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U.F.O.
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MessaggioInviato: 14/11/2013, 13:15 
Se partiamo dal presupposto che le religioni sono create dall'uomo ogni religione è poco credibile, se riconduciamo le religioni a potere rende chiaro il motivo per cui esistano.
Se dobbiamo credere in Cristo , perchè abbiamo dimenticato le divinità dei tempi egizi?
La fine delle religioni e credenze non dimostrabili è destinata nel tempo a scemare forse di qui a 2000 anni ma non sarò di certo io a darvi testimonianza di questo .
Nel frattempo i cristinai continueranno a far campare la Chiesa Cattolica ed il resto delle religioni i loro beniamini .
Se l'umano ha bisogno di credere a qualcosa per giustificare la sua vita la vedo come una debolezza , quella debolezza che ha fatto forte chi porta avanti da secoli credenze tutt'altro che dimostrabili .


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MessaggioInviato: 26/11/2013, 10:23 
Un articolo che evidenzia i rischi legati al dover avere un "intermediario", a dovermi rivolgere a 'terze' persone per soddisfare i propri bisogni spirituali e non solo spirituali. Rischi che diventano maggiori soprattutto per quell persone in difficoltà, persone deboli, fragili, permettetemi... "ignoranti" (in senso buono)...

Succede a Treviso, (non in Burundi)

Il prete alla bimba violentata: "Taci e perdona come Maria Goretti"
L'undicenne importunata dal patrigno cerca conforto nel sacerdote che le risponde di stare zitta e non provocare scandalo


In nome di Santa Maria Goretti, la martire che a 11 anni morì per le ferite ricevute dopo aver resistito allo stupro di Alessandro Serenelli, l’uomo di Chiesa le aveva detto di tacere, e perdonare. E cercare la storia della Santa, cui doveva ispirarsi, su Internet, per capire la nobiltà del suo gesto. Questo si era sentito dire una sedicenne di origini africane, allora bambina, residente nel trevigiano dal 2002 con la madre e il patrigno, dalle labbra del sacerdote cui la stessa madre l’aveva accompagnata. L’incontro col prete, che seguiva la comunità di preghiera della madre e della figlia, era stato deciso per discutere di una questione assai scabrosa, cioè le torbide attenzioni del patrigno sulla piccola, cominciate quando aveva undici anni. E proseguite con insistenza, in modo sempre più invadente, e intollerabile. Finché la bambina non aveva deciso di parlarne, prima con una compagna di banco poi, superando paura e vergogna, anche alla madre.

Forse per evitare uno scandalo, forse per soggezione nei confronti dell’uomo, la madre non va dritta dai carabinieri, ma, profondamente credente, cerca consiglio in due sacerdoti. Loro potranno sciogliere il dubbio circa il modo di affrontare una questione così dolorosa.

E invece sprofondano madre e figlia nell’assurdo, nel fanatismo, nella superstizione più ottusa e ignorante. Un primo sacerdote ricorre addirittura a pratiche voodoo per scacciare il patrigno dalla bambina. Un caso evidente di squilibrio mentale. La donna e la figlia si rivolgono allora a un secondo sacerdote, questo apparentemente assennato. In realtà una psiche non meno turbata della prima. Ascoltato il racconto delle molestie subite dal patrigno, il sacerdote ha un’illuminazione. Ecco, dice alla bambina, non devi addolorarti di questa cosa, tu sei come Maria Goretti, conosci la sua storia? Devi fare come lei, devi tacere e perdonare il tuo aggressore. E seguire le orme di Maria Goretti, della quale ti invito a conoscere la storia, vai su Internet e leggila.

Un invito che non sappiamo se sia stato accolto dalla bambina, ma che potrebbe essere stato interessante per rivelare l’insipienza del sacerdote, perché, nonostante le sue immaginazioni esaltate, Maria Goretti non ha affatto taciuto e perdonato, ma tentò in ogni modo di resistere allo stupratore, e quello, in preda alla frustrazione, la ferì a morte.

Ma la realtà della storia di Maria Goretti non aveva importanza, quello che contava era imporre il silenzio e la sottomissione alla bambina.

Chissà per quale insondabile perversione del sacerdote. Solo oggi la ragazzina ha avuto il coraggio, come racconta la Tribuna di Treviso, di denunciare il patrigno e chiedere giustizia.

Ci domandiamo se questi due sacerdoti abbiano dispensato anche in altri casi, più o meno analoghi, i loro deliranti consigli. E se ora non saranno affidati alle cure di chi può rimettere in sesto la loro squilibrata ragione morale, dopo essere stati rimossi da qualunque incarico presso i fedeli.

Non sappiamo se dietro a questi comportamenti ci sia soltanto la follia o l’ignoranza, che sarebbero in fondo due scusanti, o un qualche impulso sadico, insieme a un’evidente confusione su questioni attinenti la sfera sessuale. Ma è una storia marcia fin dal principio, dalla madre che, appreso dalla bambina il suo segreto, tenta evidentemente di rimuoverlo, di nasconderlo rivolgendosi a due sacerdoti.

Come se fosse stato un problema di coscienza della bambina, e non, come proprio Maria Goretti comprese benissimo nella sua mente di fanciulla, l’aggressione di un mostro.

http://www.liberoquotidiano.it/news/ita ... etti-.html



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Nessuno è così schiavo come chi crede falsamente di essere libero. (Goethe)
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MessaggioInviato: 23/01/2014, 16:01 
I Mandei, Giovanni e Gesù

1- Un popolo misterioso

Tra Tigri ed Eufrate, tra Iran e Iraq, vive, come una piccola isola in un oceano di islamismo sciita e sunnita, un popolo antichissimo, ormai ridotto da secolari persecuzioni cristiane e mussulmane a poche migliaia di rappresentanti che, per molti versi, rappresenta una sorta di mistero storico.

Comunemente vengono chiamati Mandei, che in antico aramaico significa “gnostici” (da Manda, conoscenza) ma è un termine posteriore, nato forse dalla contaminazione tra questo gruppo, così legato alla meditazione sui suoi testi sacri e impregnato di misticismo dualista e le mille correnti della Gnosi tra II e V secolo. Anche il nome con cui sono conosciuti tra gli islamici e con cui sono menzionati nel Corano, Sabei, non ha un grande significato, visto che significa semplicemente “battezzati” e deriva dal loro rito fondamentale: il battesimo in acqua fluviale (di qualsiasi fiume che, però, nel momento in cui diventa fonte battesimale, viene chiamato “Giordano”) (1).

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Richard Valantasis, Il Vangelo di Tommaso. Versione copta integrale commentata Tra loro si chiamano Nozrai, rifacendosi a quel gruppo di “pii” dedicati a Dio, di cui fecero parte anche Sansone e Gesù (il cui nome Yeshua Nozrai venne poi scambiato come un nome seguito da locativo e tradotto come Gesù di Nazareth, anche se Nazareth ancora non esisteva al momento della sua nascita (2)).

Le origini di questa che alcuni definiscono come l’ultima setta gnostica al mondo rappresentano un problema etno-antropologico di interesse assoluto: alcuni presumono che siano originari della Palestina e che, durante il primo quarto del I secolo, siano fuggiti dalle persecuzioni e dalla repressione verso la città di Harran in Siria e poi, a causa dell’inimicizia con la comunità cristiana prima e con quella islamica poi, siano stati costretti a lasciare la regione per spostarsi nella Babilonia meridionale fino alla regione di Marsh nell’attuale Iraq meridionale. Secondo altri ricercatori invece, i Mandei vissero inizialmente in Mesopotamia, nelle vicinanze dei fiumi Eufrate e Tigri. Di certo, la lingua mandea classica è un dialetto aramaico, molto vicino all’aramaico del Talmud babilonese (3).

Tutto ciò ha portato a pensare, fino a tempi recenti, che venissero da una setta ebraica scissionista, ma ora è riconosciuto che non hanno radici giudaiche. Infatti, anche se i loro scritti comprendono i nomi di alcuni personaggi del Vecchio Testamento, non conoscono le tradizioni ebraiche e il loro giorno sacro non cade di sabato. Tutto ciò indica che probabilmente sono vissuti vicino ai giudei, ma non facevano parte di essi (4).

Gli studiosi hanno sempre considerato strana l’insistenza con cui i Mandei affermano di provenire dall’Egitto: si considerano «correligionari» degli antichi egizi e sostengono che la loro religione sia nata nella misteriosa regione montana ricordata come Tura d’Madai, da un popolo venuto dall’Egitto, come sembrerebbero dimostrare anche alcuni nomi delle loro divinità e le loro cerimonie funebri, molto simili a quelle egiziane.

Probabilmente, il tratto più interessante di questo antico e misterioso popolo risiede nella sua religione, che, a prima vista, può apparire una confusa mescolanza di giudaismo vetero-testamentario, gnosticismo eretico, cristianesimo e credenze iraniane dualistiche, le cui origini sembrano essere state dimenticate.

Essi credono in una gerarchia di dei e semidei, maschi e femmine, con una netta divisione tra gli spiriti della luce e quelli delle tenebre. L’essere supremo, creatore dell’universo e delle divinità minori, ha vari nomi, che si possono tradurre come «Vita», «Mente» o «Re della Luce».

Egli creò cinque «esseri della luce» che automaticamente originarono cinque opposti esseri delle tenebre. Come in molti sistemi gnostici, questi semidei crearono e governano l’universo materiale e la terra. Anche il genere umano fu creato da un semidio che, a seconda delle varie versioni del mito, prende il nome di Hiwel Ziwa o Ptahil.

I primi uomini fisici furono Adamo ed Eva, Adam Paghia e Hawa Paghia, con degli opposti «occulti» in Adam Kasya e Hawa Kasya.

I vangeli gnostici. Vangeli di Tomaso, Maria, Verità, Filippo I Mandei credono di essere discesi da due genitori delle coppie opposte: Adam Paghia e Hawa Kasya. L’equivalente più simile al demonio è la dea Ruha, che governa il regno delle tenebre, ma è anche considerata come lo Spirito Santo.

Per i Mandei il celibato è un peccato, e gli uomini che muoiono senza aver contratto matrimonio sono condannati alla reincarnazione. Tranne che in questo caso, i Mandei non credono nel ciclo della rinascita: alla morte l’anima ritorna al mondo della luce da cui era venuta, ed è aiutata nel suo cammino con preghiere e cerimonie che, come menzionato, ricordano gli antichi riti funebri egizi.

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La religione permea ogni aspetto della vita quotidiana dei Mandei, ma il sacramento chiave è, come si diceva, il battesimo, che caratterizza anche i matrimoni e i funerali e il cui rituale comporta una serie di strette di mano tra sacerdoti e battezzati. Il giorno sacro è la domenica.

Le comunità sono rette da sacerdoti, che prendono anche il titolo di «re» (malka), ma alcuni compiti religiosi possono essere svolti anche dai laici. Il sacerdozio è ereditario e prevede tre gradi: sacerdoti ordinari, chiamati «discepoli» (tarmide), vescovi, e un «capo del popolo». Da più di un secolo nessuno è stato ritenuto degno di ricoprire questo ruolo (5).

2- Il Battista e Gesù nella tradizione mandea

Ognuno di questi aspetti meriterebbe di essere lungamente analizzato, ma, in questa sede, è interessante soffermarci soprattutto sul loro strettissimo rapporto con la figura di San Giovanni Battista, un rapporto così stretto da averli fatti in alcuni casi definire “Cristiani di San Giovanni” (anche se, in effetti, sono assolutamente estranei al cristianesimo).

I Mandei considerano il Battista (Yahia) come uno dei più importanti capi della loro setta, ma affermano di esistere da molto tempo prima del Battista. Di fatto, uno dei loro libri sacri, il Drashia d-Yahia, è interamente dedicato a lui e ai suoi rapporti con Gesù (Ishu).

La nascita di Giovanni è annunciata in sogno e indicata dall’apparizione di una stella che rimane sospesa sopra Enishbai (Elisabetta), mentre il padre di Giovanni è Zakhria (Zaccaria), anziano e senza figli, esattamente come nel racconto del Vangelo. Dopo la nascita del bambino i giudei complottano contro di lui, per cui viene nascosto da Anosh (Enoch) su una montagna sacra, dalla quale ritorna all’età .di ventidue anni, per diventare capo dei Mandei e, significativamente, da questo momento in poi è presentato come un guaritore.

Michael Baigent, Misteri antichi Giovanni è chiamato «pescatore di anime» e «buon pastore», appellativi molto comuni riferiti a numerose antiche divinità mediterranee.

Secondo la leggenda Giovanni sposa Anhar, ma la donna non svolge un ruolo importante. Invece, stranamente, non compaiono notizie sulla sua morte, salvo un’immagine suggestiva nel “Libro di Giovanni” in cui, dopo una morte serena, la sua anima viene portata via dal dio Manda-t-Haiy nella forma di un bambino; ma questa sembra essere piuttosto una poetica prefigurazione di ciò che i Mandei pensavano dovesse accadere al Battista.

Si diceva che nel “Libro di Giovanni” è descritta anche la figura di Gesù, sia con il nome “Yeshu Messiah”, sia come “Messiah Paulis” (probabilmente da una parola persiana che significa «imbroglione» ) e qualche volta come “Cristo il romano”.

Anche se il testo è piuttosto oscuro, fa la sua comparsa nella storia mentre studia per diventare discepolo di Giovanni: Gesù non era un membro della setta, ma un esterno. Quando si presenta sulle rive del Giordano e chiede il battesimo, Giovanni non è convinto che ne sia degno e glielo rifiuta, ma Gesù riesce a persuaderlo. Mentre Gesù viene battezzato, Ruha, la dea degli inferi, appare in forma di colomba e traccia una croce di luce sul Giordano.

Francesco Zambon (cur.), La cena segreta Dopo essere diventato discepolo di Giovanni, in modo simile a quanto raccontato dai cristiani a proposito di Simon Mago, Gesù, come dice Kurt Rudolph, «travisa la parola di Giovanni, cambia il battesimo del Giordano e diventa sapiente attraverso la sapienza di Giovanni» (6).

L’Hawan Gawaita, altro testo sacro mandeo, denuncia Gesù con queste parole: «Egli travisò le parole della luce e le cambiò in tenebre, convertì coloro che erano miei e alterò tutti i culti», mentre il Ginza, il “vangelo” dei Mandei, dice: «Non credere [a Gesù], perché pratica la stregoneria e l’inganno».

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I Mandei, inoltre, nella loro confusa cronologia, attendono con ansia l’avvento di una figura chiamata Anosh-Uthra (Enoch) che «accuserà Cristo il romano, il mentitore, figlio di una donna che non è dalla luce» e «smaschererà Cristo il romano come mentitore; egli sarà legato dalle mani dei giudei, i suoi devoti lo legheranno e il suo corpo sarà trucidato».

Davvero particolare è questa contrapposizione tra il Battista, figura positiva e Gesù, visto così negativamente. Se, da un lato, è plausibile pensare che, in qualche modo, i Mandei, entrati in contatto con la corrente giovannita nel I secolo, potessero aver assorbito i suoi insegnamenti e averli sincretizzati in un loro apparato teologico-simbolico precedente, ciò che lascia perplessi è che, a differenza della “letteratura classica” cristiana (sostanzialmente di origine evangelica), il Battista non venga indicato come precursore di Gesù, ma come il nucleo di una tradizione, forse prettamente esoterica, che viene per molti versi “tradita” da Gesù stesso.

Tenendo conto dell’isolamento geografico e culturale dei Mandei (un isolamento che, dal punto di vista dell’antropologia religiosa, pur nella difficoltà di analisi di una civiltà così ricca ma anche così chiaramente osmotica, secondo le regole basilari di tale scienza, dovrebbe portare alla preservazione di nuclei culturali incontaminati (7)) rispetto allo sviluppo successivo della religione cristiana, vale, dunque, la pena di tentare di rileggere oggettivamente i Vangeli, alla ricerca di possibili tracce di un Battista il cui rapporto con Gesù possa essere leggibile in una ottica almeno parzialmente differente rispetto a quella consolidata.

3- Una nuova visione dei rapporti tra il Battista e Gesù

Ad una analisi più approfondita è immediatamente possibile notare che, pur essendo uno dei santi più conosciuti del cristianesimo e il titolare di un numero di patronati che non ha eguali nella cristianità, Giovanni il Battista è, dal punto di vista storico, una delle figure più misteriose e contraddittorie del Nuovo Testamento.

Oltre ai Vangeli canonici, solo Giuseppe Flavio accenna brevemente a lui, in un brano che non presenta particolari difficoltà di ricezione (non risultando, per comune convinzione dei filologi, in alcun modo interpolato) e che, dunque, può essere considerato prova sufficiente della reale esistenza storica della figura del Battista:

“Ad alcuni dei Giudei parve che l’esercito di Erode fosse stato annientato da Dio, il quale giustamente aveva vendicato l’uccisione di Giovanni soprannominato il Battista. Erode infatti mise a morte quel buon uomo che spingeva i Giudei che praticavano la virtù e osservavano la giustizia fra di loro e la pietà verso Dio a venire insieme al battesimo; così infatti sembrava a lui accettabile il battesimo, non già per il perdono di certi peccati commessi, ma per la purificazione del corpo, in quanto certamente l’anima è già purificata in anticipo per mezzo della giustizia. Ma quando si aggiunsero altre persone – infatti provarono il massimo piacere nell’ascoltare i suoi sermoni – temendo Erode la sua grandissima capacità di persuadere la gente, che non portasse a qualche sedizione – parevano infatti pronti a fare qualsiasi cosa dietro sua esortazione – ritenne molto meglio, prima che ne sorgesse qualche novità, sbarazzarsene prendendo l’iniziativa per primo, piuttosto che pentirsi dopo, messo alle strette in seguito ad un subbuglio. Ed egli per questo sospetto di Erode fu mandato in catene alla già citata fortezza di Macheronte, e colà fu ucciso” (8)

Il racconto del grande storico ebreo romanizzato collima perfettamente con il racconto evangelico dell’arresto e dell’esecuzione di Giovanni: il Battista predica alle folle e, nella sua predicazione moralizzatrice, finisce per toccare argomenti di natura familiare riguardanti il re Erode Antipa (“Giovanni diceva a Erode: «Non ti è lecito tenere la moglie di tuo fratello»” (9)) che lo fa imprigionare e, dopo aver, incautamente, pubblicamente dichiarato che esaudirà qualunque desiderio della figliastra Salomè che ha danzato per lui alla festa del suo compleanno, quando questa, imbeccata dalla madre Erodiade, chiede la testa di Giovanni deve, per non rimangiarsi la parola davanti ai suoi commensali (cioè ai suoi dignitari di più alto rango), seppur a malincuore, accontentarla. Che le cose siano andate esattamente così o che, alla base della condanna del Battista ci fossero ben altre motivazioni di natura politica (ad esempio le accuse sulla scarsissima legittimità del regno di Antipa, praticamente un fantoccio nelle mani dei protettori romani, da parte di un rigorista nazionalista come Giovanni) che non gli attacchi portati dal Battista ad Erodiade (che, lasciando il marito Erode Filippo “il senzaterra” per il cognato re non sembra si fosse particolarmente preoccupata della pubblica riprovazione e delle implicazioni religiose del suo gesto) e la libido del re verso la figliastra (che, cronologie storiche alla mano, doveva essere poco più che una bambina), non è dato sapere.

