Storia e origini delle Religioni Monoteistiche
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01/06/2011, 22:41

Cecco ha scritto:

Chimofafà mi chiede: ***Da dove era partito?***
La domanda da fare , non è da dove è partito.
Ma da CASA SUA, dove sta andando.
Poi storicamente comparando "secondo Luca"
scopriremo anche da dove è partito.
Con stima Cecco



Va bene, esponi pure il tuo collegamento.

Un caro saluto.

01/06/2011, 22:48

Ringrazio barionu per il caloroso benvenuto
e saluto tutti gli amici curiosi, scettici in primis.
Un vero ateo ha il dovere di essere ateo anche
con gli atei.
Emilio

Fra poco vengo ... cosa avete capito? Ho settantun
anni. Volevo dire che sto per "postare" all'amico
"Chimofafa".

01/06/2011, 22:56

Sig. Giuseppe,

accetto volentieri di dialogare con lei nei termini di una sincerità reciproca senza aver la pretesa di apparire “vincente” ad ogni costo verso chi segue il dibattito.
Lo studio che ho sottoposto è una sintesi, o meglio, un concentrato di citazioni e dati che ha richiesto sei fogli microsoft. A cosa gli serve evidenziare nell’analisi un “se”, un congiuntivo che ha effettivamente valore di condizionale, in un periodo del discorso cui do valore ipotetico per concluderlo con una dimostrazione:

Dopo aver riletto il passo su riportato, se togliamo “detto Cristo”, rimarrebbe solo “Giacomo, fratello di Gesù”, senza patronimico (d’obbligo in prima citazione ebraica), di conseguenza, l’unico “Gesù” che ha il patronimico è “Gesù, figlio di Damneo”, pertanto lo scrittore non riporta il patronimico di Giacomo perché, essendo fratello di Gesù, figlio di Damneo, anche Giacomo è figlio di Damneo. Pertanto, se fosse stato un altro giudeo di nome “Gesù”, non figlio di Damneo, lo storico ne avrebbe dovuto riportare l’altro patronimico.
Che non fosse Gesù “Cristo”, viene testimoniato anche dal Padre apologista cristiano Orìgene che, nel III secolo, in due sue opere (Commentarium in Matthaeum X,17 e Contra Celsum I 47), riferendosi a questo episodio dichiara candidamente, sorpreso e nello stesso tempo dispiaciuto, che « Giuseppe (Flavio), non conosceva Gesù come “Cristo” ».


La frase che ha riportato è troppo breve e riduttiva per non sollevare dubbi: perché evita di riferire l’intero periodo? Soprattutto, non è riuscito a trovare altro in una indagine lunga e documentata, la stessa con la quale ha dovuto fare i conti Gianluigi Bastia in “cristianesimo primitivo” circa due anni fa, lei presente allora fedele adepto. Hard Rain rimase sotto shock, e le ragioni si possono comprendere, ma lei, francamente, non la capisco … a meno che, non si meravigli è normale, debba ancora ripassare lo studio per poterlo assimilare del tutto. Del resto il buon Gianluigi, dopo due anni, ancora non è riuscito a trovare “l’antidoto”.

Signor Giuseppe, mi è venuta un’idea: perché non prova a postare la discussione su Giacomo il Minore anche in “consulenza ebraica” chiedendo una mano al Gianluigi lì presente? So che ha tentato, recentemente, di trovare una soluzione ricorrendo al suo “buon vocabolario di greco antico”, ebbene: che la testi con il sottoscritto.
Qualora non lo ritiene possibile e “se” non riesce a trovare altri “se” nello studio su Giacomo apostolo, “se” concorda, essendo in tema di Cristo Storico, potremmo iniziare col verificare se il Dio dei Cristiani è veramente nato … perché, “se” riuscissimo a dimostrare che non è nato, allora vuol dire che “lassù oltre le nubi” non c’è alcuna “Potenza e Gloria” all’infuori delle innumeri galassie: nessun “Figlio di Dio, coeterno con il Padre e della sua stessa sostanza”.

E’ uno studio che già conosce, postato in “cristianesimo prim.”, con il solito Hard rimasto di stucco.
Una ricerca sempre aperta, arricchita di nuovi dati che, giudicherà poi, potrebbero servire qualora dovesse incontrare ancora “Koan” ed impedirle di soccombere per mancanza di riferimenti storici.
Eppure stava per farcela … gli è mancato l’ultimo spunto “scientifico” che gli avrebbe evitato di farsi depistare dalla regina “Candàce” … ma ne riparleremo più avanti.

http://www.vangeliestoria.eu/approfondimento.asp?ID=11

Con simpatia e cordialità

Emilio Salsi
Ultima modifica di Emilio Salsi il 01/06/2011, 23:45, modificato 1 volta in totale.

01/06/2011, 23:49

Le porgo anche il mio bentornato, ho letto con piacere i suoi scritti e seguito anche la conferenza che ho trovato su youtube.

L'ho postata qua

http://www.ufoforum.it/topic.asp?whichp ... _ID=170998


Grazie per la ricerca che sta facendo.
Ultima modifica di Hynekeniano il 02/06/2011, 00:21, modificato 1 volta in totale.

02/06/2011, 09:00

Emilio Salsi ha scritto:

Sig. Giuseppe,

accetto volentieri di dialogare con lei nei termini di una sincerità reciproca senza aver la pretesa di apparire “vincente” ad ogni costo verso chi segue il dibattito.
Lo studio che ho sottoposto è una sintesi, o meglio, un concentrato di citazioni e dati che ha richiesto sei fogli microsoft. , un congiuntivo che ha effettivamente valore di condizionale, in un periodo del discorso cui do valore ipotetico per concluderlo con una dimostrazione:

Dopo aver riletto il passo su riportato, se togliamo “detto Cristo”, rimarrebbe solo “Giacomo, fratello di Gesù”, senza patronimico (d’obbligo in prima citazione ebraica), di conseguenza, l’unico “Gesù” che ha il patronimico è “Gesù, figlio di Damneo”, pertanto lo scrittore non riporta il patronimico di Giacomo perché, essendo fratello di Gesù, figlio di Damneo, anche Giacomo è figlio di Damneo. Pertanto, se fosse stato un altro giudeo di nome “Gesù”, non figlio di Damneo, lo storico ne avrebbe dovuto riportare l’altro patronimico.
Che non fosse Gesù “Cristo”, viene testimoniato anche dal Padre apologista cristiano Orìgene che, nel III secolo, in due sue opere (Commentarium in Matthaeum X,17 e Contra Celsum I 47), riferendosi a questo episodio dichiara candidamente, sorpreso e nello stesso tempo dispiaciuto, che « Giuseppe (Flavio), non conosceva Gesù come “Cristo” ».


