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 Oggetto del messaggio: Tesi di Salsi
MessaggioInviato: 31/05/2011, 12:18 
Approfitto di questo forum, dove c'è una nutrita presenza di "arpiolidi" per potere discutere serenamente delle tesi del Sig. Salsi, senza avere la preoccupazione che lo spazio web sia "minato" da confraternite oscurantiste.

Tempo fa, ho letto il suo libro, che ricordo vagamente, ma adesso vedendo qualche suo video sono riemersi alcuni dubbi su qualche sua affermazione, per cui vorrei, se possibile, qualche chiarimento in merito, convinto che si possa accrescere la propria conoscenza con qualsiasi dibattito sul "Gesù storico", indipendentemente dalla sua natura.

Per adesso non farò riferimento all'esistenza storica di "Giovanni di Gamala", ma solo a qualche riflessione su affermazioni del Sig. Salsi, di cui con alcune concordo con altre dissento.

Per esempio, dissento in merito alle sue posizioni sulla discesa da Nazareth a Cafarnao citata in Lc 4, 31. Si può trovare la soluzione topografica nella differenza di altitudine tra le due località.

Salsi scrive:

Cita:
L’intromissione spuria di “Cristo” nella frase riportata “Giacomo, fratello di Gesù, detto Cristo”, richiama, volutamente, Gesù Cristo e la sua famiglia, come ci è stata descritta dai “Sacri Testi”, ma è proprio questo a dimostrarci che Giuseppe Flavio, veramente, non conosceva affatto “Gesù Cristo” e quindi non poteva riferirsi a lui perché, altrimenti, avrebbe dovuto scrivere: “Giacomo, uno dei fratelli di Gesù, detto Cristo”


Nel Contra Celsus (1,47), Origene riferendosi alla lettura di Flavio dice proprio che Giacomo era uno dei fratellli di Gesù, pur senza riconoscere Gesù come il Cristo. Ne consegue che, pur questa testimonianza inficiando il Testimonium Flavianum e XX:200, in qualche modo Origene ha letto da Flavio qualcosa in merito a Gesù e uno dei suoi fratelli, penso ancora non rimaneggiata.

Concordo con lui sul problema cronologico di Teuda, re Erode agrippa I e Fado, il che inficia la reale uccisione di Giacomo, fratello di Giovanni, figlio di Zebedeo (At 12, 1-2).

Il che ci fa capire che le cronologie in Atti sono più teologiche che "storiche", quindi il valore dottrinale supera quello storico, che è solo una "cornice".

Lui è più deciso nell'inesistenza storica di Nazareth e gli apostoli, pure io nutro dubbi su entrambi gli argomenti, diciamo che a questo sono vicino al cento per cento, essendoci arrivato per altre vie (esposte nei documenti on line nel mio sito), e per gli apostoli più che farne un problema "filologico", in cui ci si imbatte nelle paludi degli esegeti, il punto più forte è la mancata menzione di qualsiasi storico di questi personaggi, ma sono solo in riferimenti contraddittori dei padri della chiesa o opere più recenti, per esempio la Legenda aurea, ecc...

Sulla carestia lui sembra che interpreti Tiberio imperatore al posto di Tiberio Alessandro procuratore (Ant. XX:101), ma questi era un procuratore comunque di Claudio imperatore e At 11,28 riferisce dell'impero di Claudio.

Su Artabano III che muore nel 38 d.C. sembra che sia un errore imputato a Flavio dalla non perfetta conoscenza della storia dei parti, così:

T. Rajak, The Parthians in Josephus, in J. Wiesehöfer (ed.), Das Partherreich und seine Zeugnisse, Stuttgart 1998, pp. 317-319.

Qui Saulnier potrebbe meglio chiarire questa posizione.

Sul portico di Salomone, di cui nega l'esistenza, al tempo dei miracoli degli apostoli (At 5, 12-13), si ha già menzione in Gv 10,23 e si cita in Ant. XX: 219-222, in particolare XX:221:

"Questo portico [...]. Questa era opera del re Salomone, [...].

XX:222 ci dice che tale portico al posto di essere abbattuto (evidentemente messo male), fu probabilmente solo restaurato (lato est).

I personaggi storici citati in Atti sono quasi tutti tracciabili, rimane qualche dubbio su chi sia: "Candace", un pò come dire "Cesare", "Erode", ecc... solo un titolo.

Su Publio, governatore di Malta, ho trovato dei riferimenti storici del I secolo d.C.

Sulla presenza di Anania (sommo sacerdote) al processo di Paolo, a livello temporale è spiegabile, ma ho qualche dubbio su una sua ripresa del sacerdozio, mantenuto fino al 59 d.C.

Questo ce lo dice:

E. Schurer, A history of the Jewish people in the time of Jesus Christ, New York 1891, II, p.200

Anche in questo caso vorrei lumi se queste affermazioni si basino su dei riscontri storici o sono solo "ipotesi di lavoro" di studiosi.

Areta IV è compatibile con Damasco in 2 Cor 11,32 per un periodo che va dal 37 al 40 d.C.

Per adesso basta così.

Grazie.


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MessaggioInviato: 31/05/2011, 12:31 
Ciao chimoffafà

Qualche mese fa ho letto il libro di Robert Eisenman "Giacomo fratello di Gesù"

Un mattone! Ma con moltissimi riscontri tra il Gesù storico e i fratelli Zeloti figli di Giuda il Galileo (anzi lui lo dichiara proprio).

