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 Oggetto del messaggio: Le scritture ebraiche e cristiane
MessaggioInviato: 23/09/2011, 12:24 
LE SCRITTURE EBRAICHE E CRISTIANE

Il mito rappresenta il pensiero fantastico ed è una caratteristica dei primitivi e dei bambini, infatti, la psicologia di primitivi e dei bambini sono molto simili, i miti nacquero nella protostoria e alimentarono il fascino dei capi delle nazioni, sono una speculazione sull’origine delle cose; gli antenati mitici erano visti come fondatori di arti, tecnologie e istituzioni, questi eroi, condottieri e legislatori, furono anche divinizzati. Gli antichi eroi sono stati i capi delle nazioni e spesso sono stai divinizzati, tra loro ricordiamo Mosè, Ercole e Romolo.

Gli antichi, nel periodo della protostoria, cioè tra la preistoria e la storia, fantasticavano come bambini e creavano i miti, erano timorosi della natura, vittime di paure e di ansie, i miti nacquero con l’ignoranza, lo stupore e la paura. Gli antichi ebrei avevano i terafin, specie di idoli e divinità domestiche, i romani avevano come divinità domestiche i penati, i lari, che erano immagini degli antenati, e i mani, le anime dei morti domestici.

I primitivi guardavano il mondo con gli occhi di un bambino, con i miti si volevano spiegare i misteri della natura, si voleva anche vincere paure e ansie; i miti nacquero con l’ignoranza, lo stupore, la superstizione e la paura, poi fornirono la base della religione, perché l’insicurezza dell’uomo e il suo bisogno di protezione, spingono alla fede religiosa. Secondo il mito greco, Prometeo aveva creato l’uomo e gli aveva insegnato le arti, mentre Vulcano gli aveva insegnato la lavorazione dei metalli; anche le religioni hanno conservato pratiche magiche, nel cristianesimo lo sono la messa, l’esorcismo, i sacramenti, ecc.
Oggi i maghi sono seguiti più da una clientela che dalla società, sono ottimisti perché credono di poter dominare la natura, la magia bianca è benefica, quella nera è malefica; la magia omeopatica postula che e cose che si somigliano sono le stesse, quella contagiosa che quelle che sono state a contatto hanno le stesse proprietà, quella simpatica che l’offesa all’immagine ferisce anche il rappresentato.

Anche Mosè era un mago, divinatore e astrologo, i magi di Persia erano maghi e astrologi ed erano una casta sacerdotale e una tribù come i leviti ebrei, anche i bramini indiani sono una casta sacerdotale. Ai primitivi il nome era attribuito all’adolescenza, dopo una cerimonia d’iniziazione e dopo aver individuato alcune caratteristiche dell’individuo, lo abbiamo visto anche con i pellirosse americani; questo nome, che corrispondeva al soprannome dei tempi moderni, era capace di condizionare le sorti e i comportamenti di chi lo riceveva.
Il neo-platonismo fu una filosofia della salvazione e fornì una base filosofica al cristianesimo, suo fondatore fu Ammonio Sacca di Alessandria d’Egitto (2° secolo) maestro di Origene e di Plotino, il misticismo cristiano è essenzialmente neo-platonico. Aristarco di Samo e i pitagorici avevano una concezione dell’universo più vicina alla realtà della bibbia, per Aristarco (310-230 a.c.) il sole era al centro del sistema solare e la terra ruotava su un asse inclinato, determinando le quattro stagioni.
Per Ovidio (43 a.c. 18 d.c.) il caos precedette l’universo ordinato, poi Dio separò le acque dalla terra e il cielo dal mare; per i greci Prometeo creò l’uomo, gli insegnò le arti e gli regalò il fuoco, mentre Vulcano gli insegnò la lavorazione dei metalli. Anche Zeus provocò un diluvio universale, dal quale si salvarono solo i coniugi Deucalione e Pirra, che approdarono con una nave sulla cima del Parnaso, era un mito come quello degli assiri-babilonesi e degli ebrei; gli eroi antichi, come Mosè, sono stati i creatori delle nazioni, e sono stati divinizzati come Ercole; Perseo, Sargon, Mosè, Romolo e Remo furono abbandonati alle acque, è un altro caso di sincretismo transnazionale.

Tra i greci, Xenofane era monoteista, Eraclito disprezzava gli idoli, Euripide negava che gli dei fossero simili all’uomo, Platone credeva l’anima immortale e alla retribuzione nell’altra vita, Plutarco era monoteista e affermava che Dio era buono mentre il male era opera di demoni; Pitagora sostenne il monachesimo e affermò che la materia era all’origine del male, gli stoici dicevano che Dio era immanente nell’universo e consideravano i sacrifici un insulto alla divinità, Cicerone (106-43 a.c.) credeva a un Dio unico creatore dell’universo, nella Provvidenza e nell’immortalità dell’anima.

Dalla somma di animismo, magia, mito, astrologia e teologia, nacque la religione, per i cristiani il dolore santifica, per i primitivi aumenta le energie vitali; la stregoneria è già religione, perché si fonda sull’organizzazione sociale, anche se può essere povera di mitologia. Il totem, collocato in una radura o in un centro di raccolta, era il genio protettore, in genere era un animale, era l’emblema della tribù, da esso derivarono dei locali e santi locali.
Con il tempo, il totem fu portato in battaglia, come le aquile romane, fu rappresentato in statue e in stendardi precedenti i combattenti. Gli stemmi delle case nobiliari rappresentavano l’animale totemico di un clan primitivo, cioè di una famiglia allargata; l’astrologia e la divinazione nacquero nell’ambito della magia, i primitivi erano abituati a fissare le stelle, allora il cielo era anche più terso, con l’astrologia si pretese di leggere negli astri il destino delle nazioni e degli uomini.

La coincidenza del potere religioso con quello politico era particolarmente rilevante in Israele, in altre culture, anche antiche, i poteri erano separati; i sacerdoti di Israele erano anche governanti, giudici, legislatori e beneficiari del gettito fiscale, detenevano una somma di poteri assoluti. Il battesimo, praticato in Medio Oriente e India, era una cerimonia magica d’iniziazione e purificazione, che toglieva i peccati e le malattie, che erano visti come una conseguenza; si era capito che l’igiene teneva lontani gli spiriti maligni, cioè i batteri cattivi che facevano ammalare; la circoncisione era una cerimonia d’iniziazione all’adolescenza.

Il mito di Caino e Abele, l’unico ebraico, ricorda la lotta per la terra tra popoli agricoltori e allevatori, il diluvio ricorda una grossa alluvione locale; si credette a un diluvio universale a Babilonia, in Persia, in Israele e in Grecia. Il peccato originale ricorda l’età felice dell’oro, cioè prima della caduta o decadenza dell’uomo, quando questo era immortale e non lavorava.
L’uomo teme la morte, di più la morte per fame, di più la morte violenta e di più teme di essere mangiato, questo timore superstizioso è di origine animale; teme il lavoro, soprattutto quello fisico, che appare come una costrizione, sul quale non si può autodeterminare, esattamente come avviene nella schiavitù; i lavoratori più liberi sono gli artigiani e i contadini, gli unici uomini liberi sono quelli che vivono del lavoro degli altri, sono detti uomini d’onore.

Nella magia, nella stregoneria e in religione sono importanti le formule magiche, ripetute dai celebranti e di significato oscuro per il pubblico, la messa in latino svolgeva questo ruolo e alimentava il mistero sulla cerimonia. Gli sciamani sono stregoni che operano in stato di trance, come i medium, spesso sono malati nervosi, epilettici o isterici; sono visti dagli uomini come esseri sovrumani, in contatto con il mondo degli spiriti, sono considerati mediatori tra gli spiriti e gli uomini. Ci sono stati malati nervosi anche tra profeti, vati, veggenti e tra santi cristiani; Santa Teresa, Socrate e Pascal non furono esenti da allucinazioni. Amuleti e talismano servono a proteggere dal male, sono dei portafortuna, lo stesso ruolo lo svolgono le medaglie di santi e i crocefissi appesi al collo.

I simboli sono usati in religione, scienze e matematica, servono ad abbreviare l’esposizione e i teoremi, sono un superlinguaggio figurato che supera l’inadeguatezza del linguaggio ordinario, servono anche a comunicare dei valori. Sono simboli statali la bandiera e il trono, simboli religiosi la croce, l’altare, il pastorale o bastone di comando, che ricorda che il governante è pastore e il popolo è il gregge; sono simboli gli stessi numeri.