La frase che ha riportato è troppo breve e riduttiva per non sollevare dubbi: perché evita di riferire l’intero periodo? Soprattutto, non è riuscito a trovare altro in una indagine lunga e documentata, la stessa con la quale ha dovuto fare i conti Gianluigi Bastia in “cristianesimo primitivo” circa due anni fa, lei presente allora fedele adepto. Hard Rain rimase sotto shock, e le ragioni si possono comprendere, ma lei, francamente, non la capisco … a meno che, non si meravigli è normale, debba ancora ripassare lo studio per poterlo assimilare del tutto. Del resto il buon Gianluigi, dopo due anni, ancora non è riuscito a trovare “l’antidoto”.

Signor Giuseppe, mi è venuta un’idea: perché non prova a postare la discussione su Giacomo il Minore anche in “consulenza ebraica” chiedendo una mano al Gianluigi lì presente? So che ha tentato, recentemente, di trovare una soluzione ricorrendo al suo “buon vocabolario di greco antico”, ebbene: che la testi con il sottoscritto.
Qualora non lo ritiene possibile e “se” non riesce a trovare altri “se” nello studio su Giacomo apostolo, “se” concorda, essendo in tema di Cristo Storico, potremmo iniziare col verificare se il Dio dei Cristiani è veramente nato … perché, “se” riuscissimo a dimostrare che non è nato, allora vuol dire che “lassù oltre le nubi” non c’è alcuna “Potenza e Gloria” all’infuori delle innumeri galassie: nessun “Figlio di Dio, coeterno con il Padre e della sua stessa sostanza”.

E’ uno studio che già conosce, postato in “cristianesimo prim.”, con il solito Hard rimasto di stucco.
Una ricerca sempre aperta, arricchita di nuovi dati che, giudicherà poi, potrebbero servire qualora dovesse incontrare ancora “Koan” ed impedirle di soccombere per mancanza di riferimenti storici.
Eppure stava per farcela … gli è mancato l’ultimo spunto “scientifico” che gli avrebbe evitato di farsi depistare dalla regina “Candàce” … ma ne riparleremo più avanti.

http://www.vangeliestoria.eu/approfondimento.asp?ID=11

Con simpatia e cordialità

Emilio Salsi


A cosa gli serve evidenziare nell’analisi un “se”


Serve a stabilire il confine tra "constatazione" e "tesi".

La frase che ha riportato è troppo breve e riduttiva per non sollevare dubbi: perché evita di riferire l’intero periodo?


Lo riporto integralmente, ma la situazione depone a favore di Giacomo comunque, Cristo o non Cristo:

"Ora questo scrittore [Giuseppe Flavio] sebbene non creda in Gesù come il Cristo, cercando la causa della caduta di Gerusalemme e la distruzione del Tempio [...] dice che questo disastro toccò ai Giudei come punizione per la morte di Giacomo il Giusto, che era un fratello di Gesù chiamato Cristo, che era stato messo a morte dai giudei sebbene egli fosse uomo assai insigne per la sua giustizia" (Contra Celsus, 1,47)

Traduzione tratta da:

James D. Tabor, La dinastia di Gesù, Edizioni Piemme, 2006
(nota N.3 al capitolo diciotto).

Eusebio in Hist. Eccl. II, 23, 20 conferma quello che Origene ha letto in Flavio:

"Queste sciagure si riversarono sui Giudei come punizione della loro efferatezza nei riguardi di Giacomo il Giusto, fratello di Gesù detto il Cristo, che essi uccisero, sebbene fosse l'uomo più giusto".

Traduzione tratta da:

Eusebio di Cesarea, Storia Ecclesiastica, Edizione Città Nuova, 2001

Ora questo passaggio manca nell'opera di Flavio che ci è pervenuta, ma possiamo ritenerlo autentico e non acora emendato al tempo di Eusebio, si sarebbero dati la zappa sui piedi altrimenti.

Di conseguenza rimane da valutare l'interpolazione di "Cristo" ed il fatto che Flavio non crede essere Gesù, ma tra le altre ipotesi penso anche che dire "soprannominato Cristo" non è legato ad un fattore fideistico potrebbe essere una formulazione "neutra", per cui sarebbe stato possibile riferire che Flavio non credeva a Gesù quale Messia.

Il motivo è evidente, perché probabilmente in origine nei testi Flaviani Giacomo aveva un ruolo più rilevante di quello di Gesù, ecco perché non considerava Gesù il Messia.

Se per esempio lei si attacca alla citazione di Origene sul fatto che Flavio non credeva Gesù il Cristo e quindi di fatto sono inficiati il Testimonium Flavianum e XX:200, deve necessariamente ammettere che la citazione conferma che in qualche passo (non pervenuto) Flavio abbia chiarito perchè non credeva Gesù quale il Messia, ne consegue che siamo nel range dell'interpolazione o modificazione parziale dei passi di Flavio, ma un "nucleo" storico ci doveva necessariamente essere in Flavio, magari con una visione negativa di Gesù, poi modificata dagli interpolatori.

La ringrazio sempre per l'attenzione che vorrà prestarmi e possiamo anche girare la discussione al forum biblico ebraico ed anzi se intervenisse Gianluigi sarebbe auspicabile per qualche sua considerazione, ma su questo devo contattarlo privatamente, essendo stato bannato e gettato nel fuoco dellla geenna da Teo nell'altro forum, perchè Hard non potrebbe intervenire anche qui per esempio?

En passant, affrontando prima la questione dell'esistenza storica di Giacomo, fratello di Gesù, se posso sollecitarle il cfr che avevo richiesto del passo di Vitellio che lei cita a pag. 190 del suo libro, quando poi continua con:

"Correva l'anno 36 d.C." e cita Ant. XVII:213 che invece da quanto ho capito si riferisce alla Pasqua del 6 d.C. circa poiché in XX:217 si cita Archelao:

Libro XVII:213 - 3. In questo periodo ebbe luogo la festa durante la quale, secondo l'antica consuetudine i Giudei si servono di pane azzimo: si chiama Pasqua essendo la commemorazione della loro partenza dall'Egitto; la celebrano con gioia, e si usa offrire un grande numero di sacrifici, un numero maggiore di ogni altra festività;

[...] in Libro XVII:215 si sita ancora Archelao e poco prima Giuda.

