Cita:
Parte infatti da una proposizione dogmatica, ossia che l'individuo Tacito non poteva commettere errori riguardanti cariche politiche. Questa posizione, ne converrà, non è razione ne tantomeno condivisibile, in quanto esiste una problematica soggiacente alla carica di procuratore e prefetto tale che effettivamente nel periodo storico in cui l'individuo Tacito scrisse i suoi annali si trattava di un errore plausibile, o comunque non escludibile dogmaticamente come lei fa.
In questo modo lei si comporta esattamente come i credenti della domenica che affermano che il vangelo non sbaglia mai. Sarà d'accordo con me quando critico sia questo atteggiamento, sia il suo reciproco opposto.
L'altra affermazione che lei fa è per me più oscura. Se il Tacito parla nei suoi testi parla di un procurator, l'evangelista che lei chiama Luca parla di un eghemwn. Tra i due termini non esiste una corrispondenza univoca, tale che il termine greco eghemwn si possa tradurre come procurator latino e viceversa.
Caro Ceck , se in effetti andiamo a vedere questo topic :
http://cristianesimoprimitivo.forumfree.it/?t=50808174ne risulta che la questione procuratore/prefetto non è una prova maestra di colpevolezza .
Coma già scrivo in quel topic , a mio avviso Tacito , ma sarebbe meglio dire il redattore del Codice Mediceo ( e del cuginetto minore Palatini Latini 825 contenente il Sulpicius ), è colpevole , ma in Tribunale ci sarebbe l' assoluzione per insufficienza di prove.
Ma non certo per questa, che è la vera pistola fumante e sui ti invito ad esprimerti :
( l' atto di accusa in 3 punti numerati )
[b][size=125]IN RILIEVO DA :http://www.vangeliestoria.eu/approfondimento.asp?ID=13II parte: sintesi.Sin dall’inizio del III secolo i “Padri” Apologisti si sentirono in obbligo di far “entrare” nella storia “Gesù”, al punto che, ad esempio, Padre Tertulliano si inventò una discussione in Senato, su proposta di Tiberio (che morì il 37 d.C.), mirante a legalizzare il messianismo gesuita.
“Essendo stati annunziati a Tiberio, al tempo in cui il Cristianesimo entrò nel mondo dalla Palestina, i fatti che colà la Verità aveva rivelato della Divinità stessa, votando egli per primo favorevolmente. Il Senato, poiché quei fatti non aveva approvati, li rigettò ” (Apo. V, 2).
Lo scopo era duplice:
1°, far risultare che sin dalla sua morte si era affermato il movimento dei seguaci di Gesù;
2°, mantenerlo fuori legge, con la bocciatura del Senato, per giustificarne le persecuzioni, inventate, da parte degli Imperatori del I secolo … al contrario delle altre religioni che non ebbero alcuna difficoltà ad essere riconosciute e legalizzate, compresa quella giudaica, la più nazionalista.
Infatti, non si capisce perché il “cristianesimo gesuita” non potesse essere professato nell’Impero se la sua dottrina, così come ideata dagli scribi che “crearono” san Paolo e le sue lettere, non conteneva insegnamenti contro le autorità o il potere costituito, semmai ne postulava il servilismo come un ordinamento dettato da Dio:
“E’ bene stare sottomessi e pagare i tributi perché quelli dediti a questo compito sono funzionari di Dio” (Rm. 13)
“Schiavi, obbedite ai vostri padroni secondo la carne con timore e tremore” (Ef. 6, 5)
“Ciascuno sia sottomesso alle autorità costituite perché non c’è autorità se non da Dio, e quelle che esistono sono stabilite da Dio. Quindi chi si oppone all’autorità, si oppone all’ordine stabilito da Dio” (Rm. 13, 1/7).
La votazione del Senato, riportata da Tertulliano, ridicola nel contenuto perché nessuno storico riferisce tale decreto avverso il “Cristianesimo”, e tanto meno “l’Annunciazione a Tiberio” (del solito …“Angelo del Signore”?), dimostra l’ipocrisia di cui erano capaci i “Padri”, sin dal III secolo, allo scopo di dare una base di “verità” alla nuova dottrina che andava evolvendosi dalla primitiva esseno giudaica.