Poiché l’antropomorfismo rischiava di trasferire a Dio forme e comportamenti umani, per non sminuire la divinità, in Israele si cominciò chiamare Dio con pseudonimi, come angelo di Dio, spirito di Dio, verbo o parola di Dio; col tempo, questi attributi, per ipostatizzazione o personificazione, divennero personaggi distinto da Dio. Quindi il politeismo, scacciato da Abramo e Mosè dalla porta, rientrò dalla finestra, accadde con gli angeli per gli ebrei e con Cristo e lo spirito santo dei cristiani.

Il dogma della trinità fu un espediente per riportare le divinità dalla pluralità all’unità, per conciliare un politeismo pratico con un monoteismo teorico, però poi il panteon cristiano si arricchì anche del culto della madonna e dei santi. Alla vigilia dell’era volgare, un egiziano aveva fatto notare che Geova in copto significava asino, perciò gli ebrei limitarono ancora di più l’uso del nome, sostituendolo con il verbo o Signore; dal nome ebraico di Dio, Elohim (plurale di maestà, cioè dei), deriva Allah degli arabi.

Anche intorno a Cristo è stata costruita una mitologia, il mito dà una risposta sull’origine dei costumi e delle tecnologie, molti popoli cedettero che l’uomo fosse stato plasmato d’argilla; da Babilonia, all’Oceania, ai pellirosse d’America è diffuso questo mito della zolla di terra. La bibbia sostiene che, dopo 900 anni dalla creazione, l’uomo suonava l’arpa e lavorava il bronzo e che prima del diluvio fosse erbivoro, malgrado Abele fosse pastore.

La lotta tra Caino e Abele simboleggia la lotta tra popolo agricoltori e popoli pastori, Abele rappresentava Israele che era pastore, Caino invece rappresentava la civiltà agricola di Canaan, che resisteva alla penetrazione dei nomadi ebrei, Abramo, infatti, era pastore. Gli ebrei erano semiti provenienti dal sud del Mar Caspio, culla del ceppo caucasico, da cui derivarono camiti, semiti e ariani, con differenze soprattutto linguistiche e culturali, più che somatiche, perché la pelle più scura dei camiti era un adattamento al clima caldo dell’Africa.

Per quanto riguarda il mito della nascita di Mosè, re Sargon (2.380 a.c.), della dinastia di Accad, ebbe un’origine simile alla sua; anche nel mondo ellenistico esistevano profeti, vati e veggenti, le profezie bibliche però furono aggiunte a fatti verificati, anche Virgilio, con finzione poetica, fece predire a Giove il destino dei troiani e la grandezza di Roma. I veggenti erano spesso malati nervosi che avevano allucinazioni o si procuravano allucinazioni con allucinogeni, Budda otteneva questo risultato con dei funghi, alcuni segni del profetismo ebraico sono la schizofrenia delirante e la paranoia.

La bibbia ebraica o Tanakh fu composta in ebraico dal X secolo al II secolo a.c. poi, dal V secolo a.c., con ritorno dalla diaspora babilonese, iniziò la compilazione scritta; alla vigilia dell’era volgare videro la luce anche apocrifi ebraici, scritti in ebraico, aramaico e greco. Dal III secolo al I secolo a.c., gli ebrei di Alessandria tradussero in greco la bibbia ebraica, nacque così la bibbia dei settanta, mentre in Palestina se ne faceva la traduzione in aramaico o targum. Il canone biblico o misura in ebraico, si divide in canone ebraico, samaritano, ortodosso, cattolico, protestante, copto e siriano, i testi al di fuori del canone sono detti apocrifi o deuterocanonici.

Il canone definitivo ebraico palestinese nacque alla fine del I secolo d.c., un po’ prima delle prime scritture gnostiche-cristiane. La traduzione greca dei settanta includeva libri non usati a Gerusalemme, perciò, il canone palestinese costituiva un canone breve, quello alessandrino un canone lungo; i primi cristiani adottarono la versione del vecchio testamento dei settanta. Il cantico dei cantici fu inserito in ritardo nella bibbia ebraica e ne furono esclusi i Maccabei.

Dagli ebrei furono considerati non canonici i libri non scritti in ebraico, il Siracide, i libri cristiani e gli apocrifi del vecchio testamento. Il canone ebraico consta di 24 libri, per raccordarlo al canone cristiano dei settanta, bisogna contare separatamente i dodici profeti minori, i due libri di Samuele, i due libri di Re, Esdra, Neemia e i due libri di Cronache, così si hanno 39 libri. Il canone samaritano conteneva solo i cinque libri della Torah o Pentateuco e Giosuè.

La traduzione dei settanta contiene apocrifi per ebrei e protestanti, cioè i libri di Giuditta, Tobia, primo e secondo libro dei Maccabei, Sapienza di Salomone, Siracide, Baruc, la lettera di Geremia e le aggiunte a Daniele ed Ester. I vangeli si basano su una raccolta proto-evangelica, la cosiddetta fonte Q; tutto il nuovo testamento è letteratura sub-apostolica, perché risale al II secolo, cioè dopo la morte degli apostoli; gli apocrifi del II secolo furono protocristiani, soprattutto gnostici e soprattutto gentili, Marco originale era protocanonico.

Il pentateuco o Torà o legge mosaica è uno sforzo collettivo attribuito a Mose, si tratta di leggi consuetudinarie secolari e di leggi naturali sentite dal popolo, raccolte e ordinate da legislatori; le vecchie leggi del codice dell’alleanza, cioè il trattato fatto da Israele con Dio, e quelle del deuteronomio hanno delle differenze, perché il diritto ebraico si era evoluto quando il popolo si era trasformato da nomade in sedentario.

Quindi, il rispetto verso la legge di Mose non era il rispetto verso una legge univoca e immutata, perché anche le norme si evolvono con i costumi. A quei tempi il popolo aveva un atteggiamento reverenziale e acritico verso le scritture e la legge non sanciva l’eguaglianza degli uomini, la schiavitù era ammessa, la donna aveva meno diritti degli uomini e i primogeniti avevano più diritto degli altri fratelli.

Durante il giubileo, ogni 50 ani, si liberavano gli schiavi e si rimettevano i debiti, probabilmente questo istituto non ebbe mai pratica applicazione, però rivelava una sensibilità nei legislatori, colpiti da danni dell’usura che rendeva schiavi gli uomini; l’usura era vietata dalla legge e per i debiti ci si vendeva anche schiavi, accade ancora oggi nel terzo mondo. La pasqua ricordava la fuga dall’Egitto e segnava l’inizio del raccolto, la pentecoste la fine, i tabernacoli la vendemmia; queste feste erano legate al ciclo agricolo di un popolo divenuto da allevatore agricoltore e forse erano state prese dai precedenti popoli di Palestina.

Gli ebrei erano convinti di essere i soli depositari della vera religione, è lo stesso atteggiamento odierno dei musulmani, il che li faceva essere sprezzanti verso i pagani, che rispondevano con sentimenti antisemiti e osteggiavano i costumi ebraici; gli ebrei erano contro i matrimoni misti e per loro, entrare nella casa di un pagano, determinava un’impurità e impediva di accostarsi all’altare. Come fanno oggi i musulmani con ebrei e cristiani, gli ebrei chiamavano i pagani cani e porci.

Gli esattori per cono dei romani o pubblicani erano considerati impuri per i rapporti con romani, i pubblicani erano dichiarati incapaci di testare e la loro casa era maledetta; gli ebrei non tolleravano il censimento generale dei romani, perché questo era alla base dell’imposizione fiscale, per loro l’imposta era dovuta solo al tempio e il denaro prelevato dall’erario romano era considerato rubato e atto di vassallaggio, Giuda il galileo diceva che era atto di paganesimo pagarla.

Gli ebrei erano sessuofobi, condannavano adulterio, incesto, omosessualità e prostituzione, per loro contaminava tutto ciò che aveva relazione con la nascita, la vita e la morte dell’individuo; per San Paolo, com’è richiesto oggi nell’Islam, le donne dovevano portare il velo, non potevano insegnare e non avevano diritto alla parola nelle assemblee, le quali per gli ebrei maschi erano libere tribune. Nel tempio di Gerusalemme le donne erano separate dagli uomini; gli ebrei si riposavano un giorno su a sette, in occidente questo giorno di riposo divenne poi una conquista sindacale; la cultura ebraica era la loro religione, oggi è così in alcuni paesi islamici.

