"Le Natività"II parte.
E’ ormai trascorso più di un anno da quando, in vari forum, ho pubblicato lo studio sulle “Natività” di Gesù narrate nei Vangeli comparate con la storiografia dell’epoca.
Ogni volta, ai fedeli credenti frequentatori dei forum, ed ai ciellini spiritualisti di “Comunione e Liberazione” in particolare, ho chiesto di sollecitare almeno
uno storico famoso contemporaneo, magari titolare della cattedra di storia dell’Università Cattolica, a dichiarare e sottoscrivere col suo vero nome che Publio Sulpicio Quirino effettuò un censimento in Giudea prima della morte di Erode il Grande.
Il silenzio, seguito al preciso richiamo storico, già da solo dimostra come le nascite di Gesù, narrate dagli evangelisti Luca e Matteo, non possono essere veritiere
contraddicendo chi vuol far passare l’evento come un avvenimento realmente accaduto.
Così è stato palesemente affermato, per anni, dal 2004 sino al 2008 in tutti i canali televisivi Rai nel corso di una “Inchiesta su Gesù” curata dal dottor Giovanni Minoli e il “vaticanista” Andrea Tornielli mandata in onda, periodicamente, nel periodo natalizio. Tale “inchiesta” su Gesù è stata abrogata lo scorso anno in conseguenza dell’iniziativa già sopra riferita nella I parte di “Le Natività”.
Per tacitare gli storici genuflessi è sempre bastata solo la prima parte dell’analisi prodotta, comunque ritengo mio dovere informare i visitatori interessati anche sul seguito dell’indagine, sia per la parte che riguarda la datazione, sia per evidenziare i contesti narrativi dei Vangeli di Matteo e Marco, totalmente estranei e incompatibili l’uno con l’altro, a dimostrazione che furono inventati.
Il cristianesimo (messianismo) gesuita primitivo, derivato, come abbiamo sopra evidenziato, dall’innesto del rituale teofagico eucaristico pagano nel giudaismo messianico, fece propria la “dottrina della salvezza”, o “soteriologia”, grazie alla redenzione dal peccato e del destino umano dopo la morte.
Tale dottrina era contemplata da tutte le religioni dei misteri del mondo classico pre cristiano e prevedeva anche “l’Immacolata Concezione” di una Vergine umana, fecondata dalle variegate divinità pagane orientali, per generare il “Figlio Semidio”, chiamato in greco “Sotère”, in italiano “Salvatore”, in aramaico “Jeshù a”… allora,
i Padri, creatori del nuovo “connubio” religioso, ebbero la pretesa di trasformare il mito in “storia” … ma, anziché storia, fecero danni …
"Le Natività"II parte: sintesi Lettura comparata dei Vangeli con la storiografia.Lo scriba cristiano che introdusse “Matteo il Pubblicano” fra gli Apostoli di “Cristo” lo fece al solo, unico, scopo di allontanare eventuali sospetti di zelotismo da Gesù e i suoi discepoli.
Ma fu una precauzione eccessiva … pertanto ingenua:
in quanto “esattore”, l’Apostolo avrebbe dovuto essere uno specialista in materia di tasse e, come tale,
era tenuto a sapere che l’Impero impose il tributo direttamente ai Giudei nel 6 d.C..
Ne conseguì una guerriglia, fomentata dalla "quarta filosofia" di Giuda il Galileo, che si protrasse per anni, al punto che le stesse autorità romane ed ebraiche (Sinedrio) richiesero a Roma di
alleggerire la tassazione nel 17 d.C., sotto Tiberio, perché, come riferito da Tacito,
"la popolazione era oppressa dai carichi fiscali” (Ann. II 42). Intanto,
a quella data “Gesù Cristo” era già adulto.
Come stiamo per documentare,
l’esattore Pubblicano, Apostolo Evangelista
Matteo,
testimone della vita di “Gesù” … e sua Madre, secondo quanto riferito dallo scriba che se lo inventò,
non sapeva (lo scriba)
che il censimento, decretato da Augusto per tassare i Giudei, fu la causa del viaggio di san Giuseppe e la Vergine Maria Gravida dello stesso "Jeshù a" da Nazaret a Betlemme.
