Storia e origini delle Religioni Monoteistiche
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30/12/2009, 19:20

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Ave carissimo grande ricercatore Saulnier, benvenuto!!
Questo arcano è molto fluttuante ma di poco conto.
Solo per curiosità ho fatto due calcoli sulla moneta.
Inoltre, una moneta di Flacco fu coniata tra l’Ottobre del 33 d.C. e l’Ottobre del 34 d.C. menzionata in Eckhel, Doctr. Num III



Secondo i miei calcoli, che possono essere sbagliati; dal 1° ottobre 32 al 1° ottobre 33 in base alla nota di fondo pagina "Storia del popolo giudaico al tempo di Gesù Cristo" del grande Emil Schurer Paideia 1985 pag.334.

Esistono monete di Flacco dell'anno 82 dell'era cesariana.

L'era cesariana ad Antiochia partiva dal 1 ottobre del 49 a.c.

Un caro saluto.
Ultima modifica di Giovanni dalla Teva il 30/12/2009, 19:58, modificato 1 volta in totale.

30/12/2009, 20:10

Buonasera carissimo Giovanni

Esistono monete di Flacco dell'anno 82 dell'era cesariana.

L'era cesariana ad Antiochia partiva dal 1 ottobre del 49 a.c.


Questo è assolutamente vero.

Secondo i miei calcoli, che possono essere sbagliati; dal 1° ottobre 32 al 1° ottobre 33 in base alla nota di fondo pagina "Storia del popolo giudaico al tempo di Gesù Cristo" del grande Emil Schurer Paideia 1985 pag.334.


L'anno 82 dell'era cesariana va dal 1 ottobre 33 al 1 ottobre 34 d.C. come detto in precedenza. L'equivoco nel calcolo potrebbe essere nato dal fatto di aver considerato nel computo anche l'anno 0 d.C (la matematica lo esige ma non la storia!)

30/12/2009, 22:42

Signor Saulnier,

ho letto con attenzione la sua analisi dalla quale risulta che Pomponio Flacco, nel 34 d.C., era ancora vivo. Un dato, a parer mio, inconfutabile e le sono veramente grato per questo.
Oltre non mi spingerei. Peraltro, rileggendo il passo di Tacito ricordato dal Shurer, dopo i funerali del Prefetto di Roma, Elio Lamia, già Governatore “onorario” di Siria, la traduzione in italiano in mio possesso è:

In seguito, alla morte del Propretore della Siria Pomponio Flacco, venne letto un messaggio di Tiberio, con cui incolpava gli uomini più valenti e adatti ai comandi militari di declinare tali incarichi, dicendosi perciò costretto dalla situazione a pregarli, per indurre qualche consolare ad assumersi il governo delle province, dimenticandosi di Arrunzio, cui proprio lui impediva, da dieci anni, di recarsi in Spagna”.

“In seguito” può indicare un periodo successivo all’anno (33 d.C) del quale lo storico latino riporta la cronaca, nel caso, i particolari riferiti da Giuseppe corrisponderebbero.
Qualora decidesse di apportare ulteriori particolari, utili alla ricerca, la prego di riportare le traduzioni direttamente in italiano permettendo a coloro che, come me, non conoscono il latino, debbano andare a fare ulteriori ricerche: è già tutto tradotto.

Dal passo appena letto non si ha ancora sentore di crisi imminente con Artabano ma è chiara l’accusa di Tacito a Tiberio per la sua politica di lasciare senza governo consolare le Province imperiali di Siria e Spagna. Teniamo presente che Tacito, mentre riferisce questi particolari, conosce già il seguito.
Lo stesso vale per Svetonio che incolpa l'Imperatore con identiche motivazioni. Anche Giuseppe testimonia il difficile rapporto di Tiberio con i Governatori delle Province e la sua prassi dilatoria nel conferire tali incarichi.

Il viaggio di Agrippa, affrontato agli inizi del 36, per recarsi in udienza da Tiberio e perorare “qualche promozione a corte” non è sequenziale al rapporto avuto con Pomponio Flacco nel 34.
Esso fu reso possibile solo dopo aver superato molte traversie a causa della sua condizione finanziaria precaria.
L’ipotesi avanzata dal Keim, da lei ripresa, non la condivido perché al momento che, nel 25 d.C., nella Spagna Citeriore venne commesso un atroce delitto ciò non vuol dire che quella non fosse una Provincia imperiale già da prima.

Sapevo del “disguido” cronologico commesso da Tacito su Agrippa; ve ne sono altri, sia di Tacito che di Svetonio ma, trattandosi di eventi giudaici, la fonte più particolareggiata, quindi più attendibile, è quella di Giuseppe Flavio … come lei stesso ha appena dimostrato.

La ringrazio ancora per l’acribia.

31/12/2009, 14:38

http://www.angelofilipponi.com/html/De_ ... Filone.php
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giovedì 31/12/2009
L'eterno e il regno di Angelo Filipponi
San Benedetto del Tronto | Se leggere significa intraprendere un viaggio in luoghi non conosciuti, iniziare la lettura di un romanzo di Filipponi è entrare in un mondo popolato di personaggi, situazioni e storie tanto reali da sembrare fantastiche.
di Antonella Roncarolo

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Angelo Filipponi
Conosco Angelo Filipponi, anzi il professor Filipponi da tempo, anche se nei miei anni di liceo a San Benedetto non ho avuto la fortuna di averlo come insegnante.
Penso che tutti conoscano la sua passione per lo studio di testi antichi, soprattutto per il periodo storico che ha preceduto la nascita di Gesù.
Ma se leggere significa intraprendere un viaggio in luoghi non conosciuti, iniziare la lettura di un romanzo di Filipponi è entrare in un mondo popolato di personaggi, situazioni e storie tanto reali da sembrare fantastiche.

Che si tratti di un romanzo storico non si ha alcun dubbio, viste le numerose citazioni tratte dai documenti dei grandi storici del passato, ma l'abilità dello scrittore è proprio quella della ricerca di personaggi che pur non entrando dalla porta principale dei libri di storia, raccontano con le loro gesta personali, intime e pubbliche una società scomparsa che pure è sempre viva nel muoversi del quotidiano delle grandezze e delle pochezze dell'uomo.
ll romanzo "L'eterno e il regno", che sarà pubblicato due capitoli alla volta in questo giornale, come nelle grandi tradizioni letterarie del ottocento e del primo novecento, è un' opera inedita, finita di scrivere nel 1999 che, pur avendo avuto molti giudizi favorevoli, per vari motivi non è stata pubblicata.

L' argomento, storico, ci sono solo ricostruzioni precise dell'epoca è distinto in due fasi: la prima si sviluppa in cinque capitoli e va dal 26 d.C. alla Pasqua del 32 d.C. e la seconda in uno, che tratta degli avvenimenti del 44 d.C. e rievoca fatti compresi tra il 32 e 36 periodo in cui sono posti il regno e la morte di Gesù, qui chiamato Jehoshua.
Protagonista del romanzo, ovvero di questi due capitoli, che ho avuto il piacere di leggere è Erode Giulio Agrippa vissuto a Roma, in modo dissipato, accanto a Druso figlio di Tiberio prima poi accanto a Claudio Nerone suo fratello di latte e futuro imperatore, del suo fallimento finanziario, della sua fuga in Giudea, sua patria d'origine.

Dalla lettura si rileva la sua profonda inquietudine che lo porta inevitabilmente ad un cambiamento di vita alla ricerca delle sue radici ebraiche in una condanna della sua stessa ellenizzazione e romanizzazione. Il protagonista si avvicinerà così alla famiglia del patrigno Teudione, allo zelotismo e il ritorno alla rigida osservanza della torah, nonostante i rapporti con la corte di Tiberiade di Erode Antipa e di sua moglie Erodiade, sua sorella, nonostante il suo domicilio nella nuova città, dopo il matrimonio con Cipro e nonostante la funzione di agoranomos.
La conoscenza del capomastro architettto, Jehoshua, aumenterà la crisi spirituale che lo porterà a fughe nel deserto e a penitenze.
l secondo capitolo è ambientato ad Alessandria, dove Erode Giulio Agrippa è stato mandato da Erode Antipa insieme ad Jehoshua per la ristrutturazione della villa di Canopos.
Giunti ad Alessandria sono ospiti a cena dell'alabarca, il più famoso commerciante e banchiere del mondo, un Rockefeller dell'epoca, che ha invitato anche suo fratello Filone, il capo dei Terapeuti, Ruben, e il romano Lucio Anneo Seneca di cui si festeggia il ritorno a Roma: c'è discussione sulla creazione del mondo e sulla funzione dell'uomo.

La ristrutturazione della villa è affidata ad Erode Giulio Agrippa che segue i lavori dell'architetto secondo i desideri dell'alabarca, che ha destinato la villa a suo figlio primogenito, Tiberio Giulio Alessandro, futuro governatore di Giudea e di Egitto e distruttore del tempio insieme con Tito Flavio, che è militare romano, di carriera.
Una sua visita a Canopos con l'ostaggio Izate di Adiabene, da ricondurre in patria, per ordine dell'imperatore, si conclude con una cena tra Agrippa ed Jehoshua e i due giovani, sono interessati alle parole dell'architetto, che mostra loro il piano di Dio su ogni uomo.

L'arrivo dell'alabarca, venuto per vedere i lavori, diventa occasione di una conoscenza approfondita di Jehoshua, che da lui, profeticamente, viene visto come uomo destinato a guidare Israele.

http://www.angelofilipponi.com/html/De_ ... Filone.php
XVIII Libro di Antichità Giudaiche
Il libro XVIII di Antichità Giudaiche insieme all'opera storica di Filone (in Flaccum e Legatio da Gium) è stato basilare per la ricerca sul malkut e per la sua precisazione storica .
Esso quindi è stato oggetto di massima cura in ogni sua parte: sulle sue indicazioni lessicali e tematiche sono state svolte ricerche in ogni direzione , possibile, a molti livelli.
Nell'introduzione ho dato le risultanze dopo aver evidenziato l'argomento del libro , definito vario , in quanto raggruppa arbitrariamente 35 anni di storia trattante non solo fatti che si svolgono nel'ex Regno di Giudea ma anche fuori ad Alessandria e in altri luoghi perfino nel regno dei Parti per evidenziare una comune pietà giudaica e per manifestare che ogni tentativo di ta patria kinein ( portare innovazioni negli usi patri) è un delitto .
In Flavio come in Filone c'è la coscienza di una comune idea di katholikotera politeia concepita come unione di spiriti collegati dalla circoncisione e dalla centralità di Gerusalemme e del suo tempio, pur viventi in comunità divise geograficamete e politicamente
Il giudeo di qualsiasi nazionalità ,pur essendo africano, parto, gallico, italico, asiatico, pur appertenente a due diversi regni quello romano e quello partico o pur fuori di questi due grandi complessi politici, ha una cittadinanza più universale che è quella della philòtheos Politeia , che lo rende civis caro a Dio, perché Mosè con la torah lo distingue dagli altri uomini in quanto è uomo di virtù che aspira a migliorarsi seguendo vie ascetiche ed è capace di extasis , proprio perchè abilitato alla sopportazione di mali , anzi fortificato da essi,vive in una dimensione divina.
Il libro suddiviso in 9 capitoli , è stato risuddiviso in parti più piccole per una migliore lettura , più severamente controllata.
Il primo è stato letto in modo da precisare il censimento di Quirinio e la rivolta di Giuda il gaulanita , fondatore della quarta airesis , quella zelotica , distinta dalle altre tre filosofie giudaiche
Il secondo ,centrato sulla situazione della Ioudaea ridotta a sottoprovincia (dopo l'esautorazione di Archelao) , su quella delle altre tetrarchie ,pur rimaste invariate (quella di Erode Antipa signore di Galilea e Perea- che costruisce la capitale Tiberiade e quella di Filippo Erode signore di Iturea, Gaulanitide ed Auranitide e Traconitide) e su quella del regno dei parti, è letto in modo unitario secondo l'angolazione flaviana di un giudeo civis della patria in cui vive , ma anche civis della patria unitaria che ha nel tempio di Gerusalemme e nella Torah i suoi simboli aggreganti ed unitari , in quanto manifestazione di Dio.
Il terzo , il quarto e il quinto sono stati esaminati in varie riprese e con studi sempre più attenti specie il testimonium flavianum del terzo (per definire l'esatta collocazione sia nel cotesto che nel contesto storico ) l'attività militare di L. Vitellio del quarto ( per la ricostruzione di una precedente alleanza tra Artabano, Izate ed Areta e lo stesso Jehoshua, partigiano ebraico antiromano, messia giudaico), e la guerra tra Erode Antipa ed Areta IV collegata con la testimonianza su Giovanni Battista( per la ricostruzione di uno zelotismo connesso col battesimo giovanneo) .
Il sesto , il settimo e l'ottavo, centrati sulla figura di Giulio Erode Agrippa, figura centrale di tutto il mio lavoro di Giudaismo romano, sono stati curati sia per i rapporti generali degli erodiani con la famiglia Giulio-Claudia che per quelli specifici tra Erode Agrippa e Tiberio, Erode Agrippa e Caligola ed Erode Agrippa e Claudio , oltre che per la regalità dello stesso Agrippa e della sua politica. connessa con quella ecumenica romana.
Il commento (3-49) mostra, pur nella varietà di temi e di strutturazione, la PARTICOLARE unità giudaica di un scrittore flavio, che difende IL SUO POPOLO , MINACCIATO DALLA POLITICA DI DOMIZIANO. De Joseph di Filone
IL POLITICO O GIUSEPPE


