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U.F.O.
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 Oggetto del messaggio: Il Cristo Storico di Giovanni dalla Teva
MessaggioInviato: 27/10/2009, 18:26 
Premessa:
Il presente scritto non è verità rivelata, vuole solo essere, uno dei tanti schizzi possibili, sempre modificabili in qualsiasi parte e concetto, per disegnare in futuro, soprattutto con l'aiuto di altre persone, un quadro relativo ad una più accettabile verità storica del cristianesimo primitivo di cui mi sento incuriosito, e interessato per soddisfare alcune mie domande di carattere spirituale.


Gli Esseni erano degli Ebrei, (L'essenismo era un movimento nazionale diffuso che copriva l'intero Israele e i cui membri non si consideravano affatto separati dal resto del popolo d'Israele. La comunità di Qumran, invece, era un fenomeno marginale, un gruppo chiuso e isolato, che aveva scelto di vivere separato dal resto del giudaismo. (Gabriele Boccacini - Oltre l'ipotesi essenica- pag. 334)). che si ritenevano i veri eletti di Dio, e fra di loro si sviluppò quasi totalmente il Cristianesimo. (Dall'escatologia essena derivò l'escatologia cristiana)

Questa verità fu e viene nascosta dalla Chiesa.

Gli Esseni o alcuni di loro, attendevano, consultando le scritture, due Messia uno (Maestro di Giustizia) detto di Aronne che rappresenta la figura sacerdotale e che doveva assumere il ruolo di Sommo Sacerdote nella nuova Israele restaurata; l'altro detto d'Israele "Il Cristo, l'Unto" che rappresentava la figura politica, colui che doveva liberare con le armi, il paese dagli stranieri e quindi assumere la carica regale (Manoscritto della Regola).

Pertanto la Comunità credeva di avere il compito di conservare la sapienza di Israele, difendendola dalle influenze pagane, quando invece era l'incontrario, e si preparava all'idea del riscatto, ovverosia di una vittoria militare contro gli altri Ebrei e le potenze dominatrici straniere (Rotolo della Guerra)

Era questo l'ideale messianico che in futuro darà tanto filo da torcere ai romani, nel primo secolo d.C. perché numerosi furono gli aspiranti alla carica di Messia.

Credevano interpretando una profezia di Gioele, all'avverarsi in tempi molto brevi del "Regno di Dio" (riservato solo agli eletti) attraverso una incombente catastrofe totale
"E dopo tali cose io diffonderò il mio Spirito su ogni mortale. I figli vostri e le vostre figlie profeteranno, i vostri anziani avranno dei sogni, e i giovani delle visioni.......... >Gioele 3, 1-5. (800a.C. circa) e la venuta di Dio o chi per Esso(figlio dell'uomo) nelle nuvole, un giudizio divino su ogni uomo, una totale trasformazione di tutte le cose terrene e l'avverarsi di tutte le beatitudini descritte successivamente nei Vangeli, in questa terra.
Credevano nella costruzione di un mondo ideale dove gli uomini si amassero tra loro come fratelli; dove la povertà, intesa come scelta di vita, avesse eliminato l'arroganza delle ricchezze e resi gli uomini uguali, dove infine regnassero la verità e la giustizia.

Forse poco prima e sicuramente dopo la terrificante Guerra Giudaica 67 -70 d.C. da parte dei romani, seguita dalla distruzione del secondo tempio di Gerusalemme, Paolo di Tarso o chi per lui, fu il principale interprete illuminato della trasformazione di uno dei tanti Messia sfortunati, e traditi dal destino, nel Messia Gesù Nazareno Cristo figlio di Dio, spinto da questi motivi:

il desiderio di entrare nella setta di cultura essena, di persone non ebree chiamati pagani che non volevano sottoporsi alla legge di Mosè (alla fine della guerra giudaica gli ebrei erano odiati e perseguitati quasi ovunque);
il convincimento dell'impossibilità di sconfiggere i Romani;
il passaggio dall'odio all'amore verso i nemici per non aver problemi con le autorità Romane in tutto il territorio dell'impero Romano;
risolvere il problema della venuta del Regno di Dio che non si avverava;
avere un salvatore universale già manifestato come le altre religioni concorrenti.


Alcuni Esseni pragmatici risolsero brillantemente il problema con la costruzione di un Messia Dio già realizzato fisicamente, usando, la profezia nella quale Isaia, sette secoli prima, aveva previsto, che il Messia sarebbe passato tra gli uomini senza essere riconosciuto: "Egli (il Messia), dopo essere passato tra gli uomini in maniera così umile e modesta nelle parvenze da non essere rimarcato da alcuno, seguirà i suoi carnefici silenzioso e docile come un agnello che viene condotto al mattatoio" (Isaia 53,1 e seguenti)


Ecco spiegato perchè gli storici e le persone di quel tempo non videro mai tale Messia.

Il più grande errore commesso dai padri della Chiesa, rientra tra il proverbio "Chi troppo vuole, nulla stringe". Se loro si accontentavano di scrivere i loro libri del nuovo testamento, e non avessero voluto legittimare la loro falsificazione attraverso altri scritti "laici", ora noi non saremmo in grado di scoprire la verità storica di quegli eventi. In poche parole se loro avessero eliminato i libri di Giuseppe Flavio come hanno fatto con altri autori invece di falsificarli, ora nessuno sarebbe in grado di dimostrare/interpretare la verità storica.


Chi scrisse il vangelo di Marco, individuò il Messia anonimo di san Paolo o chi per Lui, nel Messia politico già passato, sapendo, che precedentemente:

Verso gli anni 30 d.C ci fu un aspirante alla carica Messianica di nobile stirpe asmonea, che aveva come radici storiche il Golan e precisamente Gamala e non Nazareth.

Ad un certo momento della sua carriera, come capo del movimento insurezzionale ereditato da suo padre Giuda il Galileo, si introduceva o si consolidava anche nell'ambiente esseno, specialmente dopo la morte di un suo rivale Giovanni il Battista.


L'aspirante Messia, Giovanni di Gamala  -  (chiamato dalla gente di quel tempo Giovanni il Galileo o Giovanni Nazireo veniva da alcuni riconosciuto con tutta la sua famiglia,  come il destinatario della profezia di Giacobbe che diceva, che il Messia sarebbe arrivato il giorno in cui "lo scettro di Davide sarebbe uscito dalle mani di Giuda" cioè il giorno in cui il trono di Gerusalemme , tolto ai Giudei, sarebbe stato occupato da un non appartenente alla razza ebraica (nomina dei procuratori romani 6 d.C.).

Preparazione alla rivolta armata

I Messia con i loro seguaci  , gli apostoli non sono mai esistiti, operavano in Palestina e preparavano la rivolta cercando di coinvolgere il popolo.
I Messia fomentavano l'odio contro i Romani e i loro alleati, presentandoli come i responsabili delle ingiustizie sociali e dei loro mali e persone empie verso Dio.
I guerriglieri esseno/zeloti si organizzavano nei centri di reclutamento in forma segreta, per prepararsi alla guerra finale che avrebbe determinato la fine dei nemici di Dio con il suo aiuto.(Rotolo della guerra) o alla primitiva guerriglia dei loro lontani avi Asmonei.
I Messia assieme al altri Nazir, Giuda il Galileo,Teuda, (Giovanni il Battista),Giacomo, Simone, l'Egiziano, Menahem e altri; cercavano di coinvolgere il popolo alla loro causa svolgendo una propaganda di proselitismo basata sulla quarta filosofia ideata da Giuda il Galileo figlio di Ezechia, su prediche, parabole, esorcismi, e solo più tardi, nel secondo secolo si incominciò a parlare di miracoli, che nessuno mai documentò, se non chi li inventò.

I Messia si rivolgevano ai derelitti, ai poveri e ai perseguitati con il discorso delle beatitudini che si sarebbero avverate in questa terra, dopo la sconfitta dei loro nemici e dei romani.
Gli esseni usavano il battesimo come un gesto purificatore e di appartenenza alle loro comunità.
 Alcune loro comunità aprivano le porte a quanti volevano unirsi alla loro ideologia offrendo vitto e alloggio in cambio di un lavoro comunitario e proprietà/uso comune dei beni.

Attuazione della rivolta armata

In un periodo che va dalla fine del 35 alla primavera del 36 d. C. si pianificava e si attuava una delle numerose rivolte armate messianiche esseno/zelote a Gerusalemme.
.
La rivolta armata falliva; nonostante il Messia politico Giovanni di Gamala, capo degli insorti, con i suoi fratelli, entrasse trionfalmente a Gerusalemme facendosi proclamare Re dei Giudei, occupasse il tempio e il popolo lo riconoscesse come “Salvatore”; a causa dell'arrivo successivo, delle legioni romane di Vitellio, che generarono uno o più tradimenti, cioè tolsero consenso al nuovo re dei giudei, per paura delle conseguenze della forza dei soldati romani appena arrivati, fuori le mura di Gerusalemme.

I due Messia. per gli evangelisti, venivano in qualche modo abbandonati al potere romano.
Ogni ragionamento per identificare con precisione Barabba con uno dei due Messia ha poca importanza, perchè nella realtà non sono mai esistiti,( la conferma di ciò sono le contraddizioni e gli errori dei vangeli) sono solo creazioni degli evangelisti per avvicinarsi alle credenze essene dei due messia quello sacerdotale e quello politico e per nascondere ingarbugliando i racconti, il vero sconfitto e successivamente crocifisso, cioè Giovanni di Gamala figlio di Giuda il Galileo.

L'unico documento extravengelico che tratta indirettamente della crocifissione del 36 d. c., dello scrittore ebreo Filone Alessandrino, In Flaccum, VI, pag. 36-40, parla delle vicende di un unico presunto re dei Giudei.

Poichè gli evangelisti dichiarano che solo il Gesù/Giovanni di Gamala fu arrestato, questo fu un accordo di resa negoziato.


Il Giovanni di Gamala, pragmaticamente si convinse che questa rimaneva la scelta migliore in quel momento, e si sacrificò per tanti, arrivarono ad arrestarlo, le guardie del tempio e anche dei soldati romani come rappresentanti del potere romano.

Perciò non ci fu alcuna resistenza armata né tradimento di Giuda.

Il possibile tradimento fu operato da alcune persone importanti, nel togliere l'appoggio politico e militare al Giovanni, re non voluto da Roma, davanti all'arrivo delle legioni di Vitellio, nella primavera del 36 d.c.

Non dimentichiamo le parole di Caifa. "«E' meglio che un uomo solo muoia per il popolo».

Ricordiamo che Pilato era già stato destituito, con l'arrivo a Cesarea Marittima di Marcello, mandato in precedenza da Vitellio. (Antichità Giudaiche libro XVIII, 89 e seguenti)


Chi scrisse il vangelo di Marco si inventò il processo ebraico e quello romano del re dei Giudei.

In realtà, ci fu solo la crocifissione immediata, di colui che era diventato re di Gerusalemme senza il permesso dell'autorità romana.
Gli altri tre evangelisti copiarono il tutto da Marco, e si inventarono le apparizioni e l'ascensione al cielo del messia crocifisso. Altri falsari successivamente, aggiunsero tutto questo anche al vangelo di Marco che non le riportava.

Il gruppo iniziale protagonista della rivolta fallita in Gerusalemme del 36 d.c. si divise.

Una parte continuò la rivolta armata con a capo i fratelli di Gesù/Giovanni e come ultimo un nipote e vennero identificati a seconda dei casi, con vari nomi: Galilei, Nazirei, briganti, sicari, rivoltoso, ribelli, zeloti, eccetera.
Giuda, detto Teuda, decapitato nel 45 "riportato da Giuseppe Flavio"Ant. Giud. XX, 5.1 -97-99"
Giacomo, detto il Giusto, crocifisso nel 46 "riportato da Giuseppe Flavio Ant. Giud. 20. 5.2-102
Simone, detto Kefas, crocifisso nel 46 "riportato da Giuseppe Flavio" Ant. Giud. 20. 5.2-102"
Giuseppe,detto Menahem, ucciso durante la guerra giudaica nel 66 d.c. Giuseppe Flavio in "La guerra giudaica II, 17".
 Eleazar suicidato nel 73 d.c. a Masada, riportato da Giuseppe Flavio "La Guerra giudaica libro VII,9,1".


Un'altra parte di derivazione prettamente essena (non sono riuscito a identificare con precisione gli anni di questo evento) identificata con il gruppo degli Ebioniti cambiò radicalmente il proprio comportamento, la propria visione della vita, la propria religione.

Gli Ebioniti scrissero un proprio vangelo, trasformando il loro leader Gesù/Giovanni crocifisso in uno dei tanti profeti vissuti in Palestina e nella figura Enoica del "figlio dell'uomo" descritta in Enoch I dal capitolo 37 al 91, come il protagonista del giudizio dopo la morte e della salvezza divina.

Gli Ebioniti furono quella parte di ribelli esseni che rimasero traumatizzati dalla crocifissione del loro leader, tanto da abbandonare ogni pensiero circa la lotta armata, ed adottare un comportamento di rassegnazione passiva (perdono anche verso i nemici e relative beatitudini) che successivamente alla fine verrà premiato con l'entrata nel regno di Dio nei cieli, e non più in questo mondo con la guerra santa contro i nemici.