Alla base di una cultura ci sono lingua, religione e costumi, prima di essere chiusi nei ghetti, gli ebrei non avevano disdegnato vivere separati, rifiutando di integrarsi, così conservarono la loro cultura e la loro religione e, diversamente da altri popoli estinti, sono giunti fino a noi. L’astrologia giudaica derivava dalla religione astrale assiro-babilonese, dalla quale gli ebrei presero gli angeli Michele, Gabriele e Satana; con il dualismo e il manicheismo, Satana divenne il principe del male. Le arpie dei greci, gli angeli della bibbia, i geni degli assiri e dei babilonesi, la sfinge egiziana erano metà bestie e metà uomini, poi gli ebrei cercarono di rendere gli angeli sempre più umani.

La prima apocalisse fu il libro di Daniele, poi scrissero apocalissi Enoch, Esdra, quindi vennero l’apocalisse di Giovanni e le apocalissi apocrife di Pietro e di Paolo; gli ebrei aspettavano il regno di Dio, cioè il ritorno dell’età dell’oro, alla fine delle ere, allora il mondo sarebbe stato sotto una sola legge, però l’avvento sarebbe stato preceduto da calamità naturali, perché il diavolo, rotti i ferri che lo tenevano legato, si sarebbe avventato sulla terra.

Mentre Cicerone e Aristotele affermavano che era impossibile trovare un nobile pensiero negli artigiani, i farisei erano artigiani, Hillel era falegname come Gesù, San Paolo era costruttore di tende e tanti apostoli furono pescatori. Gli Hilleliti ammettevano all’insegnamento anche poveri e peccatori, Hillel fu il primo codificatore del metodo talmudico; distrutto il tempio, i cristiani videro ostili, ricambiando, tutti i farisei, autori del commento rabbinico o Midrash e animatori delle sinagoghe dal III secolo a.c.

Secondo Giuseppe Flavio, i sadducei servivano i romani, gli zeloti li combattevano e i farisei erano neutrali, massima autorità dei farisei erano gli scribi o dottori della legge, che avevano una sinagoga anche dentro il tempio, nella quale istruivano i fanciulli; facevano parte del Sinedrio scribi, sacerdoti e anziani, il sinedrio aveva anche un comitato esecutivo. I farisei seguaci di Hillel predicavano la mansuetudine, la carità, l’amore verso il prossimo e la misericordia.

Invece i seguaci di Shammai erano formalisti, predicavano tanti comandamenti, insegnavano solo ai ricchi e osservavano rigorosamente la legge. La virtù cristiana dell’umiltà è d’origine hillelita; il talmud contiene la frase poi citata da Gesù: “Chi si umilia sarà innalzato e chi si esalta sarà abbassato”; il talmud, iniziato nel IV secolo a.c., rimase orale fino al II secolo d.c. e fu poi riportato per iscritto, dopo la compilazione delle scritture cristiane.

L’espressione di Gesù: “Padre nostro che sei nei cieli” era comune ai farisei, Hillel era portato verso umili e pagani e insegnava prima di Gesù: “Non fare agli altri ciò che non vuoi sia fatto a te”, prima di Gesù, rabbi Akiba e Hillel avevano detto: ”Ama il prossimo tuo come te stesso”; Gesù di Sirach o siracide aveva pronunciato aforismi non meno elevati di quelli di Cristo. Le chiese locali nacquero sul modello delle sinagoghe, dove erano ammessi i proseliti, cioè gentili simpatizzanti; prima di esse bloccati dalla chiesa trionfante, anche gli ebrei facevano proselitismo e conversioni.

Il talmud era una libera tribuna, è il commento rabbinico alla bibbia; Gesù conosceva la tradizione rabbinica e se ne serviva, la sinagoga era luogo di preghiera, di studio, era una scuola e una libera assemblea, gli interventi erano aperti a tutti, ma non alle donne, era presieduta da un rabbino. Cristo da vivo era stato in buoni rapporti con farisei seguaci di Hillel, con la sua morte, fu la guerra tra chiesa e sinagoga e chi affermava che Gesù era messia o peggio ancora Dio, era espulso dalla sinagoga, inoltre i giudei o giudaizzanti, polemicamente, erano attaccati alla legge di Mosè.

Farisei vuol dire separati, era il partito dei devoti o puritani, però il fariseo si faceva chiamare anche maestro, mentre, secondo i vangeli, Cristo rifiutò il titolo, probabilmente però l’autore voleva solo rimarcare la sua personale antipatia verso i farisei e i giudaizzanti, non sapremo mai come si sono svolti veramente i fatti. Cristo apparentemente, se è esistito, ma è difficile, non conobbe la filosofia di Filone, ma conobbe la dottrina di Hillel, degli esseni e del Battista.

Tra i farisei, gli scribi erano i dottori colti della legge, Anna fu sommo sacerdote dal 6 al 25, suo genero Caifa dal 26 al 36, la classe sacerdotale era ostile ai movimenti popolari e legata ai romani, diversamente dagli zeloti, era collaborazionista, l’alto clero apparteneva al partito sadduceo. Il sinedrio era composto di anziani, sacerdoti e scribi ed era presieduto dal pontefice o sommo sacerdote; i sacerdoti del tempio erano numerosi, erano sommi sacerdoti anche quelli decaduti dalla carica. I sadducei, diversamente dagli zeloti, non disprezzavano la cultura greca, ma erano ortodossi della tradizione, cioè non avevano accettato le innovazioni come l’immortalità dell’anima, l’inferno e la resurrezione dei corpi.

In Israele i sacerdoti erano stati giudici, legislatori e governanti, avevano sommato tutti i poteri, però, sotto i romani, la carica era decaduta e appaltata e i sommi sacerdoti erano spesso sostituiti; i sacerdoti erano controllati dai romani, in teoria sanzionavano i peccati, cioè avevano potere giudiziario, ma non potevano comminare la pena di morte; i romani annullavano le decisioni più importanti dei sommi sacerdoti, i quali, in compenso, per stare buoni, avevano forti entrate fiscali.

Gli zeloti rappresentavano il partito nazionalista, nel 45 a.c. Antioco IV Epifane introdusse una statua di Zeus nel tempio e ci fa la rivolta nazionalista dei maccabei; anche Caligola (12-41), cercò di introdurre una sua statua nel tempio e provocò un’altra rivolta. Gli zeloti rifiutavano il tributo a Cesare e consideravano la sua immagine scolpita sulle monete, un peccato contro il primo comandamento.

L’imperatore Claudio (10 a.c.-54 d.c.), a causa dei moti dei nazionalisti, espulse tutti gli ebrei da Roma, nel 6 d.c. in Palestina un’insurrezione di zeloti fu capeggiata da Giuda di Gamala, detto il galileo, che si era ribellato al censimento di Quirino, che, grazie a esso, aveva introdotto l’imposta di testatico o di famiglia; la legge mosaica vietava il censimento generale, ammetteva solo quello dei combattenti, gli zeloti consideravano l’imposta suddetta un’empietà, perché, secondo loro, le tasse erano riservate solo al tempio.

Nel 35 d.c. gli zeloti si ribellarono a Pilato, che aveva confiscato il tesoro del tempio per costruire l’acquedotto a Gerusalemme, in quell’occasione Barabba uccise un soldato romano; dal 66 al 70 d.c., gli zeloti fomentarono un’altra ribellione e Gerusalemme e il Tempio furono distrutti dai romani di Tito; un’altra rivolta ci fu dal 132 al 136, sotto il messia Simone Barcocheba, sostenuto dal grande rabbino Akiba.

Girolamo (347-420) tradusse la Volgata latina da testi ebraici, però i masoreti ebraici, che erano farisei, avevano incluso nel testo osservazioni critiche e glosse, errori di copisti e di traduttori; il testo era stato già alterato anche prima del controllo dei masoreti, fin dal tempo di Mosè; il midrash è il commento rabbinico alle scritture, che non possediamo in originali. I masoreti introdussero punti e linee, per le vocali, la punteggiatura e la pronuncia, tuttavia ci sono arrivate pronunce e vocali diverse, che a volte cambiano il senso di una frase; il testo masoretico fu iniziato dai rabbini o farisei nel II secolo a.c. e fu riportato per iscritto nella seconda metà del I millennio d.c.

