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 Oggetto del messaggio: Flavio e la morte di Giacomo
MessaggioInviato: 29/05/2011, 18:44 
Vorrei qualche chiarimento da chi ha maggiormente studiato Flavio su alcuni eventi narrati nel libro XX:

Libro XX:197 - IX, I.

Albino (62-64 d.C.) subentra a Festo.

Il re (Agrippa II) allontana Giuseppe dal sommo sacerdozio e lo sostituisce con Anano figlio del vecchio Anano.

Libro XX:200

Anano (convoca illegittimamente il Sinedrio) e condanna un tale Giacomo con altri che avrebbero agito contro la Legge.

Segue lo sdegno di alcuni giusti in: Libro XX:203

Albino biasima il comportamento di Anano e Agrippa II depone Anano dal sommo sacerdozio e lo sostituisce con Gesù figlio di Damneo (forse Giacomo era il fratello di questo Gesù?, Perché Anano si muove così velocemente? Perchè forse questo Giacomo poteva avanzare qualche pretesa? A mio avviso per agire così, la cosa doveva premergli parecchio)

Il Libro XX:205

Svela che c'erano dei rapporti non proprio "ortodossi" tra i procuratori, ex sommi sacerdoti, sommi sacerdoti stessi, insomma circolavano mazzette e gestivano il potere in modo violento (Libro XX:207) con accordi del tipo "do ut des", al punto che anche Gesù filgio di Damneo alla fine viene deposto dal re (Libro XX:213).

In questo quadro s'inserisce la citazione di "Giacomo, fratello di Gesù", è possibile che pure questo Giacomo [che probabilmente non c'entra niente con Gesù, soprannominato Cristo] fosse coinvolto in qualche faida per la lotta al sommo sacerdozio, ergo la preoccupazione di Anano per farlo fuori?

Grazie.


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MessaggioInviato: 29/05/2011, 20:25 
Carissimo "Chimofafà",
Questa è una perla del nostro Emilio:

Inserito il - 28/10/2009 : 19:42:20 Link diretto a questa risposta Mostra Profilo Invia Email Invia a Emilio Salsi un Messaggio Privato Aggiungi Emilio Salsi alla lista amici Rispondi Quotando

Un saluto a tutti i visitatori.

Dopo un paio di giorni di “oscurità digitale”, eccomi nuovamente nel forum pronto ad affrontare e dibattere il tema di comune interesse: la veridicità dei protagonisti del Nuovo Testamento attraverso la comparazione con la storiografia d’epoca.
Le persone cui devo delle spiegazioni sono il sig. Leviatan e il sig. marziano dresda 99, con quattro stellette e tanto di medaglia al valore. Prima approfondiamo “Giacomo il Minore”, ovvero l’Apostolo fratello di Gesù “detto Cristo” che, secondo la “storia ecclesiastica” e Robert Eisenman, (lo ho letto) fu il successore del Redentore e capo della Chiesa “assiso sul trono episcopale di Gerusalemme” come riferisce lo storico Eusebio di Cesarea.
Ma, innanzitutto, questo “fratello” di Gesù, è esistito veramente? E…fu martirizzato?
Provo a sottoporvi una analisi storiologica della testimonianza di Giuseppe Flavio: studio che ho già dibattuto con eminenti esegeti clericali … rimasti di stucco e incapaci di replicare.

Giacomo il Minore. I^ parte: sintesi.

Paleografi, papirologi, biblisti e filologi hanno svolto il loro lavoro ma l’enigma “Gesù Cristo”, Apostoli e Sacra Famiglia non sono riusciti a risolverlo o non vogliono. Adesso tocca agli storici analisti capaci di indagare, senza essere condizionati dalla fede, le vicende evangeliche calandosi nel contesto dell’epoca con una visione generale dei fatti.

