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Storia e origini delle Religioni Monoteistiche
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Iohannes Malalas e Giuseppe Flavio di Saulnier

16/01/2010, 18:13

Lo storico non cristiano, Giuseppe Flavio, cita nella sua opera Antichità Giudaiche tre personaggi evangelici: Gesù, Giovanni Battista e Giacomo. Nessuno dei manoscritti greci pervenutici (contenenti i libri XVIII e XX) è anteriore all’XI secolo e secondo Niese, essi derivano tutti da un archetipo unico.
Obiettivo del topic è il confronto delle testimonianze flaviane con quanto riportato da Malalas nella sua Chronografia ultimata nella prima metà del VI secolo.
Iohannes Malalas fu uno storico cristiano originario di Antiochia vissuto nel VI secolo.
La sua opera principale fu una Cronografia trasmessaci parzialmente attraverso un unico manoscritto (Baroccianus, 128) del XI secolo.

1)Gesù - il Testimonium Flavianum (A.G. XVIII, 63-64)

Allo stesso tempo, circa, visse Gesù, uomo saggio, se pure uno lo può chiamare uomo; poiché egli compì opere sorprendenti, e fu maestro di persone che accoglievano con piacere la verità. Egli conquistò molti Giudei e molti Greci. Egli era il Cristo. Quando Pilato udì che dai principali nostri uomini era accusato, lo condannò alla croce. Coloro che fin da principio lo avevano amato non cessarono di aderire a lui. Nel terzo giorno, apparve loro nuovamente vivo: perché i profeti di Dio avevano profetato queste e innumerevoli altre cose meravigliose su di lui. E fino ad oggi non è venuta meno la tribù di coloro che da lui sono detti Cristiani.

Malalas in Chronographia (X) scrive:

Hinc Fatalia Judaeorum tempora initium habuerunt: uti scriptis suis testatus est Josephus, Hebraeorum Philosophus; qui et istis insuper tradidit: “Judaeos nunquam a calamitatibus suis respirasse quidem, ex quo Cruci Jesum fixerunt; hominem illum bonum ac justum: si modo Hominem (inquit) illum fas sit dicere et non Deum potius, qui talis fuerit. Haec Josephus ille Judaeus in Libris sui de Judaeorum Antiquitatibus scripta reliquis.

Da qui ebbero inizio i tempi fatali dei Giudei : come testimoniato da Giuseppe, filosofo ebreo, nei suoi scritti ; il quale inoltre le seguenti cose ci trasmise : Giammai i Giudei ebbero tregua dalle loro calamità, dal momento in cui misero in croce Gesù; quell’uomo buono e giusto, se pure è permesso chiamarlo Uomo (disse) e non piuttosto Dio, giacché tale egli fu. Queste cose quel Giuseppe Giudeo lasciò scritte nei suoi libri sulle Antichità Giudaiche.


Dunque Johannes Malalas conosce Giuseppe Flavio. Rileviamo che il Testimonium Flavianum, nella copia che egli aveva a disposizione delle Antichità Giudaiche, era molto diverso dalla versione che leggiamo oggi.

2)Giovanni Battista - (A.G. XVIII, 116-119)

Ma ad alcuni Giudei parve che la rovina dell'esercito di Erode fosse una vendetta divina, e di certo una vendetta giusta per la maniera con cui si era comportato verso Giovanni soprannominato Battista.
Erode infatti aveva ucciso quest'uomo buono che esortava i Giudei a una vita corretta, alla pratica della giustizia reciproca, alla pietà verso Dio, e così facendo si disponessero al battesimo; a suo modo di vedere questo rappresentava un preliminare necessario se il battesimo doveva rendere gradito a Dio. Essi non dovevano servirsene per guadagnare il perdono di qualsiasi peccato commesso, ma come di una consacrazione del corpo insinuando che l'anima fosse già purificata da una condotta corretta.
Quando altri si affollavano intorno a lui perché con i suoi sermoni erano giunti al più alto grado, Erode si allarmò. Una eloquenza che sugli uomini aveva effetti così grandi, poteva portare a qualche forma di sedizione, poiché pareva che volessero essere guidati da Giovanni in qualunque cosa facessero. Erode, perciò, decise che sarebbe stato molto meglio colpire in anticipo e liberarsi di lui prima che la sua attività portasse a una solleva¬zione, piuttosto che aspettare uno sconvolgimento e trovarsi in una situazione così difficile da pentirsene.
A motivo dei sospetti di Erode, (Giovanni) fu portato in catene nel Macheronte, la fortezza che abbiamo menzionato precedentemente, e quivi fu messo a morte. Ma il verdetto dei Giudei fu che la rovina dell'esercito di Erode fu una vendetta di Giovanni, nel senso che Dio giudicò bene infliggere un tale rovescio a Erode.


Giuseppe Flavio è formale: Giovanni Battista fu ucciso da Erode Antipa nella fortezza del Macheronte. Ecco invece cosa troviamo in Malalas (Libro X).

Ex eo tempore innotescere hominibus coepit Joannes Baptista, cui rex Herodes, frater Philippi, regis Trachonitidis, caput amputavit, in urbe Sebaste, vii kal. Junias, Flaccone et Rufino Coss. Propter uxorem Herodiadem. Dixerat enim Herodi Joannes: Non licet tibi fratris tui uxorem habere: uti haec in sacris Literis enarrantur.

A quei tempi cominciò a farsi conoscere agli uomini Giovanni Battista, a cui il re Erode, fratello di Filippo, re della Traconitide, fece mozzare il capo, nella città di Sebasta, vii kal junias, essendo consoli Flaccone e Rufino. A causa della moglie Erodiade, diceva infatti Giovanni ad Erode: Non ti è consentito avere la moglie di tuo fratello come prescritto dai Testi Sacri.


Per Malalas, malgrado la testimonianza di Giuseppe Flavio, la decapitazione del Battista avvenne a Sebasta in Samaria e non nella fortezza del Macheronte, sul Mar Morto.
Come spiegare questa incongruenza se il brano di Giuseppe Flavio su Giovanni, nella copia di A.G. di Malalas era identico a quello che leggiamo oggi?
Le testimonianze ‘evangeliche’ in Giuseppe Flavio sono solamente tre, e pensare che Malalas, erudito e storico cristiano, abbia potuto ignorarle mi pare semplicemente impossibile.
La tradizione seguita da Malalas era ancora viva al XIII secolo, quando vediamo Giovanni Phocas in visita a Sebasta scrivere (P.G. Migne, CXXXIII)

Nel mezzo di questa città vi è la prigione in cui egli (Giovanni) fu gettato a causa delle sue accuse contro Erodiade e dove pure la sua testa fu mozzata.

Ma che il passaggio su Giovanni Battista, in Antichità Giudaiche, abbia subito anche in tempi recenti, gli sconvolgimenti più profondi è confermato anche dalla traduzione francese del grande erudito cattolico Arnauld d’Andilly del XVII secolo (traduzione considerata da Reinach troppo ‘cristianizzata’) effettuata sulla base di numerosi manoscritti greci, alcuni dei quali certamente non pervenuti a Niese.
Ebbene nella versione di Andilly, di seguito tradotta in italiano, Erode Antipa non uccide affatto Giovanni Battista nella fortezza di Macheronte.

Molti Giudei credettero che la rovina dell'esercito di Erode fosse una vendetta divina a causa di Giovanni soprannominato Battista.
Era un uomo di grande pietà che esortava i Giudei ad abbracciare la virtù, ad esercitare la giustizia e a ricevere il battesimo dopo essersi resi gradevoli a Dio e non contentandosi di non commettere qualche peccato, ma aggiungendo la purezza del corpo a quella dell’anima. Così poiché una grande quantità del popolo lo seguiva per ascoltarne la dottrina, Erode, temendo che il potere che egli aveva su di essi eccitasse qualche sedizione perché essi erano sempre pronti ad intraprendere tutto ciò che egli ordinava loro, egli credette di dover prevenire questo male per non dover in seguito pentirsi di aver atteso troppo a lungo per rimediarvi. Per questa ragione egli lo inviò prigioniero nella fortezza di Machera, sopra menzionata: i Giudei attribuirono la sconfitta della sua armata ad un giusto castigo di Dio nei confronti di un’azione così ingiusta.


3)Giacomo - (A.G. XX, 197-200)

Venuto a conoscenza della morte di Festo, Cesare inviò Albino come procuratore della Giudea. Il re poi allontanò Giuseppe dal sommo sacerdozio e gli diede come successore nell'ufficio il figlio di Anano, il quale si chiamava anch'egli Anano.
Del vecchio Anano si dice che fu estremamente felice; poiché ebbe cinque figli e tutti, dopo di lui, godettero di quell'ufficio per un lungo periodo, divenendo sommi sacerdoti di Dio; un fatto che non accadde mai ad alcuno dei nostri sommi sacerdoti.
Il più giovane Anano che, come abbiamo detto, fu designato al sommo sacerdozio, era una persona di indole franca e oltremodo ardita. Seguiva la scuola dei Sadducei, che, in verità, quando sedevano in giudizio erano più insensibili degli altri Giudei, come già accennato.
Con il carattere che aveva, Anano pensò di avere un'occasione favorevole alla morte di Festo mentre Albino era ancora in viaggio: così convocò i giudici del Sinedrio e introdusse davanti a loro un uomo di nome Giacomo, fratello di Gesù, che era soprannominato Cristo, e certi altri, con l'accusa di avere trasgredito la Legge, e li consegnò perché fossero lapidati.


Da questo passaggio di Giuseppe Flavio, risulta in maniera inequivocabile che il martirio di Giacomo, fratello di Gesù, che era soprannominato Cristo, è da collocarsi nell’anno 62 d.C. essendo imperatore Nerone.

Se Iohannes Malalas avesse trovato questo passaggio nelle Antichità Giudaiche come avrebbe potuto scrivere:

Galbam excepit Lucius Otho qui imperavit menses III…. Hujus sub Imperio D. Jacobus Apostolus, Hierosolymarum Episcopus et Patriarcha, a B. Petro, cum Romam abiit, sui in locum substitutus, interiit : Hierosolymarum vero Episcopatum suscepit Symeon, qui et Simon, ibique sedit Patriarcha.

A Galba successe Lucio Otho che governò tre mesi...Sotto il suo Impero morì l’apostolo Giacomo vescovo e patriarca di Gerusalemme, sostituto di Pietro, quando questi andò a Roma: raccolse l’episcopato di Gerusalemme, Simeone, detto anche Simone, e ivi divenne Patriarca.


Secondo Malalas dunque Giacomo morì nel 69 d.C. essendo imperatore Otho e non nel 62 d.C. (Nerone imperante) come testimonia oggi Giuseppe Flavio.
Che inizialmente il martirio di Giacomo fosse interpolato in una posizione diversa e più vicina alla data della distruzione di Gerusalemme (70 d.C.), risulta in effetti anche da altri passaggi.

Origene (Contra Celsum, I, 47)

Lo stesso autore (Giuseppe) benché egli non riconosca Gesù come il Cristo, ricercando la causa della presa di Gerusalemme e della distruzione del Tempio, non dice in maniera veritiera come avrebbe dovuto fare, che fu l’attentato dei Giudei contro la persona di Gesù che attirò su di essi questa disgrazia, per punizione di aver fatto morire il Cristo che era stato promesso loro: tuttavia egli si avvicina alla verità e rendendogli testimonianza malgrado se stesso, egli attribuisce la rovina di questo popolo alla vendetta che Dio volle fare della morte che essi avevano fatto soffrire a Giacomo il Giusto, uomo di grande virtù. Fratello di Gesù, soprannominato Cristo.

Noto che nel Testimonium Malalasianum (citato in alto) Giuseppe Flavio attribuisce per l’appunto tutte le disgrazie dei Giudei, compresa quindi la distruzione di Gerusalemme, proprio all’attentato dei Giudei contro il Cristo, come nel Testimonium Flavianum Gesù è riconosciuto formalmente come il Cristo, tutto questo malgrado ciò che Origene si permette di affermare.