Il libro focalizza tutta l'attenzione, sulla figura di Giacomo il vero fratello di Gesù... non gli Apostoli sdoppiati, ma il vero successore che dopo la morte del Gesù storico, prese in mano le redini della prima chiesa di Gerusalemme.

Ovviamente ho sintetizzato (forse troppo) ma è comunque un'altra conferma seppur parziale di tutta la faccenda GESU' ZELOTA.

qui il libro ormai un best seller
http://www.ibs.it/code/9788838489419/ei ... -gesu.html



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MessaggioInviato: 31/05/2011, 12:34 
Per Desdra99:

Mentre postavo si è sdoppiata una risposta, probabilmente un mio errore di digitazione, se vuoi puoi rileggere il post sopra, è quello corretto, se ci sono controargomentazioni, ne possiamo discutere.

Ciao.


Ultima modifica di chimofafà il 31/05/2011, 12:35, modificato 1 volta in totale.

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MessaggioInviato: 31/05/2011, 13:59 
Cita:
dresda99 ha scritto:

Ciao chimoffafà

Qualche mese fa ho letto il libro di Robert Eisenman "Giacomo fratello di Gesù"

Un mattone! Ma con moltissimi riscontri tra il Gesù storico e i fratelli Zeloti figli di Giuda il Galileo (anzi lui lo dichiara proprio).

Il libro focalizza tutta l'attenzione, sulla figura di Giacomo il vero fratello di Gesù... non gli Apostoli sdoppiati, ma il vero successore che dopo la morte del Gesù storico, prese in mano le redini della prima chiesa di Gerusalemme.

Ovviamente ho sintetizzato (forse troppo) ma è comunque un'altra conferma seppur parziale di tutta la faccenda GESU' ZELOTA.

qui il libro ormai un best seller
http://www.ibs.it/code/9788838489419/ei ... -gesu.html


Il libro l'ho letto anch'io, in effetti è un pò "pesante", soprattutto per chi si approccia verso questi argomenti per la prima volta, bisognerebbe conoscere lingue, patristica, fonti primarie, ecc... comunque in questo link del sito di Nicolotti c'è una recensione, ovviamente negativa:

http://www.christianismus.it/modules.ph ... le&sid=121

Non condivido le tesi esposte nel libro, anche se è utile per una mappatura delle fonti.

Per quanto riguarda il Gesù Zelota, è una tesi come un'altra, così come il Gesù esseno o gnostico o dottrinale, segno che esiste solo il Cristo della fede antropomorfizzato nei racconti evangelici in un Gesù che di "storico", mantiene solo qualche embrione aleatorio.


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MessaggioInviato: 31/05/2011, 14:35 

Le perle di Emilio Salsi, prestare molta attenzione alla lettura:

“Fu sotto l’amministrazione di Tiberio Alessandro (dal 46 al 48 d.C.) che in Giudea avvenne una grave carestia, durante la quale la regina Elena comprò grano dall’Egitto con una grande quantità di denaro e lo distribuì ai bisognosi, come ho detto sopra”. (questo lo dice la chiesa)
Un lettore, dèdito alla lettura progressiva del testo, giunto a questo punto, si rende conto di trovarsi di fronte ad una ripetizione, molto ridotta, di un grave evento riferito, dettagliatamente, poco prima dallo storico … e non può fare a meno di chiedersi il perché.
Ciò che colpisce è il risalto fatto alla datazione, vero scopo dell’introduzione spuria di questo passo: sotto l’amministrazione del Procuratore Tiberio Giulio Alessandro (46-48 d.C.), quindi sotto il principato di Claudio.
In effetti cosa aveva “detto sopra” lo storico ebreo della regina Elena?:
" La sua venuta fu di grande utilità per il popolo di Gerusalemme, perché in quel tempo la città era rattristata dalla carestia e molta gente moriva perché sprovvista del denaro per acquistare ciò di cui abbisognava. La regina Elena inviò i suoi attendenti, ad Alessandria, per acquistare ingenti quantità di grano, ed altri a Cipro per carichi di fichi secchi. Quando Izate, suo figlio, seppe della carestia, anch’egli mandò ai capi di Gerusalemme una grande somma di denaro. La distribuzione di queste somme ai bisognosi, liberò molti dai disagi della carestia. Lascio a un altro momento il racconto dei benefici compiuti da questa coppia reale per la nostra città." (Ant. XX, 51/53).

