Cari Amici, in omaggio all'indimenticato Luigi Cascioli ho pensato di rendere nota questa breve novella, scritta di getto nel 2007. Non vuole avere alcuna pretesa letteraria, ma solo essere la dimostrazione di come ci si possa muovere tra realtà e fantasia, tra verità e menzogna con estrema facilità. Figuriamoci quando si gestisce il potere e si ha il lungo tempo come complice nell'insabbiare e nel distorcere. Sperando di non annoiarvi, vi auguro buona lettura, nel ricordo del caro Luigi.
La leggenda di Salvatore Russo
Racconto inventato da Ferruccio Rondinella (parodia di una vicenda vera contemporanea inerente un’antichissima questione)
Anno 2020. L’associazione “Amici di Salvatore” celebra i sui 70 anni dalla fondazione. Sono in corso una serie di eventi e di manifestazioni atti non solo a far conoscere meglio l’associazione ma anche a promuovere adesioni, contributi e offerte. Gli Amici di Salvatore, come si evince dai documenti ufficiali dell’Associazione, è una ONG ossia un’organizzazione non governativa, senza fini di lucro, che si ispira ai valori del coraggio, della solidarietà umana e del sacrificio altruistico, tratti dall’esempio di vita di Salvatore Russo, morto eroicamente nell’agosto 1943, fucilato dai nazisti durante l’occupazione tedesca a Napoli. Salvatore Russo infatti s’accollò la responsabilità di un omicidio di un soldato tedesco, pur essendo estraneo al fatto, per salvare dalla rappresaglia un gruppo di civili innocenti tra cui due donne un bambino. Il fatto ebbe grande scalpore a Napoli. Il gesto eroico – si legge sui documenti societari - non passò inosservato e tutti a Napoli, e poi nel resto d’Italia, cominciarono a parlare delle straordinarie doti umane e morali di Salvatore. Ciò anche grazie all’opera di divulgazione che fecero due suoi fratelli anch’essi trasferitisi a Napoli in quei tempi, Alessandro e Ludovico, testimoni oculari dell’esecuzione, i quali, andando in giro per l’Italia sin dai primi giorni dopo la morte di Salvatore, fecero conoscere fatti e persona. Disgraziatamente durante un difficile viaggio in alto Lazio nel 1945 essi trovarono la morte a causa del ribaltamento della camionetta lungo dei tornanti nei pressi del fiume Tevere dove sarebbero annegati.
Fu Luigi Scognamiglio, trentenne all’epoca dei fatti, che essendo stato colpito nel profondo del cuore dalla vicenda di Salvatore Russo, si adoperò per mettere assieme un gruppo di persone che s’impegnassero a ricordare degnamente la sua figura fondando un’associazione con finalità umanitarie e di opere caritatevoli.
Ma chi era Salvatore Russo? Le notizie su di lui Le ho trovate nella piccola biblioteca degli Amici di Salvatore, in particolare su un opuscolo intitolato “Salvatore Russo: una vita per gli altri” scritto proprio da Luigi Scognamiglio e pubblicato dalla casa editrice La Pergola nel 1955. Secondo l’autore, morto nel 2000, Salvatore Russo nacque a Lecce nel 1921 da famiglia di piccoli proprietari terrieri. Grazie alle condizioni relativamente agiate poté studiare e diplomarsi. Subito dopo il conseguimento del diploma si recò a Napoli, dove pensava di instaurare più ampi e stimolanti contatti culturali e umani e dove sperava di trovare un lavoro confacente alle sue attitudini di perito meccanico. Tuttavia l’incalzare delle vicende belliche lo costrinsero ad arrangiarsi abbracciando lavori umili e faticosi: scaricante di merci al porto, aiutante presso un’officina di biciclette e poi custode dei granai. Per ridurre al minimo le spese viveva con un gruppetto di amici al Pallonetto1 di Santa Lucia. Fu qui che cominciò la sua opera di impegno politico repubblicano. I principi a cui si ispirava erano quelli di libertà di espressione, democrazia, rispetto dei diritti delle minoranze e, cosa assolutamente rara a quell’epoca, di emancipazione della donna. Nel tempo libero aiutava i bisognosi e i malati prestando la sua opera come volontario presso istituti religiosi e di cura come l’Ospedale Incurabili e l’opera Fatebenefratelli 2. Una volta fu arrestato dai fascisti e sottoposto a interrogatorio con purghe e umiliazioni. Tuttavia non fu possibile accusarlo di attività antifascista. Essendo conosciuto dalla polizia come benefattore fu rilasciato. Nel prosieguo del libro di Scognamiglio si descrive l’episodio che portò all’arresto di dieci civili e all’intervento di Salvatore Russo che, consegnatosi agli ufficiali delle SS e dichiarandosi colpevole pur essendo estraneo all’attentato, andò incontro a morte certa salvando i civili che aveva conosciuto solo di vista.
