Cita:
L'Egregio Sig. chimofafà scrive:
Caro Giovanni dalla Teva, la ringrazio per la lettura che ne ha dato, quindi si poteva anche evitare il richiamo a Ant. XVII:213 e descrivere genericamente comunque "l'aria pasquale" degli ebrei, in ogni caso spero di avere qualche risposta anche alle altre domande sollevate precedentemente.
Grazie comunque.
Dimostrazione dell’esatta interpretazione storica da parte del grande storico Sig. Emilio Salsi e del fallimentare tentativo di nascondere l’interpolazione da parte del grande grecista Sig. Gianluigi Bastia ( a cui va tutta la mia stima e gratitudine, perché solo attraverso le sue analisi posso comprendere con certezza, la corretta analisi storica del Sig. Emilio Salsi) Antichità Giudaiche, di Giuseppe Flavio - il passaggio 20.9.1Traduzione di Luigi Moraldi – Edizione Utet 1998-
197 "Venuto a conoscenza della morte di Festo, Cesare inviò Albino come procuratore della Giudea. Il re poi allontanò Giuseppe dal sommo sacerdozio e gli diede come successore
nell'ufficio il figlio di Anano, il quale si chiamava anch'egli Anano".
198 "Del vecchio Anano si dice che fu estremamente felice; poiché ebbe cinque figli e tutti, dopo di lui, godettero di quell'ufficio per un lungo periodo, divenendo sommi sacerdoti di Dio; un fatto che non accadde mai ad alcuno dei nostri sommi sacerdoti".
199 " Il più giovane Anano che, come abbiamo detto, fu designato al sommo sacerdozio, era una persona di indole franca e oltremodo ardita. Seguiva la scuola dei Sadducei, che, in verità, quando sedevano in giudizio erano più insensibili degli altri Giudei, come già accennato."
2oo "Con il carattere che aveva, Anano pensò di avere un'occasione favorevole alla morte di Festo mentre Albino era ancora in viaggio: cosi convocò i giudici del Sinedrio e introdusse davanti a loro
un uomo di nome Giacomo", fratello di Gesù, che era soprannominato Cristo, e certi altri, con l'accusa di avere trasgredito la Legge, e li consegnò perché fossero lapidati."
201 Ma le persone più equanimi della città, considerate le più strette osservanti della Legge si sentirono offese da questo fatto. Perciò inviarono segretamente (legati) dal re Agrippa supplicandolo di scrivere una lettera ad Anano che il suo primo passo non era corretto, e ordinandogli di desistere da ogni ulteriore azione.
202 Alcuni di loro andarono a incontrare Albino che era in cammino da Alessandria informandolo che Anano non aveva alcuna autorità di convocare il Sinedrio senza il suo assenso.
203 "Convinto da queste parole, Albino inviò una lettera sdegnata ad Anano minacciandolo che ne avrebbe portato la pena dovuta. E il re Agrippa, a motivo della sua azione depose Anano dal sommo pontificato che aveva da tre mesi, sostituendolo con Gesù, figlio di Damneo."
Traduzione dell'Abate Francesco Angiolini edizioni Brenner – anno 1842 - pag.523 opera II
CESARE intanto , udita la morte di Festo, spedisce pro-curatore in Giudea Albino (29). Del rimanente il re tolse il pontificato a Giuseppe, e gli diede per succes¬sore in quel posto il figliuolo d'Anano, detto ancor esso Anano
Del vecchio Anano (30) or nominato si dice, che fosse il più felice uomo del mondo: conciossiachè egli ebbe cinque figliuoli, e tutti e cinque giunsero a servir Dio nel grado di som¬mi Pontefici, dopo aver egli stesso per lungo tempo goduto il medesimo onore, cosa che non è mai toccata a verun altro de' nostri pontefici. Ora il giovine Anano, cui abbiam detto salito al pontificato, era uomo d' indole franca ed ardita oltremodo. Tenevasi ancora alla setta de' Sadducei,gente, come accennammo più sopra, dura e crudele nel giudicare più ch'altri mai in Giudea. Uomo adunque di tal fatta, com' era Anano, pensando che quello fosse tempo opportuno; quando, già morto Festo, Albino era ancora in viaggio, raduna il consesso de' giudici; e introdotti dinanzi a quell'assemblea
il fratel di Gesù detto Cristo, che Giacomo si nominava e con lui alcuni altri, dopo accusatili di aver trasgredita la legge, li sentenziò a dover essere lapidati (31). Ma le persone, che erano in città tenute per più discrete e zelanti dell'osservanza delle leggi ne furono assai dolenti; e spedirono di nascosto al re pregandolo, che scrivesse ad Anano, perchè non adoperasse più di tal guisa; giacche per lo innanzi non s'era por¬tato bene. Alcuni di loro eziandio andarono incontro ad Albino, ch' era partito già d'Alessandria, e avvertironlo, che non poteva Anano senza consenso di lui adunare assemblea. Albino, dato fede a' lor detti, scrive ad Anano una lettera piena di sdegno, in cui gli minaccia, che porterànne la pena dovuta. Questa si fu la cagione, per cui il re Agrippa gli tolse il pontificato dopo tre mesi dacchè l'aveva, e sostituì in suo luogo Gesù figliuol di Danneo.