Di fatto, ciò che appare più strano è che non vi siano state reazioni all’omicidio da parte dei giovanniti. Leggiamo quanto scrive a tale proposito Marco:

“I discepoli di Giovanni, saputa la cosa, vennero, ne presero il cadavere e lo posero in un sepolcro” (10).

Nient’altro! Nessuna ribellione, nessuna sommossa, nessun tumulto. Eppure, i discepoli di Giovanni dovevano essere molti e piuttosto agguerriti, come possiamo evincere da questo dibattito tra Gesù e i Farisei riportato da Matteo:

“Gesù rispose: «Vi farò anch’io una domanda e se voi mi rispondete, vi dirò anche con quale autorità faccio questo. Il battesimo di Giovanni da dove veniva? Dal cielo o dagli uomini?». Ed essi riflettevano tra sé dicendo: «Se diciamo: “dal Cielo”, ci risponderà: “perché dunque non gli avete creduto?”; se diciamo “dagli uomini”, abbiamo timore della folla , perché tutti considerano Giovanni un profeta». Rispondendo perciò a Gesù, dissero: «Non lo sappiamo». Allora anch’egli disse loro: «Neanch’io vi dico con quale autorità faccio queste cose»” (12)

Piuttosto insoliti questi discepoli di Giovanni, pronti a lapidare chi dubita dell’ascendenza divina dell’insegnamento del loro Maestro, ma che piegano il capo senza una sola protesta quando questi viene decapitato! O, forse, gli Evangelisti preferiscono far passare sotto silenzio eventuali tumulti?

Non è l’unica stranezza riguardo al Battista.

Gabriele Boccaccini, Oltre l'ipotesi essenica. Lo scisma tra Qumran e il giudaismo enochico Luca, così come fa per l’infanzia di Gesù, si dilunga per 20 versetti parlandoci delle circostanze miracolose della nascita di Giovanni da Zaccaria ed Elisabetta (13). Dal momento che Elisabetta è la cugina che Maria va a visitare, apparirebbe logico che Giovanni e Gesù fossero cugini di III grado e, come tali, almeno si conoscessero. Eppure in Giovanni troviamo:

“Il giorno dopo, Giovanni vedendo Gesù venire verso di lui disse: «Ecco l’agnello di Dio, ecco colui che toglie il peccato del mondo! Ecco colui del quale io dissi: Dopo di me viene un uomo che mi è passato avanti, perché era prima di me. Io non lo conoscevo, ma sono venuto a battezzare con acqua perché egli fosse fatto conoscere a Israele». Giovanni rese testimonianza dicendo: «Ho visto lo Spirito scendere come una colomba dal cielo e posarsi su di lui. Io non lo conoscevo, ma chi mi ha inviato a battezzare con acqua mi aveva detto: L’uomo sul quale vedrai scendere e rimanere lo Spirito è colui che battezza in Spirito Santo. E io ho visto e ho reso testimonianza che questi è il Figlio di Dio»” (14).

E anche volendo interpretare questo brano pensando che il Battista intendesse dire di non sapere, fino a quel momento, che Gesù fosse il Messia, la questione risulta alquanto strana, in quanto è proprio lui che riconosce per primo la divinità di Gesù, sobbalzando nel ventre della madre visitata da Maria (“Ecco, appena la voce del tuo saluto è giunta ai miei orecchi, il bambino ha esultato di gioia nel mio grembo.” (15)): possibile che Elisabetta non avesse mai raccontato al figlio di questo miracoloso evento?

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Ma gli elementi problematici non finiscono qui. Prendiamo i racconti del battesimo di Gesù. Matteo ce ne parla in cinque versetti:

“In quel tempo Gesù dalla Galilea andò al Giordano da Giovanni per farsi battezzare da lui. Giovanni però voleva impedirglielo, dicendo: «Io ho bisogno di essere battezzato da te e tu vieni da me?». Ma Gesù gli disse: «Lascia fare per ora, poiché conviene che così adempiamo ogni giustizia». Allora Giovanni acconsentì. Appena battezzato, Gesù uscì dall’acqua: ed ecco, si aprirono i cieli ed egli vide lo Spirito di Dio scendere come una colomba e venire su di lui. Ed ecco una voce dal cielo che disse: «Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto».” (16),

Marco, più sbrigativamente, in tre:

“In quei giorni Gesù venne da Nazaret di Galilea e fu battezzato nel Giordano da Giovanni. E, uscendo dall’acqua, vide aprirsi i cieli e lo Spirito discendere su di lui come una colomba. E si sentì una voce dal cielo: «Tu sei il Figlio mio prediletto, in te mi sono compiaciuto».” (17),

Luca in soli due:

“Quando tutto il popolo fu battezzato e mentre Gesù, ricevuto anche lui il battesimo, stava in preghiera, il cielo si aprì e scese su di lui lo Spirito Santo in apparenza corporea, come di colomba, e vi fu una voce dal cielo: «Tu sei il mio figlio prediletto, in te mi sono compiaciuto».” (18),

mentre Giovanni, come visto, si sofferma più lungamente, come Matteo, su tutto l’episodio.

Fin qui nulla di strano. Pur con accenti lievemente diversi, i quattro racconti sono sostanzialmente coerenti e omogenei: segni straordinari accompagnano il battesimo di Gesù, segni tali da rendere evidente a tutti, Giovanni per primo, che Gesù è realmente il Messia.

In questo quadro, perché, allora, in Matteo troviamo:

“Giovanni intanto, che era in carcere, avendo sentito parlare delle opere del Cristo, mandò a dirgli per mezzo dei suoi discepoli:«Sei tu colui che deve venire o dobbiamo attenderne un altro?».” (19)?

Possibile che Giovanni, pur avendo, secondo alcuni Vangeli, immediatamente indicato Gesù come Messia e, comunque, avendo assistito ai prodigi del suo battesimo, nutra ancora dei dubbi?

Inoltre, perché, se si considera realistico quanto riporta Giovanni evangelista:

“Giovanni rispose loro: «Io battezzo con acqua, ma in mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, uno che viene dopo di me, al quale io non son degno di sciogliere il legaccio del sandalo».” (20)

il Battista continua a battezzare anche dopo la venuta del Messia (“Dopo queste cose, Gesù andò con i suoi discepoli nella regione della Giudea; e là si trattenne con loro, e battezzava. Anche Giovanni battezzava a Ennòn, vicino a Salìm, perché c’era là molta acqua; e la gente andava a farsi battezzare. Giovanni, infatti, non era stato ancora imprigionato.” (21))?

Robert H. Eisenman, Michael Wise, I manoscritti segreti di Qumran Non sarebbe stato più normale che, una volta esauritosi il suo compito profetico, nella pienezza dei tempi, Giovanni (lui che battezza con l’acqua mentre Gesù battezza con il fuoco…) si ritirasse, seguisse il suo Messia, unisse le forze dei suoi discepoli (dai quali, comunque, provenivano i primi Apostoli) a quelle dei discepoli di Gesù? Invece continua a battezzare, continua a predicare, continua ad avere un seguito separato da quello di Gesù. Perché?

Strategicamente, si potrebbe parlare di una “dispersione di forze” assolutamente inopportuna e, anzi, controproducente, se finisce per creare addirittura una tradizione separata da quella cristiana come, appunto, quella dei Mandei.

Tra l’altro, dai Vangeli non apparirebbe neppure che, tra i due gruppi esistesse grande intesa o, per lo meno, comunanza di rituali, se leggiamo:

“Ora i discepoli di Giovanni e i farisei stavano facendo un digiuno. Si recarono allora da Gesù e gli dissero: «Perché i discepoli di Giovanni e i discepoli dei farisei digiunano, mentre i tuoi discepoli non digiunano?». Gesù disse loro: «Possono forse digiunare gli invitati a nozze quando lo sposo è con loro? Finché hanno lo sposo con loro, non possono digiunare. Ma verranno i giorni in cui sarà loro tolto lo sposo e allora digiuneranno.” (22) Insomma, sembra quasi di vedere due scuole di pensiero diverse a confronto… Una differenza sottolineata da Gesù stesso nel momento in cui afferma:

“È venuto Giovanni, che non mangia e non beve, e hanno detto: Ha un demonio. È venuto il Figlio dell’uomo, che mangia e beve, e dicono: Ecco un mangione e un beone, amico dei pubblicani e dei peccatori. Ma alla sapienza è stata resa giustizia dalle sue opere».” (23)

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Anche i rapporti tra i due “leader” religiosi sembrano alquanto strani e, a tratti misteriosi. Cosa significa la frase di Gesù:

“In verità vi dico: tra i nati di donna non è sorto uno più grande di Giovanni il Battista; tuttavia il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui.” (24)?

A prima vista si direbbe, pur nel contesto di un riconoscimento a Giovanni del ruolo di “sigillo dei profeti”, più che un attestato di stima, un voler rimarcare una differenza di ruoli, una inferiorità del Battista rispetto al Messia (poco sopra: “Chi accoglie un profeta come profeta, avrà la ricompensa del profeta, e chi accoglie un giusto come giusto, avrà la ricompensa del giusto.” (25)…).

Nell’episodio, raccontato da tutti i Sinottici (26), del riconoscimento della Divinità Messianica da parte di Pietro, è impossibile non notare, in particolare dalla narrazione di Matteo:

“Essendo giunto Gesù nella regione di Cesarèa di Filippo, chiese ai suoi discepoli: «La gente chi dice che sia il Figlio dell’uomo?». Risposero: «Alcuni Giovanni il Battista, altri Elia, altri Geremia o qualcuno dei profeti». Disse loro: «Voi chi dite che io sia?». Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente».E Gesù: «Beato te, Simone figlio di Giona, perché né la carne né il sangue te l’hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli”,

come Gesù sembri provare un certo disagio nell’essere confuso con il Battista (cosa che, evidentemente, doveva accadere spesso se persino Antipa lo scambierà per Giovanni risorto) e come sia lieto che Pietro asserisca la sua messianicità.

Quanto a frasi sibilline, anche Giovanni non sembra essere affatto secondo a Gesù.

Prendiamo questo lungo passaggio del Vangelo di Giovanni:

“Nacque allora una discussione tra i discepoli di Giovanni e un Giudeo riguardo la purificazione. Andarono perciò da Giovanni e gli dissero: «Rabbì, colui che era con te dall’altra parte del Giordano, e al quale hai reso testimonianza, ecco sta battezzando e tutti accorrono a lui». Giovanni rispose: «Nessuno può prendersi qualcosa se non gli è stato dato dal cielo. Voi stessi mi siete testimoni che ho detto: Non sono io il Cristo, ma io sono stato mandato innanzi a lui. Chi possiede la sposa è lo sposo; ma l’amico dello sposo, che è presente e l’ascolta, esulta di gioia alla voce dello sposo. Ora questa mia gioia è compiuta. Egli deve crescere e io invece diminuire.

Chi viene dall’alto è al di sopra di tutti; ma chi viene dalla terra, appartiene alla terra e parla della terra. Chi viene dal cielo è al di sopra di tutti. Egli attesta ciò che ha visto e udito, eppure nessuno accetta la sua testimonianza; chi però ne accetta la testimonianza, certifica che Dio è veritiero. Infatti colui che Dio ha mandato proferisce le parole di Dio e dà lo Spirito senza misura. Il Padre ama il Figlio e gli ha dato in mano ogni cosa. Chi crede nel Figlio ha la vita eterna; chi non obbedisce al Figlio non vedrà la vita, ma l’ira di Dio incombe su di lui»” (27).

Ci si sarebbero aspettate affermazioni più nette. Giovanni non dice mai semplicemente “Sì, egli è il Cristo, il Messia”, ma allude, parla di una non meglio precisata sposa (a cosa si riferisce esattamente?), ribadisce di non essere il Messia e parla del ruolo del Messia stesso, non riferendolo mai direttamente a Gesù (sul quale, come visto, persino una volta imprigionato nutre dubbi).

Il suo comportamento è tale da giustificare il successivo passo giovanneo in cui si afferma:

“Molti andarono da lui e dicevano: «Giovanni non ha fatto nessun segno, ma tutto quello che Giovanni ha detto di costui era vero»” (28)

E, infine, come deve essere interpretato il passo:

“Quando il Signore venne a sapere che i farisei avevan sentito dire: Gesù fa più discepoli e battezza più di Giovanni – sebbene non fosse Gesù in persona che battezzava, ma i suoi discepoli -, lasciò la Giudea e si diresse di nuovo verso la Galilea.” (29)?

Che senso ha? Ora che in Giudea il suo seguito sembra predominante su quello di Giovanni, Gesù sembra quasi “invadere” il campo di un “contendente” (la Galilea), ad affermare il suo primato? Parrebbe di sì, ma il problema è che, ormai, Giovanni avrebbe dovuto già battezzare “in nome di Gesù” e non in “concorrenza” a Gesù…

Insomma, tanti piccoli (e non solo piccoli) elementi sembrano non quadrare perfettamente nella descrizione evangelica dei rapporti tra i due.

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4- Una divisione politico-filosofica

Possiamo, allora, tentare di azzardare, sulla base di quanto in nostro possesso, una ricostruzione più coerente di tali rapporti.

Prima, però, è necessario capire più a fondo chi fosse realmente Giovanni il Battista.

Come prima cosa, l’immagine che ce ne dà Matteo, all’inizio del racconto su di lui, è molto netta e precisa:

“Giovanni portava un vestito di peli di cammello e una cintura di pelle attorno ai fianchi; il suo cibo erano locuste e miele selvatico” (30).

Già una tale descrizione ci può far tranquillamente ipotizzare un “nazireato” (31) del Battista: si ciba di alimenti non toccati da mano umana (e, dunque, impuri) e si veste con abiti altrettanto puri. Inoltre, l’iconologia classica ce lo consegna con un aspetto tipicamente nazireo, con lunghi capelli e barba incolta.

In realtà, però, questa immagine ed alcuni altri passi evangelici, possono suggerirci riflessioni molto più pregnanti.

Leggiamo a tale proposito, un interessante passo di Donnini (32):

Georg Luck, Il magico nella cultura antica “Ora, dobbiamo osservare come certe tematiche della setta zelotica, della setta qumraniana e del messaggio evangelico mostrino sorprendenti convergenze. Molti autori hanno sottolineato la personalità tipicamente essena o qumraniana di Giovanni Battista.

“Visse in regioni deserte fino al giorno della sua manifestazione a Israele” (Lc I, 80);

“si presentò Giovanni a battezzare nel deserto, predicando un battesimo di conversione” (Mc I, 4);

“In quei giorni comparve Giovanni il Battista a predicare nel deserto della Giudea, dicendo: “Convertitevi, perchè il regno dei cieli è vicino!”. Egli è colui che fu annunziato dal profeta Isaia quando disse: Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri!” (Mt III, 1-3).

Già questi elementi sono sufficienti a connettere il personaggio alla setta qumraniana. Innanzitutto perché l’espressione “visse in regioni deserte” non può indicare una condizione di nomadismo, ma il fatto di essere aggregato a qualche comunità ritirata nel deserto. Poi perché il battesimo è il rito caratteristico della setta qumraniana per l’ammissione di nuovi confratelli; l’espressione “battesimo di conversione” indica l’accettazione da parte dei neo-adepti di un nuovo sistema di vita. Poi perché il vangelo di Matteo nomina esplicitamente il “deserto della Giudea” come luogo di queste azioni di Giovanni, che è proprio la collocazione del sito di Qumran.

Poi perché l’esortazione “Convertitevi, perchè il regno dei cieli è vicino” ha un carattere inequivocabilmente messianico e, a parte il fatto che questo testo ha trasformato l’espressione “regno di Dio”, presente negli altri vangeli, in “regno dei Cieli”, l’esortazione è proprio quella tipica del messaggio contenuto nella Regola della Comunità e in altri manoscritti di Qumran: convertitevi e aderite alla causa, perché la restaurazione del Regno di Yahweh (Israele libera da invasori pagani e da classi dominanti corrotte) è imminente. Poi perché troviamo in bocca a Giovanni espliciti riferimenti a frasi che appartengono anche alla letteratura qumraniana:

“…per andare nel deserto a preparare la via di lui, come sta
scritto: “Nel deserto preparate la via … appianate nella steppa
una strada per il nostro Dio” (Regola della Comunità VIII, 13-14),
e infine anche perché l’alimentazione di Giovanni…

“il suo cibo erano cavallette e miele selvatico” (Mt III, 4),

è coerente con le norme alimentari di Qumran:

“tutte le specie di cavallette saranno messe nel fuoco o nell’acqua mentre sono vive: tale è infatti l’ordine conforme alla loro natura” (Doc. di Damasco).

E’ fin troppo evidente che il Giovanni Battista che noi conosciamo dalla lettura dei vangeli è un qumraniano, un adepto che fa proselitismo cercando di richiamare nuovi adepti nella comunità. Le sue parole di minaccia rivolte ai farisei e ai sadducei:

“Razza di vipere! Chi vi ha suggerito di sottrarvi all’ira imminente? … Già la scure è posta alla radice degli alberi: ogni albero che non produce frutti buoni viene tagliato e gettato nel fuoco”

rappresentano esattamente l’annuncio del riscatto messianico e, coerentemente con quanto leggiamo in tutti i rotoli di Qumran ma in special modo nella Regola della Guerra, del fatto che la parte non buona di Israele sarà eliminata.

“egli ha in mano il ventilabro per ripulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel granaio; ma la pula, la brucerà con fuoco inestinguibile, …giacché questo è il giorno, da lui [Yahweh] determinato da molto tempo per la guerra di sterminio dei figli delle tenebre” (Regola della Guerra),
“…tutti coloro che entrano nella regola della comunità passeranno nel patto dinanzi a Dio…” [Regola della Comunità I, 16]).

Questi passi sembrano voler descrivere, e solennizzare, una personalità decisamente messianica. Il suo battesimo di fuoco è direttamente collegato con quel fuoco inestinguibile che dovrà bruciare la pula eliminata dal grano. Non sembra trattarsi di un fuoco spirituale, ma di una vera e propria azione violenta, “come il fuoco della sua ira” (Rotolo della Guerra XIV, 1).”

E’ effettivamente indubbio che le concordanze tra elementi filosofico-ideologici legati agli Esseni di Qumran e predicazione giovannita siano notevoli.

Non si tratterebbe, in realtà, di una cosa così stupefacente, se si tiene conto che stiamo parlando di un uomo

“[...] nato da genitori anziani, Elisabetta [...] e Zaccaria (sacerdote, nipote del profeta Iddo e da lui educato) . Molti ritengono che dopo la morte dei suoi genitori sia stato educato dagli Esseni della comunita’ di Qumran. Parte delle loro opere di carita’ di questo gruppo, era infatti prendersi cura degli orfani dei sacerdoti. Nel messaggio di Giovanni vi sono i riflessi del messaggio esseno: la necessita’ del pentimento e del lavaggio rituale (il battesimo) e la viva attesa della venuta del Messia.” (33)

In realtà, però, a fianco di queste similitudini, esistono anche grandi differenze tra gli Esseni e Giovanni. Come ha dimostrato il Professor Martone (34), la comunità di Qumran si separa da un mondo che ritiene maligno, mentre Giovanni si rivolge al popolo. Inoltre il Battista, con il suo rito battesimale, intende preparare la via del Signore nella purezza del corpo e nella conversione del cuore.

