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Astronave
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MessaggioInviato: 09/11/2009, 14:14 
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Cecco ha scritto:

Carissimo Veritas

Tuo:..San Paolo sfruttò l’Antico Testamento contro gli Ebrei..."
????!..... Qui francamente non vi seguo più.... Ma se fino ad adesso avete sostenuto che la figura di Paolo è fittizia, inventata insieme a quella di Gesù di Nazareth??..

Amico Veritas, inizio a pensare che tu non ascolti neanche quello che scrivi tu stesso.

Arriva un signore da te, dicendoti, queste lettere sono di Paolo, dopo cento anni dalla sua !!!presunta esisenza!!!. Persona sconosciuta da tutte le scritture, storiche e patristiche. Come fai ha credere che sia esistito. Questa è solo fede, credere senza vedere, peggio ancora senza sapere. Meglio scrivere (chi per lui) è cosa molto piu onesta.

Saluti Cecco



"...Persona sconosciuta da tutte le scritture, storiche e patristiche.."

Già...invece Giovanni di Gamala è conosciuto da tutti...

"...Amico Veritas, inizio a pensare che tu non ascolti neanche quello che scrivi tu stesso. "

Questo NON E' il mio problema!....C'è comunque un problema ancora più grave: quello della coerenza, e ti assicuro che non sono io quello chiamato a risolverlo!...

"...Come fai ha credere che sia esistito "

Questa domanda la dovresti girare a tutte le migliaia di eruditi, quelli con la 'e' maiuscola, che invece lo credono. Agli stessi dovresti poi chiedere perchè non credono all'esistenza di Giovanni di Gamala...

"...Arriva un signore da te, dicendoti, queste lettere sono di Paolo, dopo cento anni dalla sua !!!presunta esisenza!!!."

Nessuna delle cosiddette lettere 'paoline' è stata scritta da 'Paolo di Tarso'. Tuttavia egli ne scrisse, ed anche molte di più di quelle che gli sono state accreditate...


Saluti


Veritas

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MessaggioInviato: 09/11/2009, 16:32 
Carissimo (padre) Veritas

E’ tuo in riporto:"...Persona sconosciuta da tutte le scritture, storiche e patristiche.." Già..invece Giovanni di Gamala è conosciuto da tutti.. [Tu ancora non hai capito che il di Gamala doveva sparire, mentre il tuo
Saulo doveva “SORTIRE=Sorgere. ]”
Perche dico che rifletti poco sul dire; "(PAOLO, È,)...Persona sconosciuta da tutte le scritture, storiche e patristiche.."
***Che “ciazzecca” dice il buon Di Pietro, Giovanni di Gamala con il tuo Saulo.***
Gesù di Nazareth e Saulo-Paolo, sono sorti (ENTRAMBI)
Miticamente-Simbolicamente-Alchemicamente-Cabalisticamente-Esotericamente e divennero miti no-ma forse esistiti, no-ma-si-forse alla Melchizedek. Tutte invenzioni M.I.T.I.C.H.E.
Eb.[6/20] dove Gesù è entrato per noi come precursore, essendo divenuto sommo sacerdote per sempre alla maniera di Melchìsedek.
Eb.[7/17] Tu sei sacerdote in eterno alla maniera di Melchìsedek.

Di nuovo il tuo scritto: ***Tuttavia egli ne scrisse, ed anche molte di più di quelle che gli sono state accreditate.***
Per caso queste nuove lettere di Paolo, le hai scovate-ritrovate insieme al tuo da LIDDA?
Non è per caso che (alle lettere) gli hai già fatto il carbonio C/14.

Saluti Cecco


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MessaggioInviato: 09/11/2009, 20:28 
Cita:
Cecco ha scritto:

Carissimo (padre) Veritas

E’ tuo in riporto:"...Persona sconosciuta da tutte le scritture, storiche e patristiche.." Già..invece Giovanni di Gamala è conosciuto da tutti.. [Tu ancora non hai capito che il di Gamala doveva sparire, mentre il tuo
Saulo doveva “SORTIRE=Sorgere. ]”



"..Tu ancora non hai capito che il di Gamala doveva sparire.."

Se mi permetti, le cose che sono riuscito a capire io a te serviranno anni per capirle, senza l'aiuto di Veritas, e questo a prescindere dal tuo grado intellettivo (fior fiore di studiosi ancora lo ignorano).

In quanto al fatto che '..il di Gamala doveva sparire..', mi sembra che tu voglia sfondare una porta dopo che Veritas la spalancata!... Ma forse si tratta di una tua battuta umoristica...

Cita:

Perche dico che rifletti poco sul dire; "(PAOLO, È,)...Persona sconosciuta da tutte le scritture, storiche e patristiche.."
***Che “ciazzecca” dice il buon Di Pietro, Giovanni di Gamala con il tuo Saulo.***
Gesù di Nazareth e Saulo-Paolo, sono sorti (ENTRAMBI)
Miticamente-Simbolicamente-Alchemicamente-Cabalisticamente-Esotericamente e divennero miti no-ma forse esistiti, no-ma-si-forse alla Melchizedek. Tutte invenzioni M.I.T.I.C.H.E.



"..Perche dico che rifletti poco.."

Mi dispiace fartelo notare, ma se c'è qualcuno che riflette poco, quello non sono certo io...

Stante il numero delle attestazioni circa la figura di Giovanni di Gamala, al paragone i personaggi disneyani diventano caratteri storici!.. Sei davvero convinto che chi legge non riesca a risolvere tutto ciò?

Cita:
Di nuovo il tuo scritto: ***Tuttavia egli ne scrisse, ed anche molte di più di quelle che gli sono state accreditate.***
Per caso queste nuove lettere di Paolo, le hai scovate-ritrovate insieme al tuo da LIDDA?
Non è per caso che (alle lettere) gli hai già fatto il carbonio C/14.

Saluti Cecco



Non è corretto cercare di scoprire le 'carte' all'avversario!...

Ho scovato le lettere a cui hai accennato grazie al fatto che io, a differenza di te, non mi sono adagiato su assurde menate negazioniste!


Saluti


Veritas

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MessaggioInviato: 09/11/2009, 20:53 
Signori,

stiamo presentando e confrontando le nostre tesi

tra le incudini e i martelli della dialettica più severa e indagatrice, e



TRA INCUDINI E MARTELLI NASCONO LE SPADE






che sappiamo bene con chi poi usare ....




zio ot


Ultima modifica di barionu il 09/11/2009, 20:54, modificato 1 volta in totale.