Questo “passaggio storico” di Padre Tertulliano è stato ripreso dagli esegeti contemplativi odierni che hanno la sfrontatezza di sottoscriverlo, alcuni da docenti universitari, come un “atto probabile di Tiberio”, ovviamente, con l’intento di “dimostrare” che il “cristianesimo gesuita” già esisteva negli anni 30, e giustificarne “giuridicamente” la persecuzione in virtù del voto negativo del Senato romano. Si, i loro nomi rimarranno nella storia, smentiti sia dalla logica che dalla Storia.
Infatti, ancor prima che “Gesù” venisse crocefisso, Tiberio, nel 29 d.C. “facendo valere l’autorità vincolante del principe privò il Senato di ogni potere” (Ann. V, 5) e fino alla sua morte (37 d.C.), tale organo non votò più in sua presenza limitandosi ad emettere delibere accertandosi, preventivamente, di non contraddirlo.
Il primo che avrebbe riportato il decreto inventato da Tertulliano, se il Senato lo avesse emanato, sarebbe stato Tacito, appunto perché rientrava nella sua funzione di “sorvegliante dei culti stranieri”, esattamente come riferì del decreto emesso da Tiberio, nel 19 d.C., riguardante l’espulsione degli Ebrei con l’obbligo del servizio militare.
Ma se Tacito avesse documentato una tale delibera, Tertulliano la avrebbe citata sicuramente senza inventarla. Controprova: ammettiamo per assurdo (ma, solo per assurdo) che il Senato, sotto Tiberio, avesse emesso un simile decreto … perché Plinio il Giovane sentì il bisogno di scrivere a Traiano per sapere come regolarsi con i “cristiani”, e perché l’Imperatore gli rispose senza fare cenno al decreto emesso dal Senato in precedenza? E’ evidente che il problema “cristiani”, cioè “messianisti non gesuiti”, si evidenziò successivamente.
“Unto”, a se stante, era un titolo e basta e, nel caso esaminato da Plinio il Giovane, il nome di quel “Cristo” era essenziale per identificare il capo di una setta potenzialmente nemica di Roma … ma, come abbiamo visto, “Gesù” non venne fuori dalle risultanze dell’indagine che non fu affatto benevola con i “cristiani” dei quali molti furono torturati e uccisi (erano ebrei messianisti) e, soprattutto, ignorava la relazione di Tacito.
E’ come se Plinio il Giovane non avesse le stesse nozioni sui “cristiani” dello storico di poco più anziano, o meglio … né Plinio né Traiano sentono il dovere di “ricordare” quanto avvenuto a Roma in conseguenza del famoso incendio del 64 d.C. e la altrettanto famosa persecuzione da parte di Nerone dei “cristiani”, i quali furono fatti descrivere da Tacito come nemici affetti da una “smodata superstizione”.
Da rilevare che la testimonianza dello storico patrizio doveva essere offensiva verso i “gesuiti” poiché era un sacerdote pagano, viceversa avrebbe palesato la sua falsità … e questo gli scribi falsari lo sapevano.
No!, Tacito, alto funzionario di Roma era conosciuto da entrambi ma, nei suoi “Annales”, non aveva riportato la persecuzione dei cristiani perché Plinio il Giovane e Traiano la ignoravano.
Agli stessi Ebrei, fino al 70 d.C., non venne fatto obbligo di adorare i Cesari (tranne per Gaio Caligola). Soltanto dopo la guerra, a partire da Vespasiano, come riporta Giuseppe Flavio, i Giudei furono obbligati a “onorare” gli Imperatori (Gue. VII 417/19) perché, secondo Tacito:
“Gli Ebrei non elevano statue, nemmeno templi e rifiutano queste adulazioni ai Re e onore ai Cesari”. (His. V, 5).
Vespasiano non si considerava “Dio” ma, avendoli combattuti di persona, sapeva come fare per distinguere gli Ebrei Zeloti integralisti, i quali, obbedendo alla propria fede nazionalista, non si sarebbero mai sottomessi al dominio di nessun “Padrone” o “Signore” se non al loro Dio Yahwé.
Sino a quella data nessun Imperatore, compreso Nerone, impose il proprio culto tranne Gaio Caligola, dal 39 al 41 d.C.: lui era convinto di essere un Dio ma la sua insanità mentale fu riferita da tutti gli scribi romani.
