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MessaggioInviato: 04/06/2011, 08:59 
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Hynekeniano ha scritto:

Ho letto l'intervista alla Hack sta sera, a cosa è dovuto
secondo voi questo cambiamento di rotta?


Bella domanda.... [8D]



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"…stanno uscendo allo scoperto ora, amano annunciare cosa stanno per fare, adorano la paura che esso può creare. E’ come la bassa modulazione nel ruggito di una tigre che paralizza la vittima prima del colpo. Inoltre, la paura nei cuori delle masse risuona come un dolce inno per il loro signore". (Capire la propaganda, R. Winfield)

"Onesto è colui che cambia il proprio pensiero per accordarlo alla verità. Disonesto è colui che cambia la verità per accordarla al proprio pensiero". Proverbio Arabo

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MessaggioInviato: 04/06/2011, 09:01 
Le mazzette sul nucleare italiano

Immagine
(vignetta da Insertosatirico)

di Debora Billi

http://informarexresistere.fr/2011/06/0 ... -italiano/

E’ un articolo dell’Espresso che risale a oltre due mesi fa. Mi era sfuggito, ed era sfuggito a quasi tutti: visto che siamo in zona Cesarini per il referendum, è buona cosa leggerlo. Anche perché possiamo così smetterla di alludere con prudenza per parlare invece con cognizione di causa.

Dai cablo Wikileaks, esce finalmente la storia che riguarda il giro di mazzette, interessi ed intrallazzi intorno al nucleare italiano. Quello che appunto sospettavamo tutti. Alcune perle:

Quando invece si parla delle nuove centrali da costruire, allora i documenti trasmessi a Washington diventano espliciti, tratteggiando uno scenario in cui sono le mazzette a decidere il destino energetico del Paese. Uno scontro di Stati prima ancora che di aziende, per mettere le mani su opere che valgono almeno 24 miliardi di euro e segneranno il futuro di generazioni.

Lo scontro più feroce però è quello che avviene per costruire i futuri impianti: almeno sei centrali, ciascuna del costo di circa 4 miliardi. Si schierano aziende-Stato, che sono diretta emanazione dei governi e godono dell’appoggio di diplomazie e servizi segreti. In pole position i francesi di Areva, quasi monopolisti nel Vecchio continente (…) E anche i russi, che nonostante Chernobyl continuano a esportare reattori in Asia, cercano di partecipare alla spartizione della torta. Negli Usa ci sono Westinghouse e General Electric che “sono interessate a vendere tecnologia nucleare all’Italia”.

Ed ecco la previsione: “La corruzione è pervasiva in Italia e temiamo che potrebbe essere uno dei fattori che dovremo affrontare andando avanti”. L’avversario è Parigi, che può sfruttare gli intrecci economici tra Enel ed Edf per stendere la sua trama. “Temiamo che i francesi abbiano una corsia preferenziale a causa della loro azione di lobbying ai più alti livelli e a causa del fatto che le compagnie che probabilmente costruiranno gli impianti in Italia hanno tutte un qualche tipo di French connection.

“L’intensa pressione dei francesi, che forse comprende tangenti (“corruption payment”) a funzionari del governo italiano, ha aperto la strada all’accordo di febbraio tra le aziende parastatali italiana e francese, Enel e Edf” Gli americani ipotizzano che dietro la scelta degli standard a cui affideremo il nostro futuro e la sicurezza del Paese ci possano essere state bustarelle.

Interessante anche ciò che segue, su cui c’era già qualche sospetto. Che in Italia ci sia il “partito ENEL” e il “partito ENI”, e che si combattano sotterraneamente, è quasi una certezza:

“Si dice che l’Eni stia facendo una dura azione di lobbying contro la riapertura della partita da parte di Enel”, registra nel 2005 l’ambasciatore Sembler, “perché ridurrebbe sia il mercato di Eni che la sua influenza politica”.

E poi le beghe elettorali locali:

L’ambasciatore Thorne scrive: “Noi abbiamo saputo che Scajola ha un’altra ragione per appoggiare il coinvolgimento delle aziende statunitensi. L’accordo con la Francia ha tagliato fuori dai contratti le società italiane che vogliono contribuire a costruire le centrali. Una di queste, Ansaldo Nucleare, ha sede nella regione di Scajola: la Liguria.”

Tutto l’articolo, e tutti i documenti, sono una sequenza incredibile di intrallazzi ad ogni livello planetario per spartirsi la torta nucleare italiana. E’ davvero deprimente, che ci sia ancora qualche ingenuotto a credere che facciano tutto ciò “per il futuro energetico dell’Italia”.


Fonte: http://petrolio.blogosfere.it/2011/06/w ... liano.html



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MessaggioInviato: 04/06/2011, 17:22 
Egitto, esplosione in una centrale nucleare Probabile la fuga di acqua radioattiva

La pompa di un reattore è scoppiata ieri nel piccolo impianto di Anshas, rimesso di recente in funzione senza l'autorizzazione e senza il rispetto delle norme di sicurezza. A rivelarlo a un quotidiano locale una fonte anonima dell'Autorità egiziana per l'energia atomica.

Il Cairo, 4 giu. - (Adnkronos) - Una perdita di acqua radioattiva sarebbe avvenuta nelle ultime ore nella piccola centrale nucleare di Anshas, in Egitto, dopo l'esplosione di una pompa del reattore. Lo rivela una fonte dell'Autorità egiziana per l'energia atomica, coperta da anonimato, al giornale locale Rose el Youssef, che titola 'L'Egitto si salva da un disastro nucleare'. La fonte ricorda che il primo reattore di ricerca di Anshas è stato rimesso in funzione di recente senza l'autorizzazione del Centro per la sicurezza nucleare e senza rispettare le norme di sicurezza dei reattori.

La fonte ha spiegato al giornale che un'esplosione è avvenuta ieri nella ''pompa del reattore'' e ha provocato la perdita di dieci metri cubi di acqua radioattiva. In base ai criteri dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica, ha aggiunto la fonte, il ''disastro'' è classificabile al terzo livello. La centrale di Anshas si trova a nord del Cairo, nel Delta del Nilo.

http://www.adnkronos.com/IGN/News/Ester ... 45065.html


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MessaggioInviato: 04/06/2011, 20:23 
Fotovoltaico, Sicilia meglio del Nord Italia. Al Sud si risparmia sulla bolletta già dal 2014
http://www.italiainformazioni.it


Uno studio che forse cambierà i consumi di energia in Sicilia arriva dall’Università di Padova ed è stato condotto per Conergy Italia dal team guidato da Arturo Lorenzoni. Secondo i risultati ottenuti dal professore del Dipartimento di Ingegneria Elettrica, già nel 2014 converrà nel Mezzogiorno produrre elettricità in casa passando al fotovoltaico. Per una volta il Sud è un passo avanti rispetto al Nord.

La squadra di Lorenzoni ha individuato il momento in cui verrà raggiunta la cosiddetta "grid parity" che stabilisce la soglia oltre la quale il costo delle energie alternative diventa conveniente rispetto a quello delle bollette tradizionali. Lo studio, inoltre, ha evidenziato come per impianti da 200 kWp questo punto nel Meridione verrà raggiunto già a metà del 2013. Come nel primo caso, non viene preso in considerazione l’eventuale bonus incentivi.