Attualmente l’Associazione è presieduta dal figlio di Luigi Scognamiglio, Giuseppe, di professione commercialista. E’ un volto noto delle TV private locali dove spesso compare come ospite in varie trasmissioni e in spot pubblicitari e promozionali a favore dell’associazione da lui presieduta.
Oggi, Amici di Salvatore è una grande ONG che gestisce un grosso movimento di denaro stimato in alcuni milioni di euro, possiede vari immobili tra cui l’attuale sede operativa in Piazza dei Martiri con la vicina biblioteca di via Calabritto 3, alcuni complessi sportivi e una sala multifunzionale alla Riviera di Chiaia. Ha aperto delle sedi operative in Italia (a Roma, Milano, Genova e Viareggio) e all’estero (Bruxelles, Marsiglia, Valencia). Nei Paesi del terzo Mondo è presente in Africa (Camerun, Mozambico), America Latina (San Paolo del Brasile, Cancun), in India (Bangalore) e a Shanghai in Cina.
Sempre nella biblioteca di via Calabritto a Napoli si possono visionare filmati su DVD dove vengono illustrati tutti i vasti settori di intervento dell’associazione Amici di Salvatore: attività culturali su temi sociali, economici e ambientali; raccolta di fondi per la ricerca contro le malattie rare; assistenza agli anziani; lotta alla povertà nei paesi poveri; attività di recupero dei diversamente abili, eccetera eccetera. Poche le foto o le immagini dell’eroe leccese, napoletano di adozione. La più frequente è un mezzo busto che ritrae un uomo sorridente dal viso ovale, leggermente paffuto, capelli corti e forse riccioluti, due profonde stempiature simmetriche, una camicia a quadretti. Quando andai la seconda volta nella biblioteca di via Calabritto mi misi alla ricerca di documenti contemporanei che parlassero di Salvatore Russo e del suo sacrificio, ma non trovai nulla eccetto un trafiletto del Roma che ricordava Salvatore esaltandone il profilo morale e il senso di abnegazione nelle sue opere di promozione umana. L’articolo – tre colonne di una dozzina di righe ciascuna – era un corsivo firmato con le iniziali “a.s.” e riportava posticcia, ossia vistosamente ritagliata e attaccata in cima all’articolo, il nome della testata e la data del 10 agosto 1951.
Mi chiedevo com’era possibile che un fatto così importante – il sacrificio di un innocente che ha salvato altre vite umane – non avesse avuto la meritata eco nelle cronache contemporanee. Come mai la chiesa se ne era disinteressata sebbene Salvatore avesse prestato, pur se da laico volontario, la sua opera di benefattore?
