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Astronave
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MessaggioInviato: 13/11/2014, 17:09 
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Thethirdeye ha scritto:

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rew63 ha scritto:

Nei suoi studi Malanga ci descrive l'anima come inerte.senza potere,in balia degli eventi e di "parassiti".


Sì ma... diciamo pure che nel frattempo (viva dio) ha cambiato idea... [:p]


Si infatti ma per quanto riguarda i "parassiti" mi sembra che il suo atteggiamento non sia mutato.Anima è energia pura e noi non la "usiamo" in modo corretto,anzi il piu delle volte non la usiamo affatto,lasciamo che siano altri ad usarla.Anima è vita è veramente scintilla divina,ed è troppo importante per lasciarla in balia degli "eventi"
I "vampiri energetici" in un certo senso esistono veramente,vivono "rubando"vita ad altri,un parassitaggio continuo,e noi fatichiamo a capirlo.
Anima deve "servire" solo noi,o al limite per chi sa gestirla,aiutare i propri simili se ne hanno bisogno
Ecco perchè è importante che arrivi uno "tsunami"per scuoterci dalla condizione statica in cui siamo,prendiamo veramente coscienza di cosa siamo.
Poniamoci sempre domande,non lasciamo che delle credenze o dogmi immobilizzino il nostro essere. CHIEDETE E VI SARA DATO ma ponete "vere"domande
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Lo gnostico non trova risposte nella Creazione, nella ciclicità del tempo, nel deperimento della materia, alla propria condizione.
Egli si pone domande, cerca risposte, che incarnano uno spirito
antisociale, anticomunitario, in quanto non vede nella comunità, nel sociale, negli ideali, nella religione, soluzione al proprio "lamento"



Chiedo scusa per ot ma era doveroso precisare



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MessaggioInviato: 13/11/2014, 21:53 
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rew63 ha scritto:

Sul decidere autonomamente di nascere ho qualche dubbio,




In effetti nelle tradizioni spirituali che maggiormente coltivano l'idea della rinascita, ossia buddhismo ed induismo, la rinascita (non necessariamente in stato umano) è vista più come un effetto della brama e del desiderio (tanha, la sete di vita), intesi in senso profondo come desiderio potente ed inconscio di piacere e di vita, che come una libera scelta; e la rinascita è vista come un meno, non come un più. Tanto è vero che in esse sono codificati tutta una serie di "step" e di stati di coscienza che, se raggiunti in vita, dovrebbero ridurre gradatamente il numero di rinascite a cui si sarebbe destinati finché c'è "sete" fino a portarlo a zero. Estinta la "sete" niente rinascita; questa estinzione è il vero obiettivo da raggiungere, secondo queste tradizioni (detto in forma molto molto semplificata).

In parole povere, finché c'è brama ed attaccamento si sarebbe da questi portati a rinascere forzatamente, volenti o nolenti, esattamente così come, in forma depotenziata, già in questa vita se ci lasciamo andare ad un desiderio irrazionale (per esempio un impeto di collera o di desiderio) finiamo per venire da esso ciecamente guidati, come automi, almeno per il lasso di tempo in cui glielo concediamo.
Oppure ancora, così come già in questa vita, quando ci troviamo seriamente in pericolo di vita, l'istinto di sopravvivenza prende il sopravvento e travolge tutto. Quello stesso istinto di sopravvivenza che trae la sua ragione profonda (in queste concezioni) da un potente inconscio desiderio di avere un corpo e di goderne, quello stesso istinto o meglio la sua causa sarebbe altresì causa di una forzata rinascita;
provare a trattenere per esempio il respiro, dopo un po', volenti o nolenti, si deve mollare e si è obbligati a riprendere la normale respirazione. Allo stesso modo, in queste concezioni, dopo poco o molto, volenti o nolenti si deve rinascere. Lo si subisce, finché si ha "sete", e si andrà laddove la qualità della nostra "sete" ci trasporterà, volenti o nolenti.

Invece in Occidente (quello antico, ovvio), si è maggiormente dato risalto all'idea della libera scelta prima della nuova nascita: un mito per tutti, quello di Er descritto da Platone in conclusione del suo "La Repubblica"; dopo aver dovuto subire la conseguenza delle sue azioni, sia delle cattive, cui segue dolore, sia quelle buone, cui segue piacere, il defunto in procinto di rinascere è portato davanti alle tre Moire e gli è data la possibilità di scegliere liberamente la propria futura sorte. Questo è un momento di assoluta libertà; la responsabilità della scelta e di ciò che ne segue ricade interamente su chi ha scelto.
Molto occidentale, come visione del mondo.

Ma anche qui in ogni caso di deve rinascere. Scegliere di non rinascere è un privilegio che, nelle tradizioni che hanno maggiormente trattato il tema della rinascita, è riservato ai quei pochi che sono stati capaci di meritarselo.


Ultima modifica di quisquis il 13/11/2014, 22:33, modificato 1 volta in totale.


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MessaggioInviato: 16/11/2014, 20:52 
Restando in Occidente, ecco un passo di Plotino che, mettendo l’accento sull’aspetto “atmico” e quindi atemporale dell’uomo, parla simmetricamente anche del suo aspetto mutevole, in relazione alla rinascita in corpo umano (reincarnazione propriamente detta).