Ciò vuol dire che
non vi fu alcun censimento quando Erode il Grande era ancora vivo, altrimenti sarebbe stato
Matteo, non Luca, a riferire la necessità di quel viaggio …
“Gaius Sentius Saturninus” e “Publius Sulpicius Quirinus” furono nominati consoli, da giovani, rispettivamente: il primo, nel
19 a.C. ed il secondo, nel
12 a.C.. Entrambi saranno inviati dall’Imperatore a
governare la Provincia di Siria, come suoi Luogotenenti, nel rispetto dell’anzianità di nomina e di carriera, per il cui fine, raggiungere il consolato, sotto Augusto, era presupposto indispensabile a ricoprire l’importante successivo incarico: il primo, Saturnino, nel
9 a.C. ed il secondo, Quirino, nel
6 d.C.; quest’ultimo, con un titolo di eccellenza inerente al compito, pericoloso, (al comando di più legioni) di effettuare, per la prima volta, il censimento della Siria e dei territori ad essa annessi: Giudea, Idumea e Samaria (Ant. XVIII, 1,2).
Lo storico ebreo, in modo particolareggiato, riporta
tutti gli avvenimenti
antecedenti il 6 d.C.,
riguardanti la sua terra (lui e gli antenati erano di Gerusalemme) e, soprattutto,
i potenti Legati di Siria (con autorità militare e giuridica superiore agli stessi Re palestinesi), che
cita tutti e fra i quali non risulta che Publio Sulpicio Quirino sia stato Legato di Siria prima del 6 d.C. e abbia avuto, in precedenza, un altro incarico simile e tanto meno di fare un censimento anteriore; come non risulta dagli scritti degli altri storici dell’Impero: non può risultare ciò che non accadde.
La capacità di Erode di curare le rendite della Palestina indusse Cesare Augusto, dopo avergli ingrandito il regno tramite la concessione di nuove regioni, ad affidargli la gestione di territori che andavano ben oltre i confini del suo reame (Gue. I, 396/404).
La qualifica o massimo ufficio, nell’ambito della gerarchia amministrativa imperiale di Roma, fu riconosciuto, tra i monarchi giudaici, solo ad Erode il Grande quando venne nominato da Cesare Augusto
“Procuratore di tutta la Siria sì che nessuno dei Procuratori poteva agire senza il suo assenso” (Gue. I, 399 e Ant. XV, 360)
"con l’onere di riscuotere i tributi in tutte le regioni di quella Provincia" (Gue. I, 428).
Pur essendo subordinato, giuridicamente e militarmente, al Legato di Siria dell’Imperatore, Erode il Grande non fu mai sottoposto, amministrativamente, allo stesso; e le entrate fiscali, in virtù dell’incarico, gli imposero di costruire, a nome di Cesare Augusto e dei suoi familiari, opere grandiose, compresi Templi pagani, anche nelle città fuori del suo Regno. (Gue. 422/425).
Finché Erode il Grande rimase in vita, essendo lui il
“Procuratore di tutta la Siria”,
né in Siria, né in Giudea si rese necessario svolgere alcun censimento da parte di Roma: era lui che, quale fiduciario di Augusto, si adoperava a riscuotere le tasse curando le rendite dell’Imperatore.
Va notato che
“La Guerra Giudaica” fu sottoposta alla verifica e approvazione degli storici romani di Vespasiano e tale documento, depositato negli archivi imperiali, fu consultato anche da Svetonio mezzo secolo dopo (Vespasiano, 4-5).
Per l’Imperatore nessuno, meglio di Erode, era in grado di amministrare e curare i suoi interessi, i suoi beni e le sue rendite in Siria e in Palestina e,
nessun Governatore, senza un suo preciso mandato, lo avrebbe potuto fare. Le entrate erano valutate in talenti d’oro e, alla morte di Erode il Grande, la rendita di quei territori ammontava quasi a mille talenti l’anno (Ant. XVII, 317/323).