Per quanto riguarda le altre zone del Paese, al Centro l'energia da fonte rinnovabile sarà competitiva rispetto a quella acquistata dalla rete nel 2016 per i piccoli impianti da 3 kWp e un anno prima per quelli da 200 kWp. Al Nord la soglia indicata nello studio si raggiungerà nel 2017, per i piccoli impianti, e nel 2016 per quelli con potenza da 200 kWp.

Il raggiungimento della grid parity però potrebbe arrivare addirittura prima della data ipotizzata. Per realizzare i calcoli si è tenuto conto di ipotesi realistiche, ad esempio, la stima dell'aumento della bolletta elettrica media annua per i prossimi anni è stata fissata intorno al 3-3,28 per cento. Se l’aumento del prezzo del petrolio fosse più consistente del previsto, il prezzo in bolletta sarebbe maggiore di quello stimato e la riduzione dei prezzi degli impianti più veloce.



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MessaggioInviato: 05/06/2011, 00:17 
Nucleare, gli oncologi italiani: «Fa male, votare Sì»



Gli oncologi italiani si schierano compatti contro il nucleare. Come anticipato nei giorni scorsi, arriva oggi dal congresso Asco di Chicago, il più importante incontro mondiale di oncologia, l'appello dell'Aiom, l'associazione italiana di oncologia medica, a votare sì al referendum del 12 e 13 giugno. «Il nucleare è la cosa più cancerogena che esista - sottolinea il presidente dell'Aiom Carmelo Iacono - e non è controllabile, come ha dimostrato Fukushima. Lasciamo stare le centrali, puntiamo sulle energie alternative, che sono poco inquinanti e non presentano i rischi enormi per la salute che ha il nucleare».

Per gli oncologi, insomma, non ci sono dubbi: «Troppi rischi per giustificare i benefici. Anche perchè non rischia solo chi è vicino alla centrale nel caso, come abbiamo visto non improbabile, di incidente: pensiamo al mare, ai pesci, e quindi alla catena alimentare, le coltivazioni. Già la battaglia contro i tumori è dura, non ci sembra proprio il caso di aumentare ulteriormente i rischi, e che rischi. E sia chiaro, a scanso di equivoci: la nostra non è una presa di posizione politica, ma esclusivamente tecnica, da scienziati. Non si può che andare a votare - conclude Iacono - e votare sì».
4 giugno 2011

http://www.unita.it/italia/nucleare-gli ... i-1.300642



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MessaggioInviato: 05/06/2011, 11:56 
http://www.libero-news.it/news/754283/Nucleare__errori_e_luoghi_comuni_di_chi_ne_ha_paura.html


Cita:
[color=blue]Nucleari, errori e luoghi comuni di chi ne ha paura
Referendum , quelli che gli attivisti del 'SI' non dicono: le miniere sono più pericolose di Chernobyl e le rinnovabili ci costano caro

Ora, al di là del dirsi pro o contro o viva o abbasso e la solita impostazione da curva calcistica cui siamo ormai assuefatti, su questa faccenda del nucleare sì/nucleare no varrebbe la pena di ricominciare a discutere basandosi su qualche dato - che poi certo, anche l’emozione pesa nelle decisioni, ma è un altro discorso. E comunque intendiamoci, non si tratta necessariamente di sostenere tout-court il ritorno alle centrali - ci sarebbe allora da discutere più che altro sulla credibilità della classe politica eventualmente chiamata a gestirle, e qui ce ne sarebbero anche troppe da dire -, ma perlomeno si potrebbe ragionare. Vediamo di provarci.

Morti per la diga, non di radioattività

Punto di partenza è naturalmente il disastro di Fukushima. I morti accertati dovuti al cataclisma in Giappone sono stati oltre 13mila (dispersi esclusi). Ma - è bene ribadirlo - sono vittime provocate dal terremoto e dal conseguente tsunami. Per quanto riguarda la centrale nucleare investita dall’onda, si son contati tre decessi, riconducibili a incidenti durante la rimessa in sicurezza dell’impianto. Tra l’altro, la struttura - una delle più datate del Paese - ha ben resistito al terribile urto: semplificando, i problemi sono stati provocati dall’acqua che ha sommerso il motore d’emergenza, il quale non s’è acceso così portando al surriscaldamento. Nel senso: se fosse stato posizionato più in alto, non ci sarebbe stato alcun problema - e la storia dell’uomo in effetti procede così, per prove ed errori e successive previdenze, ma tant’è. In ogni caso, nessuna vittima ha a che vedere con la radioattività fuoriuscita, i cui danni saranno verificati nel tempo. Una cosa: il crollo della diga di Sukagawa ha provocato un migliaio di morti, e nessuno s’è sognato di mettere in discussione l’energia idroelettrica.

Miniere mortali, più di Chernobyl

E allora possiamo confrontare i dati relativi all’incidente di Chernobyl, quello dell’87 - ed è opinione comune che abbia portato a conseguenze molto più gravi per via dell’atteggiamento omertoso delle autorità. Il rapporto stilato dalle agenzie dell’Onu - fra cui Organizzazione Mondiale della Sanità e Agenzia internazionale per l’energia atomica - parla di 65 morti accertati, e altri 4mila presunti - cioè che non sarà possibile associare direttamente al disastro - e nell’arco di ottant’anni. E però allora c’è da confrontare: secondo dati governativi, solo in Cina e fra 2009 e 2010 sono morti nelle miniere di carbone 5mila lavoratori - dunque, in un solo Paese e in due anni più di quelle ipotizzate per Chernobyl in ottanta. Per non parlare dei decessi causati da incidenti in impianti petroliferi, o nei gasdotti. Altra considerazione: da decenni si discute di come diminuire l’inquinamento provocato da petrolio e carbone e quant’altro, responsabile di incalcolabili vittime causa tumori e malattie varie. In questo senso il nucleare è a emissioni zero. Poi intendiamoci, non è che morire di una cosa piuttosto che di un’altra sia consolatorio. Ma quando si tratta di scelte strategiche, è importante considerare il minor danno possibile.

Italia a tutto gas. Rinnovabili di nicchia
Veniamo al discorso relativo all’approvvigionamento, magari restringendolo all’Italia. Secondo i dati sul 2010 forniti da Terna, azienda che distribuisce l’energia elettrica, il fabbisogno nazionale - 326.200 gigawattora - viene coperto per il 66,8 per cento dal termoelettrico - energia prodotta per mezzo di combustibili fossili, gas e carbone e petrolio -, per il 15,1 per cento dall’idroelettrico - le dighe - e per il 4,6 per cento da geotermico, eolico e fotovoltaico. Infine, il 13,5 per cento della domanda è soddisfatta dall’importazione di energia dall’estero - Francia soprattutto, che la produce con le centrali nucleari. Incrociando questi dati con quelli di Legambiente, si evince che l’eolico arriva al 2,5 per cento (8.374 GWh) e il fotovoltaico allo 0,5 (1.600 GWh). Peraltro, tornando ai combustibili fossili, c’è da considerare che il 90 per cento del gas utilizzato in Italia (la materia prima più diffusa, ne deriva il 40 per cento dell’energia complessiva) viene importato, così come il 90 per cento di petrolio e carbone. L’autosufficienza energetica, da noi, è una chimera.

