Come spiegare questi avvistamenti, supponendo che almeno qualcuno di essi fosse in buona fede? Sicuramente la spiegazione più semplice, che probabilmente è anche quella più vera, è che si tratti di una errata valutazione di qualcosa di perfettamente noto e spiegabile; una foca, un lamantino (animali che però non vivono ovunque), un pesce, un qualche altro animale marino noto, un tronco nel mare, una donna scambiata per qualcos’altro e così via. Insomma errati riconoscimenti amplificati dalla relativa impenetrabilità dell’ambiente marino e dalla mentalità impregnata di mito di molte culture, soprattutto nel passato e negli strati più popolani e semplici della popolazione. C’è poi sempre il problema di chi ha scritto ed eventualmente tramandato male un racconto del passato. Ma questo non spiega i casi più recenti (alcuni perfino negli anni ’60 del 1900, anche fuori dall’Europa) e, almeno in apparenza, più difficilmente spiegabili, come quello di Munro.
A complicare il quadro c’è poi la constatazione che, dal punto di vista animale, un’ipotetica sirena sarebbe un assurdo biologico, un essere poco funzionale rispetto sia al mare che alla terra, un essere che avrebbe in apparenza grandi problemi a procacciarsi del cibo e quindi perfino a sopravvivere. Uno squalo, un delfino, una foca, appaiono sicuramente più funzionali e ben adattati all’ambiente marino. Ma a ben guardare l’uomo stesso come appare rispetto agli altri animali? Se gli si toglie la sua intelligenza, che lo ha portato a modificare l’ambiente a proprio favore (perlomeno quando lo fa intelligentemente) e che è la sua vera caratteristica vincente rispetto alle altre specie animali, appare inetto e poco funzionale: non ha armi naturali, non zanne, artigli, denti affilati, non è velenoso, non può volare, non sempre riesce a nuotare e quando lo fa è lentissimo e goffo rispetto ad un qualunque pesce, non corre molto rapidamente e non a lungo, non vola, non sa volteggiare tra le piante, salta poco potentemente, non ha sensi particolarmente sviluppati, non è capace di mimesi, insomma fisicamente non è un granché; lo salva il suo intelletto abbinato alla mano prensile, quest’ultima unico aspetto puramente fisico forse di una qualche rilevanza, ma che condivide con altri animali. Ed allora perché un ipotetico “popolo” di sirene e tritoni dovrebbe essere da meno? Se fosse dotato di un’intelligenza paragonabile a quella umana potrebbe costruirsi ripari, fare uso di una qualche forma di “tecnologia”, sopperire all’inferiorità fisica rispetto agli altri animali marini con la propria intelligenza e capacità di pianificare il proprio futuro. Insomma sarebbero i nostri ipotetici “fratelli” di mare, che avrebbero preferito andare, o tornare, o non abbandonare del tutto le acque che ricoprono per tre quarti il pianeta Terra (che meglio dovrebbe chiamarsi “Acqua”). Popolo forse oggi estinto per sempre. Un’ipotesi molto difficile da provare, sicuramente, ma secondo me non del tutto priva di una sua logica.
Per la verità se ne può fare un’altra, più “classica”, per certi aspetti, ma che presuppone una visione del mondo e dell’uomo molto diversa da quella corrente. In alcune tradizioni “magiche” è ricorrente l’idea che la fantasia umana, ossia la capacità di ideare, visualizzare e rappresentarsi interiormente delle immagini, sia qualcosa di più di quello che appare. Intanto non in tutti essa è sviluppata allo stesso modo: artisti, pittori e soprattutto scultori, che riescono ad enucleare forme perfette dalla nuda pietra semplicemente rappresentandosele interiormente, ce l’hanno sicuramente più sviluppata della media. Ma esiste un punto di vista secondo il quale la fantasia, adeguatamente educata, può diventare un organo di senso (e, per intensificazione, di potere); in effetti da un certo punto di vista già lo è anche nella vita ordinaria; spesso infatti rappresenta in forma plastica il nostro mondo interiore; ma forse, in certe condizioni, potrebbe rappresentare adeguatamente anche quello esteriore, o meglio aspetti della realtà oggettiva esteriore non percepiti dagli altri sensi; ed ecco che allora nello scatenarsi degli elementi naturali, in certe particolari condizioni ed in soggetti predisposti, oltre alla vista fisica con la quale vediamo le onde e la tempesta, oltre al tatto che ci fa sentire bagnati ed infreddoliti, oltre all’olfatto che ci compenetra di salsedine, oltre all’udito assordato dal fragore delle onde, oltre al sapore di sale, la nostra fantasia potrebbe “staccare” la sua attenzione dalla nostra interiorità, dalle nostre fantasticherie, dai nostri desideri, e rappresentare in forma plastica un aspetto intelligente e vivente del reale non percepibile dai sensi ordinari; ed ecco allora che, filtrata dalla particolare cultura del momento, appare l’immagine di un essere reale ma non percepibile dagli altri sensi.
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quisquis il 02/02/2012, 22:20, modificato 1 volta in totale.