Morto il Re, Cesare Augusto provvide subito ad inviare
Sabino, in Giudea, come
"nuovo Procuratore romano per la Siria”, a rilevare l’ufficio, svolto dal monarca efficacemente,
“per prendersi cura della proprietà di Erode”, cioè di tutto il Regno, ma sottoposto, militarmente e giuridicamente, al Legato di Siria, Quintilio Varo. (Ant. XVII, 221-222).
“Sabino, il Procuratore della Siria, si recò in Giudea per sottoporre a sequestro conservativo le sostanze di Erode” (Gue. II, 16), appunto perché Erode era stato
“Procuratore di tutta la Siria” per conto di Roma.
La nomina di Sabino a tale incarico
dimostra la continuità della “cura” delle rendite delle proprietà e dei beni, costituiti dai territori sottomessi all’Impero di Cesare Augusto
ad iniziare dalla riscossione dei tributi, già compito di Erode, in tutta la Siria compreso il suo regno, fino alla sua morte avvenuta il 4 a.C..
Giuseppe riporta tutte le iniziative prese dal Legato
Senzio Saturnino (tirato in ballo da Tertulliano e citato “underground” da clericali e accoliti per fargli poi "subentrare" fantasiosamente P.S.Quirino) il quale, giuridicamente e militarmente, pur essendo più potente di Erode il Grande, tuttavia non poteva intromettersi nella sua amministrazione senza un mandato specifico di Cesare Augusto;
come avverrà poi con Publio Sulpicio Quirino, che lo farà il 6 d.C. con un incarico imperiale speciale, più importante del precedente Legato Saturnino. Del quale, comunque, leggiamo tutti gli interventi (miranti a sanare i contrasti famigliari di Erode senza muoversi da Antiochia) in Ant. XVI, 277/283-344-368-369; XVII, 7-25-57-89; e Gue. I, 538/554,
senza registrare alcun censimento da lui eseguito; né altri avrebbe potuto effettuare l’atto amministrativo, per la gravità e la pericolosità insite nella reazione del popolo giudeo avverso tale provvedimento,
senza passare inosservato allo storico ebreo.
Erode il Grande, oltre ad essere stato un fedele alleato, in quanto nemico giurato dei minacciosi Parti, si dimostrò una “gallina dalle uova d’oro” per l’Impero; infine, che in Giudea non avvenne il censimento di Quirino, fintanto era vivo il Re, lo conferma il Vangelo di Matteo nel quale, come appena detto, l’evangelista, non si sogna di citarlo, ma avrebbe dovuto farlo se, come dice Luca, fu la causa del viaggio di Maria e San Giuseppe da Nazaret a Betlemme.
“Quirino, senatore romano passato attraverso tutte le magistrature fino al consolato, persona estremamente distinta sotto ogni aspetto, inviato da Cesare, (il 6 d.C.) visitò la Giudea per fare una valutazione delle proprietà dei Giudei e liquidare le sostanze di Archelao (Giudea Idumea e Samaria divennero possedimento di Roma) e nello stesso tempo ebbero luogo le registazioni delle proprietà che avvennero nel trentasettesimo anno dalla disfatta di Azio (31 a.C.), inflitta da Cesare ad Antonio” (Ant. XVIII 2 e 26).
Una descrizione del censimento così dettagliata, riportata molte volte dallo storico fariseo, dimostra lo sconvolgimento economico sociale e religioso, causato da tale atto nei costumi giudaici, in violazione della antica Legge che vietava la sottomissione, all’invasore pagano, del popolo di Israele, della Terra Santa e del suo Dio, Jahwè.
Sotto Costantino, nel IV secolo, il Vescovo cristiano Eusebio di Cesarea così scrisse:
“Al tempo del primo censimento, mentre Quirino era Governatore della Siria, nacque a Betlemme il nostro Salvatore e Signore Gesù Cristo. Anche Flavio Giuseppe ricorda questo censimento, sotto Quirino, quando parla della rivolta dei Galilei che accadde in quel medesimo tempo e della quale fa menzione anche Luca negli Atti degli Apostoli” (HEc. I 5,2-3).