La trasformazione della figura del Messia crocifisso

Paolo di Tarso ( o chi per lui) attraverso la sua predicazione e i suoi scritti dichiarava che un certo Gesù crocifisso precedentemente (che non conosceva o non voleva far conoscere, cioè identificare con precisione), era il Cristo figlio di Dio, morto in croce per la salvezza di tutti gli uomini e poi risorto. Il Figlio di Dio che toglie i peccati del mondo.
Paolo di Tarso crea il nuovo Messia e l'eucaristia in perfetta sintonia con gli ideali di salvezza presenti nella religione di Misteri del mondo pagano, dove i babilonesi Tammuz e Mitra, il siriano Adone, l'egiziano Osiride, il tracio Dionisio e altri erano considerati come Dei, che dopo essersi incarnati e immolati per la salvezza degli uomini, sconfiggendo la morte, scendevano agli inferi per risorgere generalmente dopo tre giorni.
 Il nuovo Messia idealizzato da Paolo di Tarso ricopia un modello di salvezza universale proposto dai grandi riformatori religiosi del passato: Zarathustra con Mitra, Budda e Krisnha, come privilegio non solo degli eletti del popolo Ebraico, ma di tutto il genere umano.
Il nuovo messia di Paolo di Tarso "Gesù Cristo figlio di Dio" (constatato che non ritornava) non deve più ritornare su questa terra, come credevano gli Ebioniti, ma sono i suoi seguaci che attraverso la morte vanno da lui con la risurrezione anche del corpo.

Ecco i contenuti Escatologici di derivazione umana che influenzarono i contenuti escatologici del primo cristianesimo.

Fu adottato il giudizio universale, dalla religione persiana, per nascondere la falsità della risurrezione del corpo materiale.

Dopo la tragedia di Masada, e dopo l'uscita delle principali lettere paoline autentiche; , venne scritto influenzato dalla cultura essena  il vangelo di Marco, che doveva riconoscere in qualche modo, sebbene criptato, anche il vecchio legame con l'epopea dei Galilei.

Dove in modo velato si rivendicava le vere origini del messia, dagli altri gruppi e specialmente dal gruppo degli ebioniti.
Questo lo si ricava dall'elenco dei fratelli di Gesù in Marco 6,3 "Non è costui il falegname,il figlio di Maria, il fratello di Giacomo,di Giuseppe, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle, non stanno qui da noi? ;
E con i termini di Galileo, Boanèrghes, e altri, si volle far capire, in modo indiretto, che il Cristo, era Gesù/Giovanni l'asmoneo, figlio di Giuda il Galileo. Per scrivere il vangelo di Marco, usarono mescolati a tanta fantasia, ribattezzata successivamente tradizione orale, anche alcuni logia del primitivo  vangelo di Tommaso.

Successivamente, furono poi scritti i vangeli di Matteo e di Luca copiandoli dal vangelo di Marco e aggiungendo, con somma ipocrisia, il vangelo degli Ebioniti prima di essere distrutto.

Ecco spiegato perchè dai vangeli risulta un Messia, contemporaneamente guerriero e misericordioso, infarcito di contraddizioni.

Continuarono così, le falsificazione degli scritti canonici e degli scritti extra religiosi, e le falsificazioni su alcuni personaggi tra cui Giacomo il Giusto o il minore, per poter armonizzare il tutto e fornirgli una parvenza di credibilità.

I Vangeli canonici, gli apocrifi, gli Atti degli Apostoli e altri scritti, sono tutti caratterizzati da errori, contraddizioni, falsità, censure storiche e continue interpolazioni e sicuramente non furono ispirati da Dio e ricercarono legittimazione nelle profezie idonee del vecchio testamento.

Furono aggiuntii, discorsi, personaggi storici, preghiere, miracoli, stili di vita, tipici di quel tempo per costruire un mito collegato ad un avvenimento storico distorto, come ad esempio Apollonio di Tiana.

Venne introdotta la figura della Madonna, Maria Vergine, madre di Gesù Cristo (Vangelo di Luca) inserita in una serie di tradizioni di casi di madri vergini che partorirono un Dio (Devaki, madre di Krishna, Ceres, madre di Osiride, Nana, madre di Attis, Semele madre del Dioniso, Alcmena madre di Eracle, eccetera).
Questo per nascondere le vere origini della famiglia di uno dei tanti, Cristi messia politici regali degli esseni, trasformato in Gesù Cristo figlio di Dio.

Nascita delle chiese

Non avendo fonti storiche certe, nascevano le prime organizzazioni (Chiese) ortodosse o eretiche a seconda della loro forza (tutte con i loro martiri assieme a quelli esseni): Nazorea, Gnostiche, Cattolica, Mandea, Marcionita, Montaniana, comunità del Manicheismo da Simon Mago, eccetera.
Trasformazione della Chiesa Cattolica
 Per una serie di circostanze favorevoli, la Chiesa Cattolica acquisiva sempre più potere, quindi da religione eretica si trasformava in religione ortodossa cioè quella vera.
Constatando che non si verificava il ritorno del Messia, la Chiesa Cattolica capovolgeva il concetto di "Regno di Dio", che diventava la Chiesa stessa. Venne rimandato in un aldilà astratto ciò che gli esseni avevano atteso nell'aldiquà.
La Chiesa Cattolica guidata dai Padri della Chiesa si imponeva sulla concorrente religione del Dio Mitra appropriandosi di alcuni suoi concetti e sacramenti.

 La Chiesa Cattolica finché fu debole, rispettò il pacifismo di alcune parti dei suoi Vangeli, ma una volta arrivata al potere temporale (religione dell'impero romano e potere lei stessa ) divenne la religione più persecutrice, intollerante, potente e ricca del mondo e cercò di distruggere e confutare tutti quei documenti che potevano in qualche modo ricondurre alle sue vere origini (vedi storia dal Concilio di Nicea in poi).

Un caro saluto


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MessaggioInviato: 27/10/2009, 19:19 
Decifrato il manoscritto che riabilita l'Iscariota. In copto, risale
al 300 dopo Cristo. Un testo che riapre il dibattito storico e religioso
Il Vangelo secondo Giuda
"Fu Gesù a dirgli di tradire"
Riletta la vicenda dell'uomo che vendette Cristo: qui diventa il discepolo più fedele
di ALBERTO FLORES D'ARCAIS
Il Vangelo secondo Giuda"Fu Gesù a dirgli di tradire"
Due studiosi studiano
'Il Vangelo di Giuda"

"QUI si narra il segreto della rivelazione che Gesù fece parlando con Giuda Iscariota...". Così inizia la prima pagina di un fragile manoscritto in papiro che rilegge in modo radicalmente diverso la vicenda del "traditore" più odiato della storia e lo trasforma nel più fedele discepolo di Cristo; un documento straordinario che oltre a fornire inedite informazioni su Giuda Iscariota lo riabilita presentandolo come colui che consegna Gesù alle autorità su richiesta dello stesso Cristo: il Vangelo di Giuda.

Al termine di un lunghissimo lavoro (cinque anni) una équipe di esperti linguisti, papirologi e studiosi di storia della religione, una vera e propria squadra di "detective biblici" è riuscita a decifrare il testo e a verificarne l'autenticità e il significato religioso. Il risultato, uno dei più eccezionali documenti dell'archeologia giudaico-cristiana, è stato svelato ieri a Washington nella sede della National Geographic Society. In Italia sarà pubblicato in esclusiva dal "National Geographic Italia" di maggio (in edicola dal 21 aprile) e con la rivista si potrà anche acquistare il libro "Il Vangelo perduto di Giuda Iscariota".

Scritto su papiro e legato da un laccio di pelle il codice è stato redatto in copto - la lingua in uso allora in Egitto - intorno al 300 dopo Cristo; ritrovato negli anni Settanta (del '900) nel deserto presso El Minya, in Egitto finì nelle mani di mercanti di antichità, lasciò l'Egitto per giungere prima in Europa e poi negli Stati Uniti dove rimase in una cassetta di sicurezza a Long Island, New York, per 16 anni prima di venire acquistato dall'antiquaria di Zurigo Frieda Nussberger-Tchacos nel 2000.

Un testo destinato a fare discutere storici, religiosi e filosofi, un testo che fa giustizia anche dell'odioso e brutale antisemitismo che per secoli si è nutrito della vicenda-leggenda di "Giuda il Traditore". Già nel titolo ("Il racconto segreto della rivelazione fatta da Gesù a Giuda Iscariota nel corso di una settimana, tre giorni prima la celebrazione della Pasqua") riecheggiano temi cari alla tradizione gnostica e che ebbero una grande diffusione agli albori del cristianesimo; vicende che contraddicono la storia più tradizionale, quella che ci verrà tramandata dai Vangeli ufficiali (di Luca, Marco, Matteo e Giovanni) e che verrà codificata dai dogmi della Chiesa cattolica nei secoli successivi.

Nel documento - in cui non si fa alcun cenno alla crocifissione nè alla resurrezione - fin dalla prima scena Gesù ride dei suoi discepoli che pregano il loro Dio, il "dio minore" del Vecchio Testamento che ha creato il mondo. Li esorta a guardarlo e a comprendere cosa egli sia davvero, ma questi non lo fanno e non capiscono. Il passaggio fondamentale arriva quando Gesù dice a Giuda: "... tu supererai tutti loro. Perché tu farai sì che venga sacrificato l'uomo entro cui io sono". Aiutando Gesù a liberarsi del suo corpo terreno, Giuda lo aiuterà a liberare la sua entità spirituale, la sua essenza divina.

Uno status, quello di Giuda, che viene più volte descritto come speciale: "Allontanati dagli altri, a te rivelerò i misteri del Regno. Un Regno che raggiungerai, ma con molta sofferenza. Ti ho detto tutto. Apri gli occhi, guarda la nube e la luce che da essa emana e le stelle che la circondano. La stella che indica la via è la tua stella". E Giuda "aprì gli occhi, vide la nube luminosa e vi entrò".

Giuda Iscariota non solo non è "il Traditore" ma è - stando al codice copto - il mezzo attraverso cui Gesù di Nazareth raggiunge il suo scopo, dunque il discepolo decisivo, il più importante. Nel testo si prevede l'ira degli altri discepoli contro il traditore (Giuda ha una visione, "vidi me stesso mentre i 12 discepoli mi prendevano a sassate e mi perseguitavano") ma anche il fatto che sarà comunque superiore a loro: "Sarai maledetto per generazioni, ma regnerai su di loro", gli dice Gesù.

Al papiro manca la parte finale e il testo si interrompe all'improvviso: "Essi (coloro che erano venuti ad arrestarlo) avvicinarono Giuda e gli dissero, "Cosa fai qui? Sei un discepolo di Gesù?". Giuda diede loro la risposta che volevano, ricevette da loro del denaro e glielo consegnò".

Le 66 pagine del manoscritto non contengono solo il Vangelo di Giuda ma anche un testo intitolato "Giacomo" (noto anche come la Prima Apocalisse di Giacomo), una lettera di Pietro a Filippo e un frammento di un quarto testo che gli studiosi hanno deciso di chiamare provvisoriamente Allogeni (Book of Allogenes).



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MessaggioInviato: 27/10/2009, 21:17 
Per Giovanni D.T


Un'altra parte di derivazione prettamente essena (non sono riuscito a identificare con precisione gli anni di questo evento) identificata con il gruppo degli Ebioniti cambiò radicalmente il proprio comportamento, la propria visione della vita, la propria religione.

Gli Ebioniti scrissero un proprio vangelo, trasformando il loro leader Gesù/Giovanni crocifisso in uno dei tanti profeti vissuti in Palestina e nella figura Enoica del "figlio dell'uomo" descritta in Enoch I dal capitolo 37 al 91, come il protagonista del giudizio dopo la morte e della salvezza divina.

Gli Ebioniti furono quella parte di ribelli esseni che rimasero traumatizzati dalla crocifissione del loro leader, tanto da abbandonare ogni pensiero circa la lotta armata, ed adottare un comportamento di rassegnazione passiva (perdono anche verso i nemici e relative beatitudini) che successivamente alla fine verrà premiato con l'entrata nel regno di Dio nei cieli, e non più in questo mondo con la guerra santa contro i nemici.


Ti chiedo:Gli ebioniti ebbero o non ebbero un leader dopo Gesu-Giovanni? Era forse Giacomo il Giusto ?consideravano o non consideravano Paolo apostata della fede?
Come e' stata possibile quella mutazione che li porto' poi a divenire "cristiani? Cosi rigidi,e cosi attaccati alla legge!
Il cristianesimo non e' un prodotto Paolino?Non e' stato quest'ultimo ad inventarsi la resurrezione di Gesu?
Riflettiamo bene su questo,Giovanni,e cerchiamo le giuste risposte !!

Un saluto


Ultima modifica di leviatan il 27/10/2009, 21:20, modificato 1 volta in totale.

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MessaggioInviato: 28/10/2009, 04:08 
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Sig. Leviatan scrive:

Ti chiedo:Gli ebioniti ebbero o non ebbero un leader dopo Gesu-Giovanni? Era forse Giacomo il Giusto ?consideravano o non consideravano Paolo apostata della fede?
Come e' stata possibile quella mutazione che li porto' poi a divenire "cristiani? Cosi rigidi,e cosi attaccati alla legge!
Il cristianesimo non e' un prodotto Paolino?Non e' stato quest'ultimo ad inventarsi la resurrezione di Gesu?
Riflettiamo bene su questo,Giovanni,e cerchiamo le giuste risposte !!




Per conoscere gli Ebioniti, è utile leggere cosa pensarono e scrissero, i loro principali diffamatori.

