01/06/2011, 22:41
Cecco ha scritto:
Chimofafà mi chiede: ***Da dove era partito?***
La domanda da fare , non è da dove è partito.
Ma da CASA SUA, dove sta andando.
Poi storicamente comparando "secondo Luca"
scopriremo anche da dove è partito.
Con stima Cecco
01/06/2011, 22:48
01/06/2011, 22:56
01/06/2011, 23:49
02/06/2011, 09:00
Emilio Salsi ha scritto:
Sig. Giuseppe,
accetto volentieri di dialogare con lei nei termini di una sincerità reciproca senza aver la pretesa di apparire “vincente” ad ogni costo verso chi segue il dibattito.
Lo studio che ho sottoposto è una sintesi, o meglio, un concentrato di citazioni e dati che ha richiesto sei fogli microsoft. , un congiuntivo che ha effettivamente valore di condizionale, in un periodo del discorso cui do valore ipotetico per concluderlo con una dimostrazione:
Dopo aver riletto il passo su riportato, se togliamo “detto Cristo”, rimarrebbe solo “Giacomo, fratello di Gesù”, senza patronimico (d’obbligo in prima citazione ebraica), di conseguenza, l’unico “Gesù” che ha il patronimico è “Gesù, figlio di Damneo”, pertanto lo scrittore non riporta il patronimico di Giacomo perché, essendo fratello di Gesù, figlio di Damneo, anche Giacomo è figlio di Damneo. Pertanto, se fosse stato un altro giudeo di nome “Gesù”, non figlio di Damneo, lo storico ne avrebbe dovuto riportare l’altro patronimico.
Che non fosse Gesù “Cristo”, viene testimoniato anche dal Padre apologista cristiano Orìgene che, nel III secolo, in due sue opere (Commentarium in Matthaeum X,17 e Contra Celsum I 47), riferendosi a questo episodio dichiara candidamente, sorpreso e nello stesso tempo dispiaciuto, che « Giuseppe (Flavio), non conosceva Gesù come “Cristo” ».
La frase che ha riportato è troppo breve e riduttiva per non sollevare dubbi: perché evita di riferire l’intero periodo? Soprattutto, non è riuscito a trovare altro in una indagine lunga e documentata, la stessa con la quale ha dovuto fare i conti Gianluigi Bastia in “cristianesimo primitivo” circa due anni fa, lei presente allora fedele adepto. Hard Rain rimase sotto shock, e le ragioni si possono comprendere, ma lei, francamente, non la capisco … a meno che, non si meravigli è normale, debba ancora ripassare lo studio per poterlo assimilare del tutto. Del resto il buon Gianluigi, dopo due anni, ancora non è riuscito a trovare “l’antidoto”.
Signor Giuseppe, mi è venuta un’idea: perché non prova a postare la discussione su Giacomo il Minore anche in “consulenza ebraica” chiedendo una mano al Gianluigi lì presente? So che ha tentato, recentemente, di trovare una soluzione ricorrendo al suo “buon vocabolario di greco antico”, ebbene: che la testi con il sottoscritto.
Qualora non lo ritiene possibile e “se” non riesce a trovare altri “se” nello studio su Giacomo apostolo, “se” concorda, essendo in tema di Cristo Storico, potremmo iniziare col verificare se il Dio dei Cristiani è veramente nato … perché, “se” riuscissimo a dimostrare che non è nato, allora vuol dire che “lassù oltre le nubi” non c’è alcuna “Potenza e Gloria” all’infuori delle innumeri galassie: nessun “Figlio di Dio, coeterno con il Padre e della sua stessa sostanza”.
E’ uno studio che già conosce, postato in “cristianesimo prim.”, con il solito Hard rimasto di stucco.
Una ricerca sempre aperta, arricchita di nuovi dati che, giudicherà poi, potrebbero servire qualora dovesse incontrare ancora “Koan” ed impedirle di soccombere per mancanza di riferimenti storici.
Eppure stava per farcela … gli è mancato l’ultimo spunto “scientifico” che gli avrebbe evitato di farsi depistare dalla regina “Candàce” … ma ne riparleremo più avanti.
http://www.vangeliestoria.eu/approfondimento.asp?ID=11
Con simpatia e cordialità
Emilio Salsi
A cosa gli serve evidenziare nell’analisi un “se”
La frase che ha riportato è troppo breve e riduttiva per non sollevare dubbi: perché evita di riferire l’intero periodo?
potremmo iniziare col verificare se il Dio dei Cristiani è veramente nato …
Eppure stava per farcela … gli è mancato l’ultimo spunto “scientifico” che gli avrebbe evitato di farsi depistare dalla regina “Candàce” … ma ne riparleremo più avanti.
