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MessaggioInviato: 10/10/2011, 23:32 
HALLORA !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

CECCO AL SOLITO ,

sei morbido e garbato come una raspa da falegname .

E Hannnah , riguardo allo scritto di Nunzio , ha detto una mezza verità :

ovvero , se Miccoli avesse documentato e relazionato il suo scritto si andava sulle 30000 pagine .


E' uno studio palesemente divulgativo .

Al contrario , negli studi di Filipponi , data la diversa impostazione , troverai tutti i riferimenti necessari .

Ci vuole tempo e pazienza .

Per la domanda orozobimbo continuo di là, appena ho un minuto ...

Sto facendo un trasloco di libreria . ( .... tipo Cheope ... )


zio ot [;)]



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MessaggioInviato: 10/10/2011, 23:41 
Cita:
barionu ha scritto:



HALLORA !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

CECCO AL SOLITO ,

sei morbido e garbato come una raspa da falegname .

E Hannnah , riguardo allo scritto di Nunzio , ha detto una mezza verità :

ovvero , se Miccoli avesse documentato e relazionato il suo scritto si andava sulle 30000 pagine .


E' uno studio palesemente divulgativo .

Al contrario , negli studi di Filipponi , data la diversa impostazione , troverai tutti i riferimenti necessari .

Ci vuole tempo e pazienza .

Per la domanda orozobimbo continuo di là, appena ho un minuto ...

Sto facendo un trasloco di libreria . ( .... tipo Cheope ... )


zio ot [;)]


Zio Ot, non preoccuparti, sono vaccinata. L'unico forum in cui non ho resistito era un forum crisitano sedicente tale...

Allora andiamoci a guardare Filipponi ma non mi dovete deviare troppo perché devo leggere il ibro di Pier tulip sul GEsù egiziano che è un'ipotesi che non mi dispiace, come già detto. Secondo me era egiziano-ebreo ma per il momento non mi sbilancio...



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MessaggioInviato: 11/10/2011, 00:55 
Cita:
Secondo me era egiziano-ebreo ma per il momento non mi sbilancio...

Sulla sua origine purtroppo si può dire ben poco.
Diciamo che poteva essere ebreo-egiziano ma gli indizi che fosse persiano-egiziano o solamente egiziano sono più forti.
Comunque, quando e se leggerai il mio libro, troverai un nome e diverse concordanze storiche e evangeliche, poi sta a te decidere se la mia proposta è accettabile (ti dico però che questa proposta non è fine a se stessa in quanto viene suffragata da moltiplici rilevanze scaturite dalla trattazione, e ti dico anche che è abbastanza destabilizzante per cui tieniti forte, per un cristiano sarebbe più accettabile l'ipotesi zelota).
Il mio libro è partito proprio da questo nome che mi è stato suggerito da Raimondo de' Sangro.
Per me Gesù era solo una favola e rigettavo per "fede" la sua risurrezione e non mi sarei mai sognato di iniziare un'indagine.
E quando l'ho iniziata non sapevo assolutamente dove sarei arrivato, ero solo guidato dalle risultanze di Rum Molh.


Ultima modifica di Pier Tulip il 11/10/2011, 01:05, modificato 1 volta in totale.


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Sono state scritte milioni di pagine per commentare i passi dei Vangeli, interpretandoli in modo letterale e per costruire impalcature teologiche o catechistiche; altri autori li hanno interpretati col fine di confutarli perché avevano individuato discrepanze e incongruenze nella narrazione: tutti sono caduti nell'errore di considerarli una testimonianza di fatti veramente accaduti. da KRST
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MessaggioInviato: 11/10/2011, 01:23 
Cita:
Pier Tulip ha scritto:

Cita:
Secondo me era egiziano-ebreo ma per il momento non mi sbilancio...

Sulla sua origine purtroppo si può dire ben poco.
Diciamo che poteva essere ebreo-egiziano ma gli indizi che fosse persiano-egiziano o solamente egiziano sono più forti.
Comunque, quando e se leggerai il mio libro, troverai un nome e diverse concordanze storiche e evangeliche, poi sta a te decidere se la mia proposta è accettabile (ti dico però che questa proposta non è fine a se stessa in quanto viene suffragata da moltiplici rilevanze scaturite dalla trattazione, e ti dico anche che è abbastanza destabilizzante per cui tieniti forte, per un cristiano sarebbe più accettabile l'ipotesi zelota).
Il mio libro è partito proprio da questo nome che mi è stato suggerito da Raimondo de' Sangro.
Per me Gesù era solo una favola e rigettavo per "fede" la sua risurrezione e non mi sarei mai sognato di iniziare un'indagine.
E quando l'ho iniziata non sapevo assolutamente dove sarei arrivato, ero solo guidato dalle risultanze di Rum Molh.