“Che importa ciò, se i morti di oggi rinascono in novelli corpi? Avviene proprio come sulla scena tra attori: quello che poco prima è stato ucciso, mutato il costume e rinnovatosi nella maschera di un altro, riappare.
Si dirà, però, non è morto veramente costui. Ma nessuno muore perché il morire non è altro che permuta del corpo – come della veste sulla scena … Proprio come sui palcoscenici dei teatri, così si vuole pur mirare uccisioni e ogni genere di morte e conquiste di città e saccheggi: tutto ciò va considerato come una trasposizione di scena e un mutare di costumi; persino lacrime e lamenti sono fittizi. Perché anche qui, nelle singole sorti della vita, non è già l’uomo vero, l’intima anima umana, che si affligge e si lamenta, ma solo l’uomo esterno, che è un’ombra e che crea tutte le sue parti sul palcoscenico del mondo.”
Enneadi, III, 2, XV



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MessaggioInviato: 17/11/2014, 00:43 
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quisquis ha scritto:

Restando in Occidente, ecco un passo di Plotino che, mettendo l’accento sull’aspetto “atmico” e quindi atemporale dell’uomo, parla simmetricamente anche del suo aspetto mutevole, in relazione alla rinascita in corpo umano (reincarnazione propriamente detta).

“Che importa ciò, se i morti di oggi rinascono in novelli corpi? Avviene proprio come sulla scena tra attori: quello che poco prima è stato ucciso, mutato il costume e rinnovatosi nella maschera di un altro, riappare.
Si dirà, però, non è morto veramente costui. Ma nessuno muore perché il morire non è altro che permuta del corpo – come della veste sulla scena … Proprio come sui palcoscenici dei teatri, così si vuole pur mirare uccisioni e ogni genere di morte e conquiste di città e saccheggi: tutto ciò va considerato come una trasposizione di scena e un mutare di costumi; persino lacrime e lamenti sono fittizi. Perché anche qui, nelle singole sorti della vita, non è già l’uomo vero, l’intima anima umana, che si affligge e si lamenta, ma solo l’uomo esterno, che è un’ombra e che crea tutte le sue parti sul palcoscenico del mondo.”
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Bellissimo........... [;)]



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"…stanno uscendo allo scoperto ora, amano annunciare cosa stanno per fare, adorano la paura che esso può creare. E’ come la bassa modulazione nel ruggito di una tigre che paralizza la vittima prima del colpo. Inoltre, la paura nei cuori delle masse risuona come un dolce inno per il loro signore". (Capire la propaganda, R. Winfield)

"Onesto è colui che cambia il proprio pensiero per accordarlo alla verità. Disonesto è colui che cambia la verità per accordarla al proprio pensiero". Proverbio Arabo

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MessaggioInviato: 17/11/2014, 10:08 
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quisquis ha scritto:

Restando in Occidente, ecco un passo di Plotino che, mettendo l’accento sull’aspetto “atmico” e quindi atemporale dell’uomo, parla simmetricamente anche del suo aspetto mutevole, in relazione alla rinascita in corpo umano (reincarnazione propriamente detta).

“Che importa ciò, se i morti di oggi rinascono in novelli corpi? Avviene proprio come sulla scena tra attori: quello che poco prima è stato ucciso, mutato il costume e rinnovatosi nella maschera di un altro, riappare.
Si dirà, però, non è morto veramente costui. Ma nessuno muore perché il morire non è altro che permuta del corpo – come della veste sulla scena … Proprio come sui palcoscenici dei teatri, così si vuole pur mirare uccisioni e ogni genere di morte e conquiste di città e saccheggi: tutto ciò va considerato come una trasposizione di scena e un mutare di costumi; persino lacrime e lamenti sono fittizi. Perché anche qui, nelle singole sorti della vita, non è già l’uomo vero, l’intima anima umana, che si affligge e si lamenta, ma solo l’uomo esterno, che è un’ombra e che crea tutte le sue parti sul palcoscenico del mondo.”
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A parte il pensiero sublime dello scritto,la mia "perplessità" è , se uomini di 2000
anni fà dicevano,pensavano queste cose,con l'avvento della chiesa romana la regressione è stata totale,piu di 1000 anni trascorsi nel nulla,altro che medioevo
oscuro,intere generazioni prigioniere e massacrate a livello animico.
Il mio sospetto è che oggi si stia rivivendo la stessa cosa,con altri mezzi ma il risultato sarà uguale.



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MessaggioInviato: 17/11/2014, 11:17 
La visione della "reincarnazione" contenuta nella Bhagavad Gita...

Cita:
Capitolo II - Sankhya Yoga

Sanjaya disse:

1. Madhusudana rivolse queste parole a colui che aveva gli occhi offuscati dalle lacrime ed era stato sopraffatto dalla pietà e dal dolore.

Il Signore Beato disse:

2. "In un tale momento, da dove ti viene - o Arjuna questo scoramento indegno di un ariano, ignobile e contrario all'ottenimento del cielo?

3. "Figlio di Pritha, non abbandonarti a questa debolezza, che non ti s'addice. O Terrore dei Nemici, abbandona questa meschina debolezza d'animo! Sorgi!".

Arjuna disse:

4. "O Distruttore dei Nemici, o Madhusudana, come posso combattere questa guerra scagliando frecce contro Bhishma e Drona, che sono degni di adorazione!