Rileviamo subito un primo dato che rende incongrue le due notizie: quella appena letta, molto più circonstanziata, parla di "capi di Gerusalemme" , mentre la precedente, laconica, ci informa che vi era un solo "capo", ovviamente romano: il Procuratore Tiberio Alessandro.
Consapevoli che dal 6 al 48 d.C. i Governatori della Giudea che si avvicendarono in quella Provincia erano singoli legati imperiali romani ad eccezione dell'interregno del Re ebreo Erode Agrippa I (dal 41 al 44 d.C.), proseguiamo nell'indagine per chiarire meglio.
Elena e suo figlio Izate furono rispettivamente Regina e Re, ebrei, dell’Adiabene, una regione a sud dell’Armenia e ad est dell’alto corso del fiume Eufrate, confine concordato fra l’Impero Romano e la Parthia.
Subito prima di questo episodio leggiamo che, appena nominato Re:
#Nb.“Quando Izate giunse ad Adiabene per prendersi il Regno e vide i suoi fratelli, giudicando cosa empia ucciderli, tenendo presente gli affronti ricevuti, ne mandò alcuni a Roma da Claudio Cesare, con i loro figli come ostaggi; e con la stessa scusa altri (fratelli) li mandò da Artabano re dei Parti” (Ant. XX 36-37).??##
L’accostamento cronologico dei due “Grandi” nella vicenda è un errore storico gravissimo che Giuseppe Flavio non ha potuto commettere: lui sapeva benissimo che Artabano sarebbe morto nel 38 d.C. perché lo riferisce più avanti dopo aver descritto la carestia e la guerra contro Tiberio; così come sapeva che Claudio fu proclamato Imperatore nel 41 d.C. (ne riporta la cronaca). Peraltro i suoi scritti, nel I sec., furono sottoposti alla verifica degli storici romani prima di essere approvati e depositati negli Archivi Imperiali ... e questa è storia di Roma.
Essendo Artabano vivo, l’unico Imperatore avente causa con lui fu Tiberio e non altri.
Che si trattasse dell’imperatore Tiberio lo conferma inequivocabilmente ancora la storia, infatti: in (Ant. XX, 92) Giuseppe scrive: “Izate morì, avendo l’età di cinquantadue anni e ventiquattro di regno”. Sapendo da Tacito (Ann. XII, 13-14) che nel 49 d.C. Izate era sempre vivo, ne ricaviamo che ###fu nominato Re prima del 30 d.C. ma, avendo letto che, appena insediato nel Regno, mandò i suoi fratelli come ostaggi all’Imperatore di Roma, questi non poteva essere che Tiberio.###
Procedendo nella lettura di Antichità, dopo l'invio dei parenti di Izate come ostaggi, consapevoli di essere sotto Tiberio, seguiamo la Regina Elena a Gerusalemme ed il suo provvidenziale aiuto al popolo affamato (lo abbiamo appena riportato: Ant. XX 51-53). Successivamente, dal par. 54 al par. 68, Giuseppe Flavio descrive la crisi politica di Artabano III, re dei Parti, che, confermata dalla storia di Tacito, sappiamo avvenuta nella seconda metà del 35 e fu causata dal condottiero romano Lucio Vitellio. (Ann. VI 31/38).
Da quanto sopra esposto risulta evidente, senza alcuna ombra di dubbio, che la carestia, descritta nei par. da 51 a 53, afflisse la Giudea prima della crisi di Artabano avvenuta alla fine del 35 d.C.; crisi descritta nei par. da 54 a 68. Infatti, a questa carestia posero rimedio (con quali benefici concreti è impossibile stabilirlo)## prima la famiglia reale ebrea con aiuti diretti, poi il Legato imperiale Lucio Vitellio, con la detassazione dei prodotti alimentari, che ne abbassò i costi (e la tensione sociale), comunicata durante la Pasqua del 36 d.C. (Ant. XVIII 90), a seguito delle vicende sopra descritte.##
E’ importante sottolineare che la sequenza cronologica degli avvenimenti, così come la leggiamo in “Antichità Giudaiche”, è semplicemente assurda poiché prima viene citato l’imperatore Claudio (eletto nel 41), cui Izate invia i parenti come ostaggi, poi la carestia che, secondo san Luca e il par. 101 del Lib. XX in “Antichità” (su riportato), viene datata dopo il 46, ed infine (il contrasto nella sequenza) la crisi del 35 d.C. di Artabano, antecedente la sua morte, avvenuta il 38 d.C..
Questa progressione “sballata” di date torna perfettamente a posto semplicemente correggendo “l’errore” dell’Imperatore: Tiberio anziché Claudio.
La crisi di Artabano - avvenuta alla fine del 35, causata dalla corruzione dei Satrapi, parenti e amici del vecchio Re, da parte di Vitellio con capitali e su mandato avuto da Tiberio (che voleva riprendere l’Armenia conquistata da Artabano nel 34 d.C.) - fu risolta grazie all’intervento di Izate, nel 36 d.C., che convinse i Grandi Satrapi a riconoscerlo nuovamente come loro “Re dei Re”.
Alla fine del 36 inizi del 37 d.C., Artabano e Vitellio si incontrarono sull’Eufrate e
“Giunti al termine degli accordi, il tetrarca Erode (Antipa) diede una festa sotto una tenda da lui innalzata in mezzo al ponte con grande spesa”. (Ant. XVIII 101-102).
Tiberio fece appena in tempo a ricevere la notizia ed esultarne che il 16 Marzo del 37 d.C. passò a miglior vita. Ma anche…
“Poco tempo dopo Artabano morì e lasciò il regno a suo figlio Vardane” (Ant. XX, 69). Correva l’anno 38 d.C.
Sempre di Salsi;
Il Tempio


In “Antichità Giudaiche” (Luigi Moraldi, UTET 1998), il curatore, a piè di pag. 980 (Libro XV), nota n° 96, riporta vari autori di studi sul Tempio di Gerusalemme basati, tra l’altro, su scavi archeologici. Va aggiunto che, secondo i ricercatori odierni israeliani dell’Israel Antiquities Authority, di resti del Tempio erodiano non è rimasto quasi nulla tranne qualche pietra ed epigrafe.
Alla pag. 984, nota n°104, riferita alla “velocità del lavoro del Tempio”, iniziato nel 23/22 a.C. e inaugurato da Erode il 18 a.C., lo stesso Moraldi afferma che “in realtà l’intera opera fu completata fra il 62 e il 64 d.C.”, quindi sotto il Procuratore Albino al tempo di Nerone.
Questa è la tesi prevalente fra la maggioranza degli archeologi da oltre mezzo secolo e condivisa da molti esegeti credenti i quali, però, evitano di approfondire per non evidenziare le gravi contraddizioni con le “testimonianze evangeliche”. Come fa lo stesso Moraldi quando, nella stessa nota n°104, si limita a citare il Vangelo di Giovanni che parla del Tempio (Gv. 2,20) ma “dimentica” di riferire i miracoli fatti dagli Apostoli sotto il “Portico di Salomone” del Tempio in Gerusalemme.

