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 Oggetto del messaggio: Re: GEA
MessaggioInviato: 13/02/2022, 13:02 
barionu ha scritto:

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Completo,al solito, l'"opera" ... [:)] ..

Etna (Ct) 10 /02/ 2022

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 Oggetto del messaggio: Re: GEA
MessaggioInviato: 13/02/2022, 13:07 
catwalk ha scritto:
P.s.:

Quella "A" sopra l'Elefante mi piace assai...ehehehh!
cmq è A di AGATA (armata !) [8D] [:111]

https://it.wikipedia.org/wiki/Stemma_di_Catania

Lo stemma, approvato con D.C.G. dell'11 agosto 1934 e trascritto
nei registri della Consulta Araldica il 14 agosto, ha la seguente blasonatura:

«D'azzurro, all'elefante di rosso con la proboscide alzata e le zanne al naturale,
sormontato dalla lettera maiuscola A, pure di rosso. Legenda: “S.P.Q.C”.»

La descrizione del gonfalone è la seguente:

«Drappo rettangolare fasciato di verde, di rosso amaranto e di azzurro con,
nella parte inferiore, tre bandoni a forma di vaio irregolare, quello di mezzo più lungo,
ornato con ricami d'oro ed, al centro, lo stemma civico come descritto
all'articolo precedente con la variante dell'elefante con gualdrappa d'argento
sormontato da un piedistallo su cui poggia S. Agata armata,
alla destra,
della spada posta in sbarra, e, alla sinistra,
di uno scudo ovale d'oro con l'effigie di un'aquila d'argento a volo abbassato.

In alto, l'iscrizione centrata in oro “Città di Catania”,
la legenda “Castigo rebelles” a destra ed
“Invictos Supero” a sinistra e
sotto lo scudo, su nastro svolazzante il motto:
“Catania tutrix regum”



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 Oggetto del messaggio: Re: GEA
MessaggioInviato: 20/02/2022, 14:50 
Ma chi l'avrebbe mai detto..ehehehh! [8D] [:o)]

L’Elefante nelle credenze popolari

Secondo un’antica credenza, l’Elefante sarebbe portatore di buona fortuna.
A tale proposito, infatti, vederlo con la proboscide alzata
sembra sia indice di prosperità e benedizione.

In alcune religioni (induista e buddista)
la sua raffigurazione rappresenta Dio.

Nell’iconografia della religione cristiana rappresenta Dio e la Chiesa
che sconfiggono il maligno, rappresentato da un drago o un Serpente.
L’Elefante, con il suo peso, lo schiaccia
come simbolo di Vittoria del Bene sul Male.


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Non capisco perchè Agata l'hanno fatta mora ?!
Strano...sarà per ragioni simboliche suppongo.

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Maletto(Ct) con l'Etna sullo sfondo ❤️

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 Oggetto del messaggio: Re: GEA
MessaggioInviato: 22/03/2022, 09:16 
catwalk ha scritto:
Ma chi l'avrebbe mai detto..ehehehh! [8D] [:o)]

L’Elefante nelle credenze popolari

Secondo un’antica credenza, l’Elefante sarebbe portatore di buona fortuna.
A tale proposito, infatti, vederlo con la proboscide alzata
sembra sia indice di prosperità e benedizione.

In alcune religioni (induista e buddista)
la sua raffigurazione rappresenta Dio.

Nell’iconografia della religione cristiana rappresenta Dio e la Chiesa
che sconfiggono il maligno, rappresentato da un drago o un Serpente.
L’Elefante, con il suo peso, lo schiaccia
come simbolo di Vittoria del Bene sul Male.


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Non capisco perchè Agata l'hanno fatta mora ?!
Strano...sarà per ragioni simboliche suppongo.

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 Oggetto del messaggio: Re: GEA
MessaggioInviato: 22/03/2022, 09:25 
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MessaggioInviato: 22/03/2022, 09:27 
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 Oggetto del messaggio: Re: GEA
MessaggioInviato: 30/03/2022, 15:29 
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UN PILASTRO DI LUCE SULL'ETNA

Guardate che meraviglia questo scatto
del nostro amico Giancarlo Tinè Photography.
Un pilastro di luce prende vita grazie alla
luminosità del magma espulso dall'Etna,
e sembra uscire direttamente dalla bocca del vulcano!