02/06/2011, 11:06
L'Egregio Sig. Chimofafà scrive:
se posso sollecitarle il cfr che avevo richiesto del passo di Vitellio che lei cita a pag. 190 del suo libro, quando poi continua con:
"Correva l'anno 36 d.C." e cita Ant. XVII:213 che invece da quanto ho capito si riferisce alla Pasqua del 6 d.C. circa poiché in XX:217 si cita Archelao:
Libro XVII:213 - 3. In questo periodo ebbe luogo la festa durante la quale, secondo l'antica consuetudine i Giudei si servono di pane azzimo: si chiama Pasqua essendo la commemorazione della loro partenza dall'Egitto; la celebrano con gioia, e si usa offrire un grande numero di sacrifici, un numero maggiore di ogni altra festività;
[...] in Libro XVII:215 si sita ancora Archelao e poco prima Giuda.
Libro XVII:217 Archelao giudicò impossibile salvare la situazione senza frenare l'impetuosità dello stato presente della folla, e così mandò tutto il suo esercito, compresa la cavalleria, per prevenire che il popolo, accampato di fuori, andasse ad aiutare quelli che si trovavano nel tempio e catturare chiunque, sottrattosi alla fanteria, intendesse recarsi colà credendolo un luogo sicuro.
02/06/2011, 13:49
Il grande storico Sig. Emilio Salsi esegue un'analisi storica corretta, infatti in questo punto fa un richiamo alla descrizione fatta da Giuseppe Flavio riguardo alla festa di Pasqua (Ant. XVII 213) e non a riguardo del periodo in cui sta descrivendo gli avvenimenti.
Quindi Egregio e stimato Sig. chimofafà, questo è solo una sua lacuna interpretativa, che a volta anche io commetto in altre situazioni.
Un caro saluto e un ringraziamento per i suoi interventi che leggo sempre con molto piacere.
Erode gli conferma che in Gerusalemme si era insediato sul trono dei Giudei, investito come Re e Sommo sacerdote, un discendente degli Asmonei di nome Giovanni, figlio maggiore di Giuda di Gàmala, un fariseo nazionalista sobillatore, sedicente Profeta, già catturato e giustiziato dai Romani quando Valerio Grato si insediò come Prefetto.
Brano tratto da:
Emilio Salsi, Giovanni il nazireo detto "Gesù Cristo" e i suoi fratelli, Massarosa, 2008
Ma la Pasqua dell'anno 36 d.C. fu una celebrazione triste per i Giudei: il popolo, durante il lungo, interminabile inverno, aveva sofferto la fame... (brano tratto da o.c.)
02/06/2011, 16:01
Infine continua con:
Correva l'anno 36 d.C. ed il riferimento alla pasqua del 6 d.C. (Ant. XVII:213)
La conclusione delle ultime due righe della pagina dice:
Ma la Pasqua dell'anno 36 d.C. fu una celebrazione triste per i Giudei: il popolo, durante il lungo, interminabile inverno, aveva sofferto la fame... (brano tratto da o.c.)
Grassetto mio.
02/06/2011, 19:18
02/06/2011, 20:28
L'Egregio Sig. chimofafà scrive:
Caro Giovanni dalla Teva, la ringrazio per la lettura che ne ha dato, quindi si poteva anche evitare il richiamo a Ant. XVII:213 e descrivere genericamente comunque "l'aria pasquale" degli ebrei, in ogni caso spero di avere qualche risposta anche alle altre domande sollevate precedentemente.
Grazie comunque.
Il Sig. Emilio Salsi scrive: in
http://www.vangeliestoria.eu/approfondimento.asp?ID=5
Infatti, dopo aver riletto il passo su riportato, se togliamo “detto Cristo”, rimarrebbe solo “Giacomo, fratello di Gesù”, senza patronimico (d’obbligo in prima citazione ebraica), di conseguenza, l’unico “Gesù” che ha il patronimico è “Gesù, figlio di Damneo” e lo scrittore non riporta il patronimico di Giacomo perché, essendo fratello di Gesù, figlio di Damneo, anche Giacomo è figlio di Damneo. Pertanto, se fosse stato un altro giudeo di nome “Gesù”, non figlio di Damneo, lo storico ne avrebbe dovuto riportare l’altro patronimico.