Ho così deciso di approfondire le indagini sulla figura storica di Salvatore. La prima cosa da stabilire era la data precisa dell’esecuzione: in quale giorno di agosto avvenne? Era il 10 come quella dell’articolo, o un giorno diverso? Sono andato a parlare con il responsabile dell’archivio storico dell’ospedale Incurabili che mia ha generosamente dedicato molte ore del suo tempo, ma il nome di Salvatore Russo, frequentissimo, non compare mai come volontario nella prima metà degli anni ‘40. Lo stesso deludente risultato ottenni presso l’archivio del Fatebenefratelli. Ovviamente mi sono recato all’ufficio anagrafe di Napoli, ma lì purtroppo la ricerca si è impantanata tra le decine di Salvatori Russo morti in quei tragici mesi del 1943. Comunque tra quelli elencati non c’era uno che potesse corrispondere all’eroe leccese. Comincio a insospettirmi e decido di farmi ricevere dal presidente Giuseppe Scognamiglio per chiedere spiegazioni.
L’incontro avvenne non presso la sede di piazza dei Martiri, ma presso la nota caffetteria della stessa piazza dove il dottor Scognamiglio preferì ricevermi per un una sfogliata e un caffè. Affabile e loquace sia nei convenevoli iniziali che nei suoi discorsi di encomio su Salvatore Russo, pian pianino divenne restio e frettoloso una volta che gli espressi la mia perplessità sul fatto di non aver trovato articoli originari dell’epoca che parlassero di Salvatore e del suo eroico gesto. “Certo è una grave carenza per gli appassionati di storia come lei” , mi disse, poi aggiunse che purtroppo i documenti erano conservati, per motivi di rispetto del luogo natale dell’eroe, presso una sede commemorativa in Lecce e che mi toccava andare lì per prenderne visione.
In breve, a Lecce c’era una fantomatica sede Amici di Salvatore rintracciabile solo attraverso la scritta sul pulsante del citofono. La sede però era perennemente chiusa, non c’era un recapito telefonico e i vicini di casa dicevano che di rado veniva qualcuno per ritirare un po’ di posta dalla cassetta e forse per fare pulizie. Ma ciò che trovai assurdo era che nessuno a Lecce e dintorni conosceva l’eroe Salvatore Russo. Rientrai sconfitto, ma il germe del sospetto mi era rimasto dentro e covava.
Estate del 2021. Ero in vacanza con la famiglia a Bellagio4, dove m’incontravo spesso con dei parenti, in particolare col fratello di mia cognata, Egidio, uomo colto e spiritoso, con cui me ne andavo a spasso per le splendide località del lago di Como. Mi venne in mente la storia di Salvatore Russo e gliela raccontai. Rimase esterrefatto e sorridendo mi disse che avrei dovuto parlarne alla trasmissione televisiva “Chi l’ha visto” o forse, più efficacemente, a “Grazie a Raitre”, la nuova versione di “Mi manda raitre” 5. Il giorno seguente, Egidio, forse colpito da quanta passione avessi messo nel racconto di Salvatore Russo, mi propone di visitare il Museo del ricordo delle vittime del nazifascismo di Como. Qui feci la scoperta straordinaria che mi ha portato a scrivere queste pagine.
Nel passare in rassegna le molte drammatiche foto di quegli anni il mio occhio si sofferma su una che ritraeva un gruppo di partigiani con le mani legate, spalle al muro, evidentemente al cospetto di un plotone di esecuzione. Affianco la stessa inquadratura con i corpi dei partigiani uccisi. Sotto alla prima foto erano messi di fianco i sei volti ingranditi, sgranati ma ben riconoscibili, dei condannati ripresi nella foto d’insieme. In calce alle foto dei volti erano riportati i nomi e i cognomi dei condannati: tra questi sei ce ne erano tre che si chiamavano: Salvatore Rossi, Alessandro Rossi e Ludovico Rossi.
