fino ad oggi.

Leopold Lobkovsky, autore dello studio riportato in questo articolo, è un membro dell’Accademia delle scienze russa e capo del Laboratorio MIPT per la ricerca geofisica dei margini artici e continentali dell’Oceano Mondiale. Nel suo articolo, lo scienziato ha ipotizzato che i bruschi cambiamenti di temperatura inspiegabili potrebbero essere stati innescati da fattori geodinamici. In particolare, ha indicato una serie di grandi terremoti nell’Arco Aleutino, che è l’area sismicamente attiva più vicina all’Artico.

Per verificare la sua ipotesi, Lobkovsky ha dovuto rispondere a tre quesiti. Primo, le date dei grandi terremoti coincidevano con i salti di temperatura? In secondo luogo, qual è il meccanismo che consente ai disturbi litosferici di propagarsi per più di 2.000 chilometri dalle Isole Aleutine alla regione della piattaforma artica? Terzo, in che modo questi disturbi intensificano le emissioni di metano?

La risposta alla prima domanda è arrivata dall’analisi dei dati storici. Si è scoperto che l’Arco delle Aleutine era effettivamente il sito di due serie di grandi terremoti nel 20 ° secolo (maggiori dettagli sotto il testo). Ciascuno di essi ha preceduto un brusco aumento della temperatura di circa 15-20 anni.

Ci è voluto un modello di dinamica della sollecitazione litosferica per rispondere alla seconda domanda. Il modello utilizzato dal ricercatore descrive la propagazione delle cosiddette onde tettoniche e prevede che dovrebbero viaggiare a circa 100 chilometri all’anno. Ciò concorda con il ritardo tra ciascuna delle grandi serie di terremoti e il successivo aumento della temperatura, poiché le perturbazioni hanno impiegato dai 15 ai 20 anni per essere trasmesse su 2.000 chilometri.

Per rispondere alla terza domanda, il ricercatore ha proposto la seguente spiegazione: le onde di deformazione che arrivano nella zona di piattaforma causano minori sollecitazioni aggiuntive nella litosfera, che sono sufficienti per interrompere la struttura interna degli idrati di gas metastabili e del permafrost che immagazzina il metano catturato. Questo rilascia metano nell’acqua della piattaforma e nell’atmosfera, portando al riscaldamento climatico nella regione a causa dell’effetto serra.

“Esiste una chiara correlazione tra i grandi terremoti nell’arco delle Aleutine e le fasi del riscaldamento climatico. Esiste un meccanismo per trasmettere fisicamente gli stress nella litosfera alle velocità appropriate. E questi stress aggiunti sono in grado di distruggere gli idrati di gas metastabili e il permafrost, rilasciando metano. Ciascuno dei tre componenti in questo schema è logico e si presta a spiegazioni matematiche e fisiche. È importante sottolineare che spiega un fatto noto – il brusco aumento delle anomalie di temperatura nell’Artico – che è rimasto non spiegato dal precedente modelli”, ha commentato Lobkovsky.


http://www.meteoweb.eu/2020/12/grandi-t ... o/1526461/


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 Oggetto del messaggio: Re: Clima questo sconosciuto
MessaggioInviato: 07/01/2021, 19:49 
Antartide, Omm: si è chiuso il buco nell'ozono da record Monitorato da 40 anni, era cresciuto rapidamente dall'agosto scorso

Il buco dell'ozono antartico da record del 2020 si è chiuso alla fine di dicembre "dopo una stagione eccezionale a causa delle condizioni meteorologiche naturali e della continua presenza di sostanze che riducono lo strato di ozono nell'atmosfera".

Lo comunica l'Organizzazione mondiale della meteorologia (Omm-Wmo) ricordando che il buco era cresciuto rapidamente da metà agosto scorso, raggiungendo il picco di circa 24,8 milioni di chilometri quadrati il 20 settembre, diffondendosi su gran parte del continente antartico.

Questo buco è stato provocato da un vortice polare forte, stabile e freddo e da temperature molto fredde nella stratosfera (lo strato dell'atmosfera tra circa 10 km e circa 50 km di altitudine), spiega l'Omm, gli stessi fattori meteorologici che hanno contribuito al buco dell'ozono record nell'artico del 2020.

Una situazione in contrasto con il buco dell'ozono antartico insolitamente piccolo e di breve durata che c'è stato nel 2019.

"Le ultime due stagioni del buco dell'ozono dimostrano la sua variabilità di anno in anno e migliorano la nostra comprensione dei fattori responsabili della sua formazione, estensione e gravità", afferma Oksana Tarasova, capo della divisione di ricerca sull'ambiente atmosferico dell'omm. "Abbiamo bisogno di un'azione internazionale continua - aggiunge - per applicare il protocollo di Montreal" che vieta le emissioni di sostanze chimiche che riducono lo strato di ozono.

L'Omm ricorda che "è stato il buco più duraturo e uno dei più grandi e profondi dall'inizio del monitoraggio 40 anni fa".


https://www.rainews.it/dl/rainews/artic ... refresh_ce


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 Oggetto del messaggio: Re: Clima questo sconosciuto
MessaggioInviato: 27/03/2021, 18:39 
NON ESISTE EMERGENZA CLIMATICA, LO AFFERMANO 500 ESPERTI IN UNA LETTERA ALLE NAZIONI UNITE

Guarda su youtube.com


Il video qui sopra è di Friends of Science, una “organizzazione no-profit con sede in Canada gestita da volontari, composta principalmente da scienziati, ingegneri e altri professionisti attivi e in pensione della scienza della terra e dell’atmosfera”. Nello stesso giorno della scorsa settimana mentre Greta Thunberg teneva un appassionato discorso alle Nazioni Unite sui suoi timori di un’emergenza climatica, un gruppo di 500 eminenti scienziati e professionisti, guidati dal CLINTEL il co-fondatore Guus Berkhout, ha inviato questa lettera raccomandata al Segretario generale delle Nazioni Unite affermando che non esiste una emergenza climatica e che le politiche climatiche dovrebbero essere studiate e progettate a beneficio della vita e del benessere delle persone. Questo il comunicato stampa, questo l’elenco dei 500 firmatari, e questa l’apertura della lettera:

Una rete globale di oltre 500 scienziati professionisti informati ed esperti nel clima e nei settori correlati ha l’onore di indirizzare alle Vostre Eccellenze l’allegata Dichiarazione sul clima europeo, di cui i firmatari di questa lettera sono gli ambasciatori nazionali. I modelli climatici di circolazione generale su cui si basa attualmente la politica internazionale non sono adatti al loro scopo.

Pertanto, è crudele oltre che imprudente sostenere lo sperpero di trilioni di dollari sulla base di risultati di tali modelli immaturi. Le attuali politiche climatiche minano inutilmente e gravemente il sistema economico, mettendo a rischio vite umane in paesi nel quale è stato negato l’accesso a un’energia elettrica economica e affidabile. Ti esortiamo a seguire una politica climatica basata su una scienza solida, un’economia realistica e un’autentica preoccupazione per coloro che sono danneggiati da tentativi di mitigazione costosi ma inutili.

Ecco i punti specifici sui cambiamenti climatici evidenziati nella lettera:



1 Fattori naturali e non antropogenici provocano il riscaldamento.
2. Il riscaldamento è molto più lento del previsto.
3. La politica climatica si basa su modelli inadeguati.
4. La CO2 non è un inquinante. È un alimento vegetale essenziale per tutta la vita sulla Terra. La fotosintesi è una benedizione. Maggiore CO2 è benefico per la natura, rendendo più verde la Terra: ulteriore CO2 nell’aria ha promosso la crescita della biomassa vegetale globale. È anche un bene per l’agricoltura, aumentandone i raccolti in tutto il mondo.
5. Il riscaldamento globale non ha aumentato i disastri naturali.
6. La politica climatica deve rispettare le realtà scientifiche ed economiche.
7. Non c’è emergenza climatica. Pertanto, non c’è motivo di panico.

MP : Che dire di quel “consenso” e di quella “scienza consolidata” sui cambiamenti climatici di cui sentiamo sempre parlare? Come può esserci un consenso quando esiste una rete globale di oltre 500 scienziati e professionisti informati ed esperti nel clima e nei campi correlati che sfidano la “scienza consolidata”?

