Nel precedente post ho mostrato come, dalle parole stesse del Vangelo, risulta che Gesù Cristo fosse convinto di essere il Salvatore annunciatore della palingenesi universale, a sua volta annunciato dalla fede zoroastriana. Gesù era convinto che la sua venuta annunciasse la fine di questo mondo, con la battaglia finale delle forze del Bene e del Male, e la sua ricreazione in un mondo nuovo, liberato dal male e dalla morte. Se non fosse così, Gesù stesso non avrebbe annunciato il suo prossimo ritorno nel Vangelo di Marco, e i suoi discepoli non avrebbero creduto anch’essi nella prossimità di tale ritorno. Che i primi cristiani fossero convinti che il ritorno di Cristo e la fine del mondo fossero imminenti, è ormai un fatto storico assodato, e sia passi e frasi del Vangelo e delle lettere di Paolo di Tarso, nonché l’Apocalisse stessa, lo dimostrano. E oltre a questo, come se non bastasse, lo dimostrano i testi lasciatici dagli autori cristiani dei primi due secoli. Se questa dottrina non fosse stata parte integrante del messaggio di Gesù, non si spiegherebbe perché tutti i suoi discepoli ne fossero convinti. Non si spiegherebbe perché alla fine del Vangelo di Giovanni Gesù stesso affermi che sarebbe tornato sulla Terra già quando ancora il discepolo Giovanni sarebbe stato ancora vivo, e non si spiegherebbe perché nel libro dell’Apocalisse Cristo dice chiaramente che ritornerà molto presto, né perché Paolo in una delle sue lettere afferma di aspettare la trasformazione del suo corpo mortale nel corpo glorioso della resurrezione ancora prima di passare per la morte corporea. Ci sono inoltre altri passaggi del Vangelo che parlano della fine del mondo, e anche se non viene detto esplicitamente che è prossima, non avrebbe avuto senso riportarli, se in qualche modo si fosse trattato di un evento remoto nel tempo. Il fatto stesso che in uno dei Vangeli venga detto “il giorno del Signore verrà come un ladro”, cioè inaspettatamente, implica che non si tratta di una possibilità remota, ma di qualcosa che dovrà verificarsi in un prossimo futuro, anche se non è possibile stabilire quando. Non metti in guardia nessuno, se il pericolo è remoto… semmai ribadisci che si tratta di un pericolo remoto, di cui non preoccuparsi. E questa dottrina della prossimità del Giorno del Giudizio aveva una chiara origine: la dottrina zoroastriana, che affermava che fra la venuta del Salvatore e la successiva fine del mondo e sua ricreazione, ci sarebbe stato un breve lasso di tempo. Dal che, ne consegue un fatto evidente: che Gesù era il fautore di una sorta di sincretismo zoroastriano-ebraico, dove però la dottrina zoroastriana, e non quella ebraica, era la parte maggiore e preponderante. E in secondo luogo, significa che Gesù Cristo non si considerava certo il fondatore di una nuova religione, ma semplicemente quello che portava a compimento le promesse delle religioni precedenti: Zoroastrismo ed Ebraismo. Ma in particolar modo lo Zoroastrismo. Egli infatti non voleva dare inizio a nulla, se non all’annuncio della fine. Interpretato in questo modo, il suo messaggio assume tutto un altro carattere, e anche passi che prima apparivano sconcertanti e contraddittori, appaiono così in una nuova luce. Per esempio quando Gesù, che predica l’amore del prossimo e la rinuncia alla violenza, afferma poi di “non essere venuto a portare la pace, ma la spada” e che a causa sua le famiglie si troveranno divise e in contrasto. Appare un messaggio contraddittorio e foriero di violenza, ma non lo è. Di fatto, egli intende dire che sta per iniziare la lotta finale tra il Bene e il Male, fra i Figli della Luce e i Figli delle Tenebre, fra chi è amico di Dio e chi ne è il nemico, e lui ne è l’araldo. E sarà una guerra che porterà al Giudizio Universale, quindi non alla pace, ma a un dramma cosmico. C’è poi da notare un altro fatto nell’insegnamento di Gesù: che di fatto nel suo messaggio, della legge ebraica non vi rimane nulla o quasi. Innanzitutto c’è da notare che mentre l’Ebraismo è una religione nazionalistica, rivolta ai soli ebrei, il Cristianesimo è una religione universalistica, rivolta a tutta l’umanità, esattamente come lo è anche lo Zoroastrismo. La spiegazione di questo passaggio fra nazionalismo e universalismo diventa semplicissima se si presuppone l’enorme influenza dello Zoroastrismo sul Cristianesimo. Mosé annuncia Jahwé ai soli ebrei, Zoroastro invece annuncia Ahura Mazda all’intera umanità, e Gesù invia i suoi discepoli ad annunciare il suo Vangelo a tutti i popoli. Come si può negare il fatto, di per sé evidente, che Gesù avesse riconosciuto la superiorità del messaggio zoroastriano nella sua universalità? Inoltre, anche se Gesù afferma di essere venuto non ad abolire la legge, ma a completarla, di fatto la abolisce, dato che nel suo