Il targum è il testo della bibbia ebraica in aramaico, la lingua che sostituì l’ebraico in Siria e Palestina al ritorno dalla cattività babilonese, questo testo eliminò l’antropomorfismo di Dio, però il traduttore dell’originale ebraico di Giobbe rimanipolò completamente il testo. I cristiani non si comportarono diversamente, l’epilogo di Marco (16.9-20) è un’aggiunta e non si trova nei manoscritti più antichi; una glossa è stata trovata nella prima lettera di Giovanni (5,7) e non si trova nei testi più antichi, afferma: “Vi sono tre testimoni in cielo, il padre, il figlio e lo spirito santo”, evidentemente il libero traduttore sosteneva la trinità.

Nel corso dei secoli, copisti e traduttori riversarono il loro stile su originali più scarni, anche perché gli ebrei avevano un vocabolario molto ristretto; per tutte queste ragioni, l’opera di falsificazione della bibbia appare ininterrotta nel corso dei secoli. Il pentateuco è attribuito a Mosè, evidentemente, la parte che parla della sua morte, è stata aggiunta da altro autore, però l’autore dei primi capitoli di Genesi è detto Jahvista perché chiama Dio, Geova, l‘autore che parla della vocazione di Adamo è chiamato Elohista, perché chiama Dio, Elohim, al plurale d’intensità; questo fatto rivela la mano di due autori diversi, queste manipolazioni sono avvenute anche negli altri libri.

I più antichi manoscritti biblici sono stati rinvenuti nel 1947 a Qumran, nel Mar Morto, sono opera della comunità monastica ebraica degli esseni, il manoscritto più antico è del 250 a.c., tra essi, è stato rinvenuto anche il profeta Isaia al completo. Il testo masoretico ebraico (masora vuol dire in ebraico tradizione) costituì per gli ebrei il testo definitivo, include le osservazioni critiche a opere dei rabbini e fu iniziato nel 2° secolo a.c.

I testi premasoretici pervenuti fin a noi sono quelli di Qumran, la traduzione dei Settanta e la Volgata latina. La divisione in capitoli e versetti della bibbia fu dovuta a S. Langton (XIII sec.) e R. Estienne (XVI sec.), negli originali delle opere questi mancavano e non esistevano nemmeno i titoli; la tradizione ebraica segue un canone alessandrino e un canone palestinese, il secondo s’impose presso i rabbini, il talmud è d’origine babilonese e palestinese.

La versione greca dei Settanta nacque nel III secolo a.c. in Egitto, patrocinata da Tolomeo II, in essa il testo di Gobbe è molto più corto dell’originale, in questa versione è scritto che Mosè parlava in visione con Dio, invece che faccia a faccia, com’è scritto nell’originale ebraico. La volgata latina di San Girolamo nacque alla fine del IV secolo e fu stampata la prima volta nel 1453 a Magonza, costituendo il primo libro stampato; nel 1546 il concilio di Trento la dichiarò unica traduzione autentica della bibbia, però già nel 1592 Clemente VIII ne fece fare un’edizione corretta e riveduta, che conteneva a sua volta altre imprecisioni.

La bibbia è opera umana, di sacerdoti ebrei, di scribi, rabbini e dirigenti cristiani; le vicende bibliche sono il risultato d’azioni naturali e umane e non d’interventi divini. Le scritture ebraico-cristiane si possono dividere in sette parti: il Pentateuco, i libri storici, i libri poetici, i libri profetici, i vangeli, gli scritti apostolici, i vangeli apocrifi e le eresie. I libri del nuovo testamento sono stati divisi in storici, epistolari e apocalittici; per noi, lettori moderni, ogni libro della bibbia equivale a un capitolo della bibbia.

Il primo canone si ebbe al concilio di Nicea (325), sotto il vescovo Ireneo e l’imperatore Costantino, mentre il canone alessandrino fu imposto da Sant’Agostino (354-430); il concilio di Trento (1545-1565) fissò definitivamente il canone biblico in 73 libri, dei quali 46 appartengono al vecchio testamento e 27 al nuovo; però, secondo gli ebrei, i libri canonici, tutti del vecchio testamento, sono 24, secondo i protestanti sono 66, tra vecchio e nuovo testamento.

I libri del vecchio testamento non ispirati per ebrei e protestanti o deuterocanonici, quindi non inseriti nel loro canone, sono: Tobia, Giuditta, Sapienza, Ecclesiastico, Baruch, l’epistola di Geremia, i Maccabei e le aggiunte di Ester e Daniele; aggiunte però che esistono in tutti i libri della bibbia, Baruch o Baruc denuncia la mano di tre autori diversi; per gli ebrei, i libri ispirati cessarono nell’anno 200 a.c. Alla metà del II secolo d.c. nacque il cristianesimo gnostico e alla fine del 200 d.c. cominciarono a nascere le altre scritture cristiane, prima ariane e poi cattoliche; gli ariani erano nati nell’ambito dello gnosticismo.

Il cristianesimo è un prodotto del sincretismo giudaico-pagano, non abbiamo gli originali delle scritture e nessun libro della bibbia è autografo, le sacre scritture sono falsi di generazioni di uomini estranee a Dio; forse solo l’Ecclesiastico ha un autore certo, cioè Giosuè o Gesù di Sirac, detto il Siracide, il nome degli autori dei libri è stato identificato dalla tradizione con il personaggio più eminente di ogni libro.

Tra i fatti e la redazione s’inserì la tradizione che li ingigantiti e li alterò, altre manipolazioni o falsificazioni avvennero per colpa di copisti, traduttori e commentatori, che inserirono le loro note nel testo; il tutto a fini apologetici della religione e in ottemperanza ai desideri della burocrazia religiosa. Per la mancanza degli originali, alcune di queste manipolazioni sono state accertate, altre no.

L’opera di corruzione dei testi cessò alla fine del IV secolo d.c., quando nacque la Volgata latina di San Girolamo (347-420); da allora il contenuto dei libri canonici e rimasto quale noi lo conosciamo, l’ispirazione divina dei testi sacri è affermata anche per le altre grandi religioni, cioè per il corano e i libri religiosi indiani. L’uomo ha creato i libri sacri e la sua visione di Dio, in definitiva Dio stesso, la stessa dottrina della salvezza generale dell’umanità, annunciata dal regno di Dio, non è altro che la risposta dell’uomo alle sue ansie, alle sue aspirazioni di giustizia e alle sue speranze.

La bibbia fa capire che l’età dell’oro è esistita a principio con il paradiso terrestre, dove non si lavorava per vivere e si era immortali, e tornerà alla fine con il regno di Dio, che restituirà all’uomo l’originaria purezza e immortalità e lo libererà dalla schiavitù del lavoro. L’uomo ha sempre considerato il lavoro una costrizione, al quale si sottraevano solo gli uomini liberi o uomini d’onore, spesso liberati anche dalle tasse e muniti di altri privilegi; così la pensavano i romani e gli aristocratici medioevali europei; furono i rabbini a rivalutare il lavoro fisico, ritenendo un dovere morale per loro l’esercizio di un lavoro artigiano.

Poiché la bibbia è ispirata, dovrebbe essere immune da errori, però Agostino avvertiva che se c’imbattiamo in un passo che ci sembra in contrasto con la storia, con la scienza e la realtà, dobbiamo affermare: “ Qui o c’è uno sbaglio del copista, o il traduttore non ha reso bene l’originale o io non capisco”; se vi è contrasto tra bibbia e insegnamento della chiesa, bisogna seguire l’altro consiglio di Agostino: ” Non questo afferma la divina scrittura, ma questo intende solo l’umana ignoranza”. Comodo no?

La bibbia è stata scritta in epoca tanto diversa dalla nostra, lo stesso senso letterale è reso difficile perché applicato a lingue morte, come l’ebraico e l’aramaico, prive nella forma scritta di vocali, punteggiatura e capitoli; oltre il significato elettorale esisteva quello simbolico. Per contrastare le eresie, la chiesa cattolica si arrogò il diritto di interpretare le sacre scritture e fu ostile alla libera traduzione, alla libera lettura e al libero esame della bibbia.
La parola della bibbia va inquadrata nella precisa cornice storica e geografica, le lingue usate sono state ebraico, aramaico e greco antico; se i libri apocrifi sono quelli non ispirati, tutti i libri sacri sono apocrifi. La chiesa sostiene che gli scrittori ispirati e oracolanti sono immuni da errori, però non si spiegano le contraddittorie testimonianze dei diversi autori, soprattutto nei vangeli; comunque, nelle varie religioni, sono stati tanti quelli che hanno preteso di parlare per bocca di Dio.