Libro XVII:217 Archelao giudicò impossibile salvare la situazione senza frenare l'impetuosità dello stato presente della folla, e così mandò tutto il suo esercito, compresa la cavalleria, per prevenire che il popolo, accampato di fuori, andasse ad aiutare quelli che si trovavano nel tempio e catturare chiunque, sottrattosi alla fanteria, intendesse recarsi colà credendolo un luogo sicuro.

potremmo iniziare col verificare se il Dio dei Cristiani è veramente nato …


Il Gesù dei Vangeli non è mai nato storicamente, questo tema l'ho già trattato in: Tra mitologia e Storia, documenti reperibili nel mio sito, nella sezione documenti. In ogni caso fino adesso abbiamo un Gesù morto storicamente, ma se è morto deve essere necessariamente nato, ma solo come uomo (constatazione), il resto sono solo speculazioni e mito.

Eppure stava per farcela … gli è mancato l’ultimo spunto “scientifico” che gli avrebbe evitato di farsi depistare dalla regina “Candàce” … ma ne riparleremo più avanti.


Come dice Paolo, uno semina, l'altro raccoglie, ma il fine rimane sempre quello, è il bello del confronto di una pluralità di posizioni, va bene se lei ha chiuso la partita definitivamente ne riparleremo dopo.

Un caro saluto.
Ultima modifica di chimofafà il 02/06/2011, 09:51, modificato 1 volta in totale.

02/06/2011, 11:06

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L'Egregio Sig. Chimofafà scrive:

se posso sollecitarle il cfr che avevo richiesto del passo di Vitellio che lei cita a pag. 190 del suo libro, quando poi continua con:

"Correva l'anno 36 d.C." e cita Ant. XVII:213 che invece da quanto ho capito si riferisce alla Pasqua del 6 d.C. circa poiché in XX:217 si cita Archelao:

Libro XVII:213 - 3. In questo periodo ebbe luogo la festa durante la quale, secondo l'antica consuetudine i Giudei si servono di pane azzimo: si chiama Pasqua essendo la commemorazione della loro partenza dall'Egitto; la celebrano con gioia, e si usa offrire un grande numero di sacrifici, un numero maggiore di ogni altra festività;

[...] in Libro XVII:215 si sita ancora Archelao e poco prima Giuda.

Libro XVII:217 Archelao giudicò impossibile salvare la situazione senza frenare l'impetuosità dello stato presente della folla, e così mandò tutto il suo esercito, compresa la cavalleria, per prevenire che il popolo, accampato di fuori, andasse ad aiutare quelli che si trovavano nel tempio e catturare chiunque, sottrattosi alla fanteria, intendesse recarsi colà credendolo un luogo sicuro.




Il grande storico Sig. Emilio Salsi esegue un'analisi storica corretta, infatti in questo punto fa un richiamo alla descrizione fatta da Giuseppe Flavio riguardo alla festa di Pasqua (Ant. XVII 213) e non a riguardo del periodo in cui sta descrivendo gli avvenimenti.

Quindi Egregio e stimato Sig. chimofafà, questo è solo una sua lacuna interpretativa, che a volta anche io commetto in altre situazioni.

Un caro saluto e un ringraziamento per i suoi interventi che leggo sempre con molto piacere.

02/06/2011, 13:49

Il grande storico Sig. Emilio Salsi esegue un'analisi storica corretta, infatti in questo punto fa un richiamo alla descrizione fatta da Giuseppe Flavio riguardo alla festa di Pasqua (Ant. XVII 213) e non a riguardo del periodo in cui sta descrivendo gli avvenimenti.

Quindi Egregio e stimato Sig. chimofafà, questo è solo una sua lacuna interpretativa, che a volta anche io commetto in altre situazioni.

Un caro saluto e un ringraziamento per i suoi interventi che leggo sempre con molto piacere.



Intanto saluto il Sig. Giovanni dalla Teva, sempre così pacato nei suoi interventi, ed anch'io apprezzo i suoi spunti.

La "lacuna interpretativa", personalmente leggendo il libro l'ho intesa come un "incastro".

Partiamo dalla pagina 189 dove comincia il capitolo: Primo intervento di Vitellio a Gerusalemme, e già al primo rigo siamo posizionati al 36 d.C., infatti cita Ant. XVIII 85-89, dove sono narrati gli eventi della dispersione dei samaritani per opera di Pilato e la sua sostituzione ad opera di Vitellio.

Poi parla di "un'usurpazione" e dice testualmente:

Erode gli conferma che in Gerusalemme si era insediato sul trono dei Giudei, investito come Re e Sommo sacerdote, un discendente degli Asmonei di nome Giovanni, figlio maggiore di Giuda di Gàmala, un fariseo nazionalista sobillatore, sedicente Profeta, già catturato e giustiziato dai Romani quando Valerio Grato si insediò come Prefetto.

Brano tratto da:

Emilio Salsi, Giovanni il nazireo detto "Gesù Cristo" e i suoi fratelli, Massarosa, 2008



Si continua parlando dell'eliminazione di Giovanni Battista, identificato come un "esseno profeta ciarlatano" che aveva incitato il popolo ad unirsi alla rivolta di Giovanni [di Gamala], poi fa un collegamento di queste affermazioni con le fonti e cita Ant. XVIII 116-119, dove si narra della rovina dell'esercito di Erode Antipa ad opera di Areta IV.

Lasciamo perdere il Giovanni esseno o profeta ciarlatano, ecc... da dove si evince che Giovanni Battista si era accordato con Giovanni di Gamala dalle fonti?

Flavio dice solo:

Libro XVIII:118 Quando altri si affollavano intorno a lui perché con i suoi sermoni erano giunti al più alto grado, Erode si allarmò. Una eloquenza che sugli uomini aveva effetti così grandi, poteva portare a qualche forma di sedizione, poiché pareva che volessero essere guidati da Giovanni in qualunque cosa facessero. Erode, perciò, decise che sarebbe stato molto meglio colpire in anticipo e liberarsi di lui prima che la sua attività portasse a una sollevazione, piuttosto che aspettare uno sconvolgimento e trovarsi in una situazione così difficile da pentirsene.

Si passa a pag. 190 e le prime righe sono dedicate allo "studio delle forze in campo" da parte degli "zeloti", infine Vitellio invia un dispaccio per un do ut des, ma di questo lungo riporto non c'è un cfr.

Infine continua con:

Correva l'anno 36 d.C. ed il riferimento alla pasqua del 6 d.C. (Ant. XVII:213)

La conclusione delle ultime due righe della pagina dice:

Ma la Pasqua dell'anno 36 d.C. fu una celebrazione triste per i Giudei: il popolo, durante il lungo, interminabile inverno, aveva sofferto la fame... (brano tratto da o.c.)