insegnamento non c’è nessuna concezione “legalistica” della morale. Nei Vangeli, di fatto, l’obbedienza a Dio non si attua attraverso una serie di comandamenti e precetti, di leggi inderogabili espressi da un codice scritto, ma solo con il seguire ideali di amore, umiltà, non-vilenza, carità e fede, non codificati da norme precise ma affidati alla libera coscienza di ognuno. Di fatto, la morale evangelica si avvicina di più alla morale zoroastriana, fondata sul triplice principio di “buoni pensieri”, “buone parole” e “buone azioni” (senza voler definire legalisticamente tali concetti) che alla statica e ferrea legge mosaica e levitica. E infatti nel Cristianesimo storico non c’è più traccia delle prescrizioni e dei divieti soffocanti dell’Ebraismo, se non una forma molto alterata dell’interpretazione dei dieci comandamenti mosaici. Che poi la morale cristiana abbia creato tutta una serie di codifiche morali e di prescrizioni rituali di altro tipo, molto diverse da quelle ebraiche, è un’altra questione. Fatto sta che della morale ebraica nel messaggio di Cristo c’è ben poco, mentre di fatto si avvicina di più a quella zoroastriana. Altri caratteri che dimostrano il sincretismo nel Cristianesimo fra Ebraismo e Zoroastrismo sono quelli di carattere teologico, per esempio la dottrina dello Spirito Santo. Lo Spirito Santo è del tutto assente nella teologia originaria dell’Ebraismo, mentre è sempre stato presente, come entità figlia di Dio, nello Zoroastrismo. Egli è Spenta Mainyu, il fratello e nemico di Angra Mainyu, lo Spirito Maligno, il Diavolo. Sull’origine zoroastriana dello Spirito Santo c’è poi un altro indizio: nel giorno della Pentecoste, quando discende sugli apostoli dando loro le facoltà miracolose a loro promesse da Gesù, appare sotto forma di lingue di fuoco. Il fuoco, appunto, è simbolo della manifestazione suprema di Dio, la sua suprema immagine, tanto è vero che ogni tempio zoroastriano ha sempre un fuoco acceso al suo interno. Un altro concetto tipico della teologia zoroastriana passata in quella cristiana, è il carattere più mite e pacifico della divinità, rispetto a quello ebraico. Di fatto, mentre Jahwé è un Dio nazionalista, vendicatore, battagliero, violento e geloso, “il Dio degli eserciti”, che punisce aspramente e in modo vendicativo e tirannico chi trasgredisce le sue leggi, al contrario Ahura Mazda è un Dio tutta benevolenza, mitezza, pace e privo di ogni carattere di ira e vendetta. Ahura Mazda non punisce e non giudica, poiché è infinita bontà: è il malvagio stesso che viene condannato dalla sua stessa condotta, che lo condurrà inevitabilmente all’infelicità e alla morte spirituale. Una morte spirituale che però non sarà eterna, perché l’amore di Dio per la sua creazione condurrà alla salvezza e alla beatitudine finale tutti gli esseri. Il Dio del Cristianesimo invece è una sorta di contraddittorio ibrido fra i due: da un lato un Dio della misericordia e dell’amore, dall’altro un Dio che punisce e condanna i peccatori alla dannazione eterna. Il Cristianesimo dunque all’origine non era né una “nuova religione” nelle intenzioni del suo fondatore, né una “eresia” dell’Ebraismo, era semplicemente il risultato delle attese messianiche e di altre influenze teologiche introdottesi dallo Zoroastrismo nell’Ebraismo. Ma, si sa, tale attesa messianica fu delusa: Cristo non tornò, né presto né tardi, e la battaglia finale fra il Bene e il Male del pari non avvenne. Il mondo continuò ad andare nella stessa identica maniera di prima della venuta di Cristo. La logica più pragmatica e ingenua ci porta a pensare che quando qualcuno resta deluso nelle aspettative della sua fede religiosa, egli smette di crederci, ma la fede non è qualcosa di razionale e noi sappiamo bene come finiscono queste cose…. La delusione di un’attesa messianica non porta alla mancanza di fede, ma alla sua trasformazione in qualcos’altro che permetta al fedele di credere che non si è sbagliato a credere, ma che magari ha solo frainteso il messaggio. Dopo circa due secoli, i cristiani si trovarono di fronte al fatto che Gesù non tornava, e il mondo non voleva saperne di finire, anche se stava passando un sacco di guai…. Cosa bisognava fare, allora? Semplice. Si trasformò il Cristianesimo da movimento di attesa apocalittica e messianica in religione statica e autonoma a tutti gli effetti. Si disse che gli apostoli e i seguaci di Cristo si erano sbagliati a credere che Gesù sarebbe tornato presto, e posticiparono la fine del mondo a data da destinarsi. Sorvolarono sul fatto che Gesù stesso credeva che la fine del mondo fosse imminente, perché ammettere questa verità sarebbe stato ammettere la sostanziale falsità del suo messaggio. Se Cristo si era sbagliato, allora non era lui il Salvatore, il Messia atteso. Si affermò, assurdamente, che