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MessaggioInviato: 09/11/2009, 21:27 
Carissimo Veritas

Le ALTRE lettere di Paolo(persona inventata), come tutto l'apparato Din, Don, Dan. Non è per caso che sono state scritte in qualche monastero e il gemello di Marcione le ha portate con ritardo perche aveva perso il viaggio in traghetto, così arrivò con ritardo a Roma.
Perche questo, perche tutte le tue acquisizioni Veritas le trai dalle scritture patristiche e correlate.

Un saluto Cecco


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MessaggioInviato: 25/11/2009, 14:58 
Saulo Paolo, san Filippo e santo Stefano


Da quanto prefissato sopra, il metodo più proficuo, ai fini dell’accertamento delle verità o delle falsificazioni, è quello di confrontare gli scritti neotestamentari e quelli patristici alla storiografia dell’epoca per verificarne la corrispondenza attraverso una analisi testuale più avanzata.
E’ una metodologia da cui non si può prescindere, alla quale ci siamo sempre attenuti, ed è l’unica che ci permette di conoscere le origini del Cristianesimo.

Atti degli Apostoli:

Filippo incontra un eunuco, Funzionario di Candàce, Regina di Etiopia, Sovrintendente ai suoi tesori, seduto su un carro… disse allora lo Spirito a Filippo …” (At. 8, 27/29).

Candàce fu Regina di Meroe, nella Nubia, un territorio nell’attuale Sudan e visse nel I secolo a.C..
In realtà, il suo vero nome era Amanishakheto. Infatti “Candàce”, nella lingua nubiana dell’epoca, voleva dire soltanto “Regina”: tale parlata, in quella regione, si sostituì all’egiziano arcaico nel corso del IV secolo a.C..
Gli storici dell’epoca, sia Strabone che i Romani, non conoscendo la lingua, ingenerarono l’equivoco scambiando il titolo di “regina” per un nome proprio. Cesare Augusto, nelle sue “Res Gestae”, descrive la campagna militare da lui ordinata al Prefetto d’Egitto, Gaio Pubblio Petronio, per risottomettere la Nubia al dominio di Roma nel 23 a.C. poiché, l’anno prima (24 a.C.), la regina “Candace” (Amanishakheto), una indomita guerriera, capeggiò personalmente la rivolta contro i Romani. Essa morì il 7 a.C.. Gli importanti resti archeologici rinvenuti e gli studi dei paleografi che hanno decifrato il vero nome lo confermano.

L’episodio narrato in “Atti” è datato, ovviamente, dopo la morte di Cristo, cioè entro gli anni 30 del I secolo; ne consegue che la scena descritta è una fandonia poiché risale ad una quarantina d’anni dopo la morte della Regina Candàce, il cui vero nome era Amanishakheto, e questo, un Santo ispirato da Dio, avrebbe dovuto saperlo prima di inventarsi un funzionario eunuco “Sovrintendente” di una regina defunta.

Da questo sproposito si possono scoprire altre imposture contenute nel “sacro testo”.
Come abbiamo già ampliamente dimostrato, grazie agli studi sopra pubblicati, gli “Atti degli Apostoli” furono creati da scribi cristiani molto tempo dopo la datazione delle vicende in essi narrate.
Gli autori si prefissero di “comprovare”, tramite un ausilio mistificante della storia, l’Avvento di Gesù Cristo e degli Apostoli che ne diffusero la dottrina, pertanto, si inventarono anche tutta una serie di personaggi di “contorno” con il compito di “testimoniarne” le gesta miracolose straordinarie.
Questi personaggi comprimari vennero creati artatamente, proprio come gli “Apostoli”, e fatti interagire con uomini realmente vissuti, famosi, rintracciabili nella storiografia dell’epoca, esattamente come le località in cui furono fatti recitare, anch’esse notorie e descritte nei Vangeli.
In questo caso, l’errore “Candace”, fatto dagli storici imperiali i quali non sapevano che nella lingua meroitica significava “regina”, fu ripreso, inconsapevolmente, dagli scribi falsari; ma oggi, grazie ad archeologia e paleografia, insieme al dato storico della morte della sovrana ribelle, siamo in grado di scoprire la falsificazione e dimostrare l’invenzione di “Filippo”.
Ma non basta.
Leggendo gli “Atti” (6, 5), questo “Filippo” fu creato assieme ad altri sei personaggi con i quali doveva operare; fra questi il primo martire della cristianità: santo Stefano
“uomo pieno di fede e di Spirito Santo che … faceva prodigi e miracoli tra il popolo” (At. 6, 5/8).
Ne consegue che, se santo Stefano era assieme ad un inesistente san “Filippo”, è ovvio che anche lui fu inventato, come gli altri cinque.
Ma non basta.
Il martire Stefano venne lapidato all’interno di un Sinedrio, convocato da un Sommo Sacerdote senza la presenza, e tanto meno autorizzazione, del legato imperiale romano, l’unico che avrebbe potuto consentirne la soppressione in quanto detentore del “ius gladii” (diritto di uccidere) ... pertanto: falsa Candace, falso Filippo, falso Sinedrio, falso Stefano, falso martirio e, superfluo a dirsi, falsi miracoli.
E ancora.
In questa finta scena, che vede protagonista un finto martire, si introduce anche un altro personaggio inventato, importantissimo per la Verità della Fede Cristiana: san Saulo Paolo; ancora giovane, ai piedi del quale si compie il finto martirio di un finto santo Stefano (At. 7, 58).
Oltre agli studi già pubblicati sull’inesistenza di san Paolo, la sequela delle falsità, ora lette, li conferma e sappiamo che san Saulo Paolo, non fu una persona realmente esistita, ma una menzogna creata per fini ideologici dottrinali.
Proseguiamo.
Lo scenario si allarga alla Samaria e …
[b]Le folle prestavano ascolto unanimi alle parole di Filippo e vedendo i miracoli che egli compiva. Da molti indemoniati uscivano spiriti immondi emettendo molte grida e molti paralitici e storpi furono risanati[/b]” (At. 8 6/7) Sic! Sembra un programma elettorale … dopodiché, si introduce un nuovo attore: Simone il Mago. Questi:“fu battezzato e non si staccava più da Filippo” (At. 8,13).
Logica vuole che un san Filippo inventato non può rimanere attaccato ad un “mago”: anch’esso fu inventato.