In realtà, sfidare il consenso tra la comunità scientifica non è una novità, ma quelle le voci di coloro che sfidano il consenso sono sempre soffocate dallo tsunami dell’isteria climatica degli allarmisti climatici. Ad esempio, nel 2012 un gruppo di oltre 125 scienziati ha inviato una lettera aperta alle Nazioni Unite avvertendo che le prove scientifiche confutavano le ripetute affermazioni del Segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-Moon su tempo e clima. Quegli avvertimenti di isteria climatica non supportati dalle prove scientifiche sono stati ignorati nel 2012, proprio come la lettera dei 500 eminenti scienziati e professionisti verrà ignorata nel 2019. In altre parole, è “déjà vu di nuovo”.


https://www.attivitasolare.com/non-esis ... oni-unite/


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 Oggetto del messaggio: Re: Clima questo sconosciuto
MessaggioInviato: 11/06/2021, 17:40 
Inverno con tanta neve, i ghiacciai prendono fiato in Alto Adige: accumuli del 10-30% in più rispetto alla media
La stagione invernale appena trascorsa in Alto Adige ha registrato accumuli di neve sui ghiacciai del 10-30% in più rispetto alla media


È maggio il mese dell‘anno in cui vengono abitualmente svolti sui ghiacciai altoatesini i rilievi per valutare la quantità di accumulo di neve che si è formato durante l’inverno. Una prima analisi dei dati raccolti in alta quota mostra che gli accumuli medi quest’inverno sono dell’ordine del 10-30% superiori rispetto alla media, riferisce Roberto Dinale, direttore dell’Ufficio idrologia e dighe. “Le maggiori eccedenze – spiega – sono state registrate tra il gruppo dell’Ortles e il Brennero, le più piccole nella zona della Valle Aurina. La fase più nevosa dello scorso inverno, da dicembre a metà febbraio, è stata caratterizzata da una serie di perturbazioni meridionali che hanno interessato la cresta di confine orientale delle Alpi in misura inferiore rispetto ad altre parti dell’Alto Adige“.


Anche quest’anno i sopralluoghi sono stati coordinanti dall’Agenzia per la protezione civile in collaborazione con il Comitato glaciologico italiano e la Ripartizione foreste. Le misure di monitoraggio dei ghiacciai in Alto Adige hanno riguardato la Vedretta Lunga in Val Martello, il Ghiacciaio di Malavalle in Val Ridanna e la Vedretta occidentale di Ries in Valle di Riva di Tures, rappresentativi della climatologia dei diversi settori di questa parte del territorio. “I ghiacciai sono uno specchio del sistema climatico: sono testimoni di eventi del passato e permettono di trarre conclusioni sul futuro della terra”, afferma l’assessore provinciale alla protezione civile Arnold Schuler. Per ciò che riguarda la misurazione del bilancio di massa dei ghiacciai, “essa è complessa e necessaria per capire e documentare la relazione tra l’evoluzione del clima e il comportamento dei ghiacciai”, spiega Klaus Unterweger, direttore dell’Agenzia per la protezione civile.
L’importanza delle temperature estive

La stagione invernale rappresenta tuttavia solo uno dei due indicatori che compongono il bilancio di massa annuale di un ghiacciaio. Un peso ancora maggiore è esercitato dallo scioglimento della neve e del ghiacciaio nei mesi caldi di luglio e agosto. Prolungate e persistenti anomalie termiche positive a luglio ed agosto hanno infatti un impatto molto negativo sui ghiacciai e possono ribaltare l’esito di annate con inverni relativamente nevosi, come nel caso del 2003 passato poi alla storia come “l’anno più nero per i ghiacciai alpini degli ultimi secoli”. Negli ultimi trent’anni il bilancio di massa dei ghiacciai delle Alpi orientali è stato equilibrato o leggermente positivo solo una volta ogni dieci anni, a fronte di un dato medio di perdita di circa un metro di spessore del ghiaccio ogni anno. “Anche in questo 2021 non si possono quindi fare previsioni rosee, ma, in ragione dei cospicui accumuli invernali e del mese di maggio relativamente freddo, è probabile che quest’anno non si registreranno record negativi sui ghiacciai del nordest”, conclude Roberto Dinale.



https://www.meteoweb.eu/2021/06/inverno ... e/1696289/


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MessaggioInviato: 25/06/2021, 15:28 
Il Prof. Prestininzi smonta l’allarmismo sui cambiamenti climatici: “da 40 anni si parla di catastrofe imminente, ma la verità è un’altra”
La storia geologica ed i suoi archivi possono aiutarci a decifrare il comportamento climatico del nostro pianeta? Il Prof. Alberto Prestininzi, Docente di Geologia presso La Sapienza, smonta l'allarmismo sul clima

Il Collegio degli Ingegneri di Padova ha promosso il ciclo di conferenze dal titolo “Dialoghi sul Clima” per dare voce ai numerosi punti di vista su questo tema tanto dibattuto. L’obiettivo è promuovere un confronto su ampia scala e sui diversi aspetti del clima, ospitando esperti dei diversi settori al fine di acquisire un quadro complessivo fondato su basi scientifiche.

Nell’appuntamento del 26 Maggio, è intervenuto il Prof. Alberto Prestininzi, Docente di Geologia applicata presso La Sapienza di Roma, che ha affrontato alcuni temi spesso trascurati nel dibattito nazionale: cosa emerge dalle conoscenze del passato? La storia geologica ed i suoi archivi possono aiutarci a decifrare il comportamento climatico del nostro pianeta? Ecco i contenuti principali dell’intervento del Prof. Prestininzi.

Sono oltre 40 anni che tv, giornali e media parlano di “catastrofi imminenti” riguardo al clima, “incutendo terrore misto a minacce e ritorsioni, mentre l’accademia non è più il luogo del confronto”. Inizia così l’intervento di Prestininzi, che cita come esempi i seguenti articoli di giornale:

1989 Repubblica, 2 novembre – Dieci anni per salvare la Terra, lo affermano gli scienziati
2007 Repubblica, 16 dicembre – Ambiente: due anni per salvare il mondo. Gli scienziati sono ormai tutti d’accordo
2007 Corriere della Sera, 5 maggio – Le Cure per guarire la Terra suggerite dagli scienziati: ci sono solo 8 anni di tempo
2008 Repubblica, Giugno – Entro l’estate Polo senza ghiaccio; Lo dicono gli scienziati
2013 Repubblica, 9 settembre – Dieci anni per salvare il pianeta. L’allarme degli scienziati dell’Onu. (dal Quinto Report IPCC).

“Come mai abbiamo trasferito questo tema dai luoghi deputati alla ricerca ad un dibattito-confronto politico-ideologico, gestito formalmente dal sistema di comunicazione?”, si chiede l’esperto. “DaI severo discorso fatto da J. Hansen al Congresso USA nel 1988, l’ONU ha assunto l’onere «di capire» fondando l’IPCC (presieduto sempre da economisti), al quale è stato affidato il compito «scientifico» di verificare gli effetti sul clima connessi alle emissioni di CO₂. Negli ultimi due decenni, gran parte dell’isteria sul riscaldamento globale – in seguito ri-etichettata “cambiamenti climatici” – si è basata sul cosiddetto grafico a “mazza da hockey” creato da Michael Mann (figura seguente). Il grafico è stato utilizzato dall’IPCC per rendere credibili i modelli previsionali. Ma questo grafico è una frode. Un algoritmo software creato dall’uomo e truccato per produrre una forma di bastone da hockey, indipendentemente dai dati reali. A Michael Mann non piaceva essere considerato un ciarlatano dagli scienziati critici, quindi li ha citati in giudizio per diffamazione. E alla fine di agosto 2019, una di quelle cause è stata conclusa dalla Corte Suprema della British Columbia, in Canada, che ha respinto la causa di Mann contro il Dr. Tim Ball. Ma c’è di più. Secondo Principia-Scientific, il tribunale non solo ha accolto la domanda di Ball per l’annullamento della causa pluriennale da nove milioni di dollari, ma ha anche compiuto il passo aggiuntivo garantendo a Ball di non pagare i costi legali. Si prevede che questo straordinario risultato provocherà gravi ripercussioni legali per il dottor Mann negli Stati Uniti e potrebbe rivelarsi fatale per le affermazioni scientifiche sul clima secondo cui le temperature moderne sono “senza precedenti”. Michael Mann si è rifiutato di consegnare i dati che ha utilizzato per costruire il grafico”, spiega Prestininzi, che è poi passato ad affrontare l’aspetto scientifico della questione clima.