Di vero c’è che Giuseppe Flavio attribuiva la colpa per la distruzione del Tempio di Gerusalemme e della nazione giudaica tutta al Cristo e ai cristiano-zeloti, esattamente come Tacito (in Sulpicio Severo).

Ancora Origene (Contra Celsum, II,13)

Fu sotto Nerone che i Romani cominciarono ad attaccarla (Gerusalemme) ed essi la presero sotto l’impero di Vespasiano, il cui figlio, Tito, la devastò da cima a fondo, a causa della morte di Giacomo il giusto, fratello di Gesù, denominato Cristo secondo il pensiero di Giuseppe, ma secondo la verità. A causa della morte di Gesù, il Cristo di Dio.

Infine Eusebio che cita esplicitamente un passaggio di questa interpolazione successivamente cancellata (H.E. II, XXIII)

Giacomo era così ammirevole così vantato da tutti a causa della sua giustizia che la gente sensata tra i Giudei pensò che il suo martirio fu la causa dell’assedio che seguì immediatamente: essi credettero che tale calamità non aveva altra ragione che questo audace sacrilegio. Giuseppe del resto non esita a conformarsi a questo giudizio e ne testimonia in questi termini:
Queste disgrazie, arrivarono ai giudei all’occasione del crimine che essi commisero contro Giacomo il Giusto: egli era il fratello di Gesù, detto il Cristo, e i Giudei lo misero a morte malgrado la sua giustizia eminente.


Come può Eusebio dire che il martirio di Giacomo fu la causa dell’assedio di Gerusalemme che seguì immediatamente (70 d.C.) e dopo riportare il passaggio di A.G. in cui risulta che tale martirio avvenne nel 62 d.C.?

La traduzione di Arnauld d’Andilly (che traduco di seguito) nel passaggio relativo a Giacomo presenta un particolare curioso:

Festo essendo morto, Nerone diede il governo della Giudea ad Albino. Il re poi tolse la grande sacrificatura a Giuseppe per darla ad Anano, figlio di Anano.
Anano padre si dice che fu uno degli uomini più felici del mondo; poiché godette di questa dignità per tutto il tempo che ha voluto ed ebbe cinque figli e tutti, dopo di lui, godettero di quell'ufficio; un fatto che non accadde mai ad alcun altro.
Anano, uno di essi di cui noi parliamo adesso, era una persona audace e oltremodo ardita e della scuola dei Sadducei, che, come abbiamo detto, sono i più severi tra i Giudei e i più rigorosi nei loro giudizi. Egli approfittò della morte di Festo e del fatto che Albino non era ancora arrivato per assemblare un consiglio davanti al quale egli fece venire Giacomo, fratello di Gesù, detto il Cristo e qualche altro. Li accusò di essere contravvenuti alla legge e li fece condannare ad essere lapidati. Questa azione dispiacque estremamente a tutti quegli abitanti di Gerusalemme che avevano della pietà ed un vero amore per l’osservazione delle nostre leggi. Essi inviarono segretamente (legati) verso il re Agrippa per pregarlo di ordinare ad Anano di non intraprendere più nulla di simile, non potendosi scusare ciò che egli aveva fatto. Qualcuno tra essi andò davanti ad Albino che era allora partito da Alessandria, per informarlo di ciò che era accaduto e fargli notare che Anano non avrebbe potuto riunire questa assemblea senza il suo permesso. Convinto da queste parole egli scrisse ad Anano con collera e minacce di farlo castigare. Agrippa vedendolo così irritato verso di lui, gli levò la grande sacrificatura che egli aveva esercitato per soli quattro mesi e la affidò a Gesù, figlio di Damneo.
Allorchè Albino fu arrivato a Gerusalemme non ci fu attenzione che egli non intraprese per rendere la calma a questa provincia attraverso la morte di un gran numero di questi briganti.


Questi briganti? Ma dove nel brano che precede Giuseppe Flavio ha parlato di briganti?
Il sospetto è che, prima dell’intervento di un copista cristiano, Giuseppe Flavio parlasse non della lapidazione di Giacomo, fratello di Gesù, detto il Cristo, ammirato da tutti per la sua giustizia ma degli exploit dei briganti-zeloti-cristiani seguaci della setta di Giuda il Galileo.

16/01/2010, 18:46

[size=125]Saulnier ! I tuoi Topic li metti in questa sezione con fuochi d' artificio e

fanfare wagneriane !. Sic .
[/size]


zio ot [;)]
Ultima modifica di barionu il 16/01/2010, 18:47, modificato 1 volta in totale.

16/01/2010, 19:07

Forza ragazzi continuate così! [;)]

17/01/2010, 02:10

TUTTI I TOPIC DEL GRANDE SAULNIER


http://www.ufoforum.it/topic.asp?TOPIC_ ... hichpage=2



( li trovate a fondo pagina. Vi faccio notare anche l' eleganza e l' efficacia della veste grafica, i post non risultano affaticanti agli occhi per una lettura anche prolungata. Arpiolidi, prendete esempio . [;)] )



zio ot [8D]
Ultima modifica di barionu il 17/01/2010, 02:16, modificato 1 volta in totale.

17/01/2010, 11:28

Inserisci Immagine:
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Come sempre, i miei più vivi ringraziamenti per i suoi studi, Sig. Saulnier.

Qualunque persona che conosce le opere di Giuseppe Flavio, indipendentemente dal proprio credo; quando legge o riflette su quanto da Lei riportato:

Lo storico non cristiano, Giuseppe Flavio, cita nella sua opera Antichità Giudaiche tre personaggi evangelici: Gesù, Giovanni Battista e Giacomo. Nessuno dei manoscritti greci pervenutici (contenenti i libri XVIII e XX) è anteriore all’XI secolo e secondo Niese, essi derivano tutti da un archetipo unico.


dovrebbe fermarsi per qualche istante, e ascoltare la propria coscienza e domandarsi cosa intende per onestà intellettuale.

Un caro saluto a tutti.

17/01/2010, 23:10

Questo cosa dimostra sig Saulnier ?che non possiamo fidarci di questi cosiddetti storici,che hanno raccontato quello che hanno potuto o hanno voluto,a incominciare da Giuseppe Flavio.Bisogna prenderli con le pinze ,tutto qui’!
Relativamente a Malalas ,mi riesce davvero difficile credere che uno storico informato non sapesse che Erodiate non fu affatto moglie di Filippo fratellastro di Erode Antipa , perpetrando l’errore dei sinottici.
Altro mistero e’ quello relativo al luogo dove Il Battista venne decapitato. Per Giuseppe Flavio fu Macheronte ,per Malalas,ma non solo, fu Sebasta,chi ha ragione ?
Dire Macheronte,significa dare la colpa ad Erode Antipa della uccisione del Battista e quindi ne consegue che quest’ultimo svolse la sua attività di santone lungo le rive del giordano, dire Sebaste significa darla ai romani …. e di conseguenza ammettere che il Battista operò in Samaria ;. .Quello che e’ strano e’ che neanche i mandei ci diano informazioni piu’ precise in proposito;anzi nulla dicono sulle ragioni della morte del loro leader.
Relativamente alla morte di Giacomo,o chi per lui,propendo per il racconto di Flavio;come si puo’ dare credito ad uno come Malalas che considera Giacomo sostituto di Pietro? Che cerca di convincerci di un viaggio di quet’ultimo a Roma ?
Che cosa dire poi di Eusebio il falsario per eccellenza :una delle sue tante sviste !!

Complimenti per il suo post,sig Saulnier,che tra l’altro spinge a tante riflessioni.


UN SALUTO

18/01/2010, 17:29

leviatan ha scritto:

Questo cosa dimostra sig Saulnier ?che non possiamo fidarci di questi cosiddetti storici,che hanno raccontato quello che hanno potuto o hanno voluto,a incominciare da Giuseppe Flavio.Bisogna prenderli con le pinze ,tutto qui’!
Relativamente a Malalas ,mi riesce davvero difficile credere che uno storico informato non sapesse che Erodiate non fu affatto moglie di Filippo fratellastro di Erode Antipa , perpetrando l’errore dei sinottici.
Altro mistero e’ quello relativo al luogo dove Il Battista venne decapitato. Per Giuseppe Flavio fu Macheronte ,per Malalas,ma non solo, fu Sebasta,chi ha ragione ?
Dire Macheronte,significa dare la colpa ad Erode Antipa della uccisione del Battista e quindi ne consegue che quest’ultimo svolse la sua attività di santone lungo le rive del giordano, dire Sebaste significa darla ai romani …. e di conseguenza ammettere che il Battista operò in Samaria ;. .Quello che e’ strano e’ che neanche i mandei ci diano informazioni piu’ precise in proposito;anzi nulla dicono sulle ragioni della morte del loro leader.
Relativamente alla morte di Giacomo,o chi per lui,propendo per il racconto di Flavio;come si puo’ dare credito ad uno come Malalas che considera Giacomo sostituto di Pietro? Che cerca di convincerci di un viaggio di quet’ultimo a Roma ?
Che cosa dire poi di Eusebio il falsario per eccellenza :una delle sue tante sviste !!

Complimenti per il suo post,sig Saulnier,che tra l’altro spinge a tante riflessioni.


UN SALUTO



"..Relativamente a Malalas, mi riesce davvero difficile credere che uno storico informato non sapesse che Erodiate non fu affatto moglie di Filippo fratellastro di Erode Antipa, perpetrando l’errore dei sinottici."

Le cose non stanno affatto così!... Ecco perchè io considero deleterio 'fossilizzarsi' sul dogma della non esistenza storica di Gesù di Nazareth, dal momento che ciò comporta, come diretta conseguenza, la rinuncia a scavare nel 'background' di questo personaggio, considerato a priori mai esistito dai 'negazionisti'!...

Del resto, questa è proprio l'ultimissima strategia delle 'volpi' vaticane, le quali ritengono di gran lunga più utile supportare in modo 'strisciante', underground, la tesi negazionista, visto che essa non ha alcuna possibilità pratica di essere recepita dal 'grande pubblico', piuttosto che combatterla a fondo: vale a dire aldilà di quello che è l'intento formale.

Affermare che Erodiade non fu la moglie di Erode Filippo, fratellastro di Erode Antipa, può essere errato, ma anche giusto!..

So che la cosa può sconcertare, tuttavia essa è molto meno sconcertante di quanto si potrebbe ritenere, se si pensa al fatto che la figlia di Erodiade (e quindi di Erode Filippo) si chiamò a sua volta ERODIADE!... Ad informarci di ciò è lo stesso Origene, il quale afferma esplicitamente che la figlia di Erodiade si chiamava come la madre.

A questo punto non rimane altro che 'scavare' nel background dei personaggi interessati, per capire il motivo per cui i falsari dei primi secoli ritennero utile stabilire la tradizione secondo la quale la figlia di Erodiade e di Filippo si sarebbe chiamata Salomè....


Saluti

Veritas
.
Ultima modifica di Veritas il 18/01/2010, 17:31, modificato 1 volta in totale.

18/01/2010, 23:07

Cit. Veritas

Affermare che Erodiade non fu la moglie di Erode Filippo, fratellastro di Erode Antipa, può essere errato, ma anche giusto!..

So che la cosa può sconcertare, tuttavia essa è molto meno sconcertante di quanto si potrebbe ritenere, se si pensa al fatto che la figlia di Erodiade (e quindi di Erode Filippo) si chiamò a sua volta ERODIADE!... Ad informarci di ciò è lo stesso Origene, il quale afferma esplicitamente che la figlia di Erodiade si chiamava come la madre.

A questo punto non rimane altro che 'scavare' nel background dei personaggi interessati, per capire il motivo per cui i falsari dei primi secoli ritennero utile stabilire la tradizione secondo la quale la figlia di Erodiade e di Filippo si sarebbe chiamata Salomè....