Da “Antichità Giudaiche” XX, 197-203:
“Venuto a conoscenza della morte di Festo, Cesare (Nerone) inviò Albino come Procuratore della Giudea. Il re Agrippa poi allontanò dal sommo sacerdozio Giuseppe, detto Kabi figlio del sommo sacerdote Simone e gli diede come successore nell’ufficio il figlio di Anano, il quale si chiamava anche egli Anano. Con il carattere che aveva, Anano pensò di avere un’occasione favorevole alla morte di Festo mentre Albino era ancora in viaggio: così convocò i Giudici del Sinedrio e introdusse davanti a loro un uomo di nome Giacomo, fratello di Gesù, detto Cristo, e certi altri, con l’accusa di avere trasgredito la Legge e li consegnò perché fossero lapidati. Ma le persone più equanimi della città, considerate le più strette osservanti della Legge (i Giudici del Sinedrio) si sentirono offese da questo fatto. Perciò inviarono segretamente legati dal re Agrippa supplicandolo di scrivere una lettera ad Anano dicendogli che il suo primo passo non era corretto, e ordinandogli di desistere da ogni ulteriore azione. Alcuni di loro andarono incontro ad Albino che era in cammino da Alessandria informandolo che Anano non aveva alcuna autorità di convocare il Sinedrio senza il suo assenso. Convinto da queste parole, Albino, sdegnato, inviò una lettera ad Anano minacciandolo che ne avrebbe espiato la pena dovuta. E il re Agrippa, per la sua azione, depose Anano dal sommo pontificato che aveva da tre mesi, sostituendolo con Gesù, figlio di Damneo.”