Grassetto mio.

Un caro saluto.
Ultima modifica di chimofafà il 02/06/2011, 14:01, modificato 1 volta in totale.

02/06/2011, 16:01

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Infine continua con:

Correva l'anno 36 d.C. ed il riferimento alla pasqua del 6 d.C. (Ant. XVII:213)

La conclusione delle ultime due righe della pagina dice:



Ma la Pasqua dell'anno 36 d.C. fu una celebrazione triste per i Giudei: il popolo, durante il lungo, interminabile inverno, aveva sofferto la fame... (brano tratto da o.c.)



Grassetto mio.



Correva l'anno 36 d.C. ed il riferimento alla Pasqua del 6 d.C. (Ant. XVII:213)

Il riferimento non è alla Pasqua del 6 d.C., ma alla descrizione della festa di Pasqua in generale, che lo storico Ebreo Giuseppe Flavio fa quando sta riportando l'epopea storica di Archelao.

Esempio diddatico.

Oggi 02 giugno 2012 è una gran festa in famiglia per il compleanno della mia bambina. Il mio amico Carlo ha descritto le caratteristiche della festa di compleanno tipica del mio paese, nel marzo del 2007.
La relazione tra la festa del copleanno 02 giugno 2012 è con i contenuti descrittivi di tale festa, ma non ha alcuna relazione temporale con la data in cui sono state scritte le usanze tipiche (la presenza dei nonni) della festa odierna del compleanno della mia bambina.

Ma è un brutto compleanno, perchè manca il nonno, (sono sempre in data 02 giugno 2012).


Un caro saluto
Ultima modifica di Giovanni dalla Teva il 02/06/2011, 16:03, modificato 1 volta in totale.

02/06/2011, 19:18

Caro Giovanni dalla Teva, la ringrazio per la lettura che ne ha dato, quindi si poteva anche evitare il richiamo a Ant. XVII:213 e descrivere genericamente comunque "l'aria pasquale" degli ebrei, in ogni caso spero di avere qualche risposta anche alle altre domande sollevate precedentemente.

Grazie comunque.
Ultima modifica di chimofafà il 02/06/2011, 19:19, modificato 1 volta in totale.

02/06/2011, 20:28

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L'Egregio Sig. chimofafà scrive:

Caro Giovanni dalla Teva, la ringrazio per la lettura che ne ha dato, quindi si poteva anche evitare il richiamo a Ant. XVII:213 e descrivere genericamente comunque "l'aria pasquale" degli ebrei, in ogni caso spero di avere qualche risposta anche alle altre domande sollevate precedentemente.

Grazie comunque.



Dimostrazione dell’esatta interpretazione storica da parte del grande storico Sig. Emilio Salsi e del fallimentare tentativo di nascondere l’interpolazione da parte del grande grecista Sig. Gianluigi Bastia ( a cui va tutta la mia stima e gratitudine, perché solo attraverso le sue analisi posso comprendere con certezza, la corretta analisi storica del Sig. Emilio Salsi) Antichità Giudaiche, di Giuseppe Flavio - il passaggio 20.9.1


Traduzione di Luigi Moraldi – Edizione Utet 1998-

197 "Venuto a conoscenza della morte di Festo, Cesare inviò Albino come procuratore della Giudea. Il re poi allontanò Giuseppe dal sommo sacerdozio e gli diede come successore
nell'ufficio il figlio di Anano, il quale si chiamava anch'egli Anano".
198 "Del vecchio Anano si dice che fu estremamente felice; poiché ebbe cinque figli e tutti, dopo di lui, godettero di quell'ufficio per un lungo periodo, divenendo sommi sacerdoti di Dio; un fatto che non accadde mai ad alcuno dei nostri sommi sacerdoti".
199 " Il più giovane Anano che, come abbiamo detto, fu designato al sommo sacerdozio, era una persona di indole franca e oltremodo ardita. Seguiva la scuola dei Sadducei, che, in verità, quando sedevano in giudizio erano più insensibili degli altri Giudei, come già accennato."
2oo "Con il carattere che aveva, Anano pensò di avere un'occasione favorevole alla morte di Festo mentre Albino era ancora in viaggio: cosi convocò i giudici del Sinedrio e introdusse davanti a loro un uomo di nome Giacomo", fratello di Gesù, che era soprannominato Cristo, e certi altri, con l'accusa di avere trasgredito la Legge, e li consegnò perché fossero lapidati."
201 Ma le persone più equanimi della città, considerate le più strette osservanti della Legge si sentirono offese da questo fatto. Perciò inviarono segretamente (legati) dal re Agrippa supplicandolo di scrivere una lettera ad Anano che il suo primo passo non era corretto, e ordinandogli di desistere da ogni ulteriore azione.
202 Alcuni di loro andarono a incontrare Albino che era in cammino da Alessandria informandolo che Anano non aveva alcuna autorità di convocare il Sinedrio senza il suo assenso.
203 "Convinto da queste parole, Albino inviò una lettera sdegnata ad Anano minacciandolo che ne avrebbe portato la pena dovuta. E il re Agrippa, a motivo della sua azione depose Anano dal sommo pontificato che aveva da tre mesi, sostituendolo con Gesù, figlio di Damneo."


Traduzione dell'Abate Francesco Angiolini edizioni Brenner – anno 1842 - pag.523 opera II

CESARE intanto , udita la morte di Festo, spedisce pro-curatore in Giudea Albino (29). Del rimanente il re tolse il pontificato a Giuseppe, e gli diede per succes¬sore in quel posto il figliuolo d'Anano, detto ancor esso Anano
Del vecchio Anano (30) or nominato si dice, che fosse il più felice uomo del mondo: conciossiachè egli ebbe cinque figliuoli, e tutti e cinque giunsero a servir Dio nel grado di som¬mi Pontefici, dopo aver egli stesso per lungo tempo goduto il medesimo onore, cosa che non è mai toccata a verun altro de' nostri pontefici. Ora il giovine Anano, cui abbiam detto salito al pontificato, era uomo d' indole franca ed ardita oltremodo. Tenevasi ancora alla setta de' Sadducei,gente, come accennammo più sopra, dura e crudele nel giudicare più ch'altri mai in Giudea. Uomo adunque di tal fatta, com' era Anano, pensando che quello fosse tempo opportuno; quando, già morto Festo, Albino era ancora in viaggio, raduna il consesso de' giudici; e introdotti dinanzi a quell'assemblea il fratel di Gesù detto Cristo, che Giacomo si nominava e con lui alcuni altri, dopo accusatili di aver trasgredita la legge, li sentenziò a dover essere lapidati (31). Ma le persone, che erano in città tenute per più discrete e zelanti dell'osservanza delle leggi ne furono assai dolenti; e spedirono di nascosto al re pregandolo, che scrivesse ad Anano, perchè non adoperasse più di tal guisa; giacche per lo innanzi non s'era por¬tato bene. Alcuni di loro eziandio andarono incontro ad Albino, ch' era partito già d'Alessandria, e avvertironlo, che non poteva Anano senza consenso di lui adunare assemblea. Albino, dato fede a' lor detti, scrive ad Anano una lettera piena di sdegno, in cui gli minaccia, che porterànne la pena dovuta. Questa si fu la cagione, per cui il re Agrippa gli tolse il pontificato dopo tre mesi dacchè l'aveva, e sostituì in suo luogo Gesù figliuol di Danneo.