Generalmente, i pilastri di luce sono causati dalla luce solare e
quindi appaiono come una colonna luminosa che si estende
verso l'alto sopra un Sole che sorge o tramonta.
In alternativa, altri pilastri luminosi, alcuni piuttosto colorati,
sono stati osservati sopra le luci delle strade e delle case.

Questo pilastro di luce, però, era illuminato dalla luce emessa
dal magma incandescente dell'Etna.
L'immagine in primo piano è stata catturata a metà dello scorso
Giugno con un singolo scatto, poche ore dopo il tramonto.

Le temperature rigide sopra la nuvola di cenere del vulcano
hanno creato cristalli di ghiaccio sia nei cirri in alto sopra il vulcano,
sia nel vapore acqueo condensato espulso dall'Etna.
Questi cristalli di ghiaccio - per lo più orientati di piatto verso il suolo
ma comunque fluttuanti nell'aria - hanno poi riflesso la luce dalla
caldera del vulcano, generando questa meraviglia.

La foto è stata premiata come APOD dalla Nasa
il 21 Novembre dello scorso anno.

Foto: Giancarlo Tinè



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 Oggetto del messaggio: Re: GEA
MessaggioInviato: 19/04/2022, 17:26 
Gli animali stanno cambiando le forme del loro corpo per far fronte ai cambiamenti climatici
Una nuova ricerca ha esaminato il modo in cui le specie animali stanno cambiando le dimensioni delle orecchie, della coda, del becco e di altre appendici per far fronte ai cambiamenti climatici



Il riscaldamento globale è una grande sfida per gli animali a sangue caldo, che devono mantenere una temperatura corporea interna costante. Gli animali stanno affrontando il riscaldamento globale in vari modi. Alcuni si spostano in aree più fresche, ad esempio più elevate o più vicine ai poli. Alcuni cambiano i tempi di eventi chiave della vita come la riproduzione e la migrazione, che quindi si verificano in periodi più freddi. E altri si evolvono per cambiare le dimensioni del loro corpo per rinfrescarsi più rapidamente.

Una nuova ricerca ha esaminato un altro modo in cui le specie animali affrontano il cambiamento climatico: modificando le dimensioni delle orecchie, della coda, del becco e di altre appendici. I ricercatori hanno esaminato la letteratura pubblicata e hanno trovato esempi di animali che aumentano le dimensioni delle appendici in parallelo con il cambiamento climatico e gli aumenti di temperatura associati.

In tal modo, sono stati identificati molteplici esempi di animali che molto probabilmente sono “mutaforma”, comprese le specie in Australia. Il modello è diffuso e suggerisce che il riscaldamento climatico può determinare cambiamenti fondamentali nella forma animale.
La regola di Allen

È risaputo che gli animali usano le loro appendici per regolare la loro temperatura interna. Gli elefanti africani, ad esempio, pompano sangue caldo alle loro grandi orecchie, che poi agitano per disperdere il calore. I becchi degli uccelli svolgono una funzione simile: il flusso sanguigno può essere deviato verso il becco quando l’animale ha caldo.

Tutto ciò significa che ci sono vantaggi nell’avere appendici più grandi in ambienti più caldi. In effetti, già nel 1870, lo zoologo americano Joel Allen notò che nei climi più freddi, gli animali a sangue caldo – noti anche come endotermi – tendevano ad avere appendici più piccole mentre quelli nei climi più caldi tendono ad averne di più grandi. Questo modello divenne noto come la regola di Allen, che da allora è stata supportata da studi su mammiferi e uccelli. Modelli biologici come la regola di Allen possono anche aiutare a fare previsioni su come si evolveranno gli animali con il riscaldamento del clima.
Quali animali stanno cambiando?