Vita di Filone e premessa generale sulla opera omnia e sul De Ioseph
PREFAZIONE


Con la pubblicazione di Il Politico o Giuseppe di Filone Alessandrino(25?-43-4) si vuole iniziare la traduzione dell’opera di Filone, per oltre trenta anni curata e studiata.
E’ stato il progetto di una vita , rimasto irrealizzabile per vari motivi, anche di ordine finanziario, ma dopo che sono stati ultimati i lavori storici e linguistici sulla Domus augusta giulio-claudia, le cui risultanze sono state espresse in Giudaismo Romano e in Caligola il Sublime, ci pare necessario attuarlo, sia per la novità metodologica, con cui si affronta la lettura di Filone collegato con lo Pseudo Longino, che per la connessione tra l’alessandrino e la vicenda storica di Gesù Cristo.
Ci sembra utile proporre un'altra lettura di Filone alessandrino, un oniade, un giudeo-ellenista, un sincretista, dopo aver rilevato e distinto, grazie anche alla traduzione di Antichità Giudaiche di Giuseppe Flavio, tre tipologie di giudaismo presenti, in epoca imperiale giulio-claudia, quello aramaico di Palestina, quello ellenista mediterraneo e quello partico: la sincresi filoniana è risultanza di una tragica situazione politica.
Sentiamo la necessità di scrivere e di pubblicare la risultanza del nostro lavoro, tecnico, non ideologico, in quanto riteniamo ogni definizione filosofica su Filone, operazione derivata e frutto non di una traduzione, ma di una interpretazione anagogica, condizionata dalle letture cristiane antiochene ( di Paolo- Luca,) e dopo la distruzione del Tempio del 70 e di Gerusalemme nel 135 d-C. , da quelle di Giustino, dello pseudo Giovanni evangelista, degli gnostici, degli apologisti.
Su questa base ci sembra che Ireneo e la scuola alessandrina di Panteno (Didaskalèion , cioè di Clemente Alessandrino ed Origene ) interpretarono e lessero Filone, rilevando neopitagorismo, platonismo, medioplatonismo e stoicismo ,preparando il campo, in Alessandria, alla grande fioritura neoplatonica di Plotino, facendo un’altra sincresi classico/giudaico-cristiana ,anche questa volta, in una particolare situazione storica e culturale: la lezione filoniana diventava centrale per la definizione di logos e logos incarnato , nella figura di Jesous Christos Kurios, sul fondamento della comune paidèia greca.
Su questa lettura filoniana clementina ed origeniana, si gettarono i padri cappadoci ( Basilio, Gregorio di Nissa e Gregorio Nazianzeno) , Atanasio e Efrem e quindi i latini Ambrogio Girolamo, Agostino, aggiungendo problemi a problemi confutando eresie, ma suscitandone altre, cristianizzando definitivamente Filone platonico, rendendo cristiano il platonismo di Filone.
Ora noi pensiamo di leggere Filone nel suo milieu e ci proponiamo di tenerci lontano dalla trattazione fatta dalla posterità letteraria, dalle letture di autori successivi. Noi cerchiamo tutti gli elementi per restituire l’autore all’atto del suo lavoro e quindi la sua cultura, le sue fonti , la sua attività letteraria, insomma tutte le sue conoscenze, le sue abilità e capacità mostrate nel corso della sua vita , in senso politico sociale e religioso, sottese nella sua opera, in modo da far uscire la sua reale figura di uomo di quel tempo, unita a quella di altri uomini alessandrini, romani, greci, giudaici ellenisti e giudaici aramaici: rifiutiamo di leggere Filone e la sua dottrina alla luce delle interpretazioni di autori successivi, anche se fondatori del pensiero cristiano: per noi che referenziamo ogni termine con atti pratici concreti, non è possibile comunicare con chi ha solo valori nominali, teorici, astratti.
Noi procediamo seguendo una methodos funzionale e scientifica, sperimenata sul campo di lavoro quotidianamente, cercando l'univocità del termine, in precise situazioni storiche, dopo studi contestuali, lasciando intatto il cotesto convinti che ogni estrapolazione sia arbitraia ed indebita , utile silo a giochi retorici e politici, a creazione di miti religiosi.
Noi cerchiamo di vedere solo lo scrittore e la sua famiglia, il suo rapporto con la Bibbia ( quella masoretica e quella dei settanta ) e il ruolo nel giudaismo in senso ebraico da una parte, secondo l’educazione ellenistica di un giudeo alessandrino oniade, pneumatico e la sua complessa cultura classica, specie filosofico-religiosa, da un ’altra.
Questo è il nostro intento, a cui ci auguriamo di mantenerci sempre legati, senza mai deviare.
E’ troppo facile, altrimenti, lasciarsi fuorviare dall’autore stesso che spiritualizza e che si mostra sempre un po’ migliore di quanto si è e che difende la sua religiosità e la sua etnia , impegnato in un' apologia .
E’ impossibile per chi legge Filone (e non lo traduce ) non lasciarsi trascinare dal suo pensiero (ebraicamente logico, platonicamente impostato, teso all’ekstasis),dalla sua interpretazione farisaica e passare perfino oltre il velo delle allegorie , sotteso ad una precisa terminologia greca che si basa sulla Bibbia , tradotta dai Settanta, e fare aggiunzioni, specie se ben collocabili e congiungibili con altre già espresse da filosofi e teologi.
La Bibbia dei Settanta diventa per noi la chiave di lettura filoniana, ed il segno tangibile di una sugkrisis , cioè di una combinazione, di una aggregazione arbitraria , di una confusa lettura che mescola tradizione ebraica e tradizione greca da parte di un popolo che cerca soluzioni per la propria salvezza: la sugkrisis è la risposta pratica eclettica di un’élite alessandrina (di cui Filone è voce ) ad una persecuzione, tesa alla sterminio di un’etnia , odiata per la supremazia commerciale e per il diverso sistema di vita nel Kosmos romano-ellenistico.
La Bibbia dei Settanta( Cfr. angelofilipponi.com, Curiosità I due canoni) una traduzione inaccettabile dalla cultura aramaico-ebraica palestinese- partica, perché travalicante la sacra lettera, data l’allegoria greca e l’impostazione neo pitagorica, platonica, medioplatonica e stoica, condizionante quel sistema linguistico, molto differente da quella farisaica,è anche espressione di una divisione religiosa tra due mondi, uno puro ed integralista, perfido nelle sue certezze cultuali e nell’unità di Dio ed uno misto, incerto nella sua ricerca di una fides , seppure monoteista, ed ancorata alla tradizione giudaica, ma compromessa con la pratica commerciale e condizionata dal rapporto con i pagani, impura e scismatica, contraddittoria nella sua ricerca di Dio .
Da qui la necessità di decondizionare il lettore di Filone dalla confusione sulla lettura filoniana della Bibbia: Filone non legge il canone ebraico della Torah ma legge la Bibbia dei Settanta seguendo una tradizione già scaltrita in questo sistema misto, pur conoscendo le risultanze della lettura farisaica dei puri ( Hasidim) e di quella letterale dei sadducei.
Perciò il testo filoniano di base è già condannato ed esacrato dalla tradizione ebraico-aramaica che considera scismatico ogni giudeo-ellenista e spuri ( cioè non assistiti da Dio, che li ispira) i loro commenti ellenistici della Bibbia , le cui risultanze sono diverse rispetto a quelle della torah she be’alpe : da qui l’ immensa difficoltà di comprendere la cultura complessa di un giudeo alessandrino fiorito, quasi completamente , nella I metà del I secolo d. c., e la sua necessità di confrontarsi con l’ etnia greca dominante in Alessandria ( che l’élite giudaica aveva superato, dopo essersi equiparata nella politeia , data la superiore organizzazione economico-finanziaria e considerata la protezione imperiale di più di un cinquantennio ) .
Dalla lettura filosofica di uomini intenti a filosofeggiare, deriva un Filone contradditorio, indefinibile, vago, parabolico : questa non è una lettura storica e linguistica, è una lettura teleologica, tesa cioè ad un fine dimostrativo secondo la lettura cristiana.
Per noi una lettura cristiana di Filone non è una lettura di Filone.
Se, invece, si traduce Filone , senza idee prefissate, da ogni termine, enunciato, periodo viene fuori il mondo alessandrino commerciale, nella sua ricchezza e varietà polietnica, dominato dalla finanza giudaica , dall’esercizio della trapeza , il sistema di conduzione di colonie, la ramificazione emporica e trapezitaria in ogni porto del Mediterraneo, il predominio sul porto di Alessandria sia sul Mare che sul Nilo, da parte dell’élite giudaica sacerdotale ellenizzata, abile perfino a dilatarsi, mediante il proselitismo, con la tzedaqah (carità, come atto di giustizia verso il fratello), a creare così una ragnatela su tutto il territorio dell’impero romano, con connessioni anche con quello partico, grazie ai correligionari di Adiabene e di Mesopotamia.
Inoltre chi traduce, se compara i personaggi di Filone,Abramo,Isacco Giacobbe, Giuseppe, Mosé con quelli di Giuseppe Flavio rileva la stessa lezione ebraica, ellenistica e può capire meglio la realtà storica.
Se poi riflette che il testo biblico filoniano e quello flaviano sono comuni e quindi scismatici , come anche la lettura allegorica, spiritalis -pneumatikè , comprende la lotta tra giudaismo ellenistico e greci , ma anche l’opposizione tra il giudaismo ellenistico e quello aramaico , che, però ,si congiungono, nell’abominio della desolazione(Daniele 12,12) in una lotta per la salvezza della madrepatria, di Gerusalemme, in una solidarietà supernazionale , che va perfino oltre i confini dell’impero romano. Ora chi legge per tradurre, senza voler interpretare filosoficamente, sapendo che il significante testuale , greco, è diverso da quello masoretico, rileva che il significato è pure diverso per la diversità di contenuto e di referenze, implicite al segno linguistico stesso: gli ellenisti quindi, hanno una loro tradizione e un loro sistema di commento, diverso da quello hasidico : la due lingue hanno in sé stesse un' inconciliabile natura, direi opposta, in quanto l’una tende al soggettivismo, l’altra al comunitarismo collettivistico, ad Israel eterno.
Ora ,dunque ,la nostra lettura , tenendo presente questa sostanziale differenza e diversità tende, dapprima, a far uscire dalla lettura letterale greca il mondo alessandrino sulla base dei termini letti secondo la formula sacerdotale sadducea , che mostra sincronicamente la cultura Alessandrina di base ellenistica ( che però è già congiunta e connessa con quella giudaica palestinese )e la storia, sottesa ad ogni termine, indicando con l’appartenenza al kosmos romano orientale, la già avvenuta integrazione, in epoca lagide.
Il nostro lavoro cerca di ricostruire i fatti storici in relazione alla lettera del testo filoniano biblico, seguendo la logica ebraica, in relazione ai processi adottati, senza intervenire con valutazioni o micro giudizi, ma solo per cogliere gli apporti culturali , le dipendenze o influenze, subite da chi commenta .
FiIone ,allora, risulta testimone di una integrazione completa alessandrina e giudaico -alessandrina nell’impero romano nel periodo Augusteo e primo tiberiano , minacciata di sterminio in epoca seianea(25-31 d.C.) e poi caligoliana(37-41) , ricondotta a normalità, ma ridotta funzionalmente e limitata civilmente agli inizi dell’impero di Claudio(41-54).