Incominciamo da Eusebio da Cesarea (260 - 340 d.c. circa) da Storia Ecclesiastica libro III,27:
27. L’ERESIA DEGLI EBIONITI
1. Il demonio, pur non riuscendo a distogliere alcuni dalla disposizione naturale che fa tendere l’anima al Cristo di Dio, li trasse ugualmente in suo potere, approfittando della loro debolezza. Gli antichi denominarono giustamente questi ultimi Ebioniti, perché avevano concezioni misere e meschine sul Cristo. 2. Lo ritenevano un uomo semplice e comune, che aveva perseguito la virtù migliorando il proprio carattere, generato dall’unione di un uomo con Maria. Avevano un bisogno assoluto di una religione basata sulla Legge, poiché non credevano che si sarebbero salvati solo grazie alla fede in Cristo e ad una vita ad essa conforme. 3. Ma altri, sebbene membri anch’essi della stessa setta, rifiutavano la folle dottrina dei loro compagni, credendo che il Signore nacque da una Vergine e dallo Spirito Santo; ma non riconoscevano, come loro, la preesistenza di Dio Verbo e Sapienza, ritornando così nell’empietà dei primi, soprattutto per la valorizzazione dell’osservanza materiale del la Legge, proprio come quelli. 4. Ritenevano che si dovessero rigettare del tutto le lettere dell’apostolo Paolo, che denomina vano “apostata della Legge”, e facevano uso soltanto del Vangelo detto secondo gli Ebrei , tenendo in pochissimo conto gli altri; 5. e, come gli Ebrei, erano rispettosi del Sabato e di ogni altra usanza giudaica, ma osservavano le Domeniche a ricordo della resurrezione del Salvatore, quasi come noi. 6. Il loro comportamento dà spiegazione del nome di Ebioniti, che attesta la povertà della loro intelligenza: “il povero” infatti viene designato nella lingua ebraica con il termine “ebionita”.

Queste calunnie non sono le sole: addirittura Epifanio arrivò a scrivere che il nome ebioniti derivasse da un eretico di nome Ebion, presunto fondatore della setta (Haer. XXX, 3-7), ma questo ci conferma, senza ombra di dubbio, l’esistenza della censura, da parte dei padri apostolici, nel diffamare le origini storiche del movimento religioso.

L’esistenza di un eretico di nome Ebion, fondatore d’una setta, è un’invenzione di Epifanio (Haer. XXX 3,7) della fonte a cui egli attinge, mentre il nome di questi proto-cristiani deriva dall’ebraico ebiànim, che significa «gli umili», «i poveri», con riferimento evidente non solo alla semplicità di vita monastica che essi conducevano, ma soprattutto allo spirito che animava la loro predicazione: una protesta contro le ingiustizie sociali e contro i ricchi. Del messaggio delle beatitudini essi pongono l’accento soprattutto sul fermento rivoluzionario e i loro proseliti, probabilmente provenivano dalla "plebaglia"

La maggior parte dei Giudei di quel tempo non apparteneva a nessun gruppo religioso. Essi lavoravano la terra e conducevano una vita molto più semplice di quella dei seguaci dei vari movimenti giudaici, farisei, sadducei, esseni, mandei eccetera.
Il lavoro agricolo veniva svolto generalmente da affittuari, da lavoratori a giornata e da schiavi/servi.



Membri di una numerosa classe povera, rurale, contadina o artigiana, pochi avevano tempo per una rigorosa osservanza della Torah. La maggior parte viveva una religiosità più semplice, che racchiudeva spesso elementi di magia e incantesimi per affrontare i problemi della vita quotidiana. Queste masse semiosservanti erano chiamate ‘am ha’arez, “il popolo della terra”, anche se la definizione ha diversi significati.

In epoca biblica si riferiva alla popolazione indigena, ai non giudei che abitavano il paese giudaico, alla gente comune in contrasto con i re, i funzionari regi o i sacerdoti, oppure ai cittadini (maschi) di un determinato territorio che possedevano la terra ed esercitavano un influsso politico. Nella letteratura rabbinica, il termine si riferisce in particolare a coloro che non osservavano la legge giudaica (soprattutto le leggi della purezza rituale) in opposizione ai rabbini. Di conseguenza assume una connotazione dispregiativa per quanti erano considerati negligenti o ignoranti in questioni di morale o religione. (Manuale della Bibbia- John Bowker, pag.289)

Per loro Gesù/Giovanni di Gamala è soltanto un uomo come loro, il termine figlio di Dio indica non una filiazione fisica, ma una chiamata divina all'obbedienza in un ruolo predestinato nella storia della salvezza (sapienza 2,18):
"18 Se il giusto è figlio di Dio, egli l'assisterà,
e lo libererà dalle mani dei suoi avversari.
19 Mettiamolo alla prova con insulti e tormenti,
per conoscere la mitezza del suo carattere
e saggiare la sua rassegnazione.
20 Condanniamolo a una morte infame,
perché secondo le sue parole il soccorso gli verrà».


Osservando i documenti in mio possesso il gruppo dei Galilei o Nazareni alla morte nel 36 d.c. del Gesù/Giovanni di Gamala si divide.

Una parte, guidata dai fratelli di Giovanni di Gamala continuava con l'obbiettivo della rivolta armata contro il potere, un'altra cambiava completamente la propria mission e prendeva il nome identificativo di Ebioniti.

Quest'ultima si elaborava un proprio vangelo, chiamato appunto degli Ebioniti e il suo autore veniva chiamato Matteo, quel discepolo che fu interrogato da Gesù/Giovanni di Gamala come spiegato nel vangelo di Tommaso logia 14 "Gesù disse ai suoi discepoli: « Fatemi un paragone, ditemi a chi rassomiglio ». Simon Pietro gli rispose: « Sei simile a un angelo giusto ». Matteo gli rispose: « Maestro, sei simile a un saggio filosofo.. Tomaso gli rispose: « Maestro, la mia bocca è assoluta mente incapace di dire a chi sei simile ». Gesù gli disse: « Io non sono il tuo maestro, giacché hai bevuto e ti sei inebriato alla fonte gorgogliante che io ho misurato.. E lo prese in disparte e gli disse tre parole. Allorché Tomaso ritornò dai suoi compagni, questi gli domandarono: « Che cosa ti ha detto Gesù? ». Tomaso rispose: « Se vi dicessi una delle parole che egli mi ha detto, voi dareste mano alle pietre per lapidarmi, e dal le pietre uscirebbe fuoco e vi brucerebbe>.


Matteo mi sembra l'unico personaggio maschile riportato nel vangelo di Tomaso a non essere un fratello o fratellastro di Gesù/Giovanni.
Matteo nel logia14 del vangelo di Tommaso, riconosce in Gesù/Giovanni, il figlio di Giuda il Galileo infatti Giuseppe Flavio in Antichità Giudaiche libro XVIII,23, così scriveva:
"Giuda il Galileo si pose come guida di una quarta filosofia. Questa scuola concorda con tutte le opinioni dei Farisei eccetto nel fatto che costoro hanno un ardentissimo amore per la libertà, convinti come sono che solo Dio è loro guida e padrone. Ad essi poco importa affrontare forme di morte non comuni, permettere che la vendetta si scagli contro parenti e amici, purché possano evitare di chiamare un uomo «padrone»".


Inoltre, San Ireneo (Smirne 130 - Lione 202 d.c.) vescovo di Lione così scriveva

 [ Ebioniti] seguono unicamente il Vangelo che è secondo Matteo’ e rifiutano l’apostolo Paolo, chiamandolo apostata della Legge(Ireneo, Adv. haer. I 26).

Poiché lo stesso Ireneo in altri punti della sua opera (III 23; V 1) afferma che gli Ebioniti escludevano la nascita verginale di Gesù non si può pensare ad un’identità del loro Vangelo con quello canonico di Matteo. 

Gli Ebioniti pertanto, seguendo unicamente il Vangelo che è secondo Matteo, si affidano solo ad esso e non hanno un’esatta conoscenza del Signore.
(Ireneo, Adv. haer. III 2).
Gli Ebioniti riconoscono subito, nel loro Vangelo, Gesù/Giovanni nella figura Enoica del "figlio dell'uomo" descritta in Enoch I dal capitolo 37 al 91, come il protagonista del giudizio e della salvezza divina.

Tutto ciò avvalla l'ipotesi di una loro base culturale fortemente influenzata dalla cultura essena.

Per questo nuova setta, il regno di Dio non deve più essere conquistato, attraverso una lotta armata e sovversiva, ma bensì attraverso l'aiuto reciproco con la comunanza dei beni e attraverso l'amore per il prossimo esteso pure ai nemici, cosa quest'ultima impensabile per gli esseni originari.

Questo repentino cambiamento, fu dovuto alla scioccante crocefissione del loro leader e alla sua contemporanea conferma come figlio dell'uomo, che doveva entro breve tempo ritornare, come protagonista del giudizio finale e della salvezza divina.

Le beatitudini già presenti in forma embrionali nel vangelo di Tomaso vengono maggiormente valorizzate.

Informazioni storiche sul vangelo degli Ebioniti.

. Anch’essi accettano il Vangelo secondo Matteo. Di questo solo, infatti, essi pure si servono, come i seguaci di Cerinto e di Merinto ma lo chiamano « secondo gli Ebrei » perché, a dire la verità, solo Matteo, nel Nuovo Testamento, ha composto in lingua ebraica e in scrittura ebraica’ il racconto e la predicazione del Vangelo.
(Epifanio, Haer. XXX ,7).

Il punto fondamentale della dottrina di Cerinto e Merinto, vissuti verso la fine del I secolo, era che Gesù, vero uomo, fu « adottato » da Dio al momento del battesimo. Tale anche la dottrina degli Ebioniti.
 Nel Vangelo che essi usano, detto «secondo Matteo», ma non interamente completo, bensì alterato e mutilato (essi lo chiamano «Ebraico») {...] hanno tolto la genealogia di Matteo’.
(Epifanio, Haer. XXX 13, 2 e 14, 3).
Naturalmente: perché per essi la filiazione divina di Gesù cominciava col battesimo.

Tutte le volte che nei passi qui citati i Padri della Chiesa parlano di lingua ebraica si deve intendere l’aramaico, che ai tempi di Gesù era ormai la lingua parlata e scritta in Palestina.


Un caro saluto.


Ultima modifica di Giovanni dalla Teva il 28/10/2009, 04:20, modificato 1 volta in totale.

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MessaggioInviato: 30/10/2009, 20:00 
Amico greenwarrior

Non occorre scomodare il vangelo di Giuda, o Paolo Flores Arcais,
il Prof Filipponi ce lo ha spiegato a chiare lettere, TRADERE, non significa, come hanno scritto le sante penne, TRADIRE, ma significa A.C.C.O.M.P.A.G.N.A.R.E.
Un saluto Cecco


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MessaggioInviato: 30/10/2009, 20:53 
Cita:
Cecco ha scritto:

Amico greenwarrior

Non occorre scomodare il vangelo di Giuda, o Paolo Flores Arcais,
il Prof Filipponi ce lo ha spiegato a chiare lettere, TRADERE, non significa, come hanno scritto le sante penne, TRADIRE, ma significa A.C.C.O.M.P.A.G.N.A.R.E.
Un saluto Cecco


Grazie per la precisazione.



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MessaggioInviato: 31/10/2009, 13:54 
L'arresto di Giacomo il fratello di Gesù figlio di Damneo descritto da Giuseppe Flavio in "Ant. Giud. II libro 20.9. pag. 1246 e seguenti Libreria Utet a cura di Luigi Moraldi", è completamente diverso dal racconto descritto da Eusebio da Cesarea in Storia Ecclesiastica libro II, 23, pag. 126 -127 - Città Nuova;


tabella dimostrativa delle diversità dei due racconti riguardanti lo stesso evento



In questo caso bisogna notare che Giuseppe Flavio parla di un'azione riferita a un gruppo di persone, mentre Eusebio da Cesarea descrive la morte di una sola persona.

cliccare sopra per ingrandire



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La descrizione della morte di Giacomo il Giusto, fatta Eusebio da Cesarea in Storia Ecclesiastica II, 23 pag. 126 -127 - Città Nuova;


é ripresa


dalla descrizione della morte di Menahem riportata da Giuseppe Flavio in "La guerra giudaica II, 17 ,9".


cliccare sopra per ingrandire


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Non c'é alcun dubbio che la descrizione della morte di Giacomo il Minore o il Giusto, che fa Eusebio di Cesarea "Storia Ecclesiastica II, 23 pag. 126 -127 - Città Nuova; è la stessa di quella fatta sempre da Giuseppe Flavio in "La guerra giudaica II, 17", riguardante la morte di Memahem l'ultimo figlio di Giuda il Galileo nel settembre del 66 d. c.
E' lo stesso Eusebio di Cesarea che lo dichiara indirettamente, quando termina il suo racconto scrivendo "Subito dopo Vespasiano cinse d'assedio la città".

Infatti noi sappiamo che la morte di Menahem avenne nel 66 d.c. subito prima dell'assedio di Gerusalemme, mentre Eusebio da Cesarea costruisce il falso Giacomo il Giusto da un fatto successo nel 62 d. c. e lo collega alla morte di Festo governatore della Giudea.

Si può notare che tutta la descrizione di Eusebio inerente a Giacomo il giusto è un'invenzione, infatti l'autore in Storia Ecclesiastica libro II,23 pag. 126,127,128 ed. Città Nuova, collega l'inizio del falso martirio di Giacomo il giusto alla morte del governatore della giudea Festo nel 62 d.c. e lo fa terminare nel 67 d. c. o successivi con Vespasiano che cinse d'assedio la città di Gerusalemme. Teoricamente i suoi assassini avrebbero impegnato cinque anni o più per ammazzarlo.


Ricordiamo che Menahem fu il figlio più giovane di Giuda il Galileo e il suo nome era Giuseppe.