Nella ricerca, gli autori hanno scoperto che gli esempi più documentati di mutaforma coinvolgono gli uccelli, in particolare l’aumento delle dimensioni del becco. Ciò include diverse specie di pappagalli australiani. Gli studi mostrano che la dimensione del becco dei cacatua gang-gang e dei parrocchetti dal groppone rosso è aumentata tra il 4% e il 10% dal 1871.

Anche le appendici dei mammiferi stanno aumentando di dimensioni. Ad esempio, nel toporagno mascherato, la lunghezza della coda e delle gambe è aumentata in modo significativo dal 1950. E nel grande pipistrello a foglia tonda, la dimensione delle ali è aumentata dell’1,64% nello stesso periodo.

La varietà di esempi indica che il mutamento di forma sta avvenendo in diversi tipi di appendici e in una varietà di animali, in molte parti del mondo. Ma sono necessari ulteriori studi per determinare quali tipi di animali sono più colpiti.
Altri usi delle appendici

Naturalmente, le appendici animali hanno usi che vanno ben oltre la regolazione della temperatura corporea. Ciò significa che gli scienziati a volte si sono concentrati su altri motivi che potrebbero spiegare i cambiamenti nella forma del corpo degli animali.

Ad esempio, studi hanno dimostrato che la dimensione media del becco del fringuello delle Galapagos è cambiata nel tempo in risposta alla dimensione del seme, che a sua volta è influenzata dalle precipitazioni. La ricerca ha esaminato i dati raccolti in precedenza per determinare se la temperatura ha influenzato anche i cambiamenti nella dimensione del becco di questi fringuelli. I dati dimostrano che la pioggia (e, per estensione, la dimensione del seme) determina la dimensione del becco. Dopo estati più secche, la sopravvivenza degli uccelli dal becco piccolo è stata ridotta.

Ma i ricercatori hanno trovato anche prove evidenti del fatto che gli uccelli con becchi più piccoli hanno meno probabilità di sopravvivere alle estati più calde. Questo effetto sulla sopravvivenza è stato più forte di quello osservato con le precipitazioni. Questo ci dice che il ruolo della temperatura può essere importante quanto altri usi delle appendici nel guidare i cambiamenti nelle dimensioni delle appendici.

La ricerca suggerisce anche che è possibile fare alcune previsioni su quali specie hanno maggiori probabilità di cambiare le dimensioni delle appendici in risposta all’aumento delle temperature. Queste includono (con alcune avvertenze) storni, passeri canori e una miriade di uccelli marini e piccoli mammiferi.
Perché è importante cambiare forma?

La ricerca contribuisce alla comprensione scientifica di come la fauna selvatica risponderà ai cambiamenti climatici. Oltre a migliorare la nostra capacità di prevedere gli impatti dei cambiamenti climatici, questo ci consentirà di identificare quali specie sono più vulnerabili e richiedono priorità di conservazione. Mentre la ricerca mostra che alcuni animali si stanno adattando ai cambiamenti climatici, molti non lo stanno facendo.

Ad esempio, alcuni uccelli potrebbero dover seguire una dieta particolare, il che significa che non possono cambiare la forma del becco. Altri animali potrebbero semplicemente non essere in grado di evolversi in tempo.


https://www.meteoweb.eu/2022/04/animali ... i/1786278/


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MessaggioInviato: 20/04/2022, 13:19 
mah mi sembra una scemenza, a parte il presunto surriscaldamento climatico ma poi per le tempistiche della teoria dell'evoluzione i tempi sono troppo brevi, anche 100\200 anni non sono niente affinché si verifichino mutamenti significativi in una specie a meno che questi non siano indotti artificialmente come nel caso degli animali domestici. Se ci mettiamo che il presunto surriscaldamento climatico è in atto da meo di un secolo...