Filone ,perciò, sottende nella sua opera non solo la perfetta integrazione del giudaismo ellenistico nel sistema romano orientale ma anche la grande epopea emporica del periodo di Augusto e del primo Tiberio e poi la paura di uno sterminio , anticipato da Elio Seiano e portato ad esecuzione da Gaio Caligola,palese in In Flaccum e Legatio ad Gaium ,( due delle cinque opere che componevano le Virtù Peri areton) , traumaticamente affiorante in vario modo in quasi tutti i trattati.: la novità dell’evento rese il filosofo ansioso affannato stordito , annichilì la certezza della sua fede nella potenza dell ‘ethnos giudaico , ora ancorato solo alla fiducia in Dio.
Lo scampato pericolo con la morte di Caligola e il ridimensionamento ad opera di Claudio, che ripristina gli statuti lagidi ed augustei ed interdice il proselitismo , determinano la presa di coscienza di oudeneia (niente) del giudeo, che riflette , stoppando le sue mire espansionistiche commerciali, sulla presenza di Dio, che , col punire il persecutore con la morte, evidenzia la precarietà di ogni fenomeno umano, manifestando il suo potere nella storia, la sua stabilità rispetto alla labilità umana .
La tragica situazione del giudaismo egizio ed internazionale, diasporico e di quello palestinese deve essere centrale nella lettura dell’opera di Filone : senza di essa non si può capire Filone .
Precisato questo punto, la nostra lettura procede sul piano allegorico ,seguendo Filone nei suoi processi etico- anagogici, cercando di comprendere il fine per cui opera in tale modo teologico. Ne deriva che le questioni culturali, filosofiche e teologiche hanno funzione secondaria , meglio sono funzionalizzate e mirate al fine di trovare una soluzione moderata e misurata al grave problema situazionale, insomma, alla guerra che sconvolge la romanitas e il giudaismo nelle sue anime indistinte .
L’opinione pubblica romana considerava il giudaismo, in genere, oltre le divisioni, una gens taeterrima , che da un secolo combatteva contro l’egemonia romana opponendo apparentemente il culto dell’unico Dio al culto politeista imperiale, unificato nella persona dell’imperatore.-dio.
Ora il giudaismo diasporico , filoromano come la pars sadducea e nobiliare di Gerusalemme e della Ioudaea, essendo stato compromesso dalla vicenda insurrezionale palestinese, dalle ricorrenti staseis zelotiche, ha difficoltà a dimostrare la propria adesione alla cultura cosmica imperiale tesa alla theosis(deificazione) del basileus(re) ,dikaios(giusto) , nomos empsuchos (legge vivente )( Vita di Mosé,1,162; 2,4 ) perché la sua integrazione culturale non ha tagliato definitivamente i ponti con la patria comune , di cui il tempio è simbolo di un patto eterno tra Israel e l’eterno : i collegamenti e le protezioni nei confronti dei fuorusciti palestinesi e di zeloti lasciano sempre ombre tra la gerarchia romana imperiale e i capi del giudaismo ellenistico, ritenuti infidi anche se sono pritani delle bulai cittadine, cioè protoi , i senatori delle patrie più piccole in cui essi vivono (Alessandria,Cirene, Antiochia, Efeso ed altre ).
Di fronte alla minaccia imperiale Filone è portavoce del giudaismo romanizzato ed è apologista della cultura minacciata , che mostra la propria grandezza e propone il modello di vita imperiale , di Basileus , di basileia , di suddito, di giustizia , di civilis , di vir, di un giudeo, della stirpe comune giudaica, come etnos degno di far parte del Kosmos e non di essere perseguitato , ridotto a Ksenos ed epelus, colpito da atimia.
Filone dimostra che il giudeo per sua natura ha già in sé sull’exemplum dei patriarchi giudaici e del proprio legislatore Mosé il modello di imperatore, autocrator, divino: la sua dimostrazione è però equivoca, ambigua come la stessa integrazione ellenistica: non si può servire due padroni, Dio e Mammona ( Lc 16,13 e Mt 6,24)( Belial nei testi del Qumran)
In tutta l’opera di Filone centrali ci appaiono Il politico, Vita di Mosè e Abramo , ma in effetti ogni opera è rivelazione di questa volontà, indifferentemente dal particolare e specifico tema o messaggio biblico.
Si ritiene ,perciò, che non valgano le dispute generiche filosofiche e teologiche su Filone, né la tradizionale divisione delle sue opere: allora il suo pensiero , se così viene letto, non appare più contraddittorio, proteico , ma univoco e direi semplice pur nella complessità di problemi . lineare,anche se reticente, a causa di verità taciute o omesse ,di cose solo accennate, seppure a volte preoccupato della sua stessa parola , in quanto insicuro del suo destino, ma soprattutto di quello della sua stirpe.
Per Filone l’ebreo è ebreo dovunque , oltre la patria nazionale, perché ha centrale il Tempio di Gerusalemme insieme con la Legge : le divisioni religiose e cultuali, le differenze di lingua , gli stili di vita, non compromettono la sacrosantità del comune timore di Dio e del suo patto eterno con Israel.
La centralità di Giuseppe o il politico e ( di Vita di Mosè e di Abramo che noi abbiamo stabilito di pubblicare nel 2008 insieme a Contro Flacco ed Ambasceria a Caligola, Sobrietà ed Ebrietà, Vita Contemplativa e Ogni Sapiente è Buono) è dovuta al fatto che in esse è più chiara la situazione in cui versa l’ebraismo, è più leggibile la storia personale di oniade, sommosacerdotale, più documentata la sua cultura giudaico- ellenistica della diaspora, più rilevabile la sua sincresi tra neopitagorismo platoneggiante e giudaismo sapienziale (Proverbi, Ecclesiaste, Cantico di cantici, Sapienza ed Ecclesiastico) nella lettura paradigmatica del Pentateuco .
Dalla lettura di questo gruppo di opere pensiamo di poter dare un’idea unitaria dell’opera di Filone che , altrimenti, si manifesta proteiforme, dispersivo , come un erudito, perché la critica filoniana non è riuscita a leggerlo secondo una unitaria impostazione connessa con la relazione alla particolare minaccia propria dei periodi 19-20 e poi 25-31 ed infine i dal 37-41 .Se Filone viene letto, dunque secondo questa nuova impostazione si può rilevare la sua unitarietà in linea con la tradizione giudaica - che aveva già rivendicato la superiorità della propria cultura rispetto a quella comune greca nel II secolo con Eupolemo , ( Clemente, Stromateis . I,23,153,4) con Artapano (I Secolo a.C:) ( Eusebio Praep.Evang. 9,27) che identifica Mosé con Museo maestro di Orfeo),fino a Giuseppe Flavio (Contra Apionem ed Antichità Giudaiche) - con la sua ricerca di Israel eterno , nel tentativo di dare una visione del popolo giudaico, seguace di Mosé (Re e sacerdote , profeta e teologo) saggio , perfetto perché theologos, fedele cioè alla lezione del suo legislatore.
In questo senso V.Tcherichover( Iewish apologetic literature riconsidered in “Eos” 3 1956) ha rilevato che con l’ellenizzazione Filone rivendichi la sua doppia natura di giudeo e di ellenista nel Kosmos romano, già accettata nella cultura alessandrina lagide e ripropone il modello di vita giudaico non solo per gli altri giudei ma anche per i non circoncisi ,che devono accettare un popolo ,che rispetta il sovrano romano ,e che, da decenni ,ha una concezione politico-religiosa conforme al nomos e alla dikaiousune ,romano-ellenistica, seppure esalti la propria legge , mescolando la paideia greca con la musar aramaico-ebraica in una difesa del popolo giudaico , che considera l’essere sacerdote e l’essere re un servizio a Dio.
Anche D. T. Runia (Philo of Alexandria and the Timaeus of Plato, Leiden 1986) mi sembra aver compreso questo aspetto insieme a E. Starobinski-Safran( La prophetie de Moise et sa Porte ’après Philon in Martin – Achard ed altri La figure de Moise: Ecriture et rilecture ,Geneve 1978). che rilevano la profezia come segno della predilezione divina unitariamente a V.Nikiprowetzky(Le commentaire de l’Ecriture chez Philon d’alessandrie , Leiden 1977).
Ora l’opera di Filone, se non viene ben inquadrata in questa situazione ,da precisarsi in ogni termine, diventa estremamente equivoca, e il pensiero filoniano risulta volutamente offuscato, essendo di fronte ai problemi contingenti, incerto , ambiguo falso, titubante pencolante tra la sua filoromanità e la sua ebraicità, evidenziando la dilacerazione della anima ebraica, da una parte e la difficile ricerca , da un’ altra, di conciliare ellenismo romano e giudaismo farisaico, in quanto la prassi contraddice la parola.
E’ inconciliabile il soggettivismo romano-ellenistico con l’oggetivismo collettivistico aramaico: solo con la costruzione della figura umano-divina di Christos si è cercato di fondere l’inconciliabile , di conseguire l’ineffabile, precluso all’uomo creatura, grazie alla intermediazione dell’uomo -dio .
Noi dobbiamo staccarci dalla tradizione cristiana, erede della cultura soggettivistica classica, perché seguendo Clemente Origene e specie Eusebio, seguitiamo a cristianizzarlo: è nostro dovere di storici mostrare la vera natura di giudeo di Filone, seppure oniade, ellenista e sincretista.
D’altra parte Alessandria, del periodo 26-44 d.C. è in effetti città dove l’elemento greco riesce, grazie alla nuova politica imperiale, a limitare la supremazia giudaica, dapprima , e poi ad avere il sopravvento, definitivamente.
Dall’esempio dei greci alessandrini viene un monito di ribellione a tutti i greci dell’ecumene romano che aggrediscono selvaggiamente il giudaismo e ne scuotono la supremazia, come ben evidenzia Giuseppe Flavio nel XVIII, XIX e XX di Antichità Giudaiche e nel V, VI e VII libro di Storia Giudaica e Contra Apionem, dimostrando come in ogni città ellenistica i greci attaccano e limitano il potere giudaico , facendo stragi e come ,perfino nel regno partico, contagiato , inizi lo stesso processo di annientamento, in un crescendo inarrestabile di massacri e di stermini.
Insomma il giudaismo ellenistico ,diasporico. sempre più connesso e compromesso con quello palestinese e partico, paga amaramente questa sua politica e ancora di più ridimensionato nella sua funzione nell’impero romano , specie dopo la fine del Tempio, in epoca Flavia, e subisce ulteriori sventure nel 1O6-7 in epoca traianea e dopo l’impresa di Bar Kokba, sotto Adriano, con la definitiva cacciata dell’elemento aramaico dall’ecumene romano , perde quasi del tutto il suo ruolo commerciale , favorendo così la crisi della trapeza e di tutto il sistema argentario, che lentamente si va sfaldando fino a scomparire nel IV secolo.d.C
Ora nel corso della lettura delle varie opere noi tratteremo i vari problemi, a seconda dei temi e della specifica intenzione dell’autore , puntualizzando e rilevando il valore del giudaismo ellenistico e la sua funzione nell’impero romano ,intermedia tra romanitas e Partia , tra Romanitas ed aramaismo palestinese filopartico,zelotico.
Questa prima lettura è basilare per la comprensione del pensiero di Filone e per la sua allegoresi: senza di questa ogni parlare è tautologia e ciarla letteraria , mera filosofia convenzione utile solo al mythos religioso.
Il teorismo filosofico di Reale e la metodologia linguistico-strutturalistica di Radice limitano e quasi annullano la semantizzazione sincretistica di un oniade ellenista non suffragata da referenze concrete storiche o non ben centrata storicamente nonostante i contributi di Clara Graus Reggiani e di altri ,come Paola Graffigna.
Il contributo dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, pur grandioso e vasto concettualmente, su di un piano culturale, resta come documento alto di analisi filosofiche ma non favorisce la comprensione della figura di Filone, cristianizzato, ancora di più perché letto come supporto alla interpretazione (considerata corretta) della tradizione cattolica dei Padri della Chiesa, aumentando la confusione tra le diverse tesi interpretative.