Poiché nessuno degli storici del I secolo accusa i “cristiani gesuiti” di rifiutarsi di venerare “Cesare”, o il “Principe”, ne consegue che la mancata persecuzione dei seguaci di Gesù, da parte del “Dio” Gaio Caligola che pretendeva di essere adorato come tale, dimostra che, allora, la Sua setta non esisteva nell’Impero.
Secondo lo stereòtipo del "cristiano" inculcatoci nella mente sin da bambini, durante il regno di Caligola, inevitabilmente, si sarebbe formata una lunga lista di martiri da venerare ... se fossero esistiti i cristiani gesuiti.
Chi pagò un grave scotto furono soltanto gli Ebrei alessandrini e poco mancò che il contrasto con la Giudea si trasformasse in conflitto aperto se Gaio Caligola non fosse stato ucciso da un complotto di Stato.
Che i docenti genuflessi riportino i dati storici precisi prima di propinare sciocchezze a giovani studenti, ignari di subire un lavaggio del cervello.
Ma, ancora non basta.
Capita, a volte, che il silenzio possa diventare una testimonianza. Ci riferiamo al mutismo di tutti i Padri “apostolici” e “apologisti” della Chiesa Cristiana, dalle origini al IV secolo, quelli cioè coevi o più vicini al grande martirio neroniano: la spettacolare crocifissione di massa, non viene riportata da alcuno scrittore dell’Impero Romano, all’infuori di Tacito,
ma, contraddizione grave per la verifica critica, è ignorata anche dagli stessi Padri apostolici e apologisti cristiani, scrittori prolissi (i cui manoscritti risalgono al medio evo) pervasi da profondo misticismo e tanta fantasia nell’inventarsi màrtiri, i quali, almeno quelli veramente esistiti, avrebbero avuto, oltre che l’interesse ideologico fideista, anche il dovere storico di riferire un genocidio così crudele che colpì direttamente fedeli adepti dello stesso Credo.
Nessuno di loro relaziona dell’eccezionale martirio, nemmeno Padre Tertulliano, il quale, all’inizio del III secolo, l’unico, riporta una persecuzione diversa di “cristiani”, non crocifissi ma, tramite “spada” per ordine di Nerone, e senza rapportarli all’incendio di Roma,
né a Gesù Cristo né a Ponzio Pilato, come verrà fatto testimoniare da Tacito successivamente e, soprattutto, non cita lo storico come testimone dell’evento, nonostante, lo abbiamo già dimostrato con “Apologeticum XVI”, avesse letto le sue opere.
Inoltre, fatto di rilevanza primaria che si ritorce contro gli esegeti mistici odierni (che fingono di ignoralo), Eusebio di Cesarea, lo storico Vescovo cristiano del IV secolo, nella sua “Storia Ecclesiastica” - improntata ad inventare Vescovi e martiri disseminati in tutto l’Impero sin dalla morte di “Gesù” - pur riferendo il passo di Tertulliano (HEc. II 25,4), non riporta la cronaca di Tacito con le atrocità subite dai “cristiani gesuiti” e i dettagli su Gesù, Tiberio e Pilato. Cronaca che non avrebbe potuto sfuggirgli e tramandata ai posteri se Tacito l’avesse scritta, ma …
Nessuno poté scrivere nulla poiché, sino al 337 d.C. quando morì Eusebio, nessuno aveva inventato nulla ... in coerenza col “Credo” di Nicea, del 325 d.C., che non prevedeva Ponzio Pilato come “sacrificatore” del “Salvatore”.
I docenti spiritualisti riferiscano queste risultanze ai loro “discepoli”, non le nascondano fingendo di ignorarle: il silenzio dei primi “Padri” è un’ulteriore dimostrazione che non vennero crocefissi seguaci di Gesù da Nerone perché non esistevano nel corso di tutto il I secolo.
Le “prove” della loro esistenza verranno costruite, successivamente, dai riformatori della nuova religione universale al fine di comprovare l’Avvento di “Gesù”, Figlio di Dio, capo e iniziatore della setta dei cristiani … gesuiti.
La “testimonianza” in esame, lo abbiamo dimostrato nello studio precedente, è stata creata dopo la prima traduzione in latino dei Vangeli per mano di un “pio scriba” sotto dettatura di un eminente “Padre Priore”, dopo che il Cristianesimo del Salvatore del Mondo era ormai pervenuto al potere e diventato religione di Stato.