Innanzitutto Anano “consegnò” (stato di fermo momentaneo, affidamento) degli uomini “perché fossero lapidati” e non “li fece lapidare ”. Su quegli uomini c’era un capo d’imputazione gravissimo che prevedeva la pena di morte, ma Anano non poteva lapidare nessuno senza il benestare del Procuratore e questo il Pontefice lo sapeva benissimo; si limitò (e qui commise l’errore) a metterli in stato di fermo per anticipare i tempi in attesa del suo arrivo.
Anano era consapevole che il “diritto di uccidere” era prerogativa assoluta del Procuratore imperiale, e il minimo che gli poteva accadere, se si fosse arrogato lui quel potere, era di finire in catene come avvenuto dieci anni prima al Sommo Sacerdote Ananìa, o, ancora peggio, poteva fare la fine del proprio fratello più anziano, Gionata, Sommo Sacerdote prima di lui, fatto uccidere dal Procuratore Felice (Ant. XX 163) soltanto per averlo contestato; ma soprattutto, sapeva che i Romani non si fidavano dei Sommi Sacerdoti giudei…sino al punto di pretendere di essere loro, di persona, a “processare” ed interrogare gli accusati, sotto tortura, per accertarsi se erano dei ribelli e farsi rivelare i nomi dei complici prima di eliminarli.
Anano era certo, “col carattere che aveva”, che la logica della grave motivazione prevalesse sull’iter formale della procedura la quale prevedeva la presenza del rappresentante di Roma per poter convocare il Sinedrio. Questa norma consentiva all’Imperatore, attraverso il suo funzionario di fiducia, di controllare politicamente cosa decideva il Sinedrio fantoccio di Gerusalemme.
Della lapidazione di Giacomo o chicchessia, per aver violato la Legge ebraica, ad Albino non importava affatto. Quando il Sinedrio si riuniva, il Procuratore lo voleva sapere e, preso visione degli argomenti che venivano trattati, a suo giudizio insindacabile, approvarli o meno prima di essere deliberati … Roma, semplicemente, non si fidava: tutto qui.
La fazione sacerdotale in quel momento contraria al Sommo Sacerdote Anano colse l’occasione per fargli le scarpe e alcuni di loro andarono ad Alessandria ad intercettare Albino (lui era il vero detentore del potere), “informandolo che Anano non aveva alcuna autorità di convocare il Sinedrio senza il suo assenso”; questo era l’oggetto del contendere.
Al Procuratore non fu denunciata la gravità del reato di Anano per aver lapidato alcune persone perché ancora non era stata eseguita la sentenza…impossibile senza la ratifica del funzionario di Roma; la denuncia riguardava solo la convocazione del Sinedrio avvenuta senza la sua approvazione e il romano “convinto da queste parole” non volle sapere altro.
Giacomo non venne neanche nominato ad Albino, né avrebbe potuto conoscerlo; pertanto il Procuratore fece intervenire il Re “vassallo” Agrippa II e gli ordinò di deporre Anano, che aveva osato convocare il Sinedrio “senza il suo assenso”, e al suo posto fu nominato l’altro “papabile” Sommo Sacerdote: Gesù, figlio di Damneo…fratello di Giacomo.
Infatti, dopo aver riletto il passo su riportato, se togliamo “detto Cristo”, rimarrebbe solo “Giacomo, fratello di Gesù”, senza patronimico (d’obbligo in prima citazione), di conseguenza, l’unico “Gesù” che ha il patronimico è “Gesù, figlio di Damneo”, pertanto lo scrittore non riporta il patronimico di Giacomo perché, essendo fratello di Gesù, figlio di Damneo, anche Giacomo è figlio di Damneo. Infatti, se fosse stato un altro giudeo di nome “Gesù”, non figlio di Damneo, lo storico ne avrebbe dovuto riportare l’altro patronimico.
Che non fosse Gesù “Cristo”, viene testimoniato anche dal Padre apologista cristiano Orìgene che, nel III secolo, in due sue opere (Commentarium in Matthaeum X,17 e Contra Celsum I,47), riferendosi a questo episodio dichiara candidamente, sorpreso e nello stesso tempo dispiaciuto, che « Giuseppe (Flavio), non conosceva Gesù come “Cristo” ». Particolare talmente importante che vale anche per il “Testimonium Flavianum”.
L’intromissione spuria di “Cristo” nella frase riportata “Giacomo, fratello di Gesù, detto Cristo”, richiama, volutamente, Gesù Cristo e la sua famiglia, come ci è stata descritta dai “Sacri Testi”, ma è proprio questo a dimostrarci che Giuseppe Flavio, veramente, non conosceva affatto “Gesù Cristo” e quindi non poteva riferirsi a lui perché, altrimenti, avrebbe dovuto scrivere: “Giacomo, uno dei fratelli di Gesù, detto Cristo” … o, ancora meglio, secondo quanto sostiene la Chiesa: “Giacomo, uno dei cugini di Gesù, detto Cristo” cui, obbligatoriamente, avrebbe dovuto seguire…figlio di…?…e qui iniziano i dolori, come stiamo per vedere. Giacomo, fratello di Gesù, figlio di Damneo, e certi altri, se la cavarono. Infatti, se (per assurdo) fossero già stati uccisi, che bisogno c’era di correre ad Alessandria da Albino?. L’accusa contro Anano di aver convocato il Sinedrio senza la sua autorizzazione rimaneva e la avrebbero potuta usare dopo, aggravata dalla violazione del “ius gladii” (diritto di uccidere), giusto il tempo che il romano giungesse da Alessandria…e soprattutto, non “si sentirono offesi” per il linciaggio: sarebbe una frase ridicola se fosse collegata all’eccidio di molti uomini.