Filone non è, però, l’anello di congiunzione tra Vecchio Testamento e Nuovo testamento, non è mediatore culturale, né filosofo né teologo: non può aver coscienza che sta per sorgere una nuova legge sulla base della vecchia legge e quindi non la può prefigurare e vaticinare, tantomeno può considerare la filosofia greca ancilla della teologia (cristiana).
Filone mostrando la sua epoca parla della cultura del suo tempo e rileva il modello di un alessandrino che legge la Bibbia con gli strumenti della sapienza greca servendosi delle scienze propedeutiche alla teologia, intesa secondo la normativa mosaica: su Filone, rifiutato dagli ebrei, i cristiani hanno basato la loro teologia.
Sono, però , processi successivi di cui Filone non solo non ha coscienza ma neppure può sognare né immaginare le risultanze; il suo è un tentativo di salvare il giudaismo e di trovare una via percorribile per mantenere, oltretutto, quella supremazia commerciale e finanziaria che aveva determinato quel benessere in Alessandria e in ogni città del mondo romano.
A nostro parere , Filone, ripetiamo, ha scritto un’opera complessa come testimone di una verità giudaica, minacciata sia a Gerusalemme che in tutto il mondo romano che in quello partico, riconoscendo se stesso e il giudaismo ellenistico come facente parte del Kosmos romano e perciò risulta ambiguo ed equivoco perché, per fede, professa un credo spirituale che lo lega a Gerusalemme e alla Partia, ma per pratica ha interessi concreti che lo collegano alla patria Alessandria e al mondo romano.
Scoprire questa ambiguità e equivocità è da storici e da linguisti, non da filosofi e da teologi che tendono a misurarsi religiosamente con la loro stessa identità e con altri, che hanno già costituito un sistema di idee solo sulla parola, divenuta anch’essa equivoca.
Perciò riteniamo che Filone non sia né filosofo né teologo, che non appartenga a nessuna filosofia e quindi non sia né neopitagorico né platonico né medioplatonico né storico, o altro , ma solo un giudeo civis romanus che scrive in lingua koiné e si serve del contributo culturale proprio della sua generazione.
Riteniamo, dunque ,che non si possa parlare in un uomo, impegnato a difendere la propria identità in pericolo, né di sistematicità di pensiero né di un’ asistematicità, ma solo si può forse rilevare una linea ebraica figurale sulla base del tradizionale commento biblico che gli permette di evidenziare la particolare e complessa posizione di giudeo ellenista, che serve, torto collo, due padroni smascherato per di più dalla neoteropoiia galigoliana (cfr. Caligola Il Sublime, angelofilipponi.com)
La corte di Caligola, piena di Alessandrini , smaschera facilmente l’equivoco religioso ebraico con la richiesta di effettiva adorazione all’imperatore- Dio: il sacrificio è per l’imperatore, non a Dio per l’imperatore.
Le definizioni sono tutte belle e buone, degne di lodi , ma opinabili , da quella di G.Reale (L’importanza , il significato e la struttura della filosofia di Filone di Alessandria, introduzione a La Creazione del mondo,Le allegorie delle leggi, Milano 1978 ed altri )e R. Radice ( Commentario allegorico alla Bibbia,1994 Erede delle cose divine, 1994 ed altre) , a quella di E. Brehier(Les idees philosophiques et religieuses de Philon d’Alessandrie, Paris 1950) di H. A. Wolfson( Filosofia dei padri della Chiesa, a cura di E.Maccagnolo, Paideia,Brescia 1978) ),di M. Heinze,( Die Lehre vom Logos in der griechischen Philosophie ,Aalen, 1961 ) di E. R Goodenough(By Light, Light, New Haven- Londra 1935): ognuno ha letto a secondo della propria tesi ed ha tentato di dare una propria spiegazione, in modo ,ci sembra, unilaterale.
Perfino lo strutturalismo sincronico di J.Cazeaux (La trame e la chaine : structures littéraires et exégèse dans cinq traités de Philon d’Alexandrie, Leiden 1983) e lo stesso J. Daniélou (Philon d’Alexandrie, Paris 1958) hanno evidenziato unilateralità di lettura: il tentativo di leggere Filone come filosofo–teologo, che ha compiuto una sintesi, a nostro parere, non deve neanche essere fatto, in quanto Filone è solo un trasmettitore di sapere che reagisce ad uno stimolo e non ha tempo di rimeditazione profonda, ma solo fa tentativi di comprensione e di aggiustamento di parti, cercando disperatamente sincresi possibili e varie con un animo passionale, fortemente emozionale, in un momento di difficile equilibrio: l’alessandrino sente troppo acutamente la dilacerazione per la perdita o per la paura di perdere quanto ha amato e quanto ha considerato conquista di generazioni, ormai solidamente posseduto, evidenziando il grave turbamento dell’anima stessa giudaica. ellenistica . Per ultima cosa vogliamo ricordare che Filone vive nel periodo stesso della strutturazione del Peri Ypsous da parte probabilmente di uno che vive o conosce bene l’ambiente giudaico, se cita Genesi ( cfr IX,9) e che tende all’armonia- intesa non solamente come disposizione naturale in mano ad uomini capaci di provocare persuasione e piacere, ma anche come strumendo stupendo di eccelso e patetico ( XXXIX,1), e che sogna uno stato di giustizia.
Filone , che cerca Dio , che tende all’ekstasis ,profeta-nabi , da ebreo, cerca anche lui l’adrepebolon puntando ad alti pensieri , avendo un atteggiamento passionale e pieno di entusiasmo (to sphodron kai enthousiasthicon pathos,VIII,I) ,considerando il sublime eco di un alto sentire ( upsos megalophrosunes apechema IX,2) .
Il quarantaquattresimo capitolo, ed ultimo del trattato Del Sublime,tratta della questione della decadenza delle lettere e dell’oratoria, mostrando come la democrazia repubblicana di un tempo sia stata la nutrice di libertà e quindi dell’agone forense mentre la monarchia assoluta, priva l’uomo di valori ed impedisce la libera circolazione delle idee: l’autore mette a confronto l’epoca repubblicana propria di uomini liberi , oratori e parresiastai e quella imperiale presente, propria di schiavi., non oratori, ma kolakes .. megalophueis ( Ibidem 3) ruffiani sublimi .
E’ un capitolo su cui bisogna riflettere a lungo se si vuole capire il periodo imperiale giulio claudio.
Per l’anonimo scrittore del Sublime l’assenza di democrazia comporta quasi una scolastica educazione ad una servitù giusta (paidomatheis einai douleias dikaias Ibidem3 ),legalmente riconosciuta per l’uomo che, fasciato dagli stessi costumi ed abitudini, senza aver gustato della libertà, diventa pigmeo, nano (Ibidem 4) perché cresciuto in gabbia, storpiato nelle membra dall’ angustia della clausura, entro sbarre.
L’anonimo passa dal discorso figurato analogico a quello reale mostrando come la servitù, anche la più giusta, possa essere definita gabbia e prigione publica dell’animo (psuches glottokomon kai koinon an tis apophenaito desmoterion (ibidem 4 )
Queste affermazioni sono messe in bocca ad un amico, uno della cerchia dei filosofi, che diventa (secondo il nostro parere) l’emblema di una congiura antimperiale, espressione di un rifiuto della cultura e della propaganda della neoteropoiia caligoliana.
Alle affermazioni dell’amico, l’anonimo del Sublime risponde che è tipico dell’uomo prendersela col tempo presente (idion anthropou to katamempsesthai ta aei pronta Ibidem 6)) rilevando che non è la pace universale(eirene) a corrompere le grandi nature, ma la guerra (o polemos) interminabile, che trattiene i desideri umani e le passioni che assediano la vita e la sconvolgono dalle fondamenta tanto che la philokhrematia(l’amore della ricchezza) e la philedonia (l’amore dei piaceri) portano alla schiavitù ed affondano con tutto l’equipaggio.
All’immagine della barca affondata segue l’apoftegma ( l’amore per il denaro è malattia che rimpicciolisce l’animo, l’amore per il piacere è malattia molto ignobile / philarguria men nosema mikropoion, philedonia d’agennestaton Ibidem 6) che apre il discorso verso soluzioni ancora più negative: la ricchezza senza limiti e quasi divinizzata, sposatasi col lusso sfrenato (poluteleia) procedendo di pari passo mette nido ( chiaro riferimento a Platone Repubblica 573) si riproduce, generando ubris, paranomia anaiskhuntia(violenza, pazzia e disonore).
La conclusione è anancastica. È fatale che l’uomo non rivolga più lo sguardo verso l’alto (anablepein) né si curi del buon nome e che in questo ciclo si compia la rovina degli esseri e si deperisca la grandezza d’animo: gli uomini ammirano ciò che è mortale e trascurono ciò che è immortale.(Peri Ypsous, 44,8 )
Per l’anonimo dunque sulla terra non ci può essere uno stato di giustizia, quello a cui tende l’uomo, specie il giudeo : infatti un giudice corrotto, all’atto del giudizio, essendo sensibile agli omaggi interessato al suo utile, non può essere in grado di giudicare in modo libero e corretto.
Non è possibile che sia libero ed incorruttibile chì è in preda ad intrighi per il desiderio di arricchire in un quadro dilagante di corruzione, in cui ogni individuo va a caccia delle morti altrui, di testamenti ed è disposto a pagare, anche a prezzo dell’anima, il guadagno , ormai preso nei vortici di una decomposizione pestilenziale.
Con grande pessimismo l ‘anonimo afferma forse sarebbe preferibile per noi essere soggetti che liberi… in modo che le brame liberate dalle sbarre potessero scatenarsi ed appiccare il fuoco al mondo intero (Ibidem,10) .
Egli,poi ,tristemente conchiude: la rovina del nostro tempo è l’indifferenza (rathumia)in cui tutti ad eccezione di pochi, passiamo la vita senza fare ed intraprendere niente, se non per la lode e il piacere, ma non per una qualche utilità degna di emulazione ed onore ( Ibidem 11). La conclusione scettica generalizzata potrebbe rinviare a L’ebrietà (190-203)di Filone (dove si parla della inconsistenza della conoscenza sensibile e della necessità di sospendere il giudizio, data la precarietà conoscitiva umana e considerato il relativismo filosofico ) ed anche a La piantagione di Noé( 146-148 e 154-159)( dove si tratta della morte fisica e morte spirituale secondo criteri tuzioristici e fini libertari e patri e sulla possibilità di ebrietà per il sapiente).
Filone infatti afferma : gli uomini attuali , salvo una rara parte, non condividono gli stessi ideali e valori degli antichi con cui contrastano, dissentono nei pensieri e nelle azioni I contemporanei hanno ridotto quei pensieri sani e forti, tipici degli antichi in uno stato di irreversibile decadenza e depravazione, sostituendo alla vigoria fisica e alla forma atletica niente altro se non la malattia… .
La stessa struttura dialogica della conclusione del Sublime, lo stesso linguaggio scettico, lo stile altamente retorico rinviano al filosofo alessandrino,che potrebbe essere uno della cerchia dei filosofi , che si lamenta dell’ ingiustizia subita davanti al giudice Caligola, imprigionato dalla propaganda alessandrina e tenuto quasi in ostaggio dal clan di Elicone e di Apelle (Legatio ad Gaium 203,205 ed altri) dominante a corte nel 4Od.C.
Noi riteniamo che l’intuizione di A. Rostagni su Filone considerato il filosofo che parla con l’anonimo scrittore sia possibile : molti sono i tratti per l’identificazione in tale senso e per la datazione dell ‘opera in epoca caligoliana . ( A ROSTAGNI,”Il sublime” nella storia dell’estetica antica in” Ann. Sc. Norm. Super. Pisa” (1933) e Anonimo del Sublime, Testo trad. e nn. di A. Rostagni Agg. di L Belloni, Milano 1982)
Nel corso del nostro lavoro su Filone ci proponiamo infine di meglio relazionare in questo senso, producendo ulteriori prove storiche .