I riti di immersione qumranici possono invece essere interpretati come riti di purificazione e perciò devono essere ripetuti periodicamente, mentre per il Battista il rito dell’immersione è unico. Egli amministra il battesimo ad ogni ebreo che gli si presenta, non si dice che tale rito non potesse essere ripetuto, ma il fatto che si sentisse vicina la fine e si aspettasse il giudizio, fa propendere per un rito definitivo. Anche le differenze relative al modo di vivere del Battista, fuori da una comunità rigidamente regolata, e al vestiario (gli esseni dovevano vestirsi rigidamente di bianco), non sono insignificanti; esse sarebbero probabilmente state rifiutate dai Qumranici.

Essenzialmente, dunque, il messaggio giovannita si differenzia da quello esseno sia per la sua “socialità” ed apertura a tutti, sia, soprattutto, per la ben maggiore “sostanzialità” che lo permea: Giovanni impartiva, più che un rito di «purificazione», un sacramento di rinascita, con un richiamo preciso alla conversione interiore, che faceva premio sull’atto fisico (35).

Possiamo, allora, pensare, con un’ ipotesi sincretica rispetto alle divaricazioni fino a questo punto esaminate, ad un pressoché certo apprendistato qumranico di Giovanni, ma anche ad una sua successiva separazione dalla comunità per evidenti divergenze ideologiche riguardanti proprio l’apertura del messaggio messianico alle masse e la necessità di una conversione sostanziale e radicale “una volta per sempre” dell’iniziando / battezzando.

In quest’ottica, non è difficile comprendere le ragioni che avevano reso il Battista così popolare nella Palestina del suo tempo. Anzitutto il suo austero stile di vita: non dimentichiamo che, essendo figlio di un importante sacerdote sadduceo e di una donna discendente da Aronne, Giovanni avrebbe potuto tranquillamente aspirare a una brillante carriera ecclesiastica.

Oltre a ciò, Giovanni era stimato anche per la sua capacità e coraggio di criticare il sistema dominante (religioso e filo-romano), restando nell’ambito delle leggi vigenti. Tuttavia, il motivo fondamentale che lo aveva reso così popolare era stato quello già accennato, cioè il fatto di essere riuscito a trasformare le rituali oblazioni purificatorie in un vero e proprio atto di conversione interiore. Egli infatti riteneva che con un gesto simbolico o evocativo, la gente potesse riflettere su se stessa, cambiare vita e lottare più efficacemente, grazie ad una maggior presa di coscienza, contro gli abusi del potere costituito.

Immagine

Il battesimo di Giovanni aveva, dunque, queste tre caratteristiche peculiari, che lo differenziavano da qualunque altro:

1. si poneva come una purificazione morale interiore (e non solo rituale-formale);
2. voleva essere l’atto iniziale per intraprendere una missione riformatrice (quindi non si ripeteva);
3. aveva un valore pre-politico, in quanto messo in relazione all’esigenza di una liberazione personale e nazionale.

Il Battista era diventato così famoso da suscitare l’interesse anche dei Farisei, che cercavano alleanze politiche per fronteggiare il principale partito avversario: quello sadduceo. Tuttavia, egli rifiutò sempre le “etichette” che i Farisei gli volevano applicare (36), anche per non essere costretto ad accettare di contestare il sistema solo alle loro condizioni. I Farisei, infatti, volevano sì liberarsi dei romani, ma per conservare vecchie tradizioni (37).

Si arriva, così, a toccare un aspetto come quello politico del messaggio giovanneo, che diventa fondamentale soprattutto per comprendere l’inserimento (e il ruolo) di Gesù nel panorama delineato.

Politicamente, Giovanni predicava, certamente, con l’ascesi morale, anche la giustizia sociale e l’attesa di un Messia che liberasse Israele dall’oppressione romana (38). Il suo manifesto etico-politico di Giovanni è ben descritto in Luca (39): il Battista contesta la posizione di chi riteneva di potersi sottrarre al peso delle contraddizioni di quel tempo, facendo leva su determinati privilegi ereditati dalle generazioni passate (“Abbiamo Abramo per padre”), privilegi che, per Giovanni, altro non erano che false sicurezze, a livello ideale, morale e materiale. Egli, al contrario, afferma che chi vuole affrontare con coraggio la crisi del suo tempo (“albero dai buoni frutti”), potrà svolgere un ruolo progressivo (“figli di Abramo”), anche se è di condizione umile o povera (“pietre”). Detto altrimenti: la liberazione del popolo ebraico sarà opera anche delle classi oppresse, emarginate, sfruttate dall’imperialismo romano; ciò ovviamente nell’ambito di una pura e semplice idea di Messia restauratore dell’antico regno davidico. Qui risiede il nucleo fondamentale della “differenza” tra Giovanni e Gesù. Nel messaggio giovanneo, è assolutamente evidente che ci troviamo in un contesto che rimane, idealmente, solo in un ambito di pre-rivoluzionarietà: in ogni caso, il rispetto della Legge mosaica e il valore religioso del Tempio rimangono intoccabili ed è su queste istanze che la forbice tra i due si divarica.

Gesù parte da basi indubbiamente giovannee e formalmente legaliste: ce ne danno testimonianza non solo il battesimo ricevuto da Giovanni, ma anche la frase che Gesù oppone al rifiuto del Battista di battezzarlo:

“Ma Gesù gli disse: «Lascia fare per ora, poiché conviene che così adempiamo ogni giustizia». Allora Giovanni acconsentì.” (40),

il cui significato è chiaramente di rimanere, transitoriamente (“per ora”), all’interno di un contesto formalmente consono alla tradizione (“ogni giustizia”), in vista, però, di un’apertura nuova verso orizzonti completamente diversi.

Orizzonti che, evidentemente, si oppongono alle rigide maglie della tradizione toraica e del rispetto formale del Tempio: non a caso Gesù sigilla la “nuova” Alleanza, che non cancella la vecchia ma la supera, e non a caso, come analizzeremo più attentamente nel prossimo paragrafo, si scaglia contro lo status del Tempio (“fuori i mercanti”).

Ecco, allora, che si compie la frattura tra i due: il messaggio di Gesù era politicamente assai più impegnativo di quello del Battista, poiché non limitava la lotta antiromana alla pura e semplice “metànoia”. La dottrina del Battista era semplice e convincente: prima di cambiare (politicamente) la società, dobbiamo cambiare (umanamente) gli individui. Una dottrina vera, ma parziale; infatti escludeva la contemporaneità del mutamento umano e politico.

Giovanni scelse di morire appellandosi alla Legge (contro il matrimonio illegittimo di Erode), cioè scelse un motivo etico-giuridico per opporsi al sistema. Non criticò mai Erode dal punto di vista politico, quale “collaborazionista” di Roma, cosa che, per quanto, per ragioni che osserveremo in seguito, appaia solo marginalmente nei Vangeli (che glissano su molti aspetti politici della predicazione di Gesù), Gesù fece in più occasioni.

A questo punto, il quadro dell’ipotesi che si intende formulare si va via via chiarendo.

Gli elementi essenici nella predicazione di Gesù sono assolutamente indiretti e proprio Giovanni è il filtro di passaggio, in una situazione di germinazioni successive che portano dal messianesimo esclusivista, formale e legalitario di Qumran al messianesimo sociale, sostanziale e legalitario di Giovanni, al messianesimo (o, nell’ottica cristiana, al compimento messianico) sociale, sostanziale e neo-legalitario di Gesù.

5- Conclusione: una ipotesi di lavoro

Dunque, anche sulla base dei testi cristiani, i rapporti tra Giovanni il Battista e Gesù appaiono, ad una lettura più attenta, molto meno lineari di quanto la “Traditio” catechistica potrebbe far pensare.

Ma come si inserisce, in questo contesto, la deriva teologica mandea?

E’ difficile, per non dire impossibile, sulla scorta delle scarsissime conoscenze sulla storia dei Mandei in nostro possesso, formulare ipotesi definitive.

E’ però possibile notare alcuni elementi:

1) la fuga dalla Palestina dei Mandei è cronologicamente coerente con la persecuzione del Battista (e, forse in una fase successiva, probabilmente dei suoi discepoli);

2) la ripetitività del battesimo mandeo sembrerebbe contrastare nettamente con il battesimo non solo cristiano, ma anche giovanneo. Se, però, risaliamo alle radici essene della predicazione del Battista, troviamo elementi di simmetria proprio riguardo a tale aspetto;

3) la visione mandea di Gesù sembra sostanzialmente concordante con alcune affermazioni dei giovanniti nei suoi confronti e con un certo grado di “competizione” tra le due scuole di pensiero, poi totalmente cassata nella tradizione cristiana. Una radicalizzazione dei termini che vede il passaggio dalla “competizione” alla “inimicizia” potrebbe tranquillamente rientrare nel quadro di un isolamento mandeo e di una trasmissione inizialmente orale dei racconti sul rapporto tra le due scuole, con una conseguente progressiva semplificazione dei livelli di relazionamento verso elementi più nettamente dualistici, propri, per altro, proprio della religiosità gnostico-mazdista della tradizione mandea;

4) la divaricazione tra giovanniti e cristiani potrebbe tranquillamente, come visto, avere il suo fondamento nella frattura sul piano politico-progettuale tra i due gruppi: l’uno più legato alla teoresi, l’altro, su basi teologiche, più orientato anche verso un attivismo concreto di stampo para-zelota. E’ significativo che, tra i precetti più fondamentali della religiosità mandea vi sia il rifiuto di ogni intervento politico e, soprattutto, di ogni forma di violenza, per quanto giusta e moralmente giustificabile essa possa essere;

5) infine, non va dimenticato il tratto sincretico-osmotico che caratterizza tutta la filosofia religiosa dei Mazdei, un tratto che, nelle elaborazioni successive, indubbiamente influenzate da scuole gnostiche, potrebbe avere portato a significative mutazioni degli assunti di base, soprattutto in termini di rilettura degli eventi del I secolo come contrapposizione tra regno della luce e regno delle tenebre, anche in relazione a differenti aperture delle due scuole verso il paganesimo (come spiegare, altrimenti, l’idea di un “Gesù romano” che contrasta evidentemente con la ben maggiore pregnanza della fattualità politico-nazionalista -per altro successivamente progressivamente cassata dai suoi seguaci – nel pensiero di Gesu?).

Immagine

In questo panorama, possiamo allora tentare di esprimere una semplice ipotesi di lavoro.

E se la corrente giovannea non fosse stata completamente unitaria? Se al suo interno fosse esistita una sorta di “ala destra”, più incline al pensiero teoretico giovanneo e, forse, a pratiche più prossime alle origini essene di tale pensiero, e un’ala sinistra, più nazionalisticamente e attivamente connotata? Se, a capo di questa seconda corrente si fosse posto Gesù, provocando una frattura interne del giovannitismo che desse luogo alla nuova corrente cristiana ma anche a frizioni e fratture tra i membri delle due correnti, pur nel tentativo mediatorio dei due leader?

Se così stessero la cose, appare evidente che l’origine della visione mandea avrebbe avuto luogo dal contatto con questa “ala destra” e dall’assunzione, forse, come detto, per semplici questioni di osmosi e sovrapposizione dei termini su un substrato religioso e culturale precedente, probabilmente di stampo egiziano, di elementi più superficiali ed esteriori dei termini di frizione tra i due gruppi.

Si tratta, lo si ripete, semplicemente di ipotesi di lavoro che, però, appaiono essere logicamente declinabili sugli elementi in nostro possesso.

Resta la necessità di una verifica effettuale, i cui termini, però, non possono che essere rapidi, nel momento in cui, quotidianamente, con l’ennesimo genocidio di un popolo inerme, assistiamo all’assottigliarsi delle file mandee e all’annientamento della loro millenaria cultura.

Lawrence M.F. Sudbury
(sudbury@bgc-milan.com)

NOTE

1) Cfr. I Mandei, http://www.eresie.it
2) Cfr. D. Donnini, Nuove ipotesi su Gesù Milano, Macro, 1993, passim e D. Donnini, Cristo, Firenze, Erre Emme, 1994, passim
3) Cfr. S. Reinke, I Mandei. Una minoranza religiosa in Medio Oriente. http://www.gfvb.it
4) Cfr. E. Drower, The Mandaeans of Iraq and Iran; their cults, customs, magic, legends, and folklore, Leiden, Brill, 1962.
5) Qui e altrove cfr. Seguaci del Re della Luce, http://www.mednat.org
6) K. Rudolph, “Mandean Sources”, in W. Foester (a cura di), Gnosis, voI. 2, Oxford, Clarendon, 1974.
7) Cfr. B.Alexander, The fundamental elements of the ethno-anthropological analysis, Londra, Penguin 1989.
8) Cfr. Flavio Giuseppe, Ant. XVIII, 116-119.
9) Mc. 6:18, ma anche in Mt. 14:4.
10) Mc. 6:29.
11) Lc. 20:6 dice: “tutto il popolo ci lapiderà”…
12) Mt. 21:25-27.
13) Lc. 1:5-25.
14) Gv. 1:29-34.
15) Lc. 1:44.
16) Mt. 3:13-17.
17) Mc. 1:9-11.
18) Lc. 3:21-22.
19) Mt. 11:2-3, anche in Lc. 7:18-19.
20) Gv. 1:26-27.
21) Gv. 3:22-24.
22) Mc. 2:18-20.
23) Mt. 11:18-19, presente anche in Lc. 7:33-34.
24) Mt. 11:11.
25) Mt. 10:41.
26) Mt. 16:13-17; Mc. 8:27-30; Lc.9:18-21.
27) Gv. 3:25-36.
28) Gv.10:41.
29) Gv. 4:1-3.
30) Mt.3:4.
31) Come fa, ad esempio, K.Hanson, Manoscritti del Mar Morto, Milano, San Paolo, 1999, pgg. 74 ss.
32) D.Donnini, Cristo e Qumran:la chiave di un rapporto controverso, riportato in: http://xoomer.alice.it/bxpoma/vangelo/qumran.htm
33) Cfr. H. Stegemann, Gli Esseni, Qumran, Giovanni Battista e Gesù. Una monografia, Bologna, Il Mulino, 1995, pgg. 68 ss.
34) Cfr. Corrado Martone, Atti del convegno COSA SIETE ANDATI A VEDERE NEL DESERTO? ALLA RICERCA DI GIOVANI BATTISTA – Seminario invernale, Sestri Levante, 30/01 – 2/02/2003.
35) Cfr. M. Blondet, Cristo non era esseno, Effedieffe, 31-10-2005.
36) Gv. 1:24-25.
37) Cfr. (qui e in seguito) AA.VV., Il Vangelo di Giovanni, http://www.homolaicus.com
38) Gv. 1:23.
39) Lc. 3:7-9.
40) Mt. 3:15



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MessaggioInviato: 28/01/2014, 22:22 
Una raccolta di video in costante aggiornamento presa dal canale youtube del progetto atlanticus che parla di gnosticismo.

Buona visione

http://www.youtube.com/watch?v=77ugry-M ... A021DF62D6

[8D]


Ultima modifica di Atlanticus81 il 28/01/2014, 22:23, modificato 1 volta in totale.


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Cita:
i rapporti tra Giovanni il Battista e Gesù appaiono, ad una lettura più attenta, molto meno lineari di quanto la “Traditio” catechistica potrebbe far pensare.

Hai provato ad analizzare questo rapporto tramite una interpretazione mitica come da me proposta in KRST?
http://www.acam.it/krst-i-vangeli-erano-racconti-allegorici/



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MARIA MADDALENA E IL FEMMININO SACRO
di Emanuela Cella Ferrari

La storia di Maria Maddalena può essere incentrata su un unico tema centrale e costante, anche se con diverse variazioni. Il racconto è il seguente: poco dopo la crocifissione di Gesù, Maria Maddalena insieme ai fratelli Marta, Lazzaro, Maria Salomè, una bambina nera di nome Sara e Giuseppe di Arimatea, viaggiarono per mare fino alla costa dell’attuale Provenza. Il motivo che aveva spinto il gruppo ad intraprendere il viaggio varia secondo la versione dei vari autori.

Secondo alcuni erano fuggiti alle persecuzioni contro la Chiesa primitiva; secondo altri erano stati deliberatamente mandati alla deriva dai loro nemici su una nave senza timone e senza remi. Solo per un miracolo riuscirono ad approdare sulla terraferma.

Il gruppo sbarcò dove ora si trova il villaggio di SANTES-MARIES DE LA MER, in Camargue. Qui si divisero ed ognuno di loro prese vie diverse per diffondere la “buona novella”.

Si racconta che Maddalena predicasse in tutta la regione, convertendo i pagani, prima di diventare eremita in una grotta a SAINTE BAUME. Alcune versioni raccontano che qui visse per 40 anni, dedicandosi alla penitenza ed alla meditazione. Quando morì, il suo corpo fu sepolto in quella città che da lei prese il nome.

Nel corso dei secoli il ruolo di Maddalena è stato interpretato in modi diversi, spesso riflettendo l’atteggiamento della Chiesa verso le donne. Di lei la Chiesa costruì un’immagine che non corrispondeva affatto al personaggio di cui si parla nei Vangeli; fece di lei una prostituta pentita, sminuendo, così, la sua importanza.

Immagine
"Maria Maddalena", affresco di Pier della Francesca. Cattedrale di Arezzo

Fino a poco tempo fa il suo ruolo è stato considerato marginale nella storia di Gesù e dei suoi discepoli. Solo negli ultimi vent’anni la sua figura è stata vista dagli studiosi sotto una luce molto diversa ed, al giorno d’oggi ha l’importanza che merita.

In realtà lei è la sola donna, eccettuata la Vergine Maria, menzionata con il suo nome in tutti i Vangeli. La prima volta compare durante la predicazione di Gesù in Galilea e fa parte di un gruppo di donne che lo seguivano.

E’ colei da cui sono stati scacciati sette demoni. Il suo ruolo assume un nuovo significato, molto più profondo, con la sua presenza ai piedi della croce e quando diventa la prima testimone della Resurrezione.

Inoltre Maddalena fu la prima a ricevere tra i discepoli un incarico apostolico direttamente da Gesù: portare la notizia della sua Resurrezione agli apostoli. La Chiesa primitiva riconobbe l’importanza di questo episodio e le diede il titolo di APOSTOLA APOSTOLORUM: apostola degli apostoli.

In realtà, le donne avevano un ruolo molto importante nella missione di Cristo, anche se, leggendo i Vangeli, si ha l’impressione che i discepoli fossero solo uomini. Solo nel Vangelo di Luca vi è un riferimento alle donne. Ciò che appare insolito è che, negli altri Vangeli, la loro presenza viene nominata solo ai piedi della Croce; questo perché, molto probabilmente, esse sono state le uniche a rimanergli fedeli fino all’ultimo.

In ogni caso gli apostoli nutrivano nei confronti di Maddalena un sentimento di rivalità, dettato dalla gelosia ed alcuni di loro non approvavano il fatto che una donna ricoprisse un ruolo tanto importante.

Maria Maddalena appare, comunque, come una figura scomoda per la Chiesa. Solo nel 1969, infatti, la Chiesa cattolica revocò ufficialmente l’etichetta di prostituta affibbiata a Maddalena da Papa Gregorio, ammettendo così il proprio errore. Ciò nonostante l’immagine della Maddalena è rimasta quella della meretrice pentita.