Menahem era il suo sopranome, con il quale veniva riconosciuto dalla gente di quel tempo e Giuseppe Flavio non aveva nessun interesse a chiamarlo con il suo vero nome, se lo sapeva, constatato che essendo uguale al suo, poteva generare confusione ai lettori.

http://www.storiacristianesimo.it/g...20giusto.htm

Per il Sig. Leviatan

Secondo i miei studi, Giacomo il Giusto era un figlio di Giuda il Galileo, che potrebbe essere stato a capo della tribù dei Galilei, il cui fondatore era stato Giuda il Galileo; dal 36 d.c. anno della morte di suo fratello maggiore Gesù/Giovanni, fino alla sua morte; avvenuta per crocifissione nel 46 d.c. assieme a suo fratello Simone, Kefas.

I padri falsari cristiani, hanno con questo meccanismo sopra riportato, allungato l'esitenza terrena di Giacomo il Giusto, di ben 20 anni, fino all 66 d.c. per coprire l'operato dell'ultimo figlio di Giuda il Galileo, cioè Giuseppe chiamato Menahem.

I padri della chiesa dovevano riportare nei loro scritti e in particolare negli atti degli apostoli, l'operato di Menahem l'ultimo figlio di Giuda il Galileo ma non il suo nome, perciò si inventarono altri Giacomi (dovevano coprire quello morto nel 46 d.c.) e fecero vivere più a lungo il Giacomo il Giusto o il minore.

Infatti tutto quello che negli atti degli apostoli si riferisce a Giacomo il Giusto in realtà é il vissuto di Menahem, quella persona che guidò effettivamente il movimento insurrezionale dei Nazirei o Galilei, ereditato dalla sua famiglia (che va da Ezechia nel 47 a. c. fino probabilmente alla morte di Lazzaro nel 73 d. c. a Masada) dopo la morte dei suoi fratelli Simone e Giacomo crocifissi nel 46 d. c. in seguito ad una insurrezione contro il potere di Roma "riportato da Giuseppe Flavio Ant. Giud. 20. 5.2-102" fino alla sua morte nel settembre del 66 d. c., dopo essere diventato re.

I falsari per rendere il personaggio Giacomo il Giusto, da loro falsificato, più credibile alla gente di allora che forse conservava ancora qualche vago ricordo trasmesso oralmente, gli cucirono addosso la morte capitata al personaggio che doveva nascondere, cioè Menahem ultimo figlio di Giuda il Galileo.

Appare così, chiaro e veritiero il contenuto dei vangeli dove vengono elencati i nomi dei fratelli del presunto Messia, Vangelo di Mc 6,3 , Mt 13,55. Non è egli forse il figlio del falegname? Sua madre non si chiama Maria e i suoi fratelli Giacomo, Giuseppe, Simone e Giuda? (Mt. 13,55)


Gli evangelisti non potevano dire, che Giuseppe, essendo il fratello minore di Giovanni il Galileo, appena crocifisso per insurrezione armata, il futuro Gesù Nazareno figlio di Dio per i Cristiani, era l'unico che poteva richiere il suo corpo per la sepoltura.

Infatti dovettero inventarsi da Arimatea, città del discepolo segreto, un ebreo di alto rango (Lc 23,50), ricco (Mt 27,57), e onorevole (Mc 15,34). Il tutto corrisponde esattamente al ritratto che Giuseppe Flavio fa di Menahem. Tutta questa confusione perché nessuno doveva sapere chi effettivamente fosse, questo Giuseppe fratello del Gesù dei vangeli.

Un caro saluto a tutti.


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MessaggioInviato: 01/11/2009, 14:08 
Storicamente, tra i figli di Giuda il Galileo ci fu uno di nome Giacomo sopranominato "Il Giusto" perchè fedele osservante della legge, e morì crocifisso con suo fratello Simone sotto l'amministrazione del procuratore Tiberio Alessandro, che Governò in Giudea dal 46 al 48 d.c.

All'inizio la grande falsificazione del cristianesimo, incominciò con le lettere ritenute dai falsari autentiche di san Paolo o chi per lui, dove Giacomo lo troviamo:

1Corinzi 15,7
Inoltre apparve a Giacomo, e quindi a tutti gli apostoli.


Galati 1,19
degli apostoli non vidi nessun altro, se non Giacomo, il fratello del Signore.


Galati 2,9
e riconoscendo la grazia a me conferita, Giacomo, Cefa e Giovanni, ritenuti le colonne, diedero a me e a Barnaba la loro destra in segno di comunione, perché noi andassimo verso i pagani ed essi verso i circoncisi.


Galati 2,12
Infatti, prima che giungessero alcuni da parte di Giacomo, egli prendeva cibo insieme ai pagani; ma dopo la loro venuta, cominciò a evitarli e a tenersi in disparte, per timore dei circoncisi.

Chi successivamente scrisse il vangelo di Marco per inventarsi i dodici apostoli, dovette lavorare di fantasia e una delle strategie migliori per raggiungere il risultato, fu quella di doppiare alcuni fratelli del Gesù/Giovanni e così fu anche per Giacomo.

Infatti furono inventati:

Giacomo « IL MAGGIORE», apostolo, figlio di Zebedeo (e probabilmente di Salomè, e fratello di Giovanni, chiamato da Gesù con questi, e soprannominato, come il fratello, Boanerges (« figlio del tuono »);

Giacomo « IL MINORE », apostolo, figlio di Alfeo. La Chiesa cattolica, con il concilio di Trento, identifica — mentre altre, e i critici indipendenti li distin guono con questo ‘Giacomo anche il Giacomo « fratello del Si gnore» (Marco, 6,3; Matteo, 13,55), che appare come uno dei personaggi più importanti della primitiva Comunità di Gerusalemme.


Ecco alcuni esempi delle complessità create nei vangeli, per nascondere queste falsificazioni.

Tra le pie donne recatesi al sepolcro, Marco (15,40) ricorda tra Maria Maddalena e Salomè (al posto di questo nome, Matteo, 27,56 indica < la madre dei figli di Zebedeo >, come in 20,20 per la richiesta in favore dei figli) anche > Maria madre di Giacomo il piccolo e loseto;

in Matteo, Giuseppe », mentre Giovanni (19,25) menziona <la madre di lui (Gesù), la sorella della madre di lui Maria di Clopa e Maria Maddalena >.
La difficoltà che Maria, madre di Giacomo, figlio d’Alfeo, non poteva essere in pari tempo moglie di Clopa (o Cleofa) è superata generalmente dagli esegeti cattolici o identificando Alfeo con Cleofa (avrebbe avuto un nome doppio) o supponendo che Maria, vedova di Alfeo, sposasse poi Cleofa, fratello di s. Giuseppe e già padre di Giuda e Simone, che con Giacomo e Ioseto sono detti < fratelli>» (cioè: cugini) di Gesù e divenisse così < sorella > (ossia: cognata) di Maria Vergine.

Luca (6,16; cfr. Atti, 1,13) nomina anche <un Giuda di Giacomo > (al posto del quale Matteo ha Lebbeo, e Marco, Taddeo): espressione intesa dai cattolici come indicante fraternità, non filiazione (v. GIUDA). Di Giacomo, soprannominato < il Giusto>, Egesippo, seguito probabilmente da Clemente Alessandrino (in Eusebio, Hist., eccl., II, 1 e 23) menziona il martirio (precipitato dall’alto del Tempio, lapidato e finito con una bastonata in testa9 citando anche, probabilmente da Origine un passo di GiuseppeFlavio, ritenuto da vari interpolazione cristiana e che pone il fatto nel 62.

Gli evangelisti Marco e Matteo scrissero i nomi dei fratelli del Gesù Nazareno, perchè non conoscevano le opere di Giuseppe Flavio.

Solo con i nomi dei fratelli di Gesù che compaino in Marco e Matteo, confrontandoli con gli scritti di Giuseppe Flavio (anche dopo le censure successive, figuriamoci prima delle censure) si riesce ad identificare i veri protagonisti storici dei vangeli, cioè i figli di Giuda il Galileo.

Tutto questo, gli evangelisti Marco e Matteo non lo potevano sapere o prevedere.

L'autore o gli autori degli Atti degli apostoli che scrivono avendo a disposizione i quattro vangeli (successivamente dichiarati canonici) e tutti gli scritti di Giuseppe Flavio, si accorgono che confrontando:
Non è costui il falegname,il figlio di Maria, il fratello di Giacomo,di Giuseppe, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle, non stanno qui da noi? (Marco 6,3)

Non è egli forse il figlio dei carpentiere? Sua madre non si chiama Maria e i suoi fratelli Giacomo, Giuseppe, Simone e Giuda? (Mt. 13,55);
con gli scritti di Giuseppe Flavio, chiunque può comprendere che il Gesù Nazareno il figlio di Dio, non era altro che Giovanni di Gamala figlio di Giuda il Galileo.


Allora, furono costretti a chiamare in causa Gamaliele, un fariseo, un dottore della legge, stimato da tutto il popolo a testimoniare davanti al Simedio (niente meno che il conciglio dei capi degli Ebrei) che la famiglia di Giuda il Galileo e Teuda non avevano nulla a che fare con il pacifico e mite Gesù Nazareno figlio di Dio e i suoi apostoli.
Per dimostrare inoltre che Teuda, cioè Giuda , non aveva nulla a che fare anche con Giuda il Galileo, (quando in realtà era suo figlio) lo fanno operare cronologicamente prima di Giuda suo padre, in modo tale che sia impossibile per il lettore comprendere che invece era il Figlio)

Ad esempio se Roberto è il padre di Pierino, e io voglio falsamente negarlo, devo dichiarare che Pierino è vissuto prima di Roberto, esattamente quello che fece, l'autore degli atti degli apostoli, con Giuda il Galileo e suo figlio Teuda.

Ricordiamo, che in tale periodo i cristiani non erano ancora in grado di falsificare le opere di Giuseppe Flavio, in quanto, alcune copie erano custodite negli archivi imperiali o in possesso di pagani, né potevano prevedere tale loro capacità di censura, nel futuro.

Il far dichiarare a Gamaliele il falso, smascherò osservando le date storiche, il loro inganno.

Infatti il racconto di Gamaliele al Sinedrio, avviene con tutti gli apostoli vivi, molto prima del martirio dell'Apostolo Giacomo.

Ma poiché l'autore degli atti degli apostoli, dovette pure anticipare cronologicamente, la morte dell'apostolo Giacomo figlio di Zebbedeo nel 42, sotto il re Erode Agrippa, al potere dal 37 al 44 d.c..

Altrimenti, il lettore avrebbe compreso con facilità, leggendo Antichità Giudaiche libro XX, 102"Oltre a ciò, Giacomo e Simone, figli di Giuda Galileo, furono posti sotto processo e per ordine di Alessandro, vennero crocefissi; questi era il Giuda che — come ho spiegato sopra — aveva aizzato il popolo alla rivolta contro i Romani, mentre Quirìno faceva il censimento in Giudea."

che i due figli di Giuda il Galileo corrispondevano ai due apostoli, cioè i due fratelli di Gesù Nazareno "Non è egli forse il figlio dei carpentiere? Sua madre non si chiama Maria e i suoi fratelli Giacomo, Giuseppe, Simone e Giuda? (Mt. 13,55)..

Con tutto ciò rimaneva scoperto un periodo successivo al 42 d.c. senza Giacomi fratelli del Signore che andava a contraddire l'operato del Giacomo fratello del Signore, riportatoin precedenza nelle lettere di San Paolo.

In verità era rimasto Giacomo figlio di Alfeo ma quello era un cugino non un fratello del Cristo.


Allora i padri della chiesa sono andati a falsificare Giuseppe Flavio, "Antichità giudaiche libro XX capitolo IX verso 197, ricavando il personaggio Giacomo", fratello di Gesù, che era soprannominato Cristo,


Il personaggio in parte falsificato di Giacomo il Giusto doveva coprire l'operato di Menahem figlio di Giuda il Galileo, figura impresentabile per gli evangelisti e i padri della chiesa.
I padri della chiesa dovevano riportare nei loro scritti e in particolare negli atti degli apostoli, l'operato di Menahem l'ultimo figlio di Giuda il Galileo ma non il suo nome, perciò falsificarono in parte, un personaggio appunto Giacomo il Giusto o il minore. Infatti tutto quello che negli atti degli apostoli si riferisce a Giacomo il Giusto in realtà é il vissuto di Menahem, quella persona che guidò effettivamente il movimento insurrezionale dei Nazirei o Galilei ereditato dalla sua famiglia (che va da Ezechia nel 47 a. c. fino probabilmente alla morte di Lazzaro nel 73 d. c. a Masada) dopo la morte dei suoi fratelli Simone e Giacomo crocifissi nel 46 d. c. in seguito ad una insurrezione contro il potere di Roma "riportato da Giuseppe Flavio Ant. Giud. 20. 5.2-102" fino alla sua morte nel settembre del 66 d. c..

falsari per rendere il personaggio Giacomo il Giusto, da loro in parte falsificato, più credibile alla gente di allora che forse conservava ancora qualche vago ricordo trasmesso oralmente, gli cucirono addosso la morte capitata al personaggio che doveva nascondere, cioè Menahem ultimo figlio di Giuda il Galileo.
Sempre i falsari dovendo attribuire al falsificato personaggio Giacomo il Giusto, solo l'operato di Menahem, per il resto gli costruirono le sue caratteristiche e qualità in linea con le loro esigenze. Infatti così lo descrissero:
«Costui Giacomo era santo fin dal grembo materno. Non beveva vino né altre bevande inebrianti e non mangiava assolutamente carne. Mai forbice toccò la sua testa; non si spalmava di olio e non prendeva il bagno. A lui solo era permesso entrare nel santuario: infatti non indossava abiti di lana, ma solo di lino. Era solito recarsi da solo nel Tempio. Lì stava in ginocchio implorando perdono per il popolo talché le sue ginocchia erano diventate callose come quelle di un cammello, perché stava continuamente genuflesso a pregare Dio» (Eusebio di Cesarea, Hist. Eccl., II 23, 4-18).