Importiamo oltralpe pagando due volte
Come detto, dalla Francia importiamo energia, ma la situazione è paradossale. Allora: dopo aver chiuso le centrali con il referendum del 1987, l’Italia ha nel 2007 stipulato un accordo proprio con la Francia affinché si prendesse le scorie residue, versando a Parigi 250 milioni di euro. Solo che in Francia possono contare su centrali nucleari in grado di riprocessare queste scorie, ricavandone altra energia. Che poi la stessa Francia ci rivende. Inoltre, quest’ultima lavorazione produce a sua volta altre scorie: in base all’accordo, ci saranno restituite nel 2025. Per riassumere: l’Italia dà le scorie nucleari alla Francia pagando 250 milioni, loro ci ricavano energia e ce la rivendono, e poi ci restituiscono altre scorie che dovremo stoccare. Un affarone.

Qualche precisazione sul problema scorie
E a proposito di scorie nucleari: il problema indubitabilmente esiste, ma va quantificato. Mediamente, un reattore nucleare ne produce ogni anno circa 30 tonnellate ad alta attività (materiale irraggiato), che corrispondono a 5 metri cubi. Poi ci sono quelle a media e bassa intensità - scarti di lavorazione e rottami e fanghi e indumenti -, derivanti oltre che dalle installazioni nucleari anche da ospedali, industrie, laboratori. Ed è curioso come le scorie prodotte da attività diverse rispetto alla produzione d’energia non preoccupino così tanto: Stefano Monti, ingegnere nucleare e funzionario dell’Enea, ha stimato in 40mila metri cubi i rifiuti radioattivi prodotti ogni anno nell’Unione Europea, di cui solo una parte derivante da centrali. Comunque: in Europa esistono trenta depositi di stoccaggio, un centinaio nel mondo.

Bollette italiane più care d’Europa
La verità è che le scelte italiane in tema d’energia lasciano perplessi. Massimo Mucchetti, sul Corriere della Sera, faceva notare come l’Italia produrrà a regime 10 miliardi di chilowattora con il fotovoltaico incentivato con 88 miliardi in vent’anni, mentre l’Enel a Porto Tolle ricaverà 14 miliardi di chilowattora con il carbone, e senz’alcun incentivo - per inciso, il costo iniziale d’un reattore di tipo Epr francese è di 6 miliardi, anche se poi la spesa sempre lievita. E comunque, le sciagurate politiche energetiche han fatto sì che le bollette italiane siano le più care d’Europa. Stando a uno studio Sole24Ore/Nomisma, l’industria italiana paga 0,12 euro per chilowattora per consumi compresi fra 2 e 20 gigawattora l’anno: è più cara solo a Cipro, mentre la media europea è di 0,09 euro per kwh. Per le famiglie, considerando consumi fra 2.500 e 5.000 kwh l’anno, arriviamo in Italia a 0,2 euro a kwh: quinto posto in Europa per tariffa più costosa - dopo Danimarca, Germania, Belgio e Norvegia.

Il mondo va a carbone poi gas e nucleare
In ordine al nucleare, c’è però da dire che nel mondo il suo utilizzo diminuisce, così come per il petrolio. I dati dell’Agenzia internazionale dell’energia di Vienna dicono che, negli ultimi dodici anni, il contributo dell’energia atomica alla produzione mondiale d’energia è diminuito dal 17,2 al 14 per cento, quello del petrolio dall’8,9 al 4,7. Cresce l’incidenza del carbone (dal 38,4 al 40,3 per cento) e del gas (dal 15,8 al 20,8). L’idroelettrico cala anch’esso, mantenendosi al 16,6 per cento. Tutte le rinnovabili nel loro complesso si fermano al 3,3 per cento: cresceranno, ma allo stato attuale - e mantenendo questo modello sociale - non pare vi si possa impostare una strategia energetica complessiva.

di Andrea Scaglia

04/06/2011[/color]



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MessaggioInviato: 05/06/2011, 13:06 
Scusa, rmnd, ma, e allora? Già è stato detto tanto in questa discussione, ma non capisco quelli di Libero dove vogliono arrivare. Dicono, sostanzialmente, che l'Italia non ha una politica energetica, che non ha sviluppato nuove tecnologie, che non è indipendente, che le bollette sono care, e poi parlano di fatalità imprevedibili, di "quanto è brutto il mondo" e in definitiva che "è così che funzionano le cose". E allora? I referendum non sono sul piano energetico italiano, che no esiste, e nemmeno sull'intera sistema energetico italiano o mondiale. Sono su una semplice questione: il nucleare risolve più problemi di quanti non ne crei?

Come crolla una diga, può saltare una centrale nucleare, una diga i morti li fa tutti e subito, una centrale nucleare comincia a far vittime anche dopo vent'anni, e "infetta" intere popolazioni, non pochi villaggi.

Di miniera si muore eccome, ma anche di giacimenti di uranio si muore: quante guerre sono state combattute per il loro controllo?

Rinnovabili di nicchia. Certo, ma non è che se ADESSO incidono poco sarà sempre così: basterebbe avere una seria politica di sviluppo in questo senso e le cose marcerebbero da sole. Mi domando perchè non è stato già fato: forse per lo stesso motivo per cui la tecnologia nucleare noi la andremmo a comperare, dipendendo ancora una volta dall'estero? E il carburante nucleare dove lo andiamo a prendere, ad Anzio o lo dovremmo comperare da qualche ex colonia franco-inglese, come adesso facciamo per gas, carbone e petrolio?

Importazione d'oltralpe. Come prima: dove sta scritto che l'Italia è obbligata a comperare energia dall'estero invece di cercarsi in casa sua l'autosufficienza energetica?

Scorie. Già, sono molto meno voluminose di quanto può produrre petrolio e carbone. Ho idea però che un chilo di scorie nucleari siano un po' più pericolose di una tonnellata di scarti di lavorazione di combustibile fossile. E in ogni caso: esiste un modo sicuro per stoccare per decine di migliaia di anni le scorie nucleari? O dobbiamo fare come fino a qualche anno fa, quando le scorie le buttavano in atlantico? E chi paga lo stoccaggio per qualche era geologica in impianti che devono essere perennemente controllati e revisionati?

Bollette. Già, sono care, ma secondo me non diminuiranno con la costruzione di nuove centrali nucleari. Ho come il sospetto che i miliardi che serviranno verranno fatti pagare proprio in bolletta, così come in bolletta finiranno gli incentivi ai privati che investiranno (col solito rischio di impresa nullo), così come finiranno in bolletta tutti gli altri costi che questi privati avranno, a partire proprio dallo stoccaggio delle scorie, cosa che graverà in eterno, visto che le scorie resteranno pericolose per migliaia di anni.


Sia chiaro a tutti, la scelta non è tra nucleare e carbone, il referendum pone una semplice domanda: il nucleare ci risolve i problemi o ce ne crea solo di nuovi?