Nei Vangeli lei asciuga i piedi di Gesù con i capelli;un atto intimo, se compiuto in pubblico da una donna; inoltre è ritratta con i capelli sciolti, a capo scoperto. Per una donna presentarsi in pubblico con la chioma al vento era considerato un grave peccato. A Maddalena, però, la cosa sembra non importare nulla, ed ancora più insolito è l’atteggiamento di Gesù che, non solo non la rimprovera, ma la incoraggia, prendendosela con chi ne critica la condotta. Entrambi si comportano come forestieri in terra straniera: non c’è dunque da meravigliarsi se non sono capiti, in particolare dai dodici. L’unzione non era una consuetudine ebraica, ma allora, a quale tradizione apparteneva?

Immagine
"Noli me tangere" di Tiziano (1490 ca.-1576), raffigurante l'incontro tra Maria Maddalena e Gesù, appena risorto

Ai tempi di Cristo esisteva un rito pagano sacro in cui una donna ungeva il capo, i piedi e i genitali di un eletto per prepararlo ad un destino molto particolare. Era la cerimonia di consacrazione del re, durante la quale la sacerdotessa selezionava il prescelto e lo cospargeva d’olio aromatico, prima di conferirgli l’onore della regalità con un rito sessuale noto come IEROGAMIA.

L’unzione era parte della preparazione rituale alla penetrazione che sarebbe avvenuta durante la cerimonia, nella quale il sacerdote-re era pervaso dalla potenza del dio, mentre la sacerdotessa-regina era posseduta dalla grande dea. Senza il potere della donna, il sovrano prescelto non avrebbe potuto regnare e non avrebbe avuto nessuna autorità. Questo era il significato originario delle nozze sacre.

Il matrimonio sacro era un concetto familiare ai pagani dei tempi di Cristo. Alcune sue varianti erano comunemente praticate dai fedeli di numerosi culti come quello del dio egizio Osiride che la consorte Iside riuscì a resuscitare per il tempo sufficiente a concepire il figlio Horus. Nelle antiche civiltà , quindi, il concetto dell’unione sacra era, non solo molto diffuso, ma rappresentava un vero e proprio rapporto di simbiosi esistente tra maschile e femminile. Ne sono un esempio le relazioni intime tra Osiride ed Iside, Adone e Venere, Tamuz e Ishtar.

In queste culture la gioia usciva dalla camera nuziale degli dei per diffondersi tra la gente che abitava nel loro regno.

Riti simili sono attestati in varie liturgie in tutto il vicino Oriente.

Il “Cantico dei Cantici” è considerato, da molti autori, l’adattamento di un antico poema liturgico relativo alla cerimonia dello HIEROS GAMOS di Iside ed Osiride. In tutti questi riti il re viene giustiziato e la sua sposa lo cerca, piangendone la morte, finché si riunisce a lui.

Le donne hanno avuto un ruolo molto importante anche nella Chiesa primitiva. Esse mettevano a disposizione la loro casa come luogo di incontro, ed alcune di loro prestavano servizio come diacone e perfino come sacerdotesse. Nei testi cristiani più antichi Maria Maddalena è identificata come la sposa archetipica dello sposo eterno, come il modello cui l’anima e l’intera comunità devono ispirarsi nella loro ricerca e nel loro desiderio di unione con il divino.

Indica la via della relazione erotica, la via del cuore e, insieme con il suo sposo, fornisce la possibilità di immaginare il divino come una coppia di amanti. Parla dell’armonia tra la ragione (logos) e la saggezza (sophia) che rappresenta il divino come unione tra gli opposti. L’unzione di Gesù, da parte di Maddalena, è, quindi, un rito che risale ai tempi della fertilità.
Gesù stesso riconobbe e lo approvò nel contesto del suo ruolo di sovrano destinato al sacrificio: ”Lei ha anticipato l’unzione del mio corpo per la sepoltura” (Mr 14,8).

Nei Vangeli la Vergine Maria e Maria Maddalena rappresentano la Sophia più alta e la Sophia caduta. Vengono chiamate con lo stesso nome per mettere in rilievo il fatto che, a livello mistico, non sono che due aspetti della stessa figura. Nel rito cristiano di Sophia, la dea che rappresenta l’anima è la figura centrale, mentre il suo fratello e amante, simbolo della coscienza, è un personaggio secondario. Nel mito di Gesù è l’opposto; il dio uomo è il protagonista principale. Secondo gli gnostici cristiani nella storia di Cristo compaiono numerose allusioni alle nozze mistiche. La più importante è il rituale dell’Eucarestia, che si fonda su antichi riti ierogamici dei misteri pagani. I primi cristiani associavano il pane a Maria ed il vino a Gesù, che nel Vangelo di Giovanni è chiamato “ la vera vite”. Nell’atto cerimoniale consistente nel mangiare il pane e bere il vino, il dio uomo e la dea, vale a dire la coscienza e l’anima, entrano in comunione nel matrimonio mistico.

In precedenza, alle nozze di Canaan, Cristo aveva miracolosamente trasformato l’acqua in vino. Secondo gli gnostici cristiani ciò rappresenta il matrimonio mistico. Quello dell’acqua che diventa vino è un simbolo arcaico dell’ebbrezza estatica provocata da una trasformazione spirituale.

Tutto questo dimostra quanto il “femminino sacro” sia stato fondamentale nella società; senza il potere femminile, il potere maschile non esisterebbe e la società umana stessa perderebbe completamente la propria importanza ed il proprio valore (file aggiornato nel Novembre 2005).

http://www.antiguatau.it/aggiornamenti% ... minino.htm



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bellissimo sto thread



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"Questa scienza e sapienza, questa 'gnosi' dell'uomo, questa antroposofia, si fonda sopra un principio dualistico. L'uomo è costituito di due elementi, uno divino-spirituale e l'altro 'somatico'. Il corpo è la prigione dell'anima, o, secondo un'altra più drastica dizione, che non si può senz'altro attribuire agli orfici, ma che appartiene alla medesima mentalità, addirittura la sua 'tomba'. Scopo dell'uomo è quello di liberare l'elemento divino (quello che gli gnostici chiameranno 'pneumatico') dall'elemento somatico, di operare cioè una purificazione, con pratiche, appunto, 'catartiche'; questa purificazione, che concerne la parte divina dell'uomo, ma che prescinde dall'uomo come totalità personale e singolare, perciò irripetibile, di spirito e materia, si realizza attraverso una serie di vicende, di reincarnazioni o metensomatosi… S'intende che, se da una parte l'uomo è scisso in due, irrimediabilmente, dall'altro canto la parte immortale dell'uomo si integra nel divino: anzi è divina; si direbbe: 'consustanziale' alla divinità. In questo senso, e in rispetto alla parte divina dell'uomo, l'orfismo e l'antroposofia orfica implicano un (almeno tendenziale e parziale) monismo: l'uomo appartiene per natura, nella parte nobile, al mondo degli dèi: alla famiglia degli dèi…"
(U. Bianchi, La religione greca, Torino, 1975, pp. 45-46).



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LA REINCARNAZIONE: PROBLEMI, DOMANDE, RICERCHE

PARTE PRIMA: L’IDEA DELLA REINCARNAZIONE NELLA STORIA
Masi Felice (“La Ricerca psichica”, anno III, 1996, n. 1)

Premessa

La credenza nella reincarnazione non è una credenza specifica solo di alcune popolazioni ma la riscontriamo diffusa presso tutti i popoli e in ogni cultura, benché in taluni contesti in misura assolutamente maggioritaria e in altri fortemente minoritaria. Altresì la ritroviamo in tutti i tempi, dall'antichità fino ai giorni nostri; e se anche, in un dato ambiente culturale, a un certo punto non se ne parla più e vi sono periodi di latenza, tuttavia, magari dopo moltissimi anni, essa torna a fiorire ad opera di nuovi seguaci e in nuove correnti di pensiero che rinascono in quello stesso ambiente.

Proprio per questa sua così ampia diffusione e per la perennità dell'idea – che vediamo sempre risorgere dalla sue ceneri anche quando è minoritaria e si presenta piuttosto come un'eccezione e sostanzialmente estranea rispetto alla cultura specifica predominante e intollerante di un luogo o addirittura viene perseguitata - questa credenza merita tutta la nostra attenzione.

Secondo l'orfismo e il pitagorismo, lo Spirito scende dal suo empireo sulla terra a reincarnarsi come in un esilio; il corpo è la sua prigione dalla quale deve liberarsi e tornare alla sua patria celeste

Un po' di storia

Un po' di storia, rapida e a volo di uccello, va fatta per mostrare come non è esatto quello che spesso si sente dire, che la reincarnazione è una concezione solo di alcuni popoli orientali, strettamente connessa alle loro dottrine religiose, e che, invece, è del tutto estranea al nostro pensiero occidentale. Anche da noi infatti l'idea della reincarnazione non è affatto sconosciuta ma la troviamo affermata sia pure in circoli e filosofie particolari. Vediamo dunque.

Nel mondo antico greco-romano e ellenistico essa è legata soprattutto all'orfismo, una religione esoterica fiorita in Grecia a partire dal VI sec. a.C. accanto a quella più conosciuta ortodossa o exoterica dalle molteplici divinità. Secondo le dottrine orfiche l'anima umana è di natura divina ed è precipitata nella materia e nel corpo, che ne sono la sua prigione e tomba; da esse deve liberarsi per risalire e ritrovare la propria origine.

Ciò si consegue con la catarsi (purificazione), che si consegue attraverso l'iniziazione ai misteri e la vita ascetica durante la vita e, dopo la morte e la discesa all'Ade, percorrendone la strada giusta (quella di destra, contrassegnata da un pioppo bianco e che conduce alla fonte di Mnemosine), proclamando la propria qualità di iniziato; nonché attraverso una serie di reincarnazioni culminanti, alla fine, nel superamento del ciclo delle rinascite.

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La religione orfica fu diffusa non solo in Grecia ma anche a Roma e ne sono testimonianza le severe disposizioni del Senato contro i culti dionisiaci, dovute sia al carattere orgiastico ad essi connesso sia anche a motivi politici.

Furono legati alle concezioni orfiche e all'idea della reincarnazione filosofi come Platone, Pitagora e i pitagorici, Empedocle, il poeta Pindaro. Idee analoghe sono quelle fondate sulle teorie dell'emanazione dall'Uno (“emanazionismo”) e del conseguente, necessario cammino di risalita verso di esso, come sono in Plotino e nel neoplatonismo del periodo ellenistico.

La religione degli antichi Egizi - pur privilegiando l'idea e l'aspirazione ad una resurrezione definitiva nell'aldilà e non a un ritorno sulla terra una volta usciti, con la morte, alla "luce del giorno" e giunti alla presenza di Osiride (cerimonie della "pesatura del cuore" e della "confessione negativa" per un giudizio sulla vita condotta da una persona) - mostra anch'essa concezioni reincarnazioniste e di rinascita, come testimonia Erodoto. Ecco alcuni versetti, di indubbio significato, di uno dei capitoli del "Libro dei morti egizio":

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La filosofia esoterica pitagorica credeva nell'armonia dei rapporti: nell'universo, nei numeri,nella musica. La rinascita a più vite era necessaria per comprendere questa armonio e tornarvi. La porta verso l'aldilà, La vita nell'aldilà e assicurarsi la conservazione della vita dopo la morte era al centro del pensiero egizio

Cita:
"lo sono l’Oggi, io sono lo Ieri, io sono il Domani. Attraverso le mie numerose nascite io sussisto giovane e vigoroso. Io sono l'Anima divina e misteriosa. Possano quindi tutte le parti che compongono il mio Essere Compiutamente conservare la loro coesione! Che esse non vengano disperse! Ecco, io mi involo simile a un uccello e discendo verso la Terra. Mentre io proseguo, sono costretto a seguire la traccia dei miei atti anteriori poiché io sono un fanciullo dello ieri"


Anche le dottrine ermetiche sono chiaramente nel senso di una molteplicità di rinascite, finché non si raggiunge la purificazione e la conoscenza. Ecco come Poimandres, la suprema Intelligenza, parla e insegna ad Ermete Trismegisto:

Cita:
"Le anime dei rettili passano negli esseri acquatici, quelle degli acquatici passano negli animali terricoli, quelle dei terricoli nei volatili, quelle dei volatili negli uomini; le anime degli uomini pervengono all'immortalità passando nei dèmoni (nel senso del “daimon” socratico; cioè degli Spiriti; n.d.A). Quindi esse entrano nel coro degli Dèi immobili e questo è l'ultimo grado dell'iniziazione dell'anima. Ma quando l'anima di un uomo, dopo essere entrata in un corpo umano, resta cattiva, non gode l'immortalità né partecipa del bene ma torna indietro e ridiscende verso i rettili. Questa è la punizione dell'anima cattiva e il male dell'anima è l'ignoranza".


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Disegno alchemico.L'esoterismo ermetico nel mondo occidentale si è travasato nell'alchimia

Il principio della metempsicosi (possibilità di rinascita anche in un corpo di animale) che qui viene adombrata - ma forse si tratta solo di simbolismi - è invece senz'altro esclusa in quest'altro scritto ermetico: "Le anime umane, non tutte però, sono demoniache (sempre nel suddetto senso socratico; n.d.A.) e divine. Una volta separate dal corpo e dopo aver sostenuta la lotta della pietà, che consiste nel conoscere Dio e non danneggiare alcuno, una tale anima diviene tutta intelligenza. Ma l'anima empia resta nella sua essenza propria e si punisce da sé cercando un corpo terrestre per penetrarvi, un corpo umano perché un altro corpo non può ricevere l'anima umana: essa non saprebbe cadere nel corpo di un animale irragionevole; una legge divina preserva l'anima umana da una simile ingiuria".

Nel mondo cristiano l'idea della reincarnazione, checché se ne dica, fu largamente diffusa, specie alle origini, anche se poi venne combattuta, perseguitata e messa definitivamente al bando ad opera dei Padri della Chiesa. Era legata soprattutto alle dottrine e agli ambienti dello gnosticismo: Carpocrate e i carpocraziani, Basilide, Doceti, Bardesane l'affermarono apertamente.

Questa ostilità dell'ortodossia ben si comprende perché lo gnosticismo si rifaceva largamente - fondendole, in un singolare sincretismo, con la fede in Gesù Cristo, figlio di Dio e Salvatore - alle concezioni dell'emanazionismo (affermate nella stessa epoca dal neoplatonismo e nelle Enneadi di Plotino) e alle sue teorie dell'allontanamento dello Spirito dal mondo divino originario, della sua caduta nella materia e nell'ignoranza e del conseguente, necessario suo cammino di risalita, attraverso più vite purificatorie, fino alla reintegrazione dello Spirito stesso nel Pleroma (la Pienezza e il Tutto).

Queste concezioni - oltretutto intellettualistiche e aristocratiche - furono fermamente combattute da quella che diverrà poi la dottrina cristiana ortodossa e vincente, portata avanti dai Padri della Chiesa. San Girolamo definisce "empia e scellerata" la dottrina reincarnazionista ed è questo uno dei motivi per cui venne combattuto e poi condannato Origene, anch'egli uno dei Padri della Chiesa; benché sia dubbio se Origene fosse veramente reincarnazionista, considerato che egli affermava soprattutto la dottrina della preesistenza delle anime.

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Raffigurazione della Sophia (conoscenza)come angelo (emanazione divina) in trono Le correnti gnostiche furono forti anche all'interno del cristianesimo nei primi secoli d.C.

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Tutta la vita emana dal disco solare Bassorilievo egizio

I motivi per cui il cristianesimo respinge la dottrina della reincarnazione - o meglio, le idee gnostiche e, nel loro ambito, anche quella della reincarnazione - sono molteplici e di tutta evidenza: secondo la concezione biblico-cristiana, Dio è il creatore e l'uomo, binomio di spirito e corpo, è un essere creato, quindi niente emanazione; la salvezza ci vene e ci è data solo da Dio, l'uomo non può salvarsi da solo attraverso la gnosi (conoscenza), per l’intercessione e il sacrificio di suo figlio, Gesù Cristo, la vita è una sola e così pure questa salvezza finale, che non ci viene, invece, da una molteplicità purificatoria di vite e di rinascite purificatrici (che, con l’illuminazione della gnosi ci libererebbero dall'ignoranza); il male non è l'ignoranza e la non conoscenza ma deriva dal peccato originale e dall'aver disubbidito a Dio; la persona è un soggetto unico e irripetibile, così come costituiscono un che di indivisibile la sua anima e il suo corpo. Dunque l’anima non può sussistere senza quel suo specifico corpo insieme al quale è stata creata né può essere unita a un altro, successivo corpo; la morte è una sola e una volta per sempre (S.Paolo, Lettera agli Ebrei 9, 27), salvo la resurrezione finale.

E' una posizione ideologicamente ineccepibile nella sua organica complessità; le idee gnostiche (e oggi quelle dell'attuale New Age), se si vuole, possono anche accettarsi ma non si può negare che esse siano inconciliabili con la linearità e coerenza interna del pensiero biblico-cristiano; o le une o l'altro.

Sempre nell'ambito del mondo e della cultura occidentali e cristiani, più in avanti nel tempo, concezioni reincarnazioniste si sono affermate nel Medioevo tra i Catari, legati alla loro concezione dualistica Bene-Male; e nel Rinascimento con il neoplatonismo di Marsilio Ficino (derivatigli dalle sue traduzioni degli Inni di Orfeo, della Teogonia di Esiodo, del Corpus Hermeticum, dei dialoghi di Platone, delle Enneadi di Plotino) e della sua scuola fiorentina e di Pico della Mirandola.

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Dio creatore dell'universo

Anche nell'ebraismo le concezioni reincarnazioniste sono estranee all'ortodossia religiosa; ma si trovano idee di trasmigrazione delle anime, (dottrina del ghilgul), e quindi di rinascita in ambienti esoterici e cabbalistici, anche questi legati significativamente a dottrine di tipo gnostico, come quelle della doppia Sophia e del Pleroma. Un responso di Rabbì Rachmay dice:

Cita:
"Perché un tale, empio, prospera e un altro, giusto, soffre? Perché il giusto è stato empio nel passato ed ora ne è punito! Ma si punisce dunque per le colpe commesse nei giorni della giovinezza? Non parlo della stessa vita, parlo del fatto che è già stato qui nel passato".


Così leggiamo in G.G. Scholem Le origini della Kabbalà, il Mulino, Milano 1973, pag. 234

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L'albero delle Sefiroth ("albero sefirotale", le Sefiroth sono emanazioni divine), è al centro della gnosi cabalistica ebraica

Parimenti nell'islamismo dottrine sulla trasmigrazione delle anime (tanasuk) e sulla preesistenza delle anime si riscontrano in ambienti esoterici, con alcuni poeti e scrittori sufisti.

Cita:
"Più volte sono cresciuto come erba; ho sperimentato settecento e settanta forme. Morto alla mineralità, divenni vegetale; morto alla vegetalità, divenni animale; morto all'animalità, divenni uomo. Perché allora paventare la dispersione nella morte? La prossima volta morirò generando ali e piume di angelo; poi, salendo più in alto degli angeli, sarò quello che voi non riuscite a immaginare: quello io sarò (così Julaludin Rumi, citato da Idries Shah in La strada del sufi, Astrolabio, Roma).