Dalla documentazione storica non risulta che, dopo l’inaugurazione del Tempio, i lavori vennero sospesi e non furono realizzati i porticati sotto lo stesso Erode il Grande; al contrario non si può concordare con le conclusioni riferite dal Moraldi perché, come sempre precisato, le informazioni pervenuteci dalla storia siamo tenuti a rispettarle.
Poco dopo la morte di Erode il Grande (Libro XVII par. 254/264), per la Pentecoste del 4 d.C. scoppiò una violenta rivolta in Gerusalemme contro il Procuratore romano Sabino (divamperà poi in una guerra allargata anche alla Galilea), cui aderirono Giudei, Galilei e Idumei. Nel corso dei combattimenti:

“i ribelli montarono sui portici che circondano il cortile eterno del Tempio (par. 259) … allora i Romani, trovandosi in una situazione disperata, diedero fuoco ai portici, …e il tetto, saturo di pece e cera si arrese alle fiamme e quell’opera grandiosa e magnifica fu completamente distrutta” (par. 262).

Le colonne in monolito del porticato erano “legate” da una struttura di legno su cui poggiava il soffitto secondo quanto descritto dallo storico ebreo: “I soffitti del portico furono fatti di legno massiccio…” (Ant. XV, 416).
Il crollo delle altissime colonne fu conseguente al precipitare della pesante soffittatura in maniera irregolare travolgendo le stesse con un effetto a cascata, le une addosso alle altre. Da notare che il portico di Salomone era a picco su di una profonda valle (valle del Cedron) in cui finirono molte, disintegrandosi irrimediabilmente.
Lo storico ebreo illustra dettagliatamente il Tempio anche in “La Guerra Giudaica”, la sua prima opera completata negli anni settanta sotto Vespasiano, nel Libro V dal par. 184 al 226.
La disamina descrive le tre cinta murarie di Gerusalemme nei par. 136/183. Dal par. 142 al 145 leggiamo:

“Il più antico dei tre muri, partendo dalla Torre Ippico raggiungeva il portico orientale del Tempio”.

In “Guerra”, le esposizioni del “muro antico” e del Tempio sono “statiche”, non essendo collegate ad azione di guerra contingente che coinvolge tutti i porticati, diversamente da quanto riferito sopra nell’episodio della rivolta in Gerusalemme, dopo la morte di Erode il Grande, quando vennero distrutti completamente. Giuseppe Flavio scelse di descrivere quelle opere imponenti nel Libro V di “Guerra” (Tempio e cinta murarie) prima che venissero demolite definitivamente da Tito. Il condottiero romano lasciò in piedi solo alcune torri fortificate per scopi militari.
Le descrizioni del Tempio e delle mura con le imponenti torri, così dettagliate, Giuseppe ha potuto farla solo guardando i progetti esecutivi. E’ impossibile, per chiunque, riferire misurazioni così precise, tali da permettere la ricostruzione esatta di modelli in scala ridotta.

Infatti, quando lo storico ebreo scrisse, negli anni novanta sotto Domiziano, “Antichità Giudaiche”, la sua opera più particolareggiata, dedicò un intero capitolo al “Portico di Salomone” riferendo che Re Erode Agrippa II - alla fine del 63, inizi 64 d.C., poco prima dell’arrivo del nuovo Procuratore Gessio Floro, inviato da Nerone in sostituzione di Albino - decretò che non venisse eretto per il costo eccessivo (Ant. XX 215).
Questa datazione ci obbliga ad evidenziare un fatto importante: Giuseppe Flavio non era in Gerusalemme quando il Re decise di non ricostruire il portico. Come riferisce nella sua “Autobiografia” (3, 13/16), alla fine del 63 fu inviato a Roma, dal Sinedrio, per chiedere a Nerone la scarcerazione di alcuni sacerdoti ebrei arrestati dal precedente Procuratore Antonio Felice … e vi rimase sino a circa metà 65 d.C. (ibid 4, 17). Quando giunse in patria, nel 66 d.C., la tensione rivoluzionaria era già in atto: gli eventi stavano precipitando, e Giuseppe, come tutti, era preoccupato più del futuro che del passato.