Quanto riportato da Egesippo e ripreso da Eusebio in Hist: Heccl 2,23,6, secondo cui, a Giacomo fratello di Gesù, era permesso di entrare nel santuario del tempio, dove secondo la legge di Mosè poteva entrare solo il sommo sacerdote una volta l'anno, dimostra la falsità dell'intera descrizione, perchè storicamente impossibile.
Questa descrizione è storicamente impossibile, ma si adatta benissimo all'operato che gli autori degli "atti degli apostoli" fanno fare a Giacomo il Giusto personaggio appunto falsificato in parte, per nascondere il reale operato di Menahem figlio di Giuda il Galileo.
Come sempre, per avvallare e dar maggior credito alle falsificazioni si inserivano le profezie e anche in questo caso non poteva mancare tale espediente. Infatti é stata inserita una profezia di Isaia, da cui deriva il nome di Giacomo il Giusto."E gridando dissero: "Oh! Oh! Anche il Giusto si è sbagliato!" e compirono così ciò che è scritto in Isaia: Leviamo di qui il giusto, perché ci è molto scomodo; e allora mangeranno i frutti delle loro opere. Quindi salirono e lo gettarono di sotto."

La descrizione della morte di Giacomo il Minore o il Giusto, che fa Eusebio di Cesarea "Storia Ecclesiastica II, 23 pag. 126 -127 - Città Nuova; assomiglia molto a quella fatta sempre da Giuseppe Flavio in "La guerra giudaica II, 17", riguardante la morte di Memahem l'ultimo figlio di Giuda il Galileo nel settembre del 66 d. c.

Però, così facendo i padri apostolici si trovarono come minimo con tre Giacomi, due cugini e un fratello di Gesù/Giovanni Cristo figlio di Dio. Successivamente la Chiesa con un suo concilio di Trento unificò nella stessa persona un fratello e un cugino, ecco così, Giacomo il minore e anche il Giusto.


Un caro saluto a tutti.


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MessaggioInviato: 01/11/2009, 16:11 
Crissimo Giovanni
La precisione dei tuoi interventi è encomiabile. Il trovare e raccontare
le inongruenze scritte dai cattocris, arriva sempre puntualissima con le
dovute spiegazioni necessarie a prova di ciò.
Hai la stoffa del vero segugio di razza.
Eusebio stesso si falsa da solo; al paragrafo II° dice che Giacomo il
Giusto è figlio di Maria e Giuseppe. Al V° ci dice che Giacomo il Giusto
e Altri erano figli dei coniugi Alfeo e (la concubina) Maria di Cleofa,
proseguendo nella lettura i 3 divennero figli della sola Maria di Cleofa.
Se non è favola questa cos'è?
Un abbraccio ed un saluto, carissimo amico mio

Cecco D'Ascoli


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MessaggioInviato: 03/11/2009, 15:20 
Una domanda per te ,Giovanni
Nel settembre del 2009,su un altro furum,asserivi quanto segue : Tommaso è un 'espressione semitica che significa "gemello" e Didimo trasmette lo stesso significato in greco, quindi soltanto Giuda è un nome vero e proprio, e questo significa che il vero autore, a mio avviso, è nientedimeno che Giuda fratello di Giovanni il Galileo o di Gamala o il Nazireo, il futuro Gesù inteso come salvatore, non come nome proprio ad esempio, Gesù figlio di Dameo.

Quindi l'autore è il Teuda accoppato da Fado procuratore in Giudea dal 44 al 45 d.c. (Antichità Giudaiche di Giuseppe Flavio libro XX, 97) e falsificato negi atti degli apostoli in 5,36.


Tale vangelo per questo è stato scritto prima del 45 d.c., quindi uno degli scritti più vicini temportalmente a Giovanni di Gamala il salvatore cioè Gesù.

Io non nego, che anche questo vangelo possa essere stato oggetto di rettifiche o aggiunte successive, per poi esser definitivamente eliminato dalla chiesa perchè diventato troppo scomodo alla sua dottrina e non più idoneo ad essere rettificato ulteriormente, per le proprie esigenze.

Ti Chiedo
Quando parli di aggiunte successive ti riferisci per caso al versetto 12 ?:Gesu’ rispose loro:”Dal luogo ove sarete,andate da Giacomo,il giusto,per il quale sono stati fatti il cielo e la terra”

Se aggiunte sono state fatte ,quando sarebbero state fatte?Gli storici asseriscono che la redazione di tale vangelo risalirebbe alla prima meta’ del II secolo. Personalmente penso che molto del materiale in esso contenuto possa essere molto piu’ antico,ma quale parte di esso potrebbe essere attribuita a Teuta?
Se invece il verso 12 non e’ un’aggiunta,il VdT potrebbe essere una prova della storicità di Giacomo il giusto ?
Se i padri della chiesa,falsi e bugiardi,ebbero interesse a interpolazioni tendenti a dimostrare la storicita’ di Gesu’,pensi che ne avessero anche a dimostrare quella di Giacomo?
Farlo addirittura successore di Gesu’? su un vangelo a sfondo gnostico,che tutto dimostra tranne la sua divinità ,tutto dimostra tranne che fosse il figlio di dio!!?
Io sono convinto che se questo vangelo fosse capitato nelle mani dei falsari,l’ultima cosa che avrebbero fatto ,sarebbe stata quella di interpolarlo:l’avrebbero carbonizzato all’istante !!

Un saluto


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MessaggioInviato: 04/11/2009, 17:30 
Cita:
Sig. Leviatan scrive:
Io sono convinto che se questo vangelo (di Tommaso) fosse capitato nelle mani dei falsari,l’ultima cosa che avrebbero fatto ,sarebbe stata quella di interpolarlo:l’avrebbero carbonizzato all’istante !!




Infatti è ciò che è stato fatto. Per caso fortuito siè salvata solo una copia.

Per comprendere l'importanza di tale vangelo; Le espongo un mio studio circa un suo logia.

Ebbene al punto 100, il vangelo di Teuda, detto Tommaso, fratello di Giovanni di Gamala, così recita:

"MOSTRARONO A GESÙ una moneta d’oro egli dissero: «Gli uomini di Cesare esigono tasse da noi».
Lui disse loro: «Date a Cesare ciò che è di Cesare; date a Dio ciò che è di Dio e date a me ciò che è mio».

"e date a me ciò che è mio" si riferisce al regno dei Giudei, gli aspetta di diritto in quanto primogenito di Giuda il Galileo, discendente diretto della stirpe degli Asmonei, gli ultimi re di Israele.


Successivamente l'evangelista Marco, copia direttamente dal vangelo di Teuda (Tommaso) e così scrive:

Mc 12.16 Ma essi gli dissero: «Di Cesare». 17 Ora, Gesù disse loro: «Quello (che è) di Cesare, rendete(lo) a Cesare, e quello (che è) di Dio, a Dio».

Si può osservare che fa scomparire "e date a me ciò che è mio»" cioè il motivo per cui è stato crocifisso nella primavera del 36 d.c..


Successivamente ancora, l'evangelista Matteo copia dall'evangelista Marco (e questa sarebbe il riporto fedele della tradizione orale) così riportando:

Mt 22. 21 dicono: «Di Cesare». Allora dice loro: «Rendete dunque quello (che è) di Cesare a Cesare, e quello (che è) di Dio, a Dio».

sempre da Marco anche l'evangelista Luca copia pari pari, (altro esempio di fedele riporto della tradizione orale) Lc 20.24

Allora essi dissero: «Di Cesare >Ora, egli disse loro: «Quindi rendete quello (che è) di Cesare a Cesare e quello (che è) di Dio, a Dio».

Così si può notare, che con una brevissima omissione, si trasforma il presunto messia umano Giovanni di Gamala nel Messia figlio di Dio per opera dello Spirito Santo, Gesù Nazareno, dove il suo regno non è di questo mondo. Gv 18,36

Un caro saluto.


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MessaggioInviato: 16/11/2009, 21:47 
La cattiva immagine degli Ebrei,
a causa della quarta filosofia




Tacito, Annales, 2.85.4 "Si discusse anche sull'opportunità di sopprimere i culti egiziani e giudaici e per decreto del senato quattromila liberti contaminati da quelle credenze superstiziose e in età di portare le armi furono trasferiti in Sardegna per reprimervi il brigantaggio. E si riteneva che, se vi fossero morti per l'insalubrità del clima, sarebbe stata una perdita di poco conto. Tutti gli altri seguaci di quei culti dovevano lasciare l'Italia a meno che, entro una data stabilita, avessero rinunciato ai loro riti profani."

G. Flavio, Ant. 18.83-84. [83] "Saturnino, sollecitato dalla moglie Fulvia, riferì tutto a Tiberio, suo amico; per tale motivo egli ordinò a tutta la comunità giudaica di abbandonare Roma. [84] I consoli redassero un elenco di quattromila di questi Giudei per il servizio militare e li inviarono nell'isola di Sardegna; ma ne penalizzarono molti di più, che per timore di infrangere la legge giudaica, rifiutavano il servizio militare. E così per la malvagità di quattro persone, i Giudei furono espulsi dalla città."

Svetonio, Tib., XXXVI - Egli [Tiberio] soppresse i culti stranieri, e i riti Egiziani e dei Giudei, obbligando tutti quelli che praticavano quel tipo di superstizione a bruciare i loro paramenti e tutti i loro utensili sacri. Egli inviò la gioventù dei Giudei, sotto l'obbligo del servizio militare, nelle province note per il loro clima inospitale, e allontanò dalla città il resto di quella nazione così come tutti coloro che facevano proseliti in quella religione, sotto minaccia di morte.

Analizzando tutti gli scritti di Giuseppe Flavio, si comprende che gli obbiettivi di questo storico sono:

1) Illustrare ed esaltare il giudaismo davanti ai pagani (Lui non conosce assolutamente i cristiani).

2) Difendere l'opera da Lui svolta e dal suo partito filo-romano durante la ribellione, cerca di nascondere il messianismo e quando non lo può fare, lo condanna come il peggiore dei mali e causa della rovina del popolo ebreo.

Tale condotta appare anche nel suo scritto sopra riportato.

Infatti si può notare, che a differenza degli altri due storici Giuseppe Flavio attribuisce l'obbligo del servizio militare e la penalizzazione di altri giudei alla malvagità di quattro persone e non ad un comportamento responsabile e diffuso di tutti i Giudei interessati al provvedimento punitivo.

Inoltre, Giuseppe Flavio non riporta che questi Ebrei erano ritenute persone di poco conto, e se morivano tanto meglio, ecco spiegato il loro invio in zone insalubri e inospitali.

La colpa di questi Giudei Romani per Tacito e Svetonio, dipendeva dalla loro contaminazione con credenze superstiziose e frequenze a riti profani.

Le credenze superstiziose consistevano nel credere al tempo della guerra escatologica contro gli oppressori di Israele seguendo una lettura apocalittica.


Giuda il Galileo predicava mescolando concetti esseni e zeloti, una guerra santa in collaborazione con Dio in Palestina e in Egitto che poi veniva esportata in altri territori abitati da Ebrei e in modo particolare a Roma dove erano numerosi.

Giuda il Galileo auspicava una guerra santa contro i romani, senza considerare i rapporti di forza perchè credeva che questa fosse la volontà di Dio e nel suo aiuto per l'instaurazione di un regno messianico.

Questa nuova dottrina chiamata quarta filosofia era ritenuta profana, cioè estranea alla dottrina tradizionale Ebrea ed era molto temuta dai romani, perchè una persona carismatica anche estranea al fondatore poteva presentarsi come profeta e poi se fortunato dal destino dichiararsi messia in luoghi anche lontani dalla Palestina.

Evento che certamente si verificò sotto l'imperatore Claudio riportato da Svetonio, Vita Claudii,23,4: "Espulse da Roma i Giudei che per istigazione di un certo Cresto erano continua causa di disordine" in un periodo che va dal 41 al 54 d. c..


La stessa cosa si verifica esaminando, sempre di Giuseppe Flavio. Antichità Giudaiche, 19,285, :"Io voglio che nessuno dei diritti dei Giudei vada perso per la pazzia di Gaio, non solo, ma che siano preservati anche gli antichi privilegi, purché non si discostino dalle loro usanze; e ad ambedue le parti comando che pongano la più grande preoccupazione affinché, dopo l'affissione del mio editto, non sorga una qualsiasi agitazione."
e la lettera di Claudio ai cittadini di Alessandria (Egitto) di cui al British Museum è conservata una copia su papiro che fu scoperta nel 1924 (P. Lond. 1912 = CPJ II 153).

P.Lond. 1912 (= CPJ II 153), Col. V, ll. 95-100, 41 d.C. - "Non si facciano entrare o avvicinare da Siria o Egitto Giudei naviganti verso terra, o ciò mi farà prendere sospetti più grandi: altrimenti in tutti i modi mi opporrò a loro come quelli che alimentano una piaga del mondo."

Documento importante che documenta in modo opposto, i rapporti tra Claudio e i Giudei di Alessandria, che vengono descritti come una piaga del mondo.