Su questo argomento moltissimo è stato detto qui:

http://cristianesimoprimitivo.forumfree.it/?t=39882682

In effetti non c’è solo Origene.
Nelle traduzioni dei vangeli la danzatrice figlia di Erodiade non è mai nominata, ma in realtà il testo greco del Vangelo di Marco nei suoi codici più autorevoli (vedi il testo ricostruito in NA27 ) la nomina esplicitamente ed il suo nome è proprio Erodiade (l’evangelista la fa figlia di Erodiade e di…Antipa).
Giovanni Crisostomo nell’omelia intitolata “In decollationem Praecursoris et baptistae Joannis” (Patrologia Greca di Migne) paragonando l’imperatrice Eudossia ad Erodiade, dice che a danzare per Antipa fosse una Erodiade.

“Rursus Herodias furit: rursum saltat; rursum Joannis caput in disco gestit accipere.”

“Nuovamente Erodiade infuria, nuovamente danza e ancora chiede la testa di Giovanni sopra un vassoio”


Ancora Attanasio di Alessandria riferito all’imperatore Costanzo, episodio che si trova nella sua Historia Arianorum (Patrologia greca di Migne, vol 25b).

“Egli ancora fa la sua promessa, come Erode fece ad Erodiade ed essi ancora danzano le loro false accuse per la proscrizione e la morte dei veri credenti nel Signore”


Nessun padre della Chiesa nomina Salomè, che pure è l’unica figlia di Erodiade menzionata da Giuseppe Flavio.

Cit. leviatan
Relativamente a Malalas ,mi riesce davvero difficile credere che uno storico informato non sapesse che Erodiate non fu affatto moglie di Filippo fratellastro di Erode Antipa , perpetrando l’errore dei sinottici.


Caro leviatan, allora cosa dire di San Gerolamo (In Matthaei, Libro II, 14)?

“Ma Erode aveva preso Giovanni, lo aveva incatenato e messo in prigione a causa di Erodiade, moglie di suo fratello. Perché Giovanni gli aveva detto: “Non ti è permesso averla”. Un antica storia narra che (vetus narrat historia) Filippo, il figlio di Erode il Grande sotto il quale il Signore fuggì in Egitto, era il fratello di questo Erode, sotto cui il Cristo soffrì. Filippo sposò Erodiade, la figlia del re di Petra. Dopo, comunque, quando alcuni pretesti erano sorti contro il suo cognato, il suocero riprese la figlia e, con dispiacere del suo primo marito, la unì in matrimonio al suo nemico Erode. Ora chi questo Filippo sia, l’evangelista Luca ce lo insegna più chiaramente: “Nel quindicesimo anno del regno di Tiberio Cesare, mentre Ponzio Pilato era procuratore della Giudea, ed Erode tetrarca della Galilea e Filippo, suo fratello, tetrarca dei distretti di Iturea e Traconitide”. Perciò, Giovanni Battista, che era venuto con lo spirito e la potenza di Elia, Accusò Erode ed Erodiade con la stessa autorità con cui Elia aveva rimproverato Ahab e Jezabel. Giovanni gli disse che essi avevano celebrato un matrimonio contro la legge e che non era permesso, essendo il fratello ancora vivo, sposare sua moglie.”

Per lui, nonostante Giuseppe Flavio (che pure conosceva bene), Erodiade era nientemeno che la figlia di Areta…
I motivi che hanno spinto Gerolamo ad inventarsi questa storia? Ragioni…cronologiche.

Indubbiamente Malalas (o il suo copista, poiché non dimentichiamolo, la sua opera c’è arrivata attraverso un unico manoscritto) nella sua cronaca commette numerosi errori anche grossolani e che nulla hanno a che fare col cristianesimo.
Tuttavia, dove errori da parte sua non sono né giustificabili né in alcun modo comprensibili è proprio nelle tre testimonianze ‘evangeliche’ in Giuseppe Flavio, perché Malalas fu un cronografo cristiano!

Domanda: Se nella copia di A.G. di Malalas, ci fosse stato scritto che Giovanni Battista veniva ucciso nella fortezza di Macheronte, Malalas avrebbe riportato nella sua cronaca che l’uccisione avvenne a Sebasta?

Risposta: No. Ergo nella versione di A.G. di Malalas il Battista non moriva al Macheronte, il che non può sorprendere visto che nemmeno nella traduzione di d’Andilly al XVII secolo Giovanni moriva al Macheronte. Naturalmente questo non significa che Malalas abbia ragione nell’affermare che il Battista fu decapitato a Sebasta (ma ci costringe a porci numerose questioni)

Domanda: Se nella copia di A.G. di Malalas, ci fosse stato scritto che Giacomo, il fratello di Gesù, detto il Cristo, fu lapidato nel 62 d.C., Malalas avrebbe riportato nella sua cronaca che la morte di Giacomo avvenne nel 69, sotto l’imperatore Otho?

Risposta: No. Ergo nella versione di A.G. di Malalas Giacomo, fratello di Gesù, detto il Cristo, non veniva lapidato nel 62 d.C. Non solo, i passaggi citati di Origene ed Eusebio, lasciano pensare che un tempo nell’opera flaviana ci fosse un’altra interpolazione sul martirio di Giacomo, questa volta molto più vicina come data all’assedio di Gerusalemme che, secondo Eusebio, seguì immediatamente la sua morte. In questo passaggio, scomparso da Giuseppe Flavio, Giacomo veniva precipitato dal pinnacolo del Tempio e ivi lapidato (secondo la testimonianza di Egesippo citato da Eusebio in H.E., II, XXIII).
Ebbene questo passaggio, interpolazione cristiana, si trovava al V libro delle Guerre Giudaiche come testimonia il Chronicon Paschale (prima metà del VII secolo)

Refert Josephus lib.V de excidio Hierosolymitano, contigisse Judaeorum expugnationem anno III. Vespasiani, post XL scilicet annum, ex quo in Jesum aggressi sunt facinus: quo tempore, inquit, et Jacobum fratrem Domini Hierosolymorum Episcopum ab ipsis praecipitem ex alto actum, et lapidibus appetitum, sustulere.

Riferisce Giuseppe nel libro V delle Guerre Giudaiche, che avvenne la conquista dei Giudei nell’anno III di Vespasiano, vale a dire 40 anni dopo il crimine verso Gesù: in quei tempi, dice, uccisero anche Giacomo, fratello del Signore, vescovo di Gerusalemme, da essi scaraventato giù dall’alto, e lapidato.


Dunque in due opere differenti di Giuseppe Flavio (Antichità Giudaiche e Guerre Giudaiche), vi erano due passaggi concernenti la morte di Giacomo, fratello di Gesù, detto il Cristo. Il problema è che tali passaggi erano cronologicamente discordanti ed il povero Eusebio che pure li conosceva entrambi non poté fare a meno di cadere in contraddizione.
La soluzione al problema era una sola, naturalmente.
Fare scomparire uno dei due passaggi.
Ma quale dei due è quello veritiero?
Secondo me, molto semplicemente, nessuno dei due e il povero Giuseppe Flavio in questo caso non ha nessuna colpa.

19/01/2010, 19:27

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Sig. saulnier scrive:

Domanda: Se nella copia di A.G. di Malalas, ci fosse stato scritto che Giacomo, il fratello di Gesù, detto il Cristo, fu lapidato nel 62 d.C., Malalas avrebbe riportato nella sua cronaca che la morte di Giacomo avvenne nel 69, sotto l’imperatore Otho?

Risposta: No. Ergo nella versione di A.G. di Malalas Giacomo, fratello di Gesù, detto il Cristo, non veniva lapidato nel 62 d.C. Non solo, i passaggi citati di Origene ed Eusebio, lasciano pensare che un tempo nell’opera flaviana ci fosse un’altra interpolazione sul martirio di Giacomo, questa volta molto più vicina come data all’assedio di Gerusalemme che, secondo Eusebio, seguì immediatamente la sua morte. In questo passaggio, scomparso da Giuseppe Flavio, Giacomo veniva precipitato dal pinnacolo del Tempio e ivi lapidato (secondo la testimonianza di Egesippo citato da Eusebio in H.E., II, XXIII).
Ebbene questo passaggio, interpolazione cristiana, si trovava al V libro delle Guerre Giudaiche come testimonia il Chronicon Paschale (prima metà del VII secolo)



Voglio, nuovamente ringraziarla Egregio Sig. Saulnier. Purtroppo, ho compreso ormai, in modo accettabile, come sono andate le cose e questa è una ulteriore conferma alla mia opinione personale.

Con profonda ammirazione a Lei e a tutti coloro che mi hanno permesso di crescere verso la verità, un caro saluto e profonda stima.
Ultima modifica di Giovanni dalla Teva il 19/01/2010, 19:47, modificato 1 volta in totale.

24/01/2010, 11:07

Il link

http://zetesiss.altervista.org/

Qualche considerazione preliminare.
Non ho mai inteso presentare questo topic (che non ha la pretesa di essere un articolo) come un clamoroso scoop.
Da dove si evincerebbe questa informazione?
Se ho proposto questo argomento sul forum è proprio al fine di approfondire alcuni spunti che ritenevo interessanti e stimolare la curiosità degli altri utenti.

Il commento di Frances va esattamente nella direzione che auspicavo e ringrazio Jeouhudda (oltre a Frances per averlo scritto) per avermelo segnalato.

Non posso certo negare che quanto da me scritto sia ‘frettoloso’ e ‘impreciso’ perché le cose stanno effettivamente così, tuttavia, a mio modo di vedere, più che sufficiente allo scopo che mi ero prefisso: far presente come Iohannes Malalas che scriveva al VI secolo, pur conoscendo Giuseppe Flavio, ignorasse le tre testimonianze ‘evangeliche’ dello storico giudeo, o, in un caso almeno, (il TF) le conosceva in una forma molto differente da quella che troviamo attualmente, il che, a mio modo di vedere è un forte indizio di non-genuinità per tutti e tre i testimonia (quantomeno nell’aspetto in cui essi oggi si presentano).

Non ho mai scambiato la traduzione latina, alla quale mi sono riferito, con un’antica versione latina della Chronografia di Malalas, in quanto io stesso ho specificato nella premessa del post che l’opera di Malalas ci è stata trasmessa attraverso un unico manoscritto, il Baroccianus dell’XI secolo.
Il motivo, banale, per il quale mi sono riferito ad una traduzione latina piuttosto che all’originale greco è che (per il momento almeno) non sono in grado di leggere il greco, mancanza alla quale conto di rimediare quanto prima.
Naturalmente non ho problemi nel riconoscere che un’analisi approfondita del testo di Malalas (che non ho mai avuto la pretesa di affrontare) non può prescindere dalla conoscenza della lingua greca.
Da cui deriva per forza di cose il mio breve e senza dubbio lacunoso commento al Testimonium di Malalas, che mi permetto tuttavia di confermare in pieno.


Rileviamo che il Testimonium Flavianum, nella copia che egli aveva a disposizione delle Antichità Giudaiche, era molto diverso dalla versione che leggiamo oggi.


Se è vero che delle Antichità Giudaiche che aveva inteso parlare Malalas, cosa tutt’altro che scontata.
Riguardo la traduzione latina che ho seguito ritengo utile fare le seguenti considerazioni.