Immagine

“Un gruppo internazionale di esperti ha studiato le carote di ghiaccio nell’Antartide, arrivando fino a 800.000 anni fa e ricostruendo le variazioni della CO₂, della temperatura e del metano nel tempo (figura seguente). Si nota che ci sono cicli grossomodo di 100.000 anni, che sono esattamente i cicli di Milankovic. Milankovic ha giustificato le vecchie glaciazioni con dei cicli che obbedivano a quella che era l’oscillazione dell’asse terrestre e quindi degli effetti del sole sulla Terra, producendo questi cicli periodici di 100.000 anni. Nei 100.000 anni, ci sono oscillazioni minime che hanno una grossa influenza e che noi possiamo misurare”, spiega Prestininzi.

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Diminuendo la scala a 10.000 anni, attraverso dati veri ottenuti da fossili guida, usati per la datazione relativa delle rocce, l’esperto illustra l’esempio del clima in Europa nell’Olocene, evidenziando le grandi oscillazioni all’interno di questo periodo. “Il clima della Terra non è qualcosa di omogeneo: abbiamo un clima che caratterizza la parte all’estremo nord, un clima temperato, un clima che riguarda la zona equatoriale e così via. In ognuno di questi evidentemente ci sono condizioni differenti e quindi trovare le medie globali del clima per capire qual è il trend è una cosa molto molto difficile”, spiega Prestininzi.

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L’esperto sottolinea come l’andamento del clima degli ultimi 10.000 anni “rispetta certe leggi che oggi andiamo via via dipanando perché esistono delle perfette correlazioni con questi cicli inferiori ai 100.000 anni e questi cicli trovano corrispondenza con l’attività solare”. Prestininzi evidenzia poi che dal grafico sull’andamento della CO₂, basato su dati reali, non emerge alcun tipo di correlazione con le oscillazioni della temperatura negli ultimi 10.000 anni.

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L’intervento di Prestininzi si concentra poi su uno studio condotto da ricercatori italiani e pubblicato su Scientific Reports, dal titolo “Persistent warm Mediterranean surface waters during the Roman period”. Nello studio, i ricercatori hanno voluto misurare la temperatura superficiale del Mediterraneo in un certo tempo, utilizzando punti particolari come Mar Egeo, Mare di Sicilia, Mare di Minorca e Mare di Alboran (Stretto di Gibilterra). In questi punti, sono stati eseguiti dei carotaggi. I dati ottenuti sono poi stati confrontati con le oscillazioni del Nord Atlantico. È emerso che il cosiddetto periodo caldo romano è presente in tutte le valutazioni. Tutti questi dati dimostrano che si tratta di un “trend generale del pianeta”, spiega l’esperto. Nel caldo romano, “Annibale ha attraversato con gli elefanti le Alpi, che erano caratterizzate da una bassa presenza di neve, cosa che circa 100 anni dopo non avrebbe potuto fare a causa del seguente abbassamento della temperatura durante la Piccola Era Glaciale, durata fino al 1700. Poi inizia il trend in risalita del riscaldamento in cui oggi siamo immersi. Dallo studio è emerso che durante il periodo romano c’erano circa 2°C in più rispetto ad adesso”, aggiunge l’esperto.

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Prestininzi parla poi del bacino dell’Amerasia, sotto i ghiacci dell’Artico. “Finora sono state condotte poche ricerche per la difficoltà di esplorare il fondale marino sotto la coltre di ghiacci dell’Artico. Da 10 anni, due grandi centri di ricerca, uno in Germania e uno negli Stati Uniti, stanno conducendo e pubblicando ricerche interessantissime che però non vengono assolutamente pubblicizzate. L’IPCC non ne parla. Gli studi stanno documentando una straordinaria attività vulcanica con emissioni idrotermali ad altissima temperatura lungo l’estremità della dorsale medio atlantica, lunga 1.600km, sotto i ghiacci del Mar Glaciale Artico. Questo idrotermalismo, ossia una circolazione di acque calde, va ad influenzare tutto il bacino”, spiega l’esperto, affrontando il tema del riscaldamento dell’Artico, tanto dibattuto quando si parla di riscaldamento globale.

Prestininzi poi parla delle proiezioni ufficiali fornite dall’IPCC riguardo l’innalzamento del livello del mare entro il 2030. Nel 1977, era stato previsto un innalzamento di 6 metri, nel 1985 era stato previsto un innalzamento di 1,4 metri. Nel 1990, si prevedeva un innalzamento di 0,3 metri, sceso a 0,2 nelle proiezioni del 1995 e a 0,17 nelle proiezioni del 2000. Nel 2013, infine, è stato previsto un innalzamento di 0,53-0,98 metri entro il 2100. Prestininzi sottolinea, invece, come negli ultimi anni il livello del mare abbia oscillato solo di pochi centimetri, sulla base di dati satellitari reali.

A conclusione del suo intervento, l’esperto cita il Premio Nobel per la Fisica Ivar Giaever che ha definito il riscaldamento globale come “una nuova religione”: bisogna cioè accettare la tesi delle responsabilità umane come un dogma ed è proibito discuterne da un punto di vista scientifico.


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 Oggetto del messaggio: Re: Clima questo sconosciuto
MessaggioInviato: 03/07/2021, 17:52 
Il Prof. Scafetta: “il clima della Terra segue dei cicli naturali, i modelli dell’IPCC non sono validati scientificamente e non sono affidabili per le previsioni”
Il Prof. Scafetta affronta il tema dell'allarmismo sul clima: "i modelli sui quali è basata la teoria “antropica” del riscaldamento globale osservato dal 1850 al 1900 non sono validati scientificamente, si contraddicono tra di loro e, quindi, non possono essere considerati affidabili per le previsioni future"

Il Collegio degli Ingegneri di Padova ha promosso il ciclo di conferenze dal titolo “Dialoghi sul Clima” per dare voce ai numerosi punti di vista su questo tema tanto dibattuto. L’obiettivo è promuovere un confronto su ampia scala e sui diversi aspetti del clima, ospitando esperti dei diversi settori al fine di acquisire un quadro complessivo fondato su basi scientifiche.

Nell’appuntamento del 26 Maggio, è intervenuto il Prof. Nicola Scafetta, professore di climatologia all’università di Napoli, che ha affrontato il tema dell’interpretazione del cambiamento climatico, dai modelli climatici al complesso comportamento del sistema solare e gli effetti sul riscaldamento del pianeta.

“Il clima della Terra è sempre cambiato”, esordisce Scafetta, illustrando tutte le oscillazioni del grafico seguente. “Affermare che il clima di oggi sia anomalo rispetto al passato è una cosa che oggettivamente non si vede nei dati, che sono chiarissimi. Il clima della Terra è cambiato tantissimo. Nella storia della Terra, noi viviamo in un punto interglaciale caldo che appartiene ad un’epoca glaciale. Il clima della Terra non solo non è costante ma sembra anche caratterizzato da tutta una serie di oscillazioni naturali, che sono importantissime per poter interpretare correttamente il clima. Ma di tutte queste oscillazioni spesso non si sente parlare”.

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“Al contrario, nei media si parla molto di questo catastrofismo: il pianeta sarebbe in fiamme, gli scienziati affermerebbero che siamo sulla soglia della catastrofe. Abbiamo attivisti climatici che sostengono che la nostra casa è in fiamme. Abbiamo casi come Al Gore che nel 2007, durante il discorso per il Premo Nobel, affermò che tutta la calotta polare artica si sarebbe sciolta. Tutte profezie catastrofiste che ovviamente non sono avvenute”, sottolinea Scafetta.

“Da un punto di vista scientifico, quando si parla di cambiamenti climatici, l’argomento viene affrontato in due modi: da una parte abbiamo i dati climatici e dall’altra parte abbiamo i modelli climatici, che cercano di simulare il sistema climatico, mettendo insieme i vari meccanismi che si intendono essere responsabili di un cambiamento climatico. Dal punto di vista scientifico, questi due approcci vanno confrontati con grande accuratezza. Dal 1850 ad oggi, la temperatura è aumentata di circa 0,9°C, ma le temperature non sono cresciute in modo lineare. Si nota un riscaldamento ma modulato da un’oscillazione di circa 60 anni”, spiega l’esperto, sottolineando nel grafico seguente il periodo di 60 anni dal 1880 al 1940 e quello dal 1940 al 2000.