5. "Per me sarebbe perfino meglio vivere mendicando piuttosto che uccidere i miei venerandi maestri! Uccidendoli, anche in questa stessa esistenza terrena tutte le mie gioiose esperienze di ricchezze e piaceri dei sensi sarebbero macchiate dal sangue delle cattive vibrazioni.

6. "Difficilmente posso dire che cosa sarebbe meglio, che essi ci vincessero o che noi li conquistassimo. Di fronte a noi ci sono gli stessi figli di Dhritarashtra, uccidendo i quali non dovremmo più desiderare vivere.

7. "Con la mia natura interiore offuscata dalla debolezza della simpatia e della pietà, e con la mente confusa circa il dovere, T'imploro di dirmi qual è per me la via migliore da seguire. Io sono Tuo discepolo. Istruiscimi, perché ho preso rifugio in Te.

8. "Io non vedo nulla che possa rimuovere l'angoscia interiore che colpisce i miei sensi, neppure se ricevessi un regno prosperoso e senza pari sulla terra e diventassi signore e maestro delle divinità astrali".

Sanjaya disse a Dhritarashtra:

9. Dopo avere così parlato a Hrishikesha, Gudakesha-Parantapa (Arjuna) disse a Govinda (Krishna): "Io non combatterò", e rimase in silenzio.

10. O Bharata! A colui che si lamentava tra i due eserciti, il Signore dei Sensi (Krishna) parlò, sorridendo, in questo modo:

Il Signore Beato disse:
11. "Hai pianto per coloro che non sono degni del tuo dolore! Tuttavia hai pronunciato parole d'amore. I veri saggi però non s'affliggono né per i vivi né per i morti.

12. "Non è che Io non sia mai stato incarnato prima, né tu né questi altri principi! Né mai in futuro qualcuno di noi cesserà di esistere.

13. "Come l'anima incarnata nel corpo passa attraverso l'infanzia, la gioventù e la vecchiaia, allo stesso modo passa in un altro corpo. I saggi non sono turbati da questo.

14. "Figlio di Kunti, le idee di caldo e freddo, piacere e dolore, sono prodotte dal contatto dei sensi con i loro oggetti. Queste idee sono limitate da un inizio e una fine, e sono di natura transitoria. Sopportale con pazienza, o Discendente di Bharata.

15. "Fiore tra gli Uomini, colui che non può essere turbato da queste cose, chi rimane calmo ed equanie nel dolore e nel piacere, lui solo è degno d'ottenere l'immortalità.

16. "Dell'irreale non vi è esistenza. Dei reale non vi è non esistenza. Gli uomini pieni di saggezza conoscono la verità ultima sulla realtà.

17. "L'Uno che pervade tutte le cose è imperituro. Nessuno ha il potere di distruggere lo Spirito Immutabile.

18. "Il Sé che dimora dentro, eternamente immutabile, indeperibile e illimitato, considera questi abiti corporei come aventi un termine. Perciò combatti, o Discendente di Bharata.

19. "Chi considera il Sé come l'uccisore, e chi pensa che Esso possa venire ucciso, nessuno di questi conosce la verità. Perché il Sé non uccide né può essere ucciso.

20. "Questo Sé non è mai nato né perisce. Né essendo venuto in esistenza cesserà mai di essere. Esso è senza nascita, eterno, immutabile, sempre se stesso. E non viene ucciso con l'uccisione del corpo.

21. "Come potrebbe - o Partha - colui che conosce il Se come imperituro, eternamente permanente, senza nascita e immutabile, pensare che Esso possa uccidere qualcuno o causare la distruzione di un altro?

22. "Come un individuo getta degli abiti logori per indossare nuovi vestiti, così l'anima incarnata abbandona le dimore corporee rovinate per entrare in altre nuove.

23. "L'anima non può essere ferita dalle armi; non può essere bruciata dal fuoco; non può essere bagnata dall'acqua; non può essere seccata dal vento.

24. "L'anima non può essere tagliata né bruciata, né bagnata né seccata. L'anima é immortale, onnipervadente, sempre calma e immutabile, eternamente la stessa.

25. "L'anima è inconcepibile, non manifesta e immutabile. Perciò, conoscendola come tale, non devi affliggerti.

26. "Ma anche se pensassi che l'anima nasce e muore incessantemente, anche in questo caso - o Eroe dal Braccio Possente - non dovresti affliggerti.

27. "Perché ciò che nasce deve morire e ciò che muore deve nascere di nuovo. Allora perché affliggersi per qualcosa che è inevitabile?

28. "L'inizio di tutte le creature non è manifestato, solo la parte di mezzo è manifestata, e la fine è di nuovo non percettibile. Che motivo c'è di dolersi per questo?

29. "Alcuni guardano l'anima pieni di stupore. Altri la descrivono come meravigliosa. Altri ancora ne sentono parlare come di un'entità meravigliosa. E vi sono altri che dopo avere ascoltato tutto dell'anima, non la comprendono affatto.

30. "O Bharata, l'Uno che dimora nei corpi di tutti gli esseri è sempre indistruttibile. Perciò non devi dolerti per nessuna creatura.

31. "Anche dal punto di vista del tuo dharma (il giusto dovere), non devi esitare internamente, perché per uno kshatriya non c'è nulla di più fausto che una giusta battaglia (per difendere gli interessi dei suoi compagni e gli ideali della vita).