Il primo a scoprire in Malalas l’autore della Chronografia contenuta in un codice (tra quelli di Francis Barocci) conservato nella biblioteca Bodleiana di Oxford, fu l’erudito Gregory, a cui la cui morte, sopravvenuta nel 1648, impedì di completare l’edizione dell’opera che stava preparando.
Ereditò l’incombenza di questo lavoro Edmund Chilmead, altro erudito dell’epoca, il quale provvide a tradurre l’opera in latino e ad annotarla. Chilmead morì nel 1654 senza vedere la sua opera pubblicata. Solo nel 1691 grazie alle cure di Mills ed Hody, il lavoro di Chilmead, che costituisce l’editio princeps della Chronographia di Malalas fu pubblicato con il testo greco e la sua traduzione latina in colonne parallele (con le note di Chilmead a fondo pagina).
Questa è la prima traduzione latina effettuata sul Baroccianus, traduzione che l’edizione di Dindorf del 1831 ha semplicemente ripreso.
Meriti e colpe sulla traduzione latina della Chronografia spettano dunque a Chilmead piuttosto che ai curatori dell’edizione del 1831.
Peraltro l’editio princeps del 1691 è on line qui:

http://books.google.it/books?id=OYo-AAAAcAAJ&pg=PA10&dq

Su eventuali traduzioni latine della Chronografia di Malalas, avvenute in epoca anteriore, segnalo un’opera latina venuta alla ribalta in tempi recenti, il Laterculus Malalianus.
Il testo latino dell’opera è conservato in due manoscritti, il più importante è il Pal. Lat. 277, scritto probabilmente a Roma all’inizio dell’ottavo secolo e conservato nella Biblioteca Apostolica Vaticana. Il secondo manoscritto, il Voss.misc.11 si trova a Leiden e risale agli inizi del nono secolo.
Il primo a pubblicare il Laterculus Malalianus, con il nome di Chronicon Palatinum, fu Angelo Mai nel 1843 nel nono volume dello Spicilegium romanum.

http://www.archive.org/details/spicilegiumroma00romgoog

L’opera fu poi ripubblicata da Mommsen alla fine dell’800.
La ‘source’ principale di questa opera è, come il titolo stesso suggerisce, la Chronographia di Malalas ed in particolare la parte del libro X della Chronografia afferente alla vita di Cristo (regno di Tiberio).
Dunque il Laterculus costituisce la testimonianza manoscritta più antica dell’opera di Malalas e la sua importanza si è ancora accresciuta grazie al recente lavoro (1995) di Jane Stevenson (The Laterculus Malalianus and the school of Archbishop Theodore).
Secondo la Stevenson l’autore del Laterculus sarebbe l’arcivescovo di Canterbury Teodoro, che al settimo secolo, avrebbe tradotto in latino ed utilizzato la Chronografia di Malalas nella sua opera.
Ed ecco cosa ci dice l’autrice:

Il Laterculus ha obiettivi molto differenti dalla Chronographia. Il libro 10 dei 18 libri di Malalas concerne la vita ed i tempi di Cristo ed è parte di questo libro che è riprodotta dall’autore latino.
Il libro 10 può essere descritto come un intelligente sincronismo tra i vangeli ed i fasti consolari: ovvero, la biografia di Gesù Cristo viene derivata da una sintesi di tutti e quattro i Vangeli ed è ancorata storicamente ai regni degli imperatori Romani, ai consoli, ai procuratori di Siria e alle altre maggiori figure politiche della storia imperiale. Quello che fa l’autore del Laterculus è tradurre il racconto storico di Malalas della vita di Cristo dalla sua nascita alla sua assunzione in cielo, la qualcosa costituisce la prima metà del suo testo (il Laterculus) dopodiché tralascia completamente la Chronographia per discutere il significato degli eventi appena descritti.
...
Il testo della Chronographia usato dall’autore del Laterculus (che è una delle più antiche testimonianze dell’opera di Malalas) ha alcuni aspetti in comune con il Codex Baroccianus, l’unico manoscritto completo della Chronographia. …
Ma mentre il Codex Baroccianus è talvolta lacunoso, il Laterculus sembra aver attinto ad un testo che era completo o quasi, a giudicare da altre testimonianze di porzioni mancanti della Chronographia, e dalle inclusioni nel Laterculus dei nomi ed i regni degli imperatori che sono mancanti nella Chronographia conservata nel Baroccianus...

La prima impressione che si ricava dalla traduzione di Malalas nel Laterculus è che essa sia terribilmente letterale. Nella misura in cui il Laterculus è basato sulla Chronographia di Malalas, esso aderisce perfettamente alla sua fonte, sebbene l’autore si senta libero di interpolare materiale aggiuntivo. La sua tecnica di traduzione non è coerente. Alcune frasi sono ricostruite in una forma latina, con limitazioni legate alla sua comprensione del linguaggio. Altrove si traducono interi brani parola per parola, mantenendo i costrutti originali e producendo un risultato che è effettivamente un compromesso tra i due linguaggi. Caratteristiche della sintassi Greca, come le preposizioni di genitivo assoluto, si sono mantenute intatte nel passaggio dalla Chronographia al Laterculus. Molte frasi curiose nella sezione malaliana del Laterculus possono essere spiegate guardando al Greco.


Purtroppo il TF nella Chronografia di Malalas, era inserito durante l’impero di Claudio e non è stato dunque incluso nel Laterculus. Dei tre passaggi ‘evangelici’ in Giuseppe Flavio, solo di uno, quello riguardante Giovanni Battista possiamo trovare qualche informazione, ed ecco precisamente cosa leggiamo nel Laterculus:

Ex quo et Iohannes Baptista clarus factus est hominibus; quem et decollavit Herodes in carcere, in Sebastia urbe, IIII. Kal. Septembris, sub consolatu Flaconis et Rufini, propter Herodiam uxorem Philippi fratris sui, eo quod inlicite duxerat eam, sicut scriptum est.


Secondo Malalas dunque, Giovanni Battista fu rinchiuso nel carcere di Sebasta e ivi decapitato per ordine di Erode Antipa.
Peraltro è proprio a Sebasta che, secondo la testimonianza di diversi padri della Chiesa, furono dispersi i resti di Giovanni Battista, dall’imperatore Giuliano nell’agosto del 362 d.C. (questione capitale che merita di essere approfondita a parte).

Volevo però a questo punto tornare sul TF in Malalas.
Riporto di seguito la traduzione di Frances sul testo greco e quella mia dal latino di Chilmead.

Traduzione di Frances
E da quel momento iniziò la rovina dei Giudei, come scrisse queste cose il filosofo ebreo Giuseppe, avendo (egli) inoltre detto questo, che da quando Gesù, che era uomo buono e giusto, fu crocifisso - se è veramente necessario chiamarlo uomo e non Dio, la sofferenza non abbandonò la Giudea. Lo stesso Giuseppe incluse queste cose contro i Giudei nei suoi scritti giudaici.

Traduzione mia su Chilmead
Da qui ebbero inizio i tempi fatali dei Giudei : come testimoniato da Giuseppe, filosofo ebreo, nei suoi scritti ; il quale inoltre le seguenti cose ci trasmise : Giammai i Giudei ebbero tregua dalle loro calamità, dal momento in cui misero in croce Gesù; quell’uomo buono e giusto, se pure è permesso chiamarlo Uomo (disse) e non piuttosto Dio, giacché tale egli fu. Queste cose quel Giuseppe Giudeo lasciò scritte nei suoi libri sulle Antichità Giudaiche.

Giustamente Frances mette in luce le scarse possibilità che quanto riportato da Malalas sia una citazione letterale di Giuseppe Flavio. Oltre a ciò rilevo tra le due traduzioni tre differenze degne di nota.

1) Il qui talis fuerit, assente nel testo greco ed evidentemente una glossa di Chilmead

2) La traduzione latina di Chillmead sembra identificare in Antichità Giudaiche, l’opera di Giuseppe Flavio nelle quali l’autore ebreo avrebbe scritto queste cose, ma dal testo greco non risulta tale informazione, al contrario si parla più generalmente di ‘scritti giudaici’, Chilmead probabilmente ingannato dal fatto che attualmente il TF è in Antichità Giudaiche, ha inferito nella sua traduzione un’informazione originariamente non presente nel testo.

3) Nella traduzione proposta da Frances, Gesù ‘fu crocifisso’ mentre nella traduzione latina di Chilmead sono i Giudei che crocifiggono Gesù.

La questione 3) naturalmente è di capitale importanza per confermare l’origine spuria di questa frase ma soprattutto per tentare di dedurne la provenienza.
Mi pare che il testo greco dica effettivamente che furono i Giudei a crocifiggere Gesù (chiedo naturalmente conferma a chi ne sa più di me) e che in questo caso quindi sia da preferire la traduzione di Chilmead a quella di Frances.
L’obiettivo dell’interpolazione naturalmente fu, come detto da Frances, quello di far ricadere sui Giudei la responsabilità per la morte del Cristo, un tema per l’appunto abusato dai padri della Chiesa.
Che Giuseppe Flavio possa aver detto una cosa simile è semplicemente ridicolo ed è quanto formalmente negato da Origene (Contra Celsum, I, 47).

Lo stesso autore (Giuseppe) benché egli non riconosca Gesù come il Cristo, ricercando la causa della presa di Gerusalemme e della distruzione del Tempio, non dice in maniera veritiera come avrebbe dovuto fare, che fu l’attentato dei Giudei contro la persona di Gesù che attirò su di essi questa disgrazia, per punizione di aver fatto morire il Cristo che era stato promesso loro.

D’altra parte sembrerebbe che Malalas disponesse di un testo di Giuseppe Flavio (interpolato evidentemente) in cui era scritto che furono i Giudei a crocifiggere Gesù e che tutte le calamità che successivamente capitarono al popolo giudaico furono causate da questo atto terribile che essi osarono perpetrare.
In effetti una conferma dell’esistenza di un’opera di Giuseppe Flavio di questo tipo la troviamo in Theophylactus da Ochrida, vescovo bulgaro (XI-XII secolo). Nel Commentarius in Joannis Evangelium (PG Migne 124) leggiamo:

come testimoniato da Giuseppe, queste cose accaddero ai Giudei a causa della morte di Gesù.

Citazione altrimenti incomprensibile.
Addirittura il “Cronografo dell’anno 1512” (Polnoje sobranije russkich letopisei, vol xxii, St.Petersburg 1911) il cui testo russo è stato riprodotto da Eisler in Iesous Basileus (edizione tedesca, p.429) scrive:

Questo Giuseppe, sebbene ciò che scrisse non testimoni che egli abbia completamente accettato la fede in Cristo, è ancora encomiabile nei suoi scritti, poiché egli ha detto la verità sulla cattura di Gerusalemme testimoniando che questa catastrofe accadde ai Giudei a causa del Cristo e secondo la profezia di Cristo.

La provenienza geografica di queste citazioni tende già ad indirizzare la ricerca dell'opera flaviana in questione.
In effetti, in quale opera sono esplicitamente i Giudei a crocifiggere Gesù e non i romani?
Naturalmente nella versione russoantica delle Guerre Giudaiche, nella interpolazione cristiana che chiude quello che Frances ha ribattezzato il Testimonium Slavorum.

I dottori della Legge furono di nuovo presi dall’invidia contro di lui e offrirono trenta talenti a Pilato per poterlo uccidere. Questi li accettò e permise che attuassero loro stessi ciò che desideravano. Cercavano quindi il momento adatto per ucciderlo. Avevano infatti dato precedentemente a Pilato trenta talenti affinché consegnassero loro Gesù. Ed essi lo crocifissero contro la legge dei padri e lo derisero grandemente.

E che il Cronografo russo si voglia riferire proprio all’Halosis è confermato dal fatto che subito dopo cita la vicenda di Mannaeus, il figlio di Lazzaro, vicenda che è effettivamente narrata proprio nell’Halosis (ancora un’interpolazione cristiana).
A mio modo di vedere è con il testo dell’Halosis (il TS) che va confrontato il Testimoniun Malalianum piuttosto che con il textus receptus di Antichità Giudaiche, la quale è un’opera che Malalas dimostra di ignorare (almeno per quel che riguarda le testimonianze evangeliche flaviane) ed è una versione dell’Halosis che aveva davanti Malalas quando scrisse la sua Cronografia, una versione naturalmente diversa da quella che abbiamo oggi a disposizione.
Una conferma indiretta a quanto sopra affermato, ci viene dal passaggio del Chronicon Paschale (VII secolo) sulla morte di Giacomo. Gli autori del Chronicon senza dubbio conoscono ed utilizzano la Chronographia di Malalas. Il Chronicon, come Malalas e contro Antichità Giudaiche, pone la morte di Giacomo, fratello del Signore, nel 69 d.C. ed aggiunge poco dopo un particolare interessante, (anche qui e per gli stessi motivi ho fatto riferimento ad una traduzione latina) concernente questa morte citando espressamente il libro V dell’Halosis (e non del Polemos).

Riferisce Giuseppe nel libro V delle Guerre Giudaiche, che avvenne la conquista dei Giudei nell’anno III di Vespasiano, vale a dire 40 anni dopo il crimine verso Gesù: in quei tempi, dice, uccisero anche Giacomo, fratello del Signore, vescovo di Gerusalemme, da essi scaraventato giù dall’alto, e lapidato.