La cantonata presa con san Filippo dagli scribi cristiani falsari, monasti molto furbi ma poco pratici di storia, è paragonabile all’altra cantonata presa nelle “Lettere” di san Saulo Paolo (la II^ ai Corinzi 11, 32) e riferita anche in “Atti” (12, 4/7), quando si fa dichiarare all’Apostolo delle Genti:
A Damasco il governatore del Re Areta montava la guardia per catturarmi”.
Secondo “Atti” siamo poco prima del 40 d.C., pertanto questo monarca poteva essere solo il Nabateo Re Areta IV di Petra, la cui figlia sposò Erode Antipa il Tetrarca, il quale la ripudiò per sposare Erodiade.
Ma il suocero di Erode Antipa non regnò mai su Damasco che apparteneva alla Provincia romana di Siria: se ciò fosse avvenuto gli storici imperiali lo avrebbero riferito. Fatto che non risulta.
Al contrario, un antenato di questi, Re Areta III, regnò su Damasco oltre un secolo prima che Cristo camminasse sulle acque.
Nell’ 85 a.C., Areta III, Re degli arabi Nabatei, conquistò Damasco e vi regnò sino a che, nell’ 83 a.C., Tigrane II d’Armenia, detto il Grande, conquistò la Siria e Areta III fu costretto ad abbandonare Damasco rifugiandosi a Petra. Dopo di lui regnò sui Nabatei Obodas III, suo figlio, e padre, a sua volta, di Areta IV. Quest’ultimo regnò dal 6 a.C. sino al 40 d.C., ma mai su Damasco.

Gli storici genuflessi, nei loro siti, senza alcuno straccio di prova, con una faccia tosta senza pari, pur di salvaguardare le “Verità” evangeliche, dichiarano che, morto Tiberio nel 37, Gaio Caligola nominò Governatore di Damasco Areta IV.
Questa gente ci vuol far credere che un Re, insediatosi sul trono, il 6 a.C., senza il preventivo “placet” di Augusto; che nel 36 d.C., dopo aver attaccato e sconfitto Erode Antipa alleato di Roma, osò impadronirsi di territori di proprietà dell’Impero durante il conflitto tra Roma e i Parti … secondo gli esegeti baciapile … avrebbe ricevuto in premio il trono di Damasco? Nella Siria? Se fra Damasco di Siria e Petra vi era un immenso territorio che comprendeva Batanea, Gaulanitide, Decapoli e Perea … Ma quando! Che lo dimostrino! Che si faccia avanti un "pio" docente di storia e letteratura classica e lo dichiari pubblicamente sottoscrivendo con tanto di nome e cognome.
Gli esegeti baciapile escano fuori dall’anonimato coperto da pseudonimi in siti destinati ai “beati poveri di spirito”. Questa gente non arriva o finge, in mala fede, di non capire che “san Luca” ha infilzato sull’amo della storia una serie di “eschette” proprio per farli abboccare: eschette che si inghiottono, una dopo l’altra, come fossero ostie consacrate.
Questa colossale menzogna religiosa non può giustificare il "diritto" di cambiare il nostro passato: conoscere la realtà degli eventi accaduti è un diritto e un patrimonio che appartiene a tutti.

Un falso Gamalièle in un falso Sinedrio; falsi Apostoli che fanno miracoli sotto un inesistente portico; un falso profeta Agabo che prevede una carestia dieci anni dopo già avvenuta; un falso san Saulo Paolo che offende un Sommo Sacerdote allora inesistente, e si permette di mentire ad un Tribuno sul suo luogo di nascita, e questi, ciononostante, crede alla sua “cittadinanza romana” senza pretendere di vedere l’attestato a comprova, come previsto dalla legge che lui stesso è tenuto a far valere; una falsa “folgorazione”; falsi Apostoli con lingue di fuoco sulla testa che fanno resuscitare morti e aringhe affumicate, fanno parlare i cani ecc. ecc. ecc.
Eppure, questa gente che fa “apostolato” si vergogna di far conoscere il contenuto di questo “sacro testo” … i preti sanno benissimo che è ridicolo e lo tengono celato: Apocrifo.

Sanno che anche i “beati poveri di spirito”, oggi, se fossero messi al corrente delle sciocchezze in esso contenute … scapperebbero.
Docenti di fama discutono in congressi, vengono scritte relazioni, pubblicati libri per “analizzare” gli “Atti degli Apostoli” sotto il profilo storico, letterario, “tradizione giudaica” che incontra la “tradizione ellenica”, “genialità della sintesi paolina”, “studi sulla probabilità che Seneca e san Paolo si siano scritti lettere”, già le hanno intitolate “Caro san Paolo … Caro Seneca”, “un enorme pesce diventa san Giovanni fritto in padella e martirizzato da Domiziano” ecc. ecc.
A volerli leggere tutti è impossibile … e lo sanno; ma quello che conta è far apparire la “Mole” di studi fatti, una bibliografia pressoché infinita: devono impressionare gli sprovveduti.
Ma nessun Papa che abbia mai detto in alcuna, delle infinite, “Udienza Generale in piazza san Pietro”:
“cari fratelli e care sorelle…ora vi leggo gli “Atti degli Apostoli”, iniziando dalla prima pagina, bastano un paio d’orette, e avrete diritto alla vita eterna”.
No! Lo sanno!: gli “Atti degli Apostoli” sono un puerile libello creato per ingannare creduloni dolciotti. Gente che nel lontano passato, diversamente da oggi, non aveva la possibilità di documentarsi per verificare se quanto riportato nei Vangeli sarebbe potuto avvenire nella realtà…
ma oggi … san Pietro, si svuoterebbe.


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Ultima modifica di Emilio Salsi il 25/11/2009, 15:17, modificato 1 volta in totale.


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MessaggioInviato: 27/11/2009, 12:35 
La “Folgorazione di San Paolo”

Attraverso il confronto della documentazione neotestamentaria con la storiografia, nello studio precedente, abbiamo dimostrato l’inesistenza di san Paolo, san Filippo e santo Stefano: attori di primo piano fatti recitare dagli scribi cristiani nel “sacro testo” di “Atti degli Apostoli”.
Ritorniamo su San Paolo, una persona inventata la cui esistenza è giustificata quale movente evolutivo, base di un credo e, di conseguenza, documentata solo da scritture dottrinali risalenti ad epoche successive ai fatti narrati.
Di lui, nonostante si sia esibito con miracoli vistosi nelle Province dell’Impero, non esiste alcuna traccia se non quella creata da una “tradizione” posteriore appositamente costruita sul suo culto.
E’ stato immaginato e dipinto in modo così puerile e con errori storici talmente madornali, al punto che nessuno può affermare e tanto meno dimostrare che sia esistito, al contrario, dovere di uno storico è dichiararne l’invenzione contraffatta; pertanto, un uomo che non è esistito non può aver scritto nessuna lettera ed il fatto che ci sia contrasto tra filologi credenti su quali “lettere” gli vengano attribuite o meno non fa che confermare quanto appena detto perché le “lettere” furono scritte da altri a suo nome e in tempi diversi a seconda dell’evoluzione della dottrina.