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1)Il silenzio di Eusebio di Cesarea su Tacito Annales XV 44 è un fatto talmente abnorme da costituire , a tutti gli effetti , una prova certa .Tacito XV , 44 non esisteva.///////////////////////////////////////////////////////
Stessa cosa per Girolamo quando nel " De Viris Illustribus " , nella biografia di Pietro I Capitolo , non cita gli Annales
da wiki :
http://it.wikipedia.org/wiki/Pietro_apostoloSofronio Eusebio Girolamo (san Girolamo), nel suo libro De viris illustribus, descrive le vite e le opere di tutti coloro che hanno scritto a proposito del cristianesimo (anche "eretici", ebrei e "pagani") da Pietro a suoi giorni, con l'intento apologetico di mostrare il valore anche letterario del cristianesimo.
Essendo della fine del IV secolo si basò su fonti più antiche, soprattutto Eusebio di Cesarea. A proposito di Pietro scrisse:
« Simon Pietro, figlio di Giovanni, dal villaggio di Betsaida nella provincia di Galilea, fratello di Andrea apostolo, ed egli stesso capo degli apostoli, dopo essere stato vescovo della Chiesa di Antiochia ed aver predicato alla Diaspora - i credenti nella circoncisione, nel Ponto, Galazia, Cappadocia, Asia e Bitinia - si spostò a Roma nel secondo anno di Claudio per spodestare Simon Mago, e vi mantenne il seggio sacerdotale per venticinque anni fino all'ultimo, ovvero il quattordicesimo, anno di Nerone.
A causa sua ricevette la corona del martirio venendo inchiodato alla croce con la testa verso terra e i piedi innalzati al di sopra, sostenendo che era indegno di essere crocifisso nella stessa maniera del suo Signore. Scrisse due lettere che sono dette "cattoliche", la seconda delle quali, essendo diversa nello stile rispetto alla prima, è considerata da molti non di sua mano.
Anche il Vangelo secondo Marco, che era suo discepolo ed interprete, è ritenuto suo. D'altra parte i libri ascritti a lui, di cui il primo è intitolato Atti, un secondo Vangelo, un terzo Discorso, un quarto Apocalisse, un quinto Giudizio, sono respinti come apocrifi. Seppellito a Roma in Vaticano presso la via del trionfo, è venerato da tutto il mondo. »
(Sofronio Eusebio Girolamo, De viris illustribus)
il testo originale in Greco
http://www.documentacatholicaomnia.eu/0 ... m,_MLT.pdfSu Girolamo
http://it.wikipedia.org/wiki/Sofronio_Eusebio_Girolamo/////////////////////////////////////////////////////
2)Inamissibile anche questo silenzio .E ricordiamoci che Girolamo nel Commento a Zaccaria III , 14 ci dice che Tacito aveva scritto gli Annales in 30 libri.
Doveva quindi , conoscere bene il testo.
Qualsiasi persona che si occupa di Storia , sa che questi silenzi
sono <font color="teal">impossibili</font id="teal"> .//////////////////////////////////////////////////////////////
GIUSEPPE FLAVIO In quei fatidici giorni di Luglio del 64 d.C., mentre il fuoco, inesorabilmente, divorava la Capitale del Mondo, un giovane “testimone”, aitante e di belle speranze, si allontanava correndo dal “Palazzo” per sfuggire alle fiamme che avanzavano minacciose.
A volte si dice “guarda caso!”… Beh !... il caso successe veramente: il giovane in questione era il “Testimonium” per eccellenza:… Giuseppe Flavio!
Nella sua autobiografia, (Bio. 3, 13-16) lo storico sacerdote fariseo, ebreo conservatore, racconta che alla fine del 63 d.C., allora ventiseienne, su mandato del Sinedrio di Gerusalemme, si recò a Roma a perorare, presso l’Imperatore in persona, la liberazione di altri sacerdoti là inviati, in stato di arresto, dal precedente Procuratore di Giudea, Antonio Felice,
per giustificarsi da “accuse risibili”, e si trattenne nell’Urbe sino a oltre la metà del 65 portando a termine la missione affidatagli dopo che riuscì a far liberare i sacerdoti e …“ottenuto da Poppea non solo questo beneficio, ma anche grandi favori, me ne tornai in patria”. Giunse a Gerusalemme all’inizio del 66 d.C. e … “vi trovai i primordi delle agitazioni rivoluzionarie”.