32. "Figlio di Pritha, beati e fortunati sono gli kshatriya (guerrieri) chiamati a combattere in una giusta battaglia che viene senza averla provocata, e che apre loro la porta del cielo.

33. "Ma nel caso rifiutassi d'impegnarti in questa giusta battaglia, abbandonando il tuo dharma (dovere) e il tuo onore specifico, faresti peccato.

34. "Gli uomini parlerebbero sempre della tua disonorevole azione. E per I'uomo d'onore, il disonore è davvero peggiore della morte.

35. "I grandi guerrieri penserebbero che ti sei ritirato dalla battaglia per paura. Così coloro che ti tenevano in grande considerazione ti stimerebbero da poco.

36. "Inoltre i tuoi nemici criticherebbero la tua attitudine indolente e proferirebbero contro di te parole insolenti. Cosa potrebbe esserci di più penoso?

37. "Se morirai (combattendo i tuoi nemici), guadagnerai il cielo; se vincerai, godrai la gloria terrena. Perciò, Figlio di Kunti, alzati, deciso a combattere!

38. "Rimanendo equanime nella felicità e nel dolore, nel guadagno e nella perdita, nella vittoria e nella sconfitta, affronta la battaglia della vita. Così non commetterai peccato.

39. "Ti ho spiegato la saggezza fondamentale del Sankhya. Adesso ascolta la saggezza dello Yoga, possedendo la quale - o Partha spezzerai le catene del karma.

40. "In questo sentiero d'azione (yoga) non c'è la perdita dello sforzo incompleto per la realizzazione, né si creano effetti contrari. Anche una minuscola parte di questo dharma (religione) protegge uno dalla grande paura (di essere prigioniero della ruota di nascita e morte).

41. "O Discendente di Kuru! In questo (karma yoga) vi è solo una risoluzione interiore unica e concentrata; mentre le argomentazioni della mente indecisa sono senza fine e variamente ramificate.

42 - 44. "O Partha, coloro che sono caparbiamente attaccati al potere e alle delizie dei sensi, e la cui intelligenza discriminativa è fuorviata dalle fiorite parole delle persone spiritualmente ignoranti, non possono conseguire l'equilibrio mentale della meditazione e dunque non possono ottenere l'unione con Dio nel samadhi (estasi). Sostenendo che non vi è altro che trovare diletto negli aforismi laudatori dei Veda, con la loro natura tormentata dalle inclinazioni terrene, considerando i piaceri celesti (del mondo astrale) la loro mèta suprema, compiendo numerosi riti sacrificali specifici per ottenere il potere terreno e i piaceri dei sensi - queste persone vanno invece incontro a nuove nascite, come conseguenza delle loro azioni (istigate dai desideri).

45. "I Veda parlano delle tre qualità universali o guna. O Arjuna, liberati dalle tre qualità e dalle coppie di opposti. Sempre bilanciato e libero dal pensiero di ricevere e mantenere, stabilisciti nel Sé.

46. "Per colui che conosce Brahman (lo Spirito) tutti i Veda (le sacre scritture) non gli sono di maggiore utilità di quanto non lo sia una riserva d'acqua quando c'è un'alluvione.

47. "Tu hai diritto soltanto all'azione, e mai ai frutti che derivano dalle azioni. Non considerarti il produttore dei frutti delle tue azioni, e non permettere a te stesso d'essere attaccato all'inattività.

48. "O Dhananjaya, rimanendo immerso nello yoga (unione con lo Spirito attraverso la meditazione), compi tutte le azioni abbandonando l'attaccamento (ai loro frutti). Rimani indifferente al successo e al fallimento (mentre agisci). L'equanimità mentale (riguardo il successo e il fallimento) è chiamata yoga.

49. "Tutte le azioni (fatte con desiderio) sono di molto inferiori a quelle fatte sotto la guida della saggezza; perciò - o Dhananjaya - prendi rifugio nella saggezza che ti guida sempre. Miserabili sono coloro che compiono le azioni solo per i loro frutti.

50. "Chi è unito alla saggezza cosmica va oltre gli effetti di virtù e vizio, anche in questa stessa vita. Dedicati dunque all'arte dell'unione divina o yoga. Lo yoga è l'arte della giusta azione. 51. "Coloro che hanno controllato le loro menti vengono assorbiti nella saggezza infinita; e non hanno più interesse ai frutti delle azioni. Liberati dal ciclo delle rinascite, raggiungono lo stato al di là del male, che è la causa del dolore.

52. "Quando il tuo intelletto andrà oltre l'oscurità dell'illusione, allora realizzerai lo stato d'indifferenza riguardo le cose udite in passato e le cose da udire in futuro.

53. "Quando il tuo intelletto, agitato dalla varietà di opinioni differenti, rimarrà immoto, fermamente ancorato nell'estasi della beatitudine dell'anima, allora otterrai l'unione finale (yoga)".

Arjuna disse:

54. "Quali sono, o Keshava, le caratteristiche dell'uomo saldamente stabilito nella saggezza e immerso nel samadhi? Come si comporta l'uomo di saggezza stabile quando parla, siede o cammina?".