Prima di verificare la narrazione della “folgorazione” di Saulo - che secondo quanto scritto nella Bibbia, da feroce e zelante aguzzino, si spostava da una nazione all’altra pur di far strage di Cristiani - è necessario calarsi, brevemente, nel contesto reale dell’epoca per farsi un’idea più precisa di cosa stiamo parlando.
Tacito (Ann. IV 5) riferisce che ad Antiochia risiedeva il Quartiere Generale che controllava tutto l’Oriente, un immenso territorio agli ordini del Governatore di Siria, Luogotenente dell’Imperatore, al comando di quattro legioni più forze ausiliarie con equivalente numero di uomini.
Ad esso erano subordinati, giuridicamente e militarmente, anche tutti i Procuratori, i Prefetti, Tetrarchi, Etnarchi e Re vassalli con i rispettivi eserciti. Era una forza di pronto intervento, dislocata in tempo di pace, per un totale non inferiore ai trentamila uomini schierati in difesa di un limes che si dipartiva dal Mar Nero, il Ponto, l’Armenia, l’alto corso dell’Eufrate, sino al Mar Morto comprendendo la Palestina.
Roma voleva garantirsi contro la potenziale minaccia dei Parti che avrebbero avuto tutto l’interesse ad affacciarsi sul Mediterraneo, la via di comunicazione più efficiente per i traffici e gli scambi commerciali fra le terre più fertili e ricche del mondo allora conosciuto.
E’ questo contesto territoriale, militare e giuridico che ignorò, e fece male, Luca quando si inventò

“la folgorazione di San Paolo sulla via di Damasco”

"Saulo, sempre fremente minaccia e strage contro i discepoli del Signore, si presentò al Sommo Sacerdote e gli chiese lettere per le Sinagoghe di Damasco per essere autorizzato a condurre in catene a Gerusalemme uomini e donne seguaci della dottrina di Cristo” (At. 9, 1/4);
“Io (Saulo) perseguitai a morte questa nuova dottrina arrestando e gettando in prigione uomini e donne, come può darmi testimonianza il Sommo Sacerdote e tutto il collegio degli anziani (il Sinedrio). Da loro ricevetti lettere per i nostri fratelli di Damasco e partii per condurre anche quelli di là come prigionieri a Gerusalemme” (At. 22, 4/5).

Questa “testimonianza”, sull’esistenza dei primi “seguaci di Gesù”, con il forzato e ulteriore richiamo al Sommo Sacerdote del Tempio e del Sinedrio (per Luca era una fissazione, ma non poteva fare a meno di inciamparvi), si dimostra un’altra messa in scena sconfessabile dal diritto romano, funzionale a conservare il dominio imperiale tramite un corpo di pubblici ufficiali, strutturato e rigidamente gerarchizzato.
Il Sommo Sacerdote che presiedeva il Sinedrio di Gerusalemme non possedeva il potere per inviare suoi sgherri ad arrestare cittadini damasceni assoggettati alla giurisdizione della Provincia di Siria, governata direttamente da Roma tramite il suo funzionario di stanza ad Antiochia: il Luogotenente dell’Imperatore, subordinato solo a lui.
La sua autorità sarebbe stata scavalcata da quella di un Sommo Sacerdote e dal Sinedrio Giudeo, per di più, col potere (esclusivo dei Romani) di fare “strage” di uomini.
Solo un asceta ignorante e al di fuori del contesto reale dell’epoca, poteva inventarsi simili assurdità facendole apparire come una dottrina “dettata da Dio”. Era il Principe dell’Impero Romano, o il Senato, che potevano mettere al bando o dichiarare legittimo un culto; solo l’Imperatore o i funzionari da lui delegati nelle Province avevano il potere di esercitare il “ius gladii”, cioè il diritto, egemone, di sottoporre a supplizio, uccidere o reprimere gli abitanti responsabili di provocare tumulti, compresi quelli di origine religiosa.

Nei territori, sottoposti al dominio romano, governati da Re nominati dall’Imperatore e devoti a Roma, era concesso a questi monarchi il diritto di uccidere in funzione delle proprie leggi patrie, ma nessun capo di qualsiasi culto o setta poteva perseguitare seguaci di altri culti, tanto più se si trattava di religiosi cittadini residenti in altri territori sottoposti a pubblici ufficiali nominati direttamente dall’Imperatore.
Il “cursus honorum” degli alti funzionari romani nelle Province imperiali imponeva loro il rispetto di una gerarchia, rigidamente disciplinata, facente capo al Cesare.
In Giudea, all’epoca della “folgorazione di Saulo”, governava un Prefetto incaricato dall’Imperatore e da lui delegato con pieni poteri e diritto di uccidere; solo lui, caso per caso, poteva concedere al Sinedrio di Gerusalemme il permesso di riunirsi per deliberare ed eventualmente, a suo insindacabile giudizio, di giustiziare, nel proprio territorio, uno o più ebrei colpevoli di aver trasgredito la Legge ancestrale.
Perché potesse avviarsi tale procedura era indispensabile la presenza di un Prefetto o un Procuratore e la violazione di tale norma comportava la destituzione immediata del Sommo Sacerdote del Tempio che presiedeva il Sinedrio (Ant. XX, 202-203).

In Siria (ove sorgeva Damasco), i Presidii militari di Roma erano indispensabili per tenere a bada i Parti e vi risiedevano contingenti con forze più numerose e strategicamente più importanti della guarnigione di stanza a Gerusalemme agli ordini di un Tribuno romano. Lui soltanto e non un Sommo Sacerdote giudeo, in linea teorica ma con altre e ben più gravi motivazioni, avrebbe potuto richiedere - tramite il suo superiore, Prefetto di Giudea, residente a Cesarea a Mare - l’autorizzazione al Luogotenente dell’Imperatore, Comandante del Quartiere Generale romano di Antiochia, per poter arrestare cittadini di Damasco ed estradarli a Gerusalemme, in Giudea.
San Luca progettò che la “missione” di Paolo, destinata a stroncare il movimento dei seguaci di “Gesù”, si sarebbe trasformata in una “missione” a favore dei “Cristiani” grazie ad un evento straordinario: la “folgorazione”.
Fu durante questo viaggio, fasullo sia per la motivazione che per la procedura (entrambe in contrasto alla rigida struttura gerarchica, giuridico-militare, facente capo al Cesare), che l’evangelista si inventò la “conversione di Saulo” (At. 9, 1/9) e, dopo averlo fatto “folgorare” e accecare da un “Gesù risuscitato e già seduto sulla destra di Dio Padre Onnipotente” (At. 2, 32), creò il nuovo Apostolo: “San Paolo”.
La nuova “Rivelazione” di Dio fu così incarnata in un personaggio inventato di sana pianta da uno o più mistici, ignoranti di leggi, ma sufficientemente furbi da capire che l’illusione della “resurrezione della carne” era un miraggio cui pochi uomini avrebbero saputo resistere.