Il Sig. Emilio Salsi scrive: in

http://www.vangeliestoria.eu/approfondimento.asp?ID=5

Infatti, dopo aver riletto il passo su riportato, se togliamo “detto Cristo”, rimarrebbe solo “Giacomo, fratello di Gesù”, senza patronimico (d’obbligo in prima citazione ebraica), di conseguenza, l’unico “Gesù” che ha il patronimico è “Gesù, figlio di Damneo” e lo scrittore non riporta il patronimico di Giacomo perché, essendo fratello di Gesù, figlio di Damneo, anche Giacomo è figlio di Damneo. Pertanto, se fosse stato un altro giudeo di nome “Gesù”, non figlio di Damneo, lo storico ne avrebbe dovuto riportare l’altro patronimico.




Confermo pienamente



Il Sig. Gianluigi Bastia scrive: in

http://digilander.libero.it/Hard_Rain/s ... monium.htm

3.2 Argomenti a sostegno della non autenticità del passaggio 20.9.1


3.2.1 Glossa accidentalmente finita nel testo


La frase di nostro interesse nel paso 20.9.1 è: "così egli convocò il Sinedrio a giudizio e vi condusse il fratello di Gesù, detto il Cristo, il cui nome era Giacomo, ed alcuni altri". Le parole che si riferiscono a Gesù potrebbero avere le caratteristiche di una breve nota marginale, finita più o meno accidentalmente nel testo. Dunque il riferimento al Cristo sarebbe spurio. Giuseppe probabilmente scrisse della morte di un leader giudeo di nome Giacomo e un lettore cristiano pensò che il riferimento dovesse essere a Giacomo il Giusto, il fratello di Gesù che, secondo la tradizione, era il capo della Chiesa giudeo-cristiana di Gerusalemme in quel periodo. Questo lettore annotò a margine del testo: ‘Giacomo = il fratello di Gesù detto il Cristo’ (cfr. con le parole in Mt 1:16: ‘Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù chiamato Cristo.’) e più tardi un copista ritenne più o meno ingenuamente questa glossa appartenente al testo e la incorporò in esso. Si sa di altre interpolazioni originatesi in questo modo.

In realtà la teoria di una glossa marginale accidentalmente finita nel testo non è molto semplice da sostenere. Nel caso del testimonium flavianum è molto semplice cancellare ad esempio le parole "Egli era il Cristo" senza modificare la correttezza sintattica del passo: si ottiene ancora un testo intelligibile e grammaticalmente corretto dal momento che la frase è perfettamente parentetica. Ma nel caso del passaggio Ant. 20.9.1 il testo greco recita che misero a morte "ton adelphon Iêsou tou legomenou Christou, Iakôbos onoma autôi" che significa "il fratello di Gesù detto il Cristo, il cui nome era Giacomo". Se cancelliamo semplicemente la frase ton adelphon Iêsou tou legomenou Christou omettendola dal passaggio, che sarebbe la glossa accidentalmente finita nel testo, il risultato che si ottiene non è sintatticamente corretto, otterremmo qualcosa tipo: "misero a morte il cui nome era Giacomo", manca evidentemente qualcosa nella frase. Pertanto l'inserzione della ipotetica glossa richiede necessariamente una manomissione della frase originaria, oppure è impossibile che la glossa sia stata accidentalmente inclusa nel testo senza supporre che il testo preesistente sia stato modificato.




Mio commento.

Il noto grecista Sig. Gianluigi Bastia sostiene che la possibile glossa marginale, più o meno accidentalmente finita nel testo fosse “ton adelphon Iêsou tou legomenou Christou” (il fratello di Gesù detto il Cristo) mentre risulta evidente che fosse solo “tou legomenou Christou” (detto il Cristo).

Se cancelliamo semplicemente la frase “tou legomenou Christou” omettendola dal passaggio, che sarebbe la glossa più o meno accidentalmente finita nel testo, il risultato che si ottiene "ton adelphon Iêsou, Iakôbos onoma autôi" sintatticamente corretto, otterremmo qualcosa tipo: "misero a morte il fratello di Gesù, il cui nome era Giacomo", non manca evidentemente nulla nella frase. Pertanto l'inserzione della ipotetica glossa non richiede necessariamente una manomissione della frase originaria, oppure è possibile che la glossa sia stata accidentalmente inclusa nel testo senza supporre che il testo preesistente sia stato modificato.
Si noti comunque che questa alterazione non richiede una modifica della struttura grammaticale della ipotetica frase originaria di Giuseppe, operazione quindi che non richiede nessun grado di difficoltà.


Il Sig. Gianluigi Bastia scrive:

2.3.8 Presenza di un secondo riferimento a Gesù Cristo (Ant. 20.9.1)


In Antichità Giudaiche 20.9.1 esiste un secondo riferimento a Gesù Cristo che, per la forma in cui è scritto, richiederebbe la presenza del più noto testimonium flavianum, oppure costituirebbe una testimonianza che Gesù era un personaggio storico conosciuto da Giuseppe Flavio.


Mio commento.

In Antichità Giudaiche 20.9.1 non esiste un secondo riferimento a Gesù Cristo che, per la forma in cui è scritto, richiederebbe la presenza del più noto testimonium flavianum, ma una testimonianza che Gesù figlio di Damneo era un personaggio storico suo contemporaneo conosciuto da Giuseppe Flavio molto bene, e osservando i tempi della loro esistenza, avranno pure mangiato, bevuto e discusso insieme.