Il Signore Beato disse:

55. "O Partha, quando un uomo abbandona completamente tutti i desideri della mente, del tutto soddisfatto nel Sé soltanto dal Sé, allora viene considerato stabilito nella saggezza.

56. "Colui la cui mente non è turbata dall'ansietà durante il dolore né dall'attaccamento alla felicità; che è libero - da affetti mondani, paure e collera - è davvero un muni che ha una saggezza stabile.

57. "Colui che in tutte le circostanze è senza attaccamento - non felicemente eccitato quando riceve il bene né disturbato quando sperimenta il male - ha una saggezza saldamente stabilita.

58. "Quando lo yogi può ritirare completamente i sensi dai loro oggetti di percezione, come la tartaruga ritira i suoi arti, allora la sua saggezza è saldamente stabilita.

59. "L'uomo che s'astiene fisicamente dagli oggetti dei sensi vede che per un po' questi si ritraggono, lasciandosi dietro solo il desiderio. Ma colui che contempla il Supremo è liberato anche dal desiderio.

60. "O Figlio di Kunti, gli avidi ed eccitabili sensi afferrano violentemente anche la coscienza di un saggio che lotta per la liberazione.

61. "Chi unisce il suo spirito a Me, avendo soggiogato tutti i sensi, rimane concentrato su di Me come il Supremamente Desiderabile. La saggezza intuitiva diventa ferma e stabile, in colui che ha i sensi sotto controllo.

62. "Pensare agli oggetti dei sensi causa attaccamento ad essi. Dall'attaccamento nasce il desiderio, e dal desiderio scaturisce la collera.

63. "Dalla collera nasce l'illusione; l'illusione genera perdita di memoria (del Sé). Dalla distruzione della memoria deriva la rovina della facoltà discriminativa. Dalla rovina della discriminazione segue l'annientamento (della vita spirituale).

64. "L'uomo autocontrollato, muovendosi in mezzo agli oggetti materiali con i sensi soggiogati, privo d'attrazione e repulsione, perviene ad una imperturbabile calma interiore.

65. "Nella beatitudine dell'anima scompare ogni dolore. E l'intelletto di chi è calmo diventa presto saldamente stabilito nel Sé.

66. "Chi è disunito (perché non stabilito nel Sé) non ha saggezza né meditazione. Per chi non medita non vi è tranquillità. E a chi è senza pace com'è (possibile) la felicità?

67. "Come una nave sulle acque viene portata fuori rotta da una tempesta di vento, così la discriminazione umana è allontanata dalla via che intende seguire quando la mente soccombe alle tempeste dei sensi vagabondi.

68. "Mahabaho! La saggezza è saldamente stabilita in quell'uomo i cui sensi sono completamente controllati riguardo gli oggetti.

69. "Ciò che è notte (di sonno) per tutte le creature è veglia (luminosa) per l'uomo d'autocontrollo. Ciò che è veglia per tutti gli esseri è notte (un momento di sonno) per il muni che percepisce il Sé.

70. "Come l'oceano calmo e traboccante non viene cambiato dalle acque che vi affluiscono - è pieno di pace chi assorbe dentro tutti i desideri, non chi è avido di desideri.

71. "La persona che, avendo rinunciato a tutti i desideri, vive senza brame e non s'identifica con l'ego mortale, e il suo senso di 'mio' realizza la pace.

72. "Questo, o Partha, è lo stato di chi è 'stabilito in Brahman'. Chi vi entra non cade più nell'illusione. Anche se uno vi si stabilisce nel momento stesso della transizione (dal fisico all'astrale), ottiene lo stato finale di comunione con lo Spirito".

Qui finisce il secondo capitolo chiamato "Sankhya (*) Yoga" "Lo Yoga del Sankhya"
Fonte:http://www.guruji.it/bhagavadgita/gita.htm


Ho sottolineato una frase che penso possa innescare una interessante riflessione...



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La teoria quantica della reincarnazione - Roger Ebert

"Se vuoi vedere la paura negli occhi di un fisico quantistico, pronuncia la parola MISURA."

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La reincarnazione è possibile per un punto di vista razionalistico, scientifico? Ora come ora risponderei: Si.

Però, noi non ne siamo mai coscienti e il “noi”, nel senso che viene dato a questo pronome personale abitualmente, non fa parte dell’analisi che voglio proporvi. Affronto il problema dal punto di vista della meccanica quantistica. Ignoro tutto di questo argomento, e discuterne dà l’occasione agli altri di prendermi per un pazzo.

Cominciamo col dire che in fondo, quando si va al cuore del problema, tutto, e voglio dire IL TUTTO, è fatto di particelle quantiche.

Queste particelle possono trovarsi in un luogo o in un altro, nello stesso tempo. L’interpretazione dei multimondi formulata nel 1956 dal professor Hugh Everett, ci dice che tutte le possibilità descritte dalla teorie quantica si producono istantaneamente in un “multiverso” composto di universi paralleli indipendenti, e SIMULTANEI.

Immagine

Qui la parola importante è: SIMULTANEAMENTE. Penso che questo significhi che TUTTO non si trova in qualche luogo particolare in un particolare momento. Se voi pensate a ciò in questo modo, benvenuti!
Qualsiasi cosa voi pensiate, è irrilevante perché i luoghi e i tempi che ci portiamo con noi a livello quantico. Ma qui, essi non hanno l’aria di esistere. Se esistono, sono creati unicamente per le applicazioni scientifiche che facciamo di questo livello, e le differenze tra le nostre varie dimensioni significano qualcosa per noi ma non per le particelle quantiche ...