Mi chiedo se questo dettaglio possa provenire da Malalas o dall’opera di Giuseppe Flavio che Malalas consultava e quindi, se la mia ipotesi fosse veritiera, proprio dall’Halosis.

Adesso, appurato che la possibilità che la frase di Giuseppe Flavio citata da Malalas, non ha possibilità alcuna di essere stata scritta dallo storico Giudeo, resta da chiedersi se l’interpolatore cristiano abbia semplicemente inserito questa frase nel testo o piuttosto abbia trasformato un brano esistente travisandone completamente il senso.

Giuseppe (secondo Malalas)

da quando i Giudei crocifissero Gesù, che era uomo buono e giusto– se è veramente necessario chiamarlo uomo e non Dio, la sofferenza non abbandonò la Giudea.

Giuseppe (secondo Theophylactus)

queste cose accaddero ai Giudei a causa della morte di Gesù.

Giuseppe (secondo il Cronografo Russo).

poiché egli ha detto la verità sulla cattura di Gerusalemme testimoniando che questa catastrofe accadde ai Giudei a causa del Cristo e secondo la profezia di Cristo.

Ora secondo Giuseppe Flavio, di chi furono in realtà le colpe di tutte le disgrazie dei Giudei che culminarono nella distruzione di Gerusalemme e del Tempio?
Lo sappiamo, naturalmente, degli zeloti e del loro fanatismo.
In quale maniera lo scriba cristiano può aver trasformato il testo flaviano?
Il sospetto è che nel TF originario, Giuseppe Flavio, parlasse degli exploit del Cristo zelota (culminati con la sua crocifissione) e dei suoi partigiani, e attribuisse a questa setta la causa di tutte le calamità sopravvenute ai Giudei fino alla distruzione di Gerusalemme (come altrove li attribuisce alla setta zelota di Giuda il Galileo che di fatto, secondo me, coincide con quella cristiana del I secolo).
Ora che Giuseppe Flavio possa aver detto che “questa catastrofe accadde ai Giudei a causa del Cristo” è assolutamente plausibile ed ha perfettamente senso nella bocca di Giuseppe purché si intenda il Cristo come uno dei leader, il principale probabilmente, del movimento rivoluzionario-zelota che insanguinò la Palestina nel corso del primo secolo e non a causa del fatto che i Giudei crocifissero Gesù (che non ha nessun senso in una testimonianza di Giuseppe Flavio).
Che Giuseppe possa aver fatto un’affermazione del genere non può sorprendere soprattutto conoscendo il testo di Sulpicio Severo (Chronica 2.30.6-79) che molto probabilmente proviene da Tacito e che ci dice a proposito della distruzione del Tempio di Gerusalemme ad opera di Tito.

Si dice che Tito prima di tutto considerò, convocando un consiglio di guerra, se fosse necessario distruggere un Tempio di tale fattura. Poiché sembrava giusto a qualcuno che un Tempio consacrato, distinto dalle cose umane, non dovesse essere distrutto, poiché esso sarebbe dovuto servire come testimonianza alla moderazione romana, mentre la sua distruzione avrebbe rappresentato un marchio perpetuo di crudeltà.
Ma altri, al contrario, tra i quali lo stesso Tito discordavano. Essi argomentavano che la distruzione del Tempio era una priorità al fine di distruggere completamente la religione dei Giudei e dei Cristiani, poiché, sebbene tra loro in conflitto, esse nondimeno si sono sviluppate dagli stessi autori. I Cristiani hanno origine dai Giudei: con la radice rimossa, il germoglio viene ucciso facilmente.


Tito, nel frammento di Tacito preservato da Sulpicio Severo, considera i cristiani come i principali promotori della guerra giudaica. Una setta giudaica da estirpare (radice sublata stirpem facile perituram) una definizione che ben si addice all’exitiabilis superstitio che troviamo altrove.
La radice (i Giudei ed il Tempio) va rimossa al fine di uccidere il germoglio (i Cristiani).

Se il Tempio è stato distrutto a causa dei cristiano-zeloti (secondo Sulpicio Severo-Tacito) non può sorprendere che anche Giuseppe Flavio abbia affermato che “questa catastrofe accadde ai Giudei a causa del Cristo” e dei suoi partigiani (Eleazar e compagni).

Il modo di operare dello scriba cristiano d’altronde è quello classico .
Una vicenda vera viene completamente travisata e trasformata in senso ‘cristiano’.
Gli esempi si sprecano (Orosio è un maestro assoluto) e molti li ho già riportati in altri topic ma vale la pena rielencarli anche qui.
Orosio, praticamente contemporaneo di Sulpicio Severo, nel libro VII, delle Historiarum Adversum Paganos ci dice:

Quando Tito finalmente ebbe il controllo su di esso, la costruzione e l’antichità del Tempio conquistarono la sua ammirazione. Egli rimase per qualche tempo indeciso se bruciarlo poiché la sua sopravvivenza avrebbe incoraggiato il nemico o se preservarlo in memoria della sua vittoria. Ma ora che la Chiesa di Dio era già riccamente sbocciata in tutto il mondo, fu la volontà di Dio a decidere che questo edificio dovesse essere rimosso come un guscio vuoto sopravvissuto alla propria utilità.

Il riferimento ai cristiani sparisce dal testo di Orosio ed il Tempio viene distrutto per volontà di Dio poiché la Chiesa era già riccamente sbocciata in tutto il mondo.
Ancora sul Tempio di Gerusalemme, stavolta ai tempi dell’ultima rivolta giudaica (132 d.C) Sulpicio Severo (Libro II, cap.XXXI) :

Poi sotto Adriano i Giudei tentarono di ribellarsi e tentarono di saccheggiare sia la Siria che la Palestina, ma essendo stato mandato un esercito contro di loro, essi furono soggiogati.
In quel momento Adriano, pensando che avrebbe distrutto la fede cristiana infliggendogli un danno sul luogo, piazzò delle immagini di demoni, sia nel tempio, sia nel luogo in cui il Signore aveva sofferto. E poiché i cristiani erano creduti essere una setta composta principalmente di ebrei (infatti la chiesa di Gerusalemme di allora non aveva un sacerdote non circonciso), ordinò che una coorte di soldati montasse una guardia costante al fine di evitare a tutti i Giudei di avvicinarsi a Gerusalemme. Questo, invece piuttosto beneficiò alla fede cristiana, perché quasi tutti dopo crederono in Cristo come Dio, pur continuando nel rispetto della legge.


Secondo la cronaca di Severo i Giudei erano già stati soggiogati quando Adriano, con l’obiettivo di distruggere la setta cristiana, ordinò di piazzare statue di demoni nel Tempio di Gerusalemme.
Non solo, ancora una volta per punire i Cristiani, Adriano colpisce tutti i Giudei, interdicendo loro l’ingresso a Gerusalemme. Sappiamo come è finita. Gerusalemme rasa al suolo e dispersione del popolo ebraico.

Analizziamo a questo punto la vicenda come narrata da Orosio (Libro VII, 13), per vedere in quale maniera il monaco spagnolo utilizza le fonti che ha a disposizione sulla questione.

Egli (Adriano) governò lo stato in maniera giusta e condusse una guerra vittoriosa contro i Sauromati. In un massacro finale egli soggiogò i Giudei, i quali, eccitati dai disordini causati dai propri crimini, stavano saccheggiando la provincia palestinese, che una volta era stata loro. In questa maniera egli vendicò i Cristiani, che i Giudei, sotto il comando di Cocheba, stavano torturando in quanto essi non si univano a loro contro i Romani. L’imperatore diede l’ordine che a nessun Giudeo fosse consentito di entrare in Gerusalemme e che ai soli Cristiani fosse permesso di occupare la città. Egli la restaurò in tale maniera in grande prosperità ricostruendo le mura e nominandola Aelia, dal suo primo nome.

Orosio afferma esattamente il contrario di quanto detto da Sulpicio Severo. Adriano vendicò i Cristiani che i Giudei, sotto il comando di Cocheba, stavano torturando in quanto essi non si univano a loro contro i Romani (Giustino Martire, Apologia I, 31 docet). Lungi dall’aver voluto punire i Cristiani, al contrario Adriano ingiunse che ai soli Cristiani fosse consentito di occupare la città di Gerusalemme.

Ancora Orosio, in Historiarum Adversum Paganos, Liber VII, 6

Nel nono anno del suo regno, Claudio espulse i Giudei da Roma. Sia Giuseppe che Svetonio registrarono questo evento, ma io preferisco comunque, la narrazione del secondo, che ci dice “Claudius Iudaeos impulsore Christo adsidue tumultuantes Roma expulit”. Di fatto non si capisce se Claudio represse e arrestò dei Giudei che provocavano tumulti contro il Cristo o se egli voleva espellere anche i Cristiani quali membri di una religione alleata.

Per Orosio impulsore Christo può tranquillamente diventare contra Christum e non si capisce più se i Giudei si ribellano al giogo romano in quello che fu un movimento cristiano-messianista o piuttosto se essi (i Giudei) provocarono tumulti contro i cristiani a Roma e per questo furono espulsi.
Claudio dunque, secondo Orosio, non avrebbe espulso i giudeo-cristiani da Roma, al contrario, li avrebbe protetti dagli attacchi dei malvagi Giudei. Questo il senso vero della recita di Svetonio secondo Orosio.

Per adesso mi fermo qui.
Inutile dirlo, tutti questi esempi di contraffazione storica ‘cristiana’ non possono dimostrare che anche per il TF in Malalas sia avvenuto qualcosa di analogo, ma rendono senz’altro questa ipotesi molto più verosimile di quanto all’apparenza possa sembrare (soprattutto per chi immagina un cristianesimo 'evangelico-paolino' al primo secolo)

25/01/2010, 09:01

Secondo Malalas dunque, Giovanni Battista fu rinchiuso nel carcere di Sebasta e ivi decapitato per ordine di Erode Antipa.
Peraltro è proprio a Sebasta che, secondo la testimonianza di diversi padri della Chiesa, furono dispersi i resti di Giovanni Battista, dall’imperatore Giuliano nell’agosto del 362 d.C. (questione capitale che merita di essere approfondita a parte).

Zietto, qua ci vedrei un carico da undici della briscola francese [;)] [;)] [;)]

25/01/2010, 13:52

peppe ha scritto:

Secondo Malalas dunque, Giovanni Battista fu rinchiuso nel carcere di Sebasta e ivi decapitato per ordine di Erode Antipa.
Peraltro è proprio a Sebasta che, secondo la testimonianza di diversi padri della Chiesa, furono dispersi i resti di Giovanni Battista, dall’imperatore Giuliano nell’agosto del 362 d.C. (questione capitale che merita di essere approfondita a parte).

Zietto, qua ci vedrei un carico da undici della briscola francese [;)] [;)] [;)]



Infatti.

Caro Saulnier, visto che la cosa è riportata anche dal grande Ambelain, vogliamo approfondirla ?

Citazioni precise dai padri della Chiesa. Nelle biografie su Giuliano e negli scritti di Giuliano non ho trovato questa cosa.

( ma ho cercato molto sommariamente .... [:I] )

Tra l' altro Saulnier mi ha parlato di un libro di Ambelain che neanche conoscevo , scritto dopo " La vita segreta di San Paolo ".


zio ot [;)]


p.s. ho aperto qui. Con calma .

http://www.ufoforum.it/topic.asp?TOPIC_ID=5340
Ultima modifica di barionu il 25/01/2010, 14:11, modificato 1 volta in totale.