Come non pensare ai tre fratelli Salvatore, Alessandro e Ludovico Russo? Il volto di Salvatore aveva i lineamenti marcati, mento un po’ aguzzo, capelli folti e un ciuffo sulla fronte: molto diverso da quello di Salvatore Russo. Scattarono immediate le indagini sui tre partigiani e questo fu il risultato: Salvatore era un capo partigiano che comandava uno squadrone di una ventina di uomini tra cui i fratelli Alessandro e Ludovico. Salvatore, nato a Lecco nel 1921 fu catturato insieme ai fratelli e ad altri tre compagni dopo un’incursione armata in una villa nel comasco dove erano adunati alcuni gerarchi fascisti. Dopo l’uccisione dei fascisti i partigiani si rifugiarono in un cascinale ma vennero scoperti l’alba seguente e dopo poche ore furono fucilati. Salvatore, Alessandro e Ludovico erano degli autentici guerriglieri, molto coraggiosi, ma anche violenti e sanguinari. Per raggiungere il loro obbiettivo non si facevano scrupolo di ammazzare persone anziane, donne, bambini. Per essi la libertà doveva anche comportare questo prezzo. Il coraggio di Salvatore nell’affrontare certe situazioni di rischio divenne leggendaria nei comuni rivieraschi del lago di Como. Il nome di Salvatore Rossi si trasformò in un mito e intorno a lui nacquero alcune leggende popolari che lo volevano capace di saltare ostacoli insormontabili, di rincorrere una camionetta a piedi e assaltarla, di schivare i proiettili che riusciva a seguire con lo sguardo.
La sua fama arrivò fino a Milano dove vennero pubblicati anche dei disegni e dei fumetti che raccontavano le imprese del mitico “Salvatore il rosso”. L’editore milanese di questi fumetti era un certo Ciro Merola, originario di Napoli, la cui attività editoriale cessò nei primi anni 50, allorché tutta la sua famiglia si ritrasferì a Napoli.
Trassi le mie conclusioni: Ciro Merola, di ritorno a Napoli, s’incontrò con Luigi Scognamiglio, gli raccontò del personaggio storico e del mito che era sorto intorno a lui. Entrambi decisero di costruire un personaggio eroico e su questo un’impresa d’affari. Ma negli anni 50 l’Italia cattolica non poteva accettare un uomo di grandi virtù che fosse un comunista rivoluzionario. Nella democristiana Campania si doveva creare un personaggio che non fosse contaminato con la storia della Resistenza e si decise per il ragazzo poco politicizzato, di idee vagamente repubblicane, dai sentimenti nobili, antifascista sì, ma sempre disarmato, simpatizzante collaboratore in opere pie, rispettoso della chiesa, ma non un cattolico fervente per non creare una figura apertamente schierata con il clero. In questo modo Salvatore, fatto nascere non più a Lecco, ma a Lecce, poteva risultare amato da persone di qualunque ideologia politica. Anche la morte dei fratelli doveva essere epurata del connotato partigiano e si inventò la storia dell’incidente stradale. In questo modo l’associazione poteva godere dell’appoggio politico di tutto lo schieramento parlamentare e chiedere denaro a finanziatori di ogni orientamento ideologico e colore politico. L’articolo comparso sul Roma è una pura invenzione perché racconta di una persona mai esistita e nella firma “a.s.” si riconosce facilmente il nome latinizzato di Luigi (Aloisius) Scognamiglio.
Sono ritornato a Piazza dei Martiri per chiedere al Presidente Giuseppe Scognamiglio che mi fornisse una, una sola prova dell’esistenza reale di Salvatore Russo quale vittima del sacrificio nazifascista. Scognamiglio si è sempre negato con ogni genere di scusa. Gli ho fatto la richiesta per iscritto, ma non mi ha mai risposto.
Ho intentato presso il Tribunale di Napoli un processo contro Giuseppe Scognamiglio per violazione dell’art. 661 (Abuso della credibilità popolare) e 494 (Sostituzione di persona) del C.P.
1: un quartiere popolare nei pressi di Piazza del Plebiscito. 2: due noti ospedali di Napoli tuttora attivi. 3: luoghi eleganti del signorile quartiere Chiaia 4: graziosa località sulle sponde meridionali del lago di Como. 5: trasmissioni televisive di successo della RAI
Caserta, 16 maggio 2007
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