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Dal confronto tra la temperatura e le simulazioni medie dei modelli (grafico seguente), emerge che “l’oscillazione di circa 60 anni non viene riprodotta dai modelli”. “I modelli mostrano un andamento più o meno monotonico, interrotto da alcune eruzioni vulcaniche che si sono susseguite negli ultimi 150 anni. Ma l’oscillazione di 60 anni, molto chiara nei dati, non si vede affatto nei modelli”, spiega Scafetta, che aggiunge: “Si ragiona molto sui modelli, quando in realtà si dovrebbe ragionare sui dati. Dai modelli si deduce che la temperatura, soprattutto se le emissioni continuano a seguire l’andamento degli ultimi tempi, dovrebbe aumentare drasticamente. E si conclude che se la temperatura dovesse raggiungere i 2°C o addirittura 1,5°C sopra il livello preindustriale (1850-1900), il sistema climatico avrebbe molti problemi”, secondo le proiezioni dell’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) dell’ONU.

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“Ma questo messaggio è basato sui modelli. Questi modelli usano tutta una serie di meccanismi interni della dinamica dell’atmosfera e dell’oceano e specifici forzanti radiativi, quelli naturali (sole e vulcani) ed quelli antropici (CO₂, aerosols, ecc…). Secondo questi modelli, dal 1850 ad oggi, il riscaldamento sarebbe quasi interamente indotto dalla componente antropica”, aggiunge Scafetta. L’esperto cita il modello CMIP3, pubblicato dall’IPCC nel 2007, e il modello CMIP5, pubblicato nel 2013, secondo i quali, i forzanti naturali non sarebbero stati in grado di indurre alcun riscaldamento dal 1850 al 1900. Quando nei modelli vengono inseriti i forzanti antropici, si osserva il riscaldamento. Quindi da questi modelli, si dovrebbe dedurre che il 100% del riscaldamento dal 1850 al 1900 è antropico. Sulla base di quanto si deduce da questi modelli, spiega Scafetta, il riscaldamento globale viene definito riscaldamento antropico.

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Ma dal punto di vista scientifico, questa logica funziona? “I media riportano che il 97% degli scienziati è d’accordo nell’affermare che c’è un riscaldamento antropico del pianeta, tuttavia solo il 55% del pubblico ritiene che gli scienziati siano d’accordo. E quindi i media riportano un “gap” tra quello che gli scienziati direbbero e quello che la gente capisce. In realtà, questi messaggi sono estremamente fasulli perché le cose non sono affatto così. Un sondaggio dell’Associazione dei Meteorologi Americani del 2016 ha chiesto a 4.000 membri dell’associazione cosa ne pensano riguardo al riscaldamento globale. Il 96% afferma che un riscaldamento globale in atto c’è, tuttavia sulla causa di tale riscaldamento, i meteorologi si dividono in tanti gruppi. Soltanto il 29% ritiene che l’uomo abbia contribuito dall’80% al 100%, mentre il restante 70% dei meteorologi ha delle idee molto diverse, che vanno da un contributo maggiormente umano fino ad un contributo quasi totale della natura. Di conseguenza, il 71% dei meteorologi non è affatto d’accordo con la tesi dell’IPCC, secondo cui il 100% del riscaldamento è di natura antropica. E quindi non è assolutamente vero che c’è tutto questo consenso”, spiega Scafetta.

Ma perché non c’è un consenso? Secondo Scafetta, “il motivo è molto semplice”. Nel ragionamento che porta a ritenere che il 100% del riscaldamento sia antropico, c’è una “violazione del metodo scientifico perché il metodo scientifico richiede che le ipotesi modellistiche siano confermate dai dati” ma i dati sperimentali non corrispondono alle previsioni dei modelli CMPI3 e CMIP5 sui forzanti naturali. “Quindi la tesi che il 100% del riscaldamento dal 1850 al 1900 è antropico non è validata. La predizione dei modelli climatici che senza l’azione dell’uomo la temperatura globale della superficie del pianeta sarebbe rimasta costante dal periodo pre-industriale ad oggi non è confermata da nessuna evidenza sperimentale. Infatti, non si dispone di un pianeta Terra gemello al nostro e senza l’uomo, su cui prendere le misure sperimentali necessarie per verificare la predizione del modello”, spiega Scafetta. Per validare i modelli climatici, “bisogna dimostrare che i modelli sono in grado di riprodurre la temperatura climatica superficiale del pianeta quando l’uomo non era in grado di alterarla con l’emissione di CO₂ attraverso l’uso dei combustibili fossili ed altro. Vanno studiati i pattern dinamici del clima per verificare che il modello li riproduca correttamente. Alternativamente vanno usati modelli empirici o semiempirici che simulano direttamente gli andamenti dinamici del clima”, aggiunge l’esperto.

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“Curiosamente nel 2001, l’IPCC cambia opinione perché prima del 2001 riteneva che almeno il 50% del riscaldamento osservato dal 1900 al 2000 fosse naturale”, riporta Scafetta. Il cambiamento dell’IPCC è avvenuto a seguito del ben noto grafico a “mazza da hockey” creato da Michael Mann, secondo cui nell’emisfero settentrionale, le temperature dal Medioevo fino al 1900 erano rimaste più o meno costanti e poi dal 1900 c’è stata una forte impennata, che corrisponderebbe all’impennata delle concentrazioni di gas serra, in particolare anidride carbonica, metano e ossido d’azoto. “Questa sarebbe la giustificazione che validerebbe i modelli dell’IPCC. Tuttavia, quello che non si dice è che l’IPCC ha sostenuto la tesi dell’hockey stick nel 2001, l’ha sostenuta nel 2007 però poi l’ha abbandonata nel 2013. Tanto che ora si parla di “illusione dell’hockey stick”, afferma Scafetta, aggiungendo che poi l’IPCC ha prodotto grafici sulla temperatura che presentano andamenti ciclici, in particolare un grande ciclo millenario, e in cui l’hockey stick scompare (grafico seguente).

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“I modelli dell’IPCC relativi agli ultimi 1.200 anni falliscono nel riprodurre il Caldo Medievale, che è molto documentato in tutto il mondo, e in parte anche la Piccola Era Glaciale. Quindi si può dire che i modelli non sono in grado di riprodurre i periodi caldi del passato. Inoltre, i modelli non sono in grado di riprodurre neanche l’ottimo dell’Olocene”, spiega Scafetta, che aggiunge come i problemi con questi modelli continuano anche negli ultimi 50 anni, poiché mostrano un trend di riscaldamento nettamente superiore alle osservazioni. “Essenzialmente, i modelli prevedono un forte hotspot sopra l’Equatore a circa 7.000-8.000 metri di quota, ma questo hotspot non si vede nei dati. In genere, questi modelli non riproducono nessuno dei grandi periodi caldi del passato”, sostiene Scafetta.

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Ma i modelli non sono in grado di riprodurre nemmeno il caldo dei periodi precedenti, quindi quando in riferimento al riscaldamento contemporaneo, si parla con allarmismo di un aumento della temperatura che non si è mai osservato nella storia dell’umanità, non è assolutamente vero, in quanto la temperatura del pianeta conosce oscillazioni che fanno parte di un grande ciclo millenario, spiega Scafetta. “Il grande ciclo millenario si vede anche sulle Alpi”, spiega l’esperto. Da uno studio dei ghiacciai e del livello della vegetazione delle Alpi, emerge che “nel Medioevo i ghiacciai alpini erano più ristretti di oggi, nel periodo romano erano ancora più ristretti di oggi e andando indietro nel tempo, abbiamo ghiacciai sempre più ristretti durante l’ottimo dell’Olocene”, spiega Scafetta, citando il passaggio di Annibale sulle Alpi con gli elefanti, cosa che oggi non sarebbe possibile, e il ritrovamento di molti tronchi di albero a livelli dove oggi non cresce nulla, ulteriore conferma che in passato il clima era più caldo rispetto ad oggi, favorendo la crescita di vegetazione. Questo studio, inoltre, conferma periodi caldi ogni mille anni negli ultimi 10.000 anni sulle Alpi, “il che significa che ci troviamo di fronte ad un ciclo di circa 1.000 anni ma i modelli non sono in grado di riprodurre nessuno di questi periodi caldi del passato”, continua l’esperto.