Angelo Filipponi


Vita di Filone

Filone è un Alessandrino, di stirpe giudaica, famosissimo nel I secolo dopo Cristo e per la sua speculazione platonica , per la sincresi culturale ellenistico-giudaica e per la sua attività politica1.
E’ quasi certamente di famiglia sacerdotale perché suo fratello Alessandro Lisimaco ha la carica di Alabarca 2., capo della comunità giudaica (ecclesia) scismatica di Alessandria 3, discendente diretto di quell’Onia, sadoqita,4. che, nel 145 , fuggito da Gerusalemme e venuto in Egitto, ebbe da Cleopatra II e Tolomeo VI 5 la possibilità di esigere le tasse dai giudei egizi e di fondare il tempio di Leontopoli,nel demo di Eliopoli, pur rimanendo ancora vincolato al tempio di Gerusalemme. 6.
La funzione svolta da Onia IV in senso commerciale ed ecumenico sembra confermata dalla documentazione numismatica di Seleucia sull’Eulaios, da cui si rileva la fine del commercio via Seleucia sul Tigri ed Antiochia e l’inizio di un’altra via per Alessandria.7.
La famiglia di Filone detiene il monopolio del commercio tra est -ovest e congiunge l’oriente con Roma direttamente tramite le navi alessandrine che garantiscono i rifornimenti : vende grano e derrate alimentari , mediante gli emporia, distribuiti in tutto il Mediterraneo, smercia preziosi e ogni genere voluttuario tramite anche i giudei del regno partico, da decenni collegati con i giudei alessandrini, che avevano deviato il commercio orientale da Antiochia ad Alessandria 8
Il titolo di Alabarca, sovrintendente al sale, è una carica propria del sommo sacerdote del tempio giudaico egizio, che svolge attività commerciale come emporos,che riscuote le tasse , le conserva nella sua banca di Alessandria per poi inviare il denaro al tempio di Gerusalemme e al fisco imperiale.9
La carica del fratello di Filone ha un significato politico ed economico che sottende una serie di rapporti tra la famiglia imperiale giulio-claudia e la comunità alessandrina giudaica. 10.
I rapporti tra il giudaismo alessandrino e Tiberio sono sicuramente ottimi 11 come quelli con Augusto 12, che aveva sancito la superiorità giudaica rispetto alla etnia greca ed egizia, confermando i prostagmata lagidi.13
Fin da Tolomeo Filadelfo la comunità alessandrino-giudaica ,numerosa, aveva potuto osservare la Torah, svolgere le proprie funzioni religiose e vivere serenamente e prosperare secondo un proprio politeuma 14
Dalla lettera di Aristea a Filocrate 15 si conoscono i difficili rapporti con le altre etnie , ma anche la florida posizione sociale dei giudei Alessandrini che occupano i posti di rilievo nell’amministrazione Lagide , mantenuti poi in quella romana: Giuseppe Flavio in Contra Apionem e in Antichità Giudaiche mostra chiaramente la fortunata condizione dei giudei alessandrini.16
E Filone stesso in In Flaccum e poi in Legatio ad Caium mostra come in Egitto viva un milione di giudei e che nella sola Alessandria ci siano 500.000 circoncisi ed abitano nelle zone migliori della città.17.
Tutto cambia con la morte di Tiberio e l’avvento di Caligola : il governatore Flacco, tiberiano, è sostituito, ma prima della sostituzione tenta di salvarsi appoggiando elementi greci ed egizi filocaligoliani.18.
E’ la guerra civile perchè i giudei sono costipati in una sola zona e lì rinchiusi, mentre le loro case sono date al saccheggio.19.
Nella guerriglia viene massacrata la comunità: non si conosce il numero dei morti, ma si crede che circa un decimo della popolazione viene variamente uccisa20
La situazione permane ,nonostante l’intervento di Erode Agrippa, educator di Caio Caligola, re di Iturea e Traconitide , venuto in Alessandria, senza clamori, dagli amici Filone e Alessandro, ancora non coinvolti nell'eccidio , data la loro speciale cittadinanza alessandrina e romana 21. La successiva ambasceria a Caio Caligola , che ha come capodelegazione Filone, non ha effetto in quanto ormai vige il culto dell’imperatore come Dio, assimilato a Zeus 22: c’è perfino l’ ordine a PetronioTurpiliano(governatore di Siria) 23d’installare il colosso imperiale nel tempio stesso di Gerusalemme e di annientare i Giudei di Palestina, in caso di ribellione.24
Inoltre nella corte dominava ancora di più l’elemento egizio e quindi la voce di Apione25, era ascoltata e lo stesso fratello di Filone, Alessando Lisimaco, colpito da atimia , veniva deposto ed imprigionato 26
La morte di Caligola ,ucciso da Cassio Cherea 27.,salva il giudaismo, che riprospera grazie a Claudio 28, che ripristina l’editto di Augusto e riconferma i prostagmata lagidi, mentre già era stato liberato l’alabarca grazie ad un intervento diretto di Erode Agrippa, che aveva ottenuto sia l’ex tetrarchia di Filippo che quella di Erode Antipa29
Filone fa cenni sulla sapienza e giustizia di Claudio, ma sembra che abbia visto solo i primi anni del suo impero..
La sua morte dovrebbe essere collocata prima della morte di Erode Agrippa, morto nell’estate del 44, dopo aver celebrato il ritorno trionfale dell’imperatore dalla Britannia.30.
Probabilmente Filone , già oltre sessantenne, muore tra il 41 e 44.
Sappiamo da Flavio inoltre che Filone é un po' più anziano di Agrippa ,che era nato il 10 a. c. e perciò possiamo stabilire la sua nascita prima di tale data.
Inoltre sappiamo che Filone si definisce membro più anziano dell’ambasceria a Gaio, e che il limite di età per un ambasciatore era di 65 anni ;perciò riteniamo che la sua nascita debba essere fissata tra il 25 e 20 a. c.
Non si conoscono altre notizie sulla sua attività : dalla sua opera si conosce qualche episodio della sua vita quotidiana(amore per il teatro, frequentazione del circo e dei pancraziasti, viaggi in Grecia, in Asia) oltre al massacro dei Giudei nel 38 ad Alessandria ,oltre all’ambasceria a Caio Caligola e forse ad un altro viaggio a Roma sotto Claudio.32
Da Giuseppe Flavio si rilevano la grandezza del personaggio, la sua funzione di capo delegazione nell’ambasceria e la sua opposizione ad Apione33.
Le notizie di Eusebio 34.sono derivate da Filone stesso e da Giuseppe Flavio e perciò di scarso valore storico ;i riferimenti, a partire da Clemente Alessandrino ed Origene fino ad Ambrosio Girolamo, Agostino ,sono anch’essi poco attendibili , perché di seconda mano.35.

Note

1 Filone ha una cultura certamente di base platonica ma essendo giudeo,ellenista, fonde platonismo e lettura biblica, secondo la tradizione allegorica farisaica 2 Su suo fratello , Alabarches alabarca, daziere di Egitto e sommo sacerdote si hanno molte notizie dirette da Giuseppe Flavio (Ant. Giud. ,XVIII,159,259 XIX,276 XX,100) e da Filone ( Alexander)ed indirette tramite la figura di suo figlio Tiberio Alessandro, governatore di Giudea e poi di Egitto ed infine grande elettore di Vespasiano, celebrato con una statua a Roma (Giovenale Satire)
Probabilmente era anche etnarca dei giudei di Alessandria, che decideva le controversie ed aveva la supervisione delle ordinanze e dei contratti ( la notizia è di Strabone riportata da G.Flavio in Ant. Giud.XIV, 7,117) CfrPAULY_WISSOWA,Realencyclopaedie der klassischen Altertumswissenschaft. Sulla funzione dell'alabarches cfr. ROSTOVTZEFF " Roemische MItt.", XII (1887( p.75 ss.e ROSTOVTZEFF-WELLES,"YaleClass. Studies" II (1931).p.50
3 La chiesa di Alessandria doveva essere scismatica da Gerusalemme ; infatti aveva un suo sinedrio, un suo tempio,una sua bibbia(quella dei Settanta) un suo sommo sacerdote che rivendicava ai sadducei il sommo pontificato in quanto discendente di Onia IV.
4Su Onia IV che dopo la morte dello zio Menelao e dopo l’elezione illegittima di Alcimo fugge in Egitto cfr. G. Flavio ,Ant. Giud. XII.387 e XIII,62 e Guer. Giud.VII,423-432 Cfr E . BICKERMAN in « ZNW »,32,1933 4
4 Rispetto ad Alcimo , fatto sacerdote da Lisia, generale di Antioco V Eupatore, senza avere parentela con la famiglia del sommo sacerdote ,discendente da Sadoc, Onia era l’erede legittimo
5 Specie con Cleopatra che era in lotta col figlio Tolomeo Lathyro ,i figli di Onia IV, Helchias ed Anania, fecero carriera diventando capitani (Ant. Gud, XII, 267,349,354) In seguito alcuni giudei, forse nipoti di Helchias,di nome Onia e Dositeo, hanno la stessa carica ( Contra Apionem II,5,48)
6 Il tempio di Leontopoli fu abbatutto da Vespasiano, pochi mesi dopo quello di Gerusalemme perché non sostituisse quello della città santa,come centro di aggregazione(Guerrra Giudaica,VII,421)
7.cfr G. Le Rider, Souse, sous les Séleucides et les partes, Paris 1965
8.cfr. Ant. Giud: XIV,18 e St. Giud. VII,10
9 Sull’alabarca e la sua funzione di collettore di tasse cfr Guer.Giud .V,205-6
10 cfr. A.F. Il Giudaismo romano ,opera inedita abbiamo mostrato la funzione degli Oniadi tra giudaismo e primissimo cristianesimo sia durante l’epoca cesariana ed augustea che durante il regno di Erode Agrippa 37-44 d.c.
11Tiberio aveva rapporti con l’alabarca non solo per l’esezione delle tasse ma anche per motivi familiari( il banchiere di Alessandria era il curatore dei beni di sua cognata Antonia ………………………)
http://www.angelofilipponi.com/html/De_ ... Filone.php

Buon anno a tutti amici Cecco

28/02/2010, 05:07

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Da un capolavoro del Sig. Emilio Salsi

dal suo libro "Giovanni il nazireo detto Gesù Cristo e i suoi fratelli." http://www.vangeliestoria.eu


Colui che comprenderà è una persona intelligentissima.
Complimenti!!! Io ho fatto una fatica bestiale e solo dopo molto tempo!!