La mania del “martirio” è tale che la manipolazione della sua invenzione ci viene testimoniata anche dal Santissimo Vescovo “storico” Eusebio di Cesarea che, nel IV secolo, così la racconta: “In realtà vi furono due Apostoli di nome Giacomo: uno il Giusto, fu gettato giù dal pinnacolo del Tempio e bastonato a morte da un follatore; l’altro fu decapitato” (HEc. II 1,5). Inoltre, per dare maggior peso alla “testimonianza”, accredita a Giuseppe Flavio la falsa affermazione che “il martirio di Giacomo causò la distruzione di Gerusalemme come punizione divina” (HEc. II 23, 19-20). Abbiamo visto che le “gesta” di questi due “Giacomo”, Apostoli inventati con fini dottrinali, (il Tempio di Gerusalemme non aveva “pinnacoli”) non sono rapportabili a “Giacomo, fratello di Gesù” riferito dallo storico ebreo; piuttosto denunciano i tentativi, falliti, di costruire una vicenda religiosa alla quale dare credibilità storica tramite un appiglio costituito dal nome “Gesù”, molto popolare fra i Giudei dell’epoca.
E tutti gli esegeti mistici fanno finta di ignorare la “piccola contraddizione” contenuta nel “Sacro Testo”: San Luca segue gli Apostoli nei loro “Atti” fino al 64 d.C. ma non riporta la morte di “Giacomo il Minore”… la ignora, senza provare per lui alcuna “pietà”.
San Luca riferisce di Saulo e lo segue fino a Roma nel 63-64 d.C. (At. 28, 30), ma ignora il “linciaggio di Giacomo il Minore” che sarebbe avvenuto nel 62 d.C. … eppure si trattava di uno dei “Dodici Apostoli”, Capo della Chiesa di Cristo e Vescovo di Gerusalemme…ma, evidentemente, ancora non era stato inventato l’alter ego dell’unico “Giacomo” esistente nei manoscritti originali. Questa lacuna negli “Atti degli Apostoli” è talmente grave che il solito Eusebio di Cesarea decide di “correggerla” raccontandola così: “Poiché Paolo si era appellato a Cesare Nerone e Festo l’aveva inviato a Roma, i Giudei si volsero contro Giacomo, fratello del Signore, al quale gli apostoli avevano assegnato il trono episcopale di Gerusalemme” (HEc. II 23,1). Visto come è semplice creare la “storia”…i Vescovi assisi sul trono e…la religione? … Giuseppe Flavio non riporta le motivazioni dell’accusa del Sommo Sacerdote limitandosi ad un generico “per avere trasgredito la Legge” perché il procedimento contro gli accusati, in stato di fermo, “consegnati”, fu annullato dalla rimozione di Anano.
Altro particolare importante da sottolineare è che, in “Atti degli Apostoli”, “Gesù” non viene mai nominato nel Sinedrio, dai Giudei, se non con la generica definizione di “costui”, pertanto, questo episodio, riferito a un vero Sinedrio, sconfessa gli “Atti degli Apostoli” poiché si dimostra che i Sacerdoti Giudei non avevano problemi a nominare “Gesù”…tranne negli “Atti” di Luca: per i Giudei “Gesù” ricordava “Giosuè” (colui che salva), mentre per San Luca e gli altri evangelisti, non era un nome ma un attributo divino “Salvatore” e, come tale, non riconosciuto dagli Ebrei. Inoltre, se fosse veramente esistito il “cristianesimo gesuita” entro il I secolo, lo storico lo avrebbe conosciuto e avrebbe scritto così: “Giacomo l’Apostolo, Episcopo di Gerusalemme, uno dei fratelli di Gesù, detto Cristo…”.
Giuseppe, nelle sue opere, non usa mai il termine “Apostoli”: non li conosce…come non ha mai conosciuto o sentito parlare di “miracoli” spettacolari da loro esibiti davanti al Tempio e nelle piazze di Gerusalemme al cospetto di folle venute dalle città vicine (lo storico nacque nel 37 d.C.).
Ma ciò che rende veramente importante questo Atto del Sinedrio, risalente al 62 d.C., è costituito dal fatto che è l’unico, registrato dallo storico, dalla morte di Erode il Grande in poi, e il motivo per cui fu lasciato, ovviamente, è quello che stiamo dibattendo.
Intanto, se abbiamo potuto leggere la cronaca di questo Sinedrio è per un solo scopo: il nome “Gesù”; ma non il “Cristo” che tutti sappiamo, come ci si vorrebbe far credere con la piccola manomissione, bensì un altro, uno dei tanti ebrei di nome “Gesù” (Giosuè) che vivevano nella Giudea del I secolo. “Cristo” non può averlo scritto Giuseppe Flavio: è stato aggiunto da un “pio” falsario, organizzato e diretto da mani forti. Chi altri, se non uno scriba cristiano con un preciso disegno, avrebbe potuto mettere nella penna di un eminente sacerdote fariseo la parola “Cristo” equivalente a “Messia”, il prescelto da Dio come guida del suo popolo?…senza minimamente riflettere che lo scrittore, come ebreo, si sarebbe sentito in obbligo di riempire svariati rotoli manoscritti per descrivere la divinità che lui stesso attendeva …