Cosa era cambiato da quel tempo non molto remoto, quando Giulio Cesare fece scrivere una tavola di bronzo per i giudei di Alessandria che essi erano cittadini di Alessandria (Ant. XIV, 188),

Sempre Giulio Cesare fece scrivere:

"Siccome il giudeo Ircano, figlio di Alessandro, ora e in passato, in tempo di pace come in guerra ha dimostrato lealtà e zelo per le cose nostre come fanno fede molti comandanti, e nell’ultima guerra di Alessandria è venuto in mio aiuto con mille e cinquecento soldati, e inviato da me a Mitridate sorpassò in valore tutti quanti erano nei ranghi, per tali motivi voglio che Ircano, figlio di Alessandro, e i suoi figli siano etnarchi dei Giudei e mantengano l’ufficio di sommo sacerdote dei Giudei per tutto il tempo conforme ai costumi della sua nazione, e che lui e i suoi figli siano nostri alleati militari, e ancora siano annoverati tra i nostri amici particolari; " Ant. XIV 192.

Sempre Giulio Cesare fece scrivere:

" è bene e opportuno che noi serbiamo memoria di questo e provvediamo a che dal Senato e dal popolo di Roma, a Ircano e alla nazione Giudaica e ai figli di Ircano sia dato un segno di gratitudine degno della loro lealtà verso di noi e dei benefici che ci hanno fatto». Ant. XIV 212


Giuseppe Flavio con il suo scritto "purchè non si discostino dalle loro usanze" ci avverte però, che qualcosa attualmente era cambiata.


 Infatti scrive loro usanze, cioè lo stesso concetto usato da Tacito "con i riti profani, cioè la liturgia , la propaganda della nuova dottrina chiamata quarta filosofia del Giuda Galileo, ritenuta estranea alla dottrina tradizionale Ebrea e riconosciuta dall'imperatore Claudio come piaga del mondo. Motivo per il quale lo stesso imperatore Claudio, espulse da Roma i Giudei che per istigazione di un certo Cresto erano continua causa di disordine.

E' da sottolineare che sia Tacito, sia Giuseppe Flavio, sia Svetonio scrivono che i provvedimenti repressivi vengono imposti solo verso i Giudei e non gli Egiziani.

Quindi si può benissimo interpretare che la nuova realtà religiosa superstiziosa fosse unica, come i suoi seguaci cioè Ebrei di cui un numero rilevante fossero di provenienza Egiziana.

In Egitto i primi concetti embrionali della nuova quarta filosofia arrivarono da chi fuggiva dalle vendette di Erode dopo l'inizio del suo regno nel 37 a.c..

I primi che dovettero rifugiarsi in Egitto furono: i parenti di Ezechia ucciso dieci anni prima, e padre di Giuda il Galileo e tutti quelli che chiesero la condanna di chi l'aveva ammazzato, cioè Erode.

Ezechia, per i Giudei e le loro Istituzioni, fu una figura molto importante, se il Sinedrio e Ircano giunsero a convocare Erode per rendere conto della sua uccisione; ma fu Sesto Cesare che, dopo aver minacciato Ircano di intervento militare, impedì ai Giudei di giustiziare Erode; e quest'ultimo, memore del pericolo corso in quella circostanza quando assunse il potere regio uccise Ircano e tutti gli altri membri del Sinedrìo, eccetto Samaia " (Antichità XIV, 175)

Sicuramente un'altra ondata di profughi verso l'Egitto si verificò quando nel 22 a. c. Augusto amplia il regno di Erode annettendovi le regioni di Traconitide, Auranitide e Batanea, a cui due anni dopo , aggiunse la Gaulanitide. (Elvira Migliario in Giuseppe Flavio Autobiografia pag.53)

Non dobbiamo dimenticare che l'importanza della figura storica di Ezechia fu prima nascosta e tradita dallo storico di corte erodiana, Nicola di Damasco e successivamente dallo storico ebreo Giuseppe Flavio, perché capostipite di una dinastia di potere a lui nemica, sebbene dello stesso suo sangue Asmoneo.

Dalle mie analisi, sono convinto che Giuseppe Flavio conoscesse molto bene le aspettative messianiche che molti Ebrei dimostrarono di riconoscere alla dinastia di Ezechia, ma per questioni personali e apologetiche le ha deformate e nascoste fin dove era possibile, senza dimenticare l'intervento censorio del gruppo di lavoro guidato da Eusebio da Cesarea nel III secolo d.c. fatto ai danni dei discendenti di Ezechia.

A mio modesto avviso, anche la letteratura Ebrea volle stendere un velo di silenzio sulla storia di questa scomoda dinastia di pretendenti Messianici, per la semplice ragione, che a forza di urlare al lupo, al lupo, quando non c'è, poi nessuno crede più al lupo.

Chiedo scusa di questa mia semplice riflessione.

 Un’interpretazione messianica di Ezechia è già stata sostenuta da A. Geiger: Judische Zeitschrift 8(1870)37 s.;

 H. Gressmann, Der Messias, 1929, 458 s. e soprattutto R. Meyer, DerProphetaus Galilàa, 1940,73 ss.; cf.

anche A. v. Gall, 1926, 375 e R. Eisler II,, 683 n. 5. Secondo una tradizione del III secolo d.c., immediatamente prima di morire r. Johanan b. Zakkai avrebbe detto: «Sgomberate la corte... e preparate un trono per Ezechia, il re di Giuda!


 . Ora, Johanan b. Zakkai è del tutto fuori luogo come testimone principale delle pretese messianiche di un capobanda. Nella discussione, relativamente tarda, svoltasi nel III e IV secolo d.c., fu considerata solo la questione se il re veterotestamentario Ezechia potesse essere il messia. Cf. Bill. I, 31.75;



 A. v. GalI, op. cit., 397 e M. Zobel, Gottes Gesalbter, 1938, 87-90. L’idea di Ezechia come messia si spiega tutt’al più in base a 2 Re 18,5: "Egli ripose tutta la sua fiducia nel Signore, Dio d’Israele, e dopo di lui non ci fu, tra tutti i re di Giuda, nessuno come lui, come non c’era stato neanche prima. Si mantenne legato al Signore, senza minimamente staccarsi, e osservò i comandamenti che il Signore aveva imposto a Mosè. ‘Il Signore fu con lui, cosicché egli ebbe successo in tutto ciò che intraprese. Si ribellò al re d’Assiria e non gli fu più soggetto. ‘Colpì i Filistei e il loro territorio fino a Gaza, dalla torre di guardia fino alla città fortificata."


e all’interpretazione proposta volentieri in antitesi al cristianesimo di salmi e passi messianici di Isaia riferiti a Ezechia: v. Giustino, Dial. 33,1; 43,8; 67,1 e passim. V. anche M. Zobel, op. cit., 88 e A. v. Gall, loc. cit., n. 3.
da Martin Hengel- Gli zeloti- pag. 331

Uscirà dalla stirpe di Ezechia, il pretendente Messia Ebreo fallito, da cui l'evangelista marco prenderà spunto, per dare storicità al Gesù Cristo figlio di Dio gnostico di San Paolo.

Successivamente cercherò di giustificare l'ultima mia affermazione.


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MessaggioInviato: 19/11/2009, 14:30 
Carissimo Giovanni
Sto spendendo molto tempo alla ricerca di chi poteva essere il genitore di Ezechia, ma è cosa molto ardua. Nella genealogia dei Maccabei ho tratto l’ipotesi che possa essere nipote di Alessandro Janneo.
Giovanni Ircano ebbe 5 figli;
1)Aristobulo, primo marito di Alessandra Salomè, senza figli.
2)Antigono morto per malattia giovane, senza figli.
3)Alessandro Janneo sposò la cognata, Alessandra Salomè, 2 figli, IrcanoII° e AristobuloII°.
4)Figlio non nominato, vissuto da persona qualunque e nell’anonimato.
5)Figlio pure lui non nominato, vissuto nello studio della Torah e nell’anonimato pure lui.
Da queste mie risultanze Ezekia poteva essere figlio di uno di questi due fratelli anonimi, sia nel loro nome e sia in atti sconosciuti.
Ezechia con le sue bande combatteva contro suo cugino Ircano e i Romani, al fianco o “non”(più si che no)di Aristobulo.
Aristobulo morì nel 49. Ezekia morì nel 44. Perciò questi due potevano (forse)essere coetanei e cugini.
Ora io chiedo se qualcuno magari ha tracce dei due fratelli senza nome, per avere qualche spunto per andare avanti con la ricerca su Ezekia e suoi avi.

Tantissimi saluti Giovanni


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MessaggioInviato: 19/11/2009, 19:33 
Cita:
Carissimo Giovanni
Sto spendendo molto tempo alla ricerca di chi poteva essere il genitore di Ezechia, ma è cosa molto ardua. Nella genealogia dei Maccabei ho tratto l’ipotesi che possa essere nipote di Alessandro Janneo.
Giovanni Ircano ebbe 5 figli;
1)Aristobulo, primo marito di Alessandra Salomè, senza figli.
2)Antigono morto per malattia giovane, senza figli.
3)Alessandro Janneo sposò la cognata, Alessandra Salomè, 2 figli, IrcanoII° e AristobuloII°.
4)Figlio non nominato, vissuto da persona qualunque e nell’anonimato.
5)Figlio pure lui non nominato, vissuto nello studio della Torah e nell’anonimato pure lui.
Da queste mie risultanze Ezekia poteva essere figlio di uno di questi due fratelli anonimi, sia nel loro nome e sia in atti sconosciuti.
Ezechia con le sue bande combatteva contro suo cugino Ircano e i Romani, al fianco o “non”(più si che no)di Aristobulo.
Aristobulo morì nel 49. Ezekia morì nel 44. Perciò questi due potevano (forse)essere coetanei e cugini.
Ora io chiedo se qualcuno magari ha tracce dei due fratelli senza nome, per avere qualche spunto per andare avanti con la ricerca su Ezekia e suoi avi.


Carissimo Cecco ecco alcune notizie.

La città di Gamala venne fondata o fortificata dal sovrano asmoneo Alessandro Ianneo e fu governata, influenzata a fasi alterne da discendenti di quest’ultima stirpe fino alla sua distruzione da parte di Vespasiano a capo della legione Fretensis che per poco non ci lasciava le penne.
 Questa era una città che aveva una sua autonomia economica , militare e monetaria indipendente da Gerusalemme. Ciò evidenzia che i capi erano sempre asmonei ma di un ramo separato da quello ufficiale che risiedeva a Gerusalemme.
 Infatti Antipatro, vedendo che Ircano l’asmoneo, capo ufficile del potere asmoneo, era sciocco e indolente, designò a governatore di Gerusalemme e la regione circostante, Fasaele, suo figlio più anziano e della Galilea, Erode il secondogenito, che poi sarà chiamato il grande. Giuseppe Flavio Antichità Giudaiche 2 libro XIV 158
Parte della Galilea in quel momento, era sotto l’influenza, comando, del Signore anch’egli di sangue asmoneo, di Gamala di nome Ezechia. Erode volendo essere lui il governatore di nome e di fatto catturò e poi uccise Ezechia. (Giuseppe Flavio Antichità Giudaiche 2 libro XIV 159) - anno 47 a. c.(Elvira Migliario in Giuseppe Flavio Autobiografia pag.53)
Che Ezechia fosse un asmoneo si può dedurlo dal passo di Giuseppe Flavio - Antichità Giudaiche 2 libro XVII, 271

"V'era Giuda, figlio del capo bandito Ezechia, che era stato uomo di grande potere e fu catturato da Erode solo con molta difficoltà."

Quindi Ezechia uomo di grande potere.

In quel momento in quelle terre, il potere era detenuto, dai romani, dagli erodi e dagli Asmonei in fase di decadenza. Ezechia sicuramente non apparteneva agli erodi, non era romano, rimanevano solo gli asmonei.

Tutti gli asmonei di questo ramo minore saranno per Giuseppe Flavio sempre dei briganti, perchè volevano non solo comandare a Gamala ma addirittura a Gerusalemme, centro del potere dove lui, cioè Giuseppe Flavio, come i suoi avi, aveva il potere, e i propri interesssi. A Gamala son state ritrovate monete con le iscrizioni " Per la salvezza ....di Gerusalemme la Santa" autentici inni pattriotici religiosi.

Quindi si può dedurre che questi asmonei abitassero tra una battaglia e l'altra, e fughe per la sorte avversa, a Gamala.
Osservando la fotografia contenente la famiglia degli Asmonei e leggendo Giuseppe Flavio si può affermare che Ezechia fosse primo cugino di Ircano e di Aristobulo.




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Dimostrazione.
Giuseppe Flavio Antichità Giudaiche 2 libro XIII 299 “(Giovanni) Ircano ebbe vita felice; morì dopo avere amministrato il governo in maniera eccellente per trentun anni, e lasciò cinque figli.”

Giuseppe Flavio Antichità Giudaiche 2 libro XIII 303 “(Aristobulo primogenito di Ircano). Alla morte della madre aggiunse quella del fratello Antigono che pareva amasse……”

Giuseppe Flavio Antichità Giudaiche 2 libro XIII 318 “ (Aristobulo primogenito di Ircano) Non appena pronunciò queste parole spirò”

Rimangono quindi ancora tre fratelli.

Giuseppe Flavio Antichità Giudaiche 2 libro XIII 320. “ Alla morte di Aristobulo, sua moglie Salina, dai Greci chiamata Alessandra, liberò i suoi fratelli…… e designò re Ianneo, conosciuto come Alessandro”

Giuseppe Flavio Antichità Giudaiche 2 libro XIII 323. “E, infatti, dopo la morte di Aristobulo fu lui che assunse il potere regio, mettendo a morte uno dei suoi fratelli, che macchinava per il trono, mentre tenne in onore l’altro suo fratello che preferiva vivere lontano dagli affari pubblici.”