Questo non fa che aumentare la mia curiosità [:)].



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MessaggioInviato: 11/10/2011, 01:52 
Hanna cambia il tuo avatar, non mi piace, non ti corrisponde.
Prendine uno più gentile.



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http://KRST.iuppiter.eu

Sono state scritte milioni di pagine per commentare i passi dei Vangeli, interpretandoli in modo letterale e per costruire impalcature teologiche o catechistiche; altri autori li hanno interpretati col fine di confutarli perché avevano individuato discrepanze e incongruenze nella narrazione: tutti sono caduti nell'errore di considerarli una testimonianza di fatti veramente accaduti. da KRST
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MessaggioInviato: 11/10/2011, 07:33 
Carissima/o Hannah,

Hai letto 23 pagine su 419 e ti salta subito in mente:
Cita:
Mi dispiace dirlo ma finora non dimostra nulla

Almeno potresti fare i tuoi commenti denigratori dopo aver superato
almeno metà libro. Da parte mia, non intendevo ne ti ho offeso, leggi
attentamente quello che si evidenzia.
Cita:
Leggo quando "sono cristiana",
,
è proprio questo il vestito da togliere, perche interferisce su qualsiasi
ricerca, o lettura giusta ed onesta filo arpiolide, lo anteporrai sempre
davanti a qualsiasi cosa. Se ti ritieni da me affesa/o ti chiedo scusa.
Rispondendo alla tua domanda dico, non ho la "CAPA" di s. Costantino
il macellaio, salvato da codesta religione in confessione, ponendolo in
prima fila in paradiso, posto, da dove mai nessuno è tornato, neanchi lui.

Un sincero saluto da Cecco.


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MessaggioInviato: 11/10/2011, 08:04 
Cita:
Cecco ha scritto:

Carissima/o Hannah,

Hai letto 23 pagine su 419 e ti salta subito in mente:
Cita:
Mi dispiace dirlo ma finora non dimostra nulla

Almeno potresti fare i tuoi commenti denigratori dopo aver superato
almeno metà libro. Da parte mia, non intendevo ne ti ho offeso, leggi
attentamente quello che si evidenzia.
Cita:
Leggo quando "sono cristiana",
,
è proprio questo il vestito da togliere, perche interferisce su qualsiasi
ricerca, o lettura giusta ed onesta filo arpiolide, lo anteporrai sempre
davanti a qualsiasi cosa. Se ti ritieni da me affesa/o ti chiedo scusa.
Rispondendo alla tua domanda dico, non ho la "CAPA" di s. Costantino
il macellaio, salvato da codesta religione in confessione, ponendolo in
prima fila in paradiso, posto, da dove mai nessuno è tornato, neanchi lui.

Un sincero saluto da Cecco.



Premesso che mi riferivo a Miccoli e non a Filipponi, perché mi sa che postando in questa sezione ho creato un po' di confusione, io mi riferivo proprio allo stile. Non si può passare da un periodo all'altro da un personaggio all'altro, compiedno 10 passsaggi di versi in ogni pagina.

Non si può dire dopo 23 pagine? E perché no? Ho letto l'introduzione di Filipponi e si vede subito che c'è un abisso tra i due in termini di comprensibilità, chiarezza espositiva, ecc.

Non c'è bisogno di togliersi vestiti cristiani o meno. T'assicuro che rispetto alla contesto cattolico in cui sono nata e cresciuta il mio cristianesimo è diverso. Mi sono resa conto che non esiste un cristianesimo ma esistono più cristianesimi ahimè ed il mio ha ben poco a che fare con Costantino.

Del resto, nemmeno gli atei o gli arpiolidi tolgono i loro vestiti, visto che ogni volta si tira in ballo l'aspetto istituzionale della chiesa cattolica, di cui, come si dice a Roma, non me pò fregà de meno... [:)]

Così come il discorso della nascita, per me Gesù potrebbe essere nato dovunque, essersi sposato, aver avuto figli, ecc. non cambierebbe la sostanza...