Cita:
Il Sig. Emilio Salsi scrive: in
http://www.vangeliestoria.eu/approfondimento.asp?ID=5 Infatti, dopo aver riletto il passo su riportato, se togliamo “detto Cristo”, rimarrebbe solo “Giacomo, fratello di Gesù”, senza patronimico (d’obbligo in prima citazione ebraica), di conseguenza, l’unico “Gesù” che ha il patronimico è “Gesù, figlio di Damneo” e lo scrittore non riporta il patronimico di Giacomo perché, essendo fratello di Gesù, figlio di Damneo, anche Giacomo è figlio di Damneo. Pertanto, se fosse stato un altro giudeo di nome “Gesù”, non figlio di Damneo, lo storico ne avrebbe dovuto riportare l’altro patronimico.
Confermo pienamente Cita:
Il Sig. Gianluigi Bastia scrive: in
http://digilander.libero.it/Hard_Rain/s ... monium.htm3.2 Argomenti a sostegno della non autenticità del passaggio 20.9.1
3.2.1 Glossa accidentalmente finita nel testo
La frase di nostro interesse nel paso 20.9.1 è: "così egli convocò il Sinedrio a giudizio e vi condusse il fratello di Gesù, detto il Cristo, il cui nome era Giacomo, ed alcuni altri". Le parole che si riferiscono a Gesù potrebbero avere le caratteristiche di una breve nota marginale, finita più o meno accidentalmente nel testo. Dunque il riferimento al Cristo sarebbe spurio. Giuseppe probabilmente scrisse della morte di un leader giudeo di nome Giacomo e un lettore cristiano pensò che il riferimento dovesse essere a Giacomo il Giusto, il fratello di Gesù che, secondo la tradizione, era il capo della Chiesa giudeo-cristiana di Gerusalemme in quel periodo. Questo lettore annotò a margine del testo: ‘Giacomo = il fratello di Gesù detto il Cristo’ (cfr. con le parole in Mt 1:16: ‘Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù chiamato Cristo.’) e più tardi un copista ritenne più o meno ingenuamente questa glossa appartenente al testo e la incorporò in esso. Si sa di altre interpolazioni originatesi in questo modo.
In realtà la teoria di una glossa marginale accidentalmente finita nel testo non è molto semplice da sostenere. Nel caso del testimonium flavianum è molto semplice cancellare ad esempio le parole "Egli era il Cristo" senza modificare la correttezza sintattica del passo: si ottiene ancora un testo intelligibile e grammaticalmente corretto dal momento che la frase è perfettamente parentetica. Ma nel caso del passaggio Ant. 20.9.1 il testo greco recita che misero a morte "ton adelphon Iêsou tou legomenou Christou, Iakôbos onoma autôi" che significa "il fratello di Gesù detto il Cristo, il cui nome era Giacomo". Se cancelliamo semplicemente la frase ton adelphon Iêsou tou legomenou Christou omettendola dal passaggio, che sarebbe la glossa accidentalmente finita nel testo, il risultato che si ottiene non è sintatticamente corretto, otterremmo qualcosa tipo: "misero a morte il cui nome era Giacomo", manca evidentemente qualcosa nella frase. Pertanto l'inserzione della ipotetica glossa richiede necessariamente una manomissione della frase originaria, oppure è impossibile che la glossa sia stata accidentalmente inclusa nel testo senza supporre che il testo preesistente sia stato modificato.
Mio commento.
Il noto grecista Sig. Gianluigi Bastia sostiene che la possibile glossa marginale, più o meno accidentalmente finita nel testo fosse “ton adelphon Iêsou tou legomenou Christou” (il fratello di Gesù detto il Cristo)
mentre risulta evidente che fosse solo “tou legomenou Christou” (detto il Cristo).Se cancelliamo semplicemente la frase “tou legomenou Christou” omettendola dal passaggio, che sarebbe la glossa più o meno accidentalmente finita nel testo, il risultato che si ottiene "ton adelphon Iêsou, Iakôbos onoma autôi" sintatticamente corretto, otterremmo qualcosa tipo: "misero a morte il fratello di Gesù, il cui nome era Giacomo", non manca evidentemente nulla nella frase. Pertanto l'inserzione della ipotetica glossa non richiede necessariamente una manomissione della frase originaria, oppure è possibile che la glossa sia stata accidentalmente inclusa nel testo senza supporre che il testo preesistente sia stato modificato.
Si noti comunque che questa alterazione non richiede una modifica della struttura grammaticale della ipotetica frase originaria di Giuseppe, operazione quindi che non richiede nessun grado di difficoltà.
Cita:
Il Sig. Gianluigi Bastia scrive:
2.3.8 Presenza di un secondo riferimento a Gesù Cristo (Ant. 20.9.1)
In Antichità Giudaiche 20.9.1 esiste un secondo riferimento a Gesù Cristo che, per la forma in cui è scritto, richiederebbe la presenza del più noto testimonium flavianum, oppure costituirebbe una testimonianza che Gesù era un personaggio storico conosciuto da Giuseppe Flavio.