Verso la fine della procura di Albino (Ant. XX 219/223), in merito al portico di Salomone Re Agrippa II dichiarò: “E’ sempre facile demolire una struttura” … Questa frase non si riferiva ad una demolizione da effettuarsi, ma già avvenuta nel passato: la distruzione dei portici, causata dal fuoco dei Romani per difendersi dagli insorti.
E aggiunse il Re: “… è difficile erigerne (non “sostituirne”) un’altra e ancor più questo portico”. Il portico di Salomone non avrebbe avuto alcun motivo per essere più difficile degli altri due già eretti se non per il maggior numero di colonne che andarono distrutte precipitando nella valle del Cedron. Semmai il portico più impegnativo avrebbe dovuto essere quello Reale, a sud, ma già ricostruito.
Al di là di qualsiasi considerazione, ciò che rende inconfutabile la prova dell’inesistenza del portico di Salomone durante il periodo “apostolico” è l’affermazione lapidaria dello storico:

“…(i Gerosolimitani) spinsero così il Re ad innalzare il portico orientale”, che si conclude con il decreto reale (lapidario anch’esso) di Agrippa II:“…respinse (il Re) perciò la loro richiesta”.

Buona parte degli storici credenti riconosce “l’errore” dell’evangelista Luca (che riferisce i miracoli degli Apostoli al Portico di Salomone), altri, viceversa, cerca di porvi rimedio con tergiversazioni ingenue e superflue … Beh, vanno compresi! Non è così facile ammettere di essere stati “dolciotti” e aver subito un lavaggio del cervello basato sull’illusione della vita eterna.
Soprattutto coloro che, dopo essersi sottoposti, si sono dedicati ad una propaganda capillare intesa a fare nuovi proseliti facendo il lavaggio del cervello ad altri: lo chiamano, ipocritamente, “apostolato”…

“Il popolo fuor di sé per lo stupore (di un miracolo) accorse presso gli Apostoli al portico detto di Salomone. Vedendo ciò Pietro disse al popolo: Uomini d’Israele, il Dio di Abramo e Giacobbe, il Dio dei nostri padri ha glorificato il suo servo Gesù, che voi avete rinnegato e consegnato a Pilato, mentre egli (Pilato) aveva deciso di liberarlo; voi invece avete rinnegato il Santo e il Giusto, e avete ucciso l’autore della vita. Ma Dio lo ha risuscitato dai morti e di questo noi siamo testimoni.” (At. 3, 11/15)
Emilio è molto preciso e dettagliato nel suo scrivere, che non lascia nessun dubbio sulle sue ricerche fatte.
Se noi non liberiamo la nostra mente dalle ?sacre? scritture, ma gli atti dicono, Gv. dice, Paolo ha scritto. Qui finisce la ricerca e facciamo bene ad andare a pregare in chiesa.
Con stima Cecco



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MessaggioInviato: 31/05/2011, 18:18 
Flavio commette degli errori cronologici su Ant. XX 36-37:

“Quando Izate giunse ad Adiabene per prendersi il Regno e vide i suoi fratelli, giudicando cosa empia ucciderli, tenendo presente gli affronti ricevuti, ne mandò alcuni a Roma da Claudio Cesare, con i loro figli come ostaggi; e con la stessa scusa altri (fratelli) li mandò da Artabano re dei Parti” (Ant. XX 36-37)

INCOMPATIBILITA’ CRONOLOGICA

Claudio diventa imperatore nel 41 d.C.

Artabano III muore nel 38 d.C

Citazione Salsi:

Cita:
“Izate morì, avendo l’età di cinquantadue anni e ventiquattro di regno”. (Ant. XX:92)


Cita:
Sapendo da Tacito (Ann. XII, 13-14) che nel 49 d.C. Izate era sempre vivo, ne ricaviamo che:


Fine citazione Salsi.

Facciamo un calcolo:

52-24= 28 A questa data l’imperatore era Tiberio e non Claudio.

E' evidente che Flavio si sta sbagliando temporalmente nel citare assieme i due regnanti.


Poi Salsi dice:

Cita:
Successivamente, dal par. 54 al par. 68, Giuseppe Flavio descrive la crisi politica di Artabano III, re dei Parti, che, confermata dalla storia di Tacito, sappiamo avvenuta nella seconda metà del 35 e fu causata dal condottiero romano Lucio Vitellio. (Ann. VI 31/38).


Però nei passi di riferimento, Flavio non menziona Vitellio e Tacito non menziona Izate, ne deduco che si tratta di avvenimenti diversi.

Altra citazione di Salsi:

Cita:
Da quanto sopra esposto risulta evidente, senza alcuna ombra di dubbio, che la carestia, descritta nei par. da 51 a 53, afflisse la Giudea prima della crisi di Artabano avvenuta alla fine del 35 d.C.


Semmai penso che, poichè è stata descritta prima la carestia in XX:51 e poi in XX:54 si cita Artabano III, morto nel 38 d.C. (XX:69) con Izate è gicoforza che la carestia sia antecedente al 38 d.C., almeno dalla cronologia di Flavio, a meno di flashback. In ogni caso sto procedendo a pancia, non sono un esperto di Flavio.

Trovo altresì interessante che sia Atti che Flavio abbiano lo stesso ordine cronologico nel descrivere:

Carestia sotto l'impero di Claudio (At 11, 28);

Uccisione di "Giacomo" e liberazione di "Pietro" (At 12, 1-19).


Libro XX:101 Fu sotto l'amministrazione (di Tiberio Alessandro) che in Giudea avvenne una grave carestia, durante la quale la regina Elena comprò grano dall'Egitto con una grande quantità di denaro e lo distribuì ai bisognosi, come ho detto sopra.