Ci sono esseri umani che "ammorbano" l'ambiente rilasciando un'energia negativa che rimbalza un po' dovunque e, purtroppo, parte di essa rimane anche dopo la morte. La stessa cosa ma al contrario, succede con chi ha un altro tipo di energia e non sono molti...
Nel mondo scientifico c'è un assunto che dice che l'energia non si crea e non si distrugge ma si trasforma...anche per questo m'interessa molto leggere il libro di Pier Tulip, visto che è un professore di fisica e visto che si è interessato anche a Severo di Sangro, noto alchimista.



Non mi sono offesa e di che? C'è zio ot che mi fa da angelo custode [:141] temendo che mi possa turbare: lo ringrazio per gli interventi a mio favore ma sta tranquillo, sentiti libero di esprimerti.


Ultima modifica di Hannah il 11/10/2011, 08:11, modificato 1 volta in totale.


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MessaggioInviato: 11/10/2011, 08:13 
Cita:
Pier Tulip ha scritto:

Hanna cambia il tuo avatar, non mi piace, non ti corrisponde.
Prendine uno più gentile.


Lo so che non mi corrisponde ma è un po' il simbolo della campagna anti bavaglio. Speriamo che non ci sia più bisogno di usarlo e torno a quello precedente.[:)]



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MessaggioInviato: 11/10/2011, 12:35 
Per i lettori , il mio caro amico Nunzio Miccoli è sostanzialmente un

DIVULGATORE , VEDI L' INCREDIBILE MOLE DI TEMI AFFRONTATI

NEL SUO SITO.

Ogni sua pagina necessita di 50/100 pagine di specifiche in note .

Angelo Filipponi concentra da subito le sue ricerche in un ambito storico-filologico .


zio ot [;)]



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MessaggioInviato: 02/12/2011, 18:55 
http://www.ultimabooks.it/g-flavio-antichita-giudaica-i
le opere di Filipponi possono primeggiare nelle nostre librerie

saluti.


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MessaggioInviato: 10/12/2011, 11:45 
Cita:
Cecco ha scritto:

http://www.ultimabooks.it/g-flavio-antichita-giudaica-i
le opere di Filipponi possono primeggiare nelle nostre librerie

saluti.



Si tratta di Antichità Giudiche Parte 1.


La nota di presentazione di Fillipponi :

L’opera di Antichità Giudaiche di Giuseppe Flavio mi ha accompagnato per oltre venti anni dal 1980 al 2000, cercando di documentarmi e di operare sul testo, convinto che un testo non arrivi integro e che presenti,

comunque, nonostante le edizioni critiche, pur ottime, sempre parti oscure, mal tramandate, tratte da codici diversi ed assemblati alla meglio da studiosi, più o meno condizionati nella loro formazione.


Inoltre, avendo già affrontato il problema del testo di autore con Filone di Alessandria (su testo di Wendland e su quello di Hoeschelius –Turnebus, 1614, con traduzione latina, e con qualcuna, cinquecentesca, di Sigismondo Gelenio) mi sono accorto che la trascrizione testuale non sempre è fedele, ma spesso è piegata a seconda dell’utenza, del critico e dell’epoca di edizione e anche della formazione dei traduttori.


Perciò il lavoro sul testo di Flavio, seppure scrupoloso, nei limiti della mia preparazione e della mia isolata operazione, senza supporti accademici, alla fine si è risolto solo in una traduzione mirata in senso linguistico e storico: ho così trascurato il vaglio e l’esegesi delle testimonianze dirette e derivate dei codici esistenti, circa l’archetipo dei manoscritti greci, relativo ai primi dieci libri.


Inoltre, non ho potuto seguire, neanche forse ne sarei stato capace, la lecsis delle singole famiglie, gruppi e sottogruppi testuali e mi sono attenuto prima a I. Bekker ((Flavii Josephi opera omnia, 6 volumi, Lipsia 1855-56) e poi a Samuel A. Naber (Flavii Josephi opera omnia, Lipsia 1888-1896) che ne aveva ripreso il metodo, seguendone l’indirizzo, lasciando aperte soluzioni, con rimandi a codici scartati e permettendo ricostruzioni sulla base delle note in appendice.


Ed infine ho accettato le risultanze generali di Benedictus Niese (Flavii Josephi opera, 7 volumi Berlino 1885-95), fornito di un grande apparato critico, ben studiato ed elaborato da Etienne Nodet (Flavius Josèphe, Les Antiquités juives I-3, Du Cerf , 1992) che ha fatto un egregio lavoro, lodevole sia sul piano critico-esegetico che su quello specifico della traduzione.