I lettori che conoscono l’argomento hanno già smesso di leggere. Altri hanno magari riso. Non mi curo di loro ma guardo e passo, scrivo per noi, coloro che restano. Gli esperti hanno avuto dei decenni per chiarire l’argomento. Ora tocca a noi rimboccarci le maniche. E non ripeterò la solita solfa, perchè la so già. Inoltre, non dovrei credere a tutto ciò che leggo su Wikipedia, anche se Wiki ha l’aria di saperne sempre più di me.

Immagine

Okay. Allora se TUTTO consiste in STRINGHE QUANTICHE, come definiamo una stringa quantica? E qui Wiki è un modello di chiarezza: Una stringa quantica è uno dei principali oggetti studiati dalla teoria delle stringhe, una branca della fisica teorica.

Ci sono diverse teorie sulle stringhe, di cui un buon numero tra esse sono unificate dalla teoria M. Una stringa è un oggetto con una distinzione spaziale a 1 dimensione, contrariamente a una particella elementare che invece è a 0 dimensioni, cioè si può equiparare a un punto geometrico.

E cos’è 1 dimensione rispetto a 0 dimensioni? Per me, se qualcosa non ha dimensione, allora non è niente.

Evidentemente, sono ingenuo. Passiamo quindi alle stringhe a 1 dimensione, le quali adesso, sono tangibili come un melone comparate alle particelle a 0 dimensioni. Qui, almeno, c’è qualche cosa. Come avete indovinato, tutto ciò è molto piccolo. Non più grande della lunghezza di Planck.

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Quanto misura la lunghezza di Planck? Cito: La teoria corrente suggerisce che una lunghezza di Planck è la grandezza più piccola che si possa conoscere e quantificare. In altre parole, se si trova qualcosa di più piccolo che la lunghezza di Planck, ebbene, questo sarà ancora la lunghezza di Planck. Quando noi, i non specialisti, ci riferiamo a “la misura o la distanza” di qualcosa, pensiamo di scrivere cose differenti. Per esempio: “Il cane grosso è a tre metri da me” non pensiamo certo di descrivere contemporaneamente la sua distanza e la sua grandezza. Al livello dei quanti, la misura e la distanza possono essere allo stesso tempo sia l’una che l’altra. Per venire al sodo, TUTTO potrebbe essere dovunque e nello stesso tempo.

Ciò comincia ad assomigliare all’ETERE, definito dai maghi dell’antichità come “il quinto elemento che scorre nell’universo”. La filosofia magica di Matt Rees ci dice che l’etere è molto versatile e può essere trasformato in materia o in energia attraverso dei procedimenti appropriati. Un’indagine scientifica come un esperimento formule non rileverebbe la “presenza” dell’etere, dal momento che esso è dappertutto, ma rivelerebbe le perturbazioni del flusso dell’etere.

Queste perturbazioni somigliano all’effetto gravitazionale attraverso cui la presenza delle particelle quantiche è conosciuta. Se l’etere può essere trasformato in materia o in energia, dunque i maghi erano già giunti per conto loro alla formula di Einstein E=MC2, la quale – da un certo punto di vista – può essere considerata una formula magica. Si può dire che l’etere e le particelle quantiche sono ciò che è ovunque e in cui consiste il TUTTO.

Arriviamo ora là dove voglio arrivare.

E forse qualcuno potrebbe averlo già capito. Noi stessi siamo interamente fatti di ciò che abbiamo parlato, ci siamo dentro fino al collo allo stesso modo. Le nostre identità, i nostri nomi, le nostre personalità, le nostre credenze, opinioni, senso dell’umorismo, insomma ciò che noi pensiamo essere il nostro spirito. Siamo fatti di bits a una dimensione, i quali compongono la totalità cosmica e noi potremmo anche essere dei bits che si trovano “ALTROVE”, perché il SE' è essenzialmente un principio di organizzazione che noi diamo al caos di particelle che compone il TUTTO.

Se vi allontanate da noi, ci apparite come un punto senza dimensioni, ma se voi vi avvicinate, ci apparite come ben più di questo. Di conseguenza le nostre identità sono state assemblate da questo materiale quantico, o ETERE, dal principio di organizzazione che concepisce noi stessi. Noi stessi portiamo noi stessi a ESSERE. La nostra coscienza è la gravitazione. Siamo venuti dal nulla vorticoso e torniamo al nulla vorticoso. La polvere da cui proveniamo e la polvere in cui torniamo non sono veramente dove pensiamo che siano. E’ la mente a fare in modo che sia così.

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Questi bits potrebbero, alla stessa maniera, ritrovarsi all’altro angolo dell’universo piuttosto che là dove sono. Può essere che solo percependoli noi li manteniamo INSIEME. Voi mettete assieme i vostri bits, io metto assieme i miei, e quando smettiamo di pensare essi ritornano nel pool generale del TUTTO, DAPPERTUTTO. Quindi, me e voi consistiamo di noi stessi, e uno di questi giorni potremmo consistere di altri “ME”. Noi ritorneremo, questo ci farà stare un sacco bene perché non lo sapremo.