13/02/2010, 17:38

A proposito di un'eventuale influenza dell'Halosis sull'opera di Malalas sarebbe interessante comprendere se all’interno della Chronografia , o in quelle altre opere che spesso hanno avuto proprio Malalas come ‘source’ principale (vedi le numerose cronografie bizantine) vi siano altre tracce di episodi peculiari all’Halosis.
Uno studio di questo tipo, inutile nasconderlo presenta intrinseche difficoltà su molteplici aspetti e raggiungere certezze su una tale materia non mi pare possibile.
Tuttavia, alcune di queste difficoltà, a mio modo di vedere, possono essere superate concentrando l’attenzione su singole narrazioni che nel testo dell’Halosis, così come ci si presenta oggi, palesano evidenti problemi e contraddizioni, spesso frutto di interpolazioni o cesure nel testo originale.
In questi casi, ha senso cercare nelle diverse opere che, possibilmente conoscevano l’Halosis in una versione meno epurata, quegli indizi che consentano di ridare una verosimiglianza storica alla narrazione flaviana.
Il tutto è complicato dal fatto che Iohannes Malalas nel libro X della sua Chronografia, sembra fare un uso abbondante di quei testi apocrifi appartenenti al cosiddetto Ciclo di Pilato, i quali presentano alcune analogie con il testo attuale dell’Halosis ed in particolare con alcune sue interpolazioni caratteristiche.
In effetti, è’ assolutamente palese che alcune inserzioni cristiane nell’Halosis provengano da un compilatore direttamente ‘ispirato’ dai testi apocrifi appartenenti al Ciclo di Pilato.
Ma il contrario può essere avvenuto?
Ovvero, elementi originariamente presenti nell’Halosis ma in seguito epurati in quanto imbarazzanti per l’ortodossia, potrebbero essere finiti, opportunamente ‘mascherati’ in senso cristiano, all’interno degli scritti del Ciclo?
Io ritengo di sì.

Chronografia di Malalas (Libro X)

Fu portato invece a Caifa, pontefice massimo e quindi fu consegnato al governatore Ponzio Pilato. Procla, moglie di Pilato, mandato immediatamente un messaggero, lo ammonì affinché nessuno aggredisse quell’uomo giusto. Molte cose infatti, disse, oggi mi sono accadute in sogno a causa di lui. Quindi i Giudei, venuti a conoscenza di ciò, tumultuando esclamarono: sbarazzati di lui, sbarazzati di lui, crocifiggilo.

Siamo in presenza di un brano impregnato di temi direttamente ispirati dai testi apocrifi del Ciclo di Pilato che a loro volta esasperano (specialmente in chiave anti-giudaica) e rielaborano informazioni attinte dai vangeli canonici ed in particolare Matteo (per la moglie di Pilato) e Giovanni (IX,15) dove in effetti i Giudei reclamano la crocifissione del Cristo con le stesse parole.
Vorrei concentrare l’attenzione tuttavia su un’informazione presente in Malalas ma in verità assente e anzi negata dai Vangeli. Malalas ci dice che i Giudei reclamano la crocifissione di Cristo davanti a Pilato, tumultuando.

Et cognoscentem hoc Iudaei, seditionem concitaverunt dicentes, tolle tolle crucifige eum.


Seditionem concitaverunt, afferma anche il Laterculus Malalianum (Chronicon Palatinum).

Malalas evidentemente trae questa informazione ancora da testi appartenenti al Ciclo. In particolare nella Lettera di Pilato a Tiberio il timore di una rivolta è paventato da Pilato.

Se pertanto non avessi temuto che si sollevasse un tumulto tra il popolo, già quasi in agitazione, forse quest’uomo vivrebbe ancora in mezzo a noi.

Ma soprattutto nell’Anaphora Pilati (versione B, editi per la prima volta con traduzione latina da Fabricius nel 1719, edizione critica e testo greco in Evangelia Apocrypha pag.443, 1876 di Tischendorf - http://www.archive.org/stream/evangelia ... 9/mode/1up -, testo ricostruito collazionando cinque MSS greci databili tra il XII e il XV secolo)

Infatti, mentre io, mio signore, secondo gli ordini della tua clemenza, stavo adempiendo ai doveri del mio territorio di governo, che è una delle città d'Oriente, il cui nome è Gerusalemme, in cui è costruito il tempio della nazione ebraica, tutta la moltitudine di Giudei venne insieme e mi consegnò un uomo di nome Gesù, portando molte accuse senza fondamento contro di lui...e poiché molti stavano fomentando una rivolta (stasin) contro di me, io ordinai che fosse crocifisso.

Invito ora a confrontare questo brano con un frammento dell’Historia Chronica di Giovanni di Antiochia (VII secolo) un’opera che ha come fonte principale ancora una volta proprio la Chronographia di Malalas.

Sotto il regno dell’imperatore Tiberio, il Signore Gesù, avendo trentatré anni, fu accusato dai Giudei di distruggere la loro dottrina religiosa e di introdurne un’altra nuova al suo posto. Ed essi si raccolsero tutti insieme a Gerusalemme e fomentarono una rivolta (stasin) contro di lui, proferendo blasfemie contro Dio e Cesare. Prendendo coraggio essi si gettarono su di lui di notte e lo consegnarono a Ponzio Pilato il governatore, il quale, o a causa di un terrore codardo nei confronti della folla o a causa di una promessa di denaro, pur non avendo trovato colpe in lui, ordinò che fosse crocifisso.

L’Historia Chronica è una cronografia scritta nella prima metà del VII da Giovanni di Antiochia. L’opera ci è pervenuta solamente attraverso numerosi excerpta o frammenti, tra cui i principali sono i cosiddetti Excerpta Constantiniana scritti a Constantinopoli per ordine di Constantino VII Porfirogenito nella prima metà del X secolo. Il frammento citato fa parte degli Excerpta de Insidiis ed è il frammento 81 dell’edizione di Mullerus (http://www.archive.org/stream/fragmentahistor00unkngoog) prima edizione critica dell’Historia Chronica, in cui è possibile visualizzare il testo in greco.
L’edizione di Mullerus è stata superata solo in tempi recenti dall’edizione di Umberto Roberto, Ioannes Antiocheni Fragmenta (Berlino, 2005).
Gli Excerpta de Insidiis ci sono pervenuti attraverso due soli manoscritti, lo Scorialensis #937; 11 (XVI secolo) e il Parisinus gr.1666 (XVI secolo) derivanti da un antenato comune, probabilmente andato distrutto nel grande incendio della biblioteca dell’Escurial nel 1671.

L’Anaphora e il frammento di Giovanni di Antiochia presentano similitudini testuali tali da poter ragionevolmente supporre che essi derivino da una fonte comune ed io ritengo (esattamente come Robert Eisler, The Messiah Jesus) che tale fonte sia proprio l’Halosis evidentemente in una versione meno epurata rispetto a quella di cui disponiamo oggi.

Testimonium Slavorum nell’Halosis.

E molti del popolo lo seguivano ed accoglievano i suoi insegnamenti. Molti animi poi si eccitavano pensando che grazie a lui le stirpi giudaiche si sarebbero liberate dal dominio dei romani. Era suo costume vivere preferibilmente davanti alla città, sul monte degli Ulivi, e qui guariva la gente. E gli si aggregarono centocinquanta seguaci ed una quantità della gente del popolo. Essi, vedendo la sua potenza e vedendo che faceva tutto ciò che voleva con la sola parola, lo esortarono a entrare in città, sterminare i soldati romani e Pilato e regnare su di loro. Ma questi non se ne curò.
Successivamente però, avendo avuto notizia di ciò, i capi giudei si riunirono con il sommo sacerdote e dissero: noi siamo impotenti e troppo deboli per opporci ai romani, siamo come un arco allentato. Andiamo, dunque a riferire a Pilato quanto abbiamo inteso e così non avremo di che preoccuparci; qualora apprendesse ciò da altri, saremmo privati dei nostri averi, noi stessi fatti a pezzi e i nostri figli dispersi. E andarono ad informare Pilato. E questi mandò i propri soldati e fece uccidere molti del popolo e condurre da lui quel taumaturgo.
Avendo indagato sul suo conto, Pilato si convinse che quello era un benefattore e non un malfattore, né un ribelle, né uno che ambisce al potere, e lo rilasciò. Aveva infatti guarito sua moglie che era moribonda. Ritornato nei luoghi consueti, continuò a fare le cose abituali. Ed essendosi raccolte nuovamente attorno a lui molte persone, acquistò gloria con le proprie opere più di tutti. I dottori della Legge furono di nuovo presi dall’invidia contro di lui e offrirono trenta talenti a Pilato per poterlo uccidere. Questi li accettò e permise che attuassero loro stessi ciò che desideravano. Cercavano quindi il momento adatto per ucciderlo. Avevano infatti dato precedentemente a Pilato trenta talenti affinché consegnassero loro Gesù. Ed essi lo crocifissero contro la legge dei padri e lo derisero grandemente.
Dopodichè essi sollevarono una seconda rivolta.


L’episodio del ‘taumaturgo’ doveva dunque aver rappresentato per Giuseppe Flavio la prima rivolta. Una rivolta che nel testo non compare più ma che doveva verosimilmente comparire nella versione originaria dell’opera flaviana e che culminò con la crocifissione del Nazareno.
Analizzando il frammento di Giovanni di Antiochia scopriamo che i Giudei si raccolsero a Gerusalemme e fomentarono una rivolta contro...Gesù!!
Ma fu davvero così?
Se i rivoltosi proferirono blasfemie contro Cesare vuol dire che erano zeloti e la rivolta non fu contro Gesù ma contro Pilato. Ed è in effetti quanto afferma l’autore dell’Anaphora Pilati riferendosi allo stesso episodio, dove vediamo ancora una volta i Giudei raccolti a Gerusalemme fomentare una rivolta contro Pilato...per ottenere la crocifissione di Gesù!!
Due scribi cristiani, ciascuno indipendentemente dall’altro, trasformano in senso ‘cristiano’ ed antigiudaico, un episodio ‘storico’ reale. Ma analizzando queste differenze, comparandole con la versione attuale del TS nell’Halosis è ancora possibile scoprire la verità. I veri protagonisti della rivolta furono i “seguaci del taumaturgo”, coloro che “vedendo la sua potenza e vedendo che faceva tutto ciò che voleva con la sola parola, lo esortarono a entrare in città, sterminare i soldati romani e Pilato e regnare su di loro”
Pilato intervenne trucidando molti dei Galilei suoi seguaci (TS) e, se dopo aver catturato il loro leader ne ordinò la crocifissione vuol dire che si convinse che quello era un malfattore, un ribelle e uno che ambisce al potere.
E questo malgrado quanto affermi oggi la parte finale del TS, un brano in cui l’interpolatore cristiano ha lasciato le impronte digitali.
In effetti in un’altra nota interpolazione cristiana nell’Halosis relativa allo squarcio del velo del Tempio, leggiamo:

Questo velo era intero prima di questa generazione, perché la popolazione era pia; ma ora è doloroso da vedere, perché fu improvvisamente strappato dalla sommità fino in basso, quando essi, mediante corruzione, consegnarono alla morte il benefattore degli uomini e colui che da quanto si può giudicare dalle sue azioni non fu un uomo.

Il compilatore cristiano insiste su due temi a lui cari, mostrare l’artefice di miracoli come un benefattore e i Giudei corrompere Pilato per ottenere la sua morte (un tema peraltro ripreso anche da Giovanni di Antiochia).
Nei Vangeli il racconto edulcorato dell’arresto di Gesù nasconde un avvenimento ben più cruento e di ben altra portata strettamente correlato a questa rivolta. Vi vediamo uno dei suoi discepoli (Simon Pietro secondo il Vangelo di Giovanni) colpire con la spada uno dei servi del sommo sacerdote e mozzargli un orecchio. Secondo il racconto dell’evangelista l’iniziativa di Simone resta isolata, non esplode alcuna sommossa. I discepoli abbandonano Gesù nelle mani dei sacerdoti e fuggono via apparentemente senza aver dato seguito all’azione di forza tentata da Simon Pietro. Ma fu davvero così?
Nel TS leggiamo:

E questi [Pilato] mandò i propri soldati e fece uccidere molti del popolo e condurre da lui quel taumaturgo.

Considerati gli intenti dei seguaci del taumaturgo palesati poco prima (sterminio dei Romani e di Pilato e un re di stirpe giudaiche sul trono di Gerusalemme) è verosimile pensare che queste persone si siano immolate docilmente senza reagire prendendo le armi?
Ora, il passaggio citato dell’Halosis richiama alla mente una frase che l’autore del Vangelo di Luca mette in bocca al Dio Gesù materializzatosi ex eventu e solamente sulla pergamena.