I masoreti ebraici facevano osservazioni critiche alla bibbia ebraica e fissarono definitivamente il testo dei libri sacri e nel VI secolo d.c., riportarono per iscritto il Talmud, cioè la tradizione orale ebraica, che affiancava la bibbia ebraica, esisteva un Talmud babilonese e un Talmud palestinese. La versione greca della bibbia ebraica, detta dei settanta, è stata composta tra il II e il III secolo a.c., alterando il testo ebraico; la Volgata latina di San Girolamo è della fine del IV secolo d.c., questo spesso si basò più sul senso che sulla lettera delle scritture, però il concilio di Trento (1545-1565) sanzionò l’autenticità della sua Volgata.

La chiesa cattolica si oppose alla traduzione libera dei testi sacri; per paura delle eresie, vari concili proibirono le traduzioni non approvate dai vescovi, per questo, per il mercato delle indulgenze e per la mancata riforma della chiesa, scoppiò la rivoluzione protestante; con l’indice dei libri proibiti, approvato dal concilio di Trento, si prescrisse che non si potevano leggere le traduzioni della bibbia in lingua volgare, senza licenza del vescovo o del Sant’Uffizio.

Il codice di diritto canonico richiede la censura preventiva sulle pubblicazioni bibliche, in questo momento però, a causa della rivoluzione liberale subita dalla chiesa, la prescrizione riguarda solo le case editrici cattoliche; intanto i protestanti continuano nella loro libera traduzione e con la loro analisi critica della bibbia che, fino ad oggi, ha dato vita ad approfondimenti critici molto validi e interessanti.

Nel 1947 sul Mar Morto furono scoperti i testi dei monaci ebraici esseni, precursori dei cristiani, contenenti libri sacri, apocrifi e libri sconosciuti, tra cui Isaia al completo, la loro redazione andava dal IV secolo a.c. al I secolo d.c.; da questi testi si evince che le maggiori manipolazioni sono state fatte dalla tradizione, più che dalla traduzione. I popoli antichi, che si tramandavano i fatti, erano vittime di suggestioni e superstizioni, perciò la parola biblica va inquadrata nella precisa cornice cronologica, storica, geografica, culturale e linguistica.

Gli autori ufficiali della bibbia sono tutti ebrei, eccetto Luca, gli autori veri non si conoscono, anche se sono per lo più ebrei, mentre gli autori degli apocrifi sono per lo più gentili convertiti; la chiesa afferma che i libri canonici sono stati ispirati dallo Spirito Santo e hanno Dio come autore, inoltre, ne rivendica il monopolio nell’interpretazione. Secondo le cronologie bibliche, passarono circa 2.000 anni dalla creazione ad Abramo, 2000 da Abramo a Cristo, 2000 da Cristo a oggi; la scienza afferma che l’universo e l’uomo sono molto più antichi, però questi 6.000 anni sono gli anni della storia dell’umanità e dell’invenzione della scrittura.

Il popolo ebraico era un popolo caucasico, di ceppo semita, dal punto di vista culturale risentiva l’influenza di altre culture superiori, come quelle egiziane, caldee e babilonesi; nessuna cultura o religione è completamente originale, anche un poema babilonese parlava di creazione e di diluvio universale. Sotto il regno di Davide e Salomone (X secolo a.c.), Israele raggiunse la massima potenza e l’unità dello stato.

La tradizione ha attribuito il Pentateuco a Mosè e l’Iliade e l’Odissea a Omero, però questi libri sono opera della tradizione e sono opera di diversi redattori anonimi; infatti, esistono differenze di stile nel Pentateuco o Torà e nelle opere di Omero. Il Pentateuco o Torà è diviso in cinque libri: genesi, esodo, levitico, numeri e deuteronomio. Genesi è un racconto di tradizioni antichissime, anteriori alla nascita del popolo ebraico, si divide in due parti, la parte preistorica e la parte storica dei patriarchi; nella prima parte la parola di Dio è rivolta all’umanità intera, nella seconda parte al popolo ebraico.

Non sono indifferenti gli influssi egiziani sugli ebrei, che erano di casa in Egitto; dall’Egitto, dalla Grecia e dalla Persia gli ebrei, alla vigilia dell’era volgare, trassero l’idea dell’immortalità dell’anima. Melchisedech era sacerdote e re di Salem o Gerusalemme, la città, prima che fosse occupata dagli ebrei, era abitata dai gebusei; la tradizione ebraica fece passare Melchisedech per essere semidivino, capostipite di un ordine sacerdotale soprannaturale, anche perché non se ne conosceva la genealogia, come per gli altri patriarchi ebraici. Alla fine i cristiani rivendicarono a Cristo l’ordine sacerdotale soprannaturale di Melchisedech.

La religione ebraica iniziò ufficialmente con Abramo, capostipite degli ebrei, il quale si stanziò come pastore nomade a Canaan o Palestina, era originario della regione di Ur in Caldea e, introdotto dagli egiziani ai valori del monoteismo, fu poi convertito da Melchisedech alla religione di Geova. Il libro di Esodo e si articola in tre parti, oppressione del popolo e comparsa di Mosè, uscita dall’Egitto e promulgazione della legge e del codice dell’alleanza sul monte Sinai.

Il Pentateuco o Torà era il codice degli ebrei e prova che la vita civile degli ebrei era intimamente connessa con la religione, comunque, ci sono connessioni tra la Torà o Torah e il codice babilonese di Hammurabi. Il primo libro è Genesi, che traccia la protostoria e i miti di Israele, presi in gran parte ai babilonesi, il secondo libro è Esodo, che tratta dell’uscita dall’Egitto, guidata da Mose.

Il legislatore ebraico non furono né Dio, né Mosè (XIII secolo a.c.), perché le norme consuetudinarie e il diritto naturale, sentito dalle genti, nascono dalle tradizioni e dai costumi; Mosè non è certo che sia un personaggio storico, come Licurgo a Sparta, si limitò a raccogliere ciò che già esisteva, predisponendo un codice organico e univoco per tutti, esponendolo nella migliore chiarezza possibile, per dirimere le controversie tra il popolo. In Grecia Solone (635-559 a.c.) fece la stessa cosa, i codici servivano a ridurre l’arbitrarietà dei giudici nelle sentenze.

Forse la presenza degli ebrei nella terra di Gessen, sul delta egiziano, fa favorita dalla penetrazione degli Hyksos nel paese, della stessa razza degli ebrei, iniziata nel 1730 a.c.; nel 1570 gli invasori furono espulsi e gli ebrei furono resi schiavi. Forse gli ebrei nomadi erano stati mercenari degli Hyksos e rimasero in Egitto dal 1728 al 1513 a.c. per 430 anni; per altri però l’esodo avvenne nel 1290 a.c., sotto il faraone Ramsete II.

Il libro di Levitino prende il nome dalla tribù sacerdotale dei leviti, discendente di Levi, figlio di Giacobbe o Israele, alla quale appartenevano Mosè e suo fratello Aronne; contiene norme religiose raccolte da Mosè, attinenti ai sacrifici e ai cerimoniali. I leviti dirigevano il culto sacrificale del tabernacolo che, durante la loro vita nomade, era un santuario portatile che conteneva arca e candelabro.

Rispetto alle altre tribù, i leviti erano una casta sacerdotale privilegiata, con numerose entrate fiscali, erano legislatori, governanti, giudici e sacerdoti, rappresentavano un governo assoluto, tra loro erano i massimi sacerdoti e il sommo sacerdote; secondo alcuni, dall’Egitto furono cacciati ebrei residenti che appartenevano solo alla tribù dei leviti. Mosè era un ebreo divenuto alto dignitario alla corte del faraone, per soccorrere il suo popolo, si ribellò agli egiziani, come fece il capo germanico Arminio che, sotto Augusto, si ribellò ai romani, che prima aveva servito.

Levitico distingue l’olocausto, con la consumazione totale nel fuoco delle vittime, dal sacrificio, con cui una parte era bruciata e il resto era consumato da offerenti e sacerdoti; questo libro tratta dell’impurità di certi animali e fissa il calendario delle feste religiose. Il materiale contenuto nel libro appartiene a una tradizione premosaica, gli autori sono diversi e comunque legati alla casta sacerdotale.

Il libro di Numeri contiene il censimento del popolo ebraico combattente e il suo peregrinare nel deserto fino a Moab, cioè alle porte della Palestina, Mosè era assistito da settanta anziani; gli autori del libro sono diversi, il libro attesta che egli ebrei stavano per diventare una nazione sedentaria, da nomade che era stata, infatti, parla di diritto di eredità della terra per i figli e ripartisce Canaan tra le dodici tribù di Israele.