Perciò, si, la reincarnazione è possibile da un punto di vista scientifico e razionale. Noi siamo stati e saremo reincarnati, essendo una parte dell’IMMENSITA’ di cui siamo fatti. Saremo dei soli, delle lune, delle stelle, della pioggia: cercateci nelle previsioni del tempo!

Se vi sembra che chiuda con un tono piuttosto vago, considerate le mie difficoltà nel determinare dove stare, e cosa guardare. Io sono all’interno di un mio stato mentale, intrappolato qui da tanto tempo, a partire da un indeterminato momento di cui non ho memoria cosciente. Il fatto che voi esistiate non è che una prova per “sentito dire”. Ciò mi rende la vita più interessante pensandoci. Non vorrei che il mio spirito avesse esperienza solo di un vortice vuoto e senza forma, quando è molto meglio impiegare il mio spirito a pensare la mia attrice preferita.

Ma qui sta il puzzle: Quale realtà possiede il TUTTO a parte il fatto che ci pensi? Quando prendo un colpo e vedo le stelle prima di svenire, cosa succede in mia assenza? Come saperlo? Vi lascio con un confortante passo tratto da Wikipedia.

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Una volta che una misura è applicata, il sistema misurato diventa ENTANGLED col fisico che l’ha misurato e un immenso numero di altre particelle, alcune delle quali sono fotoni vola verso l’altro angolo dell’universo, per provare che la funzione ondulatoria non è collassata, tutte queste particelle dovrebbero essere riportate indietro ed essere misurate nuovamente assieme al sistema che era stato misurato originariamente. Ciò è abbastanza impraticabile e anche se si potesse farlo teoricamente, questo distruggerebbe tutte le prove che le misurazioni originali furono bene effettuate. (compresa la memoria del fisico).

Questo è certamente qualcosa su cui pensare.

http://crepanelmuro.blogspot.it/2014/11 ... zione.html



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Atlanticus81 ha scritto:

La teoria quantica della reincarnazione - Roger Ebert

Che spettacolo......... [:246]



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Se vi allontanate da noi, ci apparite come un punto senza dimensioni, ma se voi vi avvicinate, ci apparite come ben più di questo. Di conseguenza le nostre identità sono state assemblate da questo materiale quantico, o ETERE, dal principio di organizzazione che concepisce noi stessi. Noi stessi portiamo noi stessi a ESSERE. La nostra coscienza è la gravitazione. Siamo venuti dal nulla vorticoso e torniamo al nulla vorticoso. La polvere da cui proveniamo e la polvere in cui torniamo non sono veramente dove pensiamo che siano. E’ la mente a fare in modo che sia così.

Quindi è la nostra coscienza che ci tiene insieme, altrimenti saremmo particelle di etere disperse nel multiverso.
Ma per quale motivo si forma una coscienza? Ed è possibile che una coscienza si disperda scomparendo? In altre parole una coscienza può morire?


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"In questo video l'astrofisica Giuliana Conforto ci spiega con parole semplici
le scoperte scientifiche che danno un supporto teorico molto forte
all'esistenza dell'anima immortale contenuta nel nostro corpo visibile. E avalla
quindi, scientificamente, l'esistenza della vita dopo la morte".



L'astrofisica G.Conforto spiega di quale "materia" è fatta la nostra anima.


[BBvideo]http://www.youtube.com/watch?v=4tcWVuT9OxQ[/BBvideo]



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Qualcosa di ciò che dice la Conforto mi ricorda il buon Francesco Pannaria, uno scienziato italiano di spessore non banale purtroppo poco noto ai più, che scrisse cose molto interessanti in articoli ormai quasi introvabili usciti negli anni '60.
L'idea di fondo di Pannaria era che ciò che compone il nostro mondo è solo conseguenza di un "anti-mondo" invisibile. Pannaria in questi articoli svolse tutto un lavoro di correlazione tra le conoscenze della fisica sub-nucleare e la teoria degli elementi; in questo fu precursore assoluto; non è facile da seguire, il suo lavoro divulgativo non è banale, ma è molto stimolante.
Consiglio il suo "Ritorno ad Empedocle" che però si trova solo nelle grandi biblioteche, in particolare le biblioteche nazionali.


Ultima modifica di quisquis il 17/12/2014, 21:23, modificato 1 volta in totale.


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gippo ha scritto:

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Se vi allontanate da noi, ci apparite come un punto senza dimensioni, ma se voi vi avvicinate, ci apparite come ben più di questo. Di conseguenza le nostre identità sono state assemblate da questo materiale quantico, o ETERE, dal principio di organizzazione che concepisce noi stessi. Noi stessi portiamo noi stessi a ESSERE. La nostra coscienza è la gravitazione. Siamo venuti dal nulla vorticoso e torniamo al nulla vorticoso. La polvere da cui proveniamo e la polvere in cui torniamo non sono veramente dove pensiamo che siano. E’ la mente a fare in modo che sia così.

Quindi è la nostra coscienza che ci tiene insieme, altrimenti saremmo particelle di etere disperse nel multiverso.
Ma per quale motivo si forma una coscienza? Ed è possibile che una coscienza si disperda scomparendo? In altre parole una coscienza può morire?