Il Sig. Gianluigi Bastia scrive: in
http://digilander.libero.it/Hard_Rain/s ... monium.htm
3.2 Argomenti a sostegno della non autenticità del passaggio 20.9.1
3.2.1 Glossa accidentalmente finita nel testo
La frase di nostro interesse nel paso 20.9.1 è: "così egli convocò il Sinedrio a giudizio e vi condusse il fratello di Gesù, detto il Cristo, il cui nome era Giacomo, ed alcuni altri". Le parole che si riferiscono a Gesù potrebbero avere le caratteristiche di una breve nota marginale, finita più o meno accidentalmente nel testo. Dunque il riferimento al Cristo sarebbe spurio. Giuseppe probabilmente scrisse della morte di un leader giudeo di nome Giacomo e un lettore cristiano pensò che il riferimento dovesse essere a Giacomo il Giusto, il fratello di Gesù che, secondo la tradizione, era il capo della Chiesa giudeo-cristiana di Gerusalemme in quel periodo. Questo lettore annotò a margine del testo: ‘Giacomo = il fratello di Gesù detto il Cristo’ (cfr. con le parole in Mt 1:16: ‘Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù chiamato Cristo.’) e più tardi un copista ritenne più o meno ingenuamente questa glossa appartenente al testo e la incorporò in esso. Si sa di altre interpolazioni originatesi in questo modo.
In realtà la teoria di una glossa marginale accidentalmente finita nel testo non è molto semplice da sostenere. Nel caso del testimonium flavianum è molto semplice cancellare ad esempio le parole "Egli era il Cristo" senza modificare la correttezza sintattica del passo: si ottiene ancora un testo intelligibile e grammaticalmente corretto dal momento che la frase è perfettamente parentetica. Ma nel caso del passaggio Ant. 20.9.1 il testo greco recita che misero a morte "ton adelphon Iêsou tou legomenou Christou, Iakôbos onoma autôi" che significa "il fratello di Gesù detto il Cristo, il cui nome era Giacomo". Se cancelliamo semplicemente la frase ton adelphon Iêsou tou legomenou Christou omettendola dal passaggio, che sarebbe la glossa accidentalmente finita nel testo, il risultato che si ottiene non è sintatticamente corretto, otterremmo qualcosa tipo: "misero a morte il cui nome era Giacomo", manca evidentemente qualcosa nella frase. Pertanto l'inserzione della ipotetica glossa richiede necessariamente una manomissione della frase originaria, oppure è impossibile che la glossa sia stata accidentalmente inclusa nel testo senza supporre che il testo preesistente sia stato modificato.
Il Sig. Gianluigi Bastia scrive:
2.3.8 Presenza di un secondo riferimento a Gesù Cristo (Ant. 20.9.1)
In Antichità Giudaiche 20.9.1 esiste un secondo riferimento a Gesù Cristo che, per la forma in cui è scritto, richiederebbe la presenza del più noto testimonium flavianum, oppure costituirebbe una testimonianza che Gesù era un personaggio storico conosciuto da Giuseppe Flavio.
Il Sig. Gianluigi Bastia scrive:
In questo passaggio, del quale si discuterà più approfonditamente in seguito, si parla del "fratello di Gesù, detto il Cristo, il cui nome era Giacomo". In questo caso l'identificazione di Giacomo avviene per mezzo di Gesù, che sembra essere nel contesto un personaggio molto noto del periodo, dal momento che Giuseppe non ha identificato Giacomo con il nome del padre (Giacomo figlio di ...) ma con quello del fratello: ne segue che Giuseppe non può non aver scritto nulla su Gesù in qualche altro punto precedente delle Antichità, data la sua importanza storica. Sembra pertanto logico pensare che la definizione di questo altrimenti sconosciuto Gesù si trovi proprio nel precedente testimonium flavianum di cui al libro 18. Oppure, in alternativa, Giuseppe Flavio conosceva la storia di Gesù Cristo e ha identificato Giacomo con il nome di un personaggio che riteneva ben noto ai suoi lettori.
Il Sig. Gianluigi Bastia scrive:
Il nome di Gesù Cristo è l'unico mezzo per identificare chi era il Giacomo menzionato da Giuseppe Flavio. Ancora oggi possiamo identificarlo con Giacomo il Giusto, il fratello di Gesù secondo quanto apprendiamo in Marco 6:3 e Galati 1:19. Se Giuseppe avesse parlato solo genericamente di un certo Giacomo, sarebbe impossibile capire di quale personaggio storico stesse parlando. Se Giuseppe non ha indicato Giacomo con il nome del padre ma con quello del fratello, verosimilmente ciò accadde a motivo dell'importanza storica del fratello. Giacomo figlio di ... avrebbe avuto un senso e un tono ben diverso da Giacomo fratello di Gesù Cristo.
02/06/2011, 22:16
02/06/2011, 23:54
03/06/2011, 00:04
03/06/2011, 09:28
è lo stesso Orìgene a testimoniare (ed era un Padre apologista del cristianesimo) che Giuseppe Flavio “non riconosce Gesù come il Cristo”,
03/06/2011, 10:04