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MessaggioInviato: 05/06/2011, 13:26 
“Il fotovoltaico fai da te fra due anni sarà l’energia più conveniente”
di Andrea Bertaglio

Secondo uno studio del professor Arturo Lorenzoni del dipartimento di Ingegneria elettrica dell'università di Padova, nel 2013 sarà raggiunta la “grid parity”: il prezzo del chilowattora per autoconsumo prodotto con panelli solari sarà uguale a quello dell’energia acquistabile dalla rete elettrica
Nessuno l’aveva previsto. Eppure, entro due anni, l’energia solare “fai da te” sarà più conveniente, anche senza incentivi: autoprodurre elettricità con pannelli fotovoltaici, specie nel Sud, costerà meno della bolletta dell’Enel. Si avvicina infatti la “grid parity”, la coincidenza tra il costo del chilowattora per autoconsumo, prodotto con panelli da 200 kW di picco (kWp), e quello dell’energia acquistabile dalla rete elettrica. A rivelarlo sono i calcoli eseguiti dal professor Arturo Lorenzoni del dipartimento di Ingegneria elettrica dell’università di Padova. Ma le buone notizie non si fermano qui: per Vishal Shah, analista di Wall Street, il settore solare vedrà nei prossimi anni una riduzione dei costi di un ulteriore 40%.

Nel Sud Italia la grid parity sarà raggiunta già verso la metà del 2013, per gli impianti industriali da 200 kWp. Per gli impianti domestici (più piccoli, da 3 kWp) si dovrà aspettare un anno in più. Per i grandi impianti allo stesso risultato si arriverà nel 2015 al Centro e nel 2016 al Nord. Per quelli piccoli ci vorrà un anno in più. I calcoli sono stati eseguiti stimando una vita media dei moduli di 25 anni e includendo un tasso di interesse del 5,3%, ma concentrandosi appunto sull’autoconsumo, invece che sulla produzione di elettricità da vendere alla rete.

Lo studio di Lorenzoni ed il suo team, commissionato da Conergy Italia, è partito dall’analisi della variazione di prezzo degli impianti prevista per i prossimi anni da European Photovoltaic Association e altre agenzie di ricerca: i moduli fotovoltaici dovrebbero passare dai 1,4 euro/Wp di oggi a circa 1 euro/Wp entro i prossimi due anni. Questo porterebbe i sistemi fotovoltaici a costare molto meno: i piccoli impianti (3 kWp) passerebbero dagli attuali 3.600 euro/kW a 2.800 nel 2014, mentre quelli da 200 kWp da 2.800 euro/kWp a circa 2.000 nel 2014. Queste stime sono state elaborate prima del quarto conto energia, ma “con la riduzione delle tariffe incentivanti i prezzi caleranno anche più rapidamente del previsto”, spiega il professor Lorenzoni (fonte: QualEnergia).

Non solo, le ipotesi del gruppo di ricerca veneto sono approssimate per difetto: si è voluto stimare, ad esempio, un aumento annuale medio delle bollette elettriche del 3-3,28%. Un valore che potrebbe essere sottostimato, se si considera il possibile aumento del prezzo del petrolio. Se i costi legati alla produzione di energia dovessero essere maggiori di quanto stimato e gli impianti dovessero costare meno, la grid parity potrebbe quindi essere raggiunta anche prima di quanto previsto dallo studio dell’Università di Padova.

Fino a pochi anni fa, nessuno avrebbe azzardato una previsione del genere sull’autonomia energetica familiare, né tanto meno una diminuzione dei prezzi del fotovoltaico che, dal 2008 al 2011, è arrivato a sfiorare il 60%. Margini di riduzione che sono ancora ampi: nei prossimi 3-5 anni, infatti, il fotovoltaico potrà costare negli Usa tra 1,3 e 1,4 dollari per watt, ed è possibile arrivare presto alla soglia del dollaro per Watt. Ad affermarlo è Vishal Shah, analista a Wall Street specializzato nel settore solare.

Negli ultimi quattro anni, i prezzi del fotovoltaico sono scesi tanto da riuscire a superare in convenienza anche l’energia nucleare, secondo uno studio della Duke University in North Carolina. A differenza del professor Lorenzoni, però, Vishal Shah ritiene negativo il fatto che i governi possano rivedere le loro politiche di incentivazione: per l’analista newyorkese, infatti, ciò sarà l’unico freno al boom del solare. Sul prossimo raggiungimento della grid parity in alcune parti dell’Europa meridionale, però, si è tutti concordi. Non solo, per Shah nel vecchio continente l’energia elettrica da fonte solare sostituirà presto quella prodotta con il gas naturale, mentre in altre parti del mondo soppianterà anche quella prodotta con l’inquinante e sempre più costoso gasolio.

http://www.ilfattoquotidiano.it/



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Al momento il fotovoltaico è un bel business per le banche e per le aziende installatrici, purtroppo il rendimento è molto basso e i costi di preparazione sono elevati.

Comunque si hanno delle speranze nella ricerca del fotovoltaico organico, dove il costosissimo silicio andrà sostituito da materiali organici.

La ricerca sta facendo passi da gigante speriamo bene.

Fotovoltaico organico, Lecce tra i pionieri


Celle solari flessibili, semitrasparenti, colorate. Adatte all’integrazione con borse da viaggio, caricabatterie per cellulari, facciate delle abitazioni. Sono applicazioni basate sui composti del carbonio. Sfidano il silicio utilizzato nei pannelli fotovoltaici sul mercato. E la scommessa parte dai laboratori universitari. Anche italiani. A Lecce un gruppo di venti ricercatori studia l’evoluzione dei materiali per la fabbricazione di celle Dssc (“dye sensitized solar cell”, sensibilizzate a colorante): a catturare la radiazione solare è una tintura organica o metallorganica. A differenza dei moduli in silicio, inoltre, i costi di produzione e di utilizzo su larga scala sono ridotti: vengono costruite con tecniche serigrafiche, simili alla stampa. È una rivoluzione negli impianti e nell’indotto. L’obiettivo di lungo periodo per il gruppo leccese è di sviluppare la “building integration”. Le pareti degli edifici e i vetri diventano pannelli solari grazie all’integrazione con le celle Dssc: sono semitrasparenti e adattabili alle esigenze di design. Contribuiscono alla produzione di energia elettrica nelle abitazioni. Inoltre, rispetto ai moduli in silicio, funzionano anche con il cielo nuvoloso (in condizione di luce diffusa) e su pareti verticali (mentre gli impianti fotovoltaici in commercio hanno bisogno di un preciso angolo di inclinazione). È un progetto sviluppato in collaborazione con la Daunia Solar Cell, una società del gruppo riminese Tozzi impegnata nel solare di terza generazione. A guidare il progetto è Giuseppe Gigli, coordinatore dela Divisione Organici del Laboratorio Nazionale di Nanotecnologie dell’Infn-Cnr, in collaborazione con l’Istituto Italiano di Tecnologia (Iit) e l’Università del Salento. Sono attività finanziate con fondi europei, regionali e industriali.