Il Sig. Gianluigi Bastia scrive:

In questo passaggio, del quale si discuterà più approfonditamente in seguito, si parla del "fratello di Gesù, detto il Cristo, il cui nome era Giacomo". In questo caso l'identificazione di Giacomo avviene per mezzo di Gesù, che sembra essere nel contesto un personaggio molto noto del periodo, dal momento che Giuseppe non ha identificato Giacomo con il nome del padre (Giacomo figlio di ...) ma con quello del fratello: ne segue che Giuseppe non può non aver scritto nulla su Gesù in qualche altro punto precedente delle Antichità, data la sua importanza storica. Sembra pertanto logico pensare che la definizione di questo altrimenti sconosciuto Gesù si trovi proprio nel precedente testimonium flavianum di cui al libro 18. Oppure, in alternativa, Giuseppe Flavio conosceva la storia di Gesù Cristo e ha identificato Giacomo con il nome di un personaggio che riteneva ben noto ai suoi lettori.



Mio commento.

In questo passaggio, non si parla del "fratello di Gesù, detto il Cristo, il cui nome era Giacomo". In questo caso l'identificazione di Giacomo avviene per mezzo di Gesù, che è un personaggio molto noto del periodo (fra poco tempo sarà nominato sommo sacerdote da re Agrippa), dal momento che Giuseppe Flavio non ha identificato Giacomo con il nome del padre (Giacomo figlio di Danneo e non di Giuseppe il falegname) ma con quello del fratello: ne segue che Giuseppe Flavio non ha scritto nulla su Gesù Cristo in qualche altro punto precedente delle Antichità. Sembra pertanto logico pensare che la definizione di questo conosciuto e notissimo Gesù a Giuseppe Flavio non si trovi nel precedente testimonium flavianum di cui al libro 18, ma nella sua conoscenza personale. Sicuramente, Giuseppe Flavio conosceva la storia di Gesù figlio di Damneo e ha identificato Giacomo con il nome di un personaggio che riteneva ben noto ai suoi lettori, infatti diventerà tra breve sommo sacerdote su incarico di re Agrippa.

Il Sig. Gianluigi Bastia scrive:

Il nome di Gesù Cristo è l'unico mezzo per identificare chi era il Giacomo menzionato da Giuseppe Flavio. Ancora oggi possiamo identificarlo con Giacomo il Giusto, il fratello di Gesù secondo quanto apprendiamo in Marco 6:3 e Galati 1:19. Se Giuseppe avesse parlato solo genericamente di un certo Giacomo, sarebbe impossibile capire di quale personaggio storico stesse parlando. Se Giuseppe non ha indicato Giacomo con il nome del padre ma con quello del fratello, verosimilmente ciò accadde a motivo dell'importanza storica del fratello. Giacomo figlio di ... avrebbe avuto un senso e un tono ben diverso da Giacomo fratello di Gesù Cristo.



Mio commento.

Il nome di Gesù figlio di Damneo è l'unico mezzo per identificare chi era il Giacomo menzionato da Giuseppe Flavio. Ancora oggi non è possibile identificarlo con Giacomo il Giusto, il fratello di Gesù secondo quanto apprendiamo in Marco 6:3 e Galati 1:19. Se Giuseppe avesse parlato solo genericamente di un certo Giacomo, sarebbe impossibile capire di quale personaggio storico stesse parlando. Se Giuseppe non ha indicato Giacomo con il nome del padre ma con quello del fratello, verosimilmente ciò accadde a motivo dell'importanza storica del fratello. Giacomo figlio di Damneo avrebbe avuto un senso e un tono ben diverso da Giacomo fratello di Gesù sommo Sacerdote nominato da re Agrippa nel 62 d.C. e di cui lo storico Ebreo ne riparla successivamente in Antichità XX 213 “Il re poi depose Gesù, figlio di Damneo, dal sommo sacerdozio e designò suo successore Gesù, figlio di Gamaliel. Perciò sorse una ostilità tra quest'ultimo e il suo predecessore. Ognuno di essi raccolse una banda di gente molto temeraria e spesso avveniva che, dopo lo scambio di insulti, si andasse oltre, pigliandosi a sassate. Anania sovrastava tutti, facendo buon uso della sua ricchezza per attrarre quanti erano disposti a ricevere doni di corruzione.

Successivamente cercherò di fare delle analisi e considerazioni ancora più approfondite.

Un caro saluto
Ultima modifica di Giovanni dalla Teva il 02/06/2011, 20:36, modificato 1 volta in totale.

02/06/2011, 22:16

Anch'io concordo con il fatto che il Giacomo menzionato in Ant. XX:200 sia un fratello di Gesù figlio di Damneo.

Ho detto già prima, che i passi s'inseriscono in una lotta di faide tra famiglie per il sommo sacerdozio, non vedo cosa potrebbe c'entrare Giacomo, il fratello di Gesù.

Però, io ho chiesto, in merito a questo, di dare risposta al post dove menziono il Contra Celsus e relative mie riflessioni.

Post di riferimento: Inserito il - Oggi : 09:00:08

Ho mandato una mail a Gianluigi, ma non so se l'abbia ricevuto, o se abbia voglia di intervenire, comunque in questi giorni ho problemi con il PC.

Grazie.
Ultima modifica di chimofafà il 02/06/2011, 22:21, modificato 1 volta in totale.

02/06/2011, 23:54

Hynekeniano,

la ringrazio per esersi ricordato di me, per i video postati, e contaccambio la simpatia: è una gratifica agli anni dediti ad una ricerca iniziata casualmente che non avrei mai pensato di iniziare esendo ateo da giovanissima età.

03/06/2011, 00:04

Sig. Giuseppe,

mi sono raccomandato, invano, di non saltare da un argomento all’altro come un canguro, perché, così facendo, impedisce a chi è interessato di comprendere. Un estimatore del libro le ha detto con estrema cortesia che ha frainteso la “descrizione” della Pasqua ebraica per un evento in diretta.
Infatti, ho trovato una bella narrazione di Giuseppe Flavio della importante festa giudaica nel XVII libro e la ho trascritta; io stesso che ne cito la fonte: tutto qui. E’ il primo lettore che prende una “cantonata” simile, e questa la dice lunga sullo stato d’animo superficiale con cui si apprestò “scorrere” il saggio.
Qualsiasi resoconto storico va letto in modo sequenziale, tanto più quando gli eventi si susseguono ed i protagonisti cambiano di volta in volta. La smetta di procedere balzando da una pagina all’altra e da uno studio all’altro: nessuno la può seguire … soprattutto, non si picchi a voler apparire “vincente”: se è sincero si accontenti di ricercare la verità nei fatti narrati.