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MessaggioInviato: 29/05/2011, 20:27 
Giacomo il Minore. II^ parte.

Sin dal lontano passato, la Chiesa, al fine di provare l’esistenza del suo “Salvatore” come uomo, ha inteso supportare le verità evangeliche con una documentazione storica inventandosi il “Testimonium Flavianum” e manipolando un episodio totalmente vero riferito ad un tale Giacomo, fratello di Gesù, il Sommo Sacerdote figlio di Damneo, come si evince dallo scritto dello storico.
La dimostrazione dell’alterazione del testo originale segue due percorsi:
1° , la constatazione che la modifica introdotta varia, dai tempi più remoti, da un manoscritto all’altro sempre sullo stesso punto, vitale per la “prova teologica”: la parola “Cristo”.
Purtroppo questo spazio non mi permette di inviare la fotocopia di un testo antico dello storico ebreo, tradotto dal greco, risalente a cinque secoli fa, come riportato sul frontespizio:

FLAVII IOSEPHII ANTIQVITATVM IVDAICARVM

Per Hier. Frobenium e Nic. Episcopium, Basileae, MDXLVIII (Lib. XX, cap. 8).

In essa è riportato “fratello di Gesù Cristo di nome Giacomo”.
Poiché queste traduzioni, provenienti da manoscritti “curati” da Episcopi motivati a far risultare vera la dottrina che postulava l’avvento del Messia Gesù, essendo adulterate con modalità diverse in quell’unico punto del brano, si dimostra che quella piccola frase non era originale ma aggiunta posteriormente, pertanto, se si elimina “Cristo”, rimane un solo Gesù, figlio di Damneo, con un fratello di nome Giacomo. Peraltro, dalla lettura approfondita dei Vangeli, la presenza di un Giacomo, fratello di Gesù Cristo, in questo Sinedrio è aggravata dalla impossibilità di individuarne il padre, come risulta dalla stessa indagine apologetica fatta dal Pontefice, come stiamo per vedere.

2°, l’analisi critica prova che non vi fu alcuna esecuzione della lapidazione delle persone incriminate dal Sommo Sacerdote ma solo il decreto da lui emesso che viene contestato ed annullato a causa della procedura errata seguita da Anano in contrasto con la normativa voluta da Roma. Tale norma era vigente sin prima dell’epoca di “Gesù” (sotto il Prefetto Coponio, il 6 d.C.), tanto è vero negli stessi Vangeli leggiamo che “Cristo” fu prima consegnato e poi ucciso, ma solo grazie alla presenza del legato imperiale Pilato ed il suo intervento nel “processo a Gesù”. Almeno sotto questo aspetto (l’unico), l’evangelista, prima di inventarsi la sceneggiatura generale, si è informato sulle leggi di Roma.

Una argomentazione che non posso condividere è il deprezzamento (da parte di alcuni) delle testimonianze storiografiche in generale e quella di Giuseppe Flavio in particolare. Le vicende che oggi conosciamo ci provengono dagli scrittori di quell’epoca e, soltanto laddove si riscontrano delle contraddizioni, si fa ricerca per chiarire quell’evento.
Per rimanere in tema, riporto cosa ha dichiarato Benedetto XVI (è in rete) nella Udienza Generale tenuta il 28 Giugno 2006 proprio in merito all’Apostolo Giacomo il Minore

“Cari fratelli e sorelle, accanto alla figura di Giacomo “il Maggiore, figlio di Zebedeo”, nei Vangeli compare un altro Giacomo, che viene detto “il Minore”. Anch’egli fa parte delle liste dei dodici Apostoli scelti personalmente da Gesù, e viene sempre specificato come “figlio di Alfeo” (Mt 10,3; Mc 3,18; Lc 5). E’ stato spesso identificato con un altro Giacomo, detto “il Piccolo” (Mc 15,40), figlio di una Maria (ibid) che potrebbe essere la “Maria di Cleofa” presente, secondo il Quarto Vangelo, ai piedi della Croce insieme alla Madre di Gesù (Gv 19,25). Anche lui era originario di Nazaret e probabile parente di Gesù (Mt 13,55; Mc 6,3), del quale alla maniera semitica viene detto “fratello” (Mc 6,3; Gal 1,19). … Tra gli studiosi si dibatte la questione dell’identificazione di questi due personaggi dallo stesso nome: Giacomo figlio di Alfeo e Giacomo “fratello del Signore”. Le tradizioni evangeliche non ci hanno conservato alcun racconto né sull’uno né sull’altro. La più antica informazione sulla morte di questo Giacomo ci è offerta dallo storico Flavio Giuseppe. Nelle sue “Antichità Giudaiche” (20, 201 s), redatte a Roma verso la fine del I° secolo, egli ci racconta che la fine di Giacomo fu decisa con iniziativa illegittima dal Sommo Sacerdote Anano, figlio dell’Annas attestato nei Vangeli, il quale approfittò dell’intervallo tra la deposizione di un Procuratore romano (Festo) e l’arrivo del successore (Albino) per decretare la sua lapidazione nell’anno 62.”…