Una materia prima più economica


La gara per trovare tecnologie più economiche è aperta. I panelli solari di silicio (mono o policristallino) hanno costi elevati di produzione, dovuti soprattutto alla materia prima e agli impianti di lavorazione. La gamma del solare organico è ampia: alle celle Dssc si affiancano celle totalmente organiche (polimeriche) e celle ibride organico/inorganico. Di recente un convegno organizzato ad Assisi, Hopv (Hybrid and Organic Photovoltaic), ha riunito alcuni tra i protagonisti mondiali del settore, con 250 partecipanti. Rivelando un mondo in effervescenza. Dove la ricerca di laboratorio sul fotovoltaico di terza generazione inizia a sbarcare sul mercato. I primi successi con celle fotoelettrochimiche sono recenti. Nel 1991 Michael Graetzel, ricercatore dell’École Polytechnique Fédérale di Losanna, progetta e costruisce i prototipi di celle Dssc, a partire da uno strato sottilissimo di biossido di titanio. Nel tempo, le metodologie di fabbricazione sono migliorate. Tanto che due aziende (l’inglese G24i e la statunitense Konarka) hanno commercializzato borse da viaggio con dispositivi solari organici in grado di alimentare oggetti di elettronica di consumo, come i cellulari. #8232;La procedura di assemblaggio per le celle Dssc ricorda la preparazione di un sandwich. La prima “fetta” è un substrato, generalmente vetroso, con una pellicola di un ossido conduttivo. In laboratorio i ricercatori spalmano uno strato di biossido di titanio, un materiale bianco utilizzato nei dentifrici e nelle vernici. Lo spessore è di pochi millesimi di millimetri e deve essere uniforme. Sono tecniche serigrafiche, simili alla stampa. Il film di nanoparticelle viene stabilizzato termicamente in un forno per alcune ore: in questo modo il solvente evapora. Il colorante sul biossido di titanio può avere un’origine biologica, naturale o artificiale. I pigmenti ricavati dai frutti, però, sono meno efficienti di quelli sintetici. Per esempio, i mirtilli contengono antocianine: assorbono i raggi solari e attivano un processo simile alla fotosintesi clorofilliana. L’efficienza, però, è di circa l’un per cento. Le tecnologie di produzione su scala nanometrica (in dimensioni, cioè, di un miliardesimo di metro) aumentano la superficie di contatto. I ricercatori, poi, aggiungono un altro substrato di dimensioni identiche al primo (il controelettrodo) e uniscono le due parti del “sandwich”, garantendo uno spessore di pochi millesimi di millimetro. Infine, sigillano la cella appena costruita per evitare l’ingresso di aria e versano una soluzione elettrolitica.

Obiettivo mercato


Ma dall’accademia laboratorio il processo di produzione deve passare su scala industriale: è uno dei principali obiettivi del Polo Chose (Center for Hybrid and Organic Solar Energy) dell’università Tor Vergata di Roma. Le sfide principali da affrontare sono tre. Occorre aumentare l’efficienza per rendere le celle fotoelettrochimiche competitive con le tecnologie al silicio. Finora, in laboratorio, le celle Dssc hanno raggiunto valori tra l’11% e il 12%. Inoltre, i tempi di vita dei moduli solari organici in commercio in genere non superano i tre anni: per l’edilizia sostenibile, invece, l’obiettivo è di raggiungere una durata delle celle fotoelettrochimiche vicina ai vent’anni, con un efficienza di circa il 7%. Inoltre, bisogna perfezionare i sistemi per la produzione industriale su larga scala. Ma i costi sono competitivi. Sul mercato i moduli di silicio fotovoltaico raggiungono dai due ai quattro euro per watt/picco. Secondo le stime disponibili, i pannelli Dssc costerebbero meno di un euro per watt/picco. Le strutture del Polo Chose occupano circa 500 metri quadrati. È un team di ricerca multidisciplinare: riunisce fisici, ingegneri elettronici, chimici. Di recente, il gruppo di ricercatori ha sviluppato un processo per sintetizzare il biossido di titanio attraverso un laser: in questo modo, è possibile evitare il passaggio nei forni. Il Polo Chose è stato istituito nel 2006 con il finanziamento della Regione Lazio. A fondarlo sono stati quattro colleghi del Dipartimento di Ingegneria Elettronica dell’università di Tor Vergata: Aldo Di Carlo, Franco Giannini, Thomas Brown e Andrea Reale. Di recente ha lanciato un consorzio, Dyepower per studiare e costruire facciate di abitazioni integrate con celle di terza generazione. Hanno contribuito a finanziare il progetto Erg Renewable (2,5 milioni di euro), Permasteelisa (2,5 milioni di euro) e l’australiana Dyesol (1,5 milioni di euro). Partecipano anche le università di Ferrara e Torino. La prospettiva di impresa è strettamente legata all’attività di ricerca attraverso due società spinoff: Dyers e Intelligentia. “Abbiamo in corso le procedure per la proposta di tre brevetti”, osserva Thomas Brown, professore associato al Dipartimento di Ingegneria Elettronica di Tor Vergata.
La frontiera del fotovoltaico organico riunisce diversi team sul territorio italiano. Che, insieme, hanno presentato da poco un progetto per il Pon (Programma operativo nazionale): l’obiettivo è di unire le caratteristiche dei gruppi di ricerca per alimentare un impegno nazionale sulle tecnologie di terza generazione. “In Italia il fotovoltaico basato sul silicio è limitato all’installazione e l’assemblaggio. Eppure negli anni Settanta e Ottanta eravamo all’avanguardia. Con il solare di terza generazione possiamo rientrare sul mercato e coinvolgere piccole e medie imprese”, sottolinea Giuseppe Gigli, coordinatore dela Divisione Organici del Laboratorio Nazionale di Nanotecnologie dell’Infn-Cnr di Lecce.

Dagli USA alla Cina, la corsa per i nuovi materiali


Una borsa portatile alimentata da una cella fotovoltaica organica di 1,4 watt: è in grado di ricaricare cellulari, lettori mp3, macchine fotografiche. La tecnologia è fornita da Konarka, una delle prime aziende a puntare sul solare di terza generazione. Nata come azienda spin off dell’università del Massachussetts, negli Stati Uniti, ha lanciato sul mercato piccoli moduli destinati all’elettronica di consumo e alle borse da viaggio. Il suo laboratorio di ricerca e sviluppo lavora sulle celle polimeriche (commercializzate come “power plastic”) e ibride (dssc). Queste ultime, in particolare, sono più adatte ad applicazioni per l’edilizia sostenibile: possono essere integrate all’interno di vetri o in pannelli per rivestire le facciate delle abitazioni. Di recente è arrivata in fase di produzione anche l’inglese G24i, con sede a Cardiff: progetta e costruisce tecnologie per il fotovoltaico organico. Collabora con tre istituti cinesi e con l’università di Losanna, dove Michael Graetzel ha costruito le prime celle dssc. Ma la corsa per arrivare sul mercato accelera. L’australiana Dyesol punta a espandere l’attività negli Stati Uniti, dopo aver consolidato la sua posizione in Europa e in Asia. Le startup premono sull’acceleratore, come Solar Print (Irlanda), Solaronix (Svizzera) e Solarmer (Stati Uniti). La ricerca sul fotovoltaico di terza generazione, poi, richiama investimenti crescenti delle multinazionali. Sony ha annunciato di aver prodotto celle organiche in grado di raggiungere un’efficienza del 10%, ma sono ancora valori di laboratorio che devono fare i conti con la fabbricazione per la commercializzazione. Hanno unità impegnate nello sviluppo del solare organico anche altre aziende interessate alle frontiere delle tecnologie a film sottile, come Agfa, Basf, Mitsubishi, Bayer.

http://www.tekneco.it/energia/fotovolta ... -pionieri/



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REFERENDUM – “Io, nuclearista convinto, ho cambiato idea: questo nucleare sarebbe un disastro”
http://domani.arcoiris.tv/