Mosè morì alle porte della terra promessa e il comando fu assunto da Giosuè, della tribù di Efraim, i leviti si erano alleati con altre tribù semite locali e Israele nacque pian piano come federazione militare di tribù, per la conquista della Palestina; com’è accaduto spesso tra arabi e beduini nomadi. Gli ebrei rimasero nel deserto del Sinai per 40 anni poi strariparono in Palestina, favoriti dall’indebolimento dei popoli che vi risedevano.

All’inizio l’infiltrazione fu graduale, poi ci fu l’invasione vera e propria, come avvenne con la caduta dell’impero romano; la prima tribù ad arrivare fu quella di Giuda a sud. Gli ebrei erano nomadi e pastori, mentre gli abitanti di Canaan sedentari, agricoltori e urbanizzati, abitanti terre fertili; il mito biblico di Caino e Abele, l’unico ebraico, perché gli altri furono presi dai babilonesi, mutuò da questa guerra, infatti, Caino, da Canaan, era agricoltore, Abele era pastore e rappresentava gli ebrei. Il conflitto rappresentava la lotta tra popoli agricoltori e popoli allevatori, è accaduto anche nella conquista del West americano.

Usciti dall’Egitto nel 1513, gli ebrei rimasero nel deserto del Sinai 40 anni e l’occupazione iniziò nel 1473, tuttavia il paese fu occupato completamente solo sotto la monarchia di Davide (XI-X secolo a.c.), perciò è probabile che l’esodo avvenisse nel XIII secolo a.c.; la tribù capofila, che iniziò la conquista, fu quella di Giuda, che occupò Gerusalemme e s’impossessò del culto di Geova; com’era inevitabile, tra le tribù ebraiche confederate ci furono anche contrasti territoriali.

Il deuteronomio contiene leggi nuove, è un adattamento alle condizioni di un popolo definitivamente non più nomade, lo scopo è anche il midrash o esaltazione di Dio, in pratica dei sacerdoti depositari della teocrazia; i testi sacri erano conservati dai sacerdoti ed anche per questo, cioè non solo perché ritenuti ispirati, erano visti come sacri. Da Giosuè fino alla monarchia, il potere sacerdotale prevalse su quello secolare, infatti, i sacerdoti volevano tutto il potere e perciò inizialmente non erano stati favorevoli all’istituto monarchico, cambiarono politica solo sotto Davide, che li seppe domare intimidendoli.

Il migliore strumento di governo del condottiero, legislatore e riformatore religioso Mosè, fu il sostegno di suo fratello Aronne, capo dei leviti e dei sacerdoti; per abbagliare il popolo, Mosè era anche mago, astrologo e faceva divinazioni. Tra i libri storici, il libro di Giosuè cita alcuni libri antichi, come il libro del giusto (10,12), il libro delle guerre del Signore (3,5-10;24,11-12) e il libro della legge divina, di contenuto normativo; i primi due rotoli furono utilizzati per la redazione dei libri storici, il terzo per la redazione del deuteronomio.

Il libro di Giosuè, che entrò in Palestina, ricorda che i successi degli israeliti in guerra erano merito di Dio e che la fortuna di Israele dipendeva dalla sua fedeltà al Signore, che era geloso del suo popolo, i sacerdoti temevano che il popolo si allontanasse da loro; il libro di Giosuè ha più autori e forse fu completato in periodo monarchico, perché si chiude con la considerazione che esisteva disordine perché mancava una monarchia accentratrice, come l’avevano altri popoli; fu un’aggiunta al testo originale perché i sacerdoti erano contrari alla monarchia, perché tesi a salvaguardare il loro potere assoluto.

Dopo la morte di Giosuè, il libro dei giudici parla dell’avvento al governo, in sequenza, di dodici giudici, che erano ovviamente anche sacerdoti, l’ultimo di quali fu Samuele; per la sommatoria dei loro poteri, erano dei dittatori. I sacerdoti israeliti, come la chiesa, erano contrari alla separazione dei poteri e volevano tutto il potere, volevano conservare la presa sul popolo e temevano l’apostasia, con le loro inevitabili perdite economiche e di potere.

Samuele fu l’ultimo dei giudici sacerdoti e verso il 1050 a.c. fu costretto controvoglia a nominare re Saul, per fronteggiare i filistei, popolazione della Palestina costiera, forse originaria di Creta; A Saul successe come re Davide che, per tenere saldamente in mano il potere di uno stato tradizionalmente teocratico, oltre che re, era profeta e sacerdote. La legge ebraica proibiva il censimento generale della popolazione e ammetteva solo quello dei combattenti, il censimento, poiché aveva anche una valenza fiscale, era considerato un attentato contro Dio perché il popolo apparteneva a Dio; cioè solo i sacerdoti potevano essere beneficiari del gettito fiscale, anche per questo la monarchia e il dominio straniero erano avversati; questa era l’opinione di giudei e galilei anche al tempo di Cristo.

I due libri di Samuele, in realtà sempre d’autori ignoti, furono composti forse al tempo di Giosia, nel 625 a.c., parlano della trasformazione dello stato da confederale a unitario e monarchico, sotto Davide e Salomone, gli avvenimenti narrati vanno dal 1120 al 970 a.c.. I due libri successivi di Re, parlano della secessione di Israele da Giuda, avvenuta dopo la morte di Salomone, il costruttore del tempio, e raccontano la “debellatio” del regno del nord per opera degli assiri (VIII secolo a.c.) e del sud per opera dei babilonesi (VI secolo a.c.).

Nel periodo dei giudici il santuario era a Silo, in Efraim, invece sotto Salomone era a Gerusalemme; l’unità monarchica si fece per tenere unito il paese e per fronteggiare la minaccia esterna, soprattutto filistea; però gli ebrei non sentivano questa unità e Israele al nord si sentiva sfruttato con le tasse da Giuda a sud. Dopo la morte di Salomone, il regno si spaccò, la secessione fu opera delle dieci tribù del nord, che volevano recuperare la loro autonomia contro l’assolutismo centralizzatore e il fiscalismo del re di Gerusalemme.

Nel 722 a.c., per mano assira, cadde Samaria, capitale di Israele, e nel 587 cadde Gerusalemme, capitale della Giudea, per mano dei babilonesi, fattore di unità nazionale erano stati la monarchia e l’unico tempio di Gerusalemme. Il midrash, il commento dei rabbini, trae dai fatti storici narrati il migliore insegnamento religioso, perciò faceva dipendere le disgrazie degli ebrei dai loro peccati e dalla loro infedeltà a Dio e alla sua legge.

Il libro di Esdra afferma che Ciro re di Persia, non solo liberò i giudei deportati dai babilonesi, ma restituì loro anche il tesoro del loro tempio preso da Nabucodonosor. La legge del levirato dava le vedove in spose a un fratello del marito, con lo scopo di conservare la proprietà terriera di ogni famiglia e perché non scomparissero le famiglie e non scomparissero le tribù, i nuovi nati erano figli del coniuge morto in precedenza.

I due libri dei Maccabei parlano dell’urto tra cultura greca e giudaismo e vanno dal 187 a.c al 135 a.c., gli ebrei continuavano a credere che Dio era l’unico motore della storia, la quale non era fatta dall’uomo; però, sotto l’influsso della filosofia greca, conferivano a Dio nuovi attributi e, in parte, credevano all’immortalità dell’anima e al suo giudizio. Questa era una sentenza di appello, perché Dio non retribuiva sempre giustamente gli uomini durante la vita terrena; il regno di Dio, la resurrezione dei morti e il giudizio finale annunciavano un mondo rinnovato e libero dai peccati.

Al tempo dei Maccabei, una famiglia sacerdotale insorse contro i seleucidi siriani e i giudei presero le armi per l’indipendenza, per sottrarsi alla tassazione, per conservare i loro costumi e la loro religione minacciata dai greci; i seleucidi avevano iniziato una persecuzione religiosa degli ebrei sotto Antioco IV Epifane (175-163 a.c.), volevano imporre l’uniformità religiosa e greca al paese e trovarono anche degli ebrei collaborazionisti.

Questi libri dei Maccabei non fanno parte del canone ebraico, l’autore del II libro si richiama agli scritti precedenti di Giasone di Cirene, afferma che, come il vino mischiato all’acqua produce diletto, anche lui si era un po’discostato dall’originale di Giasone (39), una conferma esplicita delle manipolazioni ai sacri testi. La diaspora, prima babilonese, poi soprattutto egiziana, distrusse l’unicità del luogo di culto, che sanciva l’unità dello stato, e fece nascere le sinagoghe, dove si diffondevano preghiere, lettura della legge, commenti alla stessa e s’istruivano i ragazzi, mentre i sacrifici non erano più praticati.