Possiamo dunque concludere che nelle tre grandi religioni monoteiste - del resto, tutte collegate tra loro dallo stretto vincolo di origine storica e geografica semitica - il pensiero ortodosso non è a favore della reincarnazione; la quale tuttavia è ben presente anche nel loro ambito sotto l'aspetto di dottrine segrete di scuole esoteriche e mistiche, a sfondo soprattutto gnostico. E, proprio in quanto tali, il più delle volte vengono combattute, anche ferocemente, dall'ortodossia.

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In alto, il paradiso islamico, in basso la terra degli uomini, con al centro la "pietra nera" della Kaa'ba

Invece nelle culture arcaico-primitive le credenze nella rinascita dopo la morte sono ampiamente diffuse ma sono piuttosto legate ai concetti di trasmigrazione delle anime e di totemismo. Il totem è l'animale simbolo del clan e le loro anime - quella del gruppo familiare e quella dell'animale suo rappresentativo - sono tra loro strettamente collegate.

Presso tali popoli le stesse credenze sono poi legate anche all'esperienza e al simbolismo della ciclicità delle stagioni e alla periodica rigenerazione e rinascita del mondo vegetale. Da ciò idee come quelle dell'albero del mondo, della preesistenza delle anime, dell'albero della vita (al quale le anime sono appese e dal quale esse discendono per incarnarsi; e al quale albero poi ritornano, per ridiscendere di nuovo e così via) e della rigenerazione finale o palingenesi.

Come si vede, sono tutte idee collegate, quale più quale meno, con la credenza nella molteplicità delle vite necessaria per condurre una progressiva esperienza e una conseguente purificazione ed elevazione. E dunque, nonostante la loro apparente etereogenità, sono idee che, in definitiva, riportano sempre a un principio reincarnazionista.

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Totem. Indiani d'America

Ma l’ambito e l’ambiente dove le concezioni reincarnazioniste sono soprattutto diffuse, com'è noto, sono il mondo e le culture orientali. Nei Veda non se ne parla ma ve ne sono già le prime tracce tra gli scritti brahmanici.

La concezione è poi pienamente presente e accolta nelle Upanishad e nella Bhagavad Gita. L'idea, in queste culture e testi, è strettamente connessa a quella di Karman (azione che dà i frutti; la vita successiva è legata e in conseguenza delle nostre azioni nella vita precedente; ne parleremo in seguito), di samsara (ciclo di vite legate al karma e "ruota delle rinascite", che perdura finché vi è l'ignoranza e l'attaccamento alle cose del mondo; anche di questo parleremo in seguito, come parleremo di Moksa o Mukti (liberazione finale dal ciclo delle rinascite e dalla catena samsarica). Così recita la Katha Upanishad (3, 7-8)

Cita:
"Colui il quale è privo di discriminazione, ha la mente non raccolta ed è sempre impuro: costui non raggiunge quella sede (la realizzazione dell'atman come brahman e la liberazione; n.d.A.) ma scende nel samsara. Colui il quale, invece, è dotato di discriminazione, ha la mente concentrata ed è sempre puro, consegue quella sede, dalla quale non si torna mai più per nascere alla terra". (Upanishad antiche e medie, trad. di Pio Filippini-Ronconi, Boringhieri, Torino, 1968, pag. 502)


A sua volta, nella Bhagavad Gita leggiamo:

Cita:
"Tutto questo insieme di esistenti che nasce e torna a rinascere si dissolve di necessità al venire della notte, o Partha, e ritorna all'essere al venire del giorno" (Bh. Gi., 8, 19, Bhagavad Gita, trad. di Icilio Vecchiotti, Ubaldini, Roma, 1964, pag. 281. ibidem, pag. 275.


Cita:
''Anima va all'atto della dissoluzione corporea a realizzare quella condizione alla quale è in quel momento disposta.
Colui che, al momento di morire, ha la mente rivolta a me solo (al Signore Krshna, che sta istruendo Arjuna, rispondendo alle sue domande; n.d.A.), lasciando il corpo e così compie la sua dipartita, quello appunto viene al mio modo di essere; non c'è, a questo proposito, alcun dubbio.
Quale che sia il modo di essere al quale uno pone mente, quando alla fine abbandona il suo corpo, a quel modo di essere appunto egli perviene, dacché è sempre assorbito nel pensiero di esso (sempre addiviene col pensiero alla realizzazione di questo modo di essere)". (Bh. Gi., 8, 4-6, Bhagavad Gita, trad. di Icilio Vecchiotti, Ubaldini, Roma, 1964, pag. 281. ibidem, pag. 275).


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La straordinaria ricchezza dei templi indiani simboleggia la ricchezza delle deità, delle vite, dei piani dell'universo

Ma al riguardo, poiché qui volevamo fare solo un po' di storia e poiché il pensiero orientale è abbondantemente conosciuto, è inutile dilungarci oltre. Aggiungiamo solo, tornando al nostro mondo occidentale, che le teorie e le affermazioni reincarnazioniste hanno ripreso fortemente piede anche da noi, a partire dal secolo scorso, con lo spiritismo, le concezioni teosofiche e altre simili e, attualmente, col New Age, che hanno largamente attinto al pensiero orientale, col quale, a partire dal secolo scorso, il nostro mondo occidentale è venuto a contatto...

http://www.ricercapsichica.it/articoli/ ... zione1.htm


Ultima modifica di Atlanticus81 il 23/03/2014, 19:47, modificato 1 volta in totale.


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MessaggioInviato: 23/03/2014, 20:20 
LA REINCARNAZIONE: PROBLEMI, DOMANDE, RICERCHE

PARTE SECONDA: LE CREDENZE E LA FILOSOFIA DELLA REINCARNAZIONE
Felice Masi (“La Ricerca psichica”, anno III, 1996, n. 1)

Ma che cos'è la reincarnazione?

Avendo accertato, nel precedente articolo, che quella reincarnazionista è una ipotesi e una ideologia spirituale che merita il massimo rispetto - perché vi hanno aderito e vi aderiscono filosofi e filosofie di prim'ordine, religioni avanzate, evolute e ben strutturate come impalcatura teoretica, e milioni di persone - e che dunque occuparsene non è una perdita di tempo, vediamo più da vicino di che si tratta.

Innanzitutto dobbiamo domandarci cosa si intende per reincarnazione. Infatti in precedenza abbiamo anche parlato di preesistenza delle anime, di totemismo, di metempsicosi e altro, che, per la verità, sono cose (cioè concezioni) alquanto diverse dalla reincarnazione vera e propria.

La reincarnazione in senso stretto e per come viene comunemente intesa parte dal concetto che nell'uomo vi sono due componenti, una corruttibile e transitoria, il corpo fisico, e una incorruttibile e permanente ma perfettibile, che è l'anima o Spirito. Solo a quest'ultimo spettano gli attributi di essenza vera e di perennità. Il corpo è solo un abito di cui lo Spirito si riveste ed è la specifica struttura idonea e necessaria che gli consente di vivere sulla terra e nel suo ambiente esistenziale materiale. Si deve dunque rivestire di esso (di un corpo) quando vi scende – e ogni volta che vi scende, perché la reincarnazione sostiene che vi sono più discese.

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Shiva danzante. La divinità indiana Shiva con la sua danza crea e distrugge i mondi

E' chiaro che il terreno ideale in cui una ideologia reincarnazionista più trova piede sono le filosofie e religioni di tipo manicheo - in cui Bene e Male sono considerati due principi in eterna lotta tra loro - e dualiste – mentre è molto meno accoglibile, anzi è in contrasto e viene combattuta laddove si ritiene che l'uomo è una unità indissolubile di anima e corpo.

In tali ideologie (manichee e dualiste) la materialità è Male ed è ignoranza (non conoscenza) – concetto, questo, orfico/pitagorico/gnostico; ovvero è ignoranza (non conoscenza della vera Realtà) e sofferenza – e questo è il concetto orientale. Lo Spirito, nel connubio con il corpo, nel discendere nella materialità perde la coscienza della propria regalità, della propria identità cioè, e deve quindi, nel primo caso, purificarsi e riappropriarsi della propria spiritualità (con l’iniziazione ai Misteri e la gnosi) per uscire dalla prigione del corpo e salvarsi; mentre nel secondo caso deve spezzare l'illusione o Maya che la realtà materiale sia la vera realtà e così avere la liberazione (avendo compreso questa illusorietà, non desidera più reincarnarsi).

Dunque, nella prima concezione (orfica/pitagorica/gnostica) "purificarsi" vuol dire conseguire la gnosi; lo Spirito che conosce la verità su di sé e sulla propria origine e vera natura è purificato, ha la purezza della Luce ed ha la Verità su come stanno veramente le cose: e con questo è salvo. Vi è una unità di fondo in questo filone del pensiero umano, al di là delle diverse denominazioni culturali e storico-geografiche. Del resto, sia Platone che l'ermetismo attinsero largamente al pensiero egizio e questo, a sua volta, era in stretta connessione con le culture del medioriente e dell'Asia Minore preelleniche, che hanno fatto da ponte fra il mondo occidentale e quello orientale e tra i due grandi filoni del pensiero reincarnazionista.

Lo Spirito, dunque, scendendo nella materia ne resta obnubilato, è attratto e accecato dai piaceri, dalle sofferenze e dai bisogni della vita terrena; si fissa in esse e le desidera ("attaccamento"). Non si rende più conto, non si ricorda più della propria natura spirituale e della propria origine divina; deve quindi riprendere coscienza di questa sua natura e origine, deve "riaprire gli occhi" al di là della trappola e del miraggio illusorio della vita terrena. Perciò, nel simbolismo orfico, la strada giusta da prendere, quando si scende nell'Ade, l’oltretomba del mondo classico greco, è quella di destra, che conduce alla fonte di Mnemosine, la memoria. Questo è dunque il fine, che, pur diversamente chiamato, è identico: la Salvezza, che si ottiene con la purificazione nel mondo orfico, e la Liberazione, che si consegue spezzando il velo di Maya nel mondo orientale.

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Lotta tra il Bene e il Male

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Marc Chagall "La guerra"

Perciò, nel simbolismo orfico, la strada giusta da prendere, quando si scende nell'Ade, l’oltretomba del mondo classico greco, è quella di destra, che conduce alla fonte di Mnemosine, la memoria. Questo è dunque il fine, che, pur diversamente chiamato, è identico: la Salvezza, che si ottiene con la purificazione nel mondo orfico, e la Liberazione, che si consegue spezzando il velo di Maya nel mondo orientale.

E' dunque necessario: a) che lo Spirito si evolva fino a comprendere la Salvezza e la Liberazione. Ma difficilmente questo fine può essere raggiunto in un solo momento e in una sola vita, troppo grandi e troppo forti sono la consuetudine e l'attaccamento alla vita e ai beni terreni per poter "vedere" tutta insieme la Verità, che implica una rinuncia ad essi; b) che si riacquisti la conoscenza e coscienza di quella propria natura e origine (principio della gnosi in occidente e della "Pura Luce Chiara", Dharma Kaya, in oriente). Si può così risalire alla Fonte (Pleroma o Brahman che sia), ripercorrendo all'indietro il cammino della Caduta che lo Spirito ha fatto con l'emanazione dall'Uno (orfismo e gnosticismo) e con l'acquistare il senso illusorio di una sua individualità separata (induismo e buddismo).

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La pace (Marc Chagall "Il poeta addormentato")

Ma difficilmente questo fine può essere raggiunto in un solo momento e in una sola vita, troppa grandi e troppo forti sono la consuetudine e l'attaccamento alla vita e ai beni terreni per poter "vedere" tutta insieme la Verità, che implica una rinuncia ad essi; b) che si riacquisti la conoscenza e coscienza di quella propria natura e origine (principio della gnosi in occidente e della "Pura Luce Chiara", Dharma Kaya, in oriente). Si può così risalire alla Fonte (Pleroma o Brahman che sia), ripercorrendo all'indietro il cammino della Caduta che lo Spirito ha fatto con l'emanazione dall'Uno (orfismo e gnosticismo) e con l'acquistare il senso illusorio di una sua individualità separata (induismo e buddismo).

Ciò avviene attraverso le esperienze fatte in più vite terrene; in ciascuna di esse, il singolo uomo storico svolge la sua vita, ha le proprie vicende individuali e fa la sua esperienza personale; e non ricorda altro - è bene che non ricordi altro; vedremo appresso quali danni possono derivare se se ne conserva il ricordo. Nel contempo però, lo Spirito, nel suo profondo, assimila tutte queste vite ed esperienze, le rassembla insieme, le ricorda tutte e si evolve.

A questa concezione si contrappongono, come detto, quelle non dualiste - prima fra tutte quella cristiana ortodossa - per le quali l'anima è indissolubile dal suo corpo, col quale fa tutte le sue esperienze, meriti e demeriti; le fa e li acquista in una sola vita e, alla morte, si tirano le somme.

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La rinascita non può portare a una vita animale (metempsicosi) perché non può essere perduta l'evoluzione acquisita (dal dipinto di Alberto Martini "Inferno Canto I, Nel mezzo del cammin di nostra vita...")

Il Karman

Queste successive e diverse esperienze, che lo Spirito conduce sulla terra reincarnandosi al fine di conoscere e capire, sono fermamente condizionate - secondo la visuale orientale e quelle di tipo teosofico che hanno ripreso da essa le proprie concezioni - dalla vita precedentemente condotta e dalle azioni che in essa il precedente individuo ha compiuto.

Tutto dipende da quello che egli ha fatto nella vita precedente, che gli porta i suoi frutti in quella successiva e lo immette, come sua ineluttabile conseguenza, in quella specifica individualità e nelle specifiche vicende che il nuovo, successivo individuo in cui si incarna dovrà avere nella nuova vita. Karman vuol dire azione che porta i suoi frutti e i suoi effetti nella vita successiva; e il karman di un individuo è il “destino” a cui lo portano la sua precedente vita e le correlative azioni in essa compiute.

Questo però non significa, come semplicisticamente per lo più si ritiene, che, se ho compiuto azioni cattive, ne sarò punito con una brutta vita nella mia prossima reincarnazione o, viceversa, che per le mie buone azioni sarò premiato con una buona vita in quella successiva. Sta solo a significare che se muoio con certe propensioni e inclinazioni, buone o cattive che siano, e con certi desideri, ne sarò psicologicamente condizionato anche nella prossima vita e ne verrà plasmata la mia successiva personalità. Le parole della Bhagavad Gita, più sopra riportate, sono illuminanti al riguardo.

Comunque, una tale concezione del Karman, che vede in una vita le conseguenze delle azioni compiute in quella precedente, anche se è la più diffusa non è l'unica possibile né è obbligatoria per rendere conto della reincarnazione.

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Dante Gabriel Rossetti "Paolo e Francesca da Rimini"

Uno Spirito potrebbe discendere sulla terra semplicemente per fare una certa esperienza (che gli è necessaria e che vuol avere), senza alcun legame o vincolo con quello che ha fatto nella vita precedente. Facciamo un esempio: un bambino, che viene gettato dalla madre in un cassonetto e muore appena nato, non necessariamente è stato, a sua volta, un assassino o un malvagio nella sua vita precedente, che lo ha portato a quel Karman, come il concetto del karman stesso sopra esposto porterebbe a pensare. Invece è da dire che anche nelle poche, crudeli ore di quella sua brevissima, crudele esistenza lo Spirito ha fatto pur sempre una esperienza: quella della mancanza dell'amore e del male e della sofferenza che questa mancanza provoca.

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Giuseppe Diotti "Il conte Ugolino nella torre"

Non è necessario quindi ipotizzare che egli, per subire una tale orribile sorte, abbia fatto qualcosa di male nella sua vita precedente da meritare un tal contrappasso. E' sufficiente che lo Spirito in lui incarnatosi debba e voglia fare, in quella sua incarnazione, quella particolare esperienza per la sua evoluzione; una volta che l'ha fatta, anche in quelle poche ore, ritorna "in alto" e si prepara a una nuova vita e a nuove vicende e esperienze.

Ancora: abbiamo visto che nelle concezioni orfiche e in quelle neoplatoniche non vi è alcunché da scontare (o meritare) in una vita; semplicemente la materia e il corpo sono una prigione e una tomba per lo Spirito. Vi è la sofferenza (data dalla limitazione, dalla separazione dall'Uno) per il semplice fatto di essere nella vita e in un corpo. Il mondo è di per sé male, creato non da Dio che è il Bene ma da un altro essere divino, subordinato e malvagio, il Demiurgo, secondo lo gnosticismo - e questo punto circa la creazione è un altro fondamentale motivo di opposizione del cristianesimo verso queste dottrine.

Dunque, il concetto di karman non è qualcosa di indispensabile per la teoria reincarnazionista.

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Ruota di un carro indiano riccamente decorata. La ruota è il simbolo del samsara, la "ruota delle rinascite"

Il Samsara

E' questa un'altra parola chiave nella ideologia reincarnazionista, secondo i parametri della concezione orientale, che oggi è quella maggiormente seguita, dato che orfismo, gnosticismo e neoplatonismo, pur propri del pensiero occidentale, si sono, almeno per ora, perduti, per così dire, nella notte dei tempi.

Samsara vuol dire "ruota delle esistenze" ovvero "catena delle rinascite". Finché l'uomo prova attaccamento alla vita e al desiderio delle cose che in essa può avere; finché è così vincolato psicologicamente (è così indirizzato come attenzione e desiderio), il suo sguardo resta fisso alle cose del mondo ("guarda in basso") e non si rende conto di quella che è la sua vera Essenza, di quella che è la Verità. Non "guarda in alto" e così non vede la luce, non è illuminato - Buddha vuol dire Illuminato e buddhità illuminazione.

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Il Bardo Tödol, nella bella edizione dell'orientalista italiano Giuseppe Tucci

Il Bardo Todol - il Libro dei morti tibetano - usa delle parole quanto mai significative al riguardo. Dice che nel Bardo – che è la “vita intermedia” fra una incarnazione e un’altra - dopo la morte, la luce brilla potentissima davanti agli occhi del defunto; ma questi non può reggerla, non la riconosce e fugge e si rifugia in un'altra luce, quella del desiderio di un’altra esistenza, a lui e ai suoi occhi più consona, più accessibile. E così si reincarna.

Anche questa del samsara è soprattutto una concezione orientale. Abbiamo visto che le altre ideologie usano concetti e parole diversi (tomba, prigione - questo è il corpo per lo Spirto - creati da un Demiurgo malvagio).

Nella sostanza, possiamo dire che in tutti i casi quello che opera è un atteggiamento psicologico, la psicologia è alla base di tutto. Finché l'uomo continuerà a dirigere la sua attenzione e il suo desiderio verso le cose della terra, finché non conoscerà altro che queste e non penserà ad altro che a queste, il suo stesso desiderio gli creerà attorno, dopo morto (nel piano delle illusioni), quel mondo similterreno che egli, nel suo desiderio, si immagina. E, durante tale sua permanenza nel piano postmortale, sono sempre questo suo desiderio e pensiero fisso, che lo indirizzeranno, nel dirigersi e nello scegliere la nuova vita, verso un mondo come quello che desidera, un mondo terreno, e che è il solo che conosce.

Altre forme di rinascita

L'ipotesi reincarnazionista maggiormente seguita e conosciuta e la tesi in proposito della maggior parte delle culture e religioni reincarnazioniste è dunque che, dopo la morte, l'uomo, o meglio il suo Spirito, torna a incarnarsi, a rinascere e ;a vivere di nuovo sulla terra con un altro corpo umano per condurre da uomo - come un altro e nuovo uomo - le sue nuove esperienze.