Il professor Alberto Clò, economista, ex ministro e nuclearista “non pentito ma non fazioso”, critica il “modo cialtronesco” in cui il governo ha affrontato organizzazione e pianificazione delle centrali: 25 anni di silenzio e un’improvvisazione non diversa dal ponte di Messina. “Non è vero che le nostre bollette diventeranno meno pesanti: saranno sempre più care”. E poi l’armonia di uno stato che non c’è scoraggia i possibili finanziatori. Berlusconi copia il Craxi del dopo Chernobyl: si stava per votare e, per non perdere consensi, il leader socialista inventò la moratoria. 25 anni dopo il Cavaliere la ritira fuori

06-06-2011
di Giada Oliva

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Vignetta di Dario Levi

La Cassazione ha restituito ai cittadini il diritto di decidere sul futuro del nucleare, smascherando i tentativi del governo di sottrarre alle urne la decisione che il disastro di Fukushima ha reso urgente. Adesso “rischia” di far raggiungere il quorum. Eventualità che finirebbe per azzoppare un governo già zoppo. Logor e da sempre irriso sul teatro internazionale, adesso malsopportato perfino da chi ha contribuito ad eleggerlo. In quest’ultima settimana forse l’esecutivo non riuscirà ad escogitare altre misure per boicottare la consultazione, anche perchè ha già giocato le carte che aveva nella manica. Altre interferenze potrebbe far crescere la voglia di correre al voto. Resta la crucialità delle scelte per votare con consapevolezza. Ne parliamo con Alberto Clò, docente di Economia industriale e Regolazione public utilities all’Università di Bologna, ex ministro dell’industria e del commercio tra il ’95 e il ’96 durante il governo Dini. Sostenitore delle potenzialità del nucleare, ha sentito il dovere di “sollevarsi” davanti alla proposta di un ritorno all’atomo ed ha scritto un libro – “Si fa presto a dire nucleare” – per dimostrare come oggi in Italia non esistano le condizioni per sviluppare questa fonte energetica.

- Professor Clò, lei parte dall’analisi degli errori del passato per comprendere la situazione presente e prefigurare scenari futuri. Da nuclearista convinto, ma non fazioso – come ama definirsi – sostiene con fermezza che attualmente in Italia non esistono le condizioni per un rientro nel nuclare. Perché?

I motivi sono molti, la prima è la lezione del passato. Alcune ragioni che hanno fatto sì che uno fra i paesi entrati per primi nel nucleare sia uscito dal progetto, a seguito del referendum dell’87 – anche se non a causa del referendum – imboccando la strada del non ritorno.
All’epoca ci fu un consenso pieno non solo della politica, ma dell’intero paese ed anche le forze industriali non si opposero in quanto molto attente agli indennizzi che avrebbero avuto dall’uscita dal nucleare e già proiettate verso i famigerati incentivi Cip6.
La decisione fu quella di una moratoria di 5 anni. Quando questi passarono, da ministro cercai di riprire la questione del nuclerare sul piano degli studi, della ricerca, ma trovai un muro da parte di tutti.
Adess, come è possibile che dopo 25 anni, proprio coloro che si battereno per la chiusura del nucleare, lo riscoòprono, lo esaltano, quasi che niente fosse accaduto in tutto questo tempo.. Oggi l’Italia non è un paese per il nucleare, il nucleare è una cosa seria, non una porta girevole da cui entrare, uscirne e rientrare: in 25 anni abbiamo distrutto tutto, suprattutto l’aspetto cruciale che è il sapere. Se ne interessavano molti istituti universitari, laureati, ingegneri, progettisti. Tutto è stato distrutto in 25 anni di silenzio assoluto. Proibto òpronunciare pronunciare la parola “nucleare” finché, d’improvviso, luglio 2008, si è riproposto il ritorno al’atomo, sebbene non fosse stato neppure menzionato nei programmi elettorali. Da nuclearista, non pentito ma non fazioso, osservando il modo maldestro, per non dire cialtronesco, con cui si parlava del supposto rientro ho ripetuto che non avrebbe portato da nessuna parte ancor prima dell’11 marzo, quando le reazioni a Fukushima hanno evidenziato le contraddizioni.


- Vuol dire che gli improvvisi proclami di nuovi programmi per il nucleare non avrebbero portato ad una effettiva riapertura degli impianti?
Dalle modalità confusionarie con cui sono avvenute le prime decisioni ho capito che non si andava da nessuna parte. La mia analisi critica moveva dal modo sprovveduto con cui avveniva questo supposto rientro: si palesavano i vecchi peccati originali del massimalismo progettuale, dello scontro di tutti contro tutti e soprattutto la mancanza dello Stato. Il nucleare è una tecnologia sistemica che vede il coinvolgimento di un gran numero di soggetti e richiede un intervento forte dello Stato.
Si è cominciato col sostenere che l’Italia sarebbe stata in grado in 5 anni di aprire il primo cantiere; in grado in pochi anni di attivare tra 8 e 12 centrali; in grado con queste centrali di abbattere drasticamente i costi del nucleare e dell’elettricità. Falsità. Come è possibile che un paese che non ha più industrie manifatturiere, che non ha più capacità gestionali riesca a realizzare un piano nucleare di queste dimensioni?
In 3 anni non si è fatto niente. Solo leggi su leggi, modificate.. Per capire il livello della cialtronaggine basta guardare all’autorità della sicurezza prodromica di qualsiasi cosa.. Sono stati nominati 5 signori che non hanno un euro e non hanno una sede, Veronesi dice che lavorano trovandosi intorno al tavolo di un bar… Di che cosa stiamo parlando? Questo l’è il nucleare al’italiana.

- Tante contraddizioni…
Troppe. Il nucleare è una scelta che si proietta su decenni e richiede un consenso bipartisan, altrimenti si finisce nella comica dello stretto di Messina. Non c’è stato neppure un minimo tentativo di discutere queste prospettive: qual’è l’impresa disposta ad investire un solo euro nella totalità dell’incertzza politica? In un’economia di mercato liberalizzato e concorrenziale, dominato da privati che fanno scelte in base a calcoli economici di breve periodo, il nucleare comporta rischi che nessun imprenditore è disposto ad accollarsi, a mano che lo Stato non intervenga dando forti garanzie. E si innesta la seconda contraddizione.


- I costi delle bollette?
Esattamente. La principale falsità era che il nucleare sarebbe stato così conveniente da abbattere i costi dell’energia: non è vero, non è dimostrato, perchè non esiste un’analisi seria.
E poi bisogna chiarire se quella del nucleare è una scelta privata o pubblica. Nel primo caso, in regime di mercato concorrenziale i privati investono solo dove vedono un profitto, ma qui c’era troppa incertezza per investire. Non si sapevano i costi, non si ha idea deii prezzi futuri. Nessuna banca sarebbe stata disposta a finanziare ad un progetto che manca di garanzie pubbliche.
Le imprese, a cominciare da Enel, chiedevano garanzie sul prezzo per non essere esposte ad eccessivi rischi: prezzi garantiti a fornire una copertura dei prezzi più una redditività. E questo porta a pagare l’elettricità più di quello che costava prima…


- Ma lo Stato non può avvantaggiare alcuni a svantaggio di tutti…
Certo, eppure nonstante alcuni documenti governativi sostenessero che il nucleare era talmente rischiso da necessitare una socializzazione dei rischi. Zsocializzazione dei rischi…. Mi ricorda lo slgon tanto in voga in Italia: “pubblicizzare le perdite e privatizzare gli utili”.