erano stati solo i primi cristiani a fraintendere. Come fosse successo che gli apostoli e i discepoli non avessero frainteso altre parti della dottrina, ma solo questa, nessuno lo notò. Non si DOVEVA notarlo… Ma stravolgere così il messaggio cristiano aveva un prezzo, perché significava introdurre contraddizione e confusione in un messaggio che prima era chiaro e semplice, e coerente. Una contraddizione e una confusione che durano ancora oggi in senso alla dottrina cristiana, che per salvare capra e cavoli, per conciliare ciò che non è conciliabile, ha finito per naufragare in tali e tante astrattezze teologiche prive di coerenza da non poterne più uscire se non disconoscendo se stessa. Il Messia era venuto, ma non era cambiato niente. Questo era un fatto, e non lo si poteva negare. Bisognava inventarsi qualcosa che spiegasse questa impasse, un qualcosa che contraddicesse l’evidenza: Gesù era un falso Messia perché non aveva mantenuto le promesse messianiche, quelle di un “tempo promesso” e di “nuovi cieli e una nuova terra” dove, secondo la profezia di Isaia, “il lupo e l’agnello avrebbero vissuto assieme” e dove “le spade sarebbero state fuse per farne vomeri e aratri”. Era indubitabile, perciò bisognava aggiungere qualcosa di nuovo per risolvere la contraddizione. Bisognava inventarsi una spiegazione astratta per spiegare la venuta di Gesù e la sua vicenda umana. Ci pensò Sant’Agostino, di tutti i Padri della Chiesa, quello che aveva la mente più brillante, più profonda, nutrita della sapienza della filosofia greca, in particolar modo di quella neoplatonica. Egli inventò la dottrina del peccato originale, che prima di lui non esisteva. Con la dottrina del peccato originale commesso da Adamo ed Eva, si spiegava la venuta e il sacrificio di Cristo. Egli era venuto per cancellare le conseguenze di tale peccato, e dare agli uomini la possibilità di diventare puri e santi nonostante la natura peccaminosa di tutta l’umanità. Il mondo, per Sant’Agostino, era ancora avvolto dal male perché l’uomo è “cattivo” per natura, a causa di un singolo peccato commesso dai progenitori. Ma chi ha fede in Cristo, può liberarsi delle conseguenze di tale peccato e accedere alla salvezza, anche se l’umanità resta preda di questa predisposizione al male. In questo modo, si concluse lo stravolgimento del messaggio originario del Cristo, che non disse mai di essere venuto a cancellare le conseguenze del peccato originale, e a cui gli Ebrei non avevano mai creduto. Infatti per loro il peccato di Adamo ed Eva era semplicemente il primo dei peccati, ma non aveva certo “inquinato” la natura umana. Da salvatore apocalittico del mondo, Gesù era stato trasformato in agnello sacrificale il cui sangue mondava i peccati del mondo. L’idea di Gesù come salvatore del mondo attraverso il suo sacrificio in croce, l’idea che il suo sangue abbia lavato il peccato originale (ma solo per i suoi seguaci, beninteso) non è affatto una dottrina che si trova nel Vangelo. Ciò che si arguisce dal Vangelo è che la sua morte ha senso solo per manifestare il miracolo della resurrezione, non per cancellare i peccati del mondo. La sua morte era semplicemente la conseguenza della battaglia fra il Bene e il Male. I malvagi avrebbero dato l’impressione di vincere, uccidendo il Messia, ma questi si sarebbe dimostrato più forte di loro risorgendo dalla morte. Il peccato originale, così ribadito per tanti secoli per giustificare la venuta di Gesù, non c’entrava assolutamente niente nel messaggio originario del Cristo. Il Cristianesimo non era più un movimento messianico zoroastriano-ebraico, era divenuto una nuova religione indipendente, i cui nuovi caratteri nascondevano la sua reale origine. In questo modo, i cristiani hanno potuto credere di essere i fautori di una religione “nuova”, dai caratteri inusitati, mentre in realtà non si rendevano conto di essere semplicemente degli zoroastriani mascherati, con un po’ di ebraismo qua e là, per illuderli che Gesù compiva presunte promesse messianiche fatte da Dio agli Ebrei, quando in realtà l’origine del Cristianesimo era da tutt’altra parte… molto più a oriente della Palestina. Di fatto, oggi i cristiani di fronte alla verità sull’origine della propria religione, per essere veramente coerenti , potrebbero fare solo due cose: o abiurare il Cristianesimo, o ammettere di essere una sorta di “eresia” inconsapevole dello Zoroastrismo, e ammettere che Gesù non era il Salvatore che deve venire, ma solo un zoroastriano ebreo, che si è illuso di esserlo. Si capisce quindi lo strano accanimento che hanno soprattutto i cristiani evangelici nei confronti della religione zoroastriana, fondamentalisti religiosi che hanno intuito il pericolo insito nello Zoroastrismo, il quale ritorna ad essere meglio conosciuto anche in Occidente.
|