Questo fratello che viveva lontano dagli affari pubblici e molto probabilmente anche da Gerusalemme e forse successivamente in Gamala,(constatato che suo figlio infestava ai confini della Siria) era il padre di Ezechia.

Questo fratello di sicuro ebbe una figlia che sposò Aristobulo figlio di Alessandro e quindi suo nipote. Giuseppe Flavio Guerra Giudaica I, 7, 6- 154 “Tra i prigionieri fu preso anche il suocero di Aristobulo, che gli era anche zio.”
Quindi poteva benissimo avere altri figli e tra questi o questo Ezechia padre di Giuda il Galileo a sua volta padre di Giovanni di Gamala.


Per Giuseppe Flavio, Ezechia Antichità Giudaiche libro XIV, 159 e i suoi uomini erano dei banditi, per le loro madri, degli uomini che dovevano essere vendicati, resa loro giustizia attraverso l'intervento del sinedrio (Antichità Giudaiche libro XIV, 168), cosa che quest'ultimo organo giudicante cercò di fare.

Ezechia, per i Giudei e le loro Istituzioni, fu una figura molto importante, se il Sinedrio e Ircano giunsero a convocare Erode per rendere conto della sua uccisione; ma fu Sesto Cesare che, dopo aver minacciato Ircano di intervento militare, impedì ai Giudei di giustiziare Erode; e quest'ultimo, memore del pericolo corso in quella circostanza quando assunse il potere regio uccise Ircano e tutti gli altri membri del Sinedrìo, eccetto Samaia " Giuseppe Flavio Antichità Giudaiche 2 libro XIV 167 e seguenti

 Sapendo che Erode il grande era ossesionato dalle persone con sangue asmoneo, tutti i familiari di Ezechia l’asmoneo, dovettero fuggire o nascondersi e tra questi sicuramente anche suo figlio Giuda, successivamente chiamato il Galileo per le sue battaglie in Galilea. - Quando nel 22 a. c. Augusto amplia il regno di Erode annettendovi le regioni di Traconitide, Auranitide e Batanea, a cui due anni dopo , aggiunse la Gaulanitide. (Elvira Migliario in Giuseppe Flavio Autobiografia pag.53)

Un caro saluto, caro amico Cecco.


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MessaggioInviato: 25/11/2009, 15:19 
Questa è la completa intervista recensione rilasciata dal Prof. Filipponi al “Quotidiano” giornale di Sambenedetto del Tronto.