Il libro di Giobbe è divenuto proverbiale, l’uomo ricevette disgrazie in terra senza esserne meritevole, poiché gli ebrei credevano che le malattie e le disgrazie fossero segni della condanna di Dio, anche questo fatto spinse a credere al giudizio ultraterreno d’appello. I salmi sono 150, 70 sono attribuiti a Davide, in realtà Davide era un pastore illetterato, inoltre i suoi salmi hanno differenze di stile; da sempre, i sovrani, come Davide e Lorenzo il Magnifico, avevano i mezzi per appropriarsi delle proprietà letterarie di terzi e per assicurarsi l’immortalità; ciò che è consentito allo stato o ai capi di stato, non è consentito ai sudditi.

Nel libro dei Proverbi si sostiene l’origine divina dell’autorità, la quale perciò aveva la copertura o la garanzia religiosa, era la tesi della chiesa quando essa era riconciliata con il potere; nel libro si afferma che la Sapienza di Dio era presente all’atto della creazione (8,27-30), l’espressione era usata per non nominare invano Dio; con l’ipostatizzazione o personificazione l’evangelista Giovanni affermò che la Sapienza era Cristo.

Comunque, gli ebrei, dopo aver abbandonato l’idolatria, non erano stati immuni da queste degenerazioni politeiste, lo fecero con l’angelo di Dio, lo Spirito di Dio, la sapienza di Dio e la parola di Dio, in generale con gli angeli, che erano originariamente visti come i geni alati assiro-babilonesi, metà uomo e metà bestia, come la sfinge egiziana Autore del libro ecclesiastico è un certo Gesù Siracide o di Sirach, è l’unico libro attribuibile tra i libri biblici, l’opera fu composta in ebraico a Gerusalemme e tradotto in greco ad Alessandria, non è entrata nel canone ebraico.

I profeti o vati o veggenti o araldi o oracolanti o messaggeri erano portavoci della divinità, erano stati tali tutti i patriarchi e non solo i profeti maggiori e minori in senso stretto, i vati esistevano anche presso i greci e le sibille emettevano oracoli; da Samuele, fino a Elia ed Eliseo, i profeti si riunirono in una corporazione. Mosè asseriva di parlare al cospetto di Dio, gli altri per mezzo di sogni, visioni o oracoli, alcuni profeti, come Elia ed Eliseo, erano taumaturghi, altri avevano malattie nervose che li allontanavano dalla realtà; però gli autori sconosciuti dei libri profetici hanno scritto le profezie dopo che i fatti si erano verificati, mettendole in bocca ai profeti.

I profeti sono quattro maggiori e 12 minori, la raccolta fu completata nel III secolo a.c.; per Isaia il messia che doveva riscattare Israele era Emmanuele, i profeti dovevano avere vita irreprensibile e il profetismo era considerato un’istituzione divina; alcuni profeti svolsero il loro apostolato prima dell’esilio, altri durante l’esilio, altri dopo. Geremia ed altri profeti si esprimevano a mezzo di oracoli, l’edizione greca del libro di Geremia non corrisponde a quella masoretica ebraica; i masoreti erano rabbini che, dal II secolo a.c., facevano osservazioni critiche al vecchio testamento, prima orali e dal VI secolo d.c. riportate per iscritto, in coincidenza con la compilazione del Talmud; la masora influenzò anche il testo definitivo del vecchio testamento.

I profeti facevano politica, il profeta Geremia era filobabilonese e contrario al partito filoegiziano, che dominava a Gerusalemme, perciò, quando vinsero i babilonesi, Geremia ne fu innalzato; il profeta Ezechiele apparteneva a una famiglia sacerdotale e fu deportato a Babilonia e non fu trattato male, si espresse a mezzo di parabole, visioni, estasi e oracoli. Il profeta Daniele fu completato nel II secolo a.c. e testimonia l’evoluzione dell’ebraismo rabbinico, infatti, personificò gli angeli, credeva alla resurrezione dei corpi e al giudizio di Dio; affermava che il regno d Dio sarebbe stato esteso a tutte le genti e preannunciava il suo avvento 500 anni dopo la caduta di Gerusalemme, cioè per la vigilia dell’era volgare; ciò dimostra che l’autore scrisse al tempo dei Maccabei, quando si aspettava il riscatto nazionale.

Il profeta Aggeo auspica per Gerusalemme un avvenire imperiale, immaginando che verso di essa si sarebbero dirette le ricchezze del mondo, era un sogno di rivincita con copertura divina; l’autore scrisse dopo l’esilio, era a favore di Zerobabele, presunto discendente di Davide, che doveva restaurare il regno. Il profeta Zaccaria presentò il messia Zerobabele come il ricostruttore del tempio; Zerobabele era sostenuto dai persiani, che però non desideravano la rinascita del regno di Giuda, perciò scomparve misteriosamente dalla storia; a quel tempo, anche i sommi sacerdoti portavano il titolo di Messia.

La maggior parte dei profeti scrisse dopo l’esilio babilonese, tuttavia i libri profetici sono il risultato di aggiunte e manipolazioni di tante mani, il profeta Malachia svolse il suo apostolato durante la ricostruzione del tempio, dopo la cattività babilonese e sotto la riforma religiosa di Esdra e Neemia. Le lamentazioni erano litanie o lamenti o nenie funebri a scopo religioso, in forma di canti o carmi, un genere letterario comune ad assiri, babilonesi, greci e popoli antichi; erano praticate in occasione della caduta di città, probabilmente erano scritte da sacerdoti. Si sostiene che autore delle Lamentazioni fu il profeta Geremia, il quale naturalmente sosteneva che le disgrazie di Israele dipendevano dai peccati del popolo, inoltre affermava la responsabilità individuale, familiare e nazionale.

La lettera di Geremia, scritta agli ebrei che dovevano essere deportati a Babilonia, è deuterocanonica e non inserita nel canone ebraico e protestante, perché scritta in greco, anche se forse esisteva un originale ebraico; fu attribuita a Geremia ma è opera di autore ignoto del 3° secolo a.c. Anche i greci avevano una divinità alla quale era sottoposto tutto l’universo ed era il fato o destino, al quale non sfuggivano nemmeno gli dei. Cristianesimo e islamismo, eredi dell’ebraismo, hanno messo in pratica i sogni imperiali e di rivincita del giudaismo, mascherati dal suo messianismo.

Il sincretismo religioso ebraico si mosse attraverso secoli, gli ebrei avevano adorato il vitello e il serpente, trassero dai gebusei il culto dio Geova, dall’Egitto l’idea del monoteismo, dell’immortalità dell’anima e del suo giudizio, dalla Persia l’idea di giudizio universale; al tempo di Mosè, sul monte Horeb o Sinai, la tribù di Giuda aveva adorato il vitello d’oro e Adonai, Signore in ebraico, nome forse derivato da Aton, il dio unico nato dalla riforma religiosa del faraone Amenophis IV (XIV secolo a.c.).

Con la devoluzione o secessione del nord, le dieci tribù di Israele furono soggette agli assiri, furono deportate e scomparvero, mentre a Samaria furono fatte immigrare, dalle altre regioni dell’impero, nuove genti, le quali adottarono anche la religione di Geova, adorato sul monte Garizim; dopo la cattività babilonese, la Giudea divenne dominio del persiano Ciro, gli ebrei tornarono in Giudea e ricostruirono il tempio. I nazionalisti maccabei erano detti devoti, da essi nacquero i farisei, il messianismo fu poi adottato dai nazionalisti zeloti e promosse delle rivolte.

Una rivolta antiromana si accese nel 66 d.c. e nel 70 portò alla distruzione del tempio, nel 132 il messia Simone Barcocheba promosse un’altra rivolta e fu sostenuto dal grande rabbino Akiba; nel 1648, sotto i turchi, Shabbethai Zebi si proclamò messia e ricevette credito dai rabbini, nel XX secolo, con il sionismo, rinacque il nazionalismo ebraico. Il canone ebraico fu completato con il profeta Malachia, in origine la versione greca dei settanta non conteneva libri deuterocanonici, però nel 397, al concilio di Cartagine, Agostino ingrandì il canone e nel 1546 il concilio di Trento ratificò il canone allargato.