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“Ma allora come facciamo a dire che il periodo caldo contemporaneo sia anomalo? Che sia dovuto all’uomo al 100%? I dati ci dicono cose ben precise sul clima che i modelli non riproducono. Il ciclo millenario dimostra che il riscaldamento osservato dal 1700 ad oggi è stato principalmente indotto da cause naturali. Il fatto che i modelli non lo riproducano implica che questi sono fisicamente erronei e non usano i veri forzanti del clima. Tra i vari forzanti che si possono utilizzare, l’unico che contiene un ciclo millenario è l’attività solare, che si correla con il ciclo millenario delle temperature. Quindi solo il sole è in grado di spiegare il ciclo millenario ma non viene quasi considerato dai modelli climatici. Il sole è chiaramente il principale artefice del cambiamento climatico”, afferma Scafetta, citando due studi che mostrano una ottima correlazione tra i dati solari e alcune serie climatiche, che dimostrano che per migliaia e migliaia di anni, il sole è stato il principale artefice del cambiamento climatico.

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In uno studio dello stesso Scafetta, l’esperto ha confrontato le oscillazioni della temperatura globale negli ultimi 150 anni con le oscillazioni fondamentali del sistema solare, osservando che il clima della Terra presenta le stesse oscillazioni del sistema solare. Il Prof. Scafetta ha condotto diversi studi su una serie di oscillazioni astronomiche del sistema solare: per esempio, la variazione dell’eccentricità di Giove si correla perfettamente con i cicli di 60 anni che si osservano nel clima. In questo studio, “le oscillazioni di 60 anni si ritrovano anche nella caduta delle meteore sulla Terra, che hanno un ciclo di 60 anni, e quindi potrebbe esserci un forzante astronomico legato alla caduta di polveri interplanetarie che i modelli ignorano”, spiega Scafetta. Dal confronto tra i modelli dell’IPCC e il modello “sole-astronomia-uomo” basato sulle oscillazioni astronomiche più una componente antropica, “considerando le oscillazioni naturali del sistema, l’effetto antropico viene ridotto notevolmente. Il clima dovrebbe riscaldarsi in futuro però in modo molto più moderato rispetto a quello che dicono i modelli dell’IPCC, anche assumendo gli stessi scenari di emissioni di CO₂ dell’IPCC. Il futuro sarà, dunque, meno allarmistico: ci sarà un riscaldamento, ma sarà molto più moderato”, spiega Scafetta.

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Un altro grande problema, illustra l’esperto, è che si osserva una “enorme discrepanza tra i modelli, che mostrano una sensibilità climatica alla CO₂ molto elevata, e i dati sperimentali, che mostrano una bassa sensibilità climatica alla CO₂. Quindi esiste questo grave problema: i modelli dicono una cosa, i dati dicono un’altra. In conclusione, i modelli sui quali è basata la teoria “antropica” del riscaldamento globale osservato dal 1850 al 1900 non sono validati scientificamente, si contraddicono tra di loro e, quindi, non possono essere considerati affidabili per le previsioni future. Le evidenze storiche e paleoclimatiche suggeriscono una variabilità climatica naturale indotta dal sole e da altri fattori astronomici che è molto maggiore di quella predetta dai modelli. L’inclusione di cicli climatici naturali e forme di riscaldamento non climatico, come le isole di calore urbane, ha l’effetto di ridurre la componente antropica dal 50% al 70%”, sottolinea Scafetta.

Infine, l’esperto affronta il tema delle emissioni di CO₂: mentre l’Europa le sta riducendo, con l’obiettivo di raggiungere zero emissioni entro il 2050, alcuni Paesi, come Cina, India e Indonesia, le stanno aumentando. Non solo. In tutto i Paesi orientali, sono in costruzione o in progetto centinaia di nuove centrali a carbone, che emettono anidride carbonica, cosa che nel mondo occidentale non avviene. “Che senso ha decarbonizzare l’Europa e gli Stati Uniti, con la scusa di salvare il pianeta, se poi in questa parte del mondo si stanno costruendo centinaia di centrali a carbone?”, si chiede Scafetta.

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 Oggetto del messaggio: Re: Clima questo sconosciuto
MessaggioInviato: 03/07/2021, 18:54 
Sono questi "profeti" che ci fottono, e poi c'è gente che se la piglia con il Nuovo Testamento.
Con queste ed altre miliardate di facce di mer.da, dovremmo essere vigili per noi e per i nostri famigliari.
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 Oggetto del messaggio: Re: Clima questo sconosciuto
MessaggioInviato: 04/07/2021, 13:28 
vimana131 ha scritto:
Il Prof. Scafetta: “il clima della Terra segue dei cicli naturali, i modelli dell’IPCC non sono validati scientificamente e non sono affidabili per le previsioni”
Il Prof. Scafetta affronta il tema dell'allarmismo sul clima: "i modelli sui quali è basata la teoria “antropica” del riscaldamento globale osservato dal 1850 al 1900 non sono validati scientificamente, si contraddicono tra di loro e, quindi, non possono essere considerati affidabili per le previsioni future"

Il Collegio degli Ingegneri di Padova ha promosso il ciclo di conferenze dal titolo “Dialoghi sul Clima” per dare voce ai numerosi punti di vista su questo tema tanto dibattuto. L’obiettivo è promuovere un confronto su ampia scala e sui diversi aspetti del clima, ospitando esperti dei diversi settori al fine di acquisire un quadro complessivo fondato su basi scientifiche.

Nell’appuntamento del 26 Maggio, è intervenuto il Prof. Nicola Scafetta, professore di climatologia all’università di Napoli, che ha affrontato il tema dell’interpretazione del cambiamento climatico, dai modelli climatici al complesso comportamento del sistema solare e gli effetti sul riscaldamento del pianeta.

“Il clima della Terra è sempre cambiato”, esordisce Scafetta, illustrando tutte le oscillazioni del grafico seguente. “Affermare che il clima di oggi sia anomalo rispetto al passato è una cosa che oggettivamente non si vede nei dati, che sono chiarissimi. Il clima della Terra è cambiato tantissimo. Nella storia della Terra, noi viviamo in un punto interglaciale caldo che appartiene ad un’epoca glaciale. Il clima della Terra non solo non è costante ma sembra anche caratterizzato da tutta una serie di oscillazioni naturali, che sono importantissime per poter interpretare correttamente il clima. Ma di tutte queste oscillazioni spesso non si sente parlare”.

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“Al contrario, nei media si parla molto di questo catastrofismo: il pianeta sarebbe in fiamme, gli scienziati affermerebbero che siamo sulla soglia della catastrofe. Abbiamo attivisti climatici che sostengono che la nostra casa è in fiamme. Abbiamo casi come Al Gore che nel 2007, durante il discorso per il Premo Nobel, affermò che tutta la calotta polare artica si sarebbe sciolta. Tutte profezie catastrofiste che ovviamente non sono avvenute”, sottolinea Scafetta.

“Da un punto di vista scientifico, quando si parla di cambiamenti climatici, l’argomento viene affrontato in due modi: da una parte abbiamo i dati climatici e dall’altra parte abbiamo i modelli climatici, che cercano di simulare il sistema climatico, mettendo insieme i vari meccanismi che si intendono essere responsabili di un cambiamento climatico. Dal punto di vista scientifico, questi due approcci vanno confrontati con grande accuratezza. Dal 1850 ad oggi, la temperatura è aumentata di circa 0,9°C, ma le temperature non sono cresciute in modo lineare. Si nota un riscaldamento ma modulato da un’oscillazione di circa 60 anni”, spiega l’esperto, sottolineando nel grafico seguente il periodo di 60 anni dal 1880 al 1940 e quello dal 1940 al 2000.

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Dal confronto tra la temperatura e le simulazioni medie dei modelli (grafico seguente), emerge che “l’oscillazione di circa 60 anni non viene riprodotta dai modelli”. “I modelli mostrano un andamento più o meno monotonico, interrotto da alcune eruzioni vulcaniche che si sono susseguite negli ultimi 150 anni. Ma l’oscillazione di 60 anni, molto chiara nei dati, non si vede affatto nei modelli”, spiega Scafetta, che aggiunge: “Si ragiona molto sui modelli, quando in realtà si dovrebbe ragionare sui dati. Dai modelli si deduce che la temperatura, soprattutto se le emissioni continuano a seguire l’andamento degli ultimi tempi, dovrebbe aumentare drasticamente. E si conclude che se la temperatura dovesse raggiungere i 2°C o addirittura 1,5°C sopra il livello preindustriale (1850-1900), il sistema climatico avrebbe molti problemi”, secondo le proiezioni dell’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) dell’ONU.