Eusebio testimonia le correlazioni fra, la nascita del “Salvatore”, il censimento di Quirino di Flavio Giuseppe e la rivolta giudaica del 6 d.C. capeggiata da Giuda il Galileo, con quelle riprese negli “Atti degli Apostoli” e nel Vangelo di Luca.
La storia non riporta altri atti amministrativi imperiali, in Giudea, prima di questo; se i docenti mistici asseriscono il contrario, che lo dimostrino, facendoci leggere quello che scrissero gli storici di allora, non sofismi personali, scritti oggi, e propinati a giovani studenti portati a credere ai loro insegnanti, ignare vittime di un indottrinamento religioso finalizzato a mascherare, rendendo artatamente coerenti,
due “Nascite” evangeliche in contrasto fra loro a comprova che furono inventate.
San Luca, per fare un dispetto agli esegeti baciapile,
riporta due volte il censimento di Quirino: la prima, nel suo Vangelo in occasione della “nascita di Gesù” (Lc. 2,1-2), e la seconda nel discorso di Gamalièle, come già riferito. Se l’evangelista intendeva citare due censimenti diversi, fatti da Publio Sulpicio Quirino in date diverse, essendo uno riferito alla nascita del “Figlio di Dio”, l’avrebbe specificato nelle sue opere e, per distinguerli, consapevole dell’equivoco che ne sarebbe scaturito, avrebbe chiarito, in “Atti degli Apostoli” che, quello richiamato a Giuda il Galileo, del 6 d.C., era il “
secondo” censimento.
Ma se Luca non lo ha fatto il motivo è evidente: il censimento fu il primo ed unico e Gesù Cristo, per lui, nacque il 6 d.C.; pur se, va capito, gli esegeti mistici, prima di riconoscere che la Madonna rimase incinta 12 anni, preferirebbero andare all’inferno.
Eppure la soluzione l’avevano a portata di mano:
partorire un Dio “concepito da uno Spirito Santo”, in fin dei conti, avrebbe richiesto un po’ più di tempo ad una “Vergine”; nessun “credente” avrebbe trovato da ridire.
Peraltro il censimento veniva fatto dai Romani nel distretto dove si produceva, cioè quello di residenza; era lì che gli esattori (i pubblicani) riscuotevano i tributi, e il luogo di lavoro della Sacra Famiglia (secondo i Vangeli) era Nazaret, non Betlemme, pertanto la motivazione di quel viaggio non è giustificata; come non è giustificata la “fuga in Egitto”; forzature ingenue che dimostrano la macchinazione dei racconti. Inoltre, Maria non era obbligata a viaggiare poiché non produceva reddito, a maggior ragione essendo prossima a partorire (Lc 2, 5-6).
Altro dato contrastante, ma sottaciuto agli ingenui “credenti”, è il nonno di Gesù (il padre di San Giuseppe), che per Luca è
“Eli”, per Matteo è
“Giacobbe” (Lc. 3, 23; Mt. 1, 16.).
Tali contraddizioni, anagrafico cronologiche genetiche e geografiche sulle “Nascite”, riportate nei “documenti sacri”, dimostrano che sono invenzioni aggiunte, successivamente, a testi in origine diversi; ne consegue che “Gesù”, “San Giuseppe” e la “Madonna” non sono mai esistiti.
Infatti gli evangelisti
“Giovanni detto anche Marco” e
“Giovanni” saltano, prudentemente, la nascita e l’infanzia di Gesù.
In effetti i vangeli primitivi si limitavano ad un concetto di “Messia Salvatore” più giudaico, che ancora non contemplava la nascita verginale nella grotta, adottata in epoca successiva, destinata a generare un “Sotère” (Salvatore) con relativo sacrificio teofagico ripreso dai riti pagani.