La grande falsificazione di Gamaliele dagli Atti degli Apostoli 5,34


Dimostrazione che l'intervento di Gamaliele è un falso, non tanto perchè è stato invertito dai falsari cronologicamente, l'esistenza di Tèuda con Giuda il Galileo, suo padre, ma perchè hanno fatto dichiarare a Gamaliele, davanti al Sinedrio che Tèuda, un guerrigliero comandante di quattrocento sovversivi era stato ucciso, quando invece era ancora vivo.


Il racconto dell'intervento di Gamaliele davanti al Sinedrio, precede negli Atti degli Apostoli, addirittura l'arresto e la morte di Stefano, considerato, il primo martire della chiesa. Quindi nessun Apostolo, sicuramente era stato ancora ucciso.

Sia la logica, sia il racconto dicono che tutti, ma proprio tutti gli apostoli erano ancora vivi. Infatti tutti gli apostoli vengono imprigionati e gettati in prigione. Nella notte un angelo del Signore li libera, ma vengono nuovamente, catturati e condotti davanti il Sinedrio e interrogati dal sommo sacerdote.

Qui un fariseo di nome Gamaliele, dottore della legge, stimato da tutto il popolo, afferma davanti a tutti i presenti del Sinedrio, tra le altre cose, che Tèuda il rivoluzionario è morto, cosa certamente impossibile cioè falsa.

Infatti noi sappiamo leggendo Antichità Giudaiche 2 a cura di Luigi Moraldi - edizioni Utet - libro 20,5, 98 pag. 1231,che Tèuda fu catturato e poi ucciso, tagliandogli la testa, dai soldati romani, quando il loro capo, era Fado, procuratore in Palestina dal 44 al 46 d.c..

Il procuratore Fado fu inviato in Palestina, dall'imperatore Claudio, dopo la morte del re Erode Agrippa nel 44 d.C..

Ora, secondo la narrazione degli Atti degli Apostoli, l'apostolo Giacomo, fu ucciso di spada in base agli ordini del re Erode Agrippa.


Constatando che al tempo dell'intervento nel Sinedrio di Gamaliele, tutti gli apostoli erano in vita, perchè il martirio di Giacomo sarà successivo, non può essere che Teuda sia già morto, perchè sappiamo che la sua morte avvenne per gli atti degli Apostoli, dopo quella di Giacomo.

Riassumendo:
Il racconto di Gamaliele al Sinedrio, avviene con tutti gli apostoli vivi, molto prima del martirio dell'Apostolo Giacomo.
Il martirio dell'apostolo Giacomo avviene per ordine di re Erode Agrippa al potere dal 37 al 44 d.c. (Atti degli apostoli 12,1)
Teuda viene ucciso dal procuratore romano Fado, che succede ad Agrippa, procuratore dal 44 al 46 d.c.

Quindi Gamaliele non può aver detto, nel momento in cui tutti gli apostoli erano vivi, che Theuda era morto, perchè la sua morte avverrà dopo quella dell'apostolo Giacomo.


Una volta accertata la falsificazione del racconto si può concludere che, l'apostolo Pietro non ha mai detto:"Bisogna obbedire a Dio invece che agli uomini. Il Dio dei nostri padri ha risuscitato Gesù, che voi avete ucciso appendendolo a una croce. Dio lo ha innalzato alla sua destra come capo e salvatore, per dare a Israele conversione e perdono dei peccati,. E di questi fatti siamo testimoni noi e lo Spirito Santo, che Dio ha dato a quelli che gli obbediscono" davanti al sinedrio, perchè collegato direttamente a tale avvenimento.

Una volta accertata la falsificazione del racconto si può concludere inoltre che, l'Apostolo Giacomo non fu ucciso di spada dal re Erode Agrippa, ma bensì fu crocifisso dal procuratore Tiberio Alessandrino dal 46 al 48 d. c., assieme al suo fratello Simone entrambi figli di Giuda il Galileo, come riportato da Giuseppe Flavio in Antichità Giudaiche 2 a cura di Luigi Moraldi - edizioni Utet - libro 20,5, 102 pag. 1231

Di conseguenza Simon Pietro non diventerà mai, il primo papa a Roma, come vorrebbe la chiesa.Di certo, non ci sono stati gli interventi degli angeli, né per la liberazione degli apostoli, inerente al falso intervento di Gamaliele né per la liberazione di Pietro imprigionato da Re Erode Agrippa.


Un caro saluto.
Ultima modifica di Giovanni dalla Teva il 28/02/2010, 05:15, modificato 1 volta in totale.

28/02/2010, 16:54

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Da un capolavoro del Sig. Emilio Salsi


dal suo libro "Giovanni il nazireo detto Gesù Cristo e i suoi fratelli." http://www.vangeliestoria.eu


un mio piccolo riassunto



Colui che comprenderà è una persona intelligentissima.

Complimenti!!! Io ho fatto una fatica bestiale e solo dopo molto tempo!!




La grande falsificazione di Gamaliele dagli Atti degli Apostoli 5,34


Dimostrazione che l'intervento di Gamaliele è un falso, non tanto perchè è stato invertito dai falsari cronologicamente, l'esistenza di Tèuda con Giuda il Galileo, suo padre, ma perchè hanno fatto dichiarare a Gamaliele, davanti al Sinedrio che Tèuda, un guerrigliero comandante di quattrocento sovversivi era stato ucciso, quando invece era ancora vivo.

Il racconto dell'intervento di Gamaliele davanti al Sinedrio, precede negli Atti degli Apostoli, addirittura l'arresto e la morte di Stefano, considerato, il primo martire della chiesa. Quindi nessun Apostolo, sicuramente era stato ancora ucciso.

Sia la logica, sia il racconto dicono che tutti, ma proprio tutti gli apostoli erano ancora vivi. Infatti tutti gli apostoli vengono imprigionati e gettati in prigione. Nella notte un angelo del Signore li libera, ma vengono nuovamente, catturati e condotti davanti il Sinedrio e interrogati dal sommo sacerdote.

Qui un fariseo di nome Gamaliele, dottore della legge, stimato da tutto il popolo, afferma davanti a tutti i presenti del Sinedrio, tra le altre cose, che Tèuda il rivoluzionario è morto, cosa certamente impossibile cioè falsa.

Infatti noi sappiamo leggendo Antichità Giudaiche 2 a cura di Luigi Moraldi - edizioni Utet - libro 20,5, 98 pag. 1231,che Tèuda fu catturato e poi ucciso, tagliandogli la testa, dai soldati romani, quando il loro capo, era Fado, procuratore in Palestina dal 44 al 46 d.c..

Il procuratore Fado fu inviato in Palestina, dall'imperatore Claudio, dopo la morte del re Erode Agrippa nel 44 d.C..

Ora, secondo la narrazione degli Atti degli Apostoli, l'apostolo Giacomo, fu ucciso di spada in base agli ordini del re Erode Agrippa.


Constatando che al tempo dell'intervento nel Sinedrio di Gamaliele, tutti gli apostoli erano in vita, perchè il martirio di Giacomo sarà successivo, non può essere che Teuda sia già morto.

Riassumendo:
Il racconto di Gamaliele al Sinedrio, avviene con tutti gli apostoli vivi, molto prima del martirio dell'Apostolo Giacomo.
Il martirio dell'apostolo Giacomo avviene per ordine di re Erode Agrippa al potere dal 37 al 44 d.c. (Atti degli apostoli 12,1)
Teuda viene ucciso dal procuratore romano Fado, che succede ad Agrippa, procuratore dal 44 al 46 d.c.

Quindi Gamaliele non può aver detto, nel momento in cui tutti gli apostoli erano vivi, che Theuda era morto, perchè la sua morte avverrà dopo quella dell'apostolo Giacomo.

Una volta accertata la falsificazione del racconto si può concludere che, l'apostolo Pietro non ha mai detto:"Bisogna obbedire a Dio invece che agli uomini. Il Dio dei nostri padri ha risuscitato Gesù, che voi avete ucciso appendendolo a una croce. Dio lo ha innalzato alla sua destra come capo e salvatore, per dare a Israele conversione e perdono dei peccati,. E di questi fatti siamo testimoni noi e lo Spirito Santo, che Dio ha dato a quelli che gli obbediscono" davanti al sinedrio, perchè collegato direttamente a tale avvenimento.

Una volta accertata la falsificazione del racconto si può concludere inoltre che, l'Apostolo Giacomo non fu ucciso di spada dal re Erode Agrippa, ma bensì fu crocifisso dal procuratore Tiberio Alessandrino dal 46 al 48 d. c., assieme al suo fratello Simone entrambi figli di Giuda il Galileo, come riportato da Giuseppe Flavio in Antichità Giudaiche 2 a cura di Luigi Moraldi - edizioni Utet - libro 20,5, 102 pag. 1231

Di conseguenza Simon Pietro non diventerà mai, il primo papa a Roma, come vorrebbe la chiesa.Di certo, non ci sono stati gli interventi degli angeli, né per la liberazione degli apostoli, inerente al falso intervento di Gamaliele né per la liberazione di Pietro imprigionato da Re Erode Agrippa.

Inoltre va rimarcato che, come riportato da uno studio del 07/11/09, nella pagina 1 di questa stessa discussione, sempre il Sig. Emilio Salsi dimostra con l'analisi filogica che "Tèuda" non era un nome ebraico ma un attributo profetico al vero nome Giuda, un'altro figlio di Giuda il Galileo.


Un caro saluto.
Ultima modifica di Giovanni dalla Teva il 28/02/2010, 17:02, modificato 1 volta in totale.

07/03/2010, 09:08

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dal capolavoro di Emilio Salsi


dal suo libro "Giovanni il nazireo detto Gesù Cristo e i suoi fratelli." http://www.vangeliestoria.eu


mie semplici osservazioni


Tèuda fu il capo di un movimento rivoltoso, messianico in Giudea. Secondo lo storico ebreo Flavio Giuseppe; Teuda considerò se stesso un nuovo Giosuè che grazie al potere conferitogli da Dio avrebbe guidato la sua gente oltre il Giordano fino in Terrasanta, dando inizio a una nuova era per Israele, Fu ucciso dai romani circa nel 44 d.c..

(Antichità giudaiche 20,97-98).
"Durante il periodo in cui Fado era procuratore della Giudea, un certo sobillatore di nome Teuda persuase la maggior parte della folla a prendere le proprie sostanze e a seguirlo fino al fiume Giordano. Affermava di essere un profeta al cui comando il fiume si sarebbe diviso, aprendo loro un facile transito. Con questa affermazione ingannò molti. Fado però non permise loro di raccogliere il frutto della loro follia e inviò contro di essi uno squadrone di cavalleria che piombò inaspettatamente contro di essi uccidendone molti e facendone altri prigionieri; lo stesso Teuda fu catturato, gli mozzarono la testa e la portarono a Gerusalemme."