Vi sono tuttavia anche altre credenze, altre filosofie e religioni che propongono il tema del “ritorno” sotto altre forme e modalità. Vediamo di approfondire rapidamente il problema, senza dilungarci troppo; ma colo per la completezza dell'argomento.

Innanzitutto c'è l'ipotesi della metempsicosi, cioè la possibilità di reincarnarsi non solo in forma di uomo ma anche nel corpo di animali e addirittura di piante. Inutile riderne, personaggi e filosofie rispettabilissime ne hanno parlato - Pitagora e i pitagorici; la religione jainista in India; gli scritti cabbalistici e sufi sopra riportati; e così via.

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La metempsicosi è la dottrina che ammette la possibilità di rinascere anche in forma di un animale

Il totemismo, che troviamo presso tutti i popoli arcaico-primitivi e al quale più sopra abbiamo pure accennato, appare anch’esso, in un certo qual modo e in definitiva, collegato con questa idea di una continuità esistenziale della vita degli individui. È’ ben vero che il totemismo vede e propone questa continuità che supera il singolo individuo e la sua vita non in riferimento al singolo individuo stesso ma in termini di clan a cui l’individuo appartiene e la raccorda a un altro specifico animale o pianta, dei quali la discendenza di quel clan ha e dai quali trae la sua forza e il suo spirito. Quell’animale o quella pianta dunque rappresentano quel dato clan e tutti gli individui che nel suo ambito nascono. E dunque attraverso questa rappresentanza e comunanza l’unicità individuale viene superata e si arriva lo stesso a un concetto di essenza profonda allargata alla quale partecipano una pluralità di individui e di vite individuali. Una essenza comune profonda che sta pur sempre a significare quello Spirito superindividuale che trascende e riassume in sé i singoli individui che ne fanno parte, secondo un andamento e uno sviluppo evolutivo che nella reincarnazione classica è verticale e nel totemismo è invece orizzontale,

E’ dunque una visione ristretta quella che vede la reincarnazione solo nei termini semplicistici di una successione di vite umane su questa terra. La stessa patria della cultura e della tradizione reincarnazionista, il Tibet, e il libro principe in tema di reincarnazione, il Bardo Todol di cui si è già detto, parlano espressamente della possibilità di rinascita in mondi diversi da quello degli uomini e in forme diverse che non quella umana.

Abbiamo già accennato, e qui completiamo il discorso, che dopo la morte, se l'individuo non riconosce la pura Luce indiscriminata, cioè se non comprende che nulla E' se non la pura coscienza, allora davanti a lui compaiono successivamente diversi mondi e tante immagini illusorie, frutto della sua mente, delle sue propensioni carmiche, delle sue paure, dei suoi desideri, della sua ignoranza. Vede luci abbaglianti, nelle quali è la salvezza, ma non le riconoscerà nonostante le esortazioni del lama che gli parla vicino all'orecchio (e che egli sente telepaticamente). Avrà timore di tali luci - troppo forti, troppo potenti, numinose, incomprensibili per lui - e allora fuggirà e cercherà rifugio in altre luci, non abbaglianti, e in altre visioni, che troverà a sé più (psicologicamente) confidenziali e familiari, comprensibili e vicine. Scegliendo in questo modo, nonostante le esortazioni contrarie ("non scendere lì, in quei mondi, non scegliere quelle luci, altrimenti rinascerai") fattegli dal lama nel colloquio salvifico telepatico ma così vagando e fuggendo qua e là, non riconoscendo la vera Luce, si rifugerà in una di queste luci, in uno di questi Esseri inferiori ma più comprensibili e così si reincarnerà e precipiterà nel girone del samsara e continuerà per lui il ciclo delle rinascite.

Due sogni di Jung

Carl Gustav Jung è stato un grande psicologo, una mente veramente aperta e immensa. Era anche un sensitivo, qualità ereditata dalla madre, cioè aveva la dote e la capacità di entrare in sintonia e contatto con il mondo interiore e con 1'altra dimensione che, attraverso questa interiorità, comunica con noi; da esso traeva i simboli, le intuizioni, la comprensione, le illuminazioni, insomma, su quello che E'.

Ecco come - attraverso il racconto di due sogni da lui fatti riferiti da una sua allieva, Anela Jaffè, che ne raccolse e pubblicò i “Ricordi” – egli, a sua volta, rappresenta questa continuità essenziale superindividuale, in cui, in definitiva, si racchiude l’idea della reincarnazione

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"Lo spinoso problema delle relazioni tra l'Uomo eterno, il Sé, e l'uomo terreno che vive nello spazio e nel tempo fu lumeggiato da due miei sogni. In un primo sogno, che feci nel 1958, vedevo da casa mia due dischi a forma di lenti dai riflessi metallici che passavano veloci, compiendo una stretta parabola sopra la casa e finendo sibilando dentro il lago. Erano due dischi volanti. Quindi un altro corpo veniva volando direttamente verso di me: questo corpo appariva come una lente perfettamente circolare, come l'obiettivo di un telescopio ... Immediatamente dopo veniva un altro corpo...: ancora una lente con un dispositivo metallico che la collegava a una scatola, tipo una "lanterna magica ". A sessanta o settanta metri di distanza si fermava nell'aria e puntava direttamente verso di me. Mi svegliai con una sensazione di stupore. Nel dormiveglia ancora, mi passò per la testa: <Pensiamo sempre che i dischi volanti siano nostre proiezioni e adesso risulta che noi siamo proiezioni loro! Sono proiettato dalla lanterna magica come C. G. Jung. Ma chi manovra l'apparecchio?> (Aniela Jaffè Ricordi, sogni e riflessioni di C. G. Jung, Rizzoli, Milano,l981, pag. 380 e segg.).

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La meditazione crea immagini con il pensiero. Jung si pone la domanda se tutta la realtà non sia altro che delle immagini-pensiero di "qualcuno" che in un'altra dimensione medita

Il secondo sogno non è meno notevole del primo. “Già una volta avevo sognato del problema del rapporto tra il Sé e l'Io. In quel primo sogno, ero in giro per il mondo ... Giungevo a una piccola cappella situata al margine della strada. La porta era aperta e io entravo. Con mia sorpresa non c'era sull'altare un'immagine della Vergine né un Crocifisso ma solo una meravigliosa composizione floreale. Ma poi vedevo sul pavimento, davanti all'altare ma rivolto verso di me, uno yogi seduto nella posizione del loto, assorto in profonda concentrazione. Quando lo guardavo più da vicino, mi rendevo conto che aveva la mia stessa faccia... Poi mi ero svegliato con il pensiero: <Ah, ah! Allora è lui quello che mi sta meditando. Ha un sogno ed io sono quel suo sogno>. Sapevo che quando egli si fosse svegliato, io non sarei più esistito....

La figura dello yogi rappresenterebbe.... la mia totalità inconscia prenatale (il Sé; n.d.A.) ... Come la lanterna magica, anche la meditazione dello yogi <proietta> la mia realtà empirica terrena...”.

Dobbiamo allora ritenere, come sembra suggerire Jung col racconto di questi due suoi sogni, che la nostra esistenza - e dunque le nostre diverse vite; le successive rinascite - siano la proiezione del pensiero, realizzato e cristallizzato, ed il "cinematografo" di una Mente, di uno Spirito, di un Essere (che è il nostro Sé: il disco volante con la lente e la lanterna magica, nel primo sogno; lo yoghin, nel secondo) che in un'altra parte, in un altro piano, in un’altra dimnsione medita e in questo modo, con queste sue meditazioni, con queste sue "rappresentazioni cinematografiche" mentali, col suo pensiero, crea e proietta fuori della sua mente le sue diverse vite (le nostre vite terrene, realizzate mentalmente e illusoriamente in questo modo) di cui vuole fare esperienza? Potrebbe consistere in questo, potrebbe essere spiegato così il mistero delle rinascite?

In realtà resta il Mistero; mentre, al di là dei diversi modi e delle diverse forme in cui può essere concepita, il concetto di reincarnazione si sostanzia nell’idea di una Continuità ed Evoluzione che si esprime e si sostanzia attraverso una molteplicità di individui e le loro vite ed esperienze individuali; e che tuttavia trascende e riassume in sé tali singoli individui che ne fanno parte.

http://www.ricercapsichica.it/articoli/ ... zione2.htm



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MessaggioInviato: 20/04/2014, 18:20 
...i nazareni (gnostici)

I Nazareni, o più precisamente la Chiesa (Ecclesia/Congregazione) Kahal (Ebraica) Nazarena di Yisra’el (Israel) rappresenta il movimento creato in origine da Yeshua (Jesus) bar Joseph e da suo padre Joseph Ha-Rama-Theo (Sua Altezza Divina) e dai suoi discepoli, 2.000 anni fa.

Più spesso noti con la loro denominazione Greca (Gnostici), i Nazareni un tempo superavano di gran lunga i seguaci di Paolo di Tarso, tanto da essere in rapporto di 100 a 1. Oggi nessuna chiesa ufficiale e legata a quella originaria dei Nazareni esiste, e neppure una loro branca o filiazione, ad esclusione dei moderni movimenti che utilizzano tale denominazione. Tutti sono stati nel tempo eliminati uno dopo l’altro servendosi di tortura, inganni, atti esecrabili e abomini assortiti ad opera degli zeloti cristiani.

In assoluto contrasto con la chiesa di Paolo (Cristianesimo), che proclama di adorare Gesù Cristo, i Nazareni rappresentavano i nemici giurati di Paolo stesso e dei fondatori del Cristianesimo, ovvero degli Alti Sacerdoti che fecero crocifiggere Gesù, che organizzarono, in collaborazione con Paolo stesso, l’omicidio di Stefano e di Giacomo, e che usarono violenza e perseguitarono il loro stesso popolo, che restò impassibile e nulla fece per aiutarli.

Il termine Nazareth deriva da una corruzione della denominazione originaria riferita all’insediamento di “Nazara”, che significava ‘Città dell’Agrifoglio (Holly/Holy)’, o semplicemente ‘Città dei consacrati di Dio’.

Nazara è un termine che ebbe origine appena prima della nascita di Gesù, e deriva dal titolo Ebraico di (nazorita), nazirita (in Ebraico: nazir), termine che faceva riferimento a un Ebreo che avesse preso i voti ascetici di auto-disciplina e di purezza. Il termine “nazirita” deriva dal termine Ebraico “nazir” che significa “consacrato” o “separato”.

Il termine Nazirita viene frequentemente utilizzato nell’Antico Testamento, e numerosi dei profeti erano rispettosamente indicati come “Naziriti”, tra questi Elia e lo stesso Giovanni il Battista da Qumran.

In un senso che potrebbe apparire assai controverso, i veri insegnamenti di Gesù risultano completamente opposti a quelli di Paolo e dei nobili Ebrei Sadducei. Gli insegnamenti di questi ultimi si sono successivamente trasformati in quelli che ai nostri giorni sono praticati da coloro che definiamo Cristiani. Gesù riteneva che il dio delle antiche scritture Ebraiche, il dio che faceva richiesta di sacrifici umani, che richiedeva il sacrificio di sangue, che si presentava come un dio “geloso”, non fosse altro che un potentissimo demone (Satana), che pretendeva di essere adorato come se fosse Dio. Di sicuro, qualsiasi analisi oggettiva delle scritture dell’Antico Testamento supporta con decisione il punto di vista espresso in questo senso da Gesù nei suoi vangeli gnostici.

Gesù e i Nazareni ritenevano che le scritture dell’Antico Testamento non fossero nulla più che una serie di manipolazioni e di falsi ad opera dei Persiani, creati successivamente a una serie di tentativi indirizzati ad impedire ai Sadducei di agire come Satanisti assetati di sangue e privi di scrupoli nei confronti di tutte le creature viventi.

Al contrario, Gesù e i Nazareni affermavano che gli esseri umani non fossero stati creati da un dio universale dell’amore, ma, come le civiltà più antiche dell’Asia aveva già sostenuto migliaia di anni prima, che gli esseri umani fossero stati geneticamente modificati a partire da esseri maligni in carne e ossa, che “infusero” il proprio male all’interno dei nostri corpi tramite un’anima contraffatta (corrotta e dualistica/counterfeit soul), che operasse in competizione con la nostra componente animica più pura.

Gesù e i Nazareni erano dediti alla conoscenza e al rispetto della vera sapienza, erano vegetariani e si impegnavano a non procurare danno ad alcun animale. Gesù era inoltre un grande promotore della parità tra i sessi, tanto in termini di autorità spirituale quanto in termini di autorità civile, tanto da rendere sua moglie Mariamne (Maria Maddalena) uno dei suoi principali discepoli.

In ogni caso, tra le numerose dottrine di Gesù e dei Nazareni, la più controversa si dimostrò l’assoluta determinazione nel distruggere i Sadducei e il tradizionale atteggiamento di questi ultimi, quello di nascondersi dietro belle parole e abiti bianchi pur essendo intimamente devoti a nulla se non al male più puro e alla dannazione dell’intera umanità.

Fu tale dottrina e obiettivo principale di Gesù che pose lui stesso e i Nazareni in rotta di collisione con le più potenti famiglie dei Sadducei della Siria, una lotta che infine condusse alla creazione della fasulla religione nota come Cristianesimo, quella che è stata creata per mascherare l’effettivo messaggio di Gesù e la natura effettiva delle linee di sangue Sadducee, quelle che perdurano ancora ai nostri giorni.

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MessaggioInviato: 21/04/2014, 21:25 
Gesù Cristo e la Reincarnazione

La maggioranza delle religioni cristiane nega la reincarnazione sostenendo che una sola vita terrena basti a raggiungere la perfezione che Dio richiede.

Questo potrebbe al limite sostenersi nel caso di una vita lunga e colma di evoluzione spirituale come ad es. quella dei Santi, ma che dire di un bimbo che viva solo pochi mesi di vita?

Oppure di un malato di mente che non capisce quello che fa? E come spiegare l'ingiustizia di chi vive poverissimo, in un paese in guerra rispetto a chi nasce ricco e senza problemi? E chi nasce in una tribù primitiva che non sa nulla del Cristianesimo? Per non parlare degli uomini delle caverne, cannibali e senza battesimo... chissà che brutta fine fanno secondo le varie Chiese cristiane! Come si può sostenere che un uomo delle caverne può arrivare allo stesso livello evolutivo dell'uomo moderno con una singola esistenza terrena? Chiunque capirebbe che questo è letteralmente impossibile.

E' inoltre impossibile conciliare la giustizia perfetta e infinita di Dio con una singola vita, una singola possibilità che per logica pura e semplice dovrebbe essere identica per tutti. Che direste voi di un padre che dà a un figlio tutti i vantaggi possibili e a un altro niente? Direste sicuramente che è un cattivo padre, che è ingiusto. Come si può quindi pensare questo di Dio che è onnipotente ed essendo infinitamente buono e giusto ama tutti i suoi figli allo stesso modo? E che colpa ne avrebbe il cannibale di essere nato così? Finirebbe costui in un Limbo come ci dice la Chiesa cattolica? E hanno pure il coraggio di dire che questa sarebbe una giustizia perfetta. La singola esistenza è la negazione della misericordia divina.

La logica elementare ci dice che tutto questo è impossibile.

Le varie religioni cristiane rispondono che le varie vite (il ricco, il povero, il cannibale, il malato di mente, ecc.) capitano "per puro caso", perché la natura è così e nessuno può farci nulla! Ma il caso cos'è? Le leggi della natura chi le ha fatte? Se Dio è onnipotente, significa che può fare qualunque cosa, perché mai dovrebbe sottostare al caso?

Osservando le cose con razionalità appare evidente che il concetto di una sola vita è semplicemente inconciliabile con la giustizia divina. Il concetto della pluralità delle esistenze, la reincarnazione, invece è perfettamente coerente, è la logica conseguenza della giustizia divina, dando a tutti le stesse identiche possibilità per evolversi. Gli uomini moderni ed evoluti non sono nati già evoluti, il loro sviluppo è frutto di diverse esistenze passate. Esattamente come a scuola lo studente impara in anni diversi cose diverse, il bambino alle elementari, l'universitario all'università. E se in una vita si è fallito, ci si reincarna in condizioni simili, proprio come a scuola i bocciati ripetono l'anno scolastico. Non c'è cosa più naturale di questa.

Quando si parla di reincarnazione persino i teologi ne hanno un'idea estremamente superficiale, una favoletta ingenua e infantile per bambini che respingono con presunta superiorità. Non tutte le religioni hanno lo stesso concetto di reincarnazione, le differenze tra una e l'altra sono enormi. Si passa dalla reincarnazione secondo gli indù, dove gli uomini si reincarnano persino negli animali (persino negli insetti e altri animali insignificanti) e dove lo scopo sarebbe una continua punizione fino a religioni con concetti di reincarnazione molto più evoluti.

Liquidare la reincarnazione, a cui credono ben due terzi del mondo, come se fosse un favoletta per bambini sarebbe esattamente come ridurre il cristianesimo alla favoletta di Adamo ed Eva che hanno generato l'umanità. Come in tutti gli argomenti c'è una conoscenza superficiale e una conoscenza precisa. Non bisogna cadere nell'errore, tipico degli ignoranti e dei saccenti, di negare un concetto a priori senza conoscerlo affatto.

La Reincarnazione nel Vangelo

Nei vangeli ci sono diversi riferimenti alla reincarnazione. Nel vangelo di Giovanni (III, 3), Gesù dice a Nicodemo:

Cita:
"In verità, in verità ti dico che se uno non nascerà di nuovo non può vedere il regno di Dio". Nicodemo gli chiese: "Come può un uomo rinascere quand'è già vecchio? Può forse rientrare nel grembo della madre per essere rigenerato?"


Innanzitutto occorre fare alcune precisazioni. Gesù e Nicodemo parlavano la stessa lingua, l'aramaico. Nicodemo non era un pastore ignorante e analfabeta, ma uno dei più colti maestri religiosi. Gesù e Nicodemo parlarono tutta la notte di questo argomento, anche se l'apostolo Giovanni ci riporta solo i passaggi più significativi.

La conseguenza logica è che non potevano non capirsi, come se uno fosse cinese e l'altro tedesco! Le Chiese cristiane interpretano questo "nascere di nuovo" come una rinascita meramente simbolica, e non fisica. Nicodemo, che parlava la stessa lingua, interpreta invece correttamente in senso materiale, di dover nascere di nuovo, dopo essere stati vecchi, dal grembo di una nuova madre

Gesù allora gli risponde: "Bisogna che voi siate generati di nuovo"

Il senso è chiarissimo. Il verbo "generare" si riferisce al nascere in senso fisico, carnale, dal grembo materno, non al cambiamento morale. Non c'è nessuna possibilità di equivoco. E aggiunge che questo "nascere di nuovo", "essere generati di nuovo" è necessario. Gesù continua spiegando a Nicodemo che lo spirito non nasce insieme alla carne, cioè nella nascita carnale, (come invece sostengono le Chiese cristiane), ma ne è indipendente, preesiste alla nascita terrena e le sopravvive.