Libro XX:102 Oltre a ciò, Giacomo e Simone, figli di Giuda Galileo, furono posti sotto processo e per ordine di Alessandro, vennero crocifissi; questi era il Giuda che - come ho spiegato sopra -aveva aizzato il popolo alla rivolta contro i Romani, mentre Quirino faceva il censimento in Giudea.

Vedrò poi la questione del portico.


Ultima modifica di chimofafà il 31/05/2011, 18:29, modificato 1 volta in totale.

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Certo!
gli amanuensi hanno riportato su GF tutto quello che faceva comodo.
Con Costantino hanno avuto le mani in pasta per scrivere e impostare tutto ciò che faceva loro comodo.
Cecco


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Riguardo a Gesù(alias Gv. il Nazireo):

***Per esempio, dissento in merito alle sue posizioni sulla discesa da Nazareth a Cafarnao citata in Lc 4, 31. ***

[37] E i due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù.

[38] Gesù allora si voltò e, vedendo che lo seguivano, disse: "Che cercate?". Gli risposero: "Rabbì (che significa maestro), dove abiti?".

[39] Disse loro: "Venite e vedrete". Andarono dunque e videro dove abitava e quel giorno si fermarono presso di lui; erano circa le quattro del pomeriggio.

[40] Uno dei due che avevano udito le parole di Giovanni e lo avevano seguito, era Andrea, fratello di Simon Pietro.

[41] Egli incontrò per primo suo fratello Simone, e gli disse: "Abbiamo trovato il Messia (che significa il Cristo)"

[42] e lo condusse da Gesù. Gesù, fissando lo sguardo su di lui, disse: "Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; ti chiamerai Cefa (che vuol dire Pietro)".

[43] Il giorno dopo Gesù aveva stabilito di partire per la Galilea; incontrò Filippo e gli disse: "Seguimi".

[44] Filippo era di Betsàida, la città di Andrea e di Pietro.

GESU' PORTA A CASA SUA I DUE DISCEPOLI. DA CASA SUA IL GIORNO
DOPO PARTE PER LA GALILEA, E A BETSAIDA O UN PO' PRIMA INCONTRA FILIPPO. INDOVINATE UN PO' DA DOVE ERA PARTITO GIOVANNI(GESU')


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Verso la fine della procura di Albino (Ant. XX 219/223), in merito al portico di Salomone Re Agrippa II dichiarò: “E’ sempre facile demolire una struttura” …


Libro XX:222 Il re, al quale Claudio Cesare aveva affidato la cura del tempio, pensava che è sempre facile demolire una struttura, ma difficile erigerne un'altra e ancor più nel caso di questo portico, in quanto il lavoro avrebbe richiesto tempo e notevole quantità di denaro, respinse perciò la loro richiesta, ma non vietò la pavimentazione della città con pietre bianche.

Questa frase può anche essere interpretata nel senso che, il portico c'era, ma era malconcio nel 41-56 d.C. in quanto si cita "Claudio Cesare".

Cita:
Emilio è molto preciso e dettagliato nel suo scrivere, che non lascia nessun dubbio sulle sue ricerche fatte.


Secondo me, va vagliato tutto, ipotesi di Salsi comprese.

Cita:
Se noi non liberiamo la nostra mente dalle ?sacre? scritture, ma gli atti dicono, Gv. dice, Paolo ha scritto. Qui finisce la ricerca e facciamo bene ad andare a pregare in chiesa.


Non c'entra, in ogni caso il confronto implica la visione delle scritture, chi crede lo fa per fede, il problema assume rilievo solo nell'establishment che produce esegesi da dare in pasto a coloro che, beati loro, credono pur senza avere visto.


Ultima modifica di chimofafà il 31/05/2011, 19:09, modificato 1 volta in totale.

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MessaggioInviato: 31/05/2011, 19:25 
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GESU' PORTA A CASA SUA I DUE DISCEPOLI. DA CASA SUA IL GIORNO
DOPO PARTE PER LA GALILEA, E A BETSAIDA O UN PO' PRIMA INCONTRA FILIPPO. INDOVINATE UN PO' DA DOVE ERA PARTITO GIOVANNI(GESU')


Da dove era partito?


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MessaggioInviato: 31/05/2011, 22:41 
Egr. sig. Giuseppe Bizzini,

innanzi tutto mi congratulo con lei per aver “saltato il fosso”, cioè da credente “beato povero di spirito” è passato all’altra “sponda”.
Ho letto attentamente ciò che ha scritto e, francamente, gli argomenti che intende trattare sono molti, troppi, e questo non può giovare all’approccio di chiunque, ad iniziare da lei, come giustamente dice, “voglia accrescere la propria conoscenza scientifica”.
Tutti coloro che sono interessati alla materia del Cristo Storico devono approfondire. Purtroppo, per approfondire, bisogna continuamente studiare, ad iniziare da me che considero una ricerca, per sua natura, sempre aperta, anche agli errori che, se provati, devono essere eliminati.

So che lei è uno specialista in “testi sacri”, ma, non me ne voglia, se non si avvale della storia, per compararla alle testimonianze evangeliche, si dovrà accontentare delle “contraddizioni sacre”. A molti fedeli queste sono state sufficienti per smettere di credere, ma, se vuole andare oltre, dovrà studiare molto, per poi, avvalendosi del razionalismo scientifico … capire.
Dal momento che cita “le tesi del sig. Salsi”, questo dimostra che ancora non sa distinguere una “tesi” da una “constatazione” … ma non è il solo.