Teuda è anche citato nel Nuovo Testamento (Atti Apostoli 5,36-37);
“…prima d’ora sorse Teuda, dicendo di essere qualcuno; presso di lui si raccolsero circa quattrocento uomini; egli fu ucciso e tutti quelli che gli avevano dato ascolto furono dispersi e ridotti a nulla. Dopo di lui sorse Giuda il Galileo, ai giorni del censimento, e si trascinò dietro della gente; anch’egli perì e tutti quelli che gli avevano dato ascolto furono dispersi.”

dove però viene considerato antecedente a un altro ribelle, un certo Giuda, che guidò la propria tragica rivolta nel 6 d.c. ( quest'ultimo confermato da Flavio Giuseppe).

Questa discrepanza nella datazione di Teuda (NT, prima del 6 d.c..; Flavio Giuseppe, 44 d.c..) perchè i lettori non dovevano comprendere che questo Teuda era invece il figlio di Giuda il Galileo, e precisamente uno dei suoi cinque figli: e quello di nome effettivo Giuda, che corrisponde esattamente al Giuda fratello di Gesù Nazareno per gli evangelisti Marco e Matteo:
Non è costui il falegname,il figlio di Maria, il fratello di Giacomo,di Giuseppe, [b]di Giuda e di Simone? E le sue sorelle, non stanno qui da noi? (Marco 6,3)

Non è egli forse il figlio dei carpentiere? Sua madre non si chiama Maria e i suoi fratelli Giacomo, Giuseppe, Simone e Giuda? (Mt. 13,55)[/b]


L'evangelista Marco scrisse i nomi dei fratelli del Gesù Nazareno, perchè non conosceva le opere di Giuseppe Flavio, e così pure l'evangelista Matteo che si limitò a copiare dal vangelo di Marco.

Solo con i nomi dei fratelli di Gesù che compaino in Marco e Matteo, confrontandoli con gli scritti di Giuseppe Flavio (anche attualmente, dopo le censure successive, figuriamoci prima delle censure) si riesce ad identificare i veri protagonisti storici dei vangeli, cioè i figli di Giuda il Galileo.

Tutto questo, gli evangelisti Marco e Matteo non lo potevano sapere o prevedere.

L'autore o gli autori degli Atti degli apostoli che scrivono avendo a disposizione sicuramente il vangelo di Marco (successivamente dichiarato canonico) e tutti gli scritti di Giuseppe Flavio, si accorse o si accorsero che confrontando:
Non è costui il falegname,il figlio di Maria, il fratello di Giacomo,di Giuseppe, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle, non stanno qui da noi? (Marco 6,3)
con gli scritti di Giuseppe Flavio, chiunque poteva comprendere che il mito di Gesù Nazareno il figlio di Dio, mutuato in parte, dall'epopea storica di un figlio di Giuda il Galileo, probabilmente il primogenito e probabilmente di nome Giovanni.

Allora, furono costretti a chiamare in causa Gamaliele, un fariseo, un dottore della legge, stimato da tutto il popolo a testimoniare davanti al Sinedrio (niente meno che il concilio dei capi degli Ebrei) che la famiglia di Giuda il Galileo e Teuda non avevano nulla a che fare con il mito del pacifico e mite Gesù Nazareno figlio di Dio e i suoi apostoli.

Per dimostrare inoltre che Teuda, cioè Giuda , non aveva nulla a che fare anche con Giuda il Galileo, (quando in realtà era suo figlio) lo fanno operare cronologicamente prima di Giuda suo padre, in modo tale che sia impossibile per il lettore comprendere che invece era il Figlio)


Ad esempio se Roberto è il padre di Pierino, e io voglio falsamente negarlo, devo dichiarare che Pierino è vissuto prima di Roberto, esattamente quello che fece, l'autore degli atti degli apostoli, con Giuda il Galileo e suo figlio Teuda.

Ricordiamo, che in tale periodo i cristiani non erano ancora in grado di falsificare le opere di Giuseppe Flavio, in quanto, alcune copie erano custodite negli archivi imperiali o in possesso di pagani, né potevano prevedere tale loro capacità di interpolazione o di censura, nel futuro.

Il far dichiarare a Gamaliele il falso, smascherò osservando le date storiche, il loro inganno.

Infatti il racconto di Gamaliele al Sinedrio, avviene con tutti gli apostoli vivi, molto prima del martirio dell'Apostolo Giacomo.

Ma poiché l'autore degli atti degli apostoli, dovette pure anticipare cronologicamente, la morte dell'apostolo Giacomo, sotto il re Erode Agrippa, al potere dal 37 al 44 d.c..
Altrimenti, il lettore avrebbe compreso con facilità, leggendo Antichità Giudaiche libro XX, 102[b]"Oltre a ciò, Giacomo e Simone, figli di Giuda Galileo, furono posti sotto processo e per ordine di Alessandro, vennero crocefissi; questi era il Giuda che — come ho spiegato sopra — aveva aizzato il popolo alla rivolta contro i Romani, mentre Quirìno faceva il censimento in Giudea." che i due figli di Giuda il Galileo corrispondevano ai due apostoli, cioè i due fratelli di Gesù Nazareno [/b]

Non è costui il falegname,il figlio di Maria, il fratello di Giacomo,di Giuseppe, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle, non stanno qui da noi? (Marco 6,3)

E poiché Teuda viene ucciso da Fado, che succede ad Agrippa, procuratore dal 44 al 46 d.c.
Quindi Gamaliele non può aver detto, nel momento in cui tutti gli apostoli erano vivi, che Theuda era morto, perchè la sua morte avverrà dopo quella dell'apostolo Giacomo. (autore di tale scoperta il grande storico, Sig. Salsi Emilio )

dal suo libro "Giovanni il nazireo detto Gesù Cristo e i suoi fratelli." http://www.vangeliestoria.eu


Un caro saluto a tutti e buona domenica.
Ultima modifica di Giovanni dalla Teva il 07/03/2010, 09:30, modificato 1 volta in totale.

09/03/2010, 20:26

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Quando frequentavo le elementari, la maestra mi insegnò la prova del nove che mi serviva a verificare se avevo eseguito esattamente una moltiplicazione per me abbastanza complessa.

Attualmente, studiando la composizione dei vangeli canonici (Marco, Matteo, Luca, Giovanni), ho osservato, cioè compreso la prova del nove, cioè la verifica a quanto sostenuto nell'intervento precedente.


Un caro saluto a tutti.
Ultima modifica di Giovanni dalla Teva il 09/03/2010, 20:41, modificato 1 volta in totale.

12/03/2010, 01:16

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Il sottoscritto scriveva:

L'evangelista Marco scrisse i nomi dei fratelli del Gesù Nazareno, perchè non conosceva le opere di Giuseppe Flavio, e così pure l'evangelista Matteo che si limitò a copiare dal vangelo di Marco.

Solo con i nomi dei fratelli di Gesù che compaino in Marco e Matteo, confrontandoli con gli scritti di Giuseppe Flavio (anche attualmente, dopo le censure successive, figuriamoci prima delle censure) si riesce ad identificare i veri protagonisti storici dei vangeli, cioè i figli di Giuda il Galileo.

Tutto questo, gli evangelisti Marco e Matteo non lo potevano sapere o prevedere.

L'autore o gli autori degli Atti degli apostoli che scrivono avendo a disposizione sicuramente il vangelo di Marco (successivamente dichiarato canonico) e tutti gli scritti di Giuseppe Flavio, si accorse o si accorsero che confrontando:
Non è costui il falegname,il figlio di Maria, il fratello di Giacomo,di Giuseppe, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle, non stanno qui da noi? (Marco 6,3)con gli scritti di Giuseppe Flavio, si poteva comprendere che il mito di Gesù Nazareno il figlio di Dio, era mutuato in parte, dall'epopea storica di un figlio di Giuda il Galileo, probabilmente il primogenito e probabilmente di nome Giovanni.




Chi aveva compreso tutto questo, fu certamente l'evangelista Luca o chi per lui.

Infatti, già nella Chiesa antica è stato notato che fra i primi tre vangeli esistono concordanze sbalorditive:
• presentano lo stesso contenuto;
• possiedono una struttura complessiva simile e, soprattutto nella seconda parte, la sequenza dei singoli capitoli corre parallela;
inoltre, si trovano addirittura passi dal testo identico.


Particolarmente sorprendente è che quasi tutto il vangelo secondo Marco — ovvero 630 su 661 versetti, il 95,3% — si ritrovi in Matteo.
Nel vangelo secondo Luca si ritrovano 550 su 661 versetti, l'82,3% del vangelo secondo Marco.



Sia Matteo sia Luca usano la struttura principale del vangelo di Marco per costruire la struttura portante del loro vangelo e poi copiano dalle altre fonti scritte anche modificandole nella forma letterale e contenutistica, ma in modo indipendente l’uno dall’altro e aggiungendo in alcuni casi anche altro materiale.

Nella stesura dei loro vangeli, Matteo e Luca utilizzano il vangelo secondo Marco come struttura portante. Organizzano i contenuti, che traggono dal vangelo secondo Marco prevalentemente secondo la sequenza che già trovano in Marco.

Da ciò emerge che il filo rosso comune che Matteo e Luca seguono è il vangelo secondo Marco, a tratti i tre vangeli concordano nella sequenza, nel contenuto e nella lettera, rivelando parallelismi in alcuni testi identici parola per parola.

Quando Luca scrisse il suo vangelo, aveva a disposizione oltre ad altri scritti:
Il vangelo di Marco, originario;
e anche i seguenti scritti originari di Giuseppe Flavio:
La guerra giudaica;
Le Antichità Giudaiche;
La vita
.


Ora l'evangelista Luca o chi per lui, quando scrisse il suo vangelo avendo come guida il vangelo di Marco, arrivando al punto in cui Marco elencava i nomi dei fratelli di Gesù Nazareno

"Non è costui il falegname,il figlio di Maria, il fratello di Giacomo,di Giuseppe, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle, non stanno qui da noi?" (Marco 6,3)

si accorse, che con gli scritti di Giuseppe Flavio, si poteva comprendere che il mito di Gesù Nazareno il figlio di Dio, era mutuato in parte, dall'epopea storica di un figlio di Giuda il Galileo, probabilmente il primogenito e probabilmente di nome Giovanni.


Perciò, l'evangelista Luca a differenza dell'evangelista Matteo che non dimostra di conoscere le opere di Giuseppe Flavio, non riportava i nomi dei fratelli del Gesù Nazareno, anzi in questo punto l'evangelista Luca non riporta neppure che il Gesù Nazareno avesse dei fratelli o sorelle.

Tutto appare più chiaro osservando questa tabella di sinossi.


cliccare sopra la tabella per ingrandirla, e poi cliccare sopra chiudi immagine ,angolino alto a sinistra della tabella, per ridurla. Grazie della vostra collaborazione

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166,45 KB




In questa tabella possiamo notare come Matteo e Luca, copiarono Marco, prima e dopo l'elencazione dei fratelli, ma pure come Luca si preoccupò di non riportare i nomi dei fratelli del Gesù Nazareno, perchè aveva compreso che con i nomi dei fratelli di Gesù che comparivano in Marco, confrontandoli con gli scritti di Giuseppe Flavio che Lui consultava anche per trovare del materiale da aggiungere al proprio vangelo, si riusciva ad identificare i veri protagonisti storici dei vangeli, cioè i figli di Giuda il Galileo.

Prossimamente potrò anche dimostrare, perchè l'evangelista Luca conosceva e utilizzava, gli scritti riportati precedentemente di Giuseppe Flavio.