“Al tempo di Erode, Re della Giudea…” (Lc.1, 5),
“Avendo saputo che era Re della Giudea Archelao” (Mt. 2, 22). Sono gli evangelisti ad affermare che
Archelao fu Re della Giudea.
Anche lo storico ebreo dice che Archelao, prevaricando i poteri di “Etnarca” concessigli da Cesare Augusto dopo la morte del padre
“aveva spinto alcuni a cingerlo del diadema e si era assiso sul trono e agito con poteri di Re” (Gue. II, 27). Nel IV secolo, Eusebio di Cesarea scrisse:
“Erode, da Antonio e da Augusto con un senatoconsulto, fu scelto come Re dei Giudei. I suoi figli furono Erode e gli altri Tetrarchi” (HEc. I 7,12).
Il Vescovo cristiano chiama “
Erode” Archelao (Etnarca) e lo distingue dai “
Tetrarchi”, Antipa e Filippo, che Giuseppe Flavio chiama
entrambi “Erode” (Ant. XVIII 109). Pertanto, quando nacquero, a questi tre figli maschi, potenziali eredi del regno di Palestina, fu dato, come primo nome, quello del padre in onore del Grande Re.
Erode Archelao si proclamò
Re della Giudea, diversamente da suo padre, Erode il Grande, che fu
Re di tutta la Palestina, della quale la Giudea era una parte. Solo suo nipote, Erode Agrippa il Grande, nel 41 d.C., potrà anch’egli regnare su tutta la Palestina sino alla morte, per concessione dell’Imperatore Claudio, e lo storico ebreo lo chiama Re “Agrippa” o “Agrippa il Grande”, mentre in “Atti degli Apostoli” è chiamato semplicemente “
re Erode” (“
In quel tempo re Erode ...” At. 12, 1) e sua sorella: “
Erodiade”. Pertanto, come le vicende narrate in “Atti degli Apostoli” di Luca ci permettono di capire che si trattava di
Erode Agrippa, anche le vicende narrate nel Vangelo dello stesso evangelista si riferiscono ad
Erode Archelao.
La nascita di Gesù “concepita” da Luca, almeno sulla “strage”, aveva ragione: sicuramente si era letto il centinaio di pagine che Giuseppe dedicò a Erode il Grande, senza che gli risultasse questo fatto gravissimo. Aveva torto, invece, quando,
dopo essersi fatto spacciare per “medico” tramite una lettera accreditata a san Paolo Saulo (Colossesi 4,14), decise,
diversamente da Matteo, di far fare alla Madonna, mentre era prossima a partorire, un tortuoso e impervio percorso di oltre 200 Km. sul dorso di un asino per recarsi da Nazaret a Betlemme a farsi censire.
Il “medico” impostore, evidentemente, come un casto e pudico prete, in vita sua non aveva mai visto il ventre nudo di una donna vicina a partorire; anche se, questo particolare del “lungo viaggio” - imposto alla puerpera, appena partorito, fino in Egitto per altri 200 Km a dorso d’asino (secondo lo scriba di Matteo) - ne siamo certi, è ignorato tutt’oggi dalle mamme inginocchiate a pregare sotto la sua statua o quella del “Bambin Gesù”. Donne opportunamente tenute all’oscuro su questi aspetti “apocrifi” e assurdi per impedir loro di riflettere.
Abbiamo dimostrato le false nascite di Luca e Matteo i quali datano l’Avvento di Gesù, l’uno il 6 d.C., l’altro il 6/7 a.C., due o tre anni prima della morte di Erode il Grande.
Ma nel Vangelo di Giovanni si riporta un particolare sull’età del “Messia” che è doveroso riferire per sottolineare la “confusione” fatta dagli evangelisti nel creare il personaggio. (Gv. 8, 57) :
“Dissero allora i Giudei a Gesù: non hai ancora cinquanta anni e hai già visto Abramo?” …
… ai lettori credenti tutti, ai ciellini spiritualisti in particolare, lasciamo loro il tempo di ... meditare.
Emilio Salsi
http://www.vangeliestoria.eu/index.php