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 Oggetto del messaggio: Re: GEA
MessaggioInviato: 11/05/2022, 21:50 
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 Oggetto del messaggio: Re: GEA
MessaggioInviato: 24/06/2022, 23:13 
Ecco il batterio più grande mai scoperto: è lungo quasi 1 centimetro


È il più grande batterio mai scoperto quello descritto da un team di ricercatori in un nuovo studio apparso su Science,[1], come spiega un comunicato del Lawrence Berkeley National Laboratory. Si tratta di un “macro microbo”, un batterio filamentoso che è almeno 5000 volte più grande della maggior parte degli altri batteri, come spiega Jean-Marie Volland, uno scienziato del Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti (DOE) che ha partecipato allo studio.



Anche il DNA sembra essere più organizzato rispetto a quello della maggior parte degli altri batteri. Per questi ultimi, infatti, il DNA “fluttua” praticamente in maniera libera dentro il citoplasma della cellula. Per il Thiomargarita magnifica (questo il nome scientifico assegnato alla nuova specie) il discorso è invece un po’ diverso. In questi batteri le copie del genoma si trovano all’interno di strutture con relativa membrana, una cosa che, secondo Volland, stupisce per un batterio.
Scoperto per la prima volta nel 2009 nelle mangrovie

Inizialmente il batterio era stato scoperto nel 2009 dal professore di biologia marina Olivier Gros, dell’Université des Antilles in Guadalupa. Il ricercatore stava cercando esseri viventi che ossidavano lo zolfo nei sedimenti di mangrovie (particolarmente ricche di questo elemento) quando si è imbattuto in questi batteri sconosciuti. Lo stesso Gros spiega che all’inizio ha pensato a degli strani filamenti bianchi che si attaccavano a sedimento come piccole foglie filiformi. Tuttavia nel corso dei due anni successivi lo scienziato ha condotto diversi studi microscopici per accorgersi che si trattava in effetti di un batterio procariote che ossidava lo zolfo.
Un ‘macro’ microbo affascinante

“Ci siamo resi conto che erano unici perché sembravano una singola cellula. Il fatto che fossero un ‘macro’ microbo era affascinante!”, Spiega Silvina Gonzalez-Rizzo, una professoressa associata di biologia molecolare all’Università delle Antille ed altra autrice dello studio. I ricercatori hanno sequenziato il gene del batterio onde classificarlo e l’hanno inserito nel genere Thiomargarita. La grandezza di questo batterio ora fa scaturire nuove ed insolute domande riguardanti i morfotipi batterici, come spiega la Gonzalez-Rizzo; la natura continua sempre a stupire anche dopo secoli di classificazioni scientifiche di esseri dalle forme e dalle caratteristiche più disparate e incredibili.
Complesse tecniche di microscopia

Per il nuovo studio i ricercatori hanno usato varie complesse tecniche di microscopia tra cui la tomografia ai raggi X e la microscopia a scansione laser confocale. In questo modo sono riusciti a visualizzare l’intero filamento che può essere lungo quasi 1 cm (la lunghezza massima era di 9,66 mm). Con le stesse tecniche ricercatori hanno avuto la conferma che si trattava di cellule giganti e non di filamenti multicellulari. I ricercatori hanno anche analizzato la complessità genomica di questo batterio. Si sono accorti che contengono almeno tre volte più geni rispetto alla maggior parte degli altri batteri e centinaia di migliaia di copie del genoma collocati un po’ in tutta la cellula, come spiega lo stesso Volland.
“Scoperta rivoluzionaria”

Sara Bender della Gordon and Betty Moore Foundation ritiene si tratti di una “scoperta rivoluzionaria” che sfida gli attuali paradigmi concernenti tutto ciò che sappiamo sulle cellule batteriche. Studi del genere, naturalmente, faranno avanzare anche la ricerca microbica in generale.