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San Saulo Paolo, l’Apostolo delle Genti.


San Paolo, come San Pietro, nei sacri testi cristiani vengono descritti dotati di poteri divini miracolistici straordinari e, nel caso di San Paolo, addirittura superiori a Gesù.
Sono personaggi di cui si narra esclusivamente nei Vangeli o negli scritti apologisti dei Padri fondatori del Cristianesimo; cioè una dottrina creata per fare adepti grazie all’illusione della vita eterna ed alla resurrezione del proprio corpo dopo la morte.
La domanda da porsi è se San Saulo Paolo sia esistito veramente o, come per gli altri Apostoli, verificare se questi personaggi non siano piuttosto rappresentanti ideologici di una dottrina che, obbligatoriamente, doveva essere “incarnata” in uomini prescelti e ispirati da Dio.
Un non credente, che si accinge a leggere di questo San Saulo Paolo senza essere condizionato da prediche confessionali, percepisce subito che la trovata “geniale”, di San Luca, intesa a far creare un altro Apostolo dallo stesso Gesù Cristo “post mortem”, è un contro senso assurdo sia storicamente, come intendo dimostrare, sia teologicamente, in quanto palesemente finalizzata a revisionare la dottrina precedente.

Un Dio che, per riscattare l’umanità dal peccato, si fa uomo e come tale si sottopone ad una passione di sangue ed estrema sofferenza, dopo aver predicato, istruito e scelto dodici “Apostoli” con un preciso mandato, una volta salito in cielo, si accorge di aver dimenticato “qualcosa d’importante”, allora scaraventa una folgore (a imitazione di Giove) su un certo Saulo Paolo,
accecandolo, e con la “Voce” nomina un altro Apostolo con l’incarico di “aggiornare” la dottrina degli altri suoi “colleghi”che Lui stesso aveva appena istruiti, è una logica che può stare in piedi solo previo millenario lavaggio del cervello.
Nominati i dodici Apostoli,
“Gesù li inviò dopo averli così istruiti: «non andate fra i pagani e non entrate nelle città dei Samaritani, rivolgetevi, piuttosto, alle pecore perdute della casa d’Israele»” (Mt.10, 5-6).

Questo “comandamento” nazionalista, conforme alla missione di Gesù, limitata alla sua Patria (nulla avrebbe potuto impedire a Cristo di predicare ovunque volesse), andava cambiato, ma la modifica di una dottrina non poteva risultare dipesa da una esigenza umana, pertanto, bisognava “dimostrare” che fu la stessa divinità a “rivelarsi” attraverso un altro super “Apostolo”, strumento della Sua Rivelazione e depositario della nuova “verità” da divulgare fra i Gentili pagani.
Fu semplicissimo: bastò inventare “Saulo Paolo” e fargli scrivere alcune lettere per testimoniare su se stesso e sul nuovo credo del “sacrificio del Figlio di Dio e la sua resurrezione per la salvezza della vita eterna degli uomini” dimostrando, così, che il nuovo Apostolo era esistito veramente.
“« Il vangelo da me annunziato non è opera d’uomo; perché io stesso non l’ho ricevuto né imparato da un uomo, ma l’ho ricevuto per rivelazione di Gesù Cristo »” (Lettera ai Galati 1,11).

L’esigenza di una seconda “Rivelazione” di Gesù portò a redigere degli appositi manoscritti, successivi a Vangeli primitivi, poi distrutti, allo scopo di ufficializzare un apostolato promotore della diffusione di una dottrina, evolutasi da quella originale, e creare, artatamente, un nesso ideologico per farla apparire coerente sin dall’inizio. I Vangeli che noi leggiamo non sono i primi: san Saulo Paolo è venuto dopo; come gli “Atti degli Apostoli”.
Eusebio di Cesarea, Vescovo cristiano sotto Costantino, dal IV secolo, denuncia la pubblicazione di un altro “Atti degli Apostoli”, che taccia come eretico (HEc. I 9,3-4). Di tale documento non ci è pervenuta traccia ma è evidente che fu eliminato assieme ad altri per cancellare gli insanabili contrasti, con quello fattoci pervenire, che avrebbero palesato il fine della sua artificiosa redazione.
San Saulo Paolo, stiamo per provarlo con l’aiuto della storia, come persona non è mai esistito: fu soltanto un’ideologia, “incarnata” in un uomo “discepolo apostolo di Gesù”, resasi necessaria perché rappresentava la soluzione politica religiosa per quella parte di ebrei della diaspora la cui esistenza, nelle Province dell’Impero Romano, era diventata difficile in quanto seguaci di una fede nazionalista integralista che imponeva loro di non sottomettersi ad alcuna dottrina, o “Padrone”, o “Signore”, se non al proprio Dio: “Yahwè”.

Un’ideologia imposta dall’evoluzione politica e militare che vide sconfitti, atrocemente, i patrioti yahwisti, di conseguenza voluta da una corrente religiosa ebraica che decise di revisionare il messianismo zelota, sulla base di una logica opportunista, adeguata alla realtà dell’epoca, rivedendo le profezie messianiche della Legge ancestrale e aprendosi, infine, ai culti pagani della “salvezza” oltre la morte, grazie alla resurrezione del corpo.
Nel I secolo, le sette ebraiche, ufficialmente riconosciute, credevano solo nell’immortalità dell’anima e non nella “resurrezione della carne”, e fra esse, i Sadducei non confidavano neanche in quella. Per questo fondamentale motivo ideologico, gli “Atti degli Apostoli” e gli stessi Vangeli, riadattati in tal senso successivamente, divengono un vero e proprio atto di accusa contro il popolo ebraico. Pietro e Paolo emettono continue sentenze di condanna contro gli Ebrei, contro il Sinedrio
e contro le Sinagoghe, scagliando vere e proprie maledizioni nei confronti dei Giudei facendo ricadere su di essi, sui loro figli e le generazioni future, il “sangue di Gesù” da essi fatto versare.