Poiché la città di Gàmala è troppo facile identificarla con la Nazaret dei vangeli (ci arriveremo) siccome lei stesso ha richiamato, evidenziandolo, uno studio su “Giacomo il Minore”, fratello di “Gesù” (noti le virgolette), apostolo e Vescovo di Gerusalemme, tenuto conto che, nel merito, si sono aggiunte ulteriori conferme storico archeologiche, mi consenta di sottoporle prima una sintesi della analisi che ha già letto sul libro, ma che credo debba “ripassare” per assimilarle meglio, dopo passeremo alle epigrafi CIL. Con buona pace per il professor Robert Eisenman che su “Giacomo il fratello di Gesù” ha scritto un “fantastico” libro grande quanto un vocabolario.

Non mi fraintenda, il professore Eisenman è uno dei migliori paleografi del mondo ed a lui dobbiamo molto per l’impegno profuso al fine di ottenere dall’Israel Antiquities Authority la pubblicazione di parte di rotoli di Qumran, ancora celati, che poi ha tradotto.
Eppure, anche lui, (come lei) se avesse dedicato più tempo alla storia, si sarebbe risparmiato la fatica di riempire di ipotesi un libro grande quanto un vocabolario. E’ la storia, l’archeologia, le epigrafi, la numismatica, la filologia ed il razionalismo a fare la differenza tra “tesi” e “constatazioni” … il tutto comparato ai “testi sacri”.

Sempre nel rispetto della storia e delle “verità patristiche”, Orìgene in “Contro Celso” (libro I, 47) così riferisce: “ … queste cose sono capitate ai Giudei per rendere giustizia a Giacomo il giusto, il quale era fratello di Gesù chiamato il Cristo”. Ma, anche se avessimo trovato scritto “uno dei fratelli di Gesù” non vedo cosa cambierebbe dal momento che la verifica storica la facciamo direttamente sulla cronaca di Giuseppe Flavio perché è a quella che si richiama il Padre.
E’ importante tenere sempre presente, quando si hanno dubbi sulle verifiche, le datazioni dei manoscritti, e nel caso di Orìgene, il più antico fra quelli del corpus servito per “ricostruire l’archetipo” è datato al VI sec. con metodo paleografico (inattendibile), mentre gli altri sono fatti risalire all’alto medioevo. Se non ci fosse stata corrispondenza fra i testi, la colpa la avremmo fatta ricadere sui copisti amanuensi … ma, almeno in questo caso, sono stati attenti. Questo è razionalismo.

E’ solo un esempio per metterla in guardia: se vuole “scavare” nella storia, per capire, la smetta di saltare da un argomento all’altro … Artabano III è storia romana. Giuseppe Flavio sottopose i suoi scritti agli storici romani di Vespasiano, Tito e Domiziano, prima che venissero approvati e collocati nelle biblioteche imperiali. I cronisti romani non avrebbero mai ammesso un invio di ostaggi contemporaneamente ad Artabano e all’imperatore Claudio. L’errore è troppo evidente: quando Claudio fu nominato imperatore Artabano era già morto. Un errore madornale che ritroviamo in Atti, Storia Ecclesiastica di Eusebio, e in Giuseppe Flavio. Questa “concordanza” è dovuta al primo storico cristiano che poté accedere agli archivi imperiali e manometterli. Se non capisce questo rinunci a leggere storia, perde tempo: le manca il razionalismo.

Con grande stima

Emilio Salsi

Questo è il primo link su Giacomo il Minore: se lo ripassi sig. Giuseppe, poi leggeremo il secondo, ma … rimanga in tema e cerchi di liberarsi dal condizionamento informatico religioso. Il mio tempo è limitato e non ho voglia di impazzire inseguendo un “canguro storico”.


http://www.vangeliestoria.eu/approfondimento.asp?ID=5



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MessaggioInviato: 01/06/2011, 00:45 
UN CALOROSO BENTORNATO A EMILIO SALSI !!!


[:262] [:262] [:262] [:262] [:262] [:262]


Ultima modifica di barionu il 01/06/2011, 00:47, modificato 1 volta in totale.


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Ringrazio il Sig. Salsi per la cortese risposta, ma prima di entrare nel merito di qualche chiarimento voglio precisare che non sono affatto uno "specialista" delle "sacre scritture", ma solo una normalissima persona, che svolge tutt'altra attività lavorativa, che sta dedicando il suo tempo libero allo studio dei testi, anche tra un impegno familiare e l'altro.

Devo altresì precisare che la mia perdita della fede non è in alcun modo legata a testi "anticristiani", ma le ragioni risiedono tutte all'interno delle assurdità e sciocchezze all'interno della Bibbia, che prima evidentemente non riuscivo a vedere.

Per quanto mi riguarda, le mie ricerche sono state indirizzate a cercare di capire su quali coordinate passasse la divinità di Gesù, quindi un ambito totalmente differente da quello che può portare verso un "approccio storico" al "caso Cristo".

Che poi alcune riflessioni siano necessariamente passate attraverso una valutazione "storica" è giocoforza, poiché Gesù è stato da sempre presentato pienamente inserito nella storia.

Il mio "approccio" storico è molto selettivo ed è legato agli obiettivi che intendo chiarire, in genere con riflessi dottrinali, ciò non toglie che in futuro, magari quando anch'io sarò in pensione, ma ancora campa cavallo ...... potrò affrontare la tematica storica con maggiore organicità.