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“Ma questo messaggio è basato sui modelli. Questi modelli usano tutta una serie di meccanismi interni della dinamica dell’atmosfera e dell’oceano e specifici forzanti radiativi, quelli naturali (sole e vulcani) ed quelli antropici (CO₂, aerosols, ecc…). Secondo questi modelli, dal 1850 ad oggi, il riscaldamento sarebbe quasi interamente indotto dalla componente antropica”, aggiunge Scafetta. L’esperto cita il modello CMIP3, pubblicato dall’IPCC nel 2007, e il modello CMIP5, pubblicato nel 2013, secondo i quali, i forzanti naturali non sarebbero stati in grado di indurre alcun riscaldamento dal 1850 al 1900. Quando nei modelli vengono inseriti i forzanti antropici, si osserva il riscaldamento. Quindi da questi modelli, si dovrebbe dedurre che il 100% del riscaldamento dal 1850 al 1900 è antropico. Sulla base di quanto si deduce da questi modelli, spiega Scafetta, il riscaldamento globale viene definito riscaldamento antropico.

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Ma dal punto di vista scientifico, questa logica funziona? “I media riportano che il 97% degli scienziati è d’accordo nell’affermare che c’è un riscaldamento antropico del pianeta, tuttavia solo il 55% del pubblico ritiene che gli scienziati siano d’accordo. E quindi i media riportano un “gap” tra quello che gli scienziati direbbero e quello che la gente capisce. In realtà, questi messaggi sono estremamente fasulli perché le cose non sono affatto così. Un sondaggio dell’Associazione dei Meteorologi Americani del 2016 ha chiesto a 4.000 membri dell’associazione cosa ne pensano riguardo al riscaldamento globale. Il 96% afferma che un riscaldamento globale in atto c’è, tuttavia sulla causa di tale riscaldamento, i meteorologi si dividono in tanti gruppi. Soltanto il 29% ritiene che l’uomo abbia contribuito dall’80% al 100%, mentre il restante 70% dei meteorologi ha delle idee molto diverse, che vanno da un contributo maggiormente umano fino ad un contributo quasi totale della natura. Di conseguenza, il 71% dei meteorologi non è affatto d’accordo con la tesi dell’IPCC, secondo cui il 100% del riscaldamento è di natura antropica. E quindi non è assolutamente vero che c’è tutto questo consenso”, spiega Scafetta.

Ma perché non c’è un consenso? Secondo Scafetta, “il motivo è molto semplice”. Nel ragionamento che porta a ritenere che il 100% del riscaldamento sia antropico, c’è una “violazione del metodo scientifico perché il metodo scientifico richiede che le ipotesi modellistiche siano confermate dai dati” ma i dati sperimentali non corrispondono alle previsioni dei modelli CMPI3 e CMIP5 sui forzanti naturali. “Quindi la tesi che il 100% del riscaldamento dal 1850 al 1900 è antropico non è validata. La predizione dei modelli climatici che senza l’azione dell’uomo la temperatura globale della superficie del pianeta sarebbe rimasta costante dal periodo pre-industriale ad oggi non è confermata da nessuna evidenza sperimentale. Infatti, non si dispone di un pianeta Terra gemello al nostro e senza l’uomo, su cui prendere le misure sperimentali necessarie per verificare la predizione del modello”, spiega Scafetta. Per validare i modelli climatici, “bisogna dimostrare che i modelli sono in grado di riprodurre la temperatura climatica superficiale del pianeta quando l’uomo non era in grado di alterarla con l’emissione di CO₂ attraverso l’uso dei combustibili fossili ed altro. Vanno studiati i pattern dinamici del clima per verificare che il modello li riproduca correttamente. Alternativamente vanno usati modelli empirici o semiempirici che simulano direttamente gli andamenti dinamici del clima”, aggiunge l’esperto.

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“Curiosamente nel 2001, l’IPCC cambia opinione perché prima del 2001 riteneva che almeno il 50% del riscaldamento osservato dal 1900 al 2000 fosse naturale”, riporta Scafetta. Il cambiamento dell’IPCC è avvenuto a seguito del ben noto grafico a “mazza da hockey” creato da Michael Mann, secondo cui nell’emisfero settentrionale, le temperature dal Medioevo fino al 1900 erano rimaste più o meno costanti e poi dal 1900 c’è stata una forte impennata, che corrisponderebbe all’impennata delle concentrazioni di gas serra, in particolare anidride carbonica, metano e ossido d’azoto. “Questa sarebbe la giustificazione che validerebbe i modelli dell’IPCC. Tuttavia, quello che non si dice è che l’IPCC ha sostenuto la tesi dell’hockey stick nel 2001, l’ha sostenuta nel 2007 però poi l’ha abbandonata nel 2013. Tanto che ora si parla di “illusione dell’hockey stick”, afferma Scafetta, aggiungendo che poi l’IPCC ha prodotto grafici sulla temperatura che presentano andamenti ciclici, in particolare un grande ciclo millenario, e in cui l’hockey stick scompare (grafico seguente).

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“I modelli dell’IPCC relativi agli ultimi 1.200 anni falliscono nel riprodurre il Caldo Medievale, che è molto documentato in tutto il mondo, e in parte anche la Piccola Era Glaciale. Quindi si può dire che i modelli non sono in grado di riprodurre i periodi caldi del passato. Inoltre, i modelli non sono in grado di riprodurre neanche l’ottimo dell’Olocene”, spiega Scafetta, che aggiunge come i problemi con questi modelli continuano anche negli ultimi 50 anni, poiché mostrano un trend di riscaldamento nettamente superiore alle osservazioni. “Essenzialmente, i modelli prevedono un forte hotspot sopra l’Equatore a circa 7.000-8.000 metri di quota, ma questo hotspot non si vede nei dati. In genere, questi modelli non riproducono nessuno dei grandi periodi caldi del passato”, sostiene Scafetta.

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Ma i modelli non sono in grado di riprodurre nemmeno il caldo dei periodi precedenti, quindi quando in riferimento al riscaldamento contemporaneo, si parla con allarmismo di un aumento della temperatura che non si è mai osservato nella storia dell’umanità, non è assolutamente vero, in quanto la temperatura del pianeta conosce oscillazioni che fanno parte di un grande ciclo millenario, spiega Scafetta. “Il grande ciclo millenario si vede anche sulle Alpi”, spiega l’esperto. Da uno studio dei ghiacciai e del livello della vegetazione delle Alpi, emerge che “nel Medioevo i ghiacciai alpini erano più ristretti di oggi, nel periodo romano erano ancora più ristretti di oggi e andando indietro nel tempo, abbiamo ghiacciai sempre più ristretti durante l’ottimo dell’Olocene”, spiega Scafetta, citando il passaggio di Annibale sulle Alpi con gli elefanti, cosa che oggi non sarebbe possibile, e il ritrovamento di molti tronchi di albero a livelli dove oggi non cresce nulla, ulteriore conferma che in passato il clima era più caldo rispetto ad oggi, favorendo la crescita di vegetazione. Questo studio, inoltre, conferma periodi caldi ogni mille anni negli ultimi 10.000 anni sulle Alpi, “il che significa che ci troviamo di fronte ad un ciclo di circa 1.000 anni ma i modelli non sono in grado di riprodurre nessuno di questi periodi caldi del passato”, continua l’esperto.

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“Ma allora come facciamo a dire che il periodo caldo contemporaneo sia anomalo? Che sia dovuto all’uomo al 100%? I dati ci dicono cose ben precise sul clima che i modelli non riproducono. Il ciclo millenario dimostra che il riscaldamento osservato dal 1700 ad oggi è stato principalmente indotto da cause naturali. Il fatto che i modelli non lo riproducano implica che questi sono fisicamente erronei e non usano i veri forzanti del clima. Tra i vari forzanti che si possono utilizzare, l’unico che contiene un ciclo millenario è l’attività solare, che si correla con il ciclo millenario delle temperature. Quindi solo il sole è in grado di spiegare il ciclo millenario ma non viene quasi considerato dai modelli climatici. Il sole è chiaramente il principale artefice del cambiamento climatico”, afferma Scafetta, citando due studi che mostrano una ottima correlazione tra i dati solari e alcune serie climatiche, che dimostrano che per migliaia e migliaia di anni, il sole è stato il principale artefice del cambiamento climatico.