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https://notiziescientifiche.it/ecco-il- ... entimetro/


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 Oggetto del messaggio: Re: GEA
MessaggioInviato: 28/07/2022, 01:13 
Scienza: è morto James Lovelock, icona del mondo scientifico del XX secolo
James Lovelock è lo scienziato inglese considerato "fondatore della geofisiologia", tema trattato nel suo libro più famoso, "Gaia. Nuove idee sull'ecologia"


E' Morto la notte scorsa Jim Lovelock. Lo scienziato aveva 103 anni ed era considerato un'icona della scienza del XX secolo. Chimico, membro della Royal Society, ha collaborato, tra l'altro, ai programmi spaziali della NASA che hanno portato la sonda Viking su Marte, ideando i rilevatori che avrebbero dovuto verificare la presenza di vita sul Pianeta rosso. Versatile, si era anche interessato a temi ambientali, e infatti è anche noto per aver messo a punto il metodo che ha permesso di individuare il buco dell'ozono, oltre che per aver proposto l'audace teoria di Gaia secondo la quale la Terra è una sorta di superorganismo.

James Lovelock nel 1996 aveva ricevuto il Premio Nonino "a un Maestro del nostro Tempo" e dal 1997 era entrato a far parte della giuria dello stesso premio. A conferirgli il premio nel 1996 fu Ermanno Olmi, che sottolineò come lo scienziato inglese fosse il "fondatore della nuova disciplina, la geofisiologia", riprendendo il tema trattato nel suo libro più famoso, "Gaia. Nuove idee sull'ecologia" (Ed. Bollati - Boringhieri), in cui Lovelock si rifaceva con il nome di Gaia all'immagine che domina la "Teogonia" di Esidio, il poema scritto tra l'ottavo e il settimo secolo a.C.

"Le idee di Lovelock sono quelle di un pensatore solitario e hanno contribuito a ridimensionare le piu' moderne tensioni scientifiche, sempre avendo presente che non si puo' violare impunemente l'armonia del mondo in cui viviamo", aveva motivato Olmi. L'ipotesi di Gaia è quanto mai suggestiva: secondo Lovelock, l'intero pianeta sarebbe una sorta di organismo vivente all'interno del quale i singoli elementi sono componenti attivi. Componenti che interagiscono per il mantenimento delle condizioni che consentono la vita come un unico organismo, appunto. Nel 2020 aveva pubblicato "Novacene - L'età dell'iperintelligenza", con Bryan Appleyard tradotto in Italia, come gli altri suoi libri, per Bollati Boringhieri.


https://www.meteoweb.eu/2022/07/morto-l ... 001126786/


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 Oggetto del messaggio: Re: GEA
MessaggioInviato: 04/10/2022, 17:49 
Estinta da 2.000 anni, torna la leggendaria pianta curativa di Greci e Romani?


Roma, 3 ott – “Il laserpicium, che i Greci chiamano silfion, originario della Cirenaica, il cui succo si chiama laser, è ottimo per uso medicinale ed è pesato in denari d’argento”. Così lo storico romano Plinio il Vecchio, nella sua Naturalis Historia, quella che potrebbe essere definita come la prima vera enciclopedia dell’umanità, definiva la leggendaria pianta citata nell’antichità. E’ uno dei prodotti da millenni più ricercati nel mondo mediterraneo; una pianta dai fiori dorati chiamata silfione. Per i medici Greci, il silfione era una pianta curativa e dai poteri straordinari, in grado di alleviare dolori allo stomaco, dare all’uomo energie anche per gli atti sessuali, e cicatrizzare o curare verruche. Per gli chef romani il silfio era però anche un alimento base, fondamentale per insaporire i piatti dell’epoca. Gli alberelli di silfio erano valutati allo stesso prezzo dell’argento. Nel corso degli anni di mandato di Caio Giulio Cesare, più di mille libbre della preziosa pianta furono addirittura immagazzinate insieme a oro e ricchezze nei tesori di Roma. Sette secoli dopo che la pianta fu documentata per la prima volta lungo le coste della Cirenaica, la moderna Libia, le fonti narrano che nel 638 a.C., una tremenda “pioggia nera” causò la scomparsa del silfio dal mondo antico. “È stato trovato un solo stelo – racconta nel I secolo d.C. Plinio il Vecchio nella sua Storia naturale – ed è stato dato all’imperatore Nerone”.
Arcesilao II di Cirene assiste alla pesatura del silfio – coppa di Arkesilas conservata al cabinet des medailles
Un tesoro dal mondo antico