Le parole di Gesù sono anche qui chiarissime e inequivocabili:

Cita:
"Ciò che è generato dalla carne è carne; e quel che nasce dallo spirito è spirito. Non ti meravigliare se ti ho detto: bisogna che voi siate generati di nuovo." (Giovanni III,6)


Anche qui le parole si riferiscono in modo evidente a una nascita carnale, generare in senso carnale, come Nicodemo aveva perfettamente capito, non si parla di un cambiamento morale, né di battesimo, come sostengono le varie religioni cristiane. Non ha senso stravolgere il significato delle parole di Gesù per forzarle a quello che si vuole. Se si è in buona fede, il buon senso e la logica, anche per i ragionamenti di cui sopra, ci dice che il senso è proprio quello della reincarnazione, che i primi cristiani conoscevano benissimo.

In particolare non può trattarsi di battesimo, in quanto nella Bibbia, Giobbe usa le stesse parole di Gesù, parlando di "essere generati di nuovo dalla carne", di "nascere di nuovo", "carne e spirito", "corpo e spirito", "ventre materno". Ma Giobbe non poteva conoscere il battesimo perché ai suoi tempi neppure esisteva! Il riferimento alla reincarnazione è di un'evidenza solare.

In un altro passaggio del Vangelo c'è un'altra inequivocabile prova che gli apostoli di Gesù conoscevano la reincarnazione:

Cita:
Passando vide un uomo, che era cieco fin dalla nascita. I suoi discepoli lo interrogarono, dicendo: «Maestro, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché sia cieco dalla nascita?» (Giovanni, IX, 1-2)


Se per i discepoli il concetto di reincarnazione non fosse stato ben chiaro non avrebbero neppure posto questa domanda e invece si interrogano sul perché quell'uomo sia cieco dalla nascita: chi ha peccato? Lui o i suoi genitori? E come poteva peccare lui per essere poi punito ad essere cieco dalla nascita? I teologi cattolici, pur di non ammettere la logica conclusione della reincarnazione, sono arrivati a dire che quell'uomo aveva peccato nel grembo materno! Secondo loro aveva commesso un peccato così grave nel ventre materno da essere stato punito con una malattia terribile! Se quindi vedete un malato di mente, un cieco dalla nascita, un bimbo che è nato con gravi malattie dovete pensare che, secondo i teologi cattolici, è stato punito per aver peccato nel ventre materno!

Un altro riferimento l'abbiamo in Matteo XVII, 12-13 dove Gesù parla del profeta Elìa, che secondo le profezie sarebbe dovuto resuscitare per preparare il terreno al Messìa.

Cita:
"Elìa è già venuto e non l'hanno riconosciuto; anzi, gli hanno fatto tutto quello che hanno voluto. Allora i discepoli capirono che egli aveva parlato loro di Giovanni Battista." (Matteo, XVII, 12-13)

"Egli (Giovanni Battista) è l'Elia che doveva venire. Chi ha orecchie per udire oda." (Matteo XI, 14)


Le parole anche qui sono chiarissime. Elìa venne proprio prima di Gesù per preparargli il terreno, ma non capirono che era lui e lo uccisero. I discepoli invece, che conoscevano la reincarnazione, capirono perfettamente che Elìa e Giovanni Battista erano in realtà la stessa persona, il Vangelo ce lo spiega nel modo più chiaro possibile. Anche qui chi ha orecchie per indendere intenda significa che non a tutti è dato capirlo.

Anche S.Paolo nella Lettera ai Romani, cap.IX, parla di Esaù e Giacobbe come già esistenti, prima che fossero nati!

Nel Vangelo di Tommaso portato alla luce nel 1945, quindi esente da rimaneggiamenti e censure, è scritto:

Cita:
Un giorno chiedemmo a Gesù: "Quale sarà la nostra fine?" Ed Egli ci rispose: "Se scoprite il principio non dovrete preoccuparvi della fine, perché dove è la fine, là è il principio. E chi conosce il principio, conosce la fine e si libera dalle morti". Disse proprio così, "dalle morti" e poi aggiunse: "Volete sapere in che modo un uomo si libera dalle morti? Divenendo consapevole di essere già esistito prima di ogni nascita."


Qui Gesù spiega che l'uomo è ingabbiato nel ciclo delle reincarnazioni, quindi delle rinascite e delle morti, fino a che non avrà raggiunto un certo livello di consapevolezza, dopo di che la sua evoluzione continuerà nel mondo dello spirito, senza più necessità di reincarnarsi.

Ed ancora, rivolgendosi all'apostolo Tommaso:

Cita:
Gesù disse: "Tommaso, ora tu sei qui con me a passeggiare su questo monte. Quando sarai dall'altra parte, se vorrai, con un sol balzo potrai tornare quaggiù a riprendere la tua passeggiata nel mondo". - Lo farò, Maestro mio, sono innamorato di questo pianeta! Dopo morto tornerò giù.


Ed ancora:

Cita:
Gesù disse: "Consideratevi di passaggio." (V.Tommaso, 42)


Ed ancora, spiegando che la resurrezione della carne è in realtà la reincarnazione:

Cita:
Passavamo in mezzo ad un antico cimitero ed uno dei discepoli chiese a Gesù: "Cosa resta di questi poveri morti, oltre alle loro ossa che vanno in polvere e in quale giorno, coloro che sono morti i si risveglieranno dal loro riposo e in quale giorno ricomincerà per loro la vita e il mondo nuovo? "Gesù allora rispose: "Vi siete lasciati troppo distrarre da quelle tombe e da quelle ossa. Ciò che voi attendete è già avvenuto. Ma voi non ve ne accorgete e seguitate a dire: i morti riposino in pace!" (V.Tommaso, 51)


Ed ancora, spiegando che il karma è il programma di prove da affrontare che ciascuno si prepara prima della propria nascita:

Cita:
Gesù disse: "Tommaso, non ti lamentare, se tutto ti va di traverso. In fondo, queste prove che tu devi superare, le inventasti tu stesso. Quanti dal cielo, si affacciano per vedere se cadi nelle trappole che tu stesso ti sei preparato! Felice l'uomo che supera queste prove perchè, al di là, egli trova la Vita".


E anche nel Vangelo di Maria Maddalena, Gesù dice:

Cita:
E' così, è necessario morire di molte morti per conoscere la luce della nascita. (Vangelo di Maria Maddalena, v.235-236)


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La Reincarnazione secondo i Padri della Chiesa dei primi secoli

I Padri della Chiesa Cristiana dei primi secoli, come anche gli gnostici, i greci, gli egizi, gli orientali, avevano ben chiaro il concetto di reincarnazione, infatti Origene, ancora nel 250 d.C., uno dei più importanti Padri della Chiesa, nell'opera Sui Principi spiega che le anime vengono assegnate al loro "luogo o regione o condizione" in base alle loro azioni "prima della vita presente". "Dio ha organizzato l'universo sul principio di una retribuzione assolutamente imparziale", scrive Origene. Dio non creò "secondo alcun favoritismo" ma "diede alle anime un corpo secondo i peccati di ognuno". Un riferimento inequivocabile al Karma di ognuno e al fatto ovvio che la Giustizia Divina dà a ciascuno quello che merita, senza affidarsi al caso o ad assurdi favoritismi.

"Se l'anima non ha avuto una pre-esistenza", domanda Origene, "perchè alcuni sono ciechi dalla nascita, non avendo peccato, mentre altri nascono senza alcun difetto?". Egli risponde alla sua stessa domanda: "È chiaro che alcuni peccati esistevano (cioè erano stati commessi) prima che l'anima entrasse in un corpo e, come risultato di tali peccati, ogni anima riceve una ricompensa in proporzione a ciò che merita". Le parole di Origene sono di una chiarezza solare sia alla luce di quello che dicevano gli apostoli nel Vangelo, sia della logica più basilare.

Origene scrive anche: - "Ogni anima...viene in questo mondo rafforzata dalle vittore o indebolita dalle sconfitte della sua vita passata." Il riferimento alla reincarnazione è più che evidente ed innegabile per chiunque sia in buona fede e valuti con un minimo di elementare buon senso. I primi cristiani, gli apostoli, i Padri della Chiesa, credevano fermamente nella reincarnazione, coerentemente agli insegnamenti di Gesù.

S.Agostino nelle Confessioni, nel 400, scriveva: "Prima di quella vita, o Dio della mia gioia, io esistevo già in qualche altro luogo o altro corpo"

Diversi Padri della Chiesa cristiana sostenevano fortemente la reincarnazione, come S.Paolo, S.Giustino, S.Agostino, Erma, S.Ireneo, Teofilo d'Antiochia, Sinesio, Minucio Felice, S.Ippolito, Clemente Alessandrino, Minucio Felice, Tertulliano, e Origene il più importante. La reincarnazione nel mondo antico era rifiutata solo dai pagani e dai romani. Purtroppo l'assorbimento della Chiesa cristiana all'autorità dell'Impero Romano nel 325 d.C., con Costantino che per motivi politici la fece diventare la religione ufficiale dell'Impero, ne decretò lo stravolgimento dalle sue basi originarie in alcuni punti, modificando alcune convinzioni secondo la mentalità romana (introducendo ad es. la Trinità, completamente estranea agli insegnamenti del Vangelo).

Nel 553 d.C. l'imperatore bizantino Giustinaniano condannò le tesi sulla reincarnazione, tre secoli dopo la morte di Origene, proclamandole eretiche, facendone bruciare i libri che la insegnavano e perseguitando i sostenitori, ma fino a quel momento il mondo Cristiano era diviso tra chi aveva compreso il vero messaggio di Gesù sulla realtà della reincarnazione e chi la negava. A partire dal Concilio di Costantinopoli del 553 d.C. il concetto di reincarnazione fu bandito ufficialmente dalla Chiesa Cristiana e sostituito con quello di Resurrezione della carne morta nel corpo fisico originario nel giorno del Giudizio Universale.

Secondo questo dogma della Resurrezione della carne, alla "fine dei tempi", dopo un giudizio universale, le anime dei buoni e quelle dei cattivi si riuniranno ai corpi dei defunti e vivranno in eterno con quelli! Addirittura in passato la Chiesa cattolica vietava la cremazione dei defunti perchè altrimenti l'anima non avrebbe più avuto un corpo a cui potersi riunire! In seguito ci si rese conto che, cremati o non cremati, i resti dei defunti in ogni caso con il passare dei secoli finiscono per dissolversi nel nulla, quindi adesso sostengono che i corpi di carne e ossa verranno ricreati da zero, dopo il Giudizio Universale, ma saranno "carne" e "ossa" incorruttibili, destinati a durare per l'eternità. Questa favola della resurrezione soffre ancora di un'ottica prettamente materialistica in cui si vede tutto in funzione della materia, molto simile al concetto puerile di un Dio fatto a immagine e somiglianza dell'uomo, con barba e baffoni bianchi o a quello, altrettanto ridicolo, di un Inferno dantesco, con demoni muniti di forconi dediti a infilzare e torturare i dannati per l'eternità, sotto l'occhio inesorabile di Dio!

Il concetto di reincarnazione nella Chiesa cattolica è rifiutato per ovvi motivi. Se si accettasse l'idea che un anima necessita di più vite terrene per la sua evoluzione spirituale, molti dogmi, come quello sulla dannazione eterna, sulle assoluzioni fatte dai preti sui peccati, sarebbero destinati a cadere. Ecco perchè all'inizio del Medioevo, proprio nel momento in cui la Chiesa cattolica iniziava ad acquisire potere e controllo sulle masse ignoranti, aveva bisogno di un cambiamento di rotta finalizzato ad escludere questo concetto pericoloso dai suoi dogmi, sostituendolo con favole adeguate, che purtroppo sono sopravvissute, attraversando tutte le epoche di estrema corruzione medievale della Chiesa, fino ad oggi.

Oggi la reincarnazione è dimostrata scientificamente da numerosi ricercatori, tra cui Brian Weiss o Jim Tucker, con prove oggettive mediante ipnosi regressiva. Migliaia di persone ricordano le vite precedenti con meticolosità di dettagli sui luoghi e sulle famiglie in cui sono vissuti decenni o anche secoli prima, fornendo particolari altrimenti inspiegabili. Vi sono numerosissimi casi accertati di bambini che, senza neppure bisogno dell'ipnosi, ricordano la vita appena precedente fino ai 6-7 anni di età. Ovviamente la reincarnazione è negata con forza, nonostante le evidenze, dalla maggioranza degli scettici e dai religiosi del mondo cattolico.

http://www.vitaoltrelavita.it/vangeli/2 ... zione.html



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MessaggioInviato: 07/05/2014, 15:31 
Lo gnosticismo in Paolo di Tarso

Generalmente si pensa a San Paolo come il “vero inventore” del cristianesimo quale noi lo conosciamo (Nietzsche) o più in generale come dello strenuo difensore, “apostolo”, del cristianesimo e della sua dottrina, suo convinto apologeta.

Tuttavia, gli studi pionieristici di Marcello Crateri, nonché le più recenti ricerche di Elaine Pagels, hanno messo in luce il carattere tipicamente gnostico di alcune importanti lettere di Paolo di Tarso.

Queste osservazioni però non sono mai state tenute in gran conto perchè la biblistica di estrazione cattolica ha sempre visto nell’insegnamento di Paolo di Tarso l’insegnamento anti-gnostico per eccellenza. Inoltre, un altro elemento favorente il “mutamento di paradigma”, sia in sede propriamente filologica sia nel contesto più ampio della storia delle religioni, può essere il ritrovamento del Codice Manicheo di Colonia (Codex Manichaicus Coloniensis), che evidenzia l’influsso paolino sullo sviluppo dell’illuminazione del profeta Mani, il Vivente, fondatore della corrente manichea.

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Riassumendo lo “stato dell’arte”: vi sono tracce gnostiche rilevanti e significative in alcune lettere di Paolo. Nella prima ai Colossesi (1,19) si parla di Dio come del Pleroma, usando un termine tecnico degli gnostici. Dunque, Paolo enuncia un tema tipico della teologia gnostica. Purtroppo l’infelice traduzione attuale proposta dalla Chiesa fa perdere completamente il sapore originario, e appare piuttosto edulcorata: vi si legge che in Gesù Cristo dimora la “pienezza” (non si capisce di cosa…). Si suole forse sottintendere la “pienezza divina”. Ma questo ha poco senso. Non si capisce perché parlare di pienezza, termine fra l’altro assente dalla teologia cattolica.

Se invece assumiamo l’espressione per quello che è, cioè Pleroma (come termine tecnico teologico, in effetti ancora in uso nel cristianesimo ortodosso), tutto trova pieno significato e chiarezza. Secondo la gnosi valentiniana Gesù è chiamato il “fiore del Pleroma” in quanto ultimo Eone ad essere emanato dopo la caduta. Esso sarebbe stato emanato dalla totalità degli altri eoni, da tutto il Pleroma nella sua interezza. Ecco perché in lui risiede il Pleroma. Ovviamente la traduzione “addomesticata” proposta oggi cela la malizia interpretativa per non far emergere questi significati e questi richiami. Tuttavia è di una evidenza lampante la ricchezza di significato che assume ogni singola espressione se sottoposta alla giusta esegesi.

Ancora: Paolo accetta la tripartizione degli uomini tipica degli gnostici. In Corinzi 2, 11-15

“Esponiamo sì la sapienza ai perfetti (i perfetti sono, secondo la Gnosi, gli pneumatici quelli che hanno ricevuto l’iniziazione segreta cioè il Battesimo di Fuoco, N.d.R.)…ma non una sapienza di questo mondo… esponiamo una sapienza velata di mistero. [….]. L’uomo psichico (psychòs) non accoglie le cose dello Spirito: per lui sono follia e non le può intendere… L’uomo pneumatico giudica ogni cosa ma da nessuno egli è giudicato”.

Più gnostico di così…

Ancora: San Paolo nel parlare della natura del Corpo di resurrezione, lo chiama Corpo Glorioso, facendo intendere che non sarà un corpo fisico, perché “la carne e il sangue non possono ereditare il Regno di Dio” (II corinzi 3,7; I corinzi 15, 50). Precisa anche che esiste una distinzione fra un il “corpo animale” e il “Corpo Spirituale” (I cor.15,44), proprio come nelle cosmologie gnostiche!

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Il “corpo glorioso” paolino è un tema che non ricorre in nessun altro testo canonico: esso invece è ben presente agli autori gnostici e se ne dà ampia descrizione nella Pistis Sophia e nell’Inno alla perla. Infine quando Paolo parla del Corpo Spirituale lo chiama “seminarium” perché esso è un seme da far germogliare dentro di noi, come insegnano l’ermetismo (che parla di Hermes come genio interiore, in-genium= generato dentro) e quasi tutta la tradizione esoterica in genere.

Inoltre sembra che Paolo usasse una ben nota terminologia tipica degli gnostici per caratterizzare le potenze ostacolatici. Mentre usa raramente il termine ebraico “Satana” sembra più volte parlare di “arconti” come uno gnostico.

“Nessuno degli Arconti di questo mondo ha potuto conoscere la nostra Sapienza: se l’avessero conosciuta non avrebbero crocifisso il Signore della gloria” (I Corinzi 2: 8), nonché: “La nostra lotta non è contro la carne ed il sangue, ma contro i Principati e le Potestà, contro i dominatori (Arconti) di questo mondo di tenebre, contro gli spiriti del male sparsi nell’aria”. (Efesini 6. 12 ). Da notare che i nemici qui non sono esseri del mondo infero o sotterraneo ma aerei, cioè potenze del mondo intermedio, celesti. A conferma di ciò egli li chiama Potestà e Principati cioè con i nomi che più avanti la Chiesa userà invece per definire gli ordini angelici.

Non è peregrino notare dunque che le gerarchie angeliche usualmente designate come “celesti” potessero essere intese da Paolo quali angelici diabolici servitori del Demiurgo, quello che gli Gnostici sapevano essere il falso dio dell’Antico Testamento. Se consideriamo l’insofferenza di Paolo per la Legge ebraica veterotestamentaria, ecco che il cerchio si chiude!

Il tema del Demiurgo, si badi, ricorre con una certa coerenza, anche negli scritti apocrifi attribuiti all’Apostolo: nell’Apocalisse di Paolo si fa menzione all’incontro con un vegliardo che presiede al Settimo Cielo ed incapace di guardare in alto. Secondo la buona interpretazione del Moraldi si tratterebbe del demiurgo Sebaoth, qui reso con le caratteristiche iconografiche del Dio ebraico (cfr. Apocalissi gnostiche, Adelphi.)

Ricorderei anche che uno dei primi a segnalare l’incompatibilità tra il Dio veterotestamentario e quello di cui si fa testimone il Cristo, fu il vescovo Marcione. E’ controverso ancora se Marcione debba essere considerato propriamente uno gnostico. E’ certo però che egli denuncia tutti gli aspetti del Dio ebraico che gli gnostici dichiaravano “arcontici”. Ora, Marcione, seppur ritenuto in seguito “eretico”, fu il primo a cercare di definire quali scritti cristiani fossero canonci. Nel canone egli inserì proprio le lettere di Paolo; inoltre, secondo la tradizione della Chiesa marcionita (in pratica estintasi nel VI secolo) Marcione sarebbe stato discepolo diretto di Paolo.

A ben intendere Paolo doveva essere uno gnostico che la sapeva lunga, oppure uno che condivideva buona parte di ciò che era patrimonio delle comunità cristiano-gnostiche del suo tempo. Di sicuro però fece delle scelte che lo portarono in una certa direzione che vedremo, soprattutto alla luce del materiale documentario di recente ritrovamento.