- Allora qual era l’interesse per il ritorno al nucleare?
Gli investimenti. Se le imprese avessero avuto delle garanzie a carico dei contribuenti e dei consumatori gli investimenti sarebbe arrivati, ma a titolo speculativo. Non si è fatto in tempo, perchè è intervenuto l’11 marzo.

- Lei ha detto che il nucleare richiede la collaborazione di un vasto numero di soggetti. Tra questi c’è l’opinione pubblica: ritiene che il governo stesse lavorando nella giusta direzione per creare consenso?
E’ l’altra contraddizione. Del consenso non ci si è preoccupati, eppure è un aspetto assolutamente imprescindibile, anche prima dell’11 marzo. Il non pensare da subito come costruire consenso sociale era una totale stupidaggine anche perchè coloro nell’87 hanno sparso terrorismo a piene mani a proposito della siurezza sono gli stessi che oggi proponono il ritorno all’atomo.

- Ma Fukushima ha fatto cambiare rotta…
Dopo il 12 marzo le cose si sono svolte come una fotocopia dell”87. Scoppia Chernobyl ma Craxi sostoene che indietro non si sarebbe tornati, salvo al primo storminre di sondaggi fare precipitosa marcia indietro e correre alla moratoria per salvare il voto alla amministrative. Berlusconi lo ha rifatrto oggi. Credo però che in Italia non ci sia cosa più definitiva di quella che si dice “temporanea “ e penso che questa moratoria metta una pietra tombale sul nucleare. Mi dispiace come nuclearista, ma siceramente se le cose dovevano continuare ad essere gestite così, almeno Fukushima è servita ad evitare altri errori ed altri sprechi di risorse.

- Secondo lei non esistono le condizioni per un rientro al nucleare, ma serve un nuovo piano energetico: qual è quindi la soluzione?
Abbiamo un sistema elettrico con un eccesso di capacità produttiva, ma inficiato da una diffusa dispersione di energia. E’ necessario ammodernare la rete per evitare sprechi e sfruttare al massimo l’energia già prodotta, anche per ottimizzare l’apporto delle rinnovabili: pensi che abbiamo costruito centrali eoliche che non sono mai entrate in funzione. Quindi razionalizzare l’esistente per migliorarne l’efficienza e minimizzare i consumi, sviluppando una nuova cultura di risparmio energetico. Queste le misure che possono abbassare i costi delle nostre bollette.



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Nuovo modello di pannelli termo-fotovoltaici a inseguimento solare ideati in Giappone

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Esistono due tipi principali di pannelli solari: quelli termici, che producono acqua calda, e quelli fotovoltaici, che producono elettricità; questi ultimi a loro volta possono essere fissi, o dotati di un meccanismo che li ruota man mano che il sole si sposta nel cielo, in modo da massimizzare l’energia raccolta: si parla di “inseguitori solari”. Normalmente in questo tipo vengono ruotati gli interi pannelli, il che richiede una meccanica piuttosto complessa e un motore potente.
Il nuovo brevetto giapponese, sviluppato da Takashi Tomita, implementa tutte e tre le tecnologie: fotovoltaico, termico e a “inseguimento solare”, col vantaggio ulteriore di utilizzare pannelli molto piccoli che riflettono tutti la luce verso un unico pannello fotovoltaico, contenuto all’interno di un tubo nel quale scorre un liquido di raffreddamento che consente di produrre acqua calda e al tempo stesso di mantenere bassa la temperatura, e quindi alta l’efficienza, del pannello solare.
“Dobbiamo inviarli innanzitutto nelle aree colpite dallo tsunami”, afferma Tomita, ma è già in programma di vendere questa tecnologia anche a paesi come Vietnam e Thailandia, che non hanno grandi scorte di petrolio e gas da sfruttare.

Fonte: http://technews.it/QKGVQ



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UE e Giappone, in progetto celle fotovoltaiche con efficienza di conversione superiore al 45 %

La New Energy and Industrial Technology Development Organization (NEDO), la più grande agenzia di ricerca governativa nipponica, ha annunciato l'avvio di un progetto congiunto con l'Unione Europea che dovrebbe portare entro il 2014 alla realizzazione di celle fotovoltaiche in grado di garantire un'efficienza di conversione energetica superiore al 45%, vale a dire, sic stantibus rebus, la più alta efficienza al mondo.

Si tratta di un impresa cui prenderanno parte due diversi "team", uno giapponese guidato dal professor Masafumi Yamaguchi del Toyota Technical Institute e l'altro, partecipato dai cinque grandi paesi dell'UE (Germania, Francia, Regno Unito, Italia e Spagna), diretto da Antonio Luque dell'Universidad Politécnica de Madrid (UPM).

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I due gruppi di lavoro opereranno sinergicamente supportati da diversi enti, istituti di ricerca e aziende private (fig.2): per il Giappone, oltre al già citato Toyota Technical Institute, finanzieranno il programma Sharp, Daido Steel Co. Ltd., l'Università di Tokyo e il National Institute of Advanced Industrial Science and Technology (AIST), mentre sul versante europeo avremo il già citato politecnico della capitale iberica, l'Imperial College di Londra, il Fraunhofer Institute for Solar Energy Systems, l'ENEA, BSQ Solar, PSE AG e l'Istituto nazionale francese per l'energia solare (CEA-INES).

Il budget complessivo messo in campo ammonta a 650 milioni di yen e 5 milioni di euro (rispettivamente circa 8 e 7,2 milioni di dollari) e copre le spese di ricerca e di sviluppo fino al 2014, pur rientrando in una prospettiva di collaborazione a più lungo termine inaugurata con l'accordo raggiunto dal ministero dell'economia, dell'industria e del commercio giapponese e dal commissario europeo per la scienza e la ricerca per una cooperazione nel settore delle tecnologie afferenti l'energia.

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Nel dettaglio però non si sa ancora molto di preciso e, aldilà dei lodevoli propositi, non sappiamo nello specifico verso quali direzioni si indirizzerà il lavoro: nel comunicato di cui in nota si parla dell'impiego di nuovi materiali, dell'adozione di nuove tipologie strutturali per le celle e i moduli fotovoltaici, ma il tutto appare alquanto nebuloso, quasi nell'illusione che unendo le forze e i saperi dell'una e dell'altra parte il risultato si possa raggiungere magicamente... ovviamente, possiamo immaginare (e sperare) che non sia così e che le poche informazioni fornite siano piuttosto frutto di una voluta semplificazione comunicativa, in attesa di fornire i primi esiti concreti di questo lavoro comune.