Con il passare dei secoli, la Naturalis Historia di Plinio il Vecchio ha fatto scuola nelle epoche e, dal Medioevo, ispirati dagli antichi resoconti sul silfio, esploratori botanici l’hanno cercata ovunque senza mai più trovarne traccia. Molti storici hanno paragonato la scomparsa della leggendaria pianta all’avidità e alla ingordigia umana, capace di estinguere specie naturali dalla faccia della Terra. Quarant’anni fa, però, un professore dell’Università di Istanbul aveva affermato di aver ritrovato l’antica pianta più di mille anni dopo la sua scomparsa. Il ritrovamento annunciato dal professore sarebbe avvenuto quasi mille miglia dal luogo in cui il silfio cresceva in antichità. Nell’ottobre dello scorso anno, il professore Mahmut Miski si trovava ai piedi di un vulcano attivo in Cappadocia, regione della Turchia centrale. “Benvenuto nella ‘terra del silfio'”, ha esclamato il professore 68enne mentre si chinava ad estrarre uno stelo dal roccioso terreno di un boschetto di alberi di pistacchio selvatico. La pianta profumava l’aria con un gradevole profumo, leggermente medicinale, a metà tra l’eucalipto e la linfa del pino. “Per me, l’odore è stimolante, oltre che rilassante – ha spiegato Miski – Si può ben comprendere perché tutti coloro che incontrano questa pianta le si affezionano.”
La leggendaria pianta di Plinio

All’Università di Istanbul Miski studia i medicinali derivati ​​da fonti naturali e vide per la prima volta la pianta 38 anni fa. All’epoca aveva ricevuto una borsa di studio per raccogliere esemplari di Ferula, un genere di piante da fiore che comprende carote, finocchio e prezzemolo, e ha la reputazione di essere curativa. In un giorno di primavera del 1983, due ragazzi di un piccolo villaggio della Cappadocia condussero Miski fino alle pendici del monte Hasan, dove la loro famiglia si guadagnava da vivere coltivando orzo e ceci. Dietro i muri di pietra che proteggevano le piante dal bestiame, i due fratelli mostrarono a Miski diverse piante di Ferula insolitamente alte, dagli steli spessi che trasudavano una resina dal sapore acre. Approfondendo lo studio sulla misteriosa pianta, il professore ha concluso che solo un altro esemplare di essa era stato raccolto. Era il 1909 e l’esemplare botanico fu allora trovato in un sito distante 150 miglia a est del monte Hasan, successivamente identificato come una nuova specie: la Ferula drudeana.

Le analisi dell’estratto di radice condotte da Miski hanno identificato 30 metaboliti secondari, sostanze che conferiscono alla pianta una sorta di vantaggio selettivo, sebbene non aiutino la riproduzione della stessa. Tra i composti, molti dei quali hanno proprietà antitumorali, contraccettive e antinfiammatorie, c’è lo shyobunone, elemento che agisce sui recettori dell’acido gamma-aminobutirico del cervello e dona alla pianta il suo particolare odore inebriante. Miski ritiene che le future analisi della pianta potrebbero rivelare l’esistenza di dozzine di composti di interesse medico ancora da identificare. “Le stesse sostanze chimiche si trovano nel rosmarino, nella bandiera dolce, nel carciofo, nella salvia e nel galbano, un’altra pianta di Ferula. È come se una mezza dozzina di importanti piante medicinali fossero racchiuse in un’unica specie“, ha affermato il professore.
Ferula drudeana o silfio?