Il canone ebraico di 24 libri corrisponde al canone protestante di 39 libri, al quale i protestanti aggiungono i libri del canone neotestamentario, per la chiesa cattolica i libri canonici sono 46 del vecchio testamento e 27 del nuovo. Per quanto riguarda il Vecchio Testamento, ebrei e protestanti adottarono il canone palestinese, mentre i cattolici, il canone alessandrino. Il rabbino Maimonide (1135-1204 d.c.), all’art. 7 del credo giudaico, affermava che, sia la legge scritta che quella orale, furono affidate da Dio a Mosè.

Si tratta di una leggenda, la tradizione del Talmud si è formata in tutti i secoli e continua ancora oggi. Al tempo di Esdra, cioè dopo la cattività babilonese, si conosceva il Talmud Babilonese e nel II secolo d.c. si cominciò a riportarlo per iscritto, poi si aggiunse il Talmud palestinese o di Gerusalemme; il Talmud contiene commenti alla legge, comandamenti e leggende. I primi cristiani non ne erano attratti, infatti, Gesù rimproverò ai farisei di dare più importanza alla tradizione che alla legge di Mosè (Mt 15, 1-9), però anche la legge scritta era stata preceduta dalla tradizione.

Per gli ebrei, con il regno terreno di Dio, Israele sarebbe stato riscattato e avrebbe dominato il mondo, centinai di aspiranti messia si misero a capo di questo movimento politico religioso, come attesta anche lo storico ebreo romanizzato Giuseppe Flavio; il dodicesimo articolo della confessione di fede di Israele, fissata nel medioevo da Maimonide, affermava che Dio avrebbe inviato il Messia annunciato dai profeti. Alla fine del I secolo d.c., Tacito e Svetonio raccolsero queste voci e affermarono che dalla Giudea sarebbe venuto il dominatore del mondo, anche i magi di Zaratustra lo attendevano.

Con l’era cristiana, i rabbini chiusero il canone ebraico e si dedicarono al commento della scrittura, alcuni di loro affermarono che il messia era l’intero popolo di Israele, Marx affermò che la classe operaia era il messia, nel XX secolo il sionismo nazionalista invocò il ritorno in Palestina; per i socialisti Cristo era il capo degli oppressi, per i nazisti un ariano che lottava contro i giudei. Un famoso messia fu Simone Barcocheba, sconfitto nel 132 da Adriano, fu riconosciuto come Messia dal più celebre dei rabbini, cioè Akiba il Grande, batté moneta della nuova era e riuscì anche a cacciare i romani da Gerusalemme; ebbe più seguito e successo di Gesù, che però è durato più degli altri messia perché per lui si varò un programma di divinizzazione.

La cabala, nata dopo la cattività babilonese, si sviluppò nella Spagna sefardita, sotto l’influenza di Pitagora e Platone; i cabalisti cristiani la utilizzarono per trovare delle spiegazioni ai dogmi cattolici. Cabala in ebraico significa tradizione, è una delle tante tradizioni ebraiche estranee alle scritture, come il Talmud; nacque per reazione al formalismo della religione ebraica, per rilanciare spiritualità e misticismo e per la conoscenza dell’occulto, era cioè una dottrina segreta.

Durante la cattività babilonese, i giudei furono conquistati dai misteri babilonesi e si diedero all’occultismo, perciò presero a interpretare la Torah in maniera occulta e simbolica, soprattutto i suoi numeri, distorcendone il significato letterale, da questa interpretazione nacque la cabala. Sulla scia di Pitagora (588-500 a.c.), che dava ai numeri un significato trascendente, la cabala dà ai numeri un significato nascosto, per essa, i numeri, con le loro vibrazioni, sono legati ai poteri occulti.

La cabala è usata nel gioco del lotto napoletano, per indovinare i numeri che devono uscire, è usata da occultisti ed esoteristi, è un cifrario di dottrine occulte espresse dalla simbologia dei numeri, è un codice che, applicato alle scritture, ci permette di percepirne il significato segreto o esoterico o occulto. Per la cabala, la conoscenza umana è il frutto dell’albero della conoscenza del bene e del male, la cabala mira a ricondurre l’uomo all’albero della vita; l’insieme della facoltà umane costituirebbero l’albero della vita, che rappresenta anche l’unione tra maschio e femmina.

La cabala desidera conoscere la verità e sviluppare la consapevolezza spirituale, in occidente, tra i cristiani, divenne punto d’incontro tra magia, orfismo, gnosi ed esoterismo, è un sistema di classificazione e una forma di simbolismo che consente di formulare idee con maggiore precisione, è uno strumento di riflessione. I pilastri, a destra e a sinistra dell’albero della vita, rappresentano le due polarità della realtà, cioè il maschile e il femminile, secondo una dottrina anche cinese; per gli ebrei anche Dio, che rappresentava l’unità della divinità, aveva una parte femminile.

Lungo l’albero sale la consapevolezza umana, l’albero è il sentiero attraverso il quale si giunge all’unione con il creatore, cioè al Brahman indiano. La cabala tenta di recuperare all’uomo i benefici dell’albero della vita, infatti, a causa della trasgressione di Adamo, l’umanità aveva perso la vita eterna ed era divenuta mortale, non ebbe più accesso all’Eden e all’albero della vita e solo con la fatica e con il tempo acquisì la conoscenza e capì la differenza tra bene e male; compito della cabala era recuperare conoscenze divenute segrete per l’uomo. Per Pico della Mirandola, la cabala ebraica era fonte di sapienza e utile per decifrare i misteri del mondo e di Dio, inspiegabili con la sola ragione, Pico credeva al libero arbitrio dell’uomo, affermava che l’uomo era indeterminato nelle sue azioni, che poteva scegliere, era contro l’astrologia che pareva negare questa libertà.

Per gli antichi ebrei, il cuore era la sede del sentimento, dell’intelligenza e del pensiero, l’anima, considerata mortale, era comune agli animali e aveva sede nel sangue, che non poteva essere bevuto. Il soffio vitale che animò Adamo, con la morte si dipartiva dal corpo che si dissolveva, le ombre dei morti abitavano nello Sceol, dove vivevano una vita grigia e senza retribuzione, come nell’Ade e nell’Averno di greci e latini. Gli ebrei antichi non conoscevano il dualismo anima–corpo dei greci, non credevano nell’immortalità dell’anima e nell’inferno, Erodoto (484-428 a.c.) affermava che la credenza nell’immortalità dell’anima era venuta dall’Egitto, però anche i persiani ci avevano creduto.

Per gli antichi e Platone l’anima era sinonimo di vita, per gli animisti e Talete del movimento, Aristotele distinse l’anima vegetativa delle piante, da quella sensitiva degli animali, da quella razionale dell’uomo. Per gli antichi, l’anima animava il corpo, invece lo spirito era legato a luoghi specifici, a principio l’anima era comune a piante, uomini e animali, poi fu riservata solo all’uomo. Per i vatalisti la vita e l’anima erano riservate solo alla materia organica, animismo, vitalismo e risveglio della natura hanno posto le basi nella fede nella metempsicosi, la quale ha preceduto quella sull’immortalità dell’anima.

All’inizio l’anima era ritenuta mortale e senza retribuzione ultraterrena, poi in India, in Egitto, in Persia e in Grecia con le sette orfiche, si prese a credere all’immortalità dell’anima, al paradiso e all’inferno; però Filone non credeva all’immortalità dell’anima, Platone, come gli indiani, credeva che le anime dei cattivi s’incarnavano, mentre quelle dei buoni salivano in cielo, Origene, discepolo del neoplatonico Ammonio Sacca, credeva alla metempsicosi e negava la resurrezione.

Durkheim afferma che per gli antichi la metempsicosi spiegava la nascita dei vivi, perché le anime erano da loro considerate preesistenti e niente si creava da nulla, ai nostri antenati non era sfuggito che nella vita vegetale i semi rinnovavano la vita delle piante. Per gli indiani, liberandosi dalle passioni, s’interrompevano le reincarnazioni e si ritornava nel Brahman o Dio o anima universale, invece Budda affermò che, abolendo il desiderio, si poneva termine alle reincarnazioni e si raggiungeva il Nirvana.

L’induismo annuncia la liberazione dell’anima e il suo ritorno al Brahman, come credevano anche Platone e Origene; il Brahma


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MessaggioInviato: 23/09/2011, 12:38 
Un sentito grazie al grande Nunzio per il suo studio .


( che con calma , leggerò entro ottobre .... perfetta la forma grafica ! )


zio ot [;)]



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