Comunque, ho pure seguito, dove mi è stato possibile, H.Schreckenberg, Rezeptionsgeschichtliche und Textkritische Untersuchungen zu Flavius Josephus, Leida 1977, che sembra avere un altro approccio, diverso da quello di Niese e di Bekker–Naber.

Ho scelto il testo di Samuel Naber, ma avrei potuto scegliere quello di Niese, in quanto ho tradotto solo per capire meglio il lessico del Nuovo Testamento e confrontarlo con quello di Flavio e di Filone.

Ho cercato di reperire quando mi è stato possibile o di leggere in biblioteche, per confrontare il mio lavoro con traduzioni in italiano (Antichità Giudaiche, Pietro Lauro Modenese Venezia 1544 ed altri ), in inglese (Loeb Classical Library, 1930-65 ) e in francese (Reinach, 1900-1932) e in ebraico (Shalit, Gerusalemme 1944).


Ultima modifica di barionu il 10/12/2011, 11:47, modificato 1 volta in totale.


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Secondo tutti gli studiosi non di parte cattolica quel passo è interpolato, per cui...



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Mi spinsi nel futuro quanto mai occhio umano, le meraviglie vidi di quel mondo lontano

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«All’Italia è mancata una riforma protestante e una sana borghesia calvinista»
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http://www.angelofilipponi.com/html/L'e ... _Regno.php


2 Commento del XVIII libro di Antichità Giudaiche




...La politica estera orientale subisce un arresto totale per un quinquennio: non ci sono più coordinamenti tra il centro e la provincia di Siria; la morte di Pomponio Flacco poi misteriosa, all’inizio del 33, aumenta la confusione e crea un clima ad Antiochia solo di difesa, con le legioni probabilmente acquartierate e senza compiti, se non di una generica difesa del confine dell’Eufrate, mentre è predominante la propaganda partica, è pressante la predicazione dell’avvento del Regno dei cieli, danielico ed inizia la riscossa giudaica proprio quando soffia una ventata di antiellenismo in tutte le zone di lingua aramaica.



Abbiamo ipotizzato, perciò, una maggiore connessione giudaica tra i giudei aramaici dell’impero romano e quelli partici, favorita anche dal messaggio degli esseni antisadducei ed antiromani: forse in quei cinque anni prima dell’ingresso di Vitellio a Gerusalemme si era verificato una rivoluzione vittoriosa con l’appoggio partico e l’instaurazione del Nuovo patto di Alleanza in Gerusalemme, con Jehoshua Barnasha Mashiah e maran!.


Tale ipotesi è stata, in un certo senso, suffragata da un ragionamento di Filone, messo in mente a Petronio, governatore di Siria, he nel 40 d.C. ha l’incarico di installare il colosso dell’imperatore nel tempio di Gerusalemme (Filone Legatio ad Gaium, 216-217).


Filone mostra il governatore, timoroso nell’eseguire l’ordine di Caligola non solo per la moltitudine di Giudei, abitanti la Giudea e tutta l’ecumene, seppure in molto sparso, sia nei continenti che nelle isole (parla di poluanthropia come già in Vita di Mosé,I, 149) ma anche per la massa di giudei residenti nella zona oltre Eufrate.


Secondo Filone, il governatore teme dunameis transeufratee, che lui conosce di fatto, perché controlla il transito delle processioni al tempio di fedeli e di carri recanti oro ed argento, come tributo inviato dai capi: il governatore sa della religiosità ebraica di adiabeni e mesopotamici e pensa ad una loro possibile unione e coalizione, tale da prendere l’esercito romano tra due fuochi (la stessa cosa è pensata anche da Agrippa II in Guer. Giud,II,389, quando dice che i giudei non devono aver speranze negli adiabeni).


In effetti il termine usato da Filone peira, fa pensare a prove, sebbene riferite alle vie di comunicazione tra il confine e il tempio, ma certamente il filosofo allude a relazioni di governatori precedenti, come Vitellio (della cui opera storica non abbiamo traccia).


Non si vuole con questo provare niente; si vuole solo indicare che ci sono non solo in Giuseppe ma anche in Filone possibilità di interpretazione di un collegamento tra giudei transeufratei e giudei dell’impero romano o per lo meno insinuazioni politiche che autorizzano letture di possibili coalizioni aramaiche antiromane.


