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 Oggetto del messaggio: LETTERA DI ANGELO FILPPONI
MessaggioInviato: 31/01/2014, 01:47 
Filipponi mi ha scritto chiedendomi di divulgare lo scritto .


..... Spero che tu, nonostante che io abbia ancora moltissimi libri, pronti da pubblicare, su


questa base ideologica possa difendere, in qualche modo, quanto ho scritto.

Ecco il testo :


Gesù, l’ebreo


Non ho avuto mai, se non da ragazzo, come interlocutore un tuttologo: siccome amo fare, parlo poco e solo se è necessario.

Non ho voluto ciarlatani accanto, preferendo lavorare con operai e sudare con loro in operazioni costruttive.

Per tutta la vita ho scelto uomini che lavorano e che studiano, scienziati, ricercatori, tecnici ed operai con cui parlare concretamente di problemi veri per fare una reale situazione e cercare una soluzione.

Comunicare per me è fare un dono scambievole di qualcosa ad uno paritario e perciò è funzionale a qualcosa, per dire concretamente il proprio pensiero e confrontarlo con quello altrui, in modo da trovare un modo per conciliare e trovare una soluzione concreta .

In caso di incapacità realizzativa da entrambi le parti, si riconosce il proprio limite e si ride insieme delle proprie idiozie e della propria debolezza. constatata in situazione reale.

Se non si ha forza di operare insieme, costruttivamente , non servendo la tautologia, è preferibile fare lo scemo, presentando una faccia da ebete.

Per anni, perciò avendo distinto illuministicamente perfino tra dire e parlare ed avendo pensato che è meglio stare zitti, anche se tutti vogliono parlare, ho taciuto lavorando da solo e come studioso e come artigiano, alternando le attività nel corso della giornata.

Siccome non è stato sufficiente il silenzio, sono stato costretto ad operare scrivendo e a mostrare il frutto concreto come risultanza operativa in modo paradigmatico (Cfr L’altra lingua ,l’altra storia, Demian 1995).

Comunque, in casi estremi, nel corso di 45 anni di ricerca , è stato necessario tenersi lontano dagli altri, ritirarsi in meditazione, in solitudine, in un lavoro costruttivo di manovalanza.

Il silenzio allora potrebbe diventare, nell’assurdità del parlare altrui, specie politico e sacerdotale, un discorso eloquente e razionale, un esempio operativo eclatante, un metodo.

Comunque, h o sempre fuggito da chi crede di sapere ogni cosa e pensa di poter arrivare razionalmente a soluzioni e a chiudere dogmaticamente, in netto rifiuto della predica.

Non ho dunque seguito le persone che sanno ogni cosa e che creano percorsi o vie, convinti di avere conoscenze, di saper dire la parola definitiva o di poter parlare di tutto a tutti e di fare, caso mai, spettacolo.

La parola di Gesù mi ha sempre affascinato, fin da bambino e perciò ben presto ho cercato i logia del signore in aramaico, ma ho amato anche quelli greci, anche se tradotti, più di quelli latini, data l’equivocità della romanitas christiana.

La parola di Gesù divina, omnicomprensiva , ha alimentato, quasi fosse un organismo vivente, la mia prima adolescenza , essendo un valore universale, qualcosa di fermo stabile eterno, sempre, in ogni situazione e in ogni tempo, e dovunque, in ogni luogo, essendo verità, rivelata da un Dio Padre che in un’epoca storica inviò il Figlio per redimere l’umanità, rea del peccato originale di Adamo.

Quando, però, ho scoperto che non esiste la parola di Dio ma solo l’interpretazione sacerdotale come esegesi ed allegoria, ho rilevato un altro Gesù, una strana figura di uomo che parla di tutto e che non dice mai niente di proprio, e che risulta uno spettacolare teorico, frutto di un lavoro retorico di secoli.

I problemi allora sono diventati tanti ed ancora molti per me sono insolubili, ma alcuni si sono precisati e si sono spiegati e risolti.(cfr Jehoshua o Jesous?, Maroni,2005; Ma Gesù chi veramente sei stato E.Book Narcissus 2012, Per una conoscenza del primo cristianesimo,E.book Narcissus 2012)

La Bibbia e i Vangeli sono testi umani, scritti in epoche precise, molto diverse da quelle a noi tramandate dai Padri della Chiesa: la loro lettura deve essere quella propria di ogni testo letterario, senza alcuna differenza e senza distinzione.

Né la Bibbia né i Vangeli hanno neppure una lettera sacra, ma sono opera di uomini che hanno creato un testo, volutamente, per mandare un preciso messaggio e che hanno immesso l’Aggiunta del Signore in senso operativo secondo la loro tradizione.(Cfr Il politico o Giuseppe di Filone E. Book Narcissus, 2012).