Insiste con la citazione di Orìgene ed esibisce la sua bibliografia. Non vedo a cosa serva, comunque il mio testo, “Contro Celso” a cura di Aristide Colonna Torino UTET 1989, a pag. 97, non riporta “uno dei fratelli”. Adesso, dopo questa inutile reciproca ostentazione bibliografica sul Padre della Chiesa, rimane sempre che “uno dei fratelli” avrebbe dovuto dirlo lo storico, cosa importa quel che dice Orìgene due secoli dopo, perché è sulla testimonianza di Giuseppe che si basa l’analisi critica del martirio di Giacomo il Minore. Non ve ne sono altre: “Atti degli Apostoli”, vangeli, lettere apostoliche ecc.: nessuno dei “colleghi” dell’apostolo Giacomo sa che è stato “martirizzato”: solo Giuseppe Flavio.
E da questa constatazione lei non rileva nulla? Non è capace di spiegare il perché? Si rilegga l’analisi.
“Uno dei fratelli”: anche questa è una constatazione (la meno importante che l’analisi evidenzia) per dimostrare che rende diversi i due “Gesù”, uno “detto Cristo” senza patronimico (san Giuseppe, Alfeo o Cleofa?), l’altro “figlio di Damneo”.

Un aspetto, più importante, risulta dalla cronaca dello storico: non sa che quel “Giacomo” (che ci vogliono far passare per “il Giusto”) è il Vescovo di Gerusalemme, Capo della Chiesa di Cristo nella città ove Giuseppe Flavio è nato, vive (siamo nel 62 d.C.), studia e diventa uno dei più importanti Farisei, scriba del Sinedrio. Se il “Giacomo” descritto dall’ebreo corrispondeva al Vescovo apostolo, capo dei cristiani, una setta religiosa antigiudaica, il fariseo si sarebbe sentito in obbligo di attaccarlo come ha fatto sia con i Samaritani, che con i Siri e i Greci residenti in Palestina in quanto pagani. Stiamo evidenziando constatazioni, non tesi.

Altro punto, più importante, “Gesù detto Cristo” . Le sembra realistico che un eminente ebreo riferisca un particolare simile senza alcun commento? Il “Messia” Salvatore Divino, che i Giudei attendevano per riscattare dal dominio pagano la Terra d’Israele (è un preciso distinguo con i cristiani che lo stesso Orìgene fa nell’opera citata Libro IV, 1), entra, questo “Cristo”, nel resoconto di uno scriba del Sinedrio di Gerusalemme: una cronaca destinata ad essere diffusa in tutta l’ecumene ebraica dell’Impero Romano e al di là dell’Eufrate, sia in greco che in aramaico, senza alcun chiarimento su quel “Messia” … almeno come “scemo del villaggio”.

Cerchi di essere razionale signor Giuseppe. Si sforzi di capire, cosa gli serve “vincere” a scapito della logica; faccia ricerca, studi, il tempo non le manca; sta sempre attaccato al computer, entra in tutti i forum e continua a dibattere … faccia una pausa di riflessione, ora … si informi meglio.
Si concentri quando legge: è lo stesso Orìgene a testimoniare (ed era un Padre apologista del cristianesimo) che Giuseppe Flavio “non riconosce Gesù come il Cristo”, proprio nella cronaca dello storico su Giacomo, fratello di Gesù … e basta. Non c’era “Cristo”, niente altro dopo “Gesù”: di conseguenza non poteva essere uno dei fratelli di Gesù Cristo il Redentore.

Nello studio che ho inviato riporto la fotocopia di un testo risalente a cinque secoli fa, un libro tradotto in latino da codici manoscritti in greco, come risulta sul frontespizio che ho pubblicato sul mio saggio storico. Lì è riportato “Giacomo, fratello di Gesù Cristo” non soltanto “detto Cristo” . La differenza fra codici la spiego chiaramente nello studio … ma lei la ignora, perché? Si è fissato su un “se” che non ha capito o finge di non capire: fa lo “gnorri”. In una lunga analisi non riesce a trovare nulla da confutare ma, poiché ha aperto la discussione, vuole dimostrare che aveva motivo di farlo … e il bello è che, se avesse trovato qualcosa di errato … la avrei ringraziata.
Propone un confronto diretto con Gianluigi Bastia su questo forum? Accetto. Ne sono lusingato: è la dimostrazione che la Chiesa, ha sentito il “colpo” e deve correre ai ripari. Nessuno aveva mai, prima di me, affrontato la veridicità di questo brano di storia autentica che l’ebreo riferì con altri scopi, ignorati da chiunque non faccia analisi comparate. Anano era quanto meno un amico di Giuseppe Flavio e ne piangerà la morte, otto anni dopo l’evento narrato, per mano degli Idumei zeloti.

Gianluigi, dopo lo shock subito dall’analisi su Giacomo il Giusto, e un paio d’anni di riflessione, ha sentito la necessità di trovare “l’antidoto” e ci ha provato. Ha pensato bene di applicare la nota strategia di ricorrere al greco antico per far apparire saccente la sua conclusione caricandola di importanza al fine di dargli credibilità: è un metodo patetico. Ha concentrato l’attenzione sulla frase “Giacomo, fratello di Gesù detto Cristo” e, fra un grecismo e l’altro, si è convinto che, “montandola” diversamente la proposizione non avrebbe avuto senso. E c’era bisogno di ricorrere al greco? Basta montarla diversamente anche in italiano che il senso lo perde ugualmente.
Uno storico analista non può fare a meno di sorridere di fronte a tanta incapacità … o impotenza.
Tutti i dati storici contenuti nella cronaca dell’ebreo vengono ignorati; tutte le comparazioni fra questi dati e quelli risultanti dalle figure teologiche cristiane, ignorate anch’esse. Tutte le contro misure addotte dagli scribi cristiani per porre rimedio all’incompatibilità di un “Messia” nominato in un Sinedrio ebraico … ignorate anch’esse. E non è tutto: restiamo in attesa di Gianluigi Bastia e completeremo insieme la parte dell’analisi ancora mancante.

Lo studioso Giovanni Dalla Teva ha riportato una prima confutazione a Gianluigi Bastia, talmente logica che non credo, signor Bizzini, il bravo “Hard Rain” gradisca affrontare la tematica del Cristo Storico in Ufoforum … spero tanto di sbagliarmi. Ho letto tutti i suoi studi prima di scrivere il libro e sono convinto che una persona impegnata per lunghi anni, unico scopo nella sua esistenza, a tentare di giustificare le sciocchezze contenute nei vangeli, scritti patristici e storia sacra, dopo aver messo il dito nella piaga … altri possa essere se non un ateo. Studi che si presentano bene ma basta una puntura di spillo per farli scoppiare, come i palloncini delle fiere.
La fede vale per chi non conosce, non per le eminenze grigie del Vaticano ed i loro tirapiedi.
E’ gente interessata solo a mantenere potere e privilegi che si trasmettono da molti secoli come le staffette il “testimone”.

