IL CROCIFISSOdi Nunzio MiccoliNel 314 Costantino abolì la pena della crocifissione e sua madre Elena favorì il culto della croce; il simbolo della croce era esistito anche prima, però nel medioevo divenne un simbolo macabro tridimensionale, che esponeva il corpo di un condannato alla tortura. Un simbolo inquietante e non di pace, come ha asserito erroneamente il nostro Consiglio di Stato, perché accompagnò al rogo ebrei, streghe ed eretici e precedette gli eserciti cristiani in guerra.
Mentre la croce stilizzata è simbolo precristiano e forse rappresenta la vita e i quattro punti cardinali, il crocefisso tridimensionale, con Cristo torturato, è divenuto un simbolo del cattolicesimo romano, inconsueto anche nel mondo ortodosso.
Dopo l’unità d’Italia, il crocefisso fu rimosso dalle scuole, però sotto il fascismo, con il concordato e con la riforma del ministro della pubblica istruzione Gentile, fu ricollocato nelle scuole; con Gentile, l’insegnamento religioso divenne obbligatorio ed il cattolicesimo tornò religione di Stato, anzi, lo studio della religione divenne il fondamento ed il coronamento dell’insegnamento scolastico.
Con uno Stato del genere, per forza i crocifissi furono rimessi nelle scuole e negli uffici pubblici; dopo la rivoluzione laica risorgimnentale, il fascismo si era sposato con il cadi Nunzio Miccolittolicesimo.
Con la caduta del fascismo, la costituzione repubblicana pareva introdurre un quadro normativo diverso, perché garantiva l’eguaglianza, la libertà di pensiero e di religione, con gli articoli 3, 8, 19 e 21; in realtà rimase in vigore il codice Rocco.
Con sentenze successive, fu estesa alle altre confessioni la norma che puniva il vilipendio della sola religione cattolica e poi nel 2006 il reato fu abolito; la norma che puniva la bestemmia alla religione di Stato, prima fu estesa alle altre religioni e poi fu abrogata. Il vilipendio della religione fu poi abolito in Italia, però l’Islam lo prevede nei suoi paesi ed ebraismo e cattolicesimo integralisti ne sostengono ancora l’introduzione.
Il nostro Stato soffre di questo strabismo, dice d’essere laico ma ha norme che negano questo assunto e perciò rimane sostanzialmente confessionale, soprattutto perché ha introdotto l’articolo 7 nella costituzione, il quale recepisce il concordato con la chiesa; l’Italia non è un paese sovrano perché è controllato dal Vaticano. Per la sua sudditanza verso la Chiesa, non riesce ad uscire da queste contraddizioni e non vuole aggiornare norme anticostituzionali, un processo che lo allineerebbe agli stati laici.
Il 18 novembre 2005 il giudice Luigi Tosti fu condannato dal tribunale dell’Aquila a sette mesi di carcere, con la condizionale, perché si era rifiutato di tenere udienze in aule ove era presente il simbolo religioso del crocefisso; in subordine, aveva chiesto che, a fianco di questo simbolo religioso fossero collocati i simboli d’altre religioni. L’1/2/2006 la sezione disciplinare del Csm lo sospese dalle funzioni e dallo stipendio, come si vede la magistratura, quando non fa politica per un partito, è generalmente subordinata allo stato, però esistono magistrati coraggiosi come Tosti.
Il giudice Tosti si richiamava alla Costituzione repubblicana del 27 dicembre 1947, che stabilisce che tutti i cittadini «sono uguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, razza, lingua, religione» (art. 3). Di questa vicenda, la Rai, cioè Radio Apostolica Italiana, con singolare censura, non ha voluto fornirci notizie adeguate, le varie fasi del processo sono in corso, il giudice Tosti è intenzionato ad andare avanti fino alla corte dei diritti europea;
recentemente una finlandese residente in Italia, richiamandosi al principio di laicità dello stato, si è appellata all’Europa per la rimozione dei crocifissi nelle scuole e le è stata data ragione, perciò ne sono nate le proteste dei cattolici e politici integralisti italiani, che considerano il crocifisso anche simbolo dello stato e di una cultura nazionale, in realtà, la repubblica ha i suoi propri simboli.
L’Europa, che è uno dei dogmi italiani, sferza sempre i governi italiani ma, come la sinistra italiana, è prudente con il Vaticano, c’è da scommettere perciò che l’azione di Tosti non avrà successo nemmeno in Europa. In Italia, lo scrittore Luigi Cascioli ha presentato denuncia contro la chiesa cattolica, per abuso di credulità popolare, Cascioli sostiene che Cristo non è un personaggio storico; c’è da scommettere che non avrà soddisfazione dai giudici “indipendenti” della repubblica confessionale e pontificia italiana.
Una circolare del ministro fascista Rocco, che risale al 1926, e da allora mai abrogata da nessuno dei successivi governi, come Concordato, codice Rocco, legge di polizia e legge sulla stampa, tutte d’era fascista, stabilisce che i crocifissi, che fanno parte anche dell’arredamento scolastico, devono essere visibili anche nelle aule giudiziarie italiane. Dopo la liberazione, a costituzione democratica vigente, la polizia, obbedendo ad un disegno della chiesa, perseguitò Testimoni di Geova ed Evangelici.
Nel 1984, il Presidente del Consiglio, Bettino Craxi, rinnovò il concordato con il Vaticano, il cattolicesimo non fu più definito religione di Stato, ma l’insegnamento della religione nelle scuole non fu soppresso, le leggi fasciste suddette e quelle che prevedono la collocazione del crocifisso, non furono abrogate, inoltre le altre religioni, in violazione dell’articolo 3 della costituzione, non furono messe sullo stesso piano di quella cattolica, che rimase religione privilegiata, anche se erano ammesse altre religioni.
Nel 2003 il cardinale francese Tauran affermò singolarmente che l’Italia aveva una separazione tra Chiesa e Stato “coordinata”, mentre in altri paesi dell’Europa del nord esisteva una vera separazione che prevedeva che le confessioni religiose dipendevano dal diritto privato e non da quello pubblico (Codice Rocco e Costituzione fanno parte del diritto pubblico, il quale regola i rapporti tra Stato e cittadini).
Il problema del crocifisso è già stato risolto in nord Europa, dove non è esibito nelle scuole e negli edifici pubblici; questo simbolo a volte urta non credenti ed appartenenti ad altre confessioni, è lesivo della neutralità dello Stato ed è in contrasto con la conclamata laicità dello Stato. Il crocifisso rappresenta l’identità religiosa di persone e di un culto e non dello Stato, il quale ha i suoi propri simboli.
Ciò malgrado, nel 1988 il Consiglio di Stato si era occupato della questione, in quella circostanza affermò di ritenere ancora in vigore le disposizioni sull'esposizione dei crocifissi, contenute nei regi decreti fascisti risalenti agli anni '20; contemporaneamente e contraddittoriamente però, la laicità dello Stato fu riconosciuta dalla Corte Costituzionale, come principio supremo dell'ordinamento italiano (sentenza n. 203 del 1989).
Malgrado Radio Apostolica Italiana (cioè la RAI) non ce lo ricordi, il 16 maggio 1995 in Baviera ci fu una dichiarazione d’incostituzionalità all'esposizione obbligatoria di croci o crocefissi nelle aule delle scuole pubbliche elementari. Questa strada fu seguita anche dalla nostra Corte di Cassazione, con la pronuncia dell’1 marzo 2000, n. 439, che mandò assolto uno scrutatore, rifiutatosi di prestare il suo ufficio nel seggio presso il quale era stato nominato – un'aula scolastica – presso la quale era presente un crocifisso.
La recente vicenda, relativa a
ll'ordinanza di rimozione del crocifisso da un'aula scolastica del comune di Ofena (Tribunale dell'Aquila, 23 ottobre 2003), su ricorso di Adel Smith ed i ripetuti ricorsi alla magistratura da parte degli appartenenti all’Uaar, hanno reso il quadro giurisdizionale molto confuso; alcuni, come la lega, difendono il crocifisso non per bigottismo, ma per difendere un’identità nazionale contro l’Islam montante.
La Costituzione italiana, le convenzioni internazionali ed europee sui diritti umani e gli orientamenti della corte europea sui diritti umani, paiono orientate in maniera difforme alla pronuncia del Consiglio di Stato italiano del 1988.
Giurisprudenza e politica sono influenzate dalla Chiesa e dal proprio orientamento ideologico; bisogna tener conto che anche la magistratura è ideologizzata e fa politica, perciò le sue sentenze spesso sono il risultato d’opportunità politica più che d’equità o di rispetto verso i principi fondamentali del diritto; per questo motivo, in Italia sono ancora viventi tante leggi ordinarie anticostituzionali, mai abrogate.
La questione dei simboli religiosi riguarda la libertà di coscienza e la neutralità dello Stato e denota uno scontro sotterraneo oggi esistente in Italia, non recepito dai partiti, tra religioni e civiltà laica, questo scontro si è presentato periodicamente in Spagna, Francia, Italia, Germania ed Austria; lo Stato, se è super partes e per la par condicio, si può trarre fuori da queste contraddizioni solo con la sua neutralità e non certamente schierandosi, con le sue leggi e sentenze, con la Chiesa.
Il Consiglio di Stato, con una sentenza, ha respinto il ricorso di una cittadina finlandese, Soile Lauti, che chiedeva la rimozione del crocifisso dalla scuola media frequentata dai suoi figli, ad Abano Terme (Padova). Secondo il Consiglio di Stato, il crocefisso doveva restare nelle aule scolastiche perché era un simbolo idoneo ad esprimere anche i valori civili di uno stato laico; per il Consiglio di Stato, il crocifisso poteva svolgere una funzione altamente educativa, a prescindere dalla religione professata dagli alunni. Evidentemente, i suoi giudici non conoscono la storia della Chiesa e com’è stato usato il crocifisso in guerra e dall’Inquisizione.
Soile Lauti aveva già fatto ricorso al Tar del Veneto che, prima di darle torto, aveva sollevato una questione di legittimità dinanzi alla Corte Costituzionale. I giudici della Consulta, nel dicembre del 2004, avevano dichiarato inammissibile la questione (e quindi non erano entrati nel merito), perché l'affissione del crocifisso nelle scuole non era prevista da una legge, bensì da due regolamenti del 1924 e del 1927 sugli arredi scolastici, sui quali il giudice costituzionale non poteva sindacare.
Questa pareva una pronuncia rispettosa del punto di vista della chiesa, più politica e cavillosa che giuridica e costituzionale, la corte costituzionale ha emesso sentenze discutibili altre volte, dichiarando costituzionali anche norme incostituzionali e del resto, anche i costituzionalisti hanno inserito nella costituzione l’articolo 7, che è anticostituzionale.
Adel Smith nacque ad Alessandria d’Egitto nel 1960, da padre italiano e madre egiziana, ricevette il battesimo cristiano e poi si convertì all’Islam; ha scritto una serie di libri contro il cristianesimo ed ha fondato l’associazione, “l'Unione Musulmani d'Italia”. Nel maggio del 2002 fondò anche un partito musulmano e definì la Chiesa Cattolica una “associazione a delinquere”, provocando un’indagine del procuratore Papalia a suo carico, per offesa alla religione.
Nel gennaio del 2001 invitò il papa ad abbandonare la sua religione idolatrico-politeistica ed a farsi musulmano; nel maggio dello stesso anno attaccò il pittore Giovanni da Modena, reo di aver rappresentato, in un suo affresco del 1415, presso la Chiesa di S. Petronio a Bologna, raffigurante il Giudizio Universale, il profeta Maometto all’inferno.
Le religioni monoteiste sono pretenziose e mirano al monopolio religioso ed al rispetto della loro fede, perciò nacque il reato di vilipendio; da ricordare che in Danimarca l’Islam è insorto contro una raffigurazione satirica di Maometto con una bomba in testa. Nella lettera inviata all’Arcivescovo di Bologna, Smith chiese che l’offesa del dipinto di Bologna fosse cancellata e che si chiedesse ufficialmente scusa, da parte della Chiesa, a tutti i musulmani; chiese anche di passare la calce sull’affresco, ma nemmeno questa richiesta fu raccolta.
Il 7 novembre 2001 Adel Smith fu invitato da Bruno Vespa alla trasmissione Porta a Porta, dove definì il crocefisso presente nei luoghi pubblici: “Un cadavere in miniatura appeso a due legnetti". Da presidente dell’Unione musulmani d’Italia, Adel Smith, portò scompiglio anche nella cittadina abruzzese di Ofena, dove si era trasferito con la famiglia nel settembre dello stesso anno; dopo pochi giorni dal suo arrivo, chiese la rimozione del crocefisso dall’aula della scuola materna frequentata da uno dei suoi due figli.
Nel febbraio del 2002 il sindaco Anna Rita Coletti si limitò a far spostare il crocifisso nel corridoio della scuola, però Smith non si contentò e diffidò i Ministeri della Pubblica Istruzione, della Giustizia e dell'Interno affinché fosse rimosso il crocifisso anche dalla scuola in cui era iscritto un altro suo figlio, oppure che questo fosse affiancato da un simbolo islamico.
Smith decise di portare lui stesso in aula un quadro con il nome di Allah e con la Sura 112 del Corano, che recita: "Allah è unico, è l'assoluto, non ha generato, non è stato generato e nessuno è uguale a Lui" (è una polemica con la trinità e con la figura di Cristo).
Alla rimozione del quadro da parte delle maestre, Smith rispose, qualche giorno dopo, mandando a scuola i figli con la medesima Sura cucita sul grembiule; poi si giunse alla sentenza del tribunale dell’Aquila che, accogliendo il ricorso presentato dallo steso Smith, impose la rimozione del crocefisso dalle aule della scuola di Ofena; integralisti cattolici e lega nord insorsero.
Notate il comportamento discriminante del tribunale verso il giudice Tosti da parte dei suoi colleghi, al quale, forse perché giudice, non fu data la stessa soddisfazione; quando si parla di magistratura bisogna usare solo l’articolo indeterminativo, mentre Di Pietro usa solo quello determinativo, come se i giudici fossero tutti uguali.
Queste contraddizioni stanno esplodendo a causa del multiculturalismo dei residenti in Italia e della pratica confessionalità dello Stato italiano; la ragione, il senso del diritto e il buon senso suggeriscono che l’apparato dello Stato non può essere cattolico, se gli italiani sono di diverse religioni o sono senza religione; vista la situazione, ci sono però illusi che affermano che l’Italia è uno stato sovrano, laico e di diritto.
Nunzio Miccoli
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