Come i curiosi, ed anche i fedeli utenti possono constatare, l’impossibilità di dare un certificato anagrafico è più che evidente allo stesso Papa. Infatti se quel “Giacomo” fosse stato identificato dallo storico con il patronimico, prassi rispettata dall’ebreo per tutti i protagonisti dell’episodio sopra esaminato, in riferimento al Giacomo, fratello di Gesù Cristo, avrebbe dovuto dichiarare che erano entrambi figli di San Giuseppe, il quale, sappiamo tutti, era sposato con Maria, perché la “maniera semitica” riferita da Papa Benedetto non ha rappresentato alcun problema a Giuseppe Flavio per distinguere tra numerosi fratelli, cugini o fratellastri, da lui citati, poiché scrisse le sue opere prima in aramaico (la lingua di Gesù) e poi le tradusse in greco come gli scritti evangelici.

Pertanto si è capito benissimo quale contraddizione si sarebbe palesata per la dottrina cristiana se avessimo trovato scritto “Giacomo figlio di Cleofa”, sposato con “Maria” sorella di “Maria”, la Madonna (Gv. 19, 25) - che Benedetto XVI, consapevole del rischio, ha opportunamente evitato di ricordare ai fedeli credenti - a sua volta imparentata, o addirittura sorella di “Maria” moglie di Alfeo; uomini che diverrebbero tutti potenziali padri di “Gesù”, essendo Giacomo loro figlio e nello stesso tempo fratello di Cristo. Ricordiamoci che, da quanto sinora evidenziato dai Sacri Testi e dalla Storia Ecclesiastica, stiamo parlando di un fratello di Cristo, suo Apostolo e successore, Vescovo di Gerusalemme.

In sintesi: le deposizioni di Eusebio di Cesarea e degli evangelisti, già contrastanti e quindi contraddittorie fra loro (oltre agli altri “Padri”), diventano incompatibili con la testimonianza di Giuseppe Flavio che si rivela falsificata per fare apparire vera una persona mai esistita. Giacomo il Minore è una figura ideologica creata dai Padri inventori del cristianesimo in modo scoordinato.
Di questo la Chiesa ne è consapevole, infatti, quando fu rinvenuto l’ossario di Giacomo, prima ancora che le autorità di Israele scoprissero l’inganno, senza scomporsi più di tanto ne denunciò la menzogna: gli esegeti ecclesiastici sanno che Giacomo il Minore, o il Piccolo, o il Giusto, furono inventati dai loro predecessori ideologici per non far risultare che Giacomo, uno dei veri fratelli di “Gesù Cristo”, fu ucciso dal Procuratore Tiberio Giulio Alessandro nel 46/48 d.C.
“Gesù” e “Cristo” furono appellativi scelti per designare con due titoli divini “Salvatore” e “Messia” un uomo con un suo nome proprio: Giovanni il Nazireo di Gàmala. Come si può affermare ciò ? Andiamo avanti con le analisi ...

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MessaggioInviato: 29/05/2011, 22:39 
Nel Contra Celsus (1,47) Origene riferisce che Flavio non credeva in Gesù quale il Cristo, il che è già in antitesi con il Testimonium Flavianum, però in base alla traduzione che ho (dal libro di James b. Tabor (nota 3 del capitolo diciotto), si dice che la distruzione dle Tempio era legata all'uccisione proprio di Giacomo il Giusto, che era un fratello [quindi non il solo fratello] di Gesù chiamato Cristo, che era stato messo a morte dai giudei, [...]

Parentesi quadre mie.

Qui però Flavio, tramite il riporto di Origene, sa che Giacomo è uno dei fratelli di Gesù e che è stato messo a morte dai Giudei, ne consegue che Giacomo e Gesù sono inseriti in un contesto storico, a parte le imputazioni sulle colpe della distruzione di Gerusalemme, si parla solo della morte (in modo generico) di Giacomo.

Può darsi che Origene abbia letto nelle opere di Flavio qualche riferimento a Gesù e Giacomo (uno dei suoi fratelli) che però non sono l'attuale Testimonium Flavianum e il contrastante XX:200 (in uno Gesù è il Cristo certo, nell'altro potrebbe essere una formula dubitativa?)