Cita:
« C’è un fatto, o se volete una legge, che governa i fenomeni naturali sinora noti. Non ci sono eccezioni a questa legge, per quanto ne sappiamo è esatta. La legge si chiama “conservazione dell’energia”, ed è veramente una idea molto astratta, perché è un principio matematico: dice che c’è una grandezza numerica, che non cambia qualsiasi cosa accada. Non descrive un meccanismo, o qualcosa di concreto: è solo un fatto un po’ strano: possiamo calcolare un certo numero, e quando finiamo di osservare la natura che esegue i suoi giochi, e ricalcoliamo il numero, troviamo che non è cambiato... »
(La fisica di Feynman, Vol. I, Richard Feynman)



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MessaggioInviato: 07/01/2015, 02:46 
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Angel_ ha scritto:

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gippo ha scritto:

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Se vi allontanate da noi, ci apparite come un punto senza dimensioni, ma se voi vi avvicinate, ci apparite come ben più di questo. Di conseguenza le nostre identità sono state assemblate da questo materiale quantico, o ETERE, dal principio di organizzazione che concepisce noi stessi. Noi stessi portiamo noi stessi a ESSERE. La nostra coscienza è la gravitazione. Siamo venuti dal nulla vorticoso e torniamo al nulla vorticoso. La polvere da cui proveniamo e la polvere in cui torniamo non sono veramente dove pensiamo che siano. E’ la mente a fare in modo che sia così.

Quindi è la nostra coscienza che ci tiene insieme, altrimenti saremmo particelle di etere disperse nel multiverso.
Ma per quale motivo si forma una coscienza? Ed è possibile che una coscienza si disperda scomparendo? In altre parole una coscienza può morire?

Cita:
« C’è un fatto, o se volete una legge, che governa i fenomeni naturali sinora noti. Non ci sono eccezioni a questa legge, per quanto ne sappiamo è esatta. La legge si chiama “conservazione dell’energia”, ed è veramente una idea molto astratta, perché è un principio matematico: dice che c’è una grandezza numerica, che non cambia qualsiasi cosa accada. Non descrive un meccanismo, o qualcosa di concreto: è solo un fatto un po’ strano: possiamo calcolare un certo numero, e quando finiamo di osservare la natura che esegue i suoi giochi, e ricalcoliamo il numero, troviamo che non è cambiato... »
(La fisica di Feynman, Vol. I, Richard Feynman)


In altre parole è come dire che ciò che esiste non può inesistere ... però può cambiare, che per una identità potrebbe essere come scomparire.
La nostra coscienza tiene insieme ciò che siamo ( la nostra identità - Noi stessi portiamo noi stessi a ESSERE), ma se venisse meno l'energia della coscienza la nostra identità si disperderebbe, si trasformerebbe in qualcosa d'altro?


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MessaggioInviato: 07/01/2015, 03:08 
L'informazione non può essere distrutta, e noi non siamo altro che informazione :)

Finito il ciclo del nostro corpo fisico la coscienza che captiamo col cervello viene trasferita in qualche altro essere vivente o diluita in qualche altra forma e continuerà a produrre informazione mentre l'informazione già prodotte dal "lavoro" generato dal corpo rimarranno in eterno nell'universo sotto altre forme, magari veicolate e diluite mediante il campo magnetico nella coscienza collettiva umana, nelle coscienze e nei cervelli di chi ci ha conosciuto, pur non conservando una "identità" specifica cosciente.

La vita eterna e la reincarnazione rappresentano secondo me un diverso approccio per descrivere lo stesso fenomeno. Le differenze tra le 2 visioni (per esempio quella cattolica e quella chessò induista o buddista) sono solo ideologiche.

Con la differenza che le discipline orientali pare descrivano LA REALTA' nella sua forma più complessa come sta riscoprendo la meccanica quantistica, e vengono veicolate come religioni per renderle ACCESSIBILE nei concetti DI BASE in modo che tali concetti risiedano nella cultura umana in modo che le menti più geniali possano averne l'illuminazione ed indagare, le religioni monoteiste invece veicolano solo PAURA E TERRORE e pretendono OBBEDIENZA pena una vita di eterna sofferenza ^_^

A me piacerebbe conservare il mio io una volta che mi verrà tolto il corpo ma dubito sarà così, magari ti fanno scegliere se fare un reset o se continuare rimanendo cosciente ma sotto un'altra forma, magari solo come onda o fotoni... :|


Ultima modifica di MaxpoweR il 07/01/2015, 03:13, modificato 1 volta in totale.


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MessaggioInviato: 07/01/2015, 04:28 
Cita:
MaxpoweR ha scritto:
A me piacerebbe conservare il mio io una volta che mi verrà tolto il corpo ma dubito sarà così

Ma riesci ad accettare questa possibilità?
Se avessi tale certezza penso che andrei fuori di testa ...
Perdere i propri ricordi, quelli condivisi con le persone care, è una perdita che già conosciamo. Tutte le nostre esperienze si affievoliscono nel tempo e sappiamo che non torneranno, i nostri ricordi di 10 anni fa sembrano quasi vissuti da altre persone.
Ma perdere se stessi, la propria identità, il percorso che ci ha portati fino al presente ... in altre parole non esistere più, come si fa ad accettarlo? Ma anche solo prenderlo in considerazione?


Ultima modifica di gippo il 07/01/2015, 04:29, modificato 1 volta in totale.

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