Ma ora mettiamo da parte l’escatologia e sottoponiamo ad una verifica storica, analizzando le vicende che lo vedono coinvolto come uomo, San Saulo Paolo, ovvero “l’Apostolo delle Genti”.
L’evangelista lo fece nascere a Tarso in Cilicia (At. 22, 3), poi lo spedì a predicare, senza sosta, da una città all’altra dell’Impero. Giunto a Gerusalemme, nel 58 d.C., dopo aver offeso il Sommo Sacerdote Ananìa all’interno del Sinedrio, secondo la sceneggiatura di San Luca, per impedire che i Giudei “lo togliessero di mezzo, non facendolo più vivere” (At. 22, 22), dichiara: io sono un cittadino romano di nascita (At. 22, 27-28).
Luca ci sta propinando che, nel I secolo, in Giudea, se un cittadino veniva accusato dal Sinedrio di Gerusalemme di aver violato la Legge ebraica e offeso il Pontefice, per evitare la lapidazione, bastava mentisse spudoratamente come fa San Paolo sul suo luogo di nascita, dichiarando di essere un “cittadino romano”, e tutti erano tenuti a credergli sulla parola, anzi, dovevano spaventarsi; addirittura un Tribuno romano doveva tremare: “anche il Tribuno ebbe paura, rendendosi conto che Paolo era cittadino romano” (At. 22, 29). Ma il ridicolo diventa farsa per la dichiarazione opposta, resa poco prima, allo stesso Tribuno: “Io sono un Giudeo di Tarso di Cilicia, cittadino di una città non certo senza importanza” (At. 21, 39), riconfermata, subito dopo, davanti alla folla di Gerusalemme ed in presenza dello stesso Tribuno: “Io sono un Giudeo nato a Tarso in Cilicia” (At. 22, 3).
Peraltro il romano, poco prima, aveva sospettato che Paolo fosse l’Egiziano, il capo di una ribellione appena scongiurata dal Procuratore Felice (At 21, 38). E’ evidente che l’evangelista, quando scrisse queste contraddizioni stupide, era convinto che anche i Tribuni romani erano degli stupidi, così pure coloro che le avrebbero lette in futuro.
Un vero Tribuno, obbligato a conoscere le leggi imperiali per poterle far rispettare, era consapevole che il Sommo Sacerdote del Tempio che presiedeva il Sinedrio era stato insignito da un Procuratore o un Re voluto da Roma, pertanto, chiunque avesse offeso il Pontefice, si sarebbe messo contro Roma, pagandone le conseguenze: il Procuratore aveva il diritto di uccidere…

Secondo l’insulsa interpretazione del “diritto romano”, descritta negli “Atti degli Apostoli”, in Giudea, tutti i trasgressori della “Legge degli antichi padri”, anche i peregrini stranieri, era sufficiente dicessero “sono un cittadino romano di nascita” e le autorità, in perfetta buona fede, anziché lapidarli, gli avrebbero messo a disposizione una nave trireme per inviarli a Roma dove avrebbero trovato Nerone che li attendeva per giudicarli; perché è al “Principe” che le massime autorità, preoccupate della “cittadinanza romana” del Santo, invieranno Paolo. E’ così che ce la racconta Luca.
E’ il “diritto di mentire” a un Tribuno (comandante del presidio romano di Gerusalemme), sul proprio luogo di nascita e sulla “cittadinanza”, palesato da Paolo nella recita inventata dall’evangelista, che dimostra la fantasiosa, puerile, dabbenàggine dell’autore, il quale, ormai incapace di contenersi, degrada l’elevato ufficiale romano ad un “subalterno” del super Apostolo: “Il Tribuno fece chiamare due centurioni e disse: “Preparate duecento soldati, settanta cavalieri e duecento lancieri perché Paolo sia condotto a Cesarea sano e salvo dal Governatore Felice” (At 23, 23).
Ma questa paradossale scena si scontra con ben altra realtà:
Tacito, (Annali XIII 34): “Al principio dell’anno (58 d.C.) si riaccese violenta la guerra, iniziata in sordina e trascinata fino allora, tra Parti e Romani per il possesso dell’Armenia”.
Giuseppe Flavio, (Ant XX 173 e segg.), Guerra fra i Giudei e i Siri: “Quando Felice si accorse che la contesa aveva preso forma di una guerra, intervenne invitando i Giudei a desistere…”
In una situazione simile, allorquando tutte le forze d’Oriente dell’Impero dovevano rendersi disponibili per fronteggiare una guerra contro i Parti…mentre è in corso una guerra civile fra Giudei e Siri…un Tribuno imperiale impiega una forza militare di pronto intervento, di quella portata, per…scortare san Paolo, dopo che gli aveva mentito sul suo luogo di nascita e col dubbio, da lui stesso dichiarato, che potesse essere “l’Egiziano”…

La persona che godeva della “cittadinanza romana” era sottoposta alla legge romana, la quale, fra le varie possibilità di rilasciare (nel I secolo) questo privilegio, ne contemplava il diritto a tutti i cittadini nati a Roma: diritto che Luca “accreditò” a San Paolo. Ma non è plausibile che i Romani, nel I secolo, potessero concedere questo “diritto”, con sciocca leggerezza, senza alcuna possibilità di riscontro (modalità che stiamo per verificare), proprio perché avrebbero leso il diritto stesso, ma quello vero, vanificandolo. Eppure tale assurdità, contenuta negli “Atti degli Apostoli” (che avrebbe fatto chiudere il Sinedrio, impossibilitato a procedere per non competenza giuridica in quanto chiunque si sarebbe avvalso di quel “diritto” mentendo), è ancora oggi sottoscritta da alcuni storici ispirati i quali sanno perfettamente che a salvarli dal ridicolo è solo l’ignoranza della gente sul contenuto di questo “Sacro Testo”.
Nel I secolo a.C. la cittadinanza romana venne estesa agli alleati Italici e l’Imperatore, con un editto, aveva il potere di concedere agli abitanti delle Province questo onore che comportava vari privilegi fra cui l’impedimento ad essere sottoposti, nei processi, a giurie non romane. Tale privilegio rimase in vigore sino al 212 d.C..
Ma nel I secolo d.C. (l’episodio di San Paolo è stato ambientato - Atti 24, 27 - nel 58 d.C.), gli Imperatori, secondo quanto riportato da Svetonio in (Caligola 38), rilasciavano veri e propri “Diplomi di Cittadinanza”, cioè attestati ufficiali che comprovavano il diritto a tale prerogativa ed era fatto assoluto divieto appropriarsi di questo privilegio al punto che “coloro che usurpavano il diritto di cittadinanza romana, (Claudio) li fece decapitare sul campo Esquilino” (Cla. 25).
Peraltro va rilevato che, a seguito gravi disordini fra Giudei e Samaritani, il Sommo Sacerdote Ananìa, figlio di Nebedeo, insieme ad Anano, Capitano delle Guardie del Tempio, fu arrestato e inviato in catene a Roma, nel 52 d.C., dal Legato di Siria Ummidio Durmio Quadrato (vedi Tacito Ann. XII 54), per rendere conto all’Imperatore Claudio di quelle vicende (e Antichità Giudaiche XX, 131).