Sì, nel 64 e nel 65 Giuseppe era a Roma e avrebbe dovuto vedere l’incendio e il martirio di una “ingente moltitudine di cristiani” avvenuto fra cumuli di macerie riarse.
Solo che il “Testimonium” non ne parla. Niente. Né di incendio, né di martirio, né di rovine riarse. Lui riferisce soltanto quello che vi abbiamo detto in poche righe. Lo storico descrive, dettagliatamente, Nerone anche in “Antichità Giudaiche” e in “La Guerra Giudaica”… ma di questo episodio, gravissimo, non fa alcun cenno, pur essendo stato ospitato nella corte da Poppea.
Riflettiamo un momento: sappiamo che l’incendio è avvenuto, essendo troppi gli storici d’epoca che lo citano e i reperti archeologici lo confermano; quindi è scontato che l’ebreo lo abbia visto e ne sia rimasto sconvolto.
Un fariseo filo romano ha avuto l’occasione di andare, personalmente, a visitare “la capitale del mondo”, di conoscere dal vero la potenza imperiale, i palazzi degli uomini che dominavano e governavano la terra, l’organizzazione militare, il foro, i monumenti, i templi, i giochi, il circo, i giardini, il Cesare, e … i resti inceneriti della metropoli distrutta dal fuoco ma … nella memoria di quel viaggio non risulta nulla di tutto ciò.
Non torna! No, proprio non torna!. Proviamo a sentire cosa dicono “gli storici spiritualisti” nel loro “Congresso”… sì, ne parlano: il silenzio di Giuseppe, sui martiri cristiani e sull’incendio, per loro è “ininfluente”! Come, ininfluente?… No! Stanno mettendo le mani avanti, hanno paura di cadere … ora iniziamo a capire: dietro tutto c’è … l’Abate Priore Mistico.
Lui, leggendo la “Autobiografia” dell’ebreo, quando arrivò a questo capitolo che parlava sì dell’incendio, ma senza citare il martirio dei cristiani, capì le gravi implicazioni che ciò avrebbe comportato: diversamente da tutti gli storici (tranne Tacito già “corretto”) che non avevano parlato del martirio correlato all’incendio, Giuseppe era un Giudeo che veniva dalla terra dove “stava dilagando il cristianesimo, la rovinosa superstizione” e come tale veniva chiamato in causa direttamente.
Se Giuseppe, veramente, avesse assistito allo spettacolare martirio dei “cristiani” - nome che lui, a conoscenza del greco, intendeva “messianisti”, seguaci di un “Messia” già venuto, l’Eletto di Yahwè, il cui “Avvento” fu annunciato dai Profeti … fondatore di una nuova religione, originatasi nella sua terra - come sacerdote giudeo, avrebbe scritto, scritto, e ancora scritto … molto più che il “Testimonium Flavianum”…
Il “Grande Martirio” doveva essere la “Grande Testimonianza” che lui, Abate Priore Mistico Depositario della Verità della Fede Cristiana, aveva fatto rendere a Tacito, lo storico più accreditato di tutto l’Impero! … Ma poi? Cosa ne avrebbero dedotto, un domani, gli storici dal resoconto autobiografico di un sacerdote giudeo, innocente testimone del solo incendio? …
No, nessuna logica avrebbe potuto giustificare due testimonianze così contraddittorie fra loro: quella di Tacito sui “cristiani” seguaci di un “Messia” e il silenzio del giudeo Giuseppe sui “màrtiri ardenti” di Roma seguaci del Messia che lui e il suo popolo stavano aspettando.
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3)Anche il silenzio di Giuseppe Falvio è assolutamente abnorme .
Sarebbe come se un grande Storico del nostro tempo l' 11 Settembre del 2001 fosse in visita per l' appunto a New York,
e poi nella sua autobiografia non citasse l' episodio .
Per uno studioso di Storia anche questo fatto è una prova certa .
Io non mi capacito come gli Esegeti Cattolici possano ancora difendere
l' autenticità di Annales XV , 44.[/size]
zio ot