Augusto, Tiberio e gli Erodiani del prof.Filipponi
I°cap) Mi riferisco anzitutto allo studio del rapporto tra il Giudaismo
Erodiano conosciuto a Roma e l'Impero Romano nel primo secolo a.e.v.
Inizialmente cercherò di descrivere con esattezza il Giudaismo vissuto da
Erode, dai suoi figli e nipoti, per poi diffondermi sull'esame del Giudaismo ellenizzato con tutte le sue contraddizioni. Evidenzierò inoltre come la politica Giulio-Claudia si sia attenuta ad un simile sistema morale, convinta di poter integrare il mondo giudaico nel kosmos, nonostante la forte opposizione popolare Palestinese. Per me il capitolo, perciò, è determinante per la comprensione dell'equivoco della romanitas aristocratica(divenuta suddita da repubblicana)corrotta, convinta di trovare sempre una soluzione con altri corrotti e corruttori, quali erano i Sadducei(sacerdoti del tempio) e gli erodiani, la pars dominante in Ioudaea. Infine per me far luce su questo rapporto, specie fra Gens Giulio-Claudia e Gens Erodia, significa avere una torcia in una doppia grotta, buia, di cui una impenetrabile, che permette di illuminarne una e di intravvedere qualcosa dell'altra. Infatti, mentre zumo sulla pars sacerdotale ed erodiana, per contrasto mi viene fuori anche l'altra pars popolare, piccola sacerdotale farisaica, zelotica ed essenica integralista, rimasta nascosta nella storia. Con questa illuminazione un'altra storia si è aperta, si è fatta esplorare, si è rivelata pur sotto le parole, trattanti la storia ufficiale. Dalla guerra civile tra Cesare e Pompeo a quella tra Ottaviano e Antonio, il giudaismo ha diverse opportunità di indipendenza espresse con una certa violenza dalla pars antiromana, comunque facilmente represse. Poi ha altre possibilità di indipendenza: una rivoluzione(stasis)al momento del ritiro di Tiberio (7 e.v.) a Rodi a causa della decisione di Ottaviano Augusto di dare auctoritas ai figli di Vispanio Agrippa, due in seguito, all'atto dell'esautorazione di Archelao, e l'altra alla morte di Seiano.
L'integralismo giudaico sempre approfitta di tutte le situazioni, fiducioso in Dio e nel Malkut, fanatici del proprio regno. A seguito delle divisioni dell'imperium romano, convinto di poter realizzare il nuovo patto di alleanza in un crescendo drammatico di impegno militare. Dopo una lunga riflessione, durata un sessantennio, il giudaismo inizia una nuova rivoluzione, preparata nascostamente nel periodo Flavio, manifestatasi nel momento Traianeo, nel corso della guerra nabatea con nuovi obiettivi ma con le stesse finalità, fino all'impresa di Bar Kokba e al Galuth definitivo in epoca adrianea. La tradizione evangelica ed apostolica ha cercato di non lasciare tracce antiromane e a volte (ritengo) ha cancellato perfino i segni di questa antiromanità, mandandoci un piano generico di filo romanità, venato da cenni di insubordinazione nel quadro di una normalità amministrativa romana, preoccupata di dare un ritratto filo romano di Gesù, come Jesous Christos Kurios. La filo romanità di Gesù Cristo non è solo equivoca perche un giudeo popolare, avendo un'anima antiromana palestinese, tesa al malkuth in senso nazionalistico, non può essere commisurato con il metro dell'erodiano e dell'ellenista, ma è falsa perche è estrapolata dal suo contesto storico tiberiano ed immessa in un altro, quello dell'epoca Flavia. Per me comprendere questo equivoco e questo falso è stato doloroso perche avevo letto i vangeli fino a trenta anni circa, acriticamente, fiducioso nell'insegnamento cattolico. Lo scoprire lentamente che esistono due concezioni, un romana e una giudaica, il rilevare continuamente segni indicanti staseis a livello popolare e il notare un politica ambigua a livello aristocratico hanno determinato un trauma che ha vanificato il mio sistema personale religioso ed hanno sorretto e radicato sempre più la convinzione che il Regno dei Cieli non è il Regno di Dio, ma una fase precedente Giudaica, basilare per la dimostrazione della figura umano-divina di Jesous Christos Kurios dalla persona umana di Jehoshua Barnasha (figlio dell'uomo), tecton, (architetto) taumaturgo, maran (re) e soter, (salvatore) di Israel tra il 32-36 e.v. Comunque io tratto fondamentalmente in senso storico un figura, la cui vita dovrebbe essere compresa tra il (10)-7 a.e.v. e il 36 e.v. Che precede il cristianesimo, nato da questa persona però ellenizzata definita in greco Christos (tradotto da Mashiah) da cui si denominano i seguaci Antiocheni di Paolo di Tarso nel 43-44. Il mio lavoro precede la fase del regno di Erode Agrippa (37/44 e quella "cristiana" iniziante nel 43/4, in cui si evidenziano i veri continuatori di Jehoshua, con un preciso capo, il fratello Jakob, che vive stabilmente a Gerusalemme, dove ha una funzione sacerdotale riconosciuta dal popolo e dall'autorità. Lo studio quindi
rileva anche i successivi sviluppi di questo sacerdozio, sancito forse da
Erode Agrippa a Jakob, la cui presenza in Gerusalemme, accanto a quella
Sadducea fu fonte di divisioni interne e di fazioni giudaiche antiromane e
filo romane tanto da determinarne una guerra. Inizio perciò la mia
trattazione con l'idea che Roma repubblicana e poi Ottaviano Augusto e
Tiberio non compresero effettivamente il giudaismo ma solo il sistema di
vita degli erodiani, dei nipoti di Erode, che vivevano il giudaismo da
ellenisti e perciò l'intervento romano sui giudei fu inadeguato, imperfetto, inadatto sia in senso repressivo che in senso integrativo. Ne deriva che la storia di Jehoshua e dei suoi seguaci è compresa in questo esame storico del giudaismo palestinese, che fu incluso nel periodo di Erode Agrippa, federativamente nel sistema imperiale, e poi congiunto direttamente all'imperium, come porzione provinciale siriaca, con qualche specifica e tipica prerogativa, controllata da un praefectus di nomina imperiale, di secondo grado, equestre, o liberto, secondo la nomina imposta da Claudio. (41-54) I Giulio-Claudi, spece Caligola e Claudio, conoscevano perfettamente il mondo giudaico. La loro vita era stata immersa nel giudaismo fin dall'infanzia,
grazie ad Antonia Minor, nonna e madre dei due imperatori, che aveva avuto
rapporti e relazioni continue con gli erodiani specie con Berenice di
Salomè, come già Livia Augusta con Salomè stessa, sorella di Erode il
Grande. Questi due imperatori, specialmente, pur amando il giudaismo,
sebbene in modo differente, ne rilevavano i meriti, ma ne comprendevano
anche la ostilità sottesa, data la pretesa "elezione" divina al dominio
ecumenico, nel formale ossequio e nella volontà di separarsi religiosamente. Specie Caligola che tendeva alla theosis pur essendo stato educato retoricamente dai giudei, disdegnava la pratica rituale in cui vedeva un oltraggio alla sua figura divina, proprio per il culto unico di latria imposta dalla Torah. Comunque gli imperatori romani leggevano la
pietas-giudaica considerandola come una pratica cultuale barbarica,
semitica; la accettavano sincretisticamente ai fini del Kosmos imperiale, ma la disdegnavano e in un certo senso deridevano il fariseismo e il dogmatismo prescrittivo, privilegiando la classe sacerdotale filo romana e trascurando quella popolare antiromana, in quanto dominata dal partito filo romano e quasi "oscurata", repressa violentemente e neanche palesata, come una vergogna nazionale. Gli imperatori condizionati dal giudizio sadduceo curavano solo l'élite, distaccata dalla massa ignorante feticistica, lontanissima dalla sincretica civiltà della tolleranza ed incapace di capire il Kosmos imperiale, ben inteso dalla classe sacerdotale, a detta di Filone Alessandrino Roma aveva unificato già il mondo culturalmente (il fecisti patriam gentes. unam fecisti, quod priu orbis erat è un'eco decadente della sintesi latina del sistema cosmico ellenistico, unificante tutti i cives dell'urbe e i soci dell'imperium, già in epoca Tiberiana) ma aveva avuto effettivamente per quasi due secoli come oppositore il popolo giudaico-palestinese. Il virgiliano compito del romano(Tu regere imperio populos, Romane, memento/pacique imponere morem/. parcere subiectis et debellare superbos) non è retorica ma una realtà già imposta, un dato di fatto, una regola, meglio una legge accettata da ogni cittadino dell'imperium. La presunta missione egemonica, invece, giudaica, era un atto di superbia che doveva essere represso. Già in altra sede ho dimostrato il valore del sintagma "popolo giudaico", la cui cultura è rilevabile grazie alla lettura del vecchio testamento ed è contrassegnata non da Shalom ma dal suo opposto che indica separazione con volontà di fare guerra: l'am ha aretz (popolo della terra) si realizza non mediante la pace ma mediante la guerra, perseguita con una pertinacia e costanza illimitata perche alimentata da profeti e magi , sorti dal ceto popolare o dagli esseni. Nel popolo si è radicata la coscienza di una vittoria, grazie alla tradizione di un Malkut danielico: ogni giudeo è convinto, per quasi due secoli finche un piede romano calpesta il suolo sacro di Giudea e specie di Gerusalemme e della spianata del Tempio, finche la torre Antonia "sorveglia" il tempio non ci può essere pace, solo con la cacciata dei romani si può realizzare il nuovo patto di alleanza con Dio in Gerusalemme. Ora, invece, Roma vedeva genericamente il valore morale di Gerusalemme e del Tempio, lo rispettava, come venerava città sacre e un qualsiasi altro tempio ma non rilevava l'unicità del luogo e la peculiarità della pietas giudaica, considerati religio-(superstizioni), forma di mithos. Augusto e Tiberio specificamente, pur sfruttando gli introiti del Tempio, in senso politico tenevano sotto vigile controllo il giudaismo, non solo per lo zelotismo e il filopartismo palestinese, ma soprattutto in considerazione dell'ecumenicità etnica giudaico ellenistica, del rilievo degli emporoi(commercianti)ellenistici alessandrini e del valore morale di Gerusalemmee del suo monte del Tempio per oltre 2.500.000 di uomini. Di norma i trapezitai(banchieri) connessi con il sistema mercantile ed industriale, coscienti anche della vicinanza col confine della Partia, in cui vivevano colonie di Giudei, che parlavano la stessa lingua aramaica, disseminate a Nord in Adiabene e a Sud, tra
Ctesifonte e Seleucia, anch'esse gravitanti nell'area del tempio e paganti
loro la didracma. Inoltre Roma, dopo avere l'intero stato della Ioudaea con re Erode, l'aveva poi smembrato in tetrarchie ed infine aveva deciso per un integrazione nell'impero, cosciente però che una parte di Giudaismo era inglobata nel regno di Partia. All'epoca di Tiberio quindi la Iudaea costituiva l'ossatura economico-finanziaria perche il tempio con la sua banca aveva un potere aggregante, nonostante le divisioni ideologiche, tra i fratelli integralisti di palestina e quelli filo romani ellenistici, tramite la tzedaqah.
II°cap.)Il problema storico e la funzione dello storico della storia delle
religioni. Ai fini di tale ricerca, mirata sul rapporto diretto Gens Iulia e Gens Erodia, e sulle conseguenze storiche e politiche, ritengo necessario precisare prima la funzione dello storico in genere e quello di storico della storia delle religioni in specifico, in modo da affrontare senza equivoci il problema del Giudaismo, visto dai Romani e da Augusto all'atto della costituzione dell'imperium e poi del sorgere della comunità di Jehoshua, tesa al Malkuth ha Shemaim e del primissimo cristianesimo paolino evangelico del periodo flavio, come Regnum Dei diffusosi successivamente in ogni parte del mondo romano. Ritengo che uno storico sia tale, se vive la storia di cui scrive, in quando conosce la lingua del popolo, la sua storia, la sua geografia e tramite la lingua e i prodotti letterari sa ritrovare il sistema di vita quotidiano e quindi ogni forma culturale, compresi i paralinguaggi e metalinguaggi, che permettono di cambiare perfino quando detto esplicitamente.
Penso che uno storico sia veramente storico se registra i fatti, li cataloga in modo diligente non emotivo, mostra i personaggi e i popoli, oggetto del suo lavoro, in senso ne apologetico ne categorico ma senza difendere uno ed accusare l'altro, studia ed investiga le fonti e da esse trae risultanze senza preconcetti, cosciente che non consegue la verità ma solo probabilità euristica, relata a quella skepsis. Il procedimento storico greco-ellenistico secondo acribeia sottende e l'essenza studium e di ira tacitiano, intesi come stati emotivi, e lo scrupolo di indagine. Esso implica la neutralità anche ideologica, che ingloba superficialmente il pensiero della pars popolaris, che non essendo documentata, viene espressa marginalmente mediante rumores, proprio mentre fa emergere la ratio della aristocratia, che è protagonista della storia ufficiale, di cui invece ha le testimonianze.
I Giudei Filone e Flavio, pur parlando di acribeia, hanno solo la concezione esteriore di ricerca, ma sono del tutto di lettura neutra delle fonti stesse in quanto teleologici e teonomici: le loro letture inficiate di mithos, sono interpretazioni a volte perfino simboliche, tipiche della visione della loro storia(toledot) Essi in quanto teleologici e teonomici esprimono solo la storia aristocratica, convinti di fare la storia giudaica, come un autore romantico scrive la storia facendo la storia di una élite, incurante della pars popolare, in modo sentimentale, definendo popolo la nazione. La storiografia classica studia solo il fenomeno per come è riportato dalla chronica, patrimonio dei nobili e dei sacerdoti come annales. Comunque, lo storico, seppure con questi limiti, è storico solo se è neutro nella lettura delle probabili risultanze, se ha, una visione normale dei fatti senza forzarli ne accomodarli, se li legge e li registra fedelmente, per poi, sulla base delle analisi, rilevare i motivi centrali ed affrontarli serenamente senza strafare e senza voler dimostrare qualcosa: suo compito è solo mostrare i fatti nella loro disposizione storica sincronica, come continuazione o interruzione di un processo diacronicamente seguito, letto come risultanza.
Lo storico sa che la valutazione non è di sua competenza e che la sua
funzione è quella invece solo di segnare il percorso e di manifestare il
processo di un popolo, che è proprio della sua storia e che esprime i segni del suo essere, del suo farsi popolo nel quadro di esperienze, che lo orientano progressivamente verso un avvenire, considerato migliore in quanto produzione ottimale del momento. Capita però che lo storico, progredendo, lasci signa(semeia)come segnali in relazione alla sua visione dei fatti concatenati, in quando condizionato dai tempi, dalla sua formazione e dal contesto letterario, culturale, sociale ed economico di cui il suo pensiero è manifestamente concreto. Lo storico, che legge lo storico, deve da una parte seguire l'iter di chi scrive e rimanere nella sua logica e da un'altra tenere presente il condizionamento letterario e che ingloba ogni altro elemento umano, altrimenti i fatti non sono letti ma tradotti, interpretati secondo il sistema di scrittura vigente all'epoca o ancora peggio del nostro tempo. Lo storico che legge dal presente una vicenda passata, inoltre, è portato a vedere ogni cosa al suo tempo e quindi tende ad applicare un criterio in relazione alla vicinanza o alla lontananza dalla sua angolazione e deve, quasi necessariamente, comprendere, leggere secondo il suo sistema di rappresentazione culturale, dando una visione storica alterata. Ora nel caso, prima, del giudaismo, le fonti storiche, scritte, sono della cultura superiore sacerdotale sadducea e di quella farisaica, che hanno tramandato oralmente un tradizione popolare, che è rilevabile nella Bibbia e nel Talmud in cui la Toledot storica scritta, variamente tramandata e quindi elaborata, sottende un'altra storia popolare, nobilitata, i cui eroi, zeloti, specie del periodo di dominazione romana, hanno lasciato segni, poi maturati in altri contesti, come quelli maccabei del periodo di lotta antilagide divennero exsemla per i giudei delle successive generazioni. Nel caso del cristianesimo primitivo, denominato dalla figura di Jehoshua Barnasha a del suo vangelo, connesso con la tradizione popolare, proprio del
periodo augusteo-tiberiano, rivoluzionaria, non esistono fonti, ma solo
cenni sparsi, occasionali comparabili però con quelli maccabaici: i vangeli canonici sono del periodo Flavio ed evidenziano una cultura sincretistica, che tende ad integrarsi nel kosmos romano ellenistico cosmopolita ed esprime un altro personaggio in Jesous Kristos Kurios, redentore del mondo. Inoltre il cristianesimo evangelico, fenomeno proprio del I e II secolo e.v. radicatosi, dopo il Galuth giudaico del periodo adrianeo, non credo che sia possibile una lettura idealistica che vede la nostra religione come espressione massima rispetto alle altre religioni e ne rileva la sua superiorità su ogni altra: uno storico romantico non ha niente di storico, specie se filosofo, e la sua ricerca è inficiata alla base, dalla sua conoscenza sentimentale e patetica. Non è compito dello storico documentare la veridicità della figura del Cristo (da cui è sorto quel fenomeno), posto in quel dato ambiente giudaico, in quella società, in cui è vissuto e da cui è stato partorito: suo compito primario è rilevare la figura di Gesù nella sua configurazione giudaica ed aramaica e poi operare in senso greco-ellenistico e latino-medievale, insomma far luce, per quanto è possibile, su Jehoshua bar Josip, identificarlo non solo nei vangeli canonici ma anche in tutte le fonti che possono aggiungere particolari dati per una oggettiva, per quando è possibile ad un uomo, ricostruzione storica. Solo dopo aver visto i fatti umani di un Gesù, elemento di stirpe giudaica che vive effettivamente, nella sua realtà umana e storica del periodo Seianeo (23/31) e postseianeo, in cui si verifica la dilacerazione e lo sdoppiamento dell'imperium tiberiano, lo storico può rilevare il costituirsi di una comunità "cristiana" e seguire la sua storia nell'impero, dopo aver colto l'effettivo evento glorioso, che ha reso unico e irripetibile per il giudaismo il personaggio.
Senza la centralizzazione di questo evento (prescindendo da quello mitico
della nascita di un dio-uomo, della sua morte e resurrezione) e la sua
ricostruzione, è impedita è atrofizzata ogni storia(direi, volontariamente
negata). Penso con tristezza che non sia entrato ancora in circolo quanto scrisse Bultman nel 1941 circa il carattere storico della interpretazione religiosa. Ritengo attuali le sue parole e significative, dette nella conferenza sulla demitolocizzazione del contenuto evangelico e specificamente della figura e della vita di Cristo.
Personalmente (sono forse un indegno ricercatore, d'altra parte
sconosciutissimo, vissuto per tutta la vita nell'anonimato, senza titoli
accademici!) penso che sia compito dello storico solo studiare i fenomeni ed interpretarli come si può, cioè con tutti i mezzi tecnici a disposizione purché si rilevino esattamente i contesti, si leggano tutti i testi possibili e si confrontino in modo da inserire l'oggetto di studio in un complesso in cui vari fasci di luce lo inondano e danno quasi
necessariamente una risultanza, che è la più probabile (dopo un'infinità di scarti), la più sicura, certamente, rispetto a confessionali o teleologiche, poiché frutto di lavoro e poiché derivata da un percorso di studio serio, anche se limitato, dati i limiti umani di ogni ricerca. Tutte le discipline affini, comunque, vengono fatte interagire e portano settorialmente un contributo allo storico, che accetta la fonte archeologica, numismatica, corografica ed ogni altra che possa dare una qualche luce all'oggetto di studio. Infatti vengono visti scorrere davanti a lui ormai spettatore neutro, che si è tirato fuori perfino dalla vita del suo presente (senza però rinnegarlo) e cerca di far da spettatore passivo anche della sua realtà umana contingente, senza provare alcun sentimento, consapevoli solo della propria umanitas, cosciente di essere giunto all'epoché settica e sicuro solo di fare una narrazione fattuale coordinata secondo logos. Il cristianesimo, dunque, noi lo studiamo in due fasi distinte: quella del pre-cristianesimo proprio di Jehoshua e di Jakob fino alla distruzione di Gerusalemme, che si interseca, si scontra, convive ostilmente con l'imperium giulio-claudio e quella del cristianesimo evangelico canonico del periodo flavio-antonino. Il primo il Regno dei Cieli, il secondo il Regno di Dio. In questa operazione abbiamo segnato il momento in cui i Giudei, che avevano una cultura giudaica come si rileva nei testi del Vecchio Testamento e nella loro toledot sentono che è giunto un momento per loro storico, quello del Malkuth ha shamaim ed abbiamo rilevato come lo realizzano, in una prima fase e come in una seconda fase, nel periodo Flavio, creano invece un altro Regno, quello di Dio in modo sincretistico. Infatti vengono esaltate altre forme culturali, quelle proprie dell'ellenismo romano che raccogliendo l'eredità culturale giulio-claudia) da una nuova linfa al Malkuth di Jehoshua Barnasha e lo trasforma in un altro Malkuth con la nuova figura di Jesous Christos Kurios. Questa figura Gesù-soter-Dio domina, pur essendo apparentemente combattuta e condannata in quando fondatrice del nome cristiano(in quanto seguace di Cristo, un uomo che subì sotto Ponzio Pilato la condanna ad opera dello stato romano): il crimen è accusa mortale per tutto il II-III-IV secolo, prima del riconoscimento cristiano con Costantino, anche se c'è una grande ambiguità ed equivocità in un contesto, in cui si ha la coscienza della decadenza religiosa pagana. Comunque bisogna dire che il nuovo credo religioso cristiano è accusato, ma è già professato dovunque, specie in epoca commodiana e severiana. Inoltre, uomini, dapprima come Plutarco in sull'Eclisse degli Oracoli e Cassio Dione poi in Storie sembrano evidenziare il tramonto di un mondo e testimoniano implicitamente l'avvento di una nuova cultura, vista anche da Plinio che bolla come superstizio parva ed immodica e da Tacito che, dopo averla definita detestabile superstizione ne fa anche la storia, vedendo la nascita di tale peste in Giudea, la sua iniziale repressione sotto Tiberio e il diffondersi con l'apporto di quanto barbaro e ingnominioso esista nell'imperium. Al di là delle dispute sul cristianesimo, e delle tante questioni circa la sua organizzazione nell'impero romano nel corso del II e III secolo, esso risulta vincitore con Costantino e perciò sorge il problema religioso storico di uno studio sul momento costantiniano e la ristrutturazione del Kosmos romano ellenistico in senso cristiano. La storiografia ha variamente interpretato la ristrutturazione cristiana di Costantino dibattuta e circa la vittoria cristiana e circa la situazione dei primi decenni del IV secolo e.v. Lo studio del cristianesimo va fatto più in relazione all'accettazione di Costantino della nuova cultura ormai dominante nell'imperium, che sulla sua conversione, in una volontà di mostrare la struttura cristiana, superiore, che già vittoriosa, costituiva la nuova base dell'impero. I ragionamenti degli storici discutibili a volte, le prove addotte altre volte accettabili, le verifiche fatte sono a mio parere novità a seconda del momento storico di chi scrive, ma hanno in comune una sostanziale oggettività, la costruzione di un nuovo ordine pagano-cristiano sulla figura umano-divina del Cristo. Questa premessa è stata fatta perché la ricerca sull'impero romano è stata realizzata per una migliore comprensione del fenomeno giudaici-basileico ed anche cristiano, non ben distinti dalla nostra tradizione religiosa.
Noi siamo convinti che i seguaci di Giacomo messianici e quelli di Paolo
cristiani, una volta separati definitivamente hanno avuto una storia
diversa: gli uni in seno ai Parti e ricompattatisi con i giudei mesopotamici hanno scritto la loro pagina di storia con la Mishnah e il Talmud; gli altri hanno creato strutture significative nell'impero tali da essere vittoriose con Costantino che le applica nella sua renovazio imperii. Questa premessa perciò è condizionata e prefissata anch’essa: è solo analizzata una corrente in un mare di notizie per chiarirne l'esistenza; il mare fa da contorno quasi da contrasto nella sua diversità di flusso di salinità. Anche questa ricerca però sottende un fine (telos) che deve essere conosciuto dal lettore, che affronta il lavoro sulla romanitas giudaica e sul giudaismo-romano: non si può parlare di acribeia se non si dichiarano almeno gli scopi specifici, dato che le finalità spesso sono a livello inconscio.

Per tutti gli Amici Cecco


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