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In uno studio dello stesso Scafetta, l’esperto ha confrontato le oscillazioni della temperatura globale negli ultimi 150 anni con le oscillazioni fondamentali del sistema solare, osservando che il clima della Terra presenta le stesse oscillazioni del sistema solare. Il Prof. Scafetta ha condotto diversi studi su una serie di oscillazioni astronomiche del sistema solare: per esempio, la variazione dell’eccentricità di Giove si correla perfettamente con i cicli di 60 anni che si osservano nel clima. In questo studio, “le oscillazioni di 60 anni si ritrovano anche nella caduta delle meteore sulla Terra, che hanno un ciclo di 60 anni, e quindi potrebbe esserci un forzante astronomico legato alla caduta di polveri interplanetarie che i modelli ignorano”, spiega Scafetta. Dal confronto tra i modelli dell’IPCC e il modello “sole-astronomia-uomo” basato sulle oscillazioni astronomiche più una componente antropica, “considerando le oscillazioni naturali del sistema, l’effetto antropico viene ridotto notevolmente. Il clima dovrebbe riscaldarsi in futuro però in modo molto più moderato rispetto a quello che dicono i modelli dell’IPCC, anche assumendo gli stessi scenari di emissioni di CO₂ dell’IPCC. Il futuro sarà, dunque, meno allarmistico: ci sarà un riscaldamento, ma sarà molto più moderato”, spiega Scafetta.

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Un altro grande problema, illustra l’esperto, è che si osserva una “enorme discrepanza tra i modelli, che mostrano una sensibilità climatica alla CO₂ molto elevata, e i dati sperimentali, che mostrano una bassa sensibilità climatica alla CO₂. Quindi esiste questo grave problema: i modelli dicono una cosa, i dati dicono un’altra. In conclusione, i modelli sui quali è basata la teoria “antropica” del riscaldamento globale osservato dal 1850 al 1900 non sono validati scientificamente, si contraddicono tra di loro e, quindi, non possono essere considerati affidabili per le previsioni future. Le evidenze storiche e paleoclimatiche suggeriscono una variabilità climatica naturale indotta dal sole e da altri fattori astronomici che è molto maggiore di quella predetta dai modelli. L’inclusione di cicli climatici naturali e forme di riscaldamento non climatico, come le isole di calore urbane, ha l’effetto di ridurre la componente antropica dal 50% al 70%”, sottolinea Scafetta.

Infine, l’esperto affronta il tema delle emissioni di CO₂: mentre l’Europa le sta riducendo, con l’obiettivo di raggiungere zero emissioni entro il 2050, alcuni Paesi, come Cina, India e Indonesia, le stanno aumentando. Non solo. In tutto i Paesi orientali, sono in costruzione o in progetto centinaia di nuove centrali a carbone, che emettono anidride carbonica, cosa che nel mondo occidentale non avviene. “Che senso ha decarbonizzare l’Europa e gli Stati Uniti, con la scusa di salvare il pianeta, se poi in questa parte del mondo si stanno costruendo centinaia di centrali a carbone?”, si chiede Scafetta.

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https://www.meteoweb.eu/2021/07/il-prof ... e/1701740/


Ne parla già da mesi Massimilaino Carranzano nei video di presentazione del suo nuovo libro. I dati scientifici sono incontestabili e parlano chiaro e sono cosa ben diversa dallo scientismo imperante in cui viviamo nella nostra epoca in cui la realtà è funzione e la menzogna inoppugnabile.



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MessaggioInviato: 22/07/2021, 20:30 
Alluvione in Germania, l’uomo oppure il sole?
L’evidente correlazione tra alluvioni e fenomeni meteo estremi con l’attività solare

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di Nicola Scafetta * – Il 14 luglio un’area compresa fra Germania, Belgio e Olanda ed attraversata dal fiume Reno e dai suoi affluenti (negli stati occidentali del Nord Reno-Westfalia e della Renania-Palatinato) è stata devastata da una tragica alluvione che ha provocato danni miliardari e oltre 150 morti. Un primo pensiero va proprio a quest’ultimi. Infatti, la scorsa settimana diversi quotidiani tedeschi hanno accusato vari politici, autorità locali ed emittenti pubbliche di non avere allertato in tempo la popolazione locale sebbene il Sistema Europeo di Sensibilizzazione alle Inondazioni (European Flood Awareness System, EFAS) avesse da diversi giorni avvisato le autorità di possibili inondazioni estreme proprio in quelle regioni. Quindi, molte vite umane avrebbero potuto essere salvate se gli allarmi fossero stati gestiti meglio.

Una seconda riflessione deriva dall’interpretazione che del fenomeno è stata data in molti media anche Italiani. In breve, la narrazione dominante è stata che l’alluvione sarebbe stata favorita da quella che sempre più spesso viene definita come l’ “emergenza climatica” in cui staremo vivendo. Essenzialmente, si ritiene che l’uomo stia inducendo un “cambiamento climatico”, o meglio, starebbe facendo letteralmente “impazzire il clima” attraverso le emissioni di anidride carbonica (che, ricordo, è il “secondo” più importante gas serra dell’atmosfera dopo il vapore acqueo). Questo cambiamento climatico “antropico” sarebbe poi responsabile di un continuo aumento della frequenza dei fenomeni meteorologici “estremi”, che almeno in alcune regioni del globo, indurrebbero alluvioni sempre più devastanti.

Molti scienziati intervistati in questi ultimi giorni hanno correttamente puntualizzato che disastri ambientali sono sempre avvenuti nella storia dell’umanità e che non sono solo causati da eventi meteorologici particolarmente intensi, ma anche da gravi errori di sviluppo ed organizzazione del territorio. Tuttavia, rimane dominante ed incontrastata la tesi che la causa meteorologica di un così tragico disastro sarebbe da imputare al riscaldamento globale del pianeta, che per giunta avrebbe l’uomo come la causa principale.

Tuttavia, questa chiave di lettura è molto parziale e riduzionistica, e probabilmente anche molto discutibile. Vorrei infatti puntualizzare che per determinare una connessione tra eventi meteorologici e il cambiamento climatico occorre studiare come essi si sono evoluti su scale temporali che vanno da diversi decenni ai millenni. Senza un confronto statistico e quantitativo delle dinamiche su lunghe scale temporali non è possibile interpretare correttamente questi fenomeni. Fortunatamente esistono molti studi che hanno analizzato la frequenza e l’intensità delle alluvioni avvenuti in Europa Centrale negli ultimi secoli e millenni e le conclusioni dovrebbero far riflettere tutti perché non sembrano affatto in accordo con la narrazione dominante.

Ad esempio, uno studio piuttosto importante per meglio valutare il presente caso è quello di Czymzik et al. (2016) (CP – Solar modulation of flood frequency in central Europe during spring and summer on interannual to multi-centennial timescales (copernicus.org)) dove viene studiata la frequenza delle inondazioni in Europa centrale durante la primavera e l’estate su scale temporali da interannuali a pluricentenarie. Il risultato è mostrato nella figura 1:

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dove si mettono a confronto (per 5500 anni) la frequenza delle alluvioni (curva nera) con una ricostruzione dell’irraggiamento solare (TSI) e la produzione di carbonio 14 nell’atmosfera, la cui variazione è dovuta alla variazione del flusso dei raggi cosmici che cresce quando l’attività magnetica del sole diminuisce. (“Years BP” significa “anni prima del presente”).

La figura mostra una correlazione “negativa” tra i due fenomeni e che la frequenza delle alluvioni avvenute in Europa Centrale durante la primavera e l’estate era nettamente maggiore quando l’attività solare era bassa (con un ritardo di 2-3 anni, ci assicurano gli autori), come durante il periodo compreso tra due e sette secoli fa quando l’attività solare era un po’ più debole del presente, cosa che sulla Terra, e soprattutto in Europa, ha indotto una “Piccola Era Glaciale”. Quindi, non solo si dimostra un link tra queste alluvioni e la riduzione dell’attività solare, ma si osserva pure che questi eventi sono stati statisticamente più frequenti nei periodi climatici “freddi”.

Ad esempio, dal 1900 e correlate con valori bassi dell’attività solare si possono ricordare la grande alluvione di Parigi del 1910 e quella del 1913 in Ohio, negli Stati Uniti, che ha ucciso 650 persone. Ricordiamo pure l’alluvione di Firenze del 1966 che ha ucciso un centinaio di persone. Osserviamo che il minimo solare ci fu tra il 1964 e 1966. L’attività solare dell’ultimo decennio è stata relativamente bassa e come nel caso di Firenze del 1966, siamo appena usciti dal minimo solare, cioè all’inizio del ciclo solar n. 25.