Detto ciò, la sua esposizione (nel complesso) rimane sempre una tesi, che magari contiene delle constatazioni, come per esempio concordo con lei con l'errore di Flavio nell'accoppiata Claudio-Artabano III, dalla verifica delle fonti che lei stesso ha dato, questo risulta evidente (constatazione), ma sarebbe bastato comunque proseguire la lettura di Flavio per rendersi conto che accostare Izate ad Artabano III, non può che farci rientrare entro il 38 d.C. per cui, in via di logica, possiamo supporre che la carestia a cui poco prima aveva fatto riferimento Flavio è avvenuta prima di quella data, che sia stata nel 36? E' possibile, così come ce ne saranno state altre prima e dopo. In ogni caso un'altra soluzione a cui non avrei mai pensato se non avessi letto la sua dimostrazione.

Salta comunque alla tesi quando incrocia le fonti, ponendosi lei stesso delle domande su come mai non vengono precisati particolari riferimenti dell'operazione di Vitellio citata in Ant. XVIII, 90-95, ecc... per cui suppone qualche taglio e cucito degli amanuensi cristiani, e purtroppo pur essendo pacifico che il testo di Flavio sia stato "saccheggiato", la storia, per quello che ho compreso, si fa con i testimoni pervenuti, questo non vuol dire che quello riportato sia l'autentico pensiero di quell'autore, ma se non ci sono altri risconti facciamo assurgere la dietrologia a "prova", e qui non posso seguirla nell'ulteriore salto che mira alla "ricostruzione" del background, ergo parliamo di tesi, alla stessa maniera di Giovanni di Gamala.

Lei stesso ha citato manoscritti e loro datazioni, ma anche Flavio non è messo meglio, una fonte rimane fonte comunque, per esempio la storia non conosce distinzione tra Vangeli e apocrifi, sono tutti testimoni allo stesso livello.

Agli studiosi, storici, filologi, ecc... il compito di "interpretarli", e qui cominciano le dolorose note, poiché al lavoro di uno studioso, in genere se ne contrappone un altro, e si entra nel loop esegetico, per non parlare delle traduzioni di cui anche noi ne abbiamo avuto un breve saggio parlando del Contra Celsus 1,47 a proposito dei "fratelli di Gesù".

Ora riallacciandomi proprio a questo dico: indipendentemente dal "fratello" o "fratelli", è evidente che Origene leggendo Flavio non ha trovato qualcosa che lo abbia convinto che Flavio credesse Gesù quale il Cristo, e questo inficia l'autenticità, limitatamente all'inserimento di Cristo, sia del Testimonium Flavianum che di XX:200, ma di fatto non sta negando un'esistenza storica di Gesù e Giacomo, suo fratello (constatazione).

Ora è possibile anche che il Gesù dei vangeli non sia mai esitito nella realtà e che sia solo un avatar neotestamentario, infatti nei vangeli Gesù non muove foglia che l'Antico Testamento non voglia, e questo da solo ne fà un personaggio "dottrinale" più che storico.

Ma, d'altro canto, la storia la dobbiamo leggere con i documenti, che è possibile certo essere interpolati, rimaneggiati o persino falsi, per cui nella tradizione dei manoscritti, può eserci un dubbio sul fatto che venga riportato Gesù quale il Cristo, ma non che si parli di Gesù, almeno nel Testimonium Flavianum.

Allo stesso modo in XX:200 non credo che si stia parlando della condanna di Giacomo il fratello del Gesù evangelico, ma di altro Giacomo, il contesto è inserito nell'ambito di faide per la lotta al sommo sacerdozio, ma queste sono conclusioni di cui possiamo solo convincerci, non essendo sostenuti da tradizioni di manoscritti:

Citazione Salsi:

Cita:
se si elimina “Cristo”, rimane un solo Gesù, figlio di Damneo, con un fratello di nome Giacomo.


Grassetto mio.

E' possibile, ma siamo sul "se".

Ora dovrebbe essere più chiaro perchè parliamo di "tesi".

In genere personalmente mi fermo un passo prima di saltare nel fossato.

Non escludo che lei o altri studiosi (con tesi "ortodosse") possano avere ragione, ma sempre tesi rimangono.

Chiedo scusa fin d'adesso, se magari non riuscirò tempestivamente a prendere atto delle sue risposte, ma un crash del computer mi sta costringendo a "ricostruire" tutto il sistema, per cui le chiedo, visto che al momento non ho la possibilità di consultare Antichità Giudaiche il cfr in cui nel suo libro a pag.190 riporta il discorso di Vitellio "sull'usurpatore".

In ogni caso ha ragione quando dice che bisogna affrontare gli argomenti una alla volta, per adesso le ho manofestato le mie riflessioni su XX:200.

Cordiali saluti.


Ultima modifica di chimofafà il 01/06/2011, 15:36, modificato 1 volta in totale.

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Cita:
barionu ha scritto:

UN CALOROSO BENTORNATO A EMILIO SALSI !!!


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Concordo con ZIO OT!!

!!BENTORNATO EMILIO!!



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MessaggioInviato: 01/06/2011, 22:09 
Chimofafà mi chiede: ***Da dove era partito?***
La domanda da fare , non è da dove è partito.
Ma da CASA SUA, dove sta andando.
Poi storicamente comparando "secondo Luca"
scopriremo anche da dove è partito.
Con stima Cecco


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