Lc 13,1:In quello stesso tempo si presentarono alcuni a riferirgli circa quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva mescolato con quello dei loro sacrifici.

Questi Galilei, trucidati da Pilato non furono gli stessi zeloti che si batterono contro i Romani nella rivolta culminata con l’arresto di Gesù?
Io credo di sì, ed è in particolare il dettaglio relativo ai sacrifici per la Pasqua che me lo fa pensare. Ecco infatti quanto leggiamo riguardo l’arresto di Gesù nel Toledoth Yeshu nella versione tradotta in latino da Wagenseil (Johann Christopherus Wagenseilius, Tela ignea Satanae, vol.2, 1681)

“Se voi mi obbedite” disse loro Giuda, “io vi consegnerò questo impuro domani a quest’ora!” “Sei dunque al corrente dei suoi movimenti?” “Sì “ disse Giuda “egli si recherà domani a quest’ora al Tempio per adempiere i sacrifici della Pasqua. Io ho giurato per i dieci comandamenti di non consegnarvelo. Lo accompagneranno duemila uomini tutti vestiti alla stessa maniera. Siate pronti domani a quest’ora. L’uomo davanti al quale io mi inchinerò e prosternerò, sarà l’impuro. Comportatevi da prodi guerrieri di fronte alla sua truppa e impadronitevi di lui”. Simeone figlio di Setaci, tutti gli Anziani e i Saggi furono pieni di gioia e decisero di adeguarsi a quanto Giuda aveva detto loro. L’indomani Yeshu arrivò accompagnato da tutta la sua truppa. Giuda gli venne incontro e chinandosi si prosternò a terra davanti a lui. I Gerosolimitani, armati e preparati per la battaglia, si impadronirono di Yeshu. I suoi discepoli videro che egli era loro prigioniero e che era impossibile battersi contro di loro: scappando a gambe levate si lanciarono in pianti e grida in grande quantità. I Gerosolimitani lo catturarono e trionfarono su questo bastardo figlio di un’impura e su tutta la sua truppa, essi ne trucidarono un grande numero mentre il resto fuggì sui monti.

Gli zeloti-galilei quando la situazione precipita fuggono sempre sui monti come ci insegna Marco 13,14 : Quando vedrete l'abominio della desolazione stare là dove non conviene, chi legge capisca, allora quelli che si trovano nella Giudea fuggano ai monti.

Il passaggio del Toledoth è sorprendente e molto più 'storico' di quanto oggi leggiamo nei Vangeli. Vi fu una battaglia, gli zeloti di Yeshu ebbero la peggio, il loro sangue fu mescolato a quello dei loro sacrifici e il loro capo fu catturato. Se i seguaci di Cristo furono davvero duemila allora una intera coorte di soldati (Gv18,12), non sarebbe stata sufficiente contro questo esercito e di fondamentale importanza diventava l’aiuto degli erodiani e dei giudei filo-romani.
I partigiani di Cristo abbandonarono il loro capo al suo triste destino. Solo un’eco del racconto del Toledoth in Marco14,50:Tutti allora, abbandonandolo, fuggirono.
Celso nella sua opera perduta insisteva su questa nota dolente come ci racconta lo pseudo-Origene in Contra Celsum, II 12

Un generale valente e capo di molte decine di migliaia di soldati non fu mai tradito, anzi nemmeno fu tradito un capo-brigante malvagio e comandante di uomini completamente depravati: egli risulta pur utile ai suoi compagni! Gesù invece, dal momento che fu tradito da chi era a lui sottoposto, evidentemente non comandò come un valente generale e, neppure dopo aver ingannato i suoi discepoli, riuscì ad infondere in loro, nei suoi riguardi, quella benevolenza, per chiamarla così, che si nutre per un capo-brigante.

Paragone che in questo contesto assume tutto il suo significato. Un Cristo questo, leader zelota, che somiglia molto a quello che conosceva Ierocle, citato da Lattanzio (Divinae Institutiones, V,III,4):

Christum [ ] a Iudaeis fugatum collecta nongentorum hominum manu latrocinia fecisse.

Continua...

15/02/2010, 12:25

Siamo nel terzo anno del regno di Caligola (39-40 d.C.) ad Antiochia.
La Chronografia (Libro X) di Malalas riporta un avvenimento del quale sorprendentemente non si trova traccia in alcuno degli storici anteriori.

Seguirono grandi disordini e un disastrò colpì la città. Infatti i Greci di Antiochia combatterono lì con i Giudei, uccisero molti Giudei e bruciarono le loro sinagoghe. Quando il sacerdote dei Giudei, chiamato Phineas, venne a conoscenza di ciò, raccolse un gran numero di Giudei e Galilei che erano cittadini. Con circa 30,000 di questi egli giunse all’improvviso nella città di Antiochia dalla città di Tiberiade e ne uccise moltissimi con un unico inaspettato attacco. Successivamente Phineas interruppe l’attacco e tornò a Tiberiade. Quando l’imperatore Gaius venne a sapere di questi eventi si adirò con Pontous e Varius, i senatori nella città di Antiochia e requisì le case che gli appartenevano. Queste case furono da allora chiamate ‘le case imperiali’ in Antiochia di Siria. I senatori stessi furono portati via in catene, poiché non avevano saputo né mettere fine alla rivolta in città né impedire al sacerdote Phineas di saccheggiare la città. Gaius andò nella città di Tiberiade in Palestina, catturò Phineas il sacerdote dei Giudei e gli tagliò la testa come ribelle. Egli mise pure a morte molti Giudei e Galilei. Mise la testa del sacerdote Phineas su di un palo fuori dalla città di Antiochia, dall’altro lato del fiume Oronto. Mandò denaro e ricostruì le aree della città che erano state incendiate.

Questo episodio, malgrado alcune esagerazioni, ha ottime probabilità di essere storico. Nello stesso anno infatti Caligola ordinò di erigere una statua nel Tempio di Gerusalemme, estrema provocazione per un popolo, quello giudaico, che non accettava maestro e padrone all’infuori di Dio e che nella sua frangia più estremista, gli zeloti, non esitava a rivendicare con la violenza e lo spargimento di sangue i propri diritti.
Ora è probabile che proprio ad Antiochia, che era la residenza del governatore di Siria, responsabile dell’attuazione del decreto, cominciarono le proteste contro il folle progetto di Caligola.
I pagani, esasperati dai disordini e dalle proteste dei Giudei, reagirono uccidendoli e bruciando le loro sinagoghe, cui fece seguito la rappresaglia di Phineas il sacerdote a capo di un vero e proprio esercito di Galilei.
La stessa decisione di Caligola, di erigere la propria statua nel Tempio di Gerusalemme, per quanto folle, fu essa stessa una reazione allo zelotismo sanguinario che imperversò il suo breve regno.
La situazione di Antiochia si rileva d’altra parte estremamente simile a quella di Alessandria, dove i contrasti tra le popolazioni pagane e la comunità giudaica provocavano violenti sommosse antisemite e grande spargimento di sangue.
Questi disordini, cominciati nel 38 d.C., proseguirono almeno fino all’avvento di Claudio nel 41 d.C. (per questi avvenimenti Giuseppe Flavio ma soprattutto Filone Alessandrino)
Il 10 novembre del 41 d.C. Claudio scrisse una lettera agli Alessandrini e rivolgendosi ai Giudei, dopo aver confermato tutti i loro diritti ed aver parlato nei loro confronti in tono benevolo chiuse la lettera con un ammonimento carico di significati, ammonimento ignorato (volutamente?) da Giuseppe Flavio.

Non si facciano entrare o avvicinare da Siria o Egitto Giudei naviganti verso terra, cosa che mi farà venire i sospetti più grandi nei loro riguardi: altrimenti in tutti i modi mi opporrò a loro come quelli che alimentano una piaga del mondo.

I Giudei che da Siria ed Egitto confluivano ad Alessandria, portavano ai loro correligionari armi e uomini. Questi Giudei erano zeloti e Claudio, tollerante e bendisposto nei confronti della maggioranza della popolazione giudaica, mostrò il pugno duro verso di loro, non disposto a tollerare alcun tipo di connivenza da parte della popolazione giudaica.
La piaga (nosos) del mondo temuta da Claudio, la vera causa di tutti i disordini e le sommosse in Giudea, a Roma e in tutto l’oikoumene e che infine causò la distruzione di Gerusalemme fu quell’exitiabilis superstitio che momentaneamente sopita, di nuovo si diffondeva, non solo per la Giudea, focolare di quel morbo, ma anche a Roma, dove da ogni parte confluisce e viene tenuto in onore tutto ciò che vi è di turpe e di vergognoso.
Il morbo cristiano-zelota nella realtà dei fatti.
Claudio si dimostrò lungimirante ma alla fine Tito per uccidere il germoglio cristiano dovette estirpare per intero la radice giudaica distruggendo il Tempio di Gerusalemme.

Christianos ex Iudaeis exstitisse; radice sublata stirpem facile perituram.

I Cristiani hanno origine dai Giudei: con la radice rimossa, il germoglio viene ucciso facilmente afferma un frammento di Tacito preservato da Sulpicio Severo (2.30.7)

Se una copia del decreto di Claudio fu mandato anche in Siria (Giuseppe Flavio A.G. XIX, 279) ci sono buone probabilità che esistesse ad Antiochia di Siria una situazione molto simile a quella in Egitto, una situazione che richiedeva un intervento diretto dell’imperatore.

Un episodio come quello di Phineas, all’evidenza tutt’altro che marginale, non poteva essere ignorato da Giuseppe Flavio. Eppure in nessuna delle sue opere vi è il minimo accenno.
Phineas il sacerdote Galileo è un personaggio sconosciuto alla storia.
Ma è sempre stato così?
Se una mano cristiana è intervenuta nello scritto dello storico giudeo, per eliminare ogni traccia dell’episodio in questione ci sono ottime probabilità che esso fosse strettamente correlato alle origini del cristianesimo. Si può congetturare che Phineas (un nome che è tutto un programma!) come Eleazar ben Dinaios fosse un personaggio di rilievo nello zelotismo giudeo-cristiano del primissimo periodo cristiano.
Ora, dove trovare le tracce di questo sacerdote Galileo?
Come abbiamo visto in precedenza alcuni elementi originariamente presenti nell’Halosis ma in seguito epurati in quanto imbarazzanti per l’ortodossia (come la rivolta che precedette l’arresto e la crocifissione di Gesù) si ritrovano, opportunamente camuffati in chiave cristiana, all’interno degli scritti apocrifi appartenenti al Ciclo di Pilato.
Ed infatti proprio negli Acta Pilati ecco cosa leggiamo:

Gli Ebrei allora tennero consiglio, ammassarono una grande somma di denaro e la diedero alle guardie, dicendo: "Dite che mentre voi dormivate, nella notte, vennero i suoi discepoli e lo rubarono. Qualora il procuratore udisse questo, gli parleremo noi affinché non abbiate da preoccuparvi". Ed essi preso (il denaro) fecero come erano stati istruiti.
Ma dalla Galilea vennero a Gerusalemme un sacerdote, Phineas, uno scriba, Adas, un levita, Aggeo, ed annunziarono ai capi della sinagoga, sacerdoti e leviti: "Abbiamo visto Gesù che sedeva sul monte Mamilch con i suoi discepoli.
...
Il sacerdote Phineas, lo scriba Adas e il levita Aggeo risposero ai capi della sinagoga, ai sacerdoti e leviti: "Se le parole che abbiamo detto e quanto abbiamo visto sono peccato, eccoci davanti a voi! Fateci quanto è giusto ai vostri occhi".
Essi allora presero la legge e li scongiurarono di non ripetere mai più ad alcuno queste parole. Poi diedero loro da mangiare e da bere e li scacciarono dalla città dopo aver loro dato anche del denaro e tre uomini che li accompagnassero fino in Galilea. E se ne partirono in pace.