Peccato che siano stati cancellati di proposito o cambiati con altri termini i segni di un più dettagliato rapporto tra aramaici di imperi diversi e specificamente sia stato oscurato questo Regnum di Jehoshua: storici che avevano scritto di questo periodo non ci sono tramandati e Tacito ha un buco dal VII a X (Cfr A. Filipponi. Giudaismo romano, cit) .


segue


Ultima modifica di barionu il 13/12/2011, 00:25, modificato 1 volta in totale.


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5)

Il V capitolo, con le sue tre parti, è un tentativo da parte di Flavio di mostrare la reale situazione nella tetrarchia di Erode Antipa e in quella di Filippo, e di rilevarne la sostanziale filoromanità degli erodiani e la loro connessione e dipendenza da Roma.

Perciò Flavio mostra come l’ambiente sia dominato apparentemente da amore per la romanitas, ma in effetti è pervaso da tensioni e da volontà di ribellione contro la politica imperiale antipartica ed antinabatea.

L’insieme, comunque, è da considerare in senso strettamente erodiano in quanto è scritto in modo propedeutico al bios di Erode Agrippa, il principale esponente filoromano, pur avendo un valore aggiuntivo, ulteriore, alla globale sofferenza del giudaismo.

Dall’episodio di Paolina in poi, Flavio rileva la sempre crescente tragedia giudaica (eteron ti deinon – una seconda cosa terribile; elaunesthai tes poleos – la cacciata da Roma; il thorubos –inquietudine- dei samaritani e la loro repressione -katastesis- a causa di una supposta apostasis; la sconfitta dell’esercito di Erode Antipa;

paure di metabolé, stasis e ti neoteron del tetrarca; passaggio di eserciti nel territorio giudaico ed ordine di sterminio dato a Petronio da Caligola, in caso di non accettazione del colosso in Gerusalemme, timore di subire polun.. phonon ed infine la terribile disgrazia - sumphora deiné- mai narrata nella storia partica).

Quindi Flavio ritiene che dalla rivoluzione di Giuda e poi dalla cacciata da Roma dei giudei del 19 d. C. (e del loro confinamento in Sardegna e del forzato arruolamento militare) inizi una sequenza di mali per il mondo giudaico.

Il massimo della tragedia sembra che si verifichi a Seleucia, da datare dopo il 40, ma già c’era stata quella di Alessandria, riferita da Filone nel 38, (in In Flaccum) rilevata anche da Flavio, che forse aveva già evidenziato altri eccidi giudaici oltre quelli commessi da Pilato nella entrata a Gerusalemme con le immagini e poi nella costruzione dell’acquedotto ed infine nel combattimento a Thirathana con i samaritani, oltre alla paura per l’installazione del colosso in Gerusalemme comandata a Petronio secondo gli ordini di Caligola.


Nella lettura di questo trentacinquennio, apparentemente, hanno rilievo positivo i due bioi quella di Giulio Erode Agrippa e quella di Asineo ed Anileo, ma a mio parere vi è sottesa un’altra vita quella di Jehoshua Barnasha non tramandata:

queste vite sono però exempla per una lettura morale ed anagogica per indicare che Dio ha sempre caro il suo popolo e che solo lui può salvarlo, anche tramite uomini insignificanti.

Flavio, dunque, facendo la situazione sul regno di Erode Antipa e vedendo la sua sconfitta militare ad opera di Areta IV, e mostrando le ragioni dell’odio tra i due monarchi, evidenzia come Dio abbia punito Erode per le sua cattiva azione e specificamente, per la morte di Giovanni il Battista.


Nel fare questa dimostrazione mette in luce due aspetti: uno di ordine politico estero ed uno interno.

Il primo evidenzia i rapporti difficili tra un tetrarca, praticamente dipendente, al pari di un procuratore di Roma e il regno semilibero, ma controllato dai romani, di Areta IV, che, da oltre un secolo è lasciato sopravvivere in quanto ha una funzione ausiliaria a quella delle tetrarchie,

in relazione alla precarietà della frontiera meridionale dell’Eufrate, non ancora sistemata (sarà Traiano a risolvere il problema nel 105 d. C.); il secondo evidenzia la situazione interna della Galilea e Perea e anche di tutte le regioni controllate da Filippo, compresa la Traconitide.


Gli screzi tra l’ex regno di Erode il grande ed Areta erano stati molti e si erano sopiti solo col matrimonio di Erode Antipa con Dasha figlia di Areta, stipulato realmente poco prima del 4 a. C. ed avvenuto qualche anno dopo questa data.