Ultima modifica di chimofafà il 29/05/2011, 22:42, modificato 1 volta in totale.

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L’ossario di Giacomo rimane un mistero

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L’autenticità del presunto ossario del “fratello” di Gesù rimane avvolta nel mistero dopo che un tribunale di Gerusalemme ha assolto Oded Golan, un collezionista privato israeliano accusato di contraffazione. La corte ha dichiarato che non ci sono prove di falsificazione, e che l’accusa non è riuscita a dimostrare le imputazioni oltre ogni ragionevole dubbio. L’autenticità del cosiddetto “ossario di Giacomo” probabilmente “continuerà ad essere studiata in ambito archeologico e scientifico, e il tempo ci dirà”, ha sentenziato la Corte.

Il giudice Aharon Farkash ha dichiarato non colpevole Golan per tutte le imputazioni di falso. Oltre all’ossario, che reca l’iscrizione “Giacomo figlio di Giuseppe, fratello di Gesù”, erano oggetto di indagine diversi altri manufatti, tra cui gli ostraka “Three Shekels” e “Widow’s Plea” e la tavoletta di Ioas (Jehoash). Mentre tutte le accuse di rilievo sono cadute per mancanza di prove, altre sono cadute in prescrizione. Tuttavia, Golan è stato dichiarato colpevole per commercio di oggetti antichi senza permesso e per un’altra accusa minore.

La storia dell’ossario comincia nel 2002 quando Golan, sostenuto dal noto studioso francese di testi antichi Andre Lemaire, scopre che sul lato di un ossario è incisa la scritta “Giacomo figlio di Giuseppe, fratello di Gesù”. Giacomo, che si credeva essere stato lapidato a morte nel 62 d.C., è menzionato nei Vangeli come il fratello di Gesù. La Chiesa cattolica ha però un’interpretazione non letterale del termine, e considera Giacomo cugino di Gesù.

C’è poi un altro manufatto che Golan è riuscito ad ottenere, l’iscrizione di Ioas. Si tratta di una tavoletta di pietra su cui sarebbe stato inciso un testo ebraico che descrive i lavori di restauro del primo tempio biblico da parte di re Ioas quasi 3.000 anni fa. Il processo non è riuscito a determinare dove e come i manufatti siano stati scoperti. Golan ha detto di averli ottenuti entrambi da mercanti arabi a Gerusalemme est.

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Dei falsi?

L’Autorità Israeliana delle Antichità (IAA), che supervisiona tutti gli scavi in Israele, considera tutta la storia una bufala, dicendo che le circostanze della scoperta dei due oggetti non sono chiare e mai adeguatamente documentate. Nel 2003, due commissioni dell’IAA, composte da esperti di iscrizioni, sepolture, geologia e restauro, hanno determinato che mentre l’ossario potrebbe essere vero, le iscrizioni erano false. “Sono contento di essere stato dichiarato innocente per tutte le accuse molto gravi che ho dovuto affrontare nel corso degli ultimi sette anni”, ha dichiarato alla Reuters Golan. Gli scettici avevano accusato Golan di sfruttare le credenze religiose e l’interesse accademico per fare soldi, mentre l’IAA aveva raccomandato allo stato di investigare.

Nel 2004, Golan era stato incriminato. Un anno fa, Gideon Avni, direttore degli Scavi per l’IAA, aveva riassunto così la storia dell’eccezionale scoperta e del presunto falso: “Dalla retrospettiva di quasi un decennio, le storie ‘dell’ossario del Fratello di Gesù’ e ‘l’iscrizione di Ioas’ saranno probabilmente registrate come una nota insignificante nella storia della ricerca archeologica della Terra Santa. Tuttavia … potranno ancora suscitare la fantasia di futuri scrittori e registi di misteri che, nello stile di Indiana Jones, potrebbero guadagnarsi da vivere con la trama intrigante che ha tutti gli ingredienti per un appassionante giallo”.

http://www.altrogiornale.org/news.php?extend.7682.1


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Posto qualche immagine più decente
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Ultima modifica di dresda99 il 23/04/2012, 09:28, modificato 1 volta in totale.


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