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In effetti, la lotta di Paolo contro la comunità essena di Giacomo e la fazione di apostoli che lo seguiva – Filippo, Tommaso ecc… – si esprimeva nelle lettere paoline in un atteggiamento di chiusura verso certe comunità del nascente mondo cristiano, che riconoscevano l’autorità di Giacomo e che non a torto sono state identificate con le prime comunità gnostiche scontro peraltro che si concretizzò anche nel primo “concilio” di Gerusalemme (Atti, 15).

Il “gruppo di Giacomo” seguiva la corrente propriamente “essena”, mentre lo stesso Gesù, impropriamente detto “nazzareno”, era un Nazira, cioè seguace di una linea nazorea, piuttosto autonoma all’interno del mondo esseno rispetto all’ortodossia ebraica, mentre gli esseni tout court, pur essendo un ordine esoterico, erano fortemente ancorati agli aspetti dell’ortodossia formale dell’ebraismo. Così il gruppo esseno di Giacomo voleva ad esempio mantenere la circoncisione ed altre usanze religiose e formali del popolo ebraico, che poco avevano a che vedere sia con la Gnosi in senso eminente sia con le aspirazioni di una religione universalistica.

L’esoterismo nazoreo, diversamente da quello esseno, era assai più autonomo rispetto all’ortodossia formale.

La lotta latente tra Paolo e le prime comunità esseno-gnostiche, che emerge un po’ in tutte le lettere paoline, specie nella Lettera ai Galati, non era dovuta però soprattutto a motivi di ordine squisitamente teologico, tanto più che i contenuti gnostici in Paolo sono così evidenti che nessuna traduzione edulcorata può nasconderli. Qual’era dunque la linea di faglia fra le due posizioni?

Vi sono documenti come il già detto Codex Manichaicus Coloniensis, e l’Apocalisse gnostica di attribuzione paolina (sopra citata) che provano senza dubbio che sia Paolo sia i suoi avversari gnostici o esseni gnosticizzanti, basavano il proprio insegnamento su dottrine di tipo gnostico, forse già presenti in parte nella mistica giudaica del tempo, assai più che sui testi convenzionali dell’Antico Testamento.

Vi è poi, ad ulteriore sviluppo e conferma, la “pista manichea”, finora appena accennata. Si tratta cioè di riconoscere l’importanza del pensiero paolino sullo sviluppo della gnosi manichea, a cui si accennava prima. A ben guardare, questa filiazione dottrinale la segnala proprio uno studioso cattolico, teologo e storico delle religioni, l’arcivescovo Mons. Julien Ries, che segnala propriamente i debiti del manicheismo verso la predicazione e le lettere di S. Paolo, nonché la venerazione e l’emulazione di Mani nei confronti dell’Apostolo, che si riflette in tutta una serie di dati, dall’inclusione di alcune lettere di Paolo nel Canone Manicheo, sino al tema della “visio Pauli”, esperienza mistica ripetuta dallo stesso fondatore del Manicheismo.

Se si legge nel Codex Manichaicus Coloniensis ciò che afferma il vescovo manicheo Baraia, non si hanno dubbi al riguardo. Fra l’altro segnaliamo l’importanza di questo riferimento testuale perché Mani ha mutuato dalla setta cristiana degli Elcasaiti una antica tradizione che faceva risalire l’origine di certi insegnamenti segreti proprio a Paolo di Tarso. Mentre non è da escludere che gli Elcasaiti fossero una delle prime comunità cristiane a seguire Paolo, è quasi certo che Mani, in gioventù aderì alla setta elcasaita. Questa linea di collegamento è peraltro segnalato nella stessa opera di Ries.

Nello specifico, nel Codex Manichaicus Coloniensis, il manicheo Baraia riporta alcuni passi paolini contestualizzandoli nell’insegnamento esoterico dei principali testi dell’apocalittica e della mistica del tempo, che i manichei accoglievano nel loro Canone.

Riportiamo qualcuno dei passi di Paolo citati da Baraia.

Paolo nella II Lettera ai Corinzi scrive:

“Verrò di nuovo alle visioni e rivelazioni del Signore. Conosco un uomo in Cristo […] che fu portato in paradiso e udì parole segrete che non è lecito agli uomini proferire” (II Cor. 12 – 2,4).

Baraia riporta anche come anche Paolo affermi di avere ricevuto egli stesso certe rivelazioni di ordine spirituale in un momento di rapimento estatico e di contatto diretto con Dio:

“Allo stesso modo in cui sappiamo che l’apostolo Paolo fu portato nel terzo cielo, come egli stesso racconta nella Lettera ai Galati”. In effetti è più probabile che il riferimento esatto fosse a Corinzi2 13, 2-4 [nota mia].

Risulta da questi passi, specie dal primo, che l’insegnamento di Gesù è un insegnamento segreto, ottenuto in stati di elevazione coscienziale se non di estasi. Tale comunque era il senso di queste parole, nell’interpretazione del Canone manicheo. E in effetti vi troviamo un tema ricorrente nella gnosi dei primi secoli, per cui l’insegnamento esoterico non è un insegnamento che può essere compreso da tutti. Solo gli “pneumatici”, dotati di una particolare qualificazione legata all’anamnesi effettiva della loro origine divina, possono giungere alla comprensione dei misteri celesti della Gnosi, qui definite dal termine paolino di parole segrete (il riferimento a parole segrete di Gesù è presente in tutte le fonti gnostiche). Questi insegnamenti segreti sarebbero dunque stati in possesso di Paolo, come degli gnostici, e in parte attraverso Paolo, in parte per rivelazione diretta ricevuta da Mani, sul modello della “visio Pauli”, sarebbero passati nella religione esoterica dei Manichei.

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Del resto il nome dei seguaci dell’eresia, o meglio della religione manichea, di epoca medievale, fu quella di “pauliciani”: appunto da Paolo, essendosi conservata memoria all’interno del movimento manicheo, di questa filiazione paolina, alla luce delle conoscenze attuali assai più chiara e giustificabile che non in passato.

Se assumiamo la presenza di una vena gnostica nella primitiva predicazione paolina, dobbiamo però spiegare in cosa essa si differenzi da quella di altre correnti gnostiche e soprattutto perche essa sia stata poi facilmente assorbita dalla nascente ortodossia di quella che gli gnostici chiamavano Grande Chiesa.

Le differenze appartengono all’ordine della teologico-politico e, de relato, al ruolo che una struttura organizzata (settaria o ecclesiale) avesse nei confronti dell’escatolgia.

Paolo di Tarso volle dare alla nascente Chiesa Cristiana una struttura unitaria e gerarchica, cosa che né il gruppo esseno di Giacomo né le comunità gnostiche (più o meno “imparentate con esso) erano disposte ad accettare.

Questo è il motivo per cui l’insegnamento esoterico di Paolo è stato accettato in seno a movimenti gnostici come la Chiesa di Mani, che coniugavano il principio della Reintegrazione o restaurazione dell’ Unità primordiale con lo sforzo di creare una struttura ecclesiale organizzata, che preservasse la purezza dell’insegnamento esoterico di tutti i grandi iniziati che hanno svelato all’essere umano la via della Gnosi (fra i quali Mani inseriva Zoroastro, Buddha, Gesù e Paolo); questo approccio veniva per lo più rifiutato da numerose altre comunità gnostiche come quella che ha espresso l’Apocalisse di Pietro, ostili alla creazione della Grande Chiesa burocratica e centralizzata, statalizzata, nella consapevolezza che questo avrebbe impedito ai per i membri della comunità cristiano-gnostica di giungere in maniera autonoma alla reintegrazione pneumatica.

Mani optò per l’approccio ecclesiale “strutturato” sulla scia della teologia politica paolina, prendendo a modello il sacerdozio zoroastriano, e soprattutto il sangha buddhista, che in quei secoli andava assumendo una fisionomia marcatamente monastica. La Chiesa cristiana nascente si appoggiò invece al modello burocratico imperiale romano.

Posta così la differenziazione fra Paolo di Tarso, e dopo di lui Mani, rispetto agli altri gnostici fu prevalentemente sul fronte politico organizzativo, o più nobilmente sul versante teologico-politico di una dottrina soteriologica.

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Dal II-III secolo in poi, i membri della nascente “ortodossia” (prevalentemente legati alla comunità cristiana di Roma), lasciando da parte il carattere esoterico dell’insegnamento paolino, ne ha sviluppato ed esaltato unicamente gli aspetti politici, che ben si adattavano alla svolta che si stava producendo allora e alla nascita e giustificazione di una burocrazia clericale.

L’esito di questa impostazione è stato il rafforzamento degli aspetti exoterici, del resto facilmente assimilabili in una struttura “ampia” a scapito della componente esoterica, pur ben presente sul piano dottrinale alla mente di Paolo e in grado, come abbiamo visto all’inizio, di fornire “sponde” dottrinali alla stessa scuola valentiniana, e a quella marcionita. Per converso la chiesa manichea rimase orientata come chiesa gnostica ed esoterica, anche se come struttura essa assomigliava già ad una Chiesa gerarchizzata e burocratizzata (si estendeva dalla Cina alla Spagna) più che ad una semplice “comunità”. Tuttavia rimase sempre ancorata a livelli iniziatici e con gradi di rivelazione segreta.

La cristianità ormai stabilizzatasi nella sua “ortodossia” ha invece unicamente sviluppato gli aspetti ecclesiologici della teologia paolina, dimenticando (o forse misconoscendo) gli elementi tecnicamente gnostico-esoterici.

Si noti che, secondo le osservazioni di Elaine Pagels, sarebbero proprio quelle lettere di Paolo di più certa provenienza (le sette lettere di quasi certa attribuzione paolina) a contenere i lineamenti gnostici suddetti. Mentre sarebbero le altre, più incerte per stile e contenuto, nonché quelle chiaramente pseudoepigrafiche- le cosiddette “pastorali- ad essere più in linea con la versione cattolica. In particolare le due a Timoteo e la Lettera a Tito furono degli apocrifi a lui attribuiti dai Padri della Chiesa in modo da far credere che Paolo appoggiasse la loro interpretazione piuttosto che quelle gnostiche.

Bibliografia:

The Gnostic Paul: Gnostic Exegesis of the Pauline Letters, Elaine Pagels, Fortress Press, 1975

L’eresia. Dagli gnostici a Lefebvre, il lato oscuro del cristianesimo, Marcello Craveri, Arnoldo Mondadori Editore, Milano, 1996

Le Apocalissi Gnostiche, Luigi Moraldi, Adelphi, Milano 1987.

Gnosi e manicheismo, Julien Ries , Milano, Jaca Book,2010, voll. 1-2

The Cologne Mani Codex (P. Colon. inv. nr. 4780) “Concerning the Origin of His Body” Edited and translated by Arthur J. Dewey & Ron Cameron. Society of Biblical Literature Texts and Translations Series 15. Missoula MT, Scholars Press, 1979.

Der Kölner Mani – Kodex. Über das Werden sciabiche Leibes, L. Koenen Römer , Kritische Edition (Abhandlung Reinisch – Akademie der Wissenschaften der Westfälischen: Coloniensia Papyrologica 14), Opladen, Germania 1988.

Elchasai e gli Elchasaiti. Un contributo alla storia delle comunità giudeo-cristiane, L. Cirillo, Cosenza, Marra Editore 1984.


http://www.centrostudilaruna.it/lo-gnos ... tarso.html



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Una minoranza religiosa in Medio Oriente
Di Sarah Reinke

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Sheick Abdullah, sommo sacerdote, Ganzibra, di Baghdad

Chi sono i Mandei?

I Mandei o Sabei (dall'aramaico-mandeo "battezzato"), come vengono chiamati dai Musulmani, costituiscono una delle più antiche comunità religiose dell'umanità. Tracce della loro esistenza sono riscontrabili in documenti babilonesi, persiani e islamici risalenti fino al 3. secolo d.C. Si stima che la comunità religiosa dei Mandei conti circa 60.000 adepti, di cui la maggior parte vive in Iraq, soprattutto nelle grandi città quali Baghdad, Bassora, Samara e Nassiriya, e nell'Iran meridionale. Le organizzazioni mandee stimano il numero dei Mandei in Iraq in 10.000, altri circa 20.000 Mandei vivono nella diaspora in Europa occidentale, ma anche in Australia, Stati Uniti, Canada e Nuova Zelanda. Qualche migliaio di Mandei è profugo in Siria e in Giordania.

Da dove vengono?

Si presume che i Mandei siano originari della Palestina. Apparentemente durante il primo quarto del 1. secolo d.C. essi fuggirono dalle persecuzioni e dalla repressione verso la città di Harran in Siria, ma a causa dell'inimicizia con la comunità cristiana prima e con quella islamica poi furono presto costretti a lasciare la regione per spostarsi nella Babilonia meridionale fino alla regione di Marsh nell'attuale Iraq meridionale. Secondo altri ricercatori invece, i Mandei vissero inizialmente in Mesopotamia, nelle vicinanze dei fiumi Eufrate e Tigri.

La lingua mandea classica è un dialetto aramaico, molto vicino all'aramaico del Talmud babilonese. Oltre al Mandeo classico esiste una forma moderna del Mandeo, che ha assorbito molto dall'Arabo e che oggi è parlata ormai solo dai Mandei della provincia del Khusistan in Iran.

In cosa credono i Mandei?

Il Mandeismo è una religione monoteista ed è la più antica ancora esistente religione gnostica (dal greco antico "gnosis", vuole dire "conoscenza"). La visione del mondo dei Mandei si basa su un dualismo gnostico, che divide il mondo in due livelli: secondo i Mandei, l'uomo vive nella parte di mondo dominato dall'oscurità che però abbandona nel momento della morte. Dopo la morte, ogni anima passa attraverso diverse "stazioni di controllo" fino a trovare la redenzione nel regno della luce. I Mandei credono in un messaggero che condurrà le anime dal mondo dell'oscurità nel regno della luce e così darà inizio alla fine del mondo. Quando il messaggero avrà assolto il suo compito, esisterà solo il regno della luce e il tempo della sofferenza sarà giunto al suo termine.

La genesi dei Mandei assomiglia molto a quella cristiano-ebraica. Anche per i Mandei Adamo ed Eva sono i primi uomini, ma a differenza dei cristiani per i Mandei Eva non nasce da una costola di Adamo. Eva è invece un dono del regno della luce a Adamo, e ciò spiega la parità dei diritti tra uomo e donna. I neonati ricevono inoltre il cognome della madre e la storia dei Mandei vanta anche diverse sacerdotesse.

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Battesimo mandeo in Australia, dove vivono 3.000 Mandei

Cosa lega il Mandeismo a Giovanni Battista?

Il libro sacro dei Mandei - "Sidra Rabba" o "Ginza" ("tesoro") - è stato tradotto nel 1925 dallo studioso di religioni tedesco Mark Lidzbarski. Le cerimonie più importanti dei Mandei sono il funerale, la festa dei morti e il battesimo. La cerimonia del battesimo risale a Giovanni Battista, che è considerato l'ultimo profeta dei Mandei. Ogni Mandeo è battezzato più volte nel corso della sua vita, ma sarebbe auspicabile ricevere il battesimo ogni domenica poiché, secondo la concezione mandea, durante la cerimonia del battesimo ("Masbütä") più che in ogni altra circostanza ci si avvicina al regno della luce. Grazie alla rituale immersione si ottiene infatti il perdono dei peccati, la guarigione da malattie e la cacciata dei demoni.

Il battesimo mandeo tradizionalmente si tiene presso acque correnti (chiamate tutte genericamente "Giordano"). Vestito con un abito bianco composto da sette pezzi diversi (per il sacerdote l'abito è composto da nove pezzi), il credente viene condotto dal sacerdote in acqua. Secondo il credo mandeo a questo punto la vita si ferma per un attimo per riprendere subito dopo il battesimo con nuova forza e chiarezza. Importanti pilastri della religione mandea sono pregare, digiunare e prendersi cura degli altri. Il Mandeismo non è una religione missionaria e non esiste alcuna legge che proibisca ai credenti di passare ad un'altra religione e che impedisca o viceversa imponga a credenti di altre religioni la conversione al Mandeismo. Un Mandeo però perde l'appartenenza alla propria comunità religiosa tramite il matrimonio o il matrimonio obbligato, cioè la conversione obbligata.

Violazioni dei diritti umani

Per la maggioranza della popolazione di credo musulmano i Mandei non fanno parte delle "religioni legate al libro" menzionate nel Corano e non godono pertanto della tutela della comunità islamica. I Mandei non godono neanche del rispetto da parte dei Cristiani, tant'è che i missionari portoghesi del 19. secolo tentarono di trasferire le comunità mandee dell'Iraq verso Muskat, Goa o Ceylon in modo da facilitare la conversione al cattolicesimo.

Dopo l'ascesa al potere di Saddam Hussein nel 1979 aumentarono gli atteggiamenti ostili verso i Mandei. Tre il 1991 e il 1993 i Mandei che vivevano nella zona del Marsh (zona paludosa nell'Iraq meridionale) furono vittime di una vera e propria campagna di eliminazione. Il regime si scagliò con tutta violenza contro le popolazioni delle paludi tra Bassora, Samara e Nassiriya. La violenza del regime colpì particolarmente gli Arabi del Marsh che da oltre 5.000 anni vivevano in quella zona. Dopo le ribellioni sciite seguite alla seconda guerra del Golfo del 1991 moltissimi ribelli e disertori si rifugiarono nella poco accessibile zona delle paludi, vasta 150.000 km2, e Saddam Hussein colse l'occasione per bonificare tutta l'area. Il provvedimento colpì anche la comunità mandea che diminuì da 5.000-7.000 persone a 1.000-2.000 credenti. Inoltre furono distrutti tutti i centri di culto. I Mandei persero la loro patria nella quale avevano vissuto fino dal 5. secolo dopo Cristo. I sopravvissuti fuggirono nelle maggiori città dell'Iraq.

Dopo la caduta di Saddam Hussein nel 2003 la situazione dei Mandei è ulteriormente peggiorata. Dal 2003 sono aumentati gli omicidi di credenti mandei, gli stupri a danno di donne e ragazze mandee, le umiliazioni pubbliche, i rapimenti e le conversioni forzate. Trattandosi di una miscredente, lo stupro di una donna mandea resta impunito e contemporaneamente aumentano le discriminazioni nei confronti dei Mandei in generale: licenziamenti ingiustificati, espropri, arresti ed esclusione da incarichi pubblici. Le donne sono costrette a portare il capo coperto e durante l'ultima guerra irachena, i giovani sono stati costretti a prestare servizio militare nonostante la loro religione proibisca loro categoricamente di uccidere. Nel frattempo i Mandei si trovano spesso costretti a negare il proprio credo e le proprie tradizioni, il che costituisce per loro uno dei peggiori peccati. Essi si convertono "volontariamente" all'Islam e per paura delle persecuzioni e delle umiliazioni assumono nomi musulmani. Nel 2003 il leader sciita e giurista Al-Hakeem diffondeva sulla sua homepage la convinzione che i Mandei dovevano o essere uccisi o essere costretti a convertirsi all'Islam. Centinaia di famiglie mandee sono fuggite in Siria o in Giordania, dove vivono in condizioni disperate.

http://www.gfbv.it/3dossier/me/mandaeer-it.html



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