La questione territoriale di Gabala e il ripudio di Dasha, oltre forse all’uccisione di Giovanni, furono i motivi di una guerra, che non si poteva, né si doveva fare, perché ambedue i re erano sotto l’influenza romana e quindi erano in un certo senso confederati e interdipendenti, essendo coordinati dal governatore di Siria ai fini della difesa del fronte eufrasico.


segue


Ultima modifica di barionu il 13/12/2011, 00:37, modificato 1 volta in totale.


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La situazione della zona galilaica è connessa con quella nabatea, in quanto la Perea anche morfologicamente fa parte del Regno di Nabatea, che si estende oltre i monti che fiancheggiano la depressione del Mar Morto e il corso inferiore del Giordano.

La Nabatea aveva avuto un grande rilievo in senso commerciale nel II e I secolo avanti Cristo grazie alla sapienza di costruzione di tutto un popolo di scalpellini, che aveva scavato le montagne non solo di Petra ma di tante altre zone e che aveva creato un sistema di cisterne di raccolta dell’acqua piovana.

I suoi re avevano aperto le frontiere agli emporoi alessandrini, probabilmente giudaici, di stirpe oniade, avendo fatto deviare il commercio da Seleucia verso Damasco per la via del Mare (che conduceva a Cesarea Marittima, Gaza, Ascalona) verso Alessandria attraverso il territorio desertico, passando a sud del Mar Morto.

Essi assicuravano l’approviggionamento di viveri e di acqua per il difficoltoso viaggio per l’Egitto, irrealizzabile senza il loro aiuto: Cesare stesso ne aveva beneficiato tramite Erode il Grande, figlio di Antipatro e di Cipro, una principessa nabatea per poter giungere rapidamente e senza danni in Egitto. Ora invece il percorso era stato deviato, ritenuto più sicuro, verso il nord, e da Damasco passava lungo il lago di Tiberiade e da lì poteva arrivare al mare ( cfr. La fuga in Egitto in Jehoshua o Jesous, cit).


Negli ultimi anni del regno di iberio, Areta pur filoromano, ma attento a sfruttare ogni occasione per liberarsi del patronato romano, era stato forse attirato da Artabano, come tutti i giudei, popolari.


Dopo il trattato di Zeugma, Areta era rimasto isolato di fronte ai romani, e doveva pagare non solo di aver fatto guerra contro Erode senza autorizzazione, ma per probabili aiuti forniti ad Artabano in epoca postseianea e forse per azione rivoluzionaria, compiuta tramite santoni dell ‘area, come Giovanni Battista, da lui sicuramente venerato,

considerata l’ostilità di quest’ultimo nei confronti di Erode Antipa, condannato per il matrimonio con sua nipote Erodiade. Inoltre la relazione a Tiberio dei fatti di Gamalica e della guerra, era solo di Erode Antipa, lo sconfitto, abile e scaltro a fare la parte della vittima.


Il mandato di Tiberio a Vitellio è categorico: vivo o morto, Areta deve comparire davanti all’imperatore.
Chiaramente Tiberio vuole risolvere definitivamente il problema della Nabatea, ritenuta infida e inutile ai fini difensivi dell’impero, importante, invece per il fisco, se inglobata.


Se questa è la situazione politica generale, dal lato strettamente interno della tetrarchia di Erode Antipa, la figura di Giovanni il battista permette a Flavio di fare un punto situazionale tramite i timori del tetrarca, ormai fornito di scarso potere e timoroso di ogni evento, anche perché sorvegliato da tanti romani che gravitano a Tiberiade, compreso suo nipote- cognato Erode Agrippa, o al momento della morte di Seiano, o subito dopo la morte del potente ministro.


Egli teme che Tiberio possa punirlo, informato della sua politica non certo filotiberiana ma solo seianea, compromessa con tutti quei goetes, santoni, eremitici, di stampo esseno, protetti anche da Artabano.


Inoltre il Battista, vivente in un' area al confine tra la Nabatea e la Perea, protetto dalla popolazione locale, è un santone riverito da tutti e capace di convincere di ogni cosa i suoi fedeli, giovani che seguono la pratica nazirea e si purificano con il battesimo e come segno di metanoia fanno un cammino di vita ascetico militare, dopo l’iniziazione battesimale, sicuri della vittoria poiché facenti la volontà di Dio.


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