Fin dalle prime ricerche, è emerso dunque che la Ferula drudeana aveva un grande potenziale medico, ma è stato solo durante il suo ritorno sul Monte Hasan nel 2012 che Miski ha iniziato a riflettere sulle sue somiglianze della pianta con il silfio che studiò nei vecchi testi botanici. I due giovani custodi del campo avevano raccontato al professore di come pecore e capre amassero pascolare intorno alle sue foglie. Questo particolare fece tornare alla mente del professore il racconto su Storia naturale di Plinio, dove le pecore adoravano il silfio. Miski osservò anche che dopo essere stati attratti dalla linfa color perla, gli insetti volanti iniziarono ad accoppiarsi, il che gli fece pensare a leggende che celebravano le qualità afrodisiache dell’antica pianta. Miski descrisse anche le somiglianze tra silphion, descritto nei testi antichi e raffigurato sulle monete cirenaiche per celebrare l’esportazione più famosa della regione, e la Ferula drudeana. Entrambe hanno infatti radici spesse e ramificate, simili al ginseng; foglie basali simili a fronde; un gambo scanalato che sale verso grappoli circolari di fiori; foglie di sedano; e frutti di carta a forma di cuori invertiti. La somiglianza estetica non era però l’unico collegamento convincente. Si dice che il silfion originale sia apparso all’improvviso, dopo un grande acquazzone. Miski osservò che, quando le piogge arrivavano in Cappadocia ad aprile, rinasce poi la Ferula drudeana, crescendo fino a sei piedi in poco più di un mese.

In antichità, i nobili cirenaici affidavano ai nomadi del deserto il compito di raccogliere la leggendaria pianta allo stato brado, strappandola direttamente senza ulteriori metodi. Ippocrate descrive due tentativi di trapianto del silfio nella Grecia continentale, ma entrambi fallirono. Anche Miski ha trovato la Ferula drudeana difficile da trapiantare. Lo studioso ha dunque provato la tecnica della stratificazione a freddo in una serra, un metodo in cui i semi vengono indotti a germogliare esponendoli a condizioni umide e invernali.
Un mistero lungo più di duemila anni

Mentre la Ferula drudeana si adatta alle antiche descrizioni del silfio, più da vicino di qualsiasi altra specie finora proposta, le stesse fonti greche o romane erano unanimi sul fatto che il miglior silfio provenisse esclusivamente da una ristretta zona nei pressi della città di Cirene. Oggi sull’antico è stato costruito il moderno insediamento di Shahat, in Libia. Le pendici del monte Hasan, invece, in linea d’aria si trovano a 800 miglia a nord-est, attraverso il Mediterraneo. Miski però, sottolinea il fatto che la pianta è stata registrata in due località della Turchia, entrambe con popolazioni greche storiche che risalgono all’antichità. Il villaggio in cui il professore trovò la pianta grazie ai due giovani fratelli, era abitato da greci della Cappadocia che popolavano l’Anatolia centrale ai tempi di Alessandro Magno. Dato che ci vogliono almeno dieci anni per maturare, gli antenati di queste terre potrebbero aver piantato il silfio per poi dimenticarsene in seguito ai burrascosi avvenimenti storici. La pianta potrebbe però aver continuato a crescere allo stato selvatico.
La globalizzazione che porta all’estinzione

Duemila anni dopo la scomparsa della pianta leggendaria, il silfio potrebbe quindi essere tornato con la Ferula drudeana; il problema, però, è che anch’essa rientra ufficialmente nelle specie in pericolo di estinzione. Senza andare a scomodare strampalate ipotesi dei soliti catastrofisti climatici, seguendo le tracce della storia, oltre ai mutamenti urbanistici e sociali del suolo natìo, il nemico più pericoloso di questa leggendaria e magica pianta potrebbe essere, a distanza di millenni, sempre lo stesso: l’ingordigia umana. Oggi accentuata dagli irresponsabili processi legati al mercato globalizzato, anche l’estinzione di specie vegetali e della loro purezza rischia di sconvolgere gli equilibri di Madre Natura. Se da una parte i prodotti ibridi, mischiati tra semi, terreni e climi diversi, può portare a soluzioni contro una irreversibile fame in alcune zone del mondo, dall’altra mette però a rischio la stessa sopravvivenza di piante che accompagnano l’uomo dall’alba dei tempi e che potrebbero portare lo stesso a riscoprire non poche potenzialità in ambito tanto culinario, quanto soprattutto curativo.


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 Oggetto del messaggio: Re: GEA
MessaggioInviato: 08/10/2022, 14:02 
Bleffort ...fantastica ! [8D]

........questa invece è di una bellezza incredibile .


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