Un caro saluto con massima stima e rispetto verso tutti e chiunque.
Ultima modifica di Giovanni dalla Teva il 12/03/2010, 01:56, modificato 1 volta in totale.

12/03/2010, 01:51

UN SALUTO AL CONTE CAPITANO JOANNI DA LE BANDE NERE !


zio ot [;)]
Ultima modifica di barionu il 12/03/2010, 01:52, modificato 1 volta in totale.

12/03/2010, 09:40

Per me molto importante perciò lo ripeto, eventualmente scusandomi con tutti se ho arrecato noia.


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Il sottoscritto scriveva:

L'evangelista Marco scrisse i nomi dei fratelli del Gesù Nazareno, perchè non conosceva le opere di Giuseppe Flavio, e così pure l'evangelista Matteo che si limitò a copiare dal vangelo di Marco.

Solo con i nomi dei fratelli di Gesù che compaino in Marco e Matteo, confrontandoli con gli scritti di Giuseppe Flavio (anche attualmente, dopo le censure successive, figuriamoci prima delle censure) si riesce ad identificare i veri protagonisti storici dei vangeli, cioè i figli di Giuda il Galileo.

Tutto questo, gli evangelisti Marco e Matteo non lo potevano sapere o prevedere.

L'autore o gli autori degli Atti degli apostoli che scrivono avendo a disposizione sicuramente il vangelo di Marco (successivamente dichiarato canonico) e tutti gli scritti di Giuseppe Flavio, si accorse o si accorsero che confrontando:
Non è costui il falegname,il figlio di Maria, il fratello di Giacomo,di Giuseppe, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle, non stanno qui da noi? (Marco 6,3)con gli scritti di Giuseppe Flavio, si poteva comprendere che il mito di Gesù Nazareno il figlio di Dio, era mutuato in parte, dall'epopea storica di un figlio di Giuda il Galileo, probabilmente il primogenito e probabilmente di nome Giovanni.




Chi aveva compreso tutto questo, fu certamente l'evangelista Luca o chi per lui.

Infatti, già nella Chiesa antica è stato notato che fra i primi tre vangeli esistono concordanze sbalorditive:
• presentano lo stesso contenuto;
• possiedono una struttura complessiva simile e, soprattutto nella seconda parte, la sequenza dei singoli capitoli corre parallela;
inoltre, si trovano addirittura passi dal testo identico.


Particolarmente sorprendente è che quasi tutto il vangelo secondo Marco — ovvero 630 su 661 versetti, il 95,3% — si ritrovi in Matteo.
Nel vangelo secondo Luca si ritrovano 550 su 661 versetti, l'82,3% del vangelo secondo Marco.



Sia Matteo sia Luca usano la struttura principale del vangelo di Marco per costruire la struttura portante del loro vangelo e poi copiano dalle altre fonti scritte anche modificandole nella forma letterale e contenutistica, ma in modo indipendente l’uno dall’altro e aggiungendo in alcuni casi anche altro materiale.

Nella stesura dei loro vangeli, Matteo e Luca utilizzano il vangelo secondo Marco come struttura portante. Organizzano i contenuti, che traggono dal vangelo secondo Marco prevalentemente secondo la sequenza che già trovano in Marco.

Da ciò emerge che il filo rosso comune che Matteo e Luca seguono è il vangelo secondo Marco, a tratti i tre vangeli concordano nella sequenza, nel contenuto e nella lettera, rivelando parallelismi in alcuni testi identici parola per parola.

Quando Luca scrisse il suo vangelo, aveva a disposizione oltre ad altri scritti:
Il vangelo di Marco, originario;
e anche i seguenti scritti originari di Giuseppe Flavio:
La guerra giudaica;
Le Antichità Giudaiche;
La vita
.


Ora l'evangelista Luca o chi per lui, quando scrisse il suo vangelo avendo come guida il vangelo di Marco, arrivando al punto in cui Marco elencava i nomi dei fratelli di Gesù Nazareno

"Non è costui il falegname,il figlio di Maria, il fratello di Giacomo,di Giuseppe, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle, non stanno qui da noi?" (Marco 6,3)

si accorse, che con gli scritti di Giuseppe Flavio, si poteva comprendere che il mito di Gesù Nazareno il figlio di Dio, era mutuato in parte, dall'epopea storica di un figlio di Giuda il Galileo, probabilmente il primogenito e probabilmente di nome Giovanni.


Perciò, l'evangelista Luca a differenza dell'evangelista Matteo che non dimostra di conoscere le opere di Giuseppe Flavio, non riportava i nomi dei fratelli del Gesù Nazareno, anzi in questo punto l'evangelista Luca non riporta neppure che il Gesù Nazareno avesse dei fratelli o sorelle.

Tutto appare più chiaro osservando questa tabella di sinossi.


cliccare sopra la tabella per ingrandirla, e poi cliccare sopra chiudi immagine ,angolino alto a sinistra della tabella, per ridurla. Grazie della vostra collaborazione

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In questa tabella possiamo notare come Matteo e Luca, copiarono Marco, prima e dopo l'elencazione dei fratelli, ma pure come Luca si preoccupò di non riportare i nomi dei fratelli del Gesù Nazareno, perchè aveva compreso che con i nomi dei fratelli di Gesù che comparivano in Marco, confrontandoli con gli scritti di Giuseppe Flavio che Lui consultava anche per trovare del materiale da aggiungere al proprio vangelo, si riusciva ad identificare i veri protagonisti storici dei vangeli, cioè i figli di Giuda il Galileo.

Prossimamente potrò anche dimostrare, perchè l'evangelista Luca conosceva e utilizzava, gli scritti riportati precedentemente di Giuseppe Flavio.

Un caro saluto con massima stima e rispetto verso tutti e chiunque.
Ultima modifica di Giovanni dalla Teva il 12/03/2010, 09:42, modificato 1 volta in totale.

12/03/2010, 19:19

Carissimo Giovanni

Intanto voglio darti un caro saluto, perche è da tempo interminabile, che questi saluti mancano alla nostra amicizia virtuale. In questi ultimi tempi sono molto occupato col mio nuovo lavoro da "am ha aretz". Nei ritagli di tempo mi dedico a qualche buona lettura. Siccome so che tu sei molto "ferrato" nella conoscenza dei vangeli, e ce ne dai dimostrazione, coi tuoi post sempre precisi e dettagliati, ti chiedo, il vangelo di Marcione, per te, che importanza ha? Sto leggendo qualcosa del filosofo e teologo tedesco, BRUNO BAUER, discepolo di Hegel. Bauer dice che i vangeli sono nati a Roma, e che il Marcione è stato il veicolatore del tutto, inventantosi anche l'apostolo delle genti.
Di nuovo un carissimo saluto Cecco

14/03/2010, 19:06

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Il Sig. Cecco scrive:
ti chiedo, il vangelo di Marcione, per te, che importanza ha?



Ciao carissimo amico Cecco, scusa per il ritardo, ma pure io devo guadagnarmi il pane con il sudore della mia fronte.

Che io sappia, Marcione scrisse una sola opera intitolata "Antitesi" che non ci è pervenuta, forse avrai sentito pure tu di una certa organizzazione trionfante anche sui metodi censori. Se ne sappiamo qualcosa è perchè i suoi numerosi avversari diventati successivamente ortodossi, lo riportarono per confutarlo.

In quei tempi, inizio II secolo, come successivamente, ognuno scriveva quello che voleva così riportava il grande Celso "(II, 26) E nemmeno, mentendo, riusciste a rivestire di credibilità le vostre invenzioni. (II, 27) Anzi, alcuni fedeli, come ubriachi che arrivano ad attaccar briga fra di loro, alterarono il testo orginario del Vangelo in tre e in quattro e in molti modi diversi e divulgare i rifacimenti, per aver modo di controbattere le confutazioni."

Questa è la chiara dimostrazione che i testi originari del Vangelo, derivano dalla falsificazione della verità, attraverso la fantasia umana.
Il Sig. Cecco scrive:
Sto leggendo qualcosa del filosofo e teologo tedesco, BRUNO BAUER, discepolo di Hegel. Bauer dice che i vangeli sono nati a Roma, e che il Marcione è stato il veicolatore del tutto, inventantosi anche l'apostolo delle genti.



Sinceramente non mi interesso, di dove sono stati scritti i vangeli, se non in alcuni casi particolari, il mio interesse è orientato ad esaminare il loro contenuto, molto spesso contradditorio.

Comunque, attualmente ho buoni motivi per ritenere che il vangelo di Marco, o chi per Lui, venne scritto a Roma, quello di Matteo, o chi per Lui, ad Alessandria e quello di Luca, o chi per Lui, in Acaia.

Un caro saluto a tutti.
Ultima modifica di Giovanni dalla Teva il 14/03/2010, 19:34, modificato 1 volta in totale.

14/03/2010, 22:41

anche io mi associo ai saluti al caro, carissimo Giovanni, cui va il merito in questo periodo di mantenere acceso il lume dell'interesse sul Cristo storico su queste pagine.
La soppressione dell'elenco dei nomi dei fratelli di Gesù in Luca, come ce lo mostri, è un fatto incontestabile nel suo significato e di ciò ti sono molto grato.
Ora sono curioso di vedere i parallelismi tra Vangelo di Luca e Giuseppe Flavio, come ci hai anticipato. E mi raccomando di concludere con la tua proposta di datazione del vangelo, da contrapporre a quella ufficiale, fatta risalire a quando Giuseppe ancora non aveva scritto Antichità o questa era stata scritta da poco e sicuramente non era disponibile nelle mani dell'evangelista o, come dici sempre giustamente tu, CHI PER LUI.
A presto
Iron Iko

15/03/2010, 04:51

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Un caro e grande saluto a Iron Iko, la cui presenza per me è sempre stata un motivo di conforto e di incoraggiamento nelle mie ricerche.

Il Sig. Iron Iko scrive:
La soppressione dell'elenco dei nomi dei fratelli di Gesù in Luca, come ce lo mostri, è un fatto incontestabile nel suo significato.


Pure io ne sono convintissimo, perchè avalla le conclusioni storiche del grande Emilio Salsi; dal suo libro "Giovanni il nazireo detto Gesù Cristo e i suoi fratelli." http://www.vangeliestoria.eu

Conclusioni che diventano incontestabili.



Il Sig. Iron Iko scrive:
Ora sono curioso di vedere i parallelismi tra Vangelo di Luca e Giuseppe Flavio, come ci hai anticipato.



Certamente.

Ora in base alle mie osservazioni tra il vangelo di Luca o chi per Lui e gli scritti di Giuseppe Flavio (Guerra Giudaica, Antichità Giudaiche e Vita) ho notato due tipologie di contatti;

a) Parallelismi, cioè copiature dell'evangelista Luca dagli scritti di Giuseppe Flavio;

b) Versetti di vangelo che compaiono solo in Luca, che vennero inseriti per allontanare, contrastare l'opinione dei lettori che potevano comprendere che il mito storico del Gesù Nazareno veniva mutuato in parte dall'epopea storica di un figlio di Giuda il Galileo, molto probabilmente il primogenito, molto probabilmente di nome Giovanni.



Tra il primo gruppo rientrano:

Il censimento;
Gesù tra i dottori del tempio;
I precipizi di Gamala;
La storia di Archelao con la parabola dei dieci servi.
Gesù pianse su Gerusalemme;
Inizi della vita pubblica;
La necessità della conversione;
Emmaus (la sua distanza da Gerusalemme
);


Nel secondo gruppo rientrano:

Le due spade;
I samaritani respingono Gesù;
Colloquio dei due discepoli sulla strada di Emmaus
.


Certamente per ognuno di questi episodi seguirà una trattazione.



Un caro saluto.
Ultima modifica di Giovanni dalla Teva il 15/03/2010, 04:58, modificato 1 volta in totale.
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