Fonti e figura 2:
http://technews.it/ABBdY
NEDO : http://www.nedo.go.jp/content/100147758.pdf



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MessaggioInviato: 11/06/2011, 11:27 
Rubbia: "Nucleare costa troppo, puntare su mix gas-geotermia"
Alla vigilia del referendum sull'atomo, parla il premio Nobel: "Guai a ignorare la lezione di Fukushima". Dal sottosuolo di Lazio, Toscana e Campania un potenziale pari a quattro impianti alimentati ad uranio
di ANTONIO CIANCIULLO


L'INTERVISTA
ROMA - "Fukushima ha rappresentato una grande sorpresa perché ha evidenziato uno scollamento tra le previsioni e i fatti. È stata una lezione ed è pericoloso non imparare dalle lezioni. Soprattutto per un paese come l'Italia che con il Giappone ha molti problemi in comune: non solo la sismicità ma anche gli tsunami prodotti da un terremoto, come l'onda gigante che ha distrutto Messina nel 1908. È ragionevole fare una centrale atomica in Sicilia?".

Carlo Rubbia, il Nobel che in Italia ha inventato il progetto pilota per il solare termodinamico, osserva il panorama energetico a tre mesi dall'inizio di un incidente nucleare che non si è ancora concluso.
Dopo Fukushima tutto il mondo s'interroga sul futuro del nucleare e paesi come la Germania e la Svizzera hanno deciso di uscire dal club dell'atomo. Il governo italiano invece vuole rientrare. Le sembra una buona scelta?
"Non si può rispondere con un sì o con un no. Bisogna esaminare i problemi partendo da una domanda fondamentale: quanti soldi ci vogliono e chi li mette. Si dice che una centrale nucleare costa 4-5 miliardi di euro. Ma senza calcolare gli oneri a monte e a valle, cioè le spese necessarie per l'arricchimento del combustibile e per la creazione di un deposito geologico per le scorie radioattive come quello che gli americani hanno cercato di fare, senza riuscirci ma spendendo 7 miliardi di dollari, a Yucca Mountain".

Insomma quanto costerebbe?
il piano italiano che punta ad arrivare al 25 per cento di elettricità dall'atomo?
"Per raggiungere un obiettivo del genere, e o si raggiunge un obiettivo del genere oppure è inutile cominciare perché si hanno solo i problemi senza i vantaggi, serviranno una ventina di centrali e quindi possiamo immaginare un costo diretto che si aggira sui 100 miliardi di euro. Il punto, come dicevo, è chi li mette sul tavolo".

In tutto il mondo i capitali privati tendono a tenersi lontani dal nucleare, li spaventa il rischio.
"Proprio così. Nei paesi che hanno scommesso sull'energia nucleare questa scelta è stata finanziata, in un modo o nell'altro, dallo Stato, spesso perché lo Stato era impegnato nella costruzione di bombe atomiche. Per questo le centrali francesi sono costate tre volte meno di quelle tedesche: buona parte degli investimenti strutturali erano a carico della force de frappe. Ora se in Italia ci sono - e sarebbe una novità - privati interessati a investire in questo settore, bene: si facciano avanti. Altrimenti bisogna dire con onestà che i soldi vanno presi dalle tasse".

La Germania ha deciso di chiudere le centrali nucleari perché considera più conveniente investire nelle fonti rinnovabili. Condivide il giudizio?
"Io ho parlato a lungo proprio con le persone che hanno preso questa decisione. È stato un passo importante perché il futuro è lì, ma bisogna tener presenti i tempi dell'operazione: le fonti rinnovabili per esprimere a pieno il loro potenziale, arrivando a sottrarre quote importanti ai combustibili fossili, hanno bisogno ancora di 10-15 anni. Quindi bisogna pensare a una transizione".

Per questo il centrodestra italiano parla di nucleare.
"Non diciamo sciocchezze, una centrale nucleare approvata oggi sarebbe pronta tra 10-15 anni, alla fine del periodo di transizione. Noi abbiamo bisogno di impianti con un basso impatto ambientale e tempi di costruzione rapidi. Penso a un mix in cui l'aumento di efficienza gioca un ruolo importante, sole e vento crescono e c'è spazio per due fonti che possono produrre subito a costi bassi".

Quali?
"Innanzitutto il gas, che è arrivato al 60 per cento di efficienza e produce una quantità di anidride carbonica due volte e mezza più bassa di quella del carbone: il chilowattora costa poco e le centrali si realizzano in tre anni. E poi c'è la geotermia che nel mondo già oggi dà un contributo pari a 5 centrali nucleari. L'Italia ha una potenzialità straordinaria nella zona compresa tra Toscana, Lazio e Campania, e la sfrutta in maniera molto parziale: si può fare di più a prezzi molto convenienti. Solo dal potenziale geotermico compreso in quest'area si può ottenere l'energia fornita dalle 4 centrali nucleari previste come primo step del piano nucleare. Subito e senza rischi".
http://www.repubblica.it/ambiente/2011/ ... -17475151/



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MessaggioInviato: 21/06/2011, 23:21 
Nucleare Usa ad alto rischio, abbassati standard di sicurezza

New York - Le autorità statunitensi hanno lavorato a stretto contatto con l’industria nucleare per assicurare che diverse centrali, ormai datate, riuscissero a soddisfare gli standard di sicurezza imposti. Niente di preoccupante dunque. E invece no. Non erano le centrali ad adattarsi ai requisiti di sicurezza, bensì gli standard che di volta in volta venivano ridotti per corrispondere allo stato di salute effettivo delle centrali. È il risultato dell’indagine di Associated Press.

Si parla di cavi scoperti, bidoni non sigillati, condutture con perdite, crepe nelle pareti, schermi non funzionanti, ferri arrugginiti e chi più ne ha più ne metta. Scenari che molto probabilmente avete visto solo nella centrale nucleare in cui lavorava Homer Simpson, del noto cartone televisivo.



Immagine:
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La foto mostra una perdita di 10 galloni al minuto di un tubo arruginito che porta all'impianto di raffreddamento.

Volta per volta, gli ufficiali della U.S. Nuclear Regulatory Commission, avrebbero deciso che le regolamentazioni precedenti erano troppo severe, affermando che potevano essere tranquillamente allentate senza creare alcun tipo di pericolo, riporta Ap citando i documenti a disposizione. Con miliardi di dollari e con il 19% della produzione americana di energia a rischio, ci sarebbe stata una relazione di interesse reciproco tra gli operatori nel settore e le autorità di controllo.

Ora è naturale che crescano i timori. Queste politiche potrebbero essere state eccessivamente accomodanti e rischierebbero di mettere in gioco la sicurezza. Ap cita una serie di esempi: se una valvola perdeva, veniva consentita una perdita maggiore, talvolta anche 20 volte superiori al limite originale; quando le crepe sui tubi portavano alla fuoriuscita di materiale radioattivo, i test su questi condotti venivano fatti con minore scrupolosità, in modo che il tutto potesse rientrare negli standard.

http://www.wallstreetitalia.com/article ... rezza.aspx


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MessaggioInviato: 02/08/2011, 00:23 
Ormai non fa piu' notizia, ma intanto i tedeschi procedono spediti.

Cita:
(ANSA) -BERLINO, 01 AGO- Il presidente della Repubblica tedesca, Christian Wulff, ha firmato oggi la nuova legge che prevede l'abbandono del nucleare in Germania entro il 2022. La firma segue l'approvazione del progetto di legge prima da parte del Bundestag, la Camera bassa dei deputati, lo scorso 30 giugno, e poi del Bundesrat - la Camera alta dei rappresentanti regionali - il 10 luglio. In particolare, il Bundestag aveva approvato il piano proposto dal governo con 513 voti favorevoli, 79 contrari e otto astenuti.



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