Ho smesso quindi di lavorare sui "logia matthaici",e ho indagato sulla figura di Gesù ebreo, di Gesù Messia, dopo che ho fatto luce sul sistema biblico (sul contesto egizio di Giuseppe e di Mosé, su quello cananeo di Davide e su quello persiano di Ezra) con la traduzione di Filone di In Flaccum e di Legatio ad Gaium e specie di Il politico o Giuseppe, opere pubblicate in E.Book, La vita di Mosé (ancora inedita).

Ho precisato il significato di archaiologia iudaiké con la traduzione del testo di Flavio, del I e II libro -le cui due prefazioni sulla cultura degli aramei e degli egizi nel II e I millennio a,C. sono illuminanti circa la vita nomade e seminomade degli hapiru/ebrei- del II (ultima parte) III e IV relativi la vita di Mosé, Basileus nomothétes, archiereus e prophetes, e specie del XVIII, XIX XX utili ai fini della conoscenza reale dell’ebraismo in epoca romana.

Ho avuto il dubbio che il testo evangelico non sia autentico e che la figura stessa di Gesù non avendo una configurazione realmente storica, sia stata manipolata in modo da essere utile a fini morali, sociali, economici, politici in relazione alle letture dei singoli episodi, delle parabole, dei paradigmi, dei gesti e perfino dei nudi termini, retoricamente letti.

Per prima cosa ho accertato che le parole (non certamente logia) di Gesù non sono dette da Gesù per il solo fatto che non è un rabbi e quindi non è uomo che ha diritto di parlare in pubblico, in un sistema ligio alla tradizione come quello ebraico perché operaio.

Da qui un lungo lavoro sui termini specie maestro/didaskalos e tekton per la comprensione del testimonium flavianum.

Ho mostrato poi che le opere di Gesù sono paradossali, ma sempre opere di un artigiano e di un professionista qainita, divenuto tanto famoso da essere eletto, oltre che per la giudaica osservanza, Messia.

Il lavoro sul termine Christos e sulla azione nazionalistica antiromana mi ha sollecitato ed autorizzato a parlare di basileia /Malkuth in contrasto con quella erodiana, concessa su designazione del senato dall’imperator , che in un preciso arco di tempo dalla pasqua del 32 d.C. a quella del 36 d.C considera illegittima l’auctoritas di un "maran "aramaico eletto da Artabano e da altri re della confederazione partica.

Da qui la morte del Christos, incriminato di lesa maestà e la fine del Malkuth ha Shemaim, il regno messianico.

L’interpretazione della morte e resurrezione paolina cristiana propria dei seguaci del Regno di Dio è in contrasto con quella nazirea del successore di Gesù, il fratello nella carne, Giacomo, la cui azione antiromana, aramaica, in lotta con i sadducei, con gli erodiani ed anche con alcune frange farisaiche, in stretta connessione col mondo degli esseni e dei terapeuti perdura fino alla morte nel 62 ad opera di Anano II.(cfr Sito Angelofilipponi.com Giacomo e Paolo e cfr, Filone, Quod omnis probus e Vita contemplativa, opere inedite)

La morte di Giacomo segna l’inizio della fine di Gerusalemme, data la guerra giudaica, la distruzione del tempio ad opera dei Flavi, la nuova dinastia regnante nell’impero romano.

I nazirei del Regno dei Cieli sono in prima fila nella guerra del 66-73, ma anche in quella di Kitos e nella rivolta di Shimon bar Kokba del 134-36 sotto Adriano, partecipi sempre della tragedia dei giudei, integralisti fino alla morte, cacciati dall’impero romano, cancellati dalla storia (Cfr. Giudaismo romano I, e. Book Narcissus 2012).

Altra è la storia dei Christianoi Antiocheni, paolini, integratisi nell’impero romano, radicatisi grazie al sistema oniade diocesano, divisi in infinite sette, penetrati nel cuore delle popolazione urbane, tra le plebi, guidati magistralmente da episkopoi, dioichetai insolventi davanti al fisco imperiale, data l’organizzazione ecclesiale, comunitaria (cfr Giudaismo romano II, E.Book Narcissus 2012).

Essi, dopo un periodo di sopravvivenza come religio illicita, distaccatisi dal giudaismo, garantiscono un nuovo modo di vivere in comunità chiuse, senza dichiarazione di redditi, senza tasse, perché non cives romani, ma cives di un altro regno quello celeste, loro patria, aventi la speranza di un premio eterno, assurdo per una creatura mortale, passati quasi indenni alle persecuzioni del III secolo e a quella dioclezianea, sono ricompattati e riuniti da Costantino, abile a sfruttare la ricchezza bancaria episcopale.

Allora i christianoi del Regno di Dio iniziano la loro storia, propria di una "religio licita" capace di inglobare anche l’altro regno, quello dei Cieli e la stessa figura di Giacomo e poi fanno la storia di un religio triumphans con Teodosio e i suoi figli (Cfr Giudaismo romano III, opera inedita)



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