Mio commento.
In Antichità Giudaiche 20.9.1 non esiste un secondo riferimento a Gesù Cristo che, per la forma in cui è scritto, richiederebbe la presenza del più noto testimonium flavianum, ma una testimonianza che Gesù figlio di Damneo era un personaggio storico suo contemporaneo conosciuto da Giuseppe Flavio molto bene, e osservando i tempi della loro esistenza, avranno pure mangiato, bevuto e discusso insieme.
Cita:
Il Sig. Gianluigi Bastia scrive:
In questo passaggio, del quale si discuterà più approfonditamente in seguito, si parla del "fratello di Gesù, detto il Cristo, il cui nome era Giacomo". In questo caso l'identificazione di Giacomo avviene per mezzo di Gesù, che sembra essere nel contesto un personaggio molto noto del periodo, dal momento che Giuseppe non ha identificato Giacomo con il nome del padre (Giacomo figlio di ...) ma con quello del fratello: ne segue che Giuseppe non può non aver scritto nulla su Gesù in qualche altro punto precedente delle Antichità, data la sua importanza storica. Sembra pertanto logico pensare che la definizione di questo altrimenti sconosciuto Gesù si trovi proprio nel precedente testimonium flavianum di cui al libro 18. Oppure, in alternativa, Giuseppe Flavio conosceva la storia di Gesù Cristo e ha identificato Giacomo con il nome di un personaggio che riteneva ben noto ai suoi lettori.
Mio commento.
In questo passaggio, non si parla del "fratello di Gesù, detto il Cristo, il cui nome era Giacomo". In questo caso l'identificazione di Giacomo avviene per mezzo di Gesù, che è un personaggio molto noto del periodo (fra poco tempo sarà nominato sommo sacerdote da re Agrippa), dal momento che Giuseppe Flavio non ha identificato Giacomo con il nome del padre (Giacomo figlio di Danneo e non di Giuseppe il falegname) ma con quello del fratello: ne segue che Giuseppe Flavio non ha scritto nulla su Gesù Cristo in qualche altro punto precedente delle Antichità. Sembra pertanto logico pensare che la definizione di questo conosciuto e notissimo Gesù a Giuseppe Flavio non si trovi nel precedente testimonium flavianum di cui al libro 18, ma nella sua conoscenza personale. Sicuramente, Giuseppe Flavio conosceva la storia di Gesù figlio di Damneo e ha identificato Giacomo con il nome di un personaggio che riteneva ben noto ai suoi lettori, infatti diventerà tra breve sommo sacerdote su incarico di re Agrippa.
Cita:
Il Sig. Gianluigi Bastia scrive:
Il nome di Gesù Cristo è l'unico mezzo per identificare chi era il Giacomo menzionato da Giuseppe Flavio. Ancora oggi possiamo identificarlo con Giacomo il Giusto, il fratello di Gesù secondo quanto apprendiamo in Marco 6:3 e Galati 1:19. Se Giuseppe avesse parlato solo genericamente di un certo Giacomo, sarebbe impossibile capire di quale personaggio storico stesse parlando. Se Giuseppe non ha indicato Giacomo con il nome del padre ma con quello del fratello, verosimilmente ciò accadde a motivo dell'importanza storica del fratello. Giacomo figlio di ... avrebbe avuto un senso e un tono ben diverso da Giacomo fratello di Gesù Cristo.
Mio commento.
Il nome di Gesù figlio di Damneo è l'unico mezzo per identificare chi era il Giacomo menzionato da Giuseppe Flavio.
Ancora oggi non è possibile identificarlo con Giacomo il Giusto, il fratello di Gesù secondo quanto apprendiamo in Marco 6:3 e Galati 1:19. Se Giuseppe avesse parlato solo genericamente di un certo Giacomo, sarebbe impossibile capire di quale personaggio storico stesse parlando. Se Giuseppe non ha indicato Giacomo con il nome del padre ma con quello del fratello, verosimilmente ciò accadde a motivo dell'importanza storica del fratello. Giacomo figlio di Damneo avrebbe avuto un senso e un tono ben diverso da Giacomo fratello di Gesù sommo Sacerdote nominato da re Agrippa nel 62 d.C. e di cui lo storico Ebreo ne riparla successivamente in Antichità XX 213 “Il re poi depose Gesù, figlio di Damneo, dal sommo sacerdozio e designò suo successore Gesù, figlio di Gamaliel. Perciò sorse una ostilità tra quest'ultimo e il suo predecessore. Ognuno di essi raccolse una banda di gente molto temeraria e spesso avveniva che, dopo lo scambio di insulti, si andasse oltre, pigliandosi a sassate. Anania sovrastava tutti, facendo buon uso della sua ricchezza per attrarre quanti erano disposti a ricevere doni di corruzione.
Successivamente cercherò di fare delle analisi e considerazioni ancora più approfondite.
Un caro saluto