Data l’evidente correlazione tra questo genere di alluvioni e l’attività solare, sarebbe importante analizzare quello che il sole ha fatto nei primi di luglio visto che i giorni successivi sono stati caratterizzati da altri eventi meteorologici “estremi” inclusi i forti nubifragi in Nord Italia tra il 7-8, 11, 13-14 luglio, caratterizzati anche da massicce grandinate e una riduzione delle temperature. Vediamolo insieme.

La NASA, infatti, ci informa che sabato 3 Luglio c’è stato il più forte brillamento solare degli ultimi quattro anni (Classe X, la più intensa). (Significant Solar Flare Erupts from Sun – Solar Cycle 25 (nasa.gov)). L’esplosione avvenuta sulla superfice solare ha causato un picco di raggi X verso la Terra viaggiando alla velocità della luce, che ha investito la parte superiore della nostra atmosfera e causando un blackout radio a onde corte guarda caso proprio sull’Oceano Atlantico Settentrionale. La mappa di blackout (Figura 2) mostra dove gli operatori radio potrebbero aver notato delle stranezze (A Major X Class Solar Flare Just Slammed Into Earth (forbes.com)).

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Esistono alcuni studi che hanno stabilito delle correlazioni tra queste esplosioni solari e una variazione della copertura nuvolosa sulla Terra. Ad esempio, Svensmark et al. (2016, The response of clouds and aerosols to cosmic ray decreases – Svensmark – 2016 – Journal of Geophysical Research: Space Physics – Wiley Online Library) ha pubblicato I dati mostrati in Figura 3.

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La curva rossa mostra un’improvvisa riduzione di raggi cosmici indotti da un’esplosione solare (nota come evento di Forbush) (nel giorno “zero”). Dopo qualche giorno, questo porta ad una riduzione della copertura nuvolosa (curva blu) seguita però da un forte recupero: da notare che la copertura nuvolosa alla fine appare superiore al livello precedente l’evento disturbatore. Appare quindi che un’esplosione solare possa ridurre momentaneamente la condensazione del vapore acqueo che forma le nuvole, nel frattempo la densità del vapore acqueo aumenta nell’atmosfera, cosa che poi porta alla formazione di nubi più grosse delle precedenti una volta che la situazione si ripristina.

In genere, i raggi X (emessi dai brillamenti solari) come i raggi cosmici hanno l’effetto di aumentare la ionizzazione dell’atmosfera che facilita la condensazione del vapore acqueo e quindi la formazione delle nubi.

Siamo quindi proprio sicuri che la tragica alluvione che ha colpito la Germania il 15 luglio (e, stando alla narrazione dominante nei media, praticamente ogni evento meteorologico un po’ anomalo che avvenga) sia dovuta alle emissioni umane di anidride carbonica degli ultimi decenni? Questa alluvione, che ha devastato la Germania, non potrebbe invece essere stata causata da una perturbazione meteorologica che è stata favorita ed aggravata dai primi forti brillamenti solari dopo anni avvenuti nei primi giorni di luglio le cui forti radiazioni X hanno investito proprio il nord Atlantico ionizzandolo da dove sono poi venute le forti perturbazioni cicloniche che hanno investito l’Europa nelle ultime settimane?

È chiaro che questi fenomeni vanno studiati bene. È altrettanto chiaro che i cambiamenti climatici si studiano analizzando dati (e non semplici modelli climatici) su scale temporali variabili da diversi decenni a millenni. Infine, ignorare il sole, come molti fanno, potrebbe indurre a gravi errori di interpretazione con tutte le conseguenze, anche economiche, che questi errori portano.

* Nicola Scafetta, scienziato, professore di climatologia all’università di Napoli


https://www.meteoweb.eu/2021/07/alluvio ... e/1707079/


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 Oggetto del messaggio: Re: Clima questo sconosciuto
MessaggioInviato: 24/07/2021, 14:37 
Cita:
La tremenda alluvione nascosta a Zhangzhou ( Attenzione: immagini molto forti)

Una tremenda alluvione ha distrutto la città di Zhangzhou, di fronte a Taiwan. L’eccezionalità è legata al fatto che le piogge erano previste, l’alluvione è partita a monte, ma nessuno ha pensato a mettere in allarme la città a valle dove migliaia di persone sono rimaste bloccate nella metropolitana, nei sottopassi o per strada, colte di sorpresa dall’ondata.

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La mancanza di avviso è stata tale e tale che i treni si sono trovati a viaggiare praticamente sommersi dalle acque.

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Nessun avviso è stato dato, con una totale mancanza del sistema di allerta che ha portato ad almeno 55 morti, con una città in cui gli ospedali sono in situazioni drammatiche perché sommersi. Come il solito in Cina ci saranno le solite coperture politiche.

Il telegiornale locale, come potrete vedere, ha minimizzato la tragedia, ma le colpe sono molte.

Eccovi un video di Jennifer Zhang che presenta la tragedia e, vi avviso, ci sono immagini molto forti.

Guarda su youtube.com


fonte: https://scenarieconomici.it/la-tremenda-alluvione-nascosta-a-zhangzhou-attenzione-immagini-molto-forti/


Il video contiene immagini abbastanza toste attenzione.



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 Oggetto del messaggio: Re: Clima questo sconosciuto
MessaggioInviato: 21/08/2021, 07:09 
ALLARME ROSSO!!! PIOVE IN GROENLANDIA!!!

https://www.sciencealert.com/it-rained- ... ed-history

PER LA PRIMA VOLTA REGISTRATO L'EVENTO CULMINE DEI CAMBIAMENTI CLIMATICI CHE COINVOLGONO ANCHE LA GROENLANDIA...PIOVE A 3200 METRI DI ALTITUDINE! E' IL 14 AGOSTO 2021.. [:287] [:305]

accelerazione INCONTROLLATA dello scioglimento dei ghiacci, persi 7 volte la quantità di geloe neve in un solo evento in pari tempo...ACCELERAZIONE dello scioglimento, saltano TUTTI I MODELLI statistici precedenti... [:293] [:305]

ACCELERAZIONE del cambiamento corrente del Golfo e ACCELERAZIONE aumento dei livelli MEDI marini...l'acqua dolce e FREDDA NON si mescola con la salata e COMMUTA i corsi delle correnti esistenti da MIGLIAIA di anni...

fattori IRREVERSIBILI...che creano dinamiche INCONTROLLABILI per la nostra scienza che NON può sostenere OLTRE l'entropia dell'insieme dei "sistemi complessi" che gestiscono la vita dell'uomo in QUESTO contesto sociale occidentale così come lo viviamo giornalmente... [:305]

https://it.wikipedia.org/wiki/Termodinamica

https://it.wikipedia.org/wiki/Entropia


Guarda su youtube.com



tutto scritto e descritto ABBONDANDEMENTE nei miei post negli ultimi 10 anni nei vari blog, siti, e forum dove ho affrontato gli argomenti inerenti...ora "siamo alla frutta"... [:305]

[:295]



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 Oggetto del messaggio: Re: Clima questo sconosciuto
MessaggioInviato: 24/08/2021, 08:58 
un altro ALLARME ROSSO proveniente questa volta dall'Antartide!!!...il ghiacciaio Thwaites ha ACCELERATO lo scioglimento ed è a rischio distacco!.. [:287] [:305]

https://www.livescience.com/antarctica- ... l-heat-map

lo studio oramai in fase avanzata CONFERMA l'accelerazione dello scioglimento dello stesso a causa DI FONTI CALDE SOTTERRANEE che sono PIU' CALDE ed interferenti che nel resto della terra antartica...questo ha creato "un buco" sotteraneo allo stesso ghiacciaio che ha ormai la grandezza equivalente all'isola di Manhattan e ne mette a rischio la tenuta con la terraaferma!!. [:293] [:305]

il solo scioglimento di questo "tappo" -cosa a breve termine!- causerebbe un entropico aumento dello scioglimento della restante parte della calotta di questa zona antartica...le conseguenze saranno DEVASTANTI!.. [:290] [:305]

un primo aumento medio del livello degli oceani sarà di circa 65 centimetri...con il conseguente aumento del disgelo antartico si ragiona invece "in metri", e sono svariati... [8D]

poi l'acqua , si sà, NON va "a livellarsi" come in una bacinella!..la Terra è "rotonda", "gira", e la crosta terrestre "scorre " su un cuscinetto magmatico che a sua volta si muove ed ha "spessore" DIFFERENTE nei fondali degli oceani e sotto le terre emerse... [8] [:305]

ergo... [8D] [:295]



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