Un bravo sentito a Giovanni Dalla Teva. Complimenti! Ha messo in atto il metodo analitico basato sul razionalismo scientifico, alla cui base c’è la volontà, umile, di dedicarsi prima allo studio per assimilare le nozioni necessarie su cui riflettere, concentrarsi ed infine … capire. Il signor Giovanni non ha mai inteso prevalere nel dibattito: gli bastava apprendere, lealmente. Poter stabilire la verità storica. Era un credente cattolico, ma, al termine della ricerca, sincera … si è visto costretto a smettere di credere.
Il pericolo maggiore per la Chiesa consiste nel rischio di perdere adepti proprio quando questi decidono di approfondire la conoscenza dei “testi sacri”. E la Chiesa ne è consapevole.
Signor Bizzini, se non si decide a studiare, non sarà mai in grado di distinguere un’ipotesi da una constatazione.

A presto
Ultima modifica di Emilio Salsi il 03/06/2011, 00:12, modificato 1 volta in totale.

03/06/2011, 09:28

Direi di lasciare perdere le considerazioni personali sull'essere vincente o meno in una discussione, non c'entra niente, e neanche la Chiesa c'entra niente, qui stiamo discutendo solo delle sue tesi cercando di argomentare con le fonti, lei stesso afferma che il dubbio in qualche modo è il volano della conoscenza.

Il fatto che personalmente sia "attaccato" al computer praticamente sempre, non è assolutamente vero, e la dimostrazione sta proprio raccogliendo i miei interventi in non più di tre forum:

nel cristianesimo delle origini sono stato bannato ab aeternum;

nel forum biblico ebraico, i miei interventi sono limitatissimi;

ufoforum è l'unico canale che attualmente sto utilizzando e tra l'altro, qui i miei accessi sono incrementati semplicemente perché questa settimana sono in ferie.

Al contrario, posso ribaltare la cosa, considerando che lei ha citato miei interventi passati, per esempio con Koan, ecc... vuol dire che esiste una sorta di grande fratello in cui nel web si osservano le varie mosse, ma fin qui nulla di male, del resto se non avessi avuto lo strumento di internet non sarei stato stimolato a fare qualche ricerca, detto ciò non demonizzerei la cosa, è un fenomeno che conosciamo tutti.

Per quanto riguarda Bastia, all'epoca avevo proposto di acquistare il suo libro, in modo da poterne dibatterne al forum, ma egli "cortesemente" non ha raccolto l'invito, quindi non saprei proprio come potrebbe confutarla se non in modo frammentario.

Adesso le ripeto che non so neanche se gli è arrivata la mia mail di invito al dibattito, o se abbia voglia, ricordo la vostra furiosa diatriba, ma all'epoca ero semplicemente uno spettatore curioso che voleva sapere di più, ed anzi le dico che se non avessi letto il suo libro, personalmente Flavio sarebbe rimasto sono un nome come tanti altri, ecco perché dico che qualsiasi cosa può essere utile alla conoscenza.

Infine concludo questa premessa con il riferimento all'interpretazione della "superficialità" della lettura della pag.190, dicendo che l'interpretazione data non mi convince ed è la vostra, uno non collega un "Correva l'anno 36 d.C." con un riferimento ad una fonte che ha un preciso rifermento temporale al 6 d.C. ma questa è una mia impressione e spero che questo non provochi altre "irritazioni" da parte sua, tra l'altro nei video appare sempre pacato, non c'è motivo di alzare i "toni", vorrei solo capire e chiaramente lei è l'interlocutore privilegiato.

Anzi mi auspicherei un documento, o dibattito, di qualche professionista che in qualche modo si confronta con quello che lei afferma nel suo libro, magari in forme impersonali, ma su questo sarà solo questione di tempo.

Ora, per non saltare come "canguri" cosa che non sto facendo assolutamente, ho richiesto solo dei cfr en passant, e tornado alla quaestio sull'esistenza storica di Giacomo, il fratello di Gesù, ho già detto, tralasciando la questione dei manoscritti, che in via di logica concordo con il fatto che Ant. XX:200 parli di un Giacomo fratello di Gesù figlio di Damneo, per i motivi che ho esposto sopra, a cui aggiungo anche la contraddizione degli scritti neotestamentari in cui Giacomo viene sempre descritto come un osservante della Legge, quindi non si capisce che cosa avrebbe infranto questo personaggio.

Citazione Salsi:

è lo stesso Orìgene a testimoniare (ed era un Padre apologista del cristianesimo) che Giuseppe Flavio “non riconosce Gesù come il Cristo”,


Sempre in virtù della ragione che invoca, secondo lei perché Origene fa quell'affermazione, avrà avuto pur un motivo o l'ha inventato di sana pianta dandosi la zappa sui piedi? Di conseguenza un nucleo storico su Gesù nei testi di Flavio doveva esserci, altrimenti come avrebbe fatto a dire che Gesù non era il Cristo per Flavio? Evidentemente ha parlato di Gesù, ma magari lo descriveva in un modo che è diverso del Testimonium Flavianum che ci è pervenuto (constatazione), mentre è possibile che attribuiva a Giacomo, un ruolo più rilevante di quello di Gesù, Cristo o non Cristo.

Grazie e cordiali saluti.
Ultima modifica di chimofafà il 03/06/2011, 09:42, modificato 1 volta in totale.

03/06/2011, 10:04

Ipotetica ricostruzione del passo:

Libro XX:200 Con il carattere che aveva, Anano pensò di avere un'occasione favorevole alla morte di Festo mentre Albino era ancora in viaggio: così convocò i giudici del Sinedrio e introdusse davanti a loro il fratello di Gesù, [detto Cristo] figlio di Damneo, il cui nome era Giacomo e certi altri, con l'accusa di avere trasgredito la Legge, e li consegnò perché fossero lapidati.

Libro XX:203 Convinto da queste parole, Albino inviò una lettera sdegnata ad Anano minacciandolo che ne avrebbe portato la pena dovuta. E il re Agrippa, a motivo della sua azione depose Anano dal sommo pontificato che aveva da tre mesi, sostituendolo con Gesù, figlio di Damneo.

Albino mette fine alla faida.
Ultima modifica di chimofafà il 03/06/2011, 10:29, modificato 1 volta in totale.
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