Dalla lettura di “Antichità” e “La Guerra Giudaica” sappiamo che, dopo di lui, a presiedere il Sinedrio, si succederanno, fra il 52 e l’inizio del 66 d.C., i Sommi Sacerdoti: Gionata, figlio di Anano (fatto poi uccidere dal Procuratore Felice e fratello del successivo Anano che avrebbe voluto lapidare Giacomo, fratello di Gesù figlio di Damneo); Ismaele, figlio di Fabi; Giuseppe, detto Kabi, figlio di Simone; Anano, figlio di Anano (è lui, per soli tre mesi); Gesù, figlio di Damneo (fratello di Giacomo); Gesù, figlio di Gamalièle; e Mattia, figlio di Teofilo … “sotto il quale ebbe inizio la guerra dei Giudei contro i Romani”, nel 66 d.C. (Ant. XX, 223)…
Pertanto, nella scenetta inventata da San Luca, il litigio di Paolo Saulo che offende Ananìa chiamandolo “muro imbiancato”, per poi ritrattare:“« Non sapevo che è il Sommo Sacerdote; sta scritto infatti: Non insulterai il capo del tuo popolo»” (At. 23, 5), collocato nel 58 d.C. - avrebbe avuto un senso (un errore in meno fra i tanti) se fosse avvenuto con Ismaele, figlio di Fabi, nominato Pontefice dal Re Agrippa II quando Felice era ancora Procuratore, dopo che questi aveva fatto uccidere il Sommo Sacerdote Gionata fratello di Anano.
Una volta sfuggito di mano ai Procuratori di Roma il controllo politico della situazione, Ananìa sarà rieletto Sommo Sacerdote nel 66 d.C. e verrà ucciso, poco dopo, dall’ultimo dei figli di Giuda il Galileo (figli che, vedremo in seguito, avranno i nomi dei fratelli di “Gesù”) il quale, a sua volta, sarà ucciso da Eleazar, Comandante delle Guardie del Tempio e figlio dello stesso Ananìa, per vendicare la morte di suo padre.
Da quanto esposto, la cronologia degli avvenimenti e delle investiture dei Pontefici non ammette il “battibecco” intercorso, nel 58 d.C., fra san Paolo Saulo e il Sommo Sacerdote del Sinedrio, Ananìa, già arrestato da un Luogotenente di Claudio (anche se, per intercessione del Sommo Sacerdote Gionata, poi sarà liberato; ma Gionata, a sua volta, verrà fatto uccidere da Felice), come dimostra la sequenza, ordinata nel tempo, dei designati a ricoprire l’importante ufficio. Infatti, con simile fedina penale, pur se appoggiato da una fazione politicamente importante, nessun Procuratore, gerarchicamente inferiore ad un Legato dell’Imperatore, come Ummidio Durmio Quadrato, in carica in Siria sino al 60 d.C. (Annali XIV 26) e vincolato da precisi passaggi di consegne, avrebbe più potuto confermare Ananìa “Sommo Sacerdote” del Tempio e del Sinedrio, neanche se proposto da Re Agrippa II, fino alla rivolta contro i Romani, essendo le nomine dei Pontefici sottoposte al “placet” dei Procuratori, a loro volta subordinati ai Legati imperiali di stanza ad Antiochia in Siria.

A conclusione di queste analisi su san Paolo, come uomo veramente esistito, uno storico deve constatare che a nessun suddito dell’Impero sarebbe stato possibile agire, in modo così plateale, contro le leggi di Roma senza pagarne lo scotto immediato. Un vero Tribuno romano, adempiendo al suo dovere, avrebbe messo subito in catene Saulo Paolo, e Antonio Felice, agendo da accusatore e giudice, lo avrebbe decapitato dopo un processo sommario: come previsto dalla legge.
Il battibecco intercorso fra un qualsiasi ebreo, o ex ebreo, ed un Sommo Sacerdote del Tempio dimostra che il redattore di questa farsa non sapeva o non riconosceva né l’autorità, né il potere detenuto da chi ricopriva tale sacro uffizio. Potere sottoposto soltanto all’autorità dei Legati romani o Regnanti, designati direttamente dall’Imperatore.
Questo “Atto del Sinedrio” riportato in “Atti degli Apostoli” è un falso conclamato, falso come il personaggio “San Paolo”: l’incarnazione umana della dottrina, a lui “rivelata” da un “Gesù” già salito in cielo, che i fedeli cristiani seguono tutt’oggi.


http://www.vangeliestoria.eu/index.php


Ultima modifica di Emilio Salsi il 27/11/2009, 13:33, modificato 1 volta in totale.


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MessaggioInviato: 28/11/2009, 13:27 
Paolo di Tarso

Negli scritti che narrano di Saulo san Paolo, cioè “lettere” e “Atti degli Apostoli”, è solo attraverso la lettura di questi ultimi che abbiamo la possibilità di datare, in modo preciso, una vicenda, la più importante dopo “la folgorazione” (ovviamente), che lo vide promotore di rissosi dibattiti con il popolo giudeo e col Sinedrio al punto di essere scortato dalla forza armata romana di Gerusalemme per impedire che venisse ucciso. Buon per lui perché ottenne di essere inviato a Roma e sottoposto al giudizio di Nerone. Questo fu il suo ultimo viaggio a Gerusalemme avvenuto il 58 d.C..
La datazione precisa la si ricava da due passi degli “Atti”:
1° = cap. 23, par.10, quando dice al Procuratore Antonio Felice
“So che da [b]molti anni sei giudice di questo popolo…”[/b]
2° = cap. 23, par. 27,
Trascorsi due anni Felice ebbe come successore Porcio Festo”
Poiché Porcio Festo dette il cambio di consegne ad Antonio Felice nel 60 d.C., sappiamo con certezza che la litigiosa gazzarra di Paolo avvenne due anni prima, il 58 d.C..

L’autore di questa lunga sceneggiatura, che diparte dal cap. 21 in poi con l’immancabile vaticinio del Profeta Agabo ispirato dallo Spirito Santo, si prefisse lo scopo di rendere storicamente credibile san Saulo Paolo come uomo e, a tal fine, lo fece muovere all’interno di un teatro in cui furono chiamati a recitare persone illustri veramente esistite: il Procuratore Felice e sua moglie Drusilla, figlia di Re Erode Agrippa I ; il Procuratore Porcio Festo; Re Agrippa II e sua sorella Berenice che diverrà l’amante del futuro Imperatore Tito.
Negli studi qui pubblicati su Paolo di Tarso e in quelli riportati su “Non sono esistiti gli Apostoli”, abbiamo ampiamente dimostrato che “Atti degli Apostoli” è un documento inventato per testimoniare la continuità della nuova dottrina evolutasi da quella primitiva essena.
In particolare la “scena madre” è stata minuziosamente analizzata da noi e sotto il profilo della verifica storica si è dimostrata una falsa montatura degli scribi cristiani creata, appunto, per dare credibilità umana a san Paolo.

Nei giorni dall’11 al 13 Novembre u.s. si è tenuto all’Università Cattolica di Milano un memorial per onorare il ricordo della professoressa Marta Sordi, deceduta alcuni mesi addietro, che fu titolare della cattedra di storia presso quell’Ateneo e considerata uno dei massimi esperti mondiali di studi sul “l’apostolo delle genti”.
L’ultimo atto dell’insigne docente, al termine di una lunga ed onorata carriera, già reso pubblico dopo il suo decesso, è stata una conferenza dibattito dedicata al super Apostolo cui aveva profuso anni di studi per tentare di dimostrane l’esistenza. Fra i convenuti esegeti genuflessi spicca il famoso filologo e paleografo J. Martinez Garcia, anch’esso studioso di san Paolo.
La Sordi, dopo un preambolo cronologico già strano di per sé, esordisce con una tesi che strabilia tutti: l’incontro tra Felice e Paolo non avvenne nel 58 d. C. bensì nel 52.
In sostanza la professoressa tenta di convincere l’auditorium che … “a mio avviso la cronologia di Atti è stata intesa erroneamente”.
La Sordi non può dirlo apertamente ma sa che qualcosa di grave inficia la verità storicità di quell’episodio su san Paolo in “Atti” per cui prova a far passare il suo “enunciato” ma trova l’opposizione dell’altro “grande insigne” professore, J. M. Garcia, che non accetta di vedere modificati gli “Atti” … perché, in ultima analisi, è questa la conclusione della docente.
Diversamente dalla Sordi, noi non abbiamo remore nel dichiarare qual’è il vero motivo che obbliga gli esegeti filo clericali a modificare gli “Atti”, perché non può essere sufficiente “modificare” la sola “interpretazione” quando lo scritto è diverso. E il motivo è riferito nello studio su riportato.
Ora, dopo averne parlato con Barionu, come lui stesso confermerà, ha deciso, a sue spese, di offrire una settimana bianca a Cortina a chi, per primo, sa rispondere alla domanda: perché la docente di storia dell’Università Cattolica voleva spostare “l’interpretazione della data” degli eventi del cap. 23 di “Atti degli Apostoli” dal 52 al 58 d.C.?
Trasmettiamo il link della conferenza dibattito.
Il conte Giovanni dalla Teva è pregato di tacere perché è già stato informato.

http://www.ilsussidiario.net/articolo.a ... colo=15974

A presto

http://www.vangeliestoria.eu/index.php



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MessaggioInviato: 28/11/2009, 15:50 
La Sordi, dopo un preambolo cronologico già strano di per sé, esordisce con una tesi che strabilia tutti: l’incontro tra Felice e Paolo non avvenne nel 58 d. C. bensì nel 52.


perché la docente di storia dell’Università Cattolica voleva spostare “l’interpretazione della data” degli eventi del cap. 23 di “Atti degli Apostoli” dal 52 al 58 d.C.?

Non capisco,puo riformulare la domanda sig Salsi ?


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MessaggioInviato: 28/11/2009, 16:21 
Il "conte" Giovanni dalla Teva semplicemente come sempre, lo ammira profondamente e lo ringrazia per i risultati dei suoi studi storici.

Per sapere quali interessi storici l'Egregia Signora Marta Sordi tutelava, ho osservato quanto il Sig. Vittorio Messori la richiama nei suoi scritti.

In particolare nel suo libro "Patì sotto Ponzio Pilato?" pag. 106 e 107.

Un caro saluto


Ultima modifica di Giovanni dalla Teva il 28/11/2009, 16:56, modificato 1 volta in totale.

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MessaggioInviato: 28/11/2009, 16:43 
Carissimo Emilio

Se il vero è causa di Anania e il capo delle guardie del Tempio in carcere a Roma, motivo della retrodatazione. La settimana bianca è tutta tua, perche sei tu che le scopri, noi le leggiamo solamente.

Salutissimi da Cecco


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Non c'è da meravigliarsi, se tra poco sentiremo dire, come usanza insegna, che ci sono stati due Anania sommi Sacerdoti, si ripeterà la storia tipica dei due censimenti, dei Giacomi, dei Simoni, dei Giuda, senza dimenticare le Marie.

Un caro saluto.


Ultima modifica di Giovanni dalla Teva il 28/11/2009, 17:25, modificato 1 volta in totale.

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Carissimo Giovanni

E' più bella quella dei due GIACOMI GIUSTI, i quali hanno tanti padri e tante
(AVE)Marie. (le replicate)
Vedi Giovanni, il passo sopra riportato, l'ho ritenuto talmente importante, ed è stato causa di tanti qui pro quo (litigi) in RADIO AUT, con gli adepti pecorones con cui mi dibattevo.
Non una volta ma tante volte. Per questo mi è rimasto incastonato nella mente.

Anche a te sinceri saluti Cecco


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MessaggioInviato: 28/11/2009, 17:49 
Cita:
leviatan ha scritto:

La Sordi, dopo un preambolo cronologico già strano di per sé, esordisce con una tesi che strabilia tutti: l’incontro tra Felice e Paolo non avvenne nel 58 d.C. bensì nel 52.


perché la docente di storia dell’Università Cattolica voleva spostare “l’interpretazione della data” degli eventi del cap. 23 di “Atti degli Apostoli” dal 52 al 58 d.C.?

Non capisco,puo riformulare la domanda sig Salsi ?


Leviatan,
ha ragione: la domanda è:
"Perché la docente di storia dell'Università Cattolica voleva spostare "l'interpretazione della data" degli eventi de[color=red]
l cap. 23 di "Atti degli Apostoli" dal 58 al 52 d.C.? [/color]

A dopo.







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