Ecco il sacerdote galileo Phineas con un ruolo ben diverso da quello che gli attribuisce Malalas nella sua cronaca e che con ogni probabilità lo storico bizantino poteva leggere ancora al VI secolo nell’Halosis di Giuseppe Flavio.
Phineas negli Acta Pilati diventa nientemeno che uno dei testimoni della resurrezione di Gesù e della sua assunzione in Cielo sul monte Mamlich in Galilea, pronto ad immolarsi per difendere la sua testimonianza...lo stesso Phineas che solo pochi anni dopo si metterà a capo di un esercito di Galilei per vendicare ad Antiochia le offese del popolo giudaico e che Caligola punirà con la morte per decapitazione.

Tutto si può dire della religione cristiana ma non che essa non si dimostrò riconoscente nei confronti di coloro che furono i veri protagonisti del cristianesimo nascente: i martiri zeloti che nel primo secolo pagarono col prezzo della propria vita l’ardente desiderio di libertà coniugato con un odio implacabile del goy.
Questi personaggi, zeloti di nascita, trucidati dai Romani e sconfitti nella Storia, vi rientrarono con l’inganno dalla porta sul retro apertagli dagli scribi cristiani dal secondo secolo in poi. E vi rientrarono da vincitori e da eroi, con un vestito nuovo di zecca, pazientemente ordito dopo che la sconfitta di Bar Kochva avevo reso inevitabile la trasposizione su un piano puramente metafisico e trascendentale del regno millenarista e assolutamente terreno predicato dal Cristo nella sua Apocalisse.

Qualcuno di questi martiri zeloti venne promosso papa (Pietro, ma anche Clemente!) qualcun altro addirittura Dio...a ciascuno secondo i suoi meriti.

Tali mascheramenti del resto si rivelavano indispensabili in quanto il popolo, per quanto credulo, si dimostrava poco propenso ad adorare come un Dio, un giudeo il cui programma prevedeva la distruzione di tutto il mondo extra-giudaico e a venerare come santi quei capi zeloti che insanguinarono la Palestina nel corso di tutto il primo secolo dell’era cristiana.

Gli Acta Pilati non sono gli unici scritti apocrifi in cui compare Phineas. In effetti nella letteratura pseudo-clementine (ed in particolare le Recognitiones), apocrifi del IV secolo attribuiti a Clemente il Romano troviamo delle tracce interessanti. Queste opere sono rimaneggiamenti operati al IV secolo su scritti primitivi molti dei quali oggi perduti.
Nelle Recognitiones (Libro II cap. I e cap. LXVIII) troviamo elencati i compagni dell’apostolo Pietro e tra questi vediamo associati due nomi, Phineas ed Eleazar.
Questi due personaggi, importanti capi zeloti, furono insieme a Simon-Pietro, lo barjona dei discepoli di Gesù, i protagonisti delle rivolte giudaiche durante l’impero di Caligola. Rivolte che la censura cristiana ha tentato di cancellare intervenendo sui testi in maniera decisiva lasciando ovunque le proprie impronte digitali.
Il caso Eleazar è davvero emblematico e dimostra quanto gli scritti di Giuseppe Flavio, per come ci sono pervenuti, si possano dimostrare totalmente inaffidabili.
(per tutti gli approfondimenti del caso http://cristianesimoprimitivo.forumfree.it/?t=42232860)

Il testo dello Yosippon, secondo l’editio priceps di Mantova, riporta:

A Tiberio successe Caligola che si mostrò ancora più crudele dei suoi predecessori. Egli si arrogò il titolo di Dio e ordinò che gli venissero dedicati degli altari nel mondo intero, che gli si desse il titolo di Dio e che si giurasse per il suo nome. Tutte le nazioni gli obbedirono e gli elevarono degli altari. Solamente i Giudei non acconsentirono e si prepararono alla lotta. “Moriamo tutti insieme” gridarono “piuttosto che obbedirgli e adorarlo”.
In quei giorni, vi furono dei combattimenti e dei dissensi in Giudea tra i Farisei e i ‘briganti del nostro popolo’ che seguivano il figlio di Giuseppe, etc ...[lacuna] Eleazar, che commise grandi crimini in Israele fino a quando i Farisei non l’ebbero vinto.


La lacuna nel testo dello Yosippon ci priva del resoconto dei combattimenti, partigiani di Cristo, alla fine del regno di Caligola. Zeloti che gridano “Moriamo tutti insieme piuttosto che obbedirgli ed adorarlo” e che in Palestina come ad Antiochia, Alessandria ed in tutto l’oikoumene rinnovavano l’urlo di battaglia che fu già quello di Giuda di Gamala.
Giuseppe Flavio nel testo greco di Guerre Giudaiche ed Antichità Giudaiche non conosce questi disordini, per lui i Giudei sono tutti pacifisti, arrivano a dichiarare (A.G. XVIII, 271):

“Per nessun motivo noi combatteremo, noi moriremo piuttosto che violare le nostre leggi” e mettendosi bocconi a terra e scoprendosi il collo si dicevano pronti ad essere uccisi.

Non c’è traccia alcuna del movimento zelota. Lo zelo per la Legge si traduce in accettazione passiva per la morte.
Ma fu davvero così?
Zonara, cronografo bizantino del XII secolo, afferma che secondo lui Giuseppe Flavio ha omesso diverso cose concernenti la faccenda di Caio Caligola e del tempio e che in effetti quell’episodio fu il vero inizio della distruzione giudaica.

Templum Hierosolymitanum in suam aedem commutavit, ut Gaii novi illustris Jovis appelleretur: quamvis Josephus in suis Antiquitatibus dissimulavit. Eaque res Judaicae defectioni initium fuit.

Ma la colpa è di Giuseppe Flavio o della censura cristiana?
In effetti se lo storico giudeo non avesse mai accennato minimamente in nessuno dei suoi scritti a questi disordini, come mai lo pseudo-Egesippo (IV secolo), autore dell’adattamento cristiano in latino dell’opera di Flavio Giuseppe, ne parla? Pur trattandosi di un’opera cristianizzata la testimonianza dello pseudo-Egesippo è importante in quanto i manoscritti più antichi di questa opera risalgono al VI secolo (quindi di alcuni secoli anteriori ai manoscritti più antichi delle opere flaviane). Ivi leggiamo:

Morto Tiberio, Caio gli successe il quale, volendo essere visto e chiamato Maestro e Dio, fornì i motivi di una gravissima sedizione ai Giudei.

Ora, lo pseudo-Egesippo elabora il suo testo a partire dalle Guerre Giudaiche di Giuseppe Flavio, che tuttavia non parlano assolutamente di questa sedizione. Dove ha preso lo pseudo-Egesippo questa notizia se non in un testo di Flavio Giuseppe (l’Halosis?) ben diverso rispetto a quello che conosciamo?
Coloro che non volevano chiamare nessuno Maestro e Dio erano gli zeloti di Giuda di Gamala, nessuna meraviglia se tra i protagonisti di questa sedizione vi fosse proprio Eleazar.
La censura cristiana non si è purtroppo limitata a Giuseppe Flavio.
Filone, nella sua Legatio ad Caium ci racconta in termini diversi rispetto a Flavio Giuseppe, e certamente più verosimili, la vicenda relativa a Petronio e alla statua di Caligola nel Tempio.
I motivi che spinsero Petronio a posticipare l’esecuzione degli ordini imperiali non sono legati alla all’ammirazione e alla pietà per il popolo giudaico pronto ad immolarsi senza combattere (Giuseppe Flavio), bensì al timore, molto realistico, di un sollevamento in Giudea legato alla consapevolezza di Petronio del fanatismo religioso del popolo giudaico.
Ma questa rivolta si concretizzò oppure no? Se sì quali furono i protagonisti?
Il racconto di Filone ci riserva un’amara sorpresa.

“Non sai tu che così facendo causi l’origine di tutti i mali volendo realizzare ciò che è criminale fare e persino immaginare?[lacuna] Vale la pena raccontare ciò che abbiamo visto e inteso durante l’ambasciata di cui fummo incaricati per difendere i nostri diritti politici.”

Una lacuna interrompe sul più bello il racconto di Filone relativo agli avvenimenti di Siria e all’affare della statua di Caligola nel Tempio. Il racconto dei fatti relativi all’ambasciata degli Alessandrini riprende senza alcuna transizione.
La critica moderna ritiene certa l’esistenza di una lacuna in questo punto della Legatio.
Su questi avvenimenti la censura cristiana non ha risparmiato neppure Tacito.
I libri degli Annali relativi al periodo di Caio Caligola non ci sono pervenuti, tuttavia in Annali (XII, 54) troviamo un flashback molto istruttivo, Tacito fa un excursus sulla Giudea e dice:

Senza dubbio i Giudei avevano dato segni di rivolta con una sommossa in seguito [lacuna] , appresa la sua uccisione, non avessero obbedito, restava il timore che un altro imperatore potesse dare loro il medesimo ordine.

Ancora un taglio mirato quindi ma grazie ad un passaggio delle Historiae (V, 9) dopo il famoso “sub tiberio quies” troviamo un’ulteriore conferma di questa rivolta zelota:

In seguito all'ordine di Caligola di collocare nel tempio una sua statua, [i Giudei] preferirono prendere le armi e solo la sua morte troncò la rivolta.

Phineas ed Eleazar camminano a braccetto non solo nelle Recognitiones ma anche nella Storia. Essi furono i principali protagonisti delle rivolte giudaiche che seguirono l’ordine di Caligola di erigere la propria statua nel Tempio ed un destino comune, il martirio, li accomunò.
Congiura del silenzio per i fatti avvenuti in Giudea sotto Caligola dovuta al coinvolgimento di partigiani di Cristo, crocifisso da pochi anni, nelle vicende.
Le stesse mani che hanno fatto sparire dall’Halosis le tracce della spedizione zelota ad Antiochia capeggiata da Phineas non hanno risparmiato neppure tutti quegli storici che si erano occupati di narrare le vicende giudaiche sotto l’impero di Caligola ed in particolare gli exploits di Eleazar e degli altri partigiani di Cristo.

Lo storico non condizionato, di fronte a tutte queste evidenze, dovrebbe evitare di ficcare la testa nella sabbia ma tentare di ricostruire con pazienza la vicenda storica che fa da substrato alle favole. Compito reso arduo e difficoltoso, inutile negarlo, dall’intervento doloso sulla Storia, ampiamente dimostrato, di gente avvezza alla frode e all’inganno.

Continua...

15/02/2010, 18:59

Ancora dalla Chronografia di Malalas (Libro X), poco dopo la vicenda di Phineas:

All’inizio del regno di Claudio Cesare, dieci anni dopo l’assunzione di nostro Signore Gesù Cristo, per primo dopo San Pietro Apostolo fu fatto vescovo di Antiochia di Siria, Evodio, sotto il quale coloro che prima erano chiamati Nazareni e Galilei, presero il nome di Cristiani.

Dopo le sedizioni di Antiochia quindi un nuovo nome, Cristiani, fu dato a coloro che prima erano conosciuti col nome di Nazareni e Galilei.
Cristiani (seguaci di Cristo) e zeloti (seguaci di Giuda il Galileo) condividevano, oltre agli stessi ideali, un identico nome: Galilei.
I romani proprio non sembrano distinguerli visto che i leader di entrambe le sette finiscono sulla croce per crimine di lesa maestà.

Edward Gibbon alla fine del 1700 (The history of the decline and fall of the Roman empire, vol.2) scriveva:

Sotto l’appellativo di Galilei, due distinte tipologie di persone erano confuse, le più opposte tra loro quanto a maniere e principi: i discepoli che avevano abbracciato la fede di Gesù di Nazareth e gli zeloti che seguivano le regole di Giuda di Gamala. I primi erano gli amici e i secondi i nemici del genere umano. L’unica somiglianza tra loro consisteva nella stessa inflessibile costanza che, in difesa della loro causa, li rendeva insensibili alla morte e alle torture.

L’unica somiglianza? Se Gibbon fosse stato un tantino meno naif e avesse ricordato Tacito avrebbe scoperto che i nemici del genere umano (odio humani generis) per lo storico romano furono proprio i cristiani.
Per Tacito come per tutti gli storici del primo secolo